Nota 30 dicembre 2019, AOODGOSV 25265

Ai Direttori degli Uffici Scolastici Regionali LORO SEDI
Al Sovrintendente Scolastico per la Scuola in lingua italiana della Provincia Autonoma di BOLZANO
All’Intendente Scolastico per la Scuola in lingua tedesca della Provincia Autonoma di BOLZANO
All’Intendente Scolastico per la Scuola delle località ladine della Provincia Autonoma di BOLZANO
Al Dirigente Generale del Dipartimento della Conoscenza della Provincia Autonoma di TRENTO
Al Sovrintendente Scolastico per la Regione Autonoma VALLE D’AOSTA
LORO SEDI

Oggetto: XVIII Premio annuale delle professioni Turistiche-Alberghiere “Pandolfo-Roscioli”. Bando di concorso per l’edizione dell’anno scolastico 2019-2020


Decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 2019

Accettazione delle dimissioni rassegnate dall’on. prof. Lorenzo FIORAMONTI dalla carica di Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca e conferimento dell’incarico di reggere, ad interim, il medesimo dicastero al Presidente del Consiglio dei ministri prof. Giuseppe CONTE. (19A08143)
(GU Serie Generale n.305 del 31-12-2019)

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visto l’art. 92 della Costituzione;
Visto l’art. 9, comma 4, della legge 23 agosto 1988, n. 400;
Visto il proprio decreto in data 4 settembre 2019, recante nomina dei Ministri;
Viste le dimissioni rassegnate dall’on. prof. Lorenzo FIORAMONTI dalla carica di Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei ministri;

Decreta:

Art. 1
Sono accettate le dimissioni rassegnate dall’on. prof. Lorenzo FIORAMONTI dalla carica di Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca.

Art. 2
Il prof. Giuseppe CONTE, Presidente del Consiglio dei ministri, e’ incaricato di reggere, ad interim, il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca.

Il presente decreto sarà comunicato alla Corte dei conti per la registrazione.

Dato a Roma, addi’ 30 dicembre 2019

MATTARELLA
Conte, Presidente del Consiglio dei ministri

Registrato alla Corte dei conti il 31 dicembre 2019
Ufficio controllo atti P.C.M. Ministeri giustizia e affari esteri e della cooperazione internazionale, reg.ne succ. n. 2463

Decreto-Legge 30 dicembre 2019, n. 162

Disposizioni urgenti in materia di proroga di termini legislativi, di organizzazione delle pubbliche amministrazioni, nonché di innovazione tecnologica. (19G00171)
(GU Serie Generale n.305 del 31-12-2019)

Scuola, quante ipocrisie

da la Repubblica

di LUCA BORZANI

Lo si sappia: le merendine sono state salvate dal rischio tassazione. Delle questioni di merito sollevate dall’ormai ex-ministro Fioramonti interessa poco o nulla. Importante sono appunto le merendine. E’, diciamolo, piuttosto deprimente leggere i primi commenti relativi alle dimissioni del titolare del ministero della pubblica istruzione. Una piccola antologia del politicismo in cui c’è di tutto, dall’analisi del gorgo pentastellato alla descrizione minuta dei possibili fattori di crisi per il governo, alle metafore sulle foglie d’autunno. Non una parola però sul mancato finanziamento alla scuola e all’università. Anche solo per smentire Fioramonti o per dire che magari ha ragione ma non è possibile fare altrimenti. O, ancora, per garantire futuri investimenti. Niente. Ma proprio niente. Da destra e da sinistra. Insomma, se c’era bisogno dell’ennesima conferma che lo stato del nostro sistema di educazione e istruzione non riesce ad appassionare né la politica né un’Italia disconnessa, impoverita e consumista, ce l’abbiamo sotto gli occhi. Segno non solo di perdita di ogni responsabilità verso il futuro ma di una straordinaria inconsapevolezza del rischio collasso della scuola e dell’università nel presente.
Più volte se ne è scritto in questa rubrica ma è utile riprendere qualche dato. La spesa italiana per la pubblica istruzione è solo leggermente inferiore agli interessi sul debito pubblico. Siamo, in questo, l’unico paese europeo. Nel rapporto tra risorse dedicate alla scuola e all’università e spesa pubblica totale ci collochiamo negli ultimissimi posti delle classifiche UE. Sono le conseguenze di un costante taglio di risorse perseguito da tutti i governi negli ultimi venti anni. Per riposizionarci nella media europea pari al 4,7 del Pil (noi siamo al 3,9) occorrerebbe un incremento di investimenti pari a tredici miliardi di euro l’anno. Non tre ma tredici. Per altro, il rapporto Ocse-Pisa 2019 ci dice che quindici ragazzi di quindici anni su venti non riesce a distinguere in un testo i fatti dalle opinioni (EU uno su dieci), che uno su quattro ha difficoltà di comprensione nella lettura, che l’Italia si colloca al terzo posto per il numero di giovani tra i 18 e i 24 anni che non studiano e non lavorano (26 per cento con media Ocse 14 per cento). Per non parlare degli edifici scolastici che cadono a pezzi e non sono in sicurezza, dei bassi stipendi e modesto riconoscimento sociale degli insegnanti, del sistema scolastico ormai duale e diviso tra chi è sorretto dalle famiglie e chi no, della fine dell’istruzione come ascensore sociale, del numero ridotto dei laureati. E si potrebbe continuare. Ma soldi per la scuola non si trovano.
Altro che linea di galleggiamento auspicata dal povero Fioramonti. La scuola ormai fa fatica a tenere la testa fuori dall’acqua. Colpita e quasi affondata dal de-investimento e da una giostra di riforme per lo più incomplete e largamente contraddittorie che l’ha lasciata esausta e ripiegata su sé stessa. Incerta tra aziendalismo e ruolo costituzionale, stretta tra abbandono istituzionale ed emergenza quotidiana.
Fioramonti avrà fatto bene o male a dimettersi, avrà o meno complicati progetti politici personali ma almeno non è stato ipocrita. Sarà naif ma non si è nascosto dietro le retoriche. A partire da quella della “scuola al primo posto”. Che dovrebbe solo sollecitare il riso o il pianto. No, la scuola non è al primo posto. E quando funziona nonostante tutto è, come spesso accade in questo paese, per la responsabilità dei singoli, di dirigenti e docenti, per la collaborazione di genitori che si rimboccano le maniche o tirano fuori soldi di tasca propria. Si fanno consigli comunali perché in un asilo si disegnano le sardine ma non perché cadono i tetti, non ci sono le palestre, il sostegno si fonda sul precariato, le povertà educative aumentano. Quelle sono cose troppo complesse per un ceto politico che probabilmente l’istruzione l’ha avuta in sospetto sin da quando era nei banchi scolastici. Vale anche per una Liguria che va verso le elezioni segnata dal tasso di abbandono scolastico più alto del Nord Ovest, da un numero di “neet” che si è moltiplicato negli ultimi anni, da un’università che non diventa una reale componente dello sviluppo. Ma, appunto, non è importante. Eppure è dall’educazione e dalla formazione che può venire qualche speranza di uscita dal declino, di invertire la crescita delle diseguaglianze, delle povertà materiali e immateriali. Per ricostruire competizione e attrattività di risorse e competenze. Ma noi facciamo Woodstock e abbiamo salvato le merendine. Good bye Mr Fioramonti.

La tela di Penelope dei ministeri spacchettati

da La Stampa

Oggi il premier Giuseppe Conte ha diviso – con termine tecnico “spacchettato” – il Ministero dell’Istruzione da quello dell’Università. Può sembrare una scelta di buon senso politico, anche perché le politiche della Scuola sono diverse da quelle dell’Università.

Ma burocraticamente è una follia. Perché? Dobbiamo ricordare che tradizionalmente le competenze su scuola e università sono state gestite dal Ministero della Pubblica istruzione, creato con questa denominazione dal Governo Badoglio nel 1944.

Poi nel 1989, con il Governo De Mita, fu creato il Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica, assegnato al Ministro Antonio Ruberti. Due Ministeri due Ministri, per una decina di anni.

Nel 2001 il Dicastero è tornato ad essere accorpato con il Governo Berlusconi II, che ha creato il Ministero della Pubblica Istruzione, Università, Ricerca Scientifica e Tecnologica, cioè il MIUR, affidandolo al Ministro Letizia Moratti.

Nel 2006 il Governo Prodi II ha di nuovo diviso le competenze dell’Istituzione da quelle dell’Università con i Ministri Giuseppe Fioroni e Fabio Mussi.

E Berlusconi nel 2008 ha nuovamente accorpato il MIUR con il Ministro Maria Stella Gelmini. Il Ministero è rimasto unito per questi ultimi 10 anni nei governi Monti, Letta, Renzi, Gentiloni e Conte I. Stabilizzandosi nelle competenze e nel funzionamento. Fino ad oggi.

Tenere unite o divise le due competenze ministeriali può sembrare una scelta soltanto politica, per capire se gestire le politiche dell’Università e della Ricerca insieme o separatamente da quelle della Scuola.

Invece è anche un serio problema burocratico.

Perché ogni volta che si accorpa o si spacchetta un ministero serve una legge per disporlo. E poi servono i regolamenti di organizzazione dei due nuovi ministeri. E la nomina di due capi di gabinetto, due segreterie, due portavoce, e cosi via. Poi i decreti di attuazione e ancora i trasferimenti del personale, delle infrastrutture e delle sedi. E le nomine dei nuovi Direttori generali. E degli altri dirigenti. E la creazione di due uffici del personale, due protocolli, due uffici di bilancio, due uffici di controllo e così via.

In pratica serve almeno un anno di riorganizzazione, fra decreti, regolamenti, etc. etc. con un enorme costo burocratico (oltre che tutta una serie di malumori e dissapori), tutto a scapito della funzionalità delle macchine amministrative. E pensare che negli ultimi anni lo stesso è accaduto con le competenze sulla famiglia, quelle sul turismo e sulla innovazione, solo per citare casi recenti. Ma ne vale la pena? O numero e competenze dei Ministeri dovrebbe essere fissata una volta per tutte come pure avevano cercato di fare le Leggi Bassanini del 1999?

* Docente di diritto costituzionale, Università RomaTre

Azzolina: guidare Ministero Istruzione sarà grande onore. Non vedo l’ora di cominciare

da Orizzontescuola

di redazione

Lucia Azzolina, da qualche ora designata come nuovo Ministro dell’Istruzione dal Premier Conte, affida a Conte le sue prime emozioni.

“Guidare il Ministero dell’Istruzione sarà per me un grande onore. Non nascondo l’emozione che provo in questo momento. Nella scuola ho passato gli anni più belli della mia vita, prima come studentessa e poi come insegnante. Alla scuola voglio restituire ciò che mi ha dato.

C’è tanto lavoro da fare. E lo faremo. A testa bassa, con umiltà, attraverso l’ascolto, il confronto e continuando ad andare nelle scuole, come ho fatto in questi mesi da Sottosegretaria. Ringrazio il Presidente Conte per la fiducia. Ringrazio Luigi Di Maio che mi ha sostenuto e tutti i colleghi parlamentari del Movimento 5 Stelle.

Rivolgo un pensiero deferente al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, garante della Costituzione e dell’unità nazionale.

Mi aspetta un compito grande. Non sarò sola: al Ministero in questi primi mesi ho già condiviso, con una squadra di persone ed esperti, il percorso del decreto scuola e avviato i primi dossier. E poi c’è il personale del Miur. Ci sono tante persone preparate con cui ci metteremo subito al lavoro per il bene della scuola.

Ringrazio tutti coloro che mi hanno scritto per incoraggiarmi e che mi stanno augurando buon lavoro. Metterò tutto il mio impegno per riportare i ragazzi e il loro futuro al centro del sistema di Istruzione e del Paese.

Non vedo l’ora di cominciare.”

Decreto scuola, in G.U. la conversione in legge: entra in vigore il 29 dicembre

da La Tecnica della Scuola

Sulla G.U. Serie Generale n. 303 del 28/12/2019 è stata pubblicata la legge n. 159 del 20 dicembre 2019, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 29 ottobre 2019, n. 126, recante misure di straordinaria necessità ed urgenza in materia di reclutamento del personale scolastico e degli enti di ricerca e di abilitazione dei docenti.

La norma entrerà in vigore domani, 29 dicembre 2019.

Concorso straordinario secondaria

Potranno partecipare al concorso docenti straordinario abilitante per la scuola secondaria di primo e secondo grado, i docenti in possesso dei seguenti requisiti:

  • almeno tre anni di servizio nella scuola secondaria statale (anche su sostegno) dal 2008/2009 al 2018/2019. Chi conclude la terza annualità nel 2019/2020 partecipa con riserva
  • uno dei predetti tre anni deve essere specifico, ossia svolto nella classe di concorso per cui si partecipa.
  • Potranno partecipare, anche se solo ai fini dell’abilitazione, i docenti che hanno maturato il servizio di tre anni nella scuola paritaria.

Per i posti di sostegno è necessario avere, oltre ai seguenti requisiti di servizio, la specializzazione sul sostegno.

Abilitazione all’insegnamento

Con la stessa procedura straordinaria dei concorsi sarà possibile conseguire l’abilitazione all’insegnamento: in tal caso il requisito richiesto  è quello di aver svolto, anche cumulativamente, almeno tre annualità di servizio – nello stesso periodo già indicato – nelle scuole statali oppure in quelle paritarie, nonché nei percorsi del sistema educativo di istruzione e formazione professionale.

Mobilità e vincolo dei 5 anni per i neo-assunti

A decorrere dalle immissioni in ruolo disposte per l’anno scolastico 2020/2021, i docenti a qualunque titolo destinatari di nomina a tempo indeterminato possono chiedere il trasferimento, l’assegnazione provvisoria o l’utilizzazione in altra istituzione scolastica ovvero ricoprire incarichi di insegnamento a tempo determinato in altro ruolo o classe di concorso soltanto dopo cinque anni scolastici di effettivo servizio nell’istituzione scolastica di titolarità, fatte salve le situazioni sopravvenute di esubero o soprannumero.

Tale vincolo non si applica al personale di cui all’articolo 33, commi 3 e 6, della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate), purché le condizioni previste siano intervenute successivamente alla data di iscrizione ai rispettivi bandi concorsuali ovvero all’inserimento periodico nelle graduatorie permanenti.

Il Decreto Scuola inserisce a seguire anche il comma 3-bis, secondo il quale l’immissione in ruolo comporta, all’esito positivo del periodo di formazione e di prova, la decadenza da ogni graduatoria finalizzata alla stipulazione di contratti di lavoro a tempo determinato o indeterminato per il personale del comparto scuola, ad eccezione di graduatorie di concorsi ordinari per titoli ed esami di procedure concorsuali diverse da quella di immissione in ruolo.

Chi è Lucia Azzolina, nuovo Ministro dell’Istruzione

da La Tecnica della Scuola

Alla fine sono stati confermati i pronostici: Lucia Azzolina è il nuovo Ministro dell’Istruzione.

La deputata del Movimento Cinque Stelle succede a Lorenzo Fioramonti, che ha rassegnato le dimissioni qualche giorno fa.

Chi è il nuovo inquilino di Viale Trastevere?

Lucia Azzolina ha 37 anni, è originaria di Floridia, comune in provincia di Siracusa, ma vive da anni in Piemonte, a Biella.
Laureata in Filosofia ed in seguito in Giurisprudenza, è una docente abilitata in Storia e Filosofia ed ha insegnato negli istituti superiori, anche sul sostegno, avendo ottenuto il titolo di specializzazione nel 2010. Ha all’attivo anche diversi anni da sindacalista, con l’Anief, che ha poi lasciato per dedicarsi agli altri progetti. Nel 2019 risulta fra gli idonei del concorso dirigenti scolastici.

Deputata del M5S dal 2018

Azzolina è deputata del Movimento Cinque Stelle dal 2018, quando candidata alle parlamentarie per Novara-Biella-Vercelli-Verbania e parte della provincia di Alessandria, ha ottenuto il maggior numero di voti tra le donne candidate. Il 19 marzo 2018 è stata proclamata deputato della Repubblica Italiana eletta nella XVIII Legislatura.

Fra le principali battaglie sin dall’inizio della carica di deputato quello delle classi pollaio, che ancora staziona in Parlamento e non ha preso la via della risoluzione.

Già sottosegretario al Miur

Da settembre 2019 ha ricoperto il ruolo di sottosegretario al Miur nel cambio di Governo M5S-Pd. Proprio in occasione di quella nomina, Azzolina ha riportato sul proprio profilo Facebook: “Devo tutto alla scuola e il mio amore per essa deriva anche da questo. Ho deciso, dopo la prima laurea in Storia della Filosofia, di impegnarmi subito per realizzare il mio sogno: fare la docente. Dopo due anni di scuola di specializzazione mi sono trasferita, ho lasciato i miei affetti. All’inizio piangevo: poi ho costruito pezzo dopo pezzo la mia vita, cambiando due volte città pur di insegnare. Ho avuto alunni meravigliosi che mi hanno insegnato tantissimo, colleghi che dedicavano le loro giornate alla costruzione di una scuola migliore, collaboratori scolastici e personale ATA sempre pronti ad un sorriso, dirigenti scolastici in gamba. Ho conseguito la seconda laurea in Giurisprudenza in nome di quell’amore per il sapere che avevo dentro sin da piccolina. Investire sulla scuola, sul futuro di ogni singolo studente, significa potergli cambiare la vita in meglio. Se migliori la vita di uno studente, domani avrai un cittadino migliore e tutta la Repubblica ne trarrà giovamento. La scuola non è un onere per lo Stato, è un investimento, è formare menti pensanti, cittadini e non sudditi, è il nostro futuro più bello”.

Le minacce di morte per il decreto scuola

Il nuovo Ministro dell’Istruzione non avrà un compito facile, dato che da alcuni punti di vista, rappresenta una sorta di continuità con il predecessore: proprio di recente, la deputata siciliana ha riferito di avere ricevuto minacce di morte da parte di alcuni precari esclusi dalle misure del decreto scuola.

Infine, chiudiamo con un pensiero più volte espresso da Lucia Azzolina: “La carriera di prof si sceglie a 23 anni, non è un ripiego”.

Azzolina, i primi nodi da sciogliere

da Tuttoscuola

Nomine al Ministero, concorsi, educazione civica e coding, avvio nuovo anno scolastico, tra le prime questioni che richiedono una pronta soluzione. Altrimenti la mastodontica macchina dell’istruzione rischia di incepparsi

Lucia Azzolina, 37 anni, è l’ottava donna a ricoprire l’incarico di ministro dell’istruzione e il 99.mo ministro dall’unità d’Italia a occupare il posto di comando del Palazzo della Minerva.

Prima di lei hanno diretto il dicastero di viale Trastevere a Roma altre sette donne: Franca Falcucci (dal 1982 al 1987), Maria Rosa Jervolino (1992-94), Letizia Moratti (2001-06), Mariastella Gelmini (2008-11: la più giovane ministra dell’istruzione, lo è diventata a 34 anni), Maria Chiara Carrozza (2013-14), Stefania Giannini (2014-2016), Valeria Fedeli (dal 2016-18).

E’ una delle pochissime ad essere passata, in meno di due anni, da una cattedra di scuola (storia e filosofia al liceo “Quintino Sella” di Biella) alla scrivania che fu di Benedetto Croce, Giovanni Gentile e, nel periodo repubblicano, di eminenti politici poi eletti Presidenti della Repubblica, come Antonio Segni, Pier Luigi Scalfaro e Sergio Mattarella. In questo breve lasso di tempo è stata membro della VII Commissione cultura in Parlamento e dal settembre scorso sottosegretario al Miur, facendo in tempo anche a vincere il concorso per dirigente scolastico. Una carriera fulminante, da “soldato semplice a comandante in capo” di un universo di oltre un milione di dipendenti, con oltre 40 mila sedi sul territorio.

Appena formalizzato l’incarico, il neo ministro dovrà affrontare una serie di dossier urgenti – che Tuttoscuola riepiloga – in quanto la repentina uscita di scena di Fioramonti crea notevoli problemi operativi per il funzionamento della scuola, in un delicato momento di passaggio in cui è necessario dare attuazione immediata ai provvedimenti appena emanati dal Parlamento.

Prima di tutto si dovrà occupare del ridisegno organizzativo del Ministero dell’istruzione,  senza il quale la complessa macchina amministrativa rischia di rimanere in panne.

La Azzolina dovrà scegliere e nominare ben nove nuovi direttori generali all’interno del ministero e quattro direttori negli uffici scolastici regionali, centri nevralgici dell’amministrazione sul territorio.

Queste in particolare le posizioni attualmente scoperte, per le quali i candidati hanno presentato domanda entro lo scorso venerdì 27 dicembre:

  • Direzione generale per gli ordinamenti scolastici e la valutazione del sistema nazionale di istruzione;
  • Direzione generale per il personale scolastico;
  • Direzione generale per lo studente, l’inclusione e l’orientamento scolastico;
  • Direzione generale per i fondi strutturali per l’istruzione, l’edilizia scolastica e la scuola digitale.
  • Direzione generale per la formazione universitaria, l’inclusione e il diritto allo studio;
  • Direzione generale per l’alta formazione artistica, musicale e coreutica;
  • Direzione generale per il coordinamento e la valorizzazione della ricerca e dei suoi risultati;
  • Direzione generale per le risorse umane, finanziarie e i contratti;
  • Direzione generale per i sistemi informativi e la statistica;
  • Direzione generale per la progettazione organizzati va, l’innovazione dei processi dell’amministrazione e la comunicazione.

Sul territorio risultano privi di titolare gli uffici scolastici regionali (Usr) di Lazio, Liguria, Lombardia e Sicilia. Regioni pesanti, che gestiscono la frequenza di due milioni e 700 mila studenti su un totale di 7 milioni e seicentomila (circa il 35% del totale della popolazione studentesca nelle scuole statali).

Inoltre il ministro Azzolina dovrà al più presto assegnare le deleghe ai sottosegretari che il predecessore Fioramonti non aveva ancora formalizzato. Da un punto di vista normativo sarà inoltre necessario un provvedimento di “scorporo” rispetto all’Università e Ricerca da parte del Governo controfirmato dal Presidente della Repubblica.

La riorganizzazione del “nuovo” Ministero della Pubblica Istruzione (sarà recuperato l’aggettivo “Pubblica”?) non rappresenta l’unico dossier urgente di cui dovrà occuparsi la neo ministra. Concorsi, procedure per l’avvio del nuovo anno scolastico (quello in corso ha raggiunto un livello esorbitante di cattedre scoperte), nuova educazione civica saranno le prime azioni da affrontare.

Il 2020 si annuncia come uno degli anni più carichi di concorsi, per molti dei quali dovranno essere predisposti preliminarmente o integrati i regolamenti di attuazione da cui dovranno uscire i bandi dei concorsi veri e propri. Tra tutti, quelli per l’assunzione di nuovi dirigenti tecnici (gli ispettori del Ministero, ridotti al momento a poche decine) e degli insegnanti di religione cattolica (per questo l’ultimo e primo dei concorsi è di quindici anni fa).

Sempre in materia di concorsi dovrà sovrintendere a tutta la gestione dei concorsi ordinari e straordinari previsti dal recente decreto legge del salva precari per riuscire a portarli a termine il più presto possibile con le nomine di 48 mila nuovi docenti.

La legge sull’educazione civica che ha visto in Parlamento l’apporto quasi unitario delle forze di maggioranza e opposizione dovrà trovare un’attuazione funzionale e condivisa che non deluda mondo politico e scolastico.

Sullo sfondo delle azioni immediate dovrà porre attenzione a grandi problemi strutturali quali la dispersione scolastica, la formazione dei docenti, la stabilizzazione del sistema.

Dovrà concertare con altri ministri le azioni di sistema per affrontare gli effetti (che si annunciano preoccupanti per la scuola) del calo demografico, per cercare di invertire la tendenza e/o per reinvestire le risorse umane eccedenti nel potenziamento del sistema.

Infine, ecco una carrellata di ulteriori provvedimenti in agenda:

  • Decreto per individuare i settori universitari preposti alla formazione della didattica digitale e alla programmazione informatica (coding).
  • Decreto per nuova regolamentazione sulla sicurezza (molta attesa dai dirigenti scolastici)
  • Utilizzo delle nuove risorse per la sicurezza degli edifici scolastici
  • Regolamentazione dell’impiego del bonus docenti a favore di tutto il personale
  • Stabilizzazione di una quota di posti per il sostegno pari ad oltre mille unità (un pannicello caldo per coprire gli oltre 73 mila posti in deroga, cioè assegnati ai precari)
  • Decreto per la distribuzione di 390 posti dell’organico potenziato a favore della scuola dell’infanzia.
  • Indicazioni per la formazione dei docenti per l’inclusione e la prevenzione del bullismo.
  • Modalità di incremento del piano nazionale della scuola digitale (sul quale si scontano crescenti ritardi)
  • Accordo per l’impiego di fondi di edilizia scolastica per asili nido e scuole dell’infanzia.
  • Concertazione interministeriale per la definizione degli obiettivi per il rinnovo del CCNL

Si pensi se le fosse stata affidata anche la responsabilità dei comparti dell’Università e della ricerca…

Lucia Azzolina nuovo ministro dell’Istruzione. Gaetano Manfredi all’Università

da Tuttoscuola

Il presidente del Consiglio Conte ha voluto tagliare corto con le polemiche e le tensioni scatenate dalle dimissioni del ministro Fioramonti. E stamattina, durante la tradizionale conferenza stampa di fine anno a Villa Madama, la seconda per lui, ha annunciato a sorpresa lo sdoppiamento del MIUR, tornando indietro di qualche anno e ripristinando la duplice responsabilità di ministero dell’Istruzione – sarà ora denominato ministero della scuola – e di ministero dell’Università. “Mi sono convinto – ha spiegato Conte – che la cosa migliore per potenziare la nostra azione sia separare il comparto scuola da quello ricerca ed università, hanno logiche e problematiche diverse. Mi farò latore della creazione di un nuovo ministero dell’Università e della ricerca”.

Al primo ha chiamato la grillina Lucia Azzolina, dirigente scolastica, che era sottosegretaria di Fioramonti. Ha due lauree, una in filosofia e una in diritto e la conoscenza diretta del sistema scuola l’aiuterà certamente nel suo nuovo impegno. Al secondo andrà Gaetano Manfredi, 55 anni, rettore dell’Università Federico II di Napoli e presidente della Crui, la conferenza dei rettori delle università. Proprio ieri, alla vigilia della sua nomina, Manfredi aveva detto che il miliardo che Fioramonti aveva chiesto per gli atenei italiani “va trovato. Oppure il Paese non ha futuro”. La responsabilità passa ora nelle sue mani.

“Ringrazio il ministro Fioramonti: abbiamo la necessità, l’ho già detto, di rilanciare il comparto della università. Non è vero che non abbiamo compiuto passi avanti, penso alla Agenzia nazionale delle Ricerche. Ora serve fare qualche sforzo in più, penso a aumentare i fondi sul diritto alla studio. Sono convinto che la cosa migliore per potenziare il settore sia separare la scuola dall’Università”, ha spiegato il premier.

Tutte positive le primissime reazioni. “Il presidente Conte ha appena dato due ottime notizie per scuola, università e ricerca. Che dimostrano che siamo pronti a rilanciare, senza indugi, sui temi fondamentali per lo sviluppo del Paese. Buon lavoro a @AzzolinaLucia e Gaetano Manfredi: competenza e serietà premiate!”,scrive su Twitter la viceministra all’Istruzione Anna Ascani.

“In bocca al lupo a Lucia Azzolina, neo ministro della Scuola. Un grande riconoscimento per il suo impegno che ci riempie di orgoglio. Ha sempre lavorato con grande determinazione e saprà rappresentare al meglio, e con grande attenzione, le istanze del mondo della scuola”, scrive in una nota il M5S.

“Una scelta giusta separare Scuola da Università e Ricerca. L’accorpamento in questi anni ha rischiato di creare un ministero troppo grande, con difficoltà a seguire al meglio settori centrali come scuola ricerca e università. Così con la separazione potranno essere valorizzate le attività di tutti e due i settori”, dice Dario Franceschini, ministro per i Beni e le Attività culturali e capo delegazione Pd al Governo. “La scelta di un tecnico di grandissimo profilo come Gaetano Manfredi garantisce poi  la centralità assoluta di ricerca e università nelle strategie del governo. Molti auguri anche a Lucia Azzolina che ha già seguito con competenza sin qui le politiche della scuola”, aggiunge.

“Forza Italia valuta positivamente la tempestività con cui il presidente del consiglio Conte ha individuato il nuovo ministro dell’Istruzione – commenta anche la deputata di Forza Italia Valentina Aprea, responsabile del dipartimento istruzione del movimento azzurro. Esprimiamo però riserve sulla scelta di ritornare a prevedere due ministri per i settori dell’istruzione e dell’università e della ricerca. Già sperimentata in passato, questa soluzione comporta opportunità ma anche grandi rischi con riferimento all’accentuazione dell’autoreferenzialità dei sistemi formativi. Senza contare che lo sdoppiamento del dicastero sembra rispondere esclusivamente a logiche spartitorie delle due principali forze di maggioranza. Detto questo, Forza Italia augura buon lavoro ai nuovi ministri attendendoli al banco di prova, specialmente per quanto riguarda le cause che hanno portato alle dimissioni dell’ex ministro Fioramonti”.

Per niente positiva l’opinione del senatore della Lega, Mario Pittoni, presidente della commissione Cultura a palazzo Madama e responsabile Istruzione del partito: “L’assegnazione dell’incarico di ministro alla sottosegretaria Azzolina (M5S) – commenta -, nonostante la prova disastrosa fornita col decreto Scuola bocciato trasversalmente, conferma la scarsa attenzione, per non dire l’assoluto disinteresse, del premier Conte per il mondo della scuola”.

Tuttoscuola augura buon lavoro ai nuovi Ministri.

Istruzione e Ricerca, si torna a due ministeri

Istruzione e Ricerca, si torna a due ministeri ma restano intatte le problematiche dei settori

Roma, 28 dicembre – La vicenda delle dimissioni del ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Lorenzo Fioramonti, si è conclusa con la decisione del presidente del Consiglio Conte di tornare alla nomina di due ministri: la sottosegretaria al MIUR, Lucia Azzolina, per la Scuola e il Rettore della Federico II di Napoli, nonché presidente della Conferenza dei Rettori, Gaetano Manfredi, per l’Università e la Ricerca.

Ad entrambi, naturalmente, va l’augurio di buon lavoro della FLC CGIL.

Nel giustificare la scelta il presidente Conte ha rilevato, in sede di conferenza stampa a Palazzo Chigi, che “la cosa migliore per potenziare la nostra azione, sia separare il comparto scuola dal comparto Università e Ricerca. Sembrano appartenenti alla stessa filiera, ma hanno logiche ed esigenze molto diverse, sarà creato un nuovo ministero dell’Università e della Ricerca”.

Difficile dare un giudizio a caldo su questa doppia designazione, lo spacchettamento più che rispondere ad una logica di governo dei settori, segue evidentemente esigenze politiche interne alla maggioranza ed è tutto quello che non avremmo voluto vedere in questo difficile passaggio. Ci sembra un passo indietro rispetto all’idea che esista una filiera della conoscenza su cui fare un grande investimento come Paese.

In un altro passaggio della conferenza stampa il Presidente del Consiglio ha sottolineato la necessità di rilanciare il comparto della Ricerca e dell’Università aggiungendo: “Non è vero che non abbiamo compiuto dei passi in avanti, per la prima volta abbiamo introdotto l’Agenzia nazionale per la ricerca, questa è una iniziativa strategica. Dobbiamo fare qualche sforzo in più, dobbiamo rilanciare un piano straordinario per i ricercatori”.

Confermiamo tutti i dubbi, le contrarietà e le critiche che abbiamo più volte rivolto all’Agenzia nazionale per la ricerca, rischia di essere un carrozzone burocratico che riporta nelle mani della politica la libertà della ricerca in Italia.

Ci sembra di poter affermare, inoltre, con qualche certezza, che le risposte agli interrogativi forti espressi da Fioramonti con le sue dimissioni non sono arrivate. Restano del tutto intatte due questioni sostanziali: quale impegno del Governo per trovare le risorse necessarie per l’intero sistema dell’Istruzione e della Ricerca e quali riforme strutturali adottare, nel medio e nel lungo periodo, per restituirgli equilibrio e dignità.

Senza queste risposte decisive, ci sembra di poter dire oggi che il rischio paventato da Fioramonti resti del tutto inalterato e che i due neoministri potrebbero ritrovarsi nelle stesse condizioni di debolezza e fragilità.

Naturalmente speriamo di essere smentiti nei prossimi giorni e faremo di tutto perché sia così, a partire dal rispetto delle Intese sottoscritte e dalla stesura del DEF.

La scuola dimessa

La scuola dimessa

di Giovanni Fioravanti

La cosa che stupisce non sono le dimissioni del ministro che attengono alla politica e confermano la parabola sempre più discendente degli inquilini di viale Trastevere, almeno da vent’anni a questa parte.

Stupisce la scuola dimessa, i suoi docenti e dirigenti dimessi. Il silenzio di chi lavora nella scuola e del suo lavoro non è riuscito a farne una professione, avvilendolo a impiego, incapaci di divenire dei professionisti della cultura. Sembrano tutti apprendisti di passaggio, perenni precari del sapere e del paese. 

Dov’è la dignità del lavoratore della scuola, chi la rappresenta, chi la esprime?

Sembra che la scuola sia nelle mani di una classe di mediocri impiegati, come è mediocre il paese che li esprime.

La scuola, dimessa da anni, è silente, eppure la scuola dovrebbe essere la cultura, il pensiero del paese. Al contrario tace, vuota di idee, come può esserlo una prassi burocratica. 

È la scuola delle routine che ha preso il sopravvento, la scuola che si parla dentro nelle sale dei professori ma che non sa parlare fuori al paese, perché non ha una sua fisionomia, una sua identità, al di là delle statistiche che pure la pongono tra le istituzioni verso le quali il paese ancora nutre più fiducia.

Una scuola spenta, declassata a ripiego delle vite, a fornire dosi di civismo o di ambientalismo, a seconda di come s’agita il vento. Una scuola tampone del paese anziché la sua risorsa.

Una scuola senza pensiero incapace di produrre pensieri per sé e per gli altri.

Pure c’è stato il tempo della scuola capace di parlare al paese, di democratizzazione, di partecipazione, di ricerca e sperimentazione. Del tempo pieno, della scuola dell’infanzia, dei nuovi programmi per la primaria e la secondaria, erano gli anni dell’integrazione di tutti nella scuola di tutti.

La stagione dei maestri da Bruno Ciari a Mario Lodi, da Loris Malaguzzi a Sergio Neri, da Lorenzo Milani a Idana Pescioli, a Francesco Bartolomeis è stata una parentesi della seconda metà del secolo scorso che ha permesso al nostro sistema formativo di vivere anni di fervoroso rinnovamento. 

Poi più. Poi solo la scuola dei ministri senza maestri. E la scuola si è spenta, ha perso il fervore dell’innovazione, la laboriosità della ricerca, la passione per la propria formazione da parte dei suoi insegnanti e dirigenti. Una scuola che aveva cura di sé. 

Ora alla scuola manca la cura di sé, il significato dell’esercitare la professione dell’insegnante, la passione per la ricerca, per la formazione e l’innovazione. Un luogo chiuso in sé, che rimurgina frustrazioni e burnout, teatro di precariato, graduatorie e sanatorie, mentre le cattedre restano e le professionalità svaniscono.

Non esiste ministro in grado di risollevare la nostra scuola da una condizione simile, perché qualcosa è morto dentro alla scuola, è morta la sua anima fatta di passione e professione. 
È un’anima che si è spenta nel paese, figuriamoci nelle cattedre, non saranno certo le predelle di Galli della Loggia a restituire l’anima a chi l’ha perduta e non sa più dove andarla a trovare, ammesso e non concesso che la stia cercando.

È tempo di apprendisti stregoni al governo della cosa pubblica e il paese è fiaccato dall’ingestione delle loro pozioni, risollevarsi è pressoché impossibile.

È che ci siamo giocati l’ultima possibilità che avevamo: la scuola.

Confronto e fiducia saranno le parole chiave

Turi: confronto e fiducia saranno le parole chiave. Nostra azione sarà leale e di merito

CONTE IN CONFERENZA STAMPA: LUCIA AZZOLINA MINISTRO SCUOLA, MANFREDI A RICERCA

Abbiamo appreso direttamente dalla conferenza stampa del presidente del Consiglio che il nuovo ministro dell’Istruzione, sarà l’attuale sottosegretario Lucia Azzolina – prende atto il segretario generale della Uil Scuola, Pino Turi. A lei va il nostro augurio di buon lavoro.

Avremo nei confronti del nuovo ministro, un atteggiamento coerente, che ha già conosciuto, basato sul merito delle questioni. Le confermiamo che non mancherà la dovuta collaborazione, nella misura in cui saranno perseguiti gli obiettivi sindacali e di tutela dei diritti dei lavoratori della scuola.

La Uil Scuola darà il proprio contributo sempre guardando al merito delle questioni. Centrali saranno per noi tutela del personale, la salvaguardia della scuola statale, la governance democratica e partecipata della comunità educante.

Ci sono accordi già sottoscritti, ci aspettiamo di mantenere lo stesso percorso di attuazione – ricorda Turi nel mettere a punto l’agenda delle prossime settimane, a partire dal 7 gennaio con la prima riunione già messa in programma.

Quanto alla divisione tra Università e ricerca, speriamo non sia una semplice soluzione politica di alternanza alla guida del ministero che finalmente torna alla divisione delle competenze.

L’università e la ricerca sono il tetto di una struttura che per reggere ha bisogno fondamenta forti, quelle della scuola della nostra costituzione.

Il cambio al vertice del ministero non fa venire meno le questioni, che sono all’attenzione del neo ministro: corsi di abilitazione che tengano conto dell’esperienza sul campo del personale precario; il riconoscimento e valorizzazione degli assistenti amministrativi facenti funzione; il rinnovo del CCNL con un aumento stipendiale a tre cifre.

Questioni sulle quali è stato definito un accordo ed un  percorso, in base agli  impegni della squadra di governo di cui il  neo ministro faceva già parte, con il sottosegretario De Cristoforo e la vice Ministra Ascani. Impegni che ora ci aspettiamo vengano onorati.

Alla Ministra Azzolina gli auguri di buon lavoro

Alla Ministra Azzolina gli auguri di buon lavoro di Ancodis

L’Associazione Nazionale Collaboratori Dirigenti Scolastici esprime le più sincere congratulazioni all’On.le Lucia Azzolina per la nomina a Ministro dell’Istruzione.
Siamo lieti di apprendere che alla guida del MI (finalmente!) siederà una docente che sicuramente conosce le problematiche della scuola italiana, la funzione docente – oggi socialmente poco riconosciuta – ed il lavoro dei Collaboratori dei DS che contribuiscono al funzionamento organizzativo e didattico unitamente al raggiungimento degli obiettivi programmati in ciascuna I.S..
Come la neo Ministra sa bene, l’ANCODIS porta avanti il tema dell’istituzione delle figure di sistema intermedie tra il DS ed il personale docente: è ormai necessario definire in strumenti condivisi (norme e CCNL) la presenza di queste figure intermedie (quadri o middle management), le modalità di accesso, di retribuzione ed il riconoscimento professionale.
Per la Scuola dei prossimi decenni – ne siamo consapevoli – occorrerà un “patto professionale e culturale” tra tutte le componenti scolastiche che dovranno maturare la consapevolezza della necessità della costituzione di un livello intermedio cosi come avviene in gran parte dei paesi europei.
Alla Ministra Azzolina, chiediamo di farsi convinta promotrice del “ruolo costituzionale“ della scuola (cit. P. Calamandrei) attraverso l’istituzione di una Costituente Civica della scuola, quale luogo di confronto tra tutti i protagonisti delle diverse componenti scolastiche, di definizione della visione di un possibile futuro sociale e culturale dell’Italia finalizzata a far risorgere un modello scolastico nel quale la funzione educativa e formativa ritorni ad essere motivo di onore e di orgoglio per le migliaia di donne e uomini che si spendono con determinazione per il FUTURO del nostro paese.  
Prof. Rosolino Cicero