Alt dei presidi alla Dad per gli alunni non vaccinati

da Il Sole 24 Ore

Il presidente dell’Anp di Roma, Mario Rusconi, boccia la proposta delle Regioni e chiede al governo di fare di tutto per riaprire le scuole

di Redazione Scuola

«Era stato annunciato che sarebbero stati organizzati hub per fare tamponi agli studenti in vista della riapertura delle scuole. Sarebbe questa la misura da attuare, la cosa migliore dopo le feste, ma a pochi giorni dalla riapertura non ne abbiamo contezza. Noi come Anp siamo contrari a mettere in Dad i ragazzi non vaccinati perché sarebbe una discriminazione. Se la proposta è questa o rimandare gli ingressi vuol dire che la scuola farà le spese di una serie di mancanze. Di questo passo si rischia la distruzione del settore». A dirlo è il presidente dell’Associazione presidi di Roma Mario Rusconi che boccia la proposta lanciata nei giorni scorsi dalle Regioni sulla revisione delle quarantene.

Il no dei presidi

«Se queste sono le proposte, ai no vax andrà aggiunta a breve la categoria dei ’no school», incalza Rusconi. «Domani ci sarà un incontro del ministero dell’Istruzione con sindacati per discutere il da farsi», aggiunge rimarcando la posizione dell’Anp «contraria a mettere in Dad i ragazzi non vaccinati perché sarebbe una discriminazione. Le misure anti-Covid a scuola ci sono – sottolinea il presidente dell’associazione romana -. Il problema semmai sono le classi pollaio e i mancati controlli sui bus». A suo avviso, «in un anno e mezzo di pandemia non sono stati individuati spazi sufficienti per il distanziamento. Basti pensare che nella città di Roma le uniche realtà ad essersi rese disponibili per dare spazi sono le parrocchie». Da qui a parlare degli hub per testare gli studenti prima del rientro in classe il passo è breve: «Dei tamponi non possono farsi carico le famiglie con le file lunghissime che ci sono».

L’allarme dei pediatri

Circa un contagio su quattro, il 24%, riguarda nell’ultima settimana la fascia di età under 20. In un mese i ricoverati tra gli under 19 sono aumentati di quasi 800, 791 per la precisione, passando da 8.632 a 9.423. A pochi giorni dalla riapertura delle scuole i dati che derivano dai recenti report dell’Iss, l’ultimo precisamente del 31 dicembre, e che preoccupano i pediatri italiani, che tramite la presidente della Sip, Società italiana di pediatria, Annamaria Staiano evidenziano che «i contagi stanno aumentando notevolmente». Al momento poi i vaccini non decollano: 340mila prime dosi su 3 milioni di bimbi.

Formazione iniziale insegnanti: un’occasione da non perdere

da Il Sole 24 Ore

Strutturare un percorso post-laurea coerente e organico specifico per diventare docenti farebbe crescere sia la scuola che l’università

di Pietro Di Martino

Parto da una premessa importante: la scuola dell’obbligo, la scuola di tutti e per tutti, è il pilastro fondamentale delle nostre radici democratiche e del nostro futuro. Investire sulla scuola dunque non è, a mio avviso, un’opzione, ma un obbligo. E investire sulla scuola significa soprattutto investire su chi la scuola la fa: personale Ata, dirigenti e insegnanti, in termini di riconoscimento economico e professionale, così come in termini di formazione (iniziale e in servizio).

La riforma della formazione iniziale

Attualmente non esiste in Italia un percorso di formazione iniziale insegnanti, ma si rincorrono voci su possibili iniziative di riforma. La voce più preoccupante è quella relativa alla possibilità che la questione sia liquidata chiedendo ai futuri docenti di acquisire nel loro percorso 60 crediti formativi universitari in determinate discipline come condizione per accedere al concorso. Questa voce, speriamo senza fondamento, immaginerebbe la formazione iniziale come una sorta di fai da te (di cui conosciamo benissimo le possibili storture), descritta solo da obblighi formali, incentrata solo su aspetti teorici e non co-progettata tra scuola e università.
Proprio pochi giorni fa, sulle pagine di questo giornale, il prof. Vicino, presidente del Consiglio universitario nazionale (Cun), illustrando la posizione del Cun sul tema ha stigmatizzato questa possibilità, immaginando come unica alternativa possibile una formazione insegnanti post immissione in ruolo (dunque di fatto non prevedendo alcun percorso specifico per chi vuole diventare insegnante e accettando che le selezioni per i futuri insegnanti continuino ad essere incentrate esclusivamente su aspetti di conoscenza dei contenuti).

Un’occasione da non perdere

Non tutti, io per primo, la pensano come il Cun. Diverse associazioni di insegnanti, professori universitari di discipline diverse (https://maddmaths.simai.eu/didattica/lettera-formazione-insegnanti/https://www.valigiablu.it/scuola-pnrr-insegnanti-studenti/), la Commissione italiana per l’insegnamento della Matematica (https://umi.dm.unibo.it/wp-content/uploads/2021/12/Comunicato-UMI-CIIM-sulla-formazione-iniziale-degli-insegnanti-di-scuola-secondaria-1.pdf) hanno sottolineato l’importanza di strutturare un percorso post-laurea coerente e organico specifico per la formazione iniziale degli insegnanti, co-progettato tra scuola e università, che preveda riflessione teorica, tirocinio e riflessione sul tirocinio.
Davvero si pensa che i ragazzi e le ragazze più motivate all’insegnamento fuggirebbero da un percorso di questo tipo? Io ho più fiducia in loro: credo sarebbe esattamente il contrario.

Una riforma storica

L’istituzione di un tale percorso sarebbe, questa sì, una riforma di portata storica. Sarebbe anche un’occasione unica per far crescere scuola e università, non pensarle più come due mondi separati, ma come i pilastri culturali e formativi del Paese che si sorreggono insieme.Certo, proprio per la significatività degli obiettivi formativi – la formazione iniziale non è vista come un inutile inciampo, un aggravio di tempo – è una proposta più complessa delle altre in gioco, che richiede di investire veramente, anche in termini economici, sulla scuola, sui suoi insegnanti, sui nostri giovani.
La politica dovrà decidere se intende realmente investire sulla formazione insegnanti o percorrere pericolose scorciatoie che possono avere effetti negativi negli anni a venire.

Smart working per scuola, come altri comparti sanità, Ministero: no “tutti a casa” come in assenza di vaccini

da OrizzonteScuola

Di redazione

Il Ministero della Funzione Pubblica ha divulgato una nota stampa sulla quale interviene relativamente all’ipotesi di smart working per tutto il pubblico impiego. Secondo il Ministero, la “linea fin qui seguita dal Governo, grazie alle vaccinazioni, al green pass e al super green pass, ha reso pienamente compatibile il massimo livello di apertura delle attività economiche, sociali e culturali con il massimo livello di sicurezza sanitaria”.

La richiesta di smart working è pervenuta da alcune sigle sindacali del pubblico impiego, sindacati ai quali il Ministero ricorda che “la normativa e le regole attuali già permettono ampia flessibilità per organizzare sia la presenza, sia il lavoro a distanza, tanto nel lavoro pubblico quanto nel lavoro privato”.

“Le amministrazioni pubbliche, in particolare, sulla base delle linee guida recentemente approvate con il consenso di tutti (sindacati, Governo, amministrazioni centrali e locali), possono decidere la rotazione del personale consentendo il lavoro agile anche fino al 49% sulla base di una programmazione mensile, o più lunga“, evidenzia la nota del dipartimento per la funzione pubblica, in cui si ricorda anche che “la maggior parte dei dipendenti pubblici (gli addetti della scuola, della sanità e delle forze dell’ordine, che rappresentano circa i due terzi dei 3,2 milioni totali) sono soggetti all’obbligo di vaccino e, in larghissima maggioranza, sono tenuti alla presenza”.

“Alla luce della grande flessibilità riconosciuta alle singole amministrazioni e dell’esigua minoranza di dipendenti pubblici che potrebbe realmente lavorare da casa, risulta, dunque, incomprensibile l’invocazione dello smart working per tutto il pubblico impiego. Un ‘tutti a casa’ come sperimentato, in assenza dei vaccini, durante la prima fase della pandemia nel 2020, legato al lockdown generalizzato e alla chiusura di tutte le attività economiche e di tutti i servizi, tranne quelli essenziali. Non è questa la situazione attuale”.

Iscrizioni alunni al prossimo anno scolastico, si parte: c’è tempo fino al 28 gennaio

da La Tecnica della Scuola

Di Alessandro Giuliani

Prendono il via le iscrizioni on line delle studentesse e degli studenti all’anno scolastico 2022/2023: lo conferma il ministero dell’Istruzione con una Nota.

Al via il 4 gennaio

Come già indicato con nota n. 29452 del 30 novembre, si parte il 4 gennaio alle ore 8.00: gli interessati potranno inoltrare la domanda per tutte le classi prime della scuola primaria, secondaria di primo e secondo grado statale fino alle 20.00 del prossimo 28 gennaio.

Saranno on line anche le iscrizioni ai percorsi di istruzione e formazione professionale erogati in regime di sussidiarietà dagli Istituti professionali e dai centri di formazione professionale accreditati dalle Regioni che, su base volontaria, aderiscono alla procedura telematica. L’adesione alle iscrizioni online resta facoltativa per le scuole paritarie.

Come si procede

Il dicastero dell’Istruzione ha confermato che per procedere con l’iscrizione sarà necessario avere un’identità digitale: si potrà accedere al sistema utilizzando le credenziali SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale), CIE (Carta di identità elettronica) o eIDAS (electronic IDentification Authentication and Signature).

Gli studenti e le famiglie che intendono approfondire le peculiarità delle singole scuole e la loro offerta possono possibile visitare il portale “Scuola in Chiaro”, messo a disposizione dal ministero dell’Istruzione per dare informazioni su ciascun istituto.

Per agevolare le famiglie per l’attuazione della procedura, il ministero dell’Istruzione ha attivato una pagina dedicata alle iscrizioni  on line con tutti i dettagli, i chiarimenti e video esplicativi per guidare, passo dopo passo, gli utenti nelle varie fasi della stessa iscrizione.

Lo psicologo a scuola, in arrivo 20 mln di euro dalla legge di bilancio, ma il servizio andrà monitorato

da La Tecnica della Scuola

Di Carla Virzì

In legge di bilancio 2022normativa da poco approdata in Gazzetta Ufficiale, si prevede un incremento del fondo di funzionamento per supportare il personale delle istituzioni scolastiche statali, gli studenti e le famiglie attraverso servizi professionali per l’assistenza e il supporto psicologico in relazione alla prevenzione e al trattamento dei disagi e delle conseguenze derivanti dall’emergenza epidemiologica da COVID-19. E a questo scopo si stanziano 20 milioni di euro per il 2022, una cifra che può rimettere in gioco l’accordo tra il Ministero dell’Istruzione e l’ordine degli psicologi, che aveva già previsto la figura dello psicologo a scuola e che in linea teorica resta operativo fino al 28 gennaio 2023, come avevamo anticipato in un articolo precedente.

Ricordiamo che l’accordo era stato finanziato solo per i primi 4 mesi (da settembre a dicembre 2020), divenendo lettera morta nei mesi successivi. Perché? Perché allo scadere del primo finanziamento, il Governo e il ministero dell’Istruzione avevano dirottato sul Dl Sostegni bis le risorse da destinare al supporto psicologico, solo che questa voce diveniva alternativa a mille altri bisogni della scuola tra i quali gli istituti potevano scegliere. Insomma, se le scuole chiedevano il sostegno psicologico lo facevano a scapito di altro: dalla sicurezza nei luoghi di lavoro, alla didattica a distanza, dall’acquisto di dispositivi di protezione ai materiali per l’igiene individuale e degli ambienti, agli interventi in favore della didattica degli studenti con disabilità o con disturbi specifici di apprendimento e così via.

Oggi invece le risorse per l’assistenza psicologica tornano ad essere risorse ad hoc.

L’accordo con l’ordine degli psicologi

Ecco cosa leggiamo nell’accordo tra Ministero dell’Istruzione e ordine degli psicologi:

Nell’ottica di consentire a ciascuna Istituzione scolastica di attivare i servizi di supporto psicologico, sulla base delle proprie specifiche esigenze e delle azioni già in essere, realizzate nell’ambito della propria autonomia, con la nota prot. 23072 del 30/09/2020 viene assegnata a ciascuna Istituzione scolastica, per il periodo settembre – dicembre 2020, una apposita risorsa finanziaria, determinata assumendo ai fini del calcolo l’importo di euro 40 (quaranta) lordi/ora quale valore della prestazione professionale.

Il monitoraggio del servizio

L’accordo chiarisce anche che il finanziamento successivo del servizio dipenderà dall’esito di un’apposita attività di monitoraggio dell’attività precedente.

Si legge infatti nel documento firmato dalle parti: L’attivazione del servizio di supporto psicologico nel periodo settembre – dicembre 2020, per un impegno non inferiore al 50% della risorsa finanziaria assegnata, documentata e verificata con un apposito monitoraggio che sarà rivolto a tutte le istituzioni scolastiche, è condizione necessaria per la conseguente assegnazione finanziaria, nell’esercizio finanziario successivo, di risorse atte a garantire la prosecuzione del medesimo servizio di supporto psicologico per il periodo gennaio – giugno 2021.

Rientro a scuola, DaD sì o no? Azzolina: “Un dibattito sterile, non si può fare”

da La Tecnica della Scuola

Di Redazione

L’ex ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, ha affidato ai suoi canali social delle considerazioni sul caos del rientro in classe entro il 10 gennaio per tutti gli studenti e le studentesse d’Italia e la conseguente questione della DaD.

La deputata ha così dichiarato: “Un dibattito sterile quello sulla Dad per gli studenti non vaccinati. Questa cosa, semplicemente, NON si può fare. La scuola non può sapere chi è vaccinato o chi non, in assenza di una norma che prescriva l’obbligo vaccinale per studentesse e studenti. O, meglio, non ha proprio il diritto di saperlo. Pena anche la violazione della privacy di ciascuno. Lo hanno ricordato più volte i dirigenti scolastici negli ultimi giorni. Quindi, invece di perdere tempo su una ipotesi palesemente discriminatoria, a 4 giorni dal rientro in classe sarebbe il caso di dare risposte sulla fornitura delle mascherine Ffp2 per tutti e sul ripristino del metro di distanza in classe”.

Quarantene differenziate per alunni vaccinati e non vaccinati?

La cosa è già così da prima delle vacanze natalizie, come disposto dal documento interministeriale, trasmesso il 3 novembre scorso, Indicazioni per l’individuazione e la gestione dei contatti di casi di infezione da SARS-CoV-2 in ambito scolastico.

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Tale documento rappresenta tuttora il riferimento per la sorveglianza con testing da attivare nelle scuole in caso di riscontrata positività di uno studente o del personale.

Il CdM del 5 gennaio

Sono tutte considerazioni che verranno affrontate mercoledì prossimo, 5 gennaio, durante il Consiglio dei ministri, che all’ordine del giorno avrà proprio le regole per la ripresa delle lezioni.

A pesare non poco sarà certamente la posizione dell’entourage del premier Mario Draghi, fautore di un incremento, assieme alle vaccinazioni, anche dei tamponi e del tracciamento. Solo che tra le decisioni e la realtà potrebbe esserci ancora troppa distanza.

Stipendio docenti, nel 2022 misero aumento di altri 15 euro, ma da quando in busta paga?

da La Tecnica della Scuola

Di Carla Virzì

Dalla legge di bilancio, sul tema della valorizzazione della professione docente rispetto alla bozza di legge cosa è cambiato? Due dati: in primo luogo è scomparso il riferimento che legava l’incremento stipendiale alla dedizione all’insegnamento, che tante critiche aveva sollevato tra i sindacati e non solo; in secondo luogo, in termini numerici, i 240 milioni previsti sono cresciuti di un po’ e sono diventati 300 milioni.

In cosa si traduce questo aumento dal punto di vista degli stipendi? Come ha già chiarito in precedenza il nostro vice direttore Reginaldo Palermo, “ora che il fondo per la valorizzazione della professione docente è stato portato a 300 milioni di euro, gli insegnanti potrebbero trovare in busta paga un incremento di stipendio di circa 15-16 euro mensili per questa voce”.

Per quanto riguarda le altre voci che in busta paga andranno a incrementare lo stipendio, si faccia riferimento all’articolo di Reginaldo Palermo a questo LINK.

Ma quando potrebbero vedere, gli insegnanti, in busta paga questo incremento? Non certo da gennaio, considerando che questo provvedimento dovrà comunque passare dalla contrattazione e a sua volta il nuovo contratto dovrà seguire un atto di indirizzo che allo stato attuale neanche esiste. Qualche informazione più, forse, potremo averla dopo l’incontro tra il Ministero dell’Istruzione ei sindacati, in programma domani 4 gennaio.

La novità in legge di bilancio

Seguiamo tutti i passaggi. La precedente legge 205/2017 all’articolo 1, comma 592 stabiliva: Al fine di valorizzare la professionalità dei docenti delle istituzioni scolastiche statali, è istituita un’apposita sezione nell’ambito del fondo per il miglioramento dell’offerta formativa, con uno stanziamento di 10 milioni di euro per l’anno 2018, di 20 milioni di euro per l’anno 2019 e di 30 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2020.

Adesso la legge di bilancio 2022 in fatto di finanziamenti destina 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020 2021 300 milioni di euro a decorrere dall’anno 2022.

Cosa è cambiato rispetto alla bozza della legge di bilancio contestata dai sindacati?

La precedente dicitura stabiliva quanto segue: Al fine di valorizzare la professionalità dei docenti delle istituzioni scolastiche statali, premiando in modo particolare la dedizione nell’insegnamento, l’impegno nella promozione della comunità scolastica e la cura nell’aggiornamento professionale continuo, è istituita un’apposita sezione nell’ambito del fondo per il miglioramento dell’offerta formativa, con uno stanziamento di 10 milioni di euro per l’anno 2018, di 20 milioni di euro per l’anno 2019, di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020 e 2021, 240 milioni di euro a decorrere dall’anno 2022.

Formazione docenti sul tema della violenza di genere, lo chiede la legge di bilancio

da La Tecnica della Scuola

Di Carla Virzì

Il personale della scuola dovrà essere formato adeguatamente sul tema della violenza e della discriminazione di genere, questioni che dovranno essere promosse anche nell’ambito delle indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione, delle indicazioni nazionali per i licei e delle linee guida per gli istituti tecnici e professionali, oltre che nella programmazione didattica curricolare ed extracurricolare delle scuole di ogni ordine e grado, al fine di sensibilizzare anche gli studenti su questi argomenti, per giungere a una prevenzione della violenza nei confronti delle donne che sia prima di tutto un’azione culturale.

La legge di bilancio

E allo stesso modo e nella stessa direzione si dovrà agire sul fronte dei libri di testo.

Icotea

Tutti obiettivi che si pone l’ultima legge di bilancio 2022, approdata da poco in Gazzetta Ufficiale, nell’ambito del cosiddetto Piano strategico nazionale contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, per il quale si prevedono risorse proprie, con un Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità (di cui all’articolo 19, comma 3, del decreto-legge 4 luglio 2006,n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248), incrementato di 5 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2022.

Non ultimo, tra gli obiettivi del piano, quello di prevenire il fenomeno della violenza contro le donne attraverso la sensibilizzazione anche degli operatori dei settori dei media per la realizzazione di una comunicazione e informazione, anche commerciale, rispettosa della rappresentazione di genere e, in particolare, della figura femminile, anche attraverso l’adozione di codici di autoregolamentazione da parte degli operatori medesimi. Un’esigenza da sempre nota, naturalmente, ma che è balzata agli onori della cronaca con particolare forza a seguito delle dichiarazioni della conduttrice Barbara Palombelli, che a commento di un ennesimo caso di femminicidio, ha dichiarato: “È lecito domandarsi: questi uomini erano completamente fuori di testa, completamente obnubilati, oppure c’è stato anche un comportamento esasperante, esagerato, anche dall’altra parte? È una domanda che dobbiamo farci…”. Un’opinione espressa su Forum, su Rete4, che ha scatenato naturalmente una bufera per l’assoluta misoginia del suo contenuto, persino involontaria, cosa forse ancora più grave da parte di una giornalista.

Le dichiarazioni di Laura Boldrini

Su questi temi abbiamo conversato con la ex presidentessa della Camera Laura Boldrini, che ha chiesto a gran voce: via il sessismo dai libri di testo.

“Nei libri di scuola, quando si parla di uomini si usano sempre aggettivi molto molto soddisfacenti, molto altisonanti, sono degli eroi, sono dei pittori, sono degli dei, dei vincitori, dei cavalieri; e invece quando si parla di ragazze, cambiano anche gli aggettivi. Agli uomini sono riservati aggettivi straordinari, aggettivi eccellenti e superbi; quando alle donne sono riservati aggettivi che ne riducono le qualità. Magari le donne sono gentili, sono servizievoli, sono pettegole, obbedienti. Allora se noi riserviamo questa differenza di rappresentazione tra gli uomini e le donne nei libri scolastici, gli orizzonti delle nostre figlie chiaramente si riducono”.

Se tutto quanto nella nostra società è mirato a ridurre l’autostima delle donne – conclude la presidente del Comitato dei diritti umani nel mondo alla Camera -, l’orizzonte femminile si riduce. Siamo di fronte di nuovo a una discriminazione, è un atteggiamento sessista che non può essere tollerato nel 2021, quindi io dico agli autori dei libri e anche alle autrici, agli editori e alle editrici, di essere parte del cambiamento, essere parte dello sviluppo sociale di questo Paese, non rimanere allo stereotipo degli anni ’50 o ’60, perché la società è andata oltre”.

Rientro in classe, in presenza o Dad, le forze politiche si dividono

da La Tecnica della Scuola

Ancora qualche giorno al rientro in classe di alunni, docenti e personale scolastico, in un contesto generale tutt’altro che semplice. L’impennata di contagi delle ultime settimane ha portato alla quarta ondata con numeri sempre più alti. Le Regioni si sono colorate di giallo e il mese di gennaio secondo gli esperti continuerà a essere critico. A risentirne naturalmente è anche la scuola, visto che a essere colpite sono anche le fasce più giovani della popolazione. Ne è nato uno scontro acceso tra le forze politiche al governo.

Al vaglio l’ipotesi di modifica delle regole su Dad e quarantena, in particolare per gli alunni delle elementari e della prima media, interessati da qualche settimana dalla campagna vaccinale. È probabile che si estenda anche a questi ultimi una regola che già coinvolge gli alunni più grandi, ovvero nel caso di due studenti risultati positivi in una classe, l’autosorveglianza di cinque giorni e il test a 10 giorni per i vaccinati (o guariti negli ultimi tre mesi) e la quarantena di 10 giorni con Dad per i non vaccinati. Con tre contagi sarebbe invece la Asl a valutare l’eventuale sospensione delle lezioni in presenza.

Per quanto riguarda le scuole dell’infanzia invece rimarrebbe la quarantena di dieci giorni con tampone con un solo caso positivo.

Ma come detto, non tutte le voci vanno in questa direzione. I sindacati (che domani, 4 gennaio, incontreranno il ministro Bianchi) ma anche la sottosegretaria Barbara Floridia non sono d’accordo con queste ipotesi, perché si andrebbero a discriminare i bambini tra Dad e presenza. Sulla stessa linea il sottosegretario Rossano Sasso che parla di “rischio di eccessive penalizzazioni con l’inasprimento dei protocolli su contagi e quarantene”.

A spingere invece per regole più rigide sono le Regioni. Ipotesi che secondo il Presidente della Conferenza delle Regioni Fedriga alleggeriscono il mondo della scuola sulle regole previste e permettere una ripresa dell’anno scolastico in presenza. Decisivo sarà il Consiglio dei ministri di mercoledì 5 gennaio.

Ritorno a scuola dopo le vacanze di Natale: è scontro nel Governo sulla DaD per i non vaccinati

da Tuttoscuola

Scuole pronte a ripartire tra il 7 e il 10 gennaio prossimi, anche se in alcune Regioni e Comuni la riapertura slitterà di qualche giorno a causa del numero di contagi da Covid19. E intanto è scontro nella maggioranza sull’ipotesi, al vaglio del Governo e sostenuta dalle Regioni, di una modifica delle regole sulla Dad e sulla quarantena in vista del rientro in classe dopo le vacanze di Natale. Il Governo studia infatti regole diverse soprattutto per la scuola primaria e per la secondaria di primo grado alla luce sella partenza della campagna vaccinale che coinvolge la fascia di età 5-11 anni.

Secondo quanto segnalato anche da Ansa.it, sembra molto probabile che anche per le scuole primarie e secondarie di primo grado – così come già succede per per il secondo grado – si possa prevedere, nel caso di 2 studenti risultati positivi in una classe, solo l’autosorveglianza di 5 giorni (con tampone a 10 giorni) per i ragazzi vaccinati (o guariti negli ultimi tre mesi) e la quarantena di 10 giorni con Dad (quest’ultimo caso laddove previsto) per i non vaccinati. Con 3 contagi in una sola classe, sarebbe poi la Asl a valutare ulteriori provvedimenti come la sospensione dell’attività in presenza. Nelle scuole dell’infanzia resterebbe invece la quarantena di 10 giorni per tutti con tampone con un solo caso positivo. Non si tratta ancora di scelte definitive: queste valutazioni potrebbero approdare al CdM del prossimo 5 gennaio.

E mentre è scontro nel Governo, al Ministero dell’Istruzione sarebbero tutti d’accordo sull’idea di tenere aperte le scuole e tornare in classe in presenza dopo le vacanze di Natale: “Non si può pensare di discriminare i bambini, prevedendo per alcuni la DaD e per altri la frequenza in presenza. Si continui ad investire risorse per la sicurezza, anzi si aumentino le risorse per la scuola, e si migliori il protocollo affinché sia più efficace. Ma le scuole devono restare aperte!“, ha dichiarato la sottosegretaria all’Istruzione, Barbara Floridia. “Preservare la didattica in presenza per i nostri studenti è sempre stata una priorità del Governo. Un principio sacrosanto a cui dobbiamo tener fede anche per la seconda parte dell’anno scolastico. La campagna di vaccinazione per i più piccoli è appena partita e inasprire i protocolli su contagi e quarantene ci esporrebbe al rischio di eccessive penalizzazioni. Non possiamo permetterci di relegare in Dad milioni di studenti. La risposta non può essere sacrificare il diritto all’istruzione di milioni di studenti. Su questo siamo pronti a far sentire forte la nostra voce“. Così il sottosegretario all’Istruzione, Rossano Sasso (Lega).

Nonostante la linea del MI, ribadita più volte dallo stesso ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, sia quella di tornare in presenza, il governatore campano, Vincenzo De Luca valuta l’ipotesi di chiudere la scuola primaria in presenza per un mese per procedere con le somministrazioni e consentirne la riapertura in sicurezza. “In questo momento – dice De Luca – il grosso del contagio del Covid riguarda le età di 5-11 anni e 0-16 anni. Sembrerebbe giusto usare un mese per ampliare la vaccinazione per i bimbi piccoli e riaprire gli istituti in sicurezza“.

Intanto è stato posticipato al 10 gennaio il rientro ai nidi e alle scuole dell’infanzia comunali nel Comune di Siena “a seguito dell’evolversi della situazione pandemica cittadina e dei provvedimenti di quarantena che coinvolgono il personale scolastico e diverse sezioni bolla dei nidi e delle scuole dell’infanzia comunali” e slitta al 10 gennaio anche la riapertura delle scuole in Abruzzo, secondo un’ordinanza regionale che dispone la sospensione delle attività didattiche il 7 e 8 gennaio.

Percorsi sperimentali quadriennali


Il 16 dicembre la Direzione Generale per gli ordinamenti scolastici, la valutazione e l’internazionalizzazione del sistema nazionale di istruzione precisa che

In merito a quanto previsto dall’Avviso del Ministero dell’istruzione prot. n. 2451 del 7 dicembre 2021, relativo al rinnovo e l’ampliamento del Piano nazionale per la sperimentazione di percorsi quadriennali di istruzione secondaria di secondo grado per l’attivazione di una classe prima, le istituzioni scolastiche con percorsi liceali o dell’istruzione tecnica possono segnalare nella sezione “Altre informazioni per le famiglie” del modello di iscrizione che hanno presentato, o intendono presentare, la propria candidatura all’Ufficio scolastico regionale.
Resta inteso che il percorso sarà attivato dall’anno scolastico 2022/2023 esclusivamente a seguito della valutazione positiva dell’Ufficio scolastico regionale e del raggiungimento del numero di studenti previsto dall’Avviso per la costituzione di una classe prima con percorso quadriennale.


Al via il rinnovo e l’ampliamento del Piano nazionale per la sperimentazione di percorsi quadriennali di istruzione secondaria di secondo grado. Disponibile, da oggi, l’avviso destinato alle scuole che consente la costituzione di mille nuove classi. L’allargamento della sperimentazione viene attivato in coerenza con gli obiettivi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, il PNRR.

I percorsi quadriennali sperimentali assicurano l’insegnamento di tutte le discipline previste dall’indirizzo di studi di riferimento, compreso l’insegnamento trasversale dell’Educazione civica, facendo ricorso alla flessibilità didattica e organizzativa consentita dall’autonomia delle istituzioni scolastiche, alla didattica laboratoriale, all’adozione di metodologie innovative, alla didattica digitale e all’utilizzo di tutte le risorse strumentali e professionali disponibili nell’organico dell’autonomia.

Secondo quanto previsto dall’avviso pubblicato oggi sul sito del MI, potranno presentare progetti di innovazione metodologico-didattica finalizzati alla realizzazione dei percorsi quadriennali:

  • le istituzioni scolastiche che organizzano percorsi di istruzione secondaria di secondo grado, sia statali che paritarie, riferiti agli indirizzi di liceo e di istituto tecnico, che saranno avviati a partire dall’anno scolastico 2022/2023;
  • le istituzioni scolastiche che organizzano percorsi di istruzione professionale, che saranno avviati a partire dall’anno scolastico 2023/2024.

Sarà possibile fare domanda, per l’attivazione dei percorsi sperimentali, fino alle 23.59 del 4 gennaio 2022.

Categorie protette e collocamento mirato

Categorie protette e collocamento mirato: come funziona la normativa sull’inserimento lavorativo per persone disabili    
Disabili.com del 03/01/2022

Quanti disabili deve assumere un’azienda? Nel privato e nel pubblico funziona allo stesso modo? Come ci si iscrive alle liste speciali delle categorie protette? In attesa della riforma promessa dalla Ministra Stefani facciamo il punto della situazione.

L’inserimento lavorativo delle persone disabili è regolamentato in Italia dalla Legge n. 68 del 23 marzo 1999 che, già dal primissimo comma, dichiara il proprio intento di promozione dell’inserimento e della integrazione lavorativa delle persone disabili nel mondo del lavoro attraverso servizi di sostegno e di collocamento mirato.

COSA SI INTENDE PER COLLOCAMENTO MIRATO
L’Art. 2 spiega che per collocamento mirato dei disabili si intende quella serie di strumenti tecnici e di supporto che permettono di valutare adeguatamente le persone con disabilità nelle loro capacità lavorative e di inserirle nel posto adatto, attraverso analisi di posti di lavoro, forme di sostegno, azioni positive e soluzioni dei problemi connessi con gli ambienti, gli strumenti e le relazioni interpersonali sui luoghi quotidiani di lavoro e di relazione.

A CHI SI APPLICA IL COLLOCAMENTO MIRATO
Possono iscriversi alle liste delle cosiddette “categorie protette”, e di conseguenza accedere al collocamento mirato, tutti i lavoratori come definiti ai sensi sempre del comma 1 Art. 1 della Legge 68:
a)  persone in età lavorativa affette da minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali handicap intellettivo cui sia stata riconosciuta un’invalidità civile – con conseguente riduzione della capacità lavorativa – superiore al 45%;
b) invalidi del lavoro con un grado di invalidità, accertata dall’INAIL, superiore al 33%;
c) non vedenti, colpiti da cecità assoluta o con un residuo visivo non superiore a un decimo a entrambi gli occhi, o sordomuti, colpiti da sordità dalla nascita o prima dell’apprendimento della lingua parlata;
d) invalidi di guerra, invalidi civili di guerra e invalidi per servizio con minorazioni ascritte dalla prima all’ottava categoria di cui alle tabelle annesse al testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra, approvato con Decreto del Presidente della Repubblica n. 915 del 23 dicembre 1978  e successive modificazioni.

COME ISCRIVERSI ALLE LISTE SPECIALI
Gli organismi individuati dalle Regioni, denominati “uffici competenti”, provvedono, in raccordo con i servizi sociali, sanitari, educativi e formativi del territorio, secondo le specifiche competenze loro attribuite, alla programmazione, all’attuazione, alla verifica degli interventi volti a favorire l’inserimento dei soggetti destinatari della Legge 68. 
Gli uffici competenti sono inoltre responsabili dell’avviamento lavorativo, della tenuta delle liste, del rilascio delle autorizzazioni, degli esoneri e delle compensazioni territoriali, della stipula delle convenzioni e dell’attuazione del collocamento mirato
Sono, di norma, scelti come “uffici competenti” i Centri per l’impiego di ciascuna provincia. Sono questi dunque i luoghi a cui fare richiesta d’iscrizione alle liste di categorie protette. Prima di far questo, però, occorre munirsi di una certificazione che attesti il possesso della percentuale di invalidità necessaria per l’iscrizione.

GLI OBBLIGI DEI DATORI DI LAVORO
Ai sensi del comma 1 dell’Art. 3 i datori di lavoro pubblici e privati sono tenuti ad avere alle loro dipendenze lavoratori appartenenti alle categorie protette nella seguente misura:
a) sette per cento dei lavoratori occupati, se occupano più di 50 dipendenti;
b) due lavoratori, se occupano da 36 a 50 dipendenti;
c) un lavoratore, se occupano da 15 a 35 dipendenti.

Per adempiere ai suddetti obblighi, ai sensi di quanto previsto dal comma 1 dell’Art. 7 i datori di lavoro assumono i lavoratori facendone richiesta di avviamento agli uffici competenti oppure attraverso la stipula di convenzioni aventi ad oggetto la determinazione di un programma mirante al conseguimento degli obiettivi occupazionali di cui alla stessa Legge 68.

Il Decreto legislativo n. 151 del 14 settembre 2015 è intervenuto sulle modalità di assunzioni obbligatorie prevedendo che i datori di lavoro privati possano assumere i lavoratori mediante richiesta nominativa ma anche che, decorsi 60 giorni dal momento in cui sono obbligati all’assunzione, gli stessi siano tenuti a presentare richiesta numerica individuando con il servizio per il collocamento mirato competente la qualifica sulla base di quelle possedute dagli iscritti nelle apposite liste.

Eccezionalmente, il datore di lavoro può chiedere di essere esonerato dall’assunzione obbligatoria se la sua attività rientra in uno dei seguenti settori:
– edile;
– trasporto aereo, marittimo, terrestre: per il personale viaggiante/navigante;
– impianti a fune;
–  minerario.

ENTI PUBBLICI E CONCORSI
Ai sensi di quanto previsto dal comma 6 dell’Art. 3, anche agli enti pubblici economici si applica la disciplina prevista per i datori di lavoro privati.
Il comma 1 dell’Art. 16 stabilisce che i disabili possono partecipare a tutti i concorsi per il pubblico impiego, da qualsiasi amministrazione pubblica siano banditi. A tal fine i bandi di concorso prevedono speciali modalità di svolgimento delle prove di esame per consentire ai soggetti suddetti di concorrere in effettive condizioni di parità con gli altri (agevolazione prevista anche dall’Art. 20 della L. 104). L’iscrizione alle liste del collocamento non è indispensabile per la partecipazione alla procedura selettiva, ma solo al momento della sottoscrizione del contratto di lavoro.

Pertanto, l’unica certificazione medica che può essere richiesta per l’accesso all’impiego pubblico della persona con disabilità è la certificazione attestante l’idoneità allo svolgimento delle mansioni proprie del posto da ricoprire oppure di compatibilità delle residue capacità lavorative con le specifiche mansioni da svolgere.

Per le aziende, siano esse pubbliche o private, che non ottemperino agli obblighi di legge sulle assunzioni dei lavoratori appartenenti alle categorie protette il comma 1 dell’Art. 15 prevede sanzioni amministrative commisurate alla mancanza di rispetto dell’obbligo prescritto. Le sanzioni pagate dai datori di lavoro che non ottemperano all’obbligo di assunzione di invalidi sono destinate al Fondo regionale per l’occupazione dei disabili.

di Alessandra Babetto

Scuole Sicilia, ipotesi posticipo rientro al 10 gennaio. Possibili lezioni a distanza per studenti superiori

da OrizzonteScuola

Di redazione

La Sicilia, come da ordinanza del ministro della Salute, passa alla zona gialla da lunedì 3 gennaio. Non cambia sostanzialmente quasi nulla rispetto alla zona bianca. Gli studenti, come previsto dal calendario scolastico regionale, dovrebbero rientrare in aula il 7 gennaio, subito dopo l’Epifania, salvo le scelte autonoma delle scuole che attuano la settimana corta e che potrebbero aver optato per il rientro lunedì 10 gennaio.

Tuttavia, si starebbe valutando un rientro posticipato dalle vacanze natalizie a lunedì 10 gennaio per tutti. La scelta è già stata attuata dall’Abruzzo prevedendo uno screening per gli studenti.

Dalle pagine di la Repubblica, si starebbe inoltre prospettando la didattica in presenza al 100% dalle primarie alle secondarie di primo grado, mentre per le secondarie di secondo grado dal 70 al 100% delle ore di lezione.

Rientro scuola 2022, su nuove quarantene e DaD Governo spaccato ma il problema è chi farà i tamponi agli alunni positivi

da La Tecnica della Scuola

Di Alessandro Giuliani

Mentre in Europa si superano i 100 milioni di casi Covid-19 e in Italia il tasso di positività schizza al 21,9%, con i ricoveri ordinari che aumentano di 500 unità in sole 24 ore, da noi non avrebbe trovato i consensi necessari la proposta di Capodanno delle Regioni per il ritorno in classe dopo la Befana con il mantenimento della didattica in presenza, anche nella scuola primaria, con un alunno positivo al Covid-19 e con l’imposizione della DaD solo ai non vaccinati qualora i contagi in classe dovessero essere due (mantenendo in presenza e in autosorveglianza i vaccinati con mascherina Ffp2): l’idea, caldeggiata dal presidente della Conferenza delle Regioni Massimiliano Fedriga, è piaciuta diversi ministri, ma è stata di fatto bocciata dai sottosegretari all’Istruzione, Barbara Floridia e Rossano Sasso. I rappresentanti dell’esecutivo Draghi parlano di discriminazione, in particolare la parlamentare grillina, e di DaD che sacrifica il diritto allo studio, il rappresentante leghista.

I sindaci controcorrente

C’è però anche chi, come il governatore della Campania, Vincenzo De Luca, parla con insistenza di quarantena forzata per tutti gli alunni così da far prevalere (come è accaduto nel 2021) il diritto alla Salute: “Sembrerebbe giusto – ha detto – usare un mese per ampliare la vaccinazione per i bimbi piccoli e riaprire gli istituti in sicurezza”.

Qualche giorno prima anche il sindaco di Benevento, Clemente Mastella, ha detto che stava seriamente valutando una ulteriore chiusura delle scuole dopo le vacanze natalizie.

Con i piedi ben saldati per terra continuano ad essere centinaia di sindaci, capitanati da Matteo Ricci, presidente nazionale delle Autonomie Locali Italiane e primo cittadino di Pesaro.

“Se vogliamo una scuola sicura ed evitare la dad – ha ribadito Ricci il 2 gennaio su twitter – non c’è alternativa al Green Pass per gli studenti. Come sindaci lo diciamo da settimane. Vaccino o tampone periodico gratuito per la minoranza non vaccinata. Il Governo ascolti i sindaci”, ha sottolineato Ricci.

Ma c’è pure qualche governatore che ha già preso qualche contromisura: in Abruzzo, un’ordinanza regionale ha disposto la sospensione delle attività didattiche il 7 e 8 gennaio.

Il vero problema

Rimane da capire, però, come mai l’attenzione mediatica e dei politici non abbia preso in considerazione il vero problema che ha tenuto le scuole sotto scacco fino ad oggi: la mancanza delle strutture mediche in grado di effettuare il tampone immediato agli alunni qualora vi siano dei positivi in classe.

Comunque vada, infatti, le nuove quarantene precauzionali previste dal decreto-legge approvato dal Governo il 29 dicembre per introdurre misure urgenti al fine di contrastare la diffusione del Covid-19, necessitano di una struttura operativa ed efficace. Non certo il silenzio imbarazzante delle ultime settimane, malgrado l’impegno delle istituzioni a svolgere i test in tempi rapidi, con i presidi costretti in alta percentuale a mettere tutti in quarantena in attesa di risposte che non arrivavano.

La grave mancanza è stata ammessa anche dal commissario straordinario all’Emergenza, Francesco Paolo Figliuolo, il quale ha rivelato che al 23 dicembre l’Esercito aveva realizzato i tamponi solo in appena 300 scuole su 8.200.

Il CdM del 5 gennaio

Sono tutte considerazioni che verranno affrontate mercoledì prossimo, 5 gennaio, durante il Consiglio dei ministri, che all’ordine del giorno avrà proprio le regole per la ripresa delle lezioni.

A pesare non poco sarà certamente la posizione dell’entourage del premier Mario Draghi, fautore di un incremento, assieme alle vaccinazioni, anche dei tamponi e del tracciamento. Solo che tra le decisioni e la realtà potrebbe esserci ancora troppa distanza.

Gissi (Cisl): gli alunni non devono sentirsi considerati diversi

A farlo presente sono stati pure i sindacati ,che non gradirebbero una didattica diversificata, con una parte degli allievi in presenza e l’altra in DaD. Maddalena Gissi, segretaria generale Cisl Scuola, ricorda “con molta preoccupazione l’esperienza delle lezioni organizzate in parte in presenza e in parte a distanza. Un modello organizzativo che non ha mai garantito la qualità della proposta formativa”.

La la numero uno della Cisl Scuola ha spiegato all’Ansa che “chi segue in classe ha bisogno di tutta l’attenzione dell’insegnante. Chi invece è in Ddi ha tempi diversi e necessita di proposte più essenziali. Non si possono bloccare i bambini o gli studenti in quarantena per 5 ore davanti al Pc

Gissi ha detto poi di avere “firmato un contratto integrativo sulla Ddi (anche se non da tutti i sindacati ndr) proprio per garantire la gestione ottimale dei tempi e della condivisione delle scelte”.

Quindi, “se c’è un aspetto discriminante che farà più male agli alunni e alle famiglie è l’essere considerati diversi in un percorso formativo che rischia l’iniquità. I vaccinati responsabili non si sentiranno gratificati, gli altri non saranno comunque felici per l’isolamento”.

Infine, ha detto Gissi, “occorre poi considerare che i dirigenti scolastici, per motivi di privacy, non hanno la possibilità di conoscere lo status vaccinale degli alunni”.