Decreto Dipartimentale 27 aprile 2023, AOODPPR 47

Ministero dell’istruzione e del merito
Dipartimento per le risorse umane, finanziarie e strumentali

Modifica ed integrazione del Decreto Dipartimentale 14 aprile 2023, AOODPPR 41

Quale futuro per la storia della musica nelle scuole italiane?

Giovedì 27 aprile alle ore 11.30, al Ministero dell’Istruzione e del Merito, presso la Sala “Lorenzo Milani”, su iniziativa del Sottosegretario del MIM, on. Paola Frassinetti, si svolge l’incontro dal titolo “Quale futuro per la storia della musica nelle scuole italiane?”. L’obiettivo è riflettere, insieme con i rappresentanti delle principali associazioni che si occupano di studi musicologici, sull’opportunità di inserire una disciplina fondante come la storia della musica nei percorsi scolastici e valutare le soluzioni percorribili per l’introduzione del suo insegnamento, accanto a quello della musica pratica.

Porteranno il proprio contributo Lorenzo Bianconi, dell’Associazione culturale “Il Saggiatore musicale”; Giovanni Giurati, dell’Associazione fra i Docenti Universitari Italiani di Musica; Claudio Toscani, della Società Italiana di Musicologia; Agostino Ziino, dell’Istituto Italiano per la Storia della Musica. Seguiranno gli interventi della sen. Carmela Bucalo, VII Commissione Cultura e Patrimonio Culturale, Istruzione pubblica, Ricerca scientifica, Spettacolo e Sport del Senato, dell’on. Irene Manzi e dell’on. Anna Laura Orrico, VII Commissione Cultura, Scienze e Istruzione della Camera dei Deputati.

Concluderanno l’incontro il Sottosegretario Paola Frassinetti e il Capo Dipartimento per il Sistema educativo di Istruzione e Formazione del MIM, Carmela Palumbo.

Moderatore dell’evento, Antonio Caroccia, dell’Associazione Docenti AFAM.

Il Ministro al summit Ocse

Per la prima volta il governo italiano partecipa a un summit organizzato da Ocse, Education International e governi nazionali sulle politiche scolastiche: “Grazie a un governo del centrodestra, è la prima volta che i sindacati sono stati portati al tavolo della discussione. È fondamentale un ampio e approfondito dialogo fra governo e parti sociali nella cornice di un confronto sempre più internazionale che può fornire stimoli di grande rilievo”. Così il Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara, durante il XIII Summit internazionale sulla professione docente, a Washington.

Negli interventi di questa mattina dei vertici Ocse e di altre rappresentanze governative è emersa la centralità strategica della personalizzazione della formazione.

Il Ministro indica la strada, ora occorre seguirla!

Cuzzupi: il Ministro indica la strada, ora occorre seguirla!

Il Segretario Nazionale UGL Scuola, Ornella Cuzzupi, non nasconde il proprio soddisfatto interesse per quanto delineato dal Ministro Valditara in merito al “Piano di semplificazione per la scuola”.

Finalmente ci troviamo al cospetto – afferma il Segretario UGL – di una progettualità strutturata e precisa tesa a un ridisegno complessivo dell’amministrazione scolastica e dei suoi aspetti relazionali con le famiglie. Il Piano presentato dal Ministro è un passo fondamentale, atteso da anni e da noi più volte auspicato, per la costruzione della scuola del domani”.

Le parole della professoressa Cuzzupi esprimono comunque anche una serie di preoccupazioni. “La scuola necessita di una semplificazione in tutti i suoi meandri. I vari rattoppi messi nel corso del tempo (secondo gli interessi di parte che, di volta in volta, hanno coinvolto il dicastero) hanno determinato un universo tanto articolato da rasentare spesso il ridicolo. Ora – continua il Segretario Nazionale – ci troviamo al cospetto di un’idea ben delineata che però, è inevitabile pensarlo, rischia di trovare diverse resistenze tese a difendere uno status quo fatto da interessi di parte e privilegi duri a morire. Le linee d’intervento individuate che vanno dall’aspetto organizzativo a quello procedurale sino alla semplificazione normativa e a una nuova interazione con le famiglie rappresentano un’innovazione di fondamentale importanza. Se a questo si aggiunge la realizzazione dell’idea “cattedre coperte sin dal primo giorno di scuola” e un prospetto di obiettivi strategici sui quali misurare concretamente le azioni messe in campo dai vari soggetti, allora saremo al cospetto di una vera e propria rivoluzione. E come ogni rinnovamento anche questo troverà ostilità dalle quali occorre difendersi con i mezzi della trasparenza, linearità e confronto”.

Ed è a questo punto che il Segretario Nazionale UGL Scuola si rivolge direttamente al Ministro e all’Esecutivo tutto: “Adesso occorre quello che noi, nel corso degli anni, abbiamo sempre invocato: il coraggio di fare! Al professore Valditara, che ha l’enorme merito di aver posto le basi per una sostanziale ristrutturazione dell’istituzione scolastica, chiediamo di mantenere la barra dritta su tale orizzonte. All’Esecutivo invece spetterà il compito di costruire le premesse e le architetture necessarie affinché il progetto diventi realizzabile in tempi rapidi e con i necessari mezzi economici. L’idea di sciogliere definitivamente i lacci burocratici concentrandosi sulla missione educativa con la giusta valutazione del personale impegnato in questa missione è la stella polare di quel che dovrà essere l’officina del domani per il Paese: la scuola”.  

Federazione Nazionale UGL Scuola

D. Pennac, Il paradiso degli orchi

Daniel Pennac a Belleville

di Antonio Stanca

  Nato a Casablanca nel 1944 e vissuto, seguendo i familiari, tra l’Europa e l’Asia Daniel Pennac si è infine stabilito a Parigi dove è stato professore di Francese in scuole di periferia. Di questi posti emarginati, della loro povertà, delle condizioni, dei problemi di chi vi abita,Pennac ha poi pensato di scrivere. Aveva trentasei anni, era intorno al 1980 quando inizia con la serie di romanzi detti di Belleville dal nome di un quartiere della periferia parigina dove sono ambientati. Avrebbe scritto deiluoghi, delle persone, dei problemi che la sua attività di insegnante gli aveva fatto conoscere. Ampia, varia sarebbe stata l’umanità rappresentata. Per persone, cose di ogni tipo ci sarebbe stato posto in quelle opere e in particolare per Benjamin Malaussène, il personaggio che in ognuna avrebbe svolto la funzione di capro espiatorio. In ogni situazione difficile, pericolosa, grave, e ce ne sarebbero state tante nei romanzi di Belleville, si sarebbe sospettato di Malaussène o gli sarebbe stata attribuita la colpa. Sarà lui a farsi carico di tutti i guai di Belleville esi adatterà tanto alla situazione da crederla l’unica possibile, da accettarla come un destino inevitabile anche se ignote gli rimarranno le cause. Cercherà di spiegarsele ma non ci riuscirà, vorrà liberarsi da quella che gli sembrava una condanna ma nemmeno sarà possibile. Gli unici momenti di salvezza saranno quando il caso o i casi gravi si risolveranno, quando i veri colpevoli saranno scoperti e lui scagionato. Ma dureranno, quei momenti, solo finché non si presenterà un altro caso e non si tornerà a sospettare di lui. 

Famoso nel mondo è diventato Pennac con i romanzi di Belleville, in molte lingue sono stati tradotti e molti e prestigiosi riconoscimenti gli hanno procurato. Ha scritto anche d’altro, altri romanzi, racconti, monologhi, testi teatrali, saggi, è stato sceneggiatore di fumetti, scrittore di fantascienza. In molti sensi si è applicato, facile gli è riuscito, sicura, scorrevole è sempre stata la sua lingua.Trasporta il lettore, lo avvince, gli procura un continuo stato di attesa. Così succedeva già ne Il paradiso degli orchi, primo romanzo della serie Belleville. Risale al 1985 ed ora è stato ristampato da Feltrinelli nella “Universale Economica”. La traduzione è di Yasmina Melaouah. Compare per la prima volta Benjamin Malaussène e compaiono pure le persone e le cose di Belleville insieme ad una sempre latente comicità.Saranno gli elementi che torneranno in ogni opera della serie. Questa prima si svolge intorno al Grande Magazzino, il grosso centro commerciale del quartiere, dove è possibile trovare di tutto, per tutti i gusti, tutti i prezzi, dove il numero dei clienti tende ad aumentare, acomprendere persone di ogni età, sesso, condizione economica, funzione sociale, dove Malaussène svolge il lavoro di Controllo Tecnico ma in effetti quello di capro espiatorio. Nel Magazzino all’improvviso si sono verificati casi piuttosto gravi, sono avvenute esplosioni che ogni volta hanno comportato la morte di una delle persone che erano vicine. Ci sono già state quattro o cinque esplosioni con relative vittime ma né la polizia né i proprietari né altri inquirenti sono riusciti a scoprire i colpevoli. Neanche Malaussène, che pure si è applicato nell’indagine, ci è riuscito. Ha attirato anzi i sospetti: dal momento che provvede, presso l’Ufficio Reclami, a dichiararsi colpevole dei guasti lamentati da qualchecliente circa il prodotto acquistato e poiché lo fa in modo così convincente da indurre quel cliente ad accettare comunque quel prodotto evitando al Magazzino l’impegno di sostituirlo, si era cominciato a pensare che le esplosioni e le morti potessero rappresentare la sua vendetta per un ruolo così poco edificante quale quello di addossarsi tutti i difetti della merce in vendita. Si arriverà alla fine, alla sesta esplosione, al sesto morto, ed ancora di lui si sospetterà finché il mistero non sarà risolto e i colpevoli riconosciuti e identificati. Intanto molta vita, molta storia individuale e sociale, privata e pubblica, è trascorsa nella narrazione del Pennac. È diventata una lunga, immensa narrazione che procede, si sviluppa, fa di Malaussène il suo riferimento principale ma non trascura altri, tanti altri, a lui vicini o lontani, familiari o estranei, amici o nemici. È questa la migliore qualità del Pennac e la si vedrà anche nei successivi romanzi della serie: fa muovere un’intera umanità, fa sentire tante voci, fa credere tante verità, fa vedere tante situazioni, fa correre tanti pericoli e mostra sempre possibile la salvezza. C’è una morale che percorre i suoi libri, un senso di misura, di equilibrio, una volontà di bene che va oltre ogni vicissitudine, che salva. C’è la vita che dopo lo smarrimento ritorna, si ristabilisce, c’è l’uomo che non smette di voler essere tale, c’è Malaussène che pur nella sventura continua a sperare.

Un insegnamento sono i romanzi di Belleville!

Invalidità civile minori. Serve nuova domanda a 18 anni?

Invalidità civile minori. Serve nuova domanda a 18 anni? Istruzioni INPS
Disabili.com del 25/04/2023

Per fruire dei benefici economici di invalidità civile, cecità civile e sordità civile correlati al compimento della maggiore età, i soggetti minori che percepiscono indennità di accompagnamento o indennità di comunicazione hanno diritto alla procedura semplificata. Messaggio INPS

A partire dal 2014, al compimento dei 18 anni un minore con disabilità che fosse titolare di indennità di accompagnamento non è più tenuto a presentare nuova domanda di invalidità per poter continuare a percepire le prestazioni economiche correlate, mentre prima di quella data era costretto a sottoporsi ad una nuova valutazione dell’invalidità, sordità o cecità.

RICONOSCIMENTO SENZA NUOVA VISITA.
A prevedere – e introdurre a livello legislativo – questa continuità è il comma 6 dell’articolo 25 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114. Pertanto ai minori titolari di indennità di accompagnamento o di indennità di comunicazione, nonché ai minori affetti da sindrome di Down o da sindrome di talidomide, le prestazioni economiche correlate al raggiungimento della maggiore età sono attribuite senza ulteriori accertamenti sanitari.

OBBLIGO DI INVIO DEL MODELLO AP70.
Tali soggetti, pertanto, non sono tenuti a presentare una nuova domanda, ma devono inviare all’INPS il modello ‘AP70’per autocertificare i dati socio-economici necessari alla liquidazione della prestazione loro spettante al compimento della maggiore età, ossia la pensione di inabilità, la pensione per cecità civile o la pensione per sordità.

LE PRESTAZIONI ECONOMICHE DAI 18 ANNI.
Ricordiamo che i minori che percepiscono indennità diaccompagnamento o indennità di comunicazione, nel momento in cui compiono 18 anni riceveranno in automatico queste prestazioni: 
– Titolari minorenni di indennità di accompagnamento per invalidità civile: viene concessa la pensione di inabilità a favore dei cittadini maggiorenni totalmente inabili; 
– Titolari minorenni di indennità di accompagnamento per cecità civile: viene concessa la pensione a favore dei cittadini maggiorenni ciechi assoluti; 
– Titolari minorenni di indennità di comunicazione: viene concessa la pensione a favore dei cittadini maggiorenni sordi.

COME SEGUIRE LA PROCEDURA.
Per inviare il modello AP70 il soggetto interessato può utilizzare la procedura semplificata messa a disposizione dall’INPS, denominata “Verifica dati socio-economici e reddituali per la concessione delle prestazioni economiche”, raggiungibile al seguente percorso: “Sostegni, Sussidi e Indennità” >”Per disabili/invalidi/inabili” > “Strumenti” > “Vedi tutti” > “Verifica dati socio-economici e reddituali per la concessione delle prestazioni economiche” > “Utilizza lo strumento”, autenticandosi con la propria identità digitale di tipo SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale) almeno di Livello 2, CNS (Carta Nazionale dei Servizi) o CIE (Carta di Identità Elettronica). 
In alternativa, il soggetto interessato può rivolgersi a un Patronato.

EROGAZIONE AUTOMATICA E SENZA VISITA.
Al richiedente che, in esito alle verifiche effettuate, risulti in possesso dei requisiti socio-economici richiesti dalla legge per accedere alla pensione di inabilità, per cecità civile o per sordità civile, verrà pertanto erogata la prestazione economica correlata alla maggiore età senza essere sottoposto a nuovo accertamento sanitario. Si precisa che, ai fini dell’attuazione di quanto previsto dal citato articolo 25, comma 6, del decreto legge n. 90/2014, i soggetti suindicati sono informati dall’Istituto almeno sei mesi prima del compimento della maggiore età, con l’invito alla trasmissione del modello ‘AP70’.

QUANDO PRESENTARE NUOVA DOMANDA DI INVALIDITÀ. C’è un caso in cui invece è necessario presentare nuova domanda di invalidità: questo si verifica se il soggetto interessato intenda richiedere un verbale sanitario con giudizio medico legale aggiornato alla maggiore età, anche ai fini dei benefici in tema di collocamento mirato previsti dalla legge 12 marzo 1999, n. 68. In questo caso sarà necessario presentare una nuova domanda di invalidità civile.

RICAPITOLANDO.
I minori con disabilità che siano:
– titolari di indennità di accompagnamento,
– titolari di indennità di comunicazione,
– con sindrome di Down,
– con sindrome di talidomide,
al compimento dei 18 anni ricevono le prestazioni economiche correlate senza ulteriori accertamenti sanitari. In relazione alle prestazioni economiche correlate, non devono quindi sottoporsi a nuova visita, né presentare nuova domanda, ma devono presentare il modello AP70 all’INPA per autocertificare i dati socio-economici previsti per poter ricevere la pensione di inabilità, la pensione per cecità civile o la pensione per sordità.
La nuova domanda di invalidità va presentata solo se si desidera ricevere un verbale sanitario con giudizio medico legale aggiornato alla maggiore età, anche ai fini dei benefici in tema di collocamento mirato.

Per approfondire: Messaggio INPS numero 1446 del 18-04-2023

Violenza in psichiatria, riaprire i manicomi non è la soluzione

Violenza in psichiatria, riaprire i manicomi non è la soluzione
Vita del 25/04/2023

Secondo lo psichiatra Vito D’Anza, i comportamenti violenti da parte delle persone con disturbi mentali si possono ridurre attraverso una reale applicazione della riforma della salute mentale legata alla Legge 180, tramite un approccio che non neghi l’utilizzo dei farmaci, ma si componga di tanti altri elementi, come il dialogo, l’ascolto e la creazione di un rapporto di fiducia tra curante e curato. Per far questo, però, servono le risorse, che al momento scarseggiano

«Non ero il medico di Gianluca Paul Seung, ma l’ho incontrato a molti convegni e sporadicamente è venuto a trovarmi a Montecatini; l’ultima volta che l’ho visto, quattro o cinque anni fa, gli ho detto che aveva assolutamente bisogno di curarsi, perché non stava bene. Non mi aspettavo, però, questo tipo di violenza». Sono questi i ricordi di Vito D’Anza, direttore del dipartimento di salute mentale dell’ospedale di Pescia, in provincia di Pistoia, sull’uomo che avrebbe aggredito la psichiatra Barbara Capovani fuori dall’ospedale di Pisa, causandone la morte. La vicenda, tuttavia, potrebbe essere sintomo di un malessere più profondo del mondo della psichiatria, che trova le sue radici nel tradimento della riforma legata al nome di Franco Basaglia.

Dottore, episodi di questo tipo possono aumentare lo stigma legato alla malattia mentale?
Sicuramente. E in questa fase il problema più grosso è che questo contribuisce a dare un colpo alla riforma psichiatrica italiana. Ho visto dal giorno dopo costituirsi delle chat riservate a psichiatri e a specializzandi in psichiatria in cui il leitmotiv è, velatamente o meno, la riapertura dei manicomi, con centinaia di iscritti. Questa vicenda è drammatica, perché in un mondo ideale episodi del genere non dovrebbero succedere; nel mondo reale, tuttavia, succedono e probabilmente succederanno di nuovo in futuro. Anche quando erano in auge i manicomi e gli Ospedali psichiatrici giudiziari – Opg, fatti del genere accadevano: solitamente le persone in queste strutture finivano dopo aver commesso reati, non prima. Ora, però, c’è una fame di ritorno ai manicomi; oggi potremmo affermare che la riforma è completamente bloccata – per non dire che è fallita – agli occhi di tante persone. L’opinione pubblica va in tutt’altra direzione rispetto alla 180.

Anche quella degli psichiatri? 
Soprattutto quella degli psichiatri. Negli ultimi anni di fatti così tragici non c’è n’è stato solo uno, ma nemmeno moltissimi. Anche in pronto soccorso c’è un alto tasso di aggressioni agli operatori. Qual è la risposta, chiudere il pronto soccorso? In psichiatria, però, c’è sempre il tema della follia, della paura di ciò che non conosciamo, di quello che non riusciamo ancora a capire e ad afferrare. Il vero problema è che ci stiamo avviando verso una china dalla quale non sarà possibile risalire o, almeno, non sarà più possibile risalire applicando la riforma per come la conosciamo. Questo modo di vedere la salute mentale sta dilagando: c’è gente incolta e ignorante che imputa quello che è successo a Pisa a quella che loro chiamano «antipsichiatria», dicendo che ci sarebbero degli psichiatri troppo accondiscendenti con i pazienti.

Ma non è così.
Probabilmente si tratta di un concetto che noi che da 30 o 40 anni lavoriamo nel contesto della riforma non abbiamo ribadito con abbastanza forza in passato. Per loro, se non sei d’accordo che il farmaco sia l’unica risposta alla malattia mentale allora sei un «antipsichiatra». Il punto, invece, è un altro: esiste un modo di fare psichiatria, che è quello della riforma, in cui è contemplato il farmaco, ma ci sono anche tanti altri elementi, legati a una situazione più relazionale, umana e sociale. Di questo, ormai, si stanno perdendo le tracce.

All’indomani dei tragici fatti di Pisa, tre rappresentanti della Società italiana di psichiatria hanno scritto una lettera in cui denunciano che il 34% delle aggressioni avviene nell’ambito della salute mentale e il 20% in pronto soccorso. Come si può rendere il lavoro degli psichiatri e degli altri operatori più sicuro?
Le persone devono essere ascoltate, innanzitutto, accolte, bisogna instaurare un rapporto di fiducia tra chi sta male e chi è deputato alla cura di questa sofferenza. Invece, più si va avanti con gli anni più tutto questo viene ridotto: si mettono insieme i sintomi, si fa una diagnosi, si dà un farmaco e se in questo modo la sofferenza non diminuisce è colpa del paziente. In una situazione di questo genere gli episodi come quello accaduto a Pisa sono destinati a crescere e la risposta non è riaprire i manicomi, strutture in cui il soggetto non esiste più. Queste istituzioni non eliminano le aggressioni, perché sono ineliminabili; le violenze, semplicemente, accadevano prima che la persona entrasse negli ospedali psichiatrici o negli OPG.

Com’è possibile ridurre l’aggressività e la violenza di chi ha disturbi mentali verso gli operatori?
Io sono in un servizio, fatto di gente in carne e ossa, e vedo in faccia coloro che ci lavorano: chi entra in servizio adesso è molto meno sereno di chi arrivava 20 anni fa; ci vuole però tranquillità per curare persone che del tutto tranquille non sono.

Si può dire quindi che parte della responsabilità di questa situazione stia nella carenza di risorse che vive la salute mentale?
Ho passato parte degli ultimi tre o quattro anni della mia attività insieme agli operatori che fanno la prima accoglienza di chi arriva a chiedere aiuto: il personale si è drasticamente ridotto, può capitare che ci siano delle urgenze e che chi viene debba aspettare, oppure che qualcuno abbia appuntamento con un dottore ma gli si debba dire che il medico non c’è perché ha dovuto andare in ospedale a sostituire un collega assente. La carenza di risorse ha un impatto diretto su chi ha un disagio mentale e può essere una delle cause di reazioni di insofferenza che rischiano di sfociare in atti violenti.

Come si può intercettare chi non vuole essere curato?
Queste persone, che la clinica psichiatrica definisce «non collaboranti», sono sempre esistite. Il punto è che, come dice il professor Andrea Faggiolini, direttore della clinica universitaria di Siena, il farmaco, che sembra qualcosa di neutrale, di asettico, ha effetto e funziona a seconda di chi lo dà e di come lo dà, se si inserisce all’interno di un rapporto per cui una persona viene accompagnata nelle fasi iniziali, in cui comincia a prendere un farmaco e si accorge che qualcosa dentro di lei sta cambiando. Questo dovrebbe avvenire soprattutto all’interno di un servizio di salute mentale: bisognerebbe spiegare gli effetti delle sostanze, non fare la prescrizione e dire che il paziente deve prendere i farmaci perché lo dice il medico, a cui si deve ubbidire. Oggi, invece, si verifica proprio quest’ultima situazione, un po’ perché non ci sono risorse e personale, quindi nemmeno tempo per seguire adeguatamente chi vive un disagio psichico, e un po’ perché la cultura si sta purtroppo spostando in quella direzione.di Veronica Rossi

25 aprile, Mattarella all’Altare della Patria

da La Tecnica della Scuola

Di Pasquale Almirante

Oggi, 25 aprile 2023, in occasione del 78° Anniversario della Liberazione, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, dopo aver reso omaggio al Monumento del Milite Ignoto all’Altare della Patria, si recherà a Cuneo, Borgo San Dalmazzo e Boves.

All’Altare della Patria Mattarella sarà accompagnato dalla premier, Giorgia Meloni, e dai presidenti di Senato e Camera, Ignazio La Russa e Lorenzo Fontana.

A Cuneo, il capo dello Stato deporrà una corona al Monumento della Resistenza; si recherà, quindi, al Teatro Toselli per la cerimonia commemorativa del 78° Anniversario della Liberazione.

Nel pomeriggio Mattarella si trasferirà a Borgo San Dalmazzo dove deporrà una corona d’alloro al Memoriale della deportazione e visiterà il Museo Memo4345. Ultima tappa a Boves: in Piazza d’Italia il presidente Mattarella renderà omaggio al monumento che commemora le vittime dell’eccidio di Boves.

La premier Giorgia Meloni, dopo aver partecipato alla cerimonia di deposizione di una corona d’alloro all’Altare della Patria da parte del Capo dello Stato, alle 10 sarà alla cerimonia di deposizione di una corona di alloro al Mausoleo delle Fosse Ardeatine da parte del vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, in rappresentanza ufficiale del governo.

Il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, parteciperà a Castelvetrano alla cerimonia di svelamento della teca contenente i resti della Quarto Savona 15, l’auto su cui viaggiava il giudice Giovanni Falcone il giorno della strage di Capaci.

Al corteo di Milano, città medaglia d’oro della Resistenza, ci saranno, tra gli altri, la segretaria del Pd, Elly Schlein e il sindaco di Milano, Giuseppe Sala.

Decreto legge lavoro: maggiori tutele per gli studenti in attività di alternanza

da La Tecnica della Scuola

Di Reginaldo Palermo

Nel decreto legge in materia di lavoro che il Governo dovrebbe approvare in occasione del prossimo Consiglio dei Ministri già annunciato per il 1° maggio ci potrebbero essere alcune disposizioni in materia di alternanza scuola-lavoro.
In particolare – come riferisce l’Ansa – dovrebbero entrare nel decreto due norme per rafforzare l’assicurazione nelle scuole e le forme di sostegno alle famiglie dei giovani morti nei percorsi di alternanza scuola-lavoro.
In pratica dovrebbe essere recepita la recente intesa tra la ministra del lavoro Marina Calderone e il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara per l’ampliamento della tutela infortunistica degli studenti, anche nei percorsi formativi.

Si prevede cioè che la tutela assicurativa Inail contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali per il personale docente delle scuole sarà la stessa oggi garantita al resto dei lavoratori dipendenti, compreso l’infortunio in itinere.
Sempre secondo quanto riporta l’Ansa sarà ampliata la tutela degli studenti per tutti gli eventi che si verificano all’interno dei luoghi di istruzione o nell’ambito delle attività programmate dalle scuole o degli istituti di istruzione.
Verranno così modificate le norme attualmente in vigore che prevedono la tutela dell’Inail solamente per le attività tecnico-scientifiche nei laboratori o per le esercitazioni nelle palestre.

Il provvedimento vorrebbe essere anche una risposta alle proteste che sindacati e associazioni studentesche aveva messo in atto nei mesi scorsi anche in relazione ad alcuni gravissimi incidenti che avevano coinvolto studenti che stavano svolgendo stages formativi o attività di PCTO.

Col Pnrr banda larga in tutte le scuole italiane entro il 2025, sogno spezzato: per la Corte dei Conti Ue ci sono notevoli ritardi

da La Tecnica della Scuola

Di Alessandro Giuliani

Sembra avere già toccato l’apice l’entusiasmo dei finanziamenti europei per la scuola italiana, da attuare attraverso gli importanti fondi previsti dal Pnrr: qualche giorno fa, dopo le perplessità espresse dall’opinionista del Corriere della Sera, Francesco Verderami, secondo il quale sarebbero “tanti, anzi troppi, i finanziamenti del Pnrr chiesti da Conte”, alti esponenti del Governo Meloni hanno storto la bocca. Come il ministro della Difesa Guido Crosetto (FdI), per il quale sarebbe il caso di “prendere solo i fondi che si è sicuri di spendere”. Il 24 aprile si è aggiunta una “bacchettata” più super partes: è la relazione della Corte dei Conti Ue sullo stato dell’istruzione digitale nelle scuole in Italia e altri cinque Paesi Ue.

I rilievi dei revisori Ue

Ebbene, secondo i revisori dell’Unione europea “la riforma del settore dell’istruzione volta al potenziamento dell’offerta dei servizi di istruzione, dagli asili nido alle università, non specifica i traguardi e gli obiettivi definiti“.

In generale, la Corte ha rilevato “scarsa chiarezza” sui risultati attesi dalle misure finanziate dal Pnrr italiano per la digitalizzazione delle scuole e “notevoli ritardi“, in alcune regioni, nell’attuazione del programma per la connettività in banda larga delle scuole italiane.

È una situazione, spiega la Corte dei Conti Ue, tutt’altro da trascurare, perchè mette “a rischio il raggiungimento dell’obiettivo di un gigabit di connessione entro il 2025 per l’intero territorio nazionale”.

Secondo i revisori, il problema è la base di partenza, a livello di on line, decisamente arretrata in cui versano i nostri istituti: tra i fattori che impediscono di ottenere migliori risultati in questo ambito – si legge nel rapporto – hanno influito la “bassa velocità di connettività e le reti inadeguate negli edifici scolastici“, che hanno “reso difficile a molte scuole di utilizzare al meglio le attrezzature finanziate dall’Ue”, come le applicazioni cloud o le piattaforme didattiche.

Eppure le “referenze” sono buone

Malgrado i rilievi dei revisori europei, il 79% delle scuole sostiene di avere una strategia formale per l’utilizzo delle tecnologie digitali a fini didattici.

Inoltre, secondo gli auditor – i funzionari incaricato di verificare e certificare la conformità del Piano rispetto ai progetti in atto – l’Italia risulta l’unico tra gli Stati analizzati a fare riferimento a un concreto piano d’azione per la digitalizzazione delle scuole per il periodo 2014-2020.

È probabile che nei prossimi giorni il nostro Governo, dopo una verifica del ministero dell’Istruzione e del Merito, produca una verifica degli appunti giunti da Bruxelles.

Oltre 20 mila plessi costruiti più di 50 anni fa

Sulle difficoltà di introduzione della banda larga nelle scuola italiane, vale la pena ricordare che complessivamente nella nostra Penisola i plessi scolastici sono oltre 40 mila. E la maggior parte sono stati costruiti almeno mezzo secolo fa.

Diverse strutture scolastiche italiane, oggi utilizzate, non risultano idonee per soddisfare esigenze e anche certificazioni relative alla sicurezza e alla tenuta delle strutture in caso di terremoto, anche nelle zone ad alto rischio sismico.

I 212 istituti scolastici innovativi

Va anche detto che, sulla base del piano del Pnrr predisposto lo scorso anno, quando a capo del dicastero bianco c’era il ministro Patrizio Bianchi, è stato deciso che gli istituti scolastici innovativi da realizzare, utilizzando i finanziamenti stanziati dall’Europa, sarebbero stati 212, con il preciso impegno di utilizzarle, una volta costruite, anche in orari non canonici: l’intervento di rinnovamento di edilizia scolastica fa parte delle sei linee di investimento per le infrastrutture scolastiche per le quali il PNRR stanzia un totale di 12,1 miliardi.

Gli istituti innovativi, secondo il progetto, si sarebbero dovuti utilizzare anche il pomeriggio: una soluzione, quest’ultima, che potrebbe sposarsi al meglio con l’intenzione espressa giusto oggi dall’attuale ministro Giuseppe Valditara di volere affidare a docenti, pagati circa 3 mila euro in più l’anno, gli studenti più a rischio abbandono a patto di svolgere corsi pomeridiani (nell’ambito del progetto che riguarda oltre 40 mila docenti tutor).

Il bando di assegnazione dei finanziamenti per la costruzione dei 212 istituti innovativi da realizzare con i fondi del Pnrr riguarda scuole “altamente sostenibili, inclusive, accessibili e capaci di garantire una didattica moderna e una piena fruibilità degli ambienti, anche attraverso il potenziamento degli impianti sportivi”.

La procedura si realizzerà attraverso l’utilizzo della piattaforma concorsi del Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori.

La loro progettazione dovrà tenere conto delle linee guida elaborate dal gruppo di lavoro selezionato dal ministero, che ha messo insieme un raggruppamento di architetti di altissimo profilo, tra i quali figura anche Renzo Piano, come abbiamo riferito, oltre che pedagogisti ed esperti a vario titolo della scuola.