In principio la dispersione scolastica non esisteva…

In principio la dispersione scolastica non esisteva…

di Cosimo De Nitto

Bravi o asini

Una volta c’erano solo i bravi e capaci da una parte, e dall’altra chi era svogliato, non gli piaceva studiare, oppure poverino “non ce la faceva”, insomma lo studio non era per lui e pertanto era meglio per lui e per tutti che andasse via dalla scuola e andasse “a zappare la terra”, come si diceva allora.

Poi, quando qualcuno cominciò a studiare il fenomeno, denunciò il fatto che, guarda caso, tutti questi tonti, asini e svogliati erano figli di genitori che “zappavano la terra” e che a loro volta erano stati tonti, asini e svogliati. Pertanto si trattava che, o la bravura a scuola era determinata da un fattore genetico ed ereditario, oppure era un problema di natura culturale e sociale legato alla povertà delle condizioni familiari. Siccome nessuna teoria determinista era possibile invocare, e siccome i colpiti erano soprattutto figli di operai, contadini, piccoli artigiani si parlò del fenomeno come una vera e propria “selezione di classe”, ingiusta, insopportabile, anticostituzionale.

 

Sedotti e abbandonati

Poi pian piano la scuola italiana si è trasformata in scuola di massa (riforma della scuola media, obbligo scolastico, decreti delegati ecc.) e il fenomeno ha cambiato in parte i suoi connotati. Diversi figli di contadini e operai andavano avanti negli studi, sia pure con grandi sacrifici, e tra quelli che lasciavano la scuola non c’erano più solo loro. Ci si è accorti che non erano solo le condizioni economiche e sociali a determinare il fenomeno, ma c’erano altri fattori che manifestavano un certo peso, e questi fattori erano soprattutto legati al clima culturale, affettivo, psicologico/relazionale interno principalmente alla famiglia. Allora si prese a parlare di “abbandono scolastico”. La differenza tra “selezione di classe” e “abbandono scolastico” era tutta nella causa principale che si attribuiva al fenomeno. Nel primo caso gli alunni erano in pratica cacciati dalla scuola, nel secondo erano essi stessi che mollavano perché non riuscivano a reggerla.

 

Un volgo disperso che nome non ha

Intanto a cominciare dalla seconda metà degli anni ’80 la “scuola di massa” è entrata sempre più in crisi, è stata accusata di essere la causa dei disastri sociali conseguenti alla mancanza del merito: promozioni facili, obbligo, pretesa di tutti di studiare ecc. Insomma con l’affermarsi del neoliberismo sono tornate a riaffacciarsi ideologie che parevano superate: la scuola non può essere per tutti: se uno non è “portato” meglio che vada a lavorare anche se è ancora un ragazzo, il titolo di studio non serve a niente, se tutti studiano chi più farà l’operaio o il contadino?, la competizione economico-industriale interna e internazionale richiede…, la scuola è un’azienda e come tale deve essere amministrata…ecc. ecc. Questi cambiamenti, insieme all’affermarsi sempre più di un linguaggio economico, aziendalistico e gestionale della scuola, neutro all’apparenza, ma solo all’apparenza, il fenomeno che prima era stato definito in relazione alla politica e agli interessi delle classi dominanti (“selezione di classe”), poi era stato definito come libera scelta individuale sia pure  necessitata (”abbandono”), ora, in modo più neutrale viene definito “dispersione”. Dispersione è spreco di energie, risorse dovuto al cattivo funzionamento del “sistema”. Insomma la “dispersione” era considerata più o meno il risultato di una specie di “scarti di lavorazione” di un sistema che non funzionava, causato da mano d’opera bassamente qualificata e tecniche di lavorazione  inadeguate.

 

Cause e concause

Al di là dei modi in cui è stato via via nella nostra storia definito il fenomeno, al di là delle metafore con le quali è stato indicato, appare indubbio che al suo formarsi e prodursi in forme quantitativamente così rilevanti e preoccupanti concorrano principalmente i seguenti fattori:

1)        le condizioni di partenza degli alunni, i condizionamenti culturali, economici, psicologici e relazionali degli ambienti familiari e sociali di provenienza;

2)        il modo di funzionamento della scuola, la sua organizzazione, le didattiche messe in campo dall’apparato pedagogico (insegnanti, curricolo, strumenti, laboratori, ambienti di apprendimento ecc.);

3)        le politiche economiche e sociali complessive del sistema politico e istituzionale che incidono e condizionano la cultura, il tenore di vita delle persone, la qualità della vita delle città e dei territori, degli ambienti sociali più larghi;

4)        le caratteristiche specifiche dei soggetti, il loro profilo, la loro storia personale.

Data la complessità del fenomeno e le sue innumerevoli articolazioni immaginare che bastino dei singoli interventi, ancorché positivi, che toccano questo o quell’aspetto del problema, ma slegati o addirittura in contraddizione con una visione ed una politica generale di contrasto alla dispersione, appare sbagliato o quanto meno insufficiente.

Infatti tutti gli interventi che da diversi anni attraverso iniziative cofinanziate dalla Comunità Europea hanno preso forma di diversi progetti di lotta e/o di prevenzione della dispersione scolastica non hanno prodotto i risultati attesi, il fenomeno è continuato a crescere, in modo ormai preoccupante ed esponenziale di pari passo alla profonda e drammatica crisi economica e sociale che stiamo attraversando.

 

Propaganda e realtà

Guardiamo un attimo la situazione specifica della scuola italiana. Da un lato ci sono politiche scolastiche che puntano alla riduzione drastica e indiscriminata della spesa, riduzione drastica del personale, impoverimento degli ambienti di insegnamento apprendimento, peggioramento delle condizioni di lavoro, retributive e di considerazione sociale degli insegnanti, aumento degli alunni per classe, diminuzione del sostegno e integrazione, maestro unico, eliminazione del modulo e del tempo pieno nella primaria,  ecc. (l’elenco potrebbe continuare), dall’altro ci sono i BES, progetti come il propagandato M.E.T.I.S. ecc. su cui si sta spendendo il governo con il suo sottosegretario Rossi Doria che sono una sorta di “via didattica” alla lotta contro la dispersione e per l’integrazione. Nella scuola, come uomo di scuola, non posso non essere favorevole a nessuna “via didattica” che veda insegnanti più preparati, aggiornati, formati, professionalizzati. Questa  via individua nelle capacità e nelle competenze dei docenti un fattore molto importante, irrinunciabile, però, se non è accompagnata, o addirittura è contraddetta come nel nostro caso dalla politica scolastica e dalla politica in generale del governo creiamo un’illusione, tutt’al più facciamo propaganda politica.

 

Sguardo lungo cercasi

Se non si mette mano, per fare un esempio più generale, al fenomeno crescente del drammatico aumento dei cosiddetti NEET* (un altro orribile acronimo che sta per “not in employment, education or training”, giovani che non studiano e non lavorano – non studiano perché i propri genitori non lavorano e non lavorano perché il “mercato” non li vuole) quale lotta mai si potrà fare alla dispersione scolastica? I docenti potranno essere preparatissimi, aggiornatissimi, formatissimi. Non c’è “via didattica” che tenga, occorre di più e di altro. E qui non solo i docenti, ma anche la scuola in generale non può fare niente. Occorrono allora coerenza, una visione d’insieme lungimirante e un progetto di scuola, direi anche un progetto di società e di Paese.

 

*NEET – Giovani che non studiano e non lavorano: caratteristiche, costi e risposte politiche in Europa

http://www.eurofound.europa.eu/pubdocs/2012/541/it/1/EF12541IT.pdf

3 ottobre Tragedia Lampedusa in CdM

Nel corso del Consiglio dei ministri del 3 ottobre il Presidente Enrico Letta, ha proclamato per domani, venerdì 4 ottobre, una giornata di lutto nazionale per l’immane tragedia avvenuta all’alba di questa mattina quando un barcone di migranti è naufragato a circa mezzo miglio dell’Isola dei Conigli al largo di Lampedusa.
Inoltre il Ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca, Maria Chiara Carrozza, ha comunicato di aver disposto che, nella giornata di domani, sia osservato un minuto di silenzio nelle scuole di ogni ordine e grado.

Lampedusa, domani un minuto di silenzio per le vittime in scuole e università
Il Ministro Carrozza firma circolare: “Serve momento di riflessione”

Il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Maria Chiara Carrozza, ha firmato e diramato una circolare per invitare scuole, università, enti e centri di ricerca a osservare, domani alle ore 12.00, un minuto di silenzio per le vittime della tragedia di Lampedusa.

“La tragedia avvenuta oggi al largo dell’Isola di Lampedusa – scrive il Ministro nella circolare – ha scosso l’opinione pubblica con il suo pesante bilancio di morti e dispersi. Siamo di fronte a un fatto terribile che impone una riflessione. Per onorare e ricordare le vittime, si invita pertanto a promuovere, nelle scuole di ogni ordine e grado, nelle università e negli enti e centri di ricerca, l’osservanza di un minuto di silenzio alle ore 12.00 di domani, venerdì 4 ottobre, con l’auspicio che possa seguire un momento di confronto sui temi dell’accoglienza, dell’integrazione e dell’immigrazione, strategici per il nostro Paese e per l’Europa”.

Perché dobbiamo insegnare ai ragazzi il digitale

da Wired
03 ottobre 2013

Perché dobbiamo insegnare ai ragazzi il digitale

Nel mondo di smartphone, Google e Twitter, la scuola vive nel passato, tra vocabolari di carta e gessetti. E i tablet servono a tutto tranne che a studiare. Ecco il punto di vista di un padre

di Paolo Giovine

Paolo Giovine, padre e fondatore dell’azienda che trasforma i libri in app PubCoder, proprio non ci sta. Le sue figlie già navigano nel mondo digitale, tra tablet e YouTube, mentre la scuola va ancora avanti a gessi e vocabolari di carta. E ci racconta perché è necessaria una vera e propria educazione.

Accompagno le mie figlie a scuola ogni mattina, e rivivo rassicuranti scene del mio passato: cartelle di piombo, il diario, la gomma, il temperino. Leggo i programmi del doposcuola e trovo i classici: judo, atletica, canto, argilla. Mia madre (la nonna) si presenta trionfante con un vocabolario da 1,5 kg, la nipote di 9 anni (una mia figlia) ha eluso la mia vigilanza e ha chiesto di procurarglielo (era l’unica a non averlo ancora deposto trionfalmente nell’armadietto anni 60).

Poi l’incantesimo svanisce, Edmondo De Amicis saluta commosso gli alunni che garruli deambulano verso il focolare, le creature si spossessano del grembiale e afferrano un tablet; ma non per studiare, giammai.

Giammai perché le ragazze possiedono svariati libri di testo a norma, ovvero dotati di apposita sezione online; sezione che consiste in uno sfogliatore di un pdf, utile come una banana nel tubo di scappamento: sono eserciziari, quindi sarebbe necessario poter interagire e fare delle cose; la tecnologia ci sarebbe, ma dato che nessuno protesta…

Giammai perché io volevo dotare la novenne di un iPod Touch con annessi dizionari, ma la cosa l’avrebbe emarginata all’interno della classe: è strano, si può essere emarginati per la stessa cosa che ti rende popolare appena varcata la soglia dell’aula, cosa che la rende molto simile ad un luogo di culto. La scuola oggi è un po’ questo, un luogo dove si celebra la messa, ma non per un gruppo di credenti, convinti e ferventi, ma per una maggioranza distratta che partecipa alla sua liturgia. Ci si va, con la convinzione che non serva a granché, ma che sia un passaggio obbligato; per il paradiso o per quel tempo in cui, finalmente o purtroppo, ci si dovrà occupare di imparare davvero qualcosa di utile.

Esaspero il concetto, lo ammetto. Le mie figlie hanno ottime insegnanti, la scuola è fantastica, tutti si immolano per il bene comune. Ma il punto non è questo. Il punto è che ci si deve occupare della schizofrenia galoppante tra tempo scolastico e resto della vita; a scuola gessetti, a casa smartphone; a scuola Ippolito Nievo, a casa Twitter. A scuola nessuno insegna il linguaggio dei computer, quello che già usano oggi (non le vedete che pinchano per vedere Peppa Pig su YouTube a tutto schermo?); a scuola nessuno spiega il page rank di Google, i network, come usare WordPress, Photoshop, Pubcoder (!). E questo oggi è un problema, e non è tecnofilia, è pragmatismo: non ce la faremo, seppur genitori consapevoli, da soli a colmare vuoti così giganteschi; e rischiamo di allevare una generazione di autodidatti, di improvvisatori, che, fatte salve poche virtuose eccezioni, finirà con l’essere emarginata in un mondo che guarda al futuro con occhio almeno contemporaneo.

Non voglio le Lim, voglio i contenuti; ieri il fondatore di Twitter e il leader dell’Iran si sono scambiati due messaggi, il mondo cambia anche se difendiamo il sogno dell’educazione idillica, tra una cetra ed un sonetto declamato sul lucente fiume.

Si fa un gran parlare di innovazione, di imprenditorialità, di startup: e allora tocca raccontare ai bambini di terza elementare come è fatto il computer o il telefono del papà, che cos’è un social network, come funzionano le cose, che cosa significano. Serve superare il tabù, e smetterla di celebrare la stessa vecchia funzione in latino.

Le nuove opportunità della “smart education”

da LaStampa.it

Le nuove opportunità della “smart education”

Tra le iniziative più interessanti, quelle di Vodafone pensate per sfruttare le potenzialità del digitale nelle scuole

Nelle scuole italiane attorno al tema della “smart education”, ovvero l’insieme di strumenti per erogare servizi scolastici e favorire l’apprendimento interattivo sfruttando tecnologie e contenuti digitali, si stanno formando nuove occasioni di dibattito.

Tra le iniziative più interessanti, c’è la conferenza intitolata “Smart Education & Technology Days – 3 Giorni per la Scuola”, che si svolgerà a Napoli al 9 all’11 ottobre, e rappresenta un appuntamento annuale dedicato ai docenti e dirigenti scolastici delle scuole e agli studenti per avere l’opportunità di confrontarsi con istituzioni e imprese produttrici di beni e servizi per la didattica e la formazione.

Le ultime rivelazione dell’OCSE rivelano tuttavia che l’Italia, malgrado le iniziative intraprese recentemente come ad esempio il Piano LIM (Lavagna Interattiva Multimediale), ha ancora dei forti ritardi. Secondo le ultime rilevazioni dell’OCSE, relative alla scorsa estate, le LIM attualmente installate sono 69.813, per una copertura del 21,6% delle aule scolastiche.

Più in generale i computer presenti nelle scuole italiane sono 169.130 nella scuola primaria (1 pc ogni 15 studenti), 150.385 nella secondaria di primo grado (1 pc ogni 11 studenti), 334.079 nelle superiori (1 pc ogni 8 studenti). I dispositivi portatili (pc/tablet) in uso individuale agli studenti sono 13.650. Le Lim attualmente installate sono 69.813, per una copertura del 21,6% delle aule scolastiche. Le aule connesse in rete sono circa il 54%, mentre l’82% circa delle scuole possiede una connessione internet.

Tuttavia tra le iniziative delle imprese per rafforzare l’ambito smart education c’è sicuramente quella di Vodafone. Tra le proposte dell’azienda, il “Sussidi@rio Interattivo” costituisce una soluzione di e-learning pensata ad hoc per la “scuola digitale”, dedicata a insegnanti e studenti: i docenti potranno creare contenuti didattici multimediali ed esercitazioni tramite la piattaforma Web e condividere i materiali con gli alunni, che li visualizzeranno grazie ad una applicazione installata sul proprio tablet.

Il “Registro Digitale” è una soluzione che prevede invece di gestire utilizzando dispositivi mobili in tempo reale tutta la comunicazione tra la scuola e la famiglia. Iniziative e proposte che sfruttano a pieno le potenzialità del digitale per rilanciare il mondo della scuola.

03/10/2013 – Concorso “VOCIVIVACI-Storie di scuole che crescono”

Oggetto: PON FSE “Competenze per lo sviluppo” e PON-FESR “Ambienti per l’apprendimento – ASSE-III- Azioni di informazione e pubblicità organizzate in collaborazione con l’INDIRE. Concorso “VOCIVIVACI-Storie di scuole che crescono”

Circolare prot. 9684 del 1 ottobre 2013 e allegato

I docenti italiani? Poco rispettati, ma il loro operato incide sugli alunni

da Tecnica della Scuola

I docenti italiani? Poco rispettati, ma il loro operato incide sugli alunni
di A.G.
Il dato emerge da un ampio studio del Global Teacher Status Index 2013, che è andato ad analizzare lo status degli insegnanti di 21 Paesi dove sono state interviste mille persone in ciascun territorio nazionale. La maggiore soggezione è per i prof che operano in Cina, Corea del Sud, Turchia, Egitto e Grecia. Però i nostri, dopo la Finlandia, sono quelli più influenti.
Gli insegnanti italiani sarebbero poco rispettati dagli altri cittadini, tuttavia il loro operato rimane indubbiamente influente nella vita scolastica degli alunni. Il dato emerge da un ampio studio realizzato dal Global Teacher Status Index 2013 e pubblicato dalla Fondazione Varkey Gems (braccio filantropico non-profit di Gems Education, costituita per innalzare il livello d’istruzione dei bambini meno abbienti). L’indagine analizza lo status degli insegnanti di 21 Paesi e confronta su scala mondiale l’atteggiamento nei loro confronti attraverso sondaggi condotti intervistando mille persone in ciascun paese oggetto di studio: Brasile, Cina, Repubblica Ceca, Egitto, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Israele, Italia, Giappone, Paesi Bassi, Nuova Zelanda, Portogallo, Regno Unito, Turchia, Singapore, Corea del Sud, Spagna, Svizzera e Stati Uniti d’America.
Secondo le valutazioni dell’indice, gli insegnanti che godono di uno status migliore si trovano in Cina, mentre gli insegnanti israeliani sono quelli che vivono la condizione peggiore. L’indice rivela che in Cina, Corea del Sud, Turchia, Egitto e Grecia gli insegnanti sono rispettati molto più che in tutti gli altri paesi europei e anglosassoni. Per quanto riguarda i docenti italiani, se la loro condizione é così infelice da collocarli al diciottesimo posto della graduatoria, é pure vero che l’indice piazza il nostro paese al secondo posto rispetto ai paesi europei oggetto del sondaggio per quanto riguarda l’influenza degli insegnanti nella vita scolastica degli italiani, subito dietro la Finlandia. Per il loro status, dunque, gli insegnanti italiani si piazzano in fondo alla classifica dei paesi oggetto del sondaggio, seguiti da Israele, Brasile e Repubblica Ceca e la loro condizione viene considerata molto simile a quella degli assistenti sociali. Sempre in Italia, le persone che pensano che gli studenti non abbiano rispetto per gli insegnanti (45%) sono più numerose di quelle che pensano il contrario (20%), percentuali queste molto simili a quelle dei vicini europei. E le persone che sarebbero propense a far desistere il proprio figlio dall’intraprendere la carriera dell’insegnamento (più del 35%) sono più numerose di quelle che, invece, lo incoraggerebbero (meno del 30%).
Il 65% degli intervistati italiani intervistati si è detto a favore di stipendi per gli insegnanti commensurati alle loro prestazioni e la maggior parte degli interpellati chiede con insistenza una maggiore influenza dei sindacati in materia di stipendi e condizioni di lavoro (il 30% circa) mentre pochi sono quelli che preferirebbero una minore influenza (meno del 25%).
In ogni caso, lo stipendio realmente percepito dagli insegnanti non si discosta molto da quello che la gente intervistata ritiene sia una remunerazione equa per la loro attività.

La discesa degli istituti professionali

da Tecnica della Scuola

La discesa degli istituti professionali
di Alessandro Giuliani
Denuncia del Consorzio nazionale, a cui aderiscono una quarantina di istituti professionali, tecnici e di istruzione superiore di diverse regioni italiane: per colpa delle politiche degli ultimi governi ormai siamo considerati “di serie Z”, con meno iscritti complessivi ma sempre più ragazzi demotivati, bocciati in altre scuole, stranieri, portatori di handicap.
Altro che fiore all’occhiello. Ma guai a chiamarle anche scuole di serie B: gli istituti professionali sarebbero considerati addirittura “scuole di serie Z”. Colpa delle politiche degli ultimi governi, che hanno portato al crollo delle iscrizioni e a un generale peggioramento delle condizioni in cui lavorano i docenti e studiano i giovani. La denuncia è del Consorzio degli Istituti professionali, una rete di circa quarantina di istituti professionali, tecnici e di istruzione superiore di diverse regioni italiane, riuniti a Cervia per l’annuale convegno nazionale.
Al termine dei lavori, il presidente, Agnese Borelli, ha inviato una lettera al ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza, per chiedere un incontro urgente. E cercare di introdurre delle misure compensatrici alle norme che hanno sottratto tempo scuola agli alunni e aumentato il numero di allievi per classe. Di cui una parte disabili. “L’istruzione professionale – ha spiegato Borelli – può rappresentare uno strumento per favorire la ripresa economica e difendere il ‘made in Italy’ attraverso i vari settori di riferimento, pertanto va potenziata e valorizzata, soprattutto non trascurata né schiacciata”. Gli effetti sono ben visibili nelle scuole che ospitato in media dai 500 ai mille studenti, con classi di 20 o anche 30 persone, molte delle quali con disagi di varia natura.
“Le politiche – ha detto il presidente del Consorzio – hanno portato a non valorizzare il nostro lavoro, siamo scuole di ‘serie Z’, non considerate decorose nemmeno dai nostri governanti”. “Noi non vogliamo preservare una scuola di vecchio tipo – ha precisato Borelli – vogliamo anzi che i nostri istituti siano considerati allo stesso modo in cui vengono trattati negli altri paesi europei”.

I vari interventi di riordino degli ultimi anni, secondo i docenti degli istituti professionali, hanno provocato soltanto un crollo delle iscrizioni e una graduale “cancellazione dei nostri istituti che un tempo erano considerati centrali nelle città di appartenenza”. Nelle classi di alcuni istituti, come ha riferito qualche docente e qualche dirigente presente al convegno di formazione a Cervia, su trentuno studenti ce ne sono in media due portatori di handicap e 4 stranieri. “Noi raccogliamo tutto il disagio che c’è sul territorio – ha riferito il presidente -, tra ragazzi demotivati, bocciati in altre scuole, stranieri, portatori di handicap. A volte dobbiamo registrare al termine di un percorso formativo anche degli insuccessi, ma riusciamo tante volte a tirare fuori qualcosa di buono”.

“Quota 96”: ricognizione degli aventi diritto previgenti la legge Fornero

da Tecnica della Scuola

“Quota 96”: ricognizione degli aventi diritto previgenti la legge Fornero
di Pasquale Almirante
Il Miur, il 1 ottobre scorso, prot. 0002085, ha spedito agli Usr una nota con cui si invitano le scuole a richiedere la “Dichiarazione dei servizi” al personale in possesso al 31 agosto 2012 dei requisiti pensionistici previgenti la legge 214/2011, meglio nota come Legge Fornero
“Al fine di quantificare gli oneri derivanti da un eventuale intervento normativo volto a consentire l’estensione dal 31 dicembre 2011 al 31 agosto 2012 del termine finale per il possesso dei requisiti pensionistici previgenti le disposizioni dell’art. 24 dela Legge 214/2011 utili per il diritto a pensione occorre censire la platea dei possibili beneficiari”.
Finalmente dunque il Miur mette in atto una operazione che avrebbe dovuto implementare già da qualche anno, quella cioè di sapere il numero esatto della platea degli aventi titolo ad entrare nelle more dei benefici della legge Fornero sulle pensioni, quel personale della scuola ormai noto come “Quota 96”, in quanto l’anno scolastico, come è stato ampiamente detto, non finisce il 31 dicembre ma il 31 agosto. “Coloro i quali siano in possesso dei requisiti anagrafici e contributivi previgente la riforma Fornero e volessero manifestare la volontà di cessare dal servizio devono presentare tempestivamente una dichiarazione in cui attestino di avere maturato i requisiti necessari e di volere avvalersene a decorrere dal 1/9/2014” Il motivo di tale improvvisa circolare, che però era stata sollecitata e quindi attesa da qualche tempo, è nata dal fatto che una proposta di legge a firma Ghizzoni, la n° 249, era stata bocciata per mancanza dei soldi necessari a coprire una platea di pensionandi, quelli appunto della “Quota 96”, di oltre 9000 persone, secondo i calcoli dell’Inps. Numero che però faceva a pugni con quanto era stato per due anni conteggiato dal Miur e cioè di appena 3500 aspiranti alla pensione. Come ultima ratio, e per tentare una risoluzione onorevole del caso, viste le promesse di tanti politici, si arrivò a conteggiarne 6000: una sorta di mediazione che però non faceva onore né all’Inps né al Miur e che comunque lasciava nell’incertezza il Tesoro che avrebbe dovuto finanziare l’esodo di questo personale della scuola. Da qui dunque la presente circolare del Miur che a tale fine ribadisce “ che tale manifestazione di volontà non ha allo stato attuale valore di istanza di cessazione dal servizio, per la quale occorre la disposizione normativa, ma ha esclusivamente fini conoscitivi” Nella nota del Capo dipartimento del Miur è pure allegato il Modello di dichiarazione “ di maturazione dei requisiti previgenti il Dl 201/2011 entro il 31 agosto 2012”.

Vernice rossa sulle scale del Miur

da Tecnica della Scuola

Vernice rossa sulle scale del Miur
di A.G.
Così i giovani del Blocco Studentesco hanno voluto denunciare i tagli all’istruzione pubblica “perpetrata dal governo Letta in continuità con le precedenti legislature”. Intanto, la Rete degli Studenti conferma: l’11 ottobre saremo in piazza.
La fantasia dei giovani non ha limiti. Sarà anche per questo che le loro forme di protesta rappresentano delle forme di espressione spesso originali. Come quella condotta il 2 ottobre da alcuni giovani del Blocco Studentesco: per denunciare quello che considerano lo smantellamento e i tagli all’istruzione pubblica “perpetrata dal governo Letta in continuità con le precedenti legislature”, hanno deciso di colorare con vernice rossa le scalinate del ministero dell’Istruzione che danno su Viale Trastevere. Poi hanno lanciato volantini che spiegavano la motivazione del “blitz”.

“E’ chiaro che la linea di condotta intrapresa dall’attuale governo Letta è la stessa – si legge sul profilo Facebook dell’associazione – intrapresa dalla precedente legislatura di Mario Monti. Per risanare il deficit del nostro paese, la strategia di questi governi tecnici o delle ‘larghe intese’, sotto i dettami di Fondo Monetario e Bce, passa attraverso lo smantellamento dello stato sociale, di cui la scuola e l’istruzione sono il primo fondamento. I presidi per mancanza di fondi sono costretti a chiedere il contributo volontario, mentre a gravare ulteriormente sulle famiglie arriva un taglio di 50 milioni di euro destinati al contributo per l’acquisto dei libri di testo da parte delle famiglie stesse. Sono poca cosa gli 8 milioni destinati a questo contributo da parte del trio Letta, Carrozza e Saccomanni. Di fatto non più di un palliativo”.

Intanto, sempre il 2 ottobre, la Rete degli studenti ha confermato la volontà di scendere in piazza il prossimo 11 ottobre: “non è possibile uscire dalla crisi senza incentivare istruzione, università, ricerca” afferma l’associazione studentesca promuovendo la mobilitazione all’insegna dello slogan “Si scrive scuola, si legge futuro”. “Bisogna tornare a investire con forza sul mondo dell’Istruzione a partire dalle richieste e necessità concrete di noi studenti, quelle che ogni giorno viviamo nelle nostre aule, nei corridoi delle nostre scuole, nelle nostre città. Un cambiamento reale – spiega l’associazione studentesca in una nota – non può che essere generato dalla nostra partecipazione quotidiana alla vita democratica dalle nostre scuole al paese”.
La Rete degli studenti rivendica, tra l’altro, una legge nazionale per il diritto allo studio, la pubblicazione dell’anagrafe nazionale dell’edilizia scolastica, una riforma della rappresentanza studentesca, una riforma strutturale dei cicli, didattica innovativa e riforma del sistema di valutazione, innalzamento dell’obbligo scolastico a 18 anni, uno Statuto degli studenti impegnati negli stage formativi.

Letta: “Ripartiremo da educazione e cultura”

da Tecnica della Scuola

Letta: “Ripartiremo da educazione e cultura”
di R.P.
Nel suo discorso al Senato il premier rivendica quanto fatto finora in materia di istruzione. Apprezzamenti sia in aula sia fuori. Scrima (Cisl-Scuola): “Adesso bisogna andare avanti con la conversione in legge del decreto 104”
Nel suo intervento al Senato il premier Letta parla di scuola e di sud e strappa l’applauso di gran parte dell’aula. “Sul Sud – ha detto il presidente del Consiglio – vogliamo vincere la grande battaglia contro la dispersione scolastica. Abbiamo stanziato i primi 15 milioni per far sì che il reclutamento della scuola batta il reclutamento della strada; che tutti i nostri ragazzi abbiamo diritto al futuro con l’istruzione”.
E ancora: “Cultura ed educazione devono essere il centro della nostra ripartenza. Anche, e forse soprattutto da questo, dipende il nostro futuro in Europa e nel mondo”. Il richiamo al tema della scuola e dell’istruzione è piaciuto in aula ma anche fuori. I primi commenti arrivano da Francesco Scrima, segretario nazionale di Cisl-Scuola, che dichiara: “La crisi rientrata del governo Letta riconsegna al Paese una situazione più consona alla gravità dei problemi con cui si misura” “Per la scuola – aggiunge il segretario di Cisl-Scuola – è certamente positivo aver evitato il rischio di veder compromesso, fra l’altro, il buon esito del percorso di conversione in legge del decreto con le misure urgenti per l’istruzione. È un provvedimento che, sia pur perfettibile, rivolge finalmente la giusta attenzione a un settore da troppo tempo fortemente penalizzato. Un’attenzione cui hanno fatto riferimento, nell’intervento di oggi alle Camere, le parole del presidente del Consiglio”. “Quelle parole – conclude Scrima – noi le apprezziamo e intendiamo incalzare il Governo e il Parlamento perché si traducano in scelte e atti concreti”.

Conclusa la restituzione delle prove Invalsi del 2013

da Tecnica della Scuola

Conclusa la restituzione delle prove Invalsi del 2013
di L.L.
Con tre mesi di anticipo rispetto all’anno scorso, sono disponibili anche i risultati delle rilevazioni sugli apprendimenti per le scuole secondarie di secondo grado
Il 30 settembre l’Invalsi ha pubblicato, per ogni singola scuola, i risultati delle rilevazioni sugli apprendimenti del maggio scorso nella scuola secondaria di secondo grado, dopo che il 3 settembre erano stati restituiti quelli delle scuole primarie e il successivo 14 settembre quelli delle secondarie di primo grado.
Si completa quindi, con un certo anticipo rispetto agli anni passati, la restituzione dei dati relativi alle prove del 2013.
I dati in questione sono restituiti alle singole istituzioni scolastiche, con una possibilità di accesso differenziata tra le diverse componenti scolastiche, incluso il Presidente del Consiglio d’Istituto che è sempre un genitore.
Come chiarito nel comunicato Invalsi del 1° ottobre, la decisione su una loro eventuale pubblicizzazione è rimessa alla singola istituzione scolastica.
Nei risultati è evidenziata anche l’eventuale presenza di dati anomali (cheating), identificata quest’anno sulla base di tecniche statistiche appositamente riviste e migliorate al fine di garantire dati sempre più affidabili e informativi (vedi precedente notizia).

‘Siamo scuole di serie Z’, gli istituti professionali protestano

da tuttoscuola.com

‘Siamo scuole di serie Z’, gli istituti professionali protestano

Gli istituti professionali sono considerati “scuole di serie Z”. Gli effetti delle politiche degli ultimi governi hanno portato al crollo delle iscrizioni e a un generale peggioramento delle condizioni in cui lavorano i docenti e studiano i giovani. La denuncia è arrivata dal Consorzio degli Istituti professionali, una rete di circa quarantina di istituti professionali di diverse regioni italiane, riuniti a Cervia per l’annuale convegno nazionale. Al termine dei lavori, il presidente, Agnese Borelli, ha inviato una lettera al ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza, per chiedere un incontro urgente.

L’istruzione professionale – ha spiegato Borelli – può rappresentare uno strumento per favorire la ripresa economica e difendere il ‘made in Italy’ attraverso i vari settori di riferimento, pertanto va potenziata e valorizzata, soprattutto non trascurata né schiacciata“. Gli effetti sono ben visibili nelle scuole che ospitato in media dai 500 ai mille studenti, con classi di 20 o anche 30 persone, molte delle quali con disagi di varia natura. “Le politiche – ha detto il presidente del Consorzio – hanno portato a non valorizzare il nostro lavoro, siamo scuole di ‘serie Z’, non considerate decorose nemmeno dai nostri governanti“.

I vari interventi di riordino degli ultimi anni, secondo i docenti degli istituti professionali, hanno provocato soltanto un crollo delle iscrizioni e una graduale “cancellazione dei nostri istituti che un tempo erano considerati centrali nelle città di appartenenza“.

Nelle classi di alcuni istituti, come ha riferito qualche docente e qualche dirigente presente al convegno di formazione a Cervia, su trentuno studenti ce ne sono in  media due portatori di handicap e 4 stranieri. “Noi raccogliamo tutto il disagio che c’è sul territorio – ha riferito il presidente -, tra ragazzi demotivati, bocciati in altre scuole, stranieri, portatori di handicap. A volte dobbiamo registrare al termine di un percorso formativo anche degli insuccessi, ma riusciamo tante volte a tirare fuori qualcosa di buono“.

Noi non vogliamo preservare una scuola di vecchio tipo – ha precisato Borelli – vogliamo anzi che i nostri istituti siano considerati allo stesso modo in cui vengono trattati negli altri paesi europei“.

La Gilda si mobilita per contratto docenti, il 3/10 assemblee

da tuttoscuola.com

La Gilda si mobilita per contratto docenti, il 3/10 assemblee

Assemblee in tutte le scuole d’Italia per il recupero immediato dello scatto di anzianità 2012, contro il blocco dei contratti e delle progressioni di carriera e l’aumento dei carichi di lavoro a parità di stipendio. È l’iniziativa promossa per il 3 ottobre dalla Gilda degli Insegnanti.

Il blocco dei contratti e quello degli scatti – spiega il coordinatore nazionale Rino Di Meglio – spingono gradualmente gli insegnanti in uno stato di miseria e a ciò si aggiungono le condizioni di lavoro sempre più gravose. Ecco perchè – conclude Di Meglio – abbiamo bisogno di reagire e le assemblee convocate per il 3 ottobre sono anche una forma di protesta sindacale“.

Bullismo: Miur condannato per omessa vigilanza

da tuttoscuola.com

Bullismo: Miur condannato per omessa vigilanza

Pesante decisione a carico del Ministero della pubblica istruzione in tema di bullismo e danni subiti di un alunno a causa delle percosse subite dai compagni. Il danno subito dal giovane, che aveva 13 anni all’epoca dei fatti, è stato liquidato nella complessiva somma rivalutata ad oggi di 125.000 euro, oltre alle spese di lite ed interessi.

A segnalarla Giovanni D’Agata, presidente e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, che ne sottolinea la rilevanza alla luce del fatto che si tratta di un fenomeno ancora troppo sottovalutato all’interno delle scuole, ma che forse con sentenze di questa portata potrà il personale docente e non docente ad una maggiore vigilanza e prevenzione.

Con la sentenza 8081/2013 il Tribunale di Milano ha infatti stabilito che il Ministero deve risarcire i danni patiti dall’alunno vittima di episodi di bullismo tenuti da altri allievi dell’Istituto scolastico, consistiti in aggressioni fisiche. Per il tribunale la condotta omissiva del personale docente configura una “culpa in vigilando”: per superare la presunzione di responsabilità ex art. 2048 c.c., non è sufficiente la sola dimostrazione di non essere stati in grado di effettuare un intervento correttivo o repressivo, ma è necessario anche dimostrare di aver adottato, in via preventiva, tutte le misure disciplinari o organizzative idonee ad evitare il sorgere di situazioni pericolose.

La sentenza afferma che “in tema di responsabilità dell’amministrazione scolastica ex l. n. 312 del 1980, art. 61, sul danneggiato incombe l’onere di provare soltanto che il danno è stato cagionato al minore durante il tempo in cui lo stesso era sottoposto alla vigilanza del personale scolastico; il che è sufficiente a rendere operante la presunzione di colpa per inosservanza dell’obbligo di sorveglianza, mentre spetta all’amministrazione scolastica dimostrare di aver esercitato la sorveglianza sugli allievi con diligenza idonea ad impedire il fatto”.

Spetta al magistrato, una volta stabilita la responsabilità della scuola per i danni non patrimoniali subiti dallo studente,  procedere a un’adeguata personalizzazione della liquidazione del danno biologico, valutando nella loro effettiva consistenza le sofferenze fisiche e psichiche patite dal soggetto leso, onde pervenire al ristoro del danno nella sua interezza.

Nella fattispecie il Tribunale ha accertato che il ragazzo, divenuto nel frattempo maggiorenne, ha subìto l’insorgenza di una grave sindrome psichica: dalla malattia suddetta è derivato un danno biologico permanente nella misura del 20%, ed un danno biologico temporaneo protrattosi per diciotto mesi.

Emergenze e disabilità, vigili del fuoco e sanitari a lezione di soccorso

da Il Redattore Sociale

Emergenze e disabilità, vigili del fuoco e sanitari a lezione di soccorso

Parte un progetto per formare un gruppo di soccorritori, tra vigili del fuoco, sanitari e di protezione civile, che potranno acquisire le competenze di base su emergenza e disabilità

PALERMO – Come si gestisce l’emergenza in presenza di persone con disabilità? Parte da questa domanda l’attività di protezione civile che per la prima volta si sta svolgendo in Sicilia a cura del Csve di Catania: un’attività formativa, addestrativa ed esercitativi, infatti, per il soccorso dei disabili in situazioni di emergenza.

Cosa devono sapere le stesse famiglie? Quali conoscenze e competenze sono necessarie ai soccorritori? Sono alcune delle domande da cui nasce il progetto sulla gestione delle disabilità nelle situazioni di crisi ed emergenza realizzato a Catania dal Vol.Si. (Volontariato Siciliano) e dal Csve (Centro di Servizio per il Volontariato Etneo), con la collaborazione del coordinamento Fir (Forza intervento rapido).

Il progetto su “Emergenza e disabilità” è inoltre sostenuto dal Comando provinciale dei Vigili del Fuoco di Catania, che ne ospita e ne coordina la parte formativa, e dal Servizio provinciale del Dipartimento regionale della Protezione civile, per le attività addestrative, e si avvale del supporto della Centrale Operativa Sues Ct-Rg-Sr del 118, delle Forze dell’Ordine (Polizia e Carabinieri), del Comune di Catania e di varie  Associazioni di volontariato che si occupano di disabilità. Il progetto promosso dal Csve intende, pertanto, avviare un percorso di empowerment del soccorritore, articolato in più fasi.

Le prime due sono in corso da alcuni giorni: in particolare, la formazione degli operatori sulla “Gestione della disabilità in situazioni di soccorso” che si sta svolgendo presso il polo didattico territoriale dei Vigili del Fuoco di Catania e l’attività informativa rivolta a disabili e famiglie sui “Rischi presenti sul territorio e sulle norme da adottare in caso di evacuazione” in corso nel quartiere catanese di Librino.