A Trento nasce un ristorante dedicato ai ragazzi autistici

A Trento nasce un ristorante dedicato ai ragazzi autistici

“Dal Barba” è il nuovo ristorante in cui lavorano ragazzi autistici, gestito dalla cooperativa La Ruota. Sui tavoli tovagliette in Caa per una maggiore facilità di comunicazione. Un’app per tablet aiuta “a parlare”. Gottardi: “I ragazzi non solo cucinano ma curano ogni dettaglio del posto”

da Redattore Sociale
17 novembre 2013

TRENTO – “Abbiamo ripreso un vecchio ristorante e l’abbiamo usato per creare un posto dove i ragazzi autistici possono passare del tempo, cucinare e lavorare”. A parlare è Rachele Gottardi, della cooperativa trentina La Ruota e responsabile del progetto che ha visto la riapertura del ristorante “Dal Barba” di Villa Lagarina (Trento). Dalla cucina, all’orto, al giardinaggio: si occuperanno di tutto i 25 giovani coinvolti in questa nuova sfida. “I ragazzi non solo cucinano (preparano infatti loro tutti i nostri primi durante alcuni laboratori nati proprio per insegnargli a fare le tagliatelle), ma servono ai tavoli e curano ogni dettaglio del posto”, racconta ancora Gottardi. Ma, nonostante un personale così speciale, le novità non finiscono qui.
Il tavolo, ad esempio, è apparecchiato con tovagliette stampate ad hoc in Caa (Comunicazione aumentativa alternativa), con disegni che indicano, non solo le giuste posizioni di posate e piatti, ma anche come chiedere qualcosa, come per esempio dell’acqua o il bis. “Con la tovaglietta illustrata non cerchiamo solo di insegnare loro qualcosa – aggiunge Gottardi – ma di spronarli dato che, chi vuole, può anche apparecchiare da sé”.

Un ristorante dunque con e per disabili, senza esclusioni di alcun genere, tant’è che, conclude, “siamo attrezzati ad accogliere famiglie e ragazzi con qualsiasi disabilità, abbiamo a disposizione una navetta adatta al trasporto di persone sulla sedia a ruote e offriamo un servizio di accoglienza dei giovani, nel caso in cui i genitori vogliano lasciarceli per qualche ora, approfittando di fare un giro per il Trentino. Un sogno questo che si realizza e che mi porto dentro sin dal mio primo lavoro”. E a completare la felicità di Rachele Gottardi, si aggiunge anche la nuova app per tablet che si offre come ausilio alla comunicazione del disabile. Un metodo basato sempre sulla Caa e che permetterà di comunicare al giovane, e non, con gli altri in modo facile. Una barra verticale per scegliere le parole, una orizzontale per i verbi e un’ultima per i simboli generici: con tre semplici click ecco formata la frase che verrà anche ripetuta in audio. L’app però va oltre: oltre a poter essere collegata a un altro sistema operativo e configurata in modo personalizzato, analizza i dati e le statistiche di utilizzo di determinati simboli, in un dato periodo, in modo da poter ottimizzare gli interventi educativi e terapeutici sul disabile. L’applicazione è stata progettata ed è di proprietà dalla start up roveretana Neocogita che si occupa di dispositivi tecnologici per la disabilità. (irene leonardi)

Ricorso Scatti – La Corte d’Appello di Ancona rigetta gli appelli MIUR

Ricorso Scatti – La Corte d’Appello di Ancona rigetta gli appelli MIUR: gli argomenti addotti contro le sentenze ottenute dall’ANIEF ‘sono palesemente fallaci e smaccatamente infondati’

La Corte d’Appello di Ancona rigetta il ricorso del MIUR avverso le sentenze di primo grado favorevoli alle tesi sostenute dall’ANIEF sul diritto dei precari a percepire la medesima progressione stipendiale prevista per i docenti di ruolo e accoglie l’appello incidentale proposto dal nostro sindacato – che ha affidato il patrocinio sul territorio delle proprie iscritte all’ottimo operato dell’Avv. Luca Ficuciello – per ottenere il riconoscimento del danno subito dalle nostre iscritte secondo il principio della prescrizione decennale e non quinquennale essendo “un credito che non è meramente retributivo, ma deriva da violazione di direttiva comunitaria, ed è soggetto pertanto a prescrizione ordinaria decennale”.

I Giudici della Corte d’Appello di Ancona, in una delle sentenze di rigetto degli appelli proposti dal MIUR che ha continuato a opporsi alle statuizioni dei Giudici di primo grado, hanno con forza accolto le richieste dell’ANIEF e convenuto con quanto da sempre sostenuto dal nostro sindacato considerando l’assurdità delle asserzioni del MIUR sul fatto che la necessità di assicurare il funzionamento delle scuole “possa coniugarsi con la presenza, nelle stesse, di stuoli di insegnanti, e di schiere di collaboratori assunti a tempo determinato, come se si prevedesse la cessazione di tale necessità per eventualità che potrebbero verificarsi soltanto con lo sterminio degli scolari, ovvero con il ritorno all’analfabetismo diffuso”.

La sentenza continua con una dura e incontrovertibile considerazione dichiarando che “non si comprende come potrebbe configurarsi una “esigenza di settore” idonea a giustificare una eccezione alla regola generale che impone la costituzione di rapporti a tempo indeterminato, con la necessità di mandare avanti l’attività scolastica, attività che, per sua natura, essendo rivolta ad una intera popolazione, e svolgendosi con durata e costanza, non ha, e non può avere, caratteri di occasionalità e precarietà” ricordando anche al Ministero dell’Istruzione che “la regola della prevalenza del rapporto a tempo indeterminato è scolpita nelle direttive della Unione Europea, nella Costituzione della Repubblica Italiana, e nelle leggi dello Stato. Mentre la giustificazione addotta deriva, evidentemente, da una “necessità” causata da una violazione pluridecennale, pervicace, smaccata della regola”.

I Giudici della Corte d’Appello di Ancona, sposando in pieno le argomentazioni prodotte dall’ANIEF, rilevano anche che “nel caso in questione, è sufficiente osservare che la dicotomia tra dipendenti in ruolo, a tempo indeterminato, e non di ruolo, a tempo determinato, non corrisponde affatto a una qualsiasi esigenza pratica, meno che mai ad esigenze che si riferiscano a condizioni e situazioni contingenti, soggette alla occasionalità e imprevedibilità di eventuali sopravvenienze. Se non per una piccola percentuale di dipendenti, che vengano utilizzati per sostituire assenti, o per sovvenire a circostanze eccezionali, mentre invece, come è notorio, e dedotto dallo stesso Ministero, i dipendenti a termine costituiscono, nelle scuole italiane, una percentuale elevatissima del personale, senza necessità alcuna, e senza neppure alcun ipotizzabile vantaggio.  Almeno per quanto è da ritenere, alla stregua della logica elementare, e nella totale assenza di qualsiasi giustificazione razionale addotta dalla Amministrazione”.

La conclusione è, quindi, obbligata: “la sentenza impugnata deve essere confermata alla stregua del criterio, adeguato, congruo e legalmente fondato, che si riferisce alla illegittima differenziazione tra le retribuzioni erogate, e quelle spettanti ai dipendenti a tempo indeterminato. Gli argomenti addotti per contrastare tale ineludibile conclusione sono palesemente fallaci, e smaccatamente infondati. Si giunge addirittura a dedurre una esigenza per gli effetti sugli equilibri di finanza pubblica, sostenendo nel contempo una ragionevolezza del sistema, per giustificare un assetto inefficiente, iniquo e assurdo”.

A tale conclusione, fortemente voluta dall’ANIEF, i Giudici giungono con fermezza, sostenendo che “tanto corrisponde a criteri di mera logica, e quindi di giustizia, indipendentemente dalla normativa. Normativa che inoltre, e comunque, ciò impone, sancendo tali principi ed elevandoli addirittura a regole di livello costituzionale. Che non possono subire violazioni sistematiche, pervicaci, globali, quando sarebbe consentita, tutt’al più, la deroga specifica, e puntuale, motivata da esigenze contingenti ed eccezionali. E rilevanti e sufficienti se e in quanto corrispondenti ad esigenze primarie ed ineludibili, suscettibili di essere comparate, e valutate a livello analogo e sullo stesso piano dei fondamentali criteri di razionalità, efficienza, uguaglianza ai quali si ispira e nei quali si concreta l’ordinamento della Repubblica”.

Sul punto i Giudici, prima di concludere statuendo anche l’ovvia condanna alle spese del MIUR, ritengono “necessaria una puntualizzazione che può apparire, anzi, è banale, e dovrebbe essere considerata superflua; ma evidentemente non lo è se è necessario esprimere tale ovvia considerazione. Nel senso che l’evoluzione del diritto corrisponde all’affermazione del principio, che è principio razionale, prima ancora che democratico, secondo cui alla volontà del principe, ed al principio autoritario, si è sostituito (o dovrebbe essersi sostituito) il fondamento della logica e della razionalità […] E non consente all’interprete di seguire aberrazioni logiche che collidano, irrimediabilmente, con la verità, palese e indiscutibile, quale è quella che distingue il bianco dal nero. Sicché non è dato attribuire ad una affermazione del legislatore senso diverso da quello compatibile con l’esigenza del rispetto del vero, sempre che, ovviamente, il vero sia indiscutibile e indiscusso, e si rimanga sul piano dell’effettività irrefutabile. Ed è questo il caso in cui si voglia interpretare una norma attribuendo alla stessa l’effetto di conferire il carattere della opinabilità e della ammissibilità ad una affermazione contrastante con il vero; e tale affermazione concerne, secondo una certa interpretazione, la “temporaneità delle esigenze”, conferendo tale attributo, che assurge a valutazione definitiva e insuperabile, ad una situazione, e ad un sistema, e ad un assetto che temporaneo non è. Perché questa è la sostanza del problema; se possa il legislatore, e se possa l’interprete, considerare come temporaneo, per definizione, il sistema della istruzione pubblica, e come tale sottratto ai principi ed alle regole che si dovrebbero applicare se temporaneo non fosse”. E se sia sufficiente un tratto di penna a rendere nero il bianco, e bianco il nero.  Superando così ogni problematica, così come quello secondo cui i pubblici dipendenti debbano essere selezionati, e l’altro se sia tollerabile che siano trattate in modo diverso situazioni identiche, e se l’equilibrio finanziario possa essere perseguito con misure a discapito di alcuni, per non pregiudicare altri, anziché con provvedimenti di carattere generale ed applicati equamente”.

A queste domande sulla necessità del rispetto dello Stato di Diritto, la Corte ritiene “che la risposta, logicamente corretta, e la soluzione, giuridicamente adeguata, e giusta, corrisponde ai principi costituzionali, e non possa essere elusa allegando difficoltà che derivano esclusivamente dalla gravità di pregresse e pervicaci violazioni” concludendo che “non può quindi attribuirsi, all’art. 9, comma 18, del DL 70 del 2011, convertito in legge 106 del 2011, il senso, e l’effetto, propugnato dalla difesa erariale” e tiene a soffermarsi anche sulla considerazione che “è sufficiente l’uso della razionalità elementare per escludere che possa attribuirsi alla norma il senso che per garantire la continuità della pubblica istruzione fosse e sia indispensabile, e quindi ammissibile, continuare nell’andazzo dell’assumere […] personale precario, in massa.  E per escludere quindi che il termine, ed il concetto di “supplenza” possano essere intesi nel senso di sostituzione di dipendenti temporaneamente assenti per motivi contingenti, ma possano ed addirittura debbano essere interpretati come copertura di posti vacanti, e lasciati vacanti con il fine di arruolare personale precario”. Dopo questa lapidaria conclusione, la stessa Corte ritiene che “tanto dovrebbe bastare. Senza necessità di ricordare che, comunque, la normativa nazionale, se interpretata come contrastante con la normativa europea, potrebbe e dovrebbe essere disapplicata (Corte Costituzionale, sentenza 113 del 1985 e 170 del 1984); e ciò nel termine di prescrizione di dieci anni (Cass. III 10813 del 2011). rilevando che “né la discriminazione potrebbe essere giustificata dallo “status” dei dipendenti, per non essere stati costoro “arruolati”. Come se l’aver assunto “male” i dipendenti possa giustificare la prassi di retribuirli “male”, poiché una grave illegittimità non può certo essere condonata perché si è commessa altra concomitante illegittimità. Né infine può costituire attenuante, e meno che mai scriminante, la prospettiva che alla illegittimità della assunzione si potrebbe ovviare, in un futuro eventuale, con un successivo “arruolamento”. Poiché la eventuale e incerta sanatoria non ovvierebbe affatto al pregiudizio precedentemente maturato”.

La Corte accoglie, quindi, l’appello incidentale proposto dall’ANIEF considerandolo “fondato quanto alla prescrizione, non potendosi applicare la prescrizione breve, quinquennale, ad un credito che non è meramente retributivo, ma deriva da violazione di direttiva comunitaria, ed è soggetto pertanto a prescrizione ordinaria decennale (Cass. 10813 del 2011)”. MIUR condannato anche, e ovviamente, alle spese di giudizio in entrambe le sentenze per un totale di 4.400 Euro.

La Ministra Carrozza vuole abolire del tutto la democrazia scolastica

La Ministra Carrozza vuole abolire del tutto la democrazia scolastica.

Nei giorni scorsi la Ministra Carrozza  ha presentato in Consiglio dei Ministri un Disegno di legge delega  collegato alla legge si stabilità con cui si conferisce una delega  al Governo per riscrivere le leggi sulla scuola,in modo da superare  tutte le attuali contraddizioni e realizzare in pieno il modello aziendalistico della scuola; difatti nell’ampio elenco di titoli sui quali si conferisce una delega in bianco ( violando palesemente l’art. 76 della Costituzione ) spicca un solo chiaro  principio cui il Governo nell’esercizio della delega  deve attenersi: privare  gli organi collregiali di qualsiasi potere decisionale , mantenendo per essi solo funzioni consultivi.

La MInistra Carrozza ripropone  il tentativo già fatto da Brunetta con i suoi provvedimenti, inutilmenti, autoritari, di abolire del tutto  la democrazia scolastica.

La  proposta della Ministra non stupisce più di tanto perchè è perfettamente in linea con l’idea di scuola-azienda elaborata dal PD( all’epoca PDS)   che ha portato alla privatizzazione del rapporto di lavoro del personale della scuola, all’introduzione dell preside manager ecc; ora coerentemente con questa linea politicica e con il senso politico dell’ alleanza PD-PDL , la Ministra Carrozza propone di abolire , senza discussione e di soppiatto con un allegato alla legge di stabilità, la democrazia scolastica.

Ieri il Coordinamento  Nazionale per la scuola della Costituzione ha deciso di lanciare un appello anzitutto al mondo della scuola ed alle organizzazioni della Scuola, ma anche alle forze politiche democratiche ed ai Comitati costituiti in difesa della Costituzione per una mobilitazione nazionale volta ad ottenere il ritiro di questa proposta indecente e il rafforzamento della democrazia scolasica che rappresenta il connotato fondamentale della Scuola della Costituzione

Quello che gli insegnanti dovrebbero conoscere

Quello che gli insegnanti dovrebbero conoscere

 di Adriana Rumbolo

Da un fatto di cronaca : un gruppo di adolescenti ha deciso di sottoporsi alla prova-sfida di attraversare l’autostrada in pieno traffico.

Chi ha detto che è stata una ragazzata, chi li ha definiti  delinquenti;  a me hanno ricordato i ragazzi del film”Gioventù bruciata” dove due ragazzi in macchina , andando a tutta velocità devono dimostrare la loro superiorità riuscendo a buttarsi giù  dall’auto  in corsa sull’orlo di un precipizio.

Allora nel film l’episodio rappresentava la punta dell’iceberg di profondi disagi adolescenziali.

Nell’opera, molto interessante  “Adolescenti “,Una storia naturale, di David Baianbridge cerchiamo di trovare una spiegazione scientifica.

Lo scienziato scrive che a 12 anni per le bambine e a 14  per i maschi  il cervello completa  la sua crescita, mentre accadono più cose contemporaneamente, tutte correlate : trasformazione del corpo e del cervello, che l’evoluzione ha selezionato perchè aumentassero il nostro successo.

L’aumento del cervello che è avvenuto circa 250mila anni fa non ne è la causa diretta  perché  il cervello che nei primi due anni di vita si sviluppa in maniera incredibile, con l’adolescenza smette di crescere e perfeziona ciò  che si è sviluppato in modo caotico e a ritmo vertiginoso nell’infanzia, ma non avviene tutto nello stesso tempo.

Le connessioni neuronali superstiti dopo la naturale potatura si rivestono di quantità maggiore di mielina, sostanza grassa che aumenta la velocità di trasmissione delle informazioni nel cervello.

Una studentessa ha scritto :”E i pensieri rincorrono i pensieri”

Un altro grande cambiamento del cervello adolescente riguarda le fibre nervose che rilasciano dopamina , neurotrasmettitore che provoca soddisfazione ed euforia, euforia che potrebbe essere  corresponsabile nelle fughe dei ragazzi dalla realtà all’insegna dell’onnipotenza fino a sfiorare il rischio perché  il cervello adolescenziale è predisposto alla temerarietà.

Per ottenere soddisfazioni più complesse si deve pianificare e rischiare ed è  per questo che durante l’adolescenza il cervello inizia a coinvolgere nei percorsi     della dopamina anche la corteccia prefrontale  sede della pianificazione e dell’autocontrollo.

Nel mio libro “Il cervello emotivo nella scuola”, che racconta un’esperienza nella scuola con adolescenti si è scritto che compito dell’insegnante non è solo quello di trasmettere il sapere e quindi aprire più canali di comunicazione e conoscenza possibili perchè  l’apprendimento se ne avvantaggi, ma ha il ruolo di facilitatore, ruolo a cui non dovrebbe mai rinunciare.

Gestisce un gruppo con tutte le dinamiche e i conflitti che può avere :conflitti che uno studente può portare da casa ,o che si creano a scuola.

Oggi si parla molto di raffreddare, di risolvere i conflitti nelle aziende, in famiglia , non si vede perché  non si dovrebbe cominciare già a scuola.

La negoziazione è fortemente collegata alla capacità di autocontrollo, un’ ottima esperienza per i ragazzi sia nel presente nel loro processo di maturazione del cervello  che per il mondo del lavoro.

Quando gli adolescenti dovranno prendere decisioni , attiveranno oltre la corteccia prefrontale, un’area posteriore, il solco temporale superiore, correlato alla predizione di azioni future basandosi su quelle passate.

Speriamo che nelle esperienze passate il processo educativo abbia ben operato e che sia stato fatto con gli adolescenti un buon tagliando emotivo(le emozioni uniscono mente e corpo e, sono risposte all’ambiente necessarie alla sopravvivenza), per quest’ultimo cambiamento che non avviene simultaneamente.

Che gli adolescenti siano a conoscenza dei loro comportamenti e risorse utili a fuggire o a evitare una situazione pericolosa o minacciosa quando momenti  di euforica onnipotenza e sogni in fuga si presenteranno.

E soprattutto che nel lungo dialogo che comincia dalla nascita siano sempre  loro i diretti interlocutori per ascoltarsi ed essere ascoltati e non rimanere isolati in un io che senza gli altri in una  intensa vita relazionale non può conoscersi e riconoscersi  e non cadere nella trappola del neonato potere decisionale ,spesso molto sensibile ai sogni miraggio.

Poi forse più coscienti durante il completamento complesso e altalenante  dei loro cervelli e dei loro corpi, piano, piano raggiungeranno il loro equilibrio.

Scuola da riformare: Schola reformanda est!

Scuola da riformare: Schola reformanda est!

di Umberto Tenuta

 

Che la scuola sia da rinnovare è fuori discussione[1].

Lo si afferma da un millennio: dalla Riforma alla Controriforma, da Comenio a Rousseau, da Pestalozzi e Froebel a Gabelli e al Movimento delle scuole nuove, da Gentile a Gonella, dei Decreti delegati del 1974 alla Legge 59 del 1996, alle varie riforme del terzo millennio, comprese quelle in corso.

Ma perché e come va rinnovata la scuola?

È questo il problema!

 

Perché va rinnovata?

Con l’affermazione del principio dell’obbligo scolastico si è realizzato il passaggio dalla scuola di èlites alla scuola di tutti e, quindi, non solo al principio della frequenza della scuola da parte di tutti i giovani in età dell’obbligo, ma anche e soprattutto del principio del diritto all’educazione, che è diritto ha alla piena formazione della personalità, diritto al successo  formativo[2].

 

il successo formativo 

Il successo formativo consiste nella integrale e massimale formazione della personalità umana che genitori, scuola ed altre istituzioni educative, la società tutta (Sistema formativo integrato), sono tenute ad assicurare.

Quanto sopra assodato, resta da vedere come questo diritto può essere assicurato.

Al riguardo, non sono mancate e non mancano le proposte c le leggi!

Cerchiamo di riassumere alcune proposte che sono state avanzate, con specifico riferimento alle finalità che la scuola deve perseguire, alle modalità attraverso le quali le finalità possono essere perseguite, agli strumenti (tecnologie) che, più che i docenti, gli studenti possono utilizzare per realizzare la massimale, integrale e personalizzata formazione della loro personalità che è diritto al successo formativo.

 

Finalità 

Il passaggio da una scuola dell’istruzione alla scuola della formazione integrale della personalità comporta che il compito del sistema formativo integrato, del quale la scuola costituisce il centro unificatore, è quello di garantire l’acquisizione dei saperi (sapere), delle capacità (saper fare) e soprattutto degli atteggiamenti (saper essere)[3] da parte di tutti i giovani.

Occorre che la testa sia, non solo ben riempita, ma come affermava Gabelli, soprattutto ben formata, assieme a tutte le altre componenti della persona umana, corpo compreso[4].

Per perseguire e conseguire la formazione integrale della personalità, considerata nei suoi molteplici aspetti, non bastano le lezioni, le spiegazioni dei docenti, seppure supportate dai libri di testo, cartacei e digitali. Occorre, invece, che la scuola si trasformi in ambiente di apprendimento formativo, un ambiente in cui siano riprodotte le situazioni che, come nelle società primitive, garantiscano la formazione integrale della personalità, attraverso le esperienze di vita[5].

Se i saperi non servono più per riempire la testa, anche perché sono soggetti a rapida obsolescenza, ma debbono servire soprattutto perché, attraverso i processi della loro acquisizione, maturino gli atteggiamenti e le capacità che favoriscano la integrale, piena e mai compiuta formazione della personalità dei singoli studenti.

Vogliamo dire che non basta conoscere il cielo e terra, i mari ed i monti, i continenti e le città, i meridiani e i paralleli, perché gli studenti abbiano acquisito le competenze geografiche, le quali comprendono anche e forse soprattutto gli atteggiamenti di apertura alla conoscenza, non solo del paesaggio geografico, ma anche e forse soprattutto degli ambienti di vita sociale, civile, politica, culturale in senso lato.

Ma tali atteggiamenti non bastano, come non bastano le conoscenze geografiche, se non viene conseguita anche la capacità di approfondirle sempre più.

Ancora, non basta che gli studenti apprendano le nozioni matematiche, se essi non acquisiscono anche le capacità di utilizzarle per risolvere problemi, che non sono solo matematici.

E ancora, non basta se gli studenti non hanno maturato anche il senso della bellezza, della poesia[6] della matematica[7].

E, pure, l’apprendimento della matematica deve far maturare altre competenze disciplinari ed interdisciplinari (logiche, linguistiche, storiche…).[8]

Se questi sono gli obiettivi (sapere, saper fare, saper essere) che la scuola (nel contesto del sistema formativo integrato) deve perseguire e conseguire, e se il conseguimento di questi obiettivi deve essere garantito a tutti gli alunni, e non solo ai capaci e meritevoli[9], perché capaci e meritevoli non si nasce, ma si diventa.

Allora la riforma della scuola deve riguardare soprattutto le metodologie che l’apprendimento che, come abbiamo già accennato, non possono essere più quelle dell’insegnare (in-signare)[10] e dell’imprimere nella mente[11], dalla lezione (leggere), della spiegazione (explicatio), ma debbono fare largo spazio alle attività di ricerca/riscoperta/invenzione/costruzione dei concetti, attraverso la soluzione di problemi (problem solving)[12], lavorando assieme (cooperative learning)[13].

La cattedra, i libri di testo anche se i digitali, le lavagne di ardesia o le lavagne interattive multimediali (LIM), i banchi eccetera non bastano più.

Occorrono i tavoli, intorno ai quali possano stare seduti tre/cinque studenti[14] (alla fine degli anni ‘60 il Miur li fornì alle scuole dell’infanzia, con grande sorpresa di non pochi che pensavano ci fosse stato un errore: anziché i banchi, sarebbero stati forniti i tavoli della refezione!).

Abbiamo detto che gli alunni debbono essere impegnati nella soluzione dei problemi (problem solving).

Ma un problema nasce se c’è una domanda che si origina da bisogno, il quale non è sempre di natura materiale, come prevedeva il Decroly, ma può essere anche e soprattutto frutto della mera curiosità [15].

E allora?

<<Agli svogliati date uno scopo>>, grida Don Milani[16].

Il docente arriva, sale sulla pedana, siede dietro la cattedra, fa lezione.

Eh, no! direbbe Papa Francesco!

Il docente arriva, si impegna a conoscere gli alunni, non per valutarli, ma per conoscere i loro livelli di sviluppo e di apprendimento, le loro motivazioni ecc. e in base a questi elementi elabora, per i singoli alunni o per gruppi di alunni, i piani educativi personalizzati (PEP), e non le unità didattiche(UD).

Sulla base dei piani educativi personalizzati  si raggruppano gli alunni.

A questo punto, il docente predispone le tecnologie che gli alunni, e non lui[17], debbono utilizzare per affrontare e risolvere, attraverso il lavoro di gruppo, i problemi spontanei o suscitati di cui i singoli alunni o i gruppi di alunni sono portatori.

Si dirà che le tecnologie mancano!

Mancano sì, come quasi sempre mancano le cose di cui non si avverte il bisogno.

Forse, nelle scuole mancano i libri di testo, i gessetti, le penne, i quaderni……?

Si ha quello di cui si ha bisogno, perché lo si cerca, lo si domanda, lo si pretende!

Certamente, nelle nostre scuole mancano i materiali didattici! Ma non è anche vero che tante biblioteche per il docente e per gli alunni non sono utilizzate da tutti gli alunni?

Forse il problema della lettura nella scuola lo si risolve con i libri di lettura della scuola primaria e con le antologie nella scuola secondaria?

Forse il materiale didattico strutturato della Montessori[18] è molto utilizzato nelle nostre scuole?

E forse nelle nostre scuole abbonda, come facilmente potrebbe abbondare, il museo didattico[19] delle Sorelle Agazzi?

Suvvia, se nel commercio la domanda crea l’offerta −anche se purtroppo è vero pure il contrario−, nella scuola la domanda d9i materiali didattici comuni e strutturati è assente o molto scarsa.

Se mancano le aule, i banchi, i libri di testo, le lavagne, le cattedre, non si fa scuola, si sciopera.

Ma questo non avviene se mancano i materiali didattici!

Quale ingente somma è stata spesa per le LIM e verrà spesa per la digitalizzazione delle scuole!

La prima digitalizzazione è quella burocratica dei registri e degli uffici amministrativi delle scuole.

Non  sono ritenuti  necessari i tablet, i notebook, le audio-videoregistrazioni delle lezioni per tutti gli alunni, e non soltanto per gli alunni con difficoltà di apprendimento.

Evidentemente, prima di spendere enormi somme, come si è fatto con la fornitura delle LIM e dei PC, occorre valutare ciò di cui le scuole hanno veramente bisogno perché possa cambiare e risulti efficace, oltre che efficiente.

E, ancora,  quando le finalità formative delle scuole saranno state ben precisate e quando le metodologie e le tecnologie saranno state assicurate, non è forse necessario che i docenti, anziché impegnati a conoscere come gli strumenti digitali funzionano, occorre che siano impegnati a conoscere quali sono, non solo le finalità, ma anche le modalità e le strumentazioni attraverso le quali possano essere perseguite.

Ma chi aggiorna i docenti, e con essi anche i dirigenti?

Forse coloro che nelle aule non sono mai stati?

O forse coloro che dalle aule sono scappati, magari per stare seduti sulle cattedre universitarie?

E, ancora, forse coloro che conoscono bene le discipline, ma non come esse possano essere fatte apprendere dagli alunni delle diverse età?

Suvvia, prendiamo atto una volta per sempre e rifiutiamoci di accettare che l’aggiornamento dei docenti sia effettuato da enti accreditati, non si sa come.

Ma non si predicano, oggi, i vantaggi del libero mercato?

Che forse il libero mercato vale solo per le automobili e non anche per la formazione e l’aggiornamento degli operatori scolastici tutti, docenti, dirigenti, ispettori?

Ci  sono scuole di avanguardia, nelle quali hanno operato e si sono formati docenti veramente esperti.

Ci sono professionisti che hanno dedicato il loro tempo a vivere quotidianamente i problemi del fare scuola.

Lasciamo alle singole scuole, lasciamo ai direttamente interessati il compito di individuare gli esperti che vadano che nelle scuole, non per tenere conferenze, ma per impegnare i docenti nelle specifiche situazioni didattiche.

Offriamo ai docenti i materiali, anche digitali, per il proprio aggiornamento e lasciamo che siano essi a sceglierli, così come oggi fanno i giovani nella scelta degli strumenti digitali che meglio rispondono alle loro avvertite esigenze.

Quante  bambole, quanti trenini, quanti giochi oggi i genitori acquistano su pressante richiesta dei loro figli!

Perché le case ne sono piene e le scuole offrono uno spettacolo desolante con la loro povertà di materiali per l’apprendimento?

Osserviamo  un’aula scolastica: la cattedra (senza pedana, come segno di modernità anche nelle chiese!), una LIM (magari si ha la fortuna di vederne anche una di ardesia e non di plastica), due o tre file di tavolinetti biposti, le carte geografiche anche nelle classi prime della scuola primaria, i cartelloni dell’alfabetiere, e poi basta!

Si dirà che questa descrizione è estremamente pessimistica.

È vero!

Ma, allo scrivente è si è rivolta una madre inglese, abitante in una delle città più importanti d’Italia, la quale esprimeva tutta la sua grande preoccupazione perché il figlioletto di 7 anni la mattina rimaneva per quattro ore in un’aula dalle pareti grigie sulle quali erano appesi le comuni carte geografiche ed i cartelloni del sistema metrico decimale, mentre mancavano altri materiali. A casa il bambino era abituato a vivere in un ambiente ricco di colori, di oggetti da manipolare…

Ecco perché costituisce un problema di rilevante importanza cambiare le metodologie e le tecnologie educative, facendo ricorso ai modelli offerti dalle sorelle Agazzi e dalla Montessori (assunte come esempi significativi per i materiali didattici comuni e strutturati!).

Prima di finire, vorremmo aggiungere che, assieme alla forzata solitudine degli studenti nei banchi monoposti o biposti (ma con assoluto divieto di comunicare coi compagni!), occorre eliminare la solitudine dei docenti, non utilizzando le risorse professionali di cui ciascuno di essi è sempre portatore.

La metodologia del Team Teaching è molto importante, perché i singoli docenti possono avvalersi delle competenze dei colleghi e sentirsi valorizzati nell’offrire le proprie.

Ogni essere umano ed ogni professionista è portatore di competenze specifiche che può mettere a disposizione dei colleghi.

Come dice il Poeta latino, <<Fai che gli altri accendano la loro fiaccola alla tua. Nulla la tua fiaccola avrà  perduto, ma intorno a te sarà più luce>>. 

Assieme al Cooperative learning ben venga il Team Teaching[20].

E con essi, ben vengano il Problem solving e le tecnologie educative, comprese quelle digitali.

 

Ma, per ora, basta!

(Ci risentiremo! Mi farò ancora vivo!)



[1] In merito  cfr.; Gaudio A., Schola semper reformanda ?, in “Italianieuropei”, 2012, 3, 44-49

[2] <<Ogni uomo è destinato ad essere un successo e il mondo è destinato ad accogliere questo successo>>[FAURE E, (a cura di), Rapporto sulle strategie dell’educazione, Armando-UNESCO, Roma, 1973, p. 249].D.P.R. 8.3.1999, n.275−Art.1(Natura e scopi dell’autonomia delle istituzioni scolastiche) −…2. L’autonomia delle istituzioni scolastiche …si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di interventi di educazione, formazione e istruzione mirati allo sviluppo della persona umana, adeguati ai diversi contesti, alla domanda delle famiglie e alle caratteristiche specifiche dei soggetti coinvolti, al fine di garantire loro il successo formativo, coerentemente con le finalità e gli obiettivi generali del sistema di istruzione e con l’esigenza di migliorare l’efficacia del processo di insegnamento e di apprendimento.

[3]   In merito cfr.: Cresson, E., , Insegnare ad apprendere. Verso la società conoscitiva, Libro bianco su istruzione e formazione, Lussemburgo, Commissione Europea. 1995; TENUTA U., I contenuti essenziali per la formazione di base: homo patiens

[4] AAVV., A scuola con il corpo, Quaderni M.C.E., La Nuova Italia, Firenze 1974;AAVV., A scuola con il corpo, La Nuova Italia, Firenze 1974; AAVV., Il corpo nella dinamica educativa, Emme ed., Milano, 1976; ALBANESE A., PAVAN B., Quale Psicomotricità?, Ed. Il Cerro, Pisa, 1990. BERNARDI E., CANEVARO A., FERIOLI L., Il comportamento psicomotorio a scuola, Il Mulino, Bologna, 1982: BIAGINI A., Educazione Psicomotoria, Nicola Milano, Bologna, 1990: BORGEMINO L., Psicomotricità per apprendere: metodologia nella scuola per l’infanzia, Mandese, Torino,1984: BORGOGNO E.T. , Educazione psicomotoria nella scuola materna e elementare, Omega, Torino, 1988.; BORGOGNO E.T., Educazione psicomotori, Omega, Torino 1983; BRUSA, CONTI, FERRI, TINTO, Percezione e Psicomotricità, O.S. Firenze, 1979: COSTE J.C., La psicomotricità, La Nuova Italia, Firenze 1984: LE BOULCH J., Verso una scienza dei movimento umano. Introduzione alla psicocinetica, Armando, Roma, 1971: VAYER P., DESTROPER J., Il corpo nella dinamica educativa, Emme Edizioni, Milano, 1976; VAYER P., Educazione psicomotoria in età scolare, Armando, Roma, 1974; VAYER P., Educazione psicomotoria nell’età scolastica, Armando, Roma, 1977.

[5] Dewey, J., Scuola e società, trad. it. di Ernesto Codignola e Lamberto Borghi, La Nuova Italia, Firenze, 1993.

[6] <<Un matematico che non abbia un po’ del poeta non può essere un perfetto matematico>> (Karl Wierstrass).

[7] TEMA PER GLI ESAMI DI LICENZA LICEALE DEL 1996<<Matematici e poeti. In un saggio pubblicato a New York nel 1947 si legge: “La matematica è generalmente considerata proprio agli antipodi della poesia eppure la matematica e la poesia sono nella più stretta parentela, perché entrambe sono il frutto dell’immaginazione. La poesia è creazione, finzione: e la matematica è stata detta da un suo ammiratore la più sublime e la più meravigliosa delle finzioni” (D.E. SMITH, La poesia della matematica e altri saggi,).>> …

[8] In merito  cfr.: Insegnare matematica nella scuola del 2000, Gian Luigi Spada, Anna Maria Benini ((da “Progettazione curricolare e didattica delle discipline” , Armando editore, Roma, 2012).

[9] Su questa espressione della Costituzione repubblicana ci soffermeremo in un successivo saggio.

[10] Insegnare, da in − signo, tradurre in segni.

[11] L’insegnante non può imprimere le conoscenze nella mente degli alunni, come pure si prevedeva nei Programmi didattici del 1867 (<<Il maestro si astenga dal dare dimostrazioni che in quella tenera età non sarebbero intese. Si limiti ad imprimer bene nelle menti degli scolari le definizioni e le regole>> (LOMBARDI F.M., I Programmi per la scuola elementare dal 1850 al 1985>, La Scuola, Brescia, 1987, pp. 49-50.

[12] In merito al Problem solving cfr.: MOSCONI G., D’URSO V. (a cura di), La soluzione di problemi. Problem-solving, Giunti- Barbèra, Firenze, 1973; KLEINMUNTZ B.(a cura di), Problem solving Ricerche, metodi, teorie, Armando, Roma, 1976; DUNC-KER K., La psicologia del pensiero produttivo, Giunti-Barbèra, Firenze, 1969; WERTEIMER M., Il pensiero produttivo, Giunti- Barbèra, Firenze, 1965; DORNER D., La soluzione dei problemi come elaborazione dell’informazione, Città Nuova, Roma, 1988. Per la problematica dell’ermeneutica, cfr: GENNARI M., Interpretare l’educazione. Pedagogia, semiotica, ermeneutica, La Scuo-la, Brescia, 1992; MALAVASI P., Tra ermeneutica e pedagogia, La Nuova Italia, Firenze, 1992.

[13] In merito cfr. COMOGLIO M., Educare insegnando. Apprendere ad applicare il Cooperative learning, LAS, Roma, 1986; COMOGLIO M., CARDOSO M.A., Insegnare e apprendere in gruppo. Il cooperative Learning, LAS, Roma, 1996; COMOGLIO M. (a cura di), Il Cooperative learning. Strategie di sperimentazione, Quaderni di animazione e formazione, Edizioni Gruppo Abele, Torino, 1999; PONTECORVO C., AIELLO A.M., ZUCCERMAGLIO C., Discutendo si impara. Interazione sociale e conoscenza a scuola, NIS, Roma, 1991; PONTECORVO C. (a cura), La condivisione della conoscenza, La Nuova Italia, Firenze, 1993; PONTECORVO C., AIELLO A.M., ZUCCERMAGLIO C., (a cura), I contesti sociali dell’apprendimento.Acquisire conoscenze a scuola, nel lavoro, nella vita quotidiana, LED, Milano, 1995.

[14] <<Dovrà essere abolito quasi completamente l’attuale metodo di insegnamento in classe dove l’insegnante pontifica, in posizione di potere centrale, e dovrà essere sostituito con lo studio individuale ed a piccoli gruppi, usando materiale concreto ed istruzioni scritte, con l’insegnante che agisce come guida e consigliere>>(DIENES Z.P., Costruiamo la matematica, ED. O.S., FIRENZE, 1962, p. 27.) .

[15] In merito  cfr.: UMBERTO TENUTA, La motivazione ad apprendere, in www.edscuola.it/dida.html

[16] DON MILANI, Lettera a una professoressa, Libreria Editrice Fiorentina ,  2007.

[17] <<soprattutto il corag­gio di non dire e questo è il punto più difficile tutto ciò che sa sulle questioni trattate>>[17](DELESSERT A., Alcuni problemi che interessano la formazione degli insegnanti di matematica, in: SITIA C.(a cura di), La didattica della matematica oggi, PITAGORA, BOLOGNA, 1979, p. 367).

[18] MONTESSORI M., La scoperta del bambino, Garzanti, Milano, 2000.

[19] AGAZZI R., Come intendo il museo didattico, La Scuola, Brescia, 1968

[20] In merito cfr.: BAIR M., WOODWARD R.G., La pratica del team teaching, Loescher, Torino, 1973; SHAPLIN J.T., OLDS H.F., Team teaching. Una nuova organizzazione nel processo educativo, Loescher, Torino, 1973;  TENUTA U., Pluralita’ dei docenti, in www.rivistadidattica.com

Spending review al Miur: poltrone in bilico

da Corriere della Sera

Spending review al Miur: poltrone in bilico

La direzione generale dell’Afam finisce sotto il terzo dipartimento. Snellimento degli uffici scolastici regionali

Valentina Santarpia

La «spending review» avviata dal governo Monti approda anche al ministero dell’Istruzione. Non solo per la revisione e l’efficientamento delle spese, di cui si sta occupando una commissione ad hoc istituita un paio di settimane fa, che sta spulciando costi e sprechi di una macchina ministeriale da 6418 dipendenti. Ma anche attraverso una generale riorganizzazione degli uffici, che sarà improntata su una forte distinzione tra programmazione e welfare dello studente, da una parte, e uno snellimento degli uffici scolastici regionali, dall’altra: è quanto prevede la bozza di un decreto che cambia volto al Miur.

RIORGANIZZAZIONE DEI DIPARTIMENTI – Il primo aspetto che dovrebbe cambiare è quello che riguarda i dipartimenti, che attualmente sono tre  : istruzione, università-Afam e ricerca, e programmazione e gestione delle risorse umane, finanziarie e strumentali. Quest’ultimo è l’unico che mantiene la sua definizione, pur acquisendo nuovi compiti e funzioni: nella futura articolazione (vedi documento allegato), infatti, viene attribuita grande importanza alla digitalizzazione dell’amministrazione e al raccordo con i piani europei per reperire fondi per l’edilizia scolastica. Ma anche all’individuazione di un nuovo modello architettonico di scuola, con particolare attenzione al risparmio energetico: la scuola ecologica diventa una priorità per legge.  Gli altri due dipartimenti saranno- in base a quest’ipotesi- trasformati. Il Dipartimento per l’istruzione diventa Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione, con una direzione generale appositamente dedicata alla valutazione e un capo con il ruolo importantissimo di supervisionare gli ispettori. L’ultimo diventa Dipartimento per la formazione superiore e la ricerca, a cui faranno capo sia l’istruzione universitaria che l’Alta formazione artistica, musicale e coreutica.

POLTRONE IN BILICO – E proprio questa è una delle novità che rischia di sollevare non poche polemiche: perché far ricadere tutta la direzione e il controllo dell’Afam sotto il dipartimento, significherà probabilmente far saltare alcune poltrone, prima fra tutte quella del potentissimo direttore generale, Giorgio Bruno Civello, ribattezzato ironicamente «San Civello» per le sue articolate relazioni. Questo super-dipartimento avrà, attraverso le sue tre direzioni generali, tutta la responsabilità del finanziamento sia del sistema universitario che dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica, e il compito delicatissimo di istituire e accreditare le nuove istituzioni in entrambi i campi.

UFFICI SCOLASTICI REGIONALI – Un vero snellimento poi riguarderà, se questo decreto sarà varato, gli uffici scolastici regionali: attualmente ogni regione ha il suo, mentre il decreto prevede l’accorpamento di alcuni uffici creando gli uffici scolastici interregionali. Una novità che riguarderà quattro casi: Abruzzo e Molise, che avranno un unico ufficio, come Basilicata e Puglia, Friuli Venezia Giulia e Veneto, Marche e Umbria. Gli altri dieci resteranno immutati. Nel caso degli uffici accorpati, la sede sarà stabilita nel capoluogo della regione con il più alto numero di popolazione studentesca.

Legge delega: una polemica fuori luogo ?

da Tecnica della Scuola

Legge delega: una polemica fuori luogo ?
di Reginaldo Palermo
A proposito della legge delega in materia di istruzione I sindacati parlano addirittura di “colpo di mano”, quasi che  Parlamento e Governo stiano andando al di là delle proprie prerogative.
C’è una curiosa idea di democrazia parlamentare, nel nostro Paese. Basta vedere cosa sta accadendo a proposito della proposta di legge delega in materia di istruzione per rendersene conto. I sindacati si sono già schierati contro, praticamente “a prescindere”, senza ancora conoscere con precisione il contenuto della proposta. Ora, bisogna intendersi: la libertà di critica e di dissenso va assolutamente garantita e quindi è legittimo che sindacati, movimenti e chiunque altro manifesti e protesti. Ma c’è un punto che lascia davvero perplessi. I sindacati (non tutti per la verità) stanno parlando di un vero e proprio “colpo di mano” finalizzato a scardinare una volta per tutte il sistema scolastico nazionale. Francamente questa posizione ci sembra piuttosto curiosa. A noi sembra che in una democrazia parlamentare sia del tutto normale che le proposte di legge vengano presentate in parlamento e lì discusse. Se le forze di maggioranza vogliono presentare una legge delega su questo o quell’argomento, devono forse chiedere l’autorizzazione ai sindacati ? Con tutto il rispetto dovuto alle organizzazioni dei lavoratori, ci sembra del tutto evidente che il Parlamento è autonomo  e libero di presentare le proprie proposte; ovviamente i sindacati, per parte loro, sono altrettanto libere di protestare ed eventualmente di organizzare manifestazioni di protesta e quant’altro. Ma parlare di “colpo di mano” ci sembra eccessivo e fuori luogo. Se poi andiamo a leggere le materie di cui si dovrebbe occupare la legge delega, c’è da restare senza parole. Sarebbe un “colpo di mano” pensare ad una revisione delle disposizioni in materia di organi collegiali ? Forse i sindacati dimenticano forse che le norme attualmente in vigore sono esattamente quelle del 1974 che erano già vecchie allora. C’è poi la questione, delicata e complessa, dello stato giuridico del personale che – per la verità – neppure le norme sulla privatizzazioni del rapporto di pubblico impiego hanno mai demandato in toto alla contrattazione nazionale. Forse una lettura/rilettura della legge delega 421 del 1992 potrebbe servire a dirimere più di un dubbio. Senza dimentica che, piaccia o non piaccia, il decreto 150/2009 e la legge delega da cui esso aveva avuto origine (la n.15/09) hanno modificato in qualche misura il rapporto fra legge e contratto.

Cari Giudici della Corte Costituzionale, insegnare logora

da Tecnica della Scuola

Cari Giudici della Corte Costituzionale, insegnare logora
Kiara Farigu, fra i fondatori e dirigente del Comitato civico “Quota 96”, si rivolge ai Giudici della Corte Costituzionale, che il 19 novembre prossimo dovranno esprimersi sulla costituzionalità della Legge Fornero sulle pensioni
Cari Giudici della Corte Costituzionale, consentitemi, con questa mia voce, di far giungere un pensiero di solidarietà, di vicinanza e di affetto alla docente D. D. che il 19 novembre p.v., in merito al verdetto che andrete ad emettere, si vedrà cambiare il proprio futuro. Vi chiederete il perché di questo mio pensiero. È molto semplice. Anch’io, come altri 3975 lavoratori della conoscenza, il 19 novembre rimarrò col fiato sospeso, in apnea, in attesa di sapere se la riforma previdenziale targata Fornero contenga elementi di incostituzionalità, come ha ravvisato il coraggioso Giudice del Lavoro di Siena che ha demandato a Voi l’arduo compito di pronunciarvi in merito. Non conosco personalmente la collega, non l’ho mai vista, ma posso indovinarne il dolore, la rabbia, la delusione, l’impotenza per essersi vista sconvolta, nel giro di poche ore, senza alcun preavviso, tutti i suoi progetti di vita a causa di un’ennesima riforma previdenziale varata in gran fretta e che, alla fine di dicembre del 2011, è stata calata dall’alto come una sinistra mannaia, allungandole di 5/7 anni l’attività lavorativa proprio quando era in procinto di presentare domanda di quiescenza. Già da ben quattro mesi, infatti, l’insegnante stava ultimando la maturazione dei requisiti richiesti, la famosa «quota 96». Il crudele e ingiusto stravolgimento delle regole è avvenuto in corso d’opera, ad anno scolastico iniziato, disconoscendo tutte le normative preesistenti che stabilivano LA SPECIFICITÀ lavorativa del Comparto Scuola, che avviene per anno scolastico e non per anno solare, mentre l’unica finestra di uscita, fissata per la scuola dalla legge 449/1997 e dal D.P.R. 351/1998, coincide con il 1 settembre di ogni anno, al fine di garantire la continuità didattica agli alunni/studenti. Non mi addentro nei meandri giuridici poiché tutti gli articoli di legge, commi e codicilli vari della normativa di riferimento sono stati egregiamente trattati e messi agli atti dal G.d.L. di Siena. Vorrei solo, cari Giudici, riportare una recente dichiarazione della ministra Carrozza, a sostegno della sofferenza della collega: «Il mestiere dell’insegnante è usurante, ma ora abbiamo leggi che dobbiamo rispettare. Certo, è necessario rimediare ai guasti che abbiamo fatto come quelli, i cosiddetti ‘QUOTA 96’, che non sono riusciti ad andare in pensione». Ha ragione la Ministra, noi abbiamo delle leggi che dobbiamo rispettare. Ma le dobbiamo rispettare TUTTE, non solo quelle ultime che ne hanno impedito il pensionamento e, se posso, anche le precedenti tuttora in vigore e mai abrogate a garanzia della SPECIFICITÀ della scuola con le relative regole di pensionamento, differenti dal resto della Pubblica Amministrazione. Sono certa che la collega continua a tremare. Vorrei stringerle le mani, che immagino gelate, e calmare il suo respiro sempre più affannoso «Stai serena», le vorrei dire, «ti trovi nel posto giusto, nel Tempio della Giustizia, e Loro ne sono i difensori, i custodi, i Templari, sono coloro che bandiscono da quest’aula austera, tutto ciò che è estraneo alla Giustizia e che potrebbe contaminarla come i pregiudizi di ideologia politica, le motivazioni economiche o di qualsiasi altra natura; qui il livello è alto, non subirai altri rinvii, non ti sentirai dire il solito ritornello sulle competenze dei vari tribunali italiani»… «No, cara collega, tutto questo appartiene al passato, oggi da qui tu tornerai a casa con la tua sentenza in tasca e, se ha ancora un significato la frase che troneggia lassù “LA GIUSTIZIA È UGUALE PER TUTTI”, otterrai il giusto riconoscimento al tuo diritto violato e potrai andar fiera di aver sempre insegnato ai tuoi allievi a rispettare le istituzioni, le sue leggi, la Giustizia che deve essere sempre al di sopra di tutto. Se tutto questo il 19 p.v. accadrà, come mi auguro accada, ti riapproprierai della tua vita, come è giusto che sia, dopo aver contribuito per quattro decenni all’educazione di diverse generazioni di studenti». «Darai vita ai tuoi nuovi progetti, ti dedicherai ai tuoi affetti, ti prenderai cura della tua salute e finalmente potrai respirare senza quell’affanno che ti ha schiacciato il petto in questi due lunghi anni. E noi, gli altri 3975, insieme a te, come te». Ringrazio il Giudice di Siena che ha stabilito che a fare chiarezza in questa complessa situazione e soprattutto a riportare Giustizia sia l’organo supremo della magistratura, i cui Giudici, in tutta coscienza e giustezza, sapranno applicare il diritto di riferimento, Diritto che tanto tenacemente difendono sul convincimento del «FIAT JUSTITIA ET RUAT COELUM». Che la Giustizia possa trionfare, sempre!

Kiara Farigu

Docenti scuola primaria, formazione lingua inglese

da Tecnica della Scuola

Docenti scuola primaria, formazione lingua inglese
di P.A.
Il MIUR ha emanato la nota 12335 del 14.11.2013 relativa all’organizzazione dei corsi di formazione per lo sviluppo delle competenze linguistico-comunicative e metodologico-didattiche degli insegnanti di scuola primaria
Pubblichiamo la nota della CislScuola che segnale il calendario degli adempimenti definito nella nota prevede come data ultima per l’inizio dei corsi il prossimo 16 dicembre. Quanto alla partecipazione si evidenzia che: in caso di richieste superiori alla capienza dei corsi, la scelta dei destinatari sarà effettuata dai Dirigenti delle singole scuole interessate secondo criteri definiti a livello regionale e che a titolo esemplificativo sono suggeriti nella nota stessa; la partecipazione ai corsi è volontaria (i docenti iscritti saranno tenuti alla frequenza); i docenti neo-assunti non in possesso delle necessarie competenze linguistiche sono obbligati alla frequenza dei corsi, come previsto dal contratto di lavoro

Controllo automatico presenza: non c’è obbligo per i docenti

da Tecnica della Scuola

Controllo automatico presenza: non c’è obbligo per i docenti
di Lucio Ficara
Lo stabilisce una vecchia circolare della FP anche se in diverse scuole dirigenti scolastici e consigli di istituto hanno disposto l’installazione dei rilevatori di presenza mediante badge
Partiamo con il dire che la puntualità e il rispetto delle norme contrattuali, sono doverose per tutto il personale scolastico, ed in particolar modo per i docenti che, essendo degli educatori, dovrebbero dare l’esempio di serietà e di correttezza. Tuttavia bisogna dire che l’eventuale imposizione, da parte del dirigente scolastico, dell’uso del badge, per rilevare la puntualità dell’arrivo a scuola e dell’uscita da scuola del docente è illegittima. Per alcuni dirigenti scolastici, il controllo della puntualità dei docenti nell’entrata a scuola ed alcune volte anche dell’uscita da scuola, è un vero e proprio problema che non riescono a contenere. Eppure il contratto è chiaro soprattutto per l’orario di entrata e quello di uscita. Infatti all’art. 29 comma 5 ha disposto che i docenti, per assicurare l’accoglienza e la vigilanza degli alunni, sono tenuti a trovarsi in classe 5 minuti prima dell’inizio delle lezioni e ad assistere all’uscita degli alunni medesimi. Nonostante la suddetta norma contrattuale, sono pochi i docenti che la rispettano e a volte capita anche che i docenti incuranti dei loro doveri, ritardino oltre il suono della campanella l’accesso in classe. Vista la frequenza di certi comportamenti, alcuni dirigenti, stanchi di fare la posta davanti al portone della scuola o in aula insegnanti, incorrendo nel rischio di diventare antipatici, hanno stabilito, con il benestare del consiglio d’istituto, di utilizzare, anche per i docenti, così come avviene per il personale Ata, il badge, in modo da avere il riscontro orario di chi arriva in ritardo oppure esce in anticipo rispetto al suono della campanella. C’è da dire che l’obbligo del badge per rilevare gli orari di entrata e di uscita dei docenti è contrario ad una circolare ministeriale della funzione pubblica, che esclude il comparto scuola, limitatamente al personale docente, dai controlli di tipo automatizzato. La circolare in questione è la circolare n. 4797/92 della Funzione Pubblica, che esclude nello specifico il corpo insegnante della scuola dai controlli dell’orario di servizio utilizzando meccanismi automatizzati come il badge. Inoltre è opportuno ricordare che esiste anche un decreto del ministero dell’istruzione, precisamente si tratta del decreto n. 1707/04 , che, relazionando su un ricorso di natura gerarchica, specifica che il docente inosservante dell’obbligo di utilizzare il badge imposto con ordine di servizio dal dirigente scolastico, non può essere sanzionato. É importante aggiungere che, anche il Cnpi, quando era nel pieno delle sue funzioni, aveva espresso lo stesso parere evidenziato nel su citato decreto del Miur. Si può concludere che al momento non esiste una norma di legge o contrattuale, che obblighi il docente ad utilizzare il badge per rilevare la sua entrata in servizio o la sua uscita, l’unico obbligo del docente, per attestare la sua presenza è la firma sul registro di classe. Una soluzione al problema potrebbe arrivare dai registri elettronici che avrebbero la funzione anche di rilevare l’orario preciso in cui il docente deposita la sua presenza. In buona sostanza l’obbligo dell’uso del registro elettronico dovrebbe contemporaneamente garantire l’orario di arrivo del docente in classe. Ma forse, visto come sta procedendo in molte scuole l’utilizzo del registro elettronico, la soluzione al problema del controllo della presenza in classe dei docenti resterà insoluta.

Istituti tecnici, la Carrozza studia la riforma: si parte dal nuovo orario

da Repubblica.it

Istituti tecnici, la Carrozza studia la riforma: si parte dal nuovo orario

UNA DELLE RIFORME sul  tavolo del ministro della Pubblica istruzione è quella degli istituti tecnici (e  professionali). Sono una dorsale fondamentale dell’istruzione italiana ed  europea, garantendo si tempi della crisi un legame diretto tra i luoghi della  formazione e i luoghi del lavoro. L’esempio, per tutti, è la Germania, dove i ‘tecnici’ sono da sempre curati e finanziati e diplomano ragazzi che al primo  impiego possono guadagnare – non è infrequente – stipendi superiori ai duemila  euro.   In Italia la strada è  chiara, dai tempi della Gelmini: gli istituti tecnici e professionali, troppo  spesso immaginati come scuole per radunare i ragazzi della classe proletaria che  non volevano studiare, devono tornare al centro del sistema istruzione. La  struttura produttiva del Paese – la diffusione capillare di piccole-medie  imprese sul territorio – ha bisogno di giovani periti industriali, agronomi, ma  anche ragionieri e geometri preparati. I ministri Profumo e Carrozza hanno  continuato, nelle dichiarazioni di intenti, su questo solco.   Il ministero sotto Maria  Chiara Carrozza sta articolando una riforma che, come primo passo, deve  rimuovere le ridondanze e i vuoti (entrambi) creati dalla riforma Gelmini. Con  la Gelmini si è ridisegnato il quadro orario degli istituti tecnici nel nome dei  tagli alla spesa riducendo drasticamente le ore di materie di indirizzo e  inserendo nell’organico un numero elevato di insegnanti tecnici “in compresenza”  che, in alcuni istituti, semplicemente non servono. Fanno solo lievitare i  costi.
Un esempio, segnalato dagli stessi docenti. Nel corso Costruzioni,  territorio, ambiente (ex geometri) sono previsti insegnanti in compresenza per  informatica, fisica, chimica, tecniche di rappresentazione grafica, estimo,  tecnologia delle costruzioni e impianti, topografia. Bene, il risultato è quello  di avere in classe un docente laureato che continua a fare il lavoro che ha  sempre fatto e un docente tecnico che sta a guardare. Questa sovrapposizione  negli anni si è rivelata inutile e ha sottratto risorse ai corsi di  aggiornamento, per le discipline tecniche fondamentali, e all’acquisto di  strumentazione tecnica adeguata.   Sempre l’area geometri  (oggi Istituto tecnico costruzioni ambiente territorio) ha visto tagliare i  rudimenti di giurisprudenza, quando un geometra dovrà vivere quotidianamente  immerso nel codice civile e tra i regolamenti degli enti locali. Anche gli ex  istituti alberghieri (ora enogastronomia) hanno perso l’insegnamento delle  discipline giuridiche nel triennio.   Da qui, dalla rimozione  degli ostacoli, dalla rimodulazione delle materie settimanali, una buona riforma  della scuola tecnica e professionale deve  ripartire.
La portavoce del ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza ha precisato che all’ordine del giorno del ministro non c’è la riforma degli istituti tecnici e professionali.

Legge di stabilità: il ddl Carrozza e le larghe intese contro la democrazia scolastica

da Il Fatto Quotidiano

Legge di stabilità: il ddl Carrozza e le larghe intese contro la democrazia scolastica

di Marina Boscaino

Un paio di giorni fa è circolata la purtroppo credibile notizia che, durante il Consiglio dei Ministri della scorsa settimana, sarebbe stata rinviata l’approvazione di un incredibile disegno di legge sulla scuola, a causa della sua complessità. Il provvedimento aggredisce non solo alcuni punti fondamentali per la scuola – stato giuridico, salari, riforma degli organi collegiali – ma al tempo stesso alcuni tra i temi più caldi e più dibattuti degli ultimi anni. Il provvedimento dovrebbe essere presentato – nelle previsioni del governo – come collegato alla legge di Stabilità; vale a dire in cavalleria, senza dibattito parlamentare e senza particolare informazione delle parti interessate: lavoratori della scuola, studenti, famiglie.

Oggi abbiamo in mano il testo. Ed è molto peggio di quanto potessimo immaginare. Si tratta di una vera e propria delega in bianco al governo di ciò che si vorrà fare della scuole nei prossimi anni. Si tratta di un documento di evidente estrazione burocratica: i brontosauri del Miur, gli uomini ottimi per ogni stagione, quelli che si sono riciclati governo dopo governo, avevano forse premura di approfittare dell’evidente disinformazione di un ministro che con la scuola non ha mai avuto a che fare, e che non fa mistero di ciò. Le hanno proposto dunque un testo e una procedura che si configurano come un  vero e proprio golpe, interpretando in modo fedele l’idea aziendalistica fortemente sostenuta dal Pd a tutti i livelli.

Questi i temi, come enumerati dal testo:

1) riforma organica del reclutamento del personale docente, che garantisca la tutela delle diversa categorie di soggetti abilitati, mantenga l’equilibrio tra le assunzioni per concorso e gli scorrimenti di graduatoria, fermo restando il rigoroso rispetto del principio del merito, e consenta lo smaltimento del precariato, anche attraverso il ricorso al corso-concorso per l’accesso all’insegnamento presso le istituzioni scolastiche;

2) organi collegiali della scuola, con mantenimento delle sole funzioni consultive e superamento di quelle in materia di stato giuridico del personale e di quelle rientranti nelle materia di competenza regionale;

3) reti di scuole, con la definizione dei compiti, degli incentivi e delle forme di coordinamento;

4) procedimenti relativi allo stato giuridico e al trattamento economico del personale della scuola, con il superamento delle disparità di trattamento e la precisa definizione dei rapporti tra le diverse fonti di disciplina pubblicistica e negoziale;

5) contabilità delle istituzioni scolastiche;

6) disciplina giuridica degli altri soggetti riconosciuti dall’ordinamento vigente in materia di istruzione e formazione;

7) organizzazione delle istituzioni dell’Alta formazione artistica, musicale e coreutica e stato giuridico del relativo personale docente.

Non voglio soffermarmi qui sugli altri punti di questo progetto, ricordando tuttavia che il blocco di salari e contratti verrà confermato dalla stessa legge di Stabilità. Ciò che mi interessa soprattutto sottolineare è la spregiudicata ed impudica determinazione di riproporre – in chiave nemmeno tanto edulcorata – l’indecenza della Aprea Ghizzoni, se solo si legga il passaggio destinato agli organi collegiali: 2) organi collegiali della scuola, con mantenimento delle sole funzioni consultive e superamento di quelle in materia di stato giuridico del personale e di quelle rientranti nelle materia di competenza regionale.

Ridurre le attuali funzioni a “consultive” significa esautorare tutti gli organi collegiali della scuola di qualsivoglia potere; e convogliare ogni facoltà decisionale su qualsiasi materia nelle mani del solo dirigente scolastico e della linea di comando a cui il medesimo fa riferimento. Vuol dire determinare in maniera oggettiva ed irreversibile la frantumazione dell’unitarietà del sistema scolastico nazionale, individuando tanti stili, tante condotte, tante modalità quanti sono gli istituti scolastici. Vuol dire aver intercettato e strumentalizzare in maniera manipolatoria ed irresponsabile la crisi identitaria della classe docente nel nostro Paese, inaugurando l’inizio di una deriva (contraria all’interesse generale) che molti insegnanti – demotivati, delusi, incompetenti o civicamente inerti – asseconderebbero volentieri.

Vuol dire aprire porte e finestre a qualsiasi incursione di interessi particolari all’interno degli istituti, con conseguenti condizionamenti, consegnando definitivamente la scuola a una prospettiva di subalternità alle esigenze di un mercato e di un mercato del lavoro che vogliono che siano “sfornati” soggetti incapaci di prestare attenzione ai propri diritti. Vuol dire destituire di qualsiasi credibilità il senso dell’autonomia scolastica costituzionalmente disegnata, che dovrebbe coincidere con la libertà di insegnamento. Vuol dire, insomma, eliminare qualsiasi spazio di democrazia e di partecipazione all’interno della scuola, privandola per sempre di pensiero divergente, pluralismo, laicità. Privare, cioè, la scuola dello Stato della scuola della Costituzione, della scuola della Repubblica.

Lacrime di coccodrillo stanno già circolando in rete. Si ricorda, per chi avesse la memoria corta o fosse stato semplicemente poco attento, che il 16 dicembre dello scorso anno il Coordinamento Nazionale per la Scuola della Costituzione ha presentato un articolato alternativo alla Aprea Ghizzoni, che la gran parte del mondo della scuola e del mondo politico non hanno ritenuto di considerare, forse ingenuamente pensando che fosse bastata la mobilitazione (in condizioni preelettorali) contro le 24 ore e il Pdl 953 per riportare tutti a più miti consigli.

Evidentemente non è stato così.