PAS e TFA SOSTEGNO

PAS e TFA SOSTEGNO – Tutti i corsisti hanno diritto ad usufruire delle 150 ore: Usr e Atp se ne facciano una ragione!

 

Anief continua a raccogliere lamentele per la negazione delle ore di diritto allo studio da parte degli uffici scolastici periferici che le dovrebbero accordare. In molti casi, gli Ambiti territoriali sostengono, a torto, che i tempi per la presentazione delle domande sono ampiamente scaduti.

 

I docenti precari hanno pieno diritto a svolgere i corsi PAS e i TFA Sostegno senza licenziarsi, quindi continuando ad insegnare: pertanto gli Uffici scolastici regionali e gli Ambiti territoriali provinciali debbono dare seguito alla Nota Miur n. 12685, del 25 novembre 2013, attraverso cui Viale Trastevere ha chiesto loro di prorogare il termine di scadenza “a favore di coloro che parteciperanno ai percorsi abilitanti speciali (indetti con D.D.G. 25 luglio 2013 n. 58) di imminente attivazione. Pertanto le SS.LL., in concomitanza con l’inizio dei i corsi, vorranno adottare ogni iniziativa utile a favorirne la frequenza da parte dei docenti in servizio con contratti a tempo determinato”.

 

Nella stessa nota del Ministero dell’Istruzione specificava che “in previsione dell’elevato numero di richieste, si ritiene opportuno che, per ogni beneficiario che non sia ammesso a fruire del massimo delle ore assegnabili, il monte ore residuo debba essere redistribuito in modo da poter garantire la fruizione dei permessi al più alto numero possibile di abilitandi”. In sostanza, con questa nota il Miur ha confermato che le ore per la frequenza dei PAS non si possono negare: al massimo si può prevederne una riduzione. Le indicazioni ministeriali, inoltre, sono state confermate ai sindacati a fine gennaio dal direttore generale Luciano Chiappetta, il quale ha dichiarato che “tale diritto verrà esteso a tutti i partecipanti, svincolandoli dal rispetto del previsto 3%, in quanto è interesse dell’Amministrazione professionalizzare i partecipanti”.

 

Malgrado le indicazioni del Miur fossero chiarissime è curioso che ad oggi non sia stata ancora emanata una Circolare in merito. Il risultato è che in diverse province le procedure indicate non sono state attuate: al sindacato continuano infatti a pervenire lamentele per la negazione delle ore di diritto allo studio da parte degli uffici scolastici periferici che le dovrebbero accordare. Soprattutto in questi ultimi giorni, duranti i quali stanno prendendo il via i TFA Sostegno. In molti casi, gli Ambiti territoriali sostengono, a torto, che i tempi per la presentazione delle domande sono ampiamente scaduti.

 

Ma un candidato ammesso ai corsi a dicembre o gennaio, chiede oggi il sindacato, come avrebbe potuto presentare la domanda di accesso alle 150 ore a novembre? Anief, pertanto, torna a chiedere all’amministrazione scolastica di garantire il diritto allo studio a tutti i docenti iscritti ai corsi PAS. E invita tutti gli ammessi ai corsi, privati illegittimamente dei permessi – indispensabili per frequentare le lezioni, i laboratori e svolgere le verifiche intermedie e finali -, a denunciare al sindacato le situazioni di illegittima negazione dei permessi per agevolare il diritto allo studio.

 

Anief, infine, invita le scuole, anche secondarie superiori, a nominare i supplenti dei docenti che saranno impegnati nei corsi PAS: il sindacato è infatti venuto a conoscenza di dirigenti che avrebbero intenzione di effettuare cambio di orario settimanale o accorpare le classi prive dell’insegnante. Tali comportamenti sarebbero lesivi della continuità didattica e del diritto allo studio. Oltre che del buon senso.

 

Chi è interessato a ricorrere contro la mancata concessione delle 150 ore di permesso studio può scrivere a dirittostudio.pas@anief.net, indicando nella mail cognome e nome, recapiti telefonici e mail, regione in cui si frequentano i PAS.

Trucca trucca la maestra

TRUCCA TRUCCA LA MAESTRA

di Umberto Tenuta

La giovane maestra trucca i suoi bambini. 
Tanto, per il Carnevale ogni scherzo vale! 
Ma non è uno scherzo quello della sempre giovane maestra. 
Non è uno scherzo.
È un gioco.
Un gioco serio al pari di un lavoro, direbbe Giovanni Pascoli. 
Il gioco della scuola che sognava nientepopodimeno che Platone: i bambini debbono apprendere come in un gioco.
Il gioco di Icaro che si incolla le ali alle braccia e vola incontro al sole, e ieri cade nel mare, e oggi solca gli oceani.
Il gioco dell’uomo che si avventura in oceani sconosciuti per andare all’Oriente per le vie dell’Occidente.
Il gioco di Prometeo che ruba nottetempo il fuoco agli dei per regalarlo agli uomini, fratelli suoi, non importa poi se questo gesto pagherà legato alla rupe ove gli avvoltoi gli beccano il fegato. 
Il gioco di Dante che si avventura con la sola guida del maestro Virgilio per i tre regni dell’Inferno, del Purgatorio e del Paradiso.
Il gioco di Galileo Galilei che paga con la cecità il suo guardo al cielo. 
Il gioco di Marconi che da Genova preme un solo bottone e tremila lampadine si accendono a Sydney. 
Il gioco di tutti i grandi scienziati, di tutti i grandi poeti, di tutti i grandi uomini, di tutti i grandi Francesco.
Il gioco di ogni sempre giovane maestra che trucca i suoi alunni per la festa della scoperta della lettura, della scoperta della scrittura posizionale dei numeri, il gioco di andare su e giù lungo il cammino del millenni, il gioco di esplorare i mari, gli oceani, le terre, le stelle…
O quanti giochi ai suoi bimbi la giovane maestra fa fare con il suo gioco del trucco a Carnevale!
Ma non è una perdita di tempo −e non rischia una censura dal suo dirigente scolastico− il gioco del trucco dell’apprendere come in un gioco, quella della giovane amorosa maestra, alla quale solo qui, in questa pagina digitale, noi appuntiamo al petto la medaglia al valore, la medaglia che già fu di Socrate, di Platone e di Aristotele, il gioco che già fu di Virgilio, maestro di Dante, che già fu…. di Cristo, il più grande maestro di tutti i millenni, il Maestro dell’amore fraterno, il Maestro dell’amore paterno?
Grazie, o maestra del trucco, grazie di questo gioco che tu hai insegnato a noi, tutti tuoi amorevoli discepoli!
Grazie ti diciamo anche per conto di tutte le sempre giovani maestre che il tuo gioco ogni mattina consentono ai loro studenti per scoprire, inventare, costruire le loro conoscenze, le loro competenze, le loro virtù.
E grazie ancora, perché tu non hai fatto solo il gioco del trucco a Carnevale, ma hai detto sottovoce alle tue care colleghe che ogni cosa grande e bella si apprende come in un gioco e che la scuola è la casa del gioco, quella che il grande Vittorino da Feltre chiamava CA’ ZOIOSA!

Concorso Dirigenti scolastici Toscana: urge una soluzione al ‘pasticciaccio’

Concorso Dirigenti scolastici Toscana: urge una soluzione al ‘pasticciaccio’

Ancora un’altra disastrosa conseguenza delle lacune di impostazione e delle pessime esperienze di gestione di quello che si è rivelato il peggiore concorso per dirigenti scolastici della storia dello Stato italiano.  L’annullamento delle prove concorsuali stabilito dal Consiglio di Stato il 3 marzo scorso ha come conseguenza l’annullamento di parte delle prove scritte e dei colloqui. I 106 dirigenti scolastici già in servizio, in quanto dichiarati vincitori del concorso, si vedono invalidato un contratto sottoscritto.
A pagarne le conseguenze, come accaduto in Lombardia, Abruzzo, Campania (e a suo tempo Sicilia) sono ancora una volta, con i 106 presidi, le comunità scolastiche con loro coinvolte,  private di una direzione scolastica certa, fondata, efficace e continuativa, a causa di una gestione poco qualificante delle procedure concorsuali da parte della Pubblica amministrazione.
C’è da augurarsi che la stessa Amministrazione pubblica provveda, a questo punto, ad individuare una soluzione politico-amministrativa al caso Toscana ispirata a tempestività, saggezza e correttezza formale, eventualmente seguendo la strada intrapresa per il concorso dirigenti in Sicilia.  Come chiesto da altri, occorre un provvedimento d’urgenza che salvi gli effetti giuridici degli atti compiuti finora dai dirigenti toscani interessati e stabilisca la loro permanenza pro tempore nell’incarico fino al compiuto rinnovamento delle prove concorsuali.
Di.S.A.L,, che ha seguito fin dagli inizi lo svolgersi di analoghe vicende concorsuali ripetutesi, purtroppo, in diverse regioni, vuole far sentire la propria solidarietà a colleghi toscani che,  senza averne responsabilità, subiscono i danni di questo caos amministrativo, ma farà di tutto per far presente ai responsabili dell’Amministrazione e della politica scolastica l’urgenza di una soluzione che salvaguardi, con tempestività e correttezza, gli interessi dei dirigenti implicati e del diritto delle comunità scolastiche ad una direzione efficace e continuativa.

DOCENTE SOSPESA PER 10 GIORNI: CONDANNATA DIRIGENTE SCOLASTICA

DOCENTE SOSPESA PER 10 GIORNI: CONDANNATA DIRIGENTE SCOLASTICA

Dirigente scolastico condannata per aver sospeso dal servizio una docente “colpevole” di essersi opposta alla sospensione di un alunno. A dichiarare nulla la sanzione disciplinare di 10 giorni inflitta all’insegnante di un istituto superiore lucano è stato il tribunale di Potenza con una sentenza emessa il 4 marzo scorso. La docente era stata ingiustamente “punita” perché durante un consiglio di classe, quindi nel pieno esercizio delle sue funzioni istituzionali, aveva espresso un’opinione diversa da quella della dirigente scolastica. Il giudice del lavoro, accogliendo il ricorso presentato dall’insegnante, ha decretato nulla la sanzione disciplinare e ha disposto il pagamento dello stipendio e dei contributi previdenziali sottratti alla docente durante i dieci giorni di sospensione.

“Il provvedimento disciplinare esercitato dalla dirigente – si legge nella sentenza – risulta in aperto contrasto con i principi fondamentali stabiliti dall’articolo 7 dello Statuto dei lavoratori”. E ancora, nelle conclusioni: “Non appare sufficientemente specificata la fonte normativa del potere disciplinare esercitato e appare evidente che quest’ultimo sia stato esercitato al di fuori delle norme che avrebbero dovuto trovare applicazione”.

“Dopo la riforma Brunetta – afferma Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti – l’abuso delle sanzioni disciplinari sta diventando un problema sempre più diffuso ma purtroppo ignorato dal ministero dell’Istruzione e dagli uffici scolastici territoriali. Sarebbe bene che il ministro Giannini, prima di ampliare i poteri dei dirigenti, si informasse sulla reale situazione delle scuole”.

INIDONEI E PRECARI ATA

INIDONEI E PRECARI ATA

Ulteriore vittoria COBAS sbloccati i posti per Assistenti Amministrativi e Tecnici

Grazie alla mobilitazione congiunta dei docenti inidonei e dei precari amministrativi e tecnici messa in campo dai COBAS si sono sbloccati circa 3.550  posti per gli ATA

Sappiamo che le OOSS stanno cercando di rivendicare come propria  la vittoria ottenuta, ma i lavoratori e lavoratrici sanno bene chi è stato in piazza in questi due anni con loro, per affermare il diritto a permanere sul proprio posto e a rigettare l’obbligo di passare in modo ‘coatto’ nelle segreterie delle scuole o sui posti degli assistenti tecnici. La vittoria è tutta di coloro  che sono stati in piazza riunificando le lotte dei precari amministrativi e tecnici con quelle dei docenti ‘ idonei ad altri compiti’ e, quindi, di tutti i lavoratori e lavoratrici, ” inidonei” e ATA che hanno rifiutato il principio del ‘ divide et impera’,esempio per tutti coloro che in questi anni sono scesi in piazza al nostro fianco e che hanno attivato mobilitazioni tese a riunificare e non a dividere, appunto, i lavoratori/trici tra loro.

Ma questo non ci basta:

– i precari amministrativi e tecnici rivendicano tutti i posti a loro dovuti sin dal blocco del 2012/2013 e chiedono chiarimenti sui posti dovuti per pensionamento e su quelli dovuti relativamente allo sblocco dei posti dei colleghi ” idonei ad altri compiti”

– i docenti ” idonei ad altri compiti” chiedono il ritiro della mobilità intercompartimentale obbligatoria, ultima  vergogna da cancellare per la stessa salvezza del patrimonio delle Biblioteche scolastiche e dei laboratori didattici, che verrebbero definitivamente chiusi.

Non si capisce per quale motivo, infatti, dopo il superamento della spending del Governo Monti e l’abrogazione del previsto passaggio coatto degli “idonei ad altri compiti” nei profili amministrativi e tecnici, vera e propria ‘deportazione’ di sapore nazista, ancora si sostenga la necessità  della deportazione degli inidonei in altri comparti della pubblica amministrazione.

Il risparmio, si dice, è determinato dall’utilizzo degli inidonei in comparti  che lamentano la mancanza di organico e sui quali si potrebbero utilizzare gli inidonei. Ma, si chiedono gli inidonei, se anche il comparto scuola è sotto organico e  gli inidonei supportano le relative carenze, occupando i posti nelle biblioteche e nei laboratori ( oltre che ad essere utilizzati come supporto e ampliamento dell’offerta formativa), per quale motivo i docenti inidonei non possono rimanere nel proprio posto di lavoro, sul quale si dovrebbe utilizzare altro personale, con relativa spesa?

Per questi motivi precari ATA e docenti Inidonei si ritroveranno nel Convegno CESP di giovedì 13 marzo nella  sede  di Viale Manzoni, 55,  dalle ore 9 alle ore 14 e, dalle 12 saranno  sulle scalinate de MUR, per chiedere un incontro con    il ministro Giannini, che hanno già conosciuto nel luglio del 2013, quando son stati ricevuti dal Presidente del senato Grasso e che , sperano di poter incontrare nuovamente.

Anna Grazia Stammati

( esecutivo cobas-presidente cesp)

SI FACCIA LUCE SUL CONCORSO LOMBARDO PER PRESIDI

LUIGI GALLO M5S: SI FACCIA LUCE SUL CONCORSO LOMBARDO PER PRESIDI CHE DURA DA TRE ANNI

 

ROMA, 06 mar – Presentata  interrogazione al ministro dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca da parte di Luigi Gallo, cittadino portavoce del MoVimento 5 Stelle alla Camera per “far luce, anche attraverso ispezione ministeriale, sulla esecuzione del concorso per Dirigenti Scolastici della Regione Lombardia”.

I risultati del concorso per dirigenti scolastici in Lombardia sono stati messi in discussione da una sentenza del Consiglio di Stato che ha accolto il ricorso di una parte dei candidati bocciati che si sono appellati alla possibile violazione del diritto di anonimato data la trasparenza delle buste usate per raccogliere i compiti che se viste in controluce avrebbero permesso di individuare i nomi dei candidati. Si è quindi proceduto a ricostituire i plichi con le prove scritte e far correggere le stesse da una nuova commissione.

A dicembre del 2013 sono usciti i risultati della seconda correzione, che ha visto la nascita di una nuova graduatoria che ha salvato un certo numero di bocciati dalla precedente commissione ed allo stesso tempo non ha riconfermato ben 96 candidati dei vecchi promossi. E proprio questi ultimi che hanno fatto partire una nuova battaglia legale contestando questa volta non solo l’anonimato degli elaborati, ma i nuovi criteri di valutazione adottati dalla nuova commissione che ha permesso il ribaltamento di diverse posizioni.

Dato che il giorno 7 marzo 2014 è prevista la firma del contratto di lavoro per i nuovi Dirigenti Scolastici e la presa di servizio è prevista per il 10 marzo 2014, in questa interrogazione il deputato Gallo chiede “se non sia opportuno per districare la vicenda e per garantire la continuità delle esigenze scolastiche in corso d’opera che la presa di servizio dei nuovi dirigenti avvenga contestualmente all’inizio del nuovo anno scolastico”.

Se i bimbi cantano il culto di Matteo

da la Repubblica

Se i bimbi cantano il culto di Matteo

A Siracusa dunque non c’è stata la manipolazione sordida tipica dei regimi ma la paideia,il tentativo di ridurre i bambini a protesi ornamentale, di formarli alla piaggeria e all’adulazione

Francesco Merlo

Diciamolo più chiaro: se fosse stato ancora lo stesso che, appena eletto segretario, scelse come inno “Resta ribelle” dei Negrita, Renzi avrebbe certamente intonato «prendi una chitarra e qualche dose di follia / come una mitraglia sputa fuoco e poesia». E, con l’incitamento a contestare e a irridere i maestri, avrebbe coperto quei miagolii che dai maestri erano stati imposti: «Presidente Renzi, da oggi in poi / ovunque vai, non scordarti di noi». Non l’ha fatto e l’Italia intera lo ha visto ubriaco di lusinghe. Ha cominciato ad abbracciare tutti e «Facebook non vale un abbraccio » ha detto, e pensate quanto sarebbe stato renzianamente bello sentirgli invece dire: «Disobbedite, se volete il mio abbraccio». Anche quel vezzo stucchevole di farsi chiamare Matteo più che da sindaco d’Italia sta diventando un tic da televisivo, non statista in versione Vasco Rossi ma imbonitore in formato Antonella Clerici, quella di “Ti lascio una canzone” che è appunto la fiera del bambino da salotto, tutto moine e mossette, che nessuno, soprattutto a sinistra, vorrebbe avere per figlio. C’era in più, in quella filastrocca cortigiana, anche il tentativo del glamour, con il clap and jump, e persino con il blues, la disposizione in semicerchio, il gioco perverso di regolare gli evviva e gli applausi, la fatica ruffiana di tradurre e adattare un testo inglese. Tutto questo per aggiungere charme al solito immaginario canoro degli italiani: una spruzzatina del Sanremo di Fabio Fazio sui bimbi- scimmiette del Mago Zurlì. Ecco il punto: Renzi ha tutto il diritto di girare le scuole d’Italia, se è questa la sua cifra di politica popolare, ma per cambiarle, come aveva promesso, e non per degradarle a serbatoi delle sue majorettes. Capisco che qui è facile il paragone con l’uso dei bambini nei totalitarismi, sul quale infatti si è banalmente esibito Beppe Grillo: i figli della lupa, gli avanguardisti della ventisettesima legione che salutavano il duce intonando “Giovinezza”, oppure “i battaglioni della speranza”, ragazzini dai dodici a quattordici anni che cantavano nelle parate dell’Est europeo. La verità è che anche in democrazia troppo si abusa dei giovanissimi, perché fa un sacco bello lasciare che i bambini vengano a noi e, come ha scritto Milan Kundera, “nessuno lo sa meglio degli uomini politici: quando c’è in giro una macchina fotografica si precipitano verso il bambino più vicino per sollevarlo in aria e baciarlo sulla guancia”. A Siracusa dunque non c’è stata la manipolazione sordida tipica dei regimi ma la paideia,il tentativo di ridurre i bambini a protesi ornamentale, di formarli alla piaggeria e all’adulazione: “non insegnate ai bambini la vostra morale /è così stanca e malata potrebbe far male” cantava il Gaber citato da Renzi persino nei libri. Gaber li vedeva cantare e battere le mani e pensava che facessero “finta di esser sani”, Renzi invece li ha passati in rassegna dando a tutti il cinque. Ma ieri a Siracusa ho visto di peggio. Un retroscena rivela infatti che nell’esibizione di quella scuola di borgata, vicina alla chiesa di Lucia, santa e sempre più cieca, non c’è stato solo l’accanimento politico — e ridicolo — del sindaco Giancarlo Garozzo. Ecco il colpo di scena: la preside Cucinotta, che è la vera regista responsabile dello spettacolino, e la sua vice Katya De Marco sono accanite militanti di Forza Italia. E dunque io, che da quelle parti sono nato, ci ho visto soprattutto la tristezza infinita di un Meridione che è ancora e sempre lo scenario naturale dello zio d’America, e mi sono ricordato che Silvio Berlusconi a Lampedusa fu accolto come un messia, come un conquistador. Perché sempre così è salutato l’uomo potente che viene da fuori, l’uomo del cargo che può essere un capopartito, un cantante, un calciatore, un presidente del consiglio o non importa chi, purché venga appunto da fuori. Renzi si rilegga, per risarcire l’Italia, Carlo Levi che racconta di quel tal Vincent Impellitteri che — cito a memoria — tornato dall’America, entra in paese (era la provincia di Palermo e non di Siracusa) su una lussuosa macchina scoperta, ed è accolto dalla gente in festa che lo tratta come uno sciamano: «‘Tuccamu a machina, così ce ne andiamo in America’ gridavano i ragazzi del luogo». Ebbene, Impellitteri non solo non li abbraccia e non dà loro il cinque, ma si addolora e si rattrista al punto che si mette a piangere.

“Ma il ruolo dell’insegnante resta centrale”

da la Repubblica

“Ma il ruolo dell’insegnante resta centrale”

La didattica frontale rimane anche se gli alunni sono preparati sul tema del giorno

DIRE che la lezione si fa a casa guardando video e siti internet serve soltanto, e una volta di più, a sminuire la figura dell’insegnante ». Roberto Casati, direttore di ricerca del Centre National de la Recherche Scientifique, la più grande e prestigiosa organizzazione di ricerca pubblica in Francia, ed esperto di tecnologie applicate all’istruzione, è favorevole al metodo ma con delle riserve. Cos’è che non la convince? «Nella pedagogia capovolta prima si studiano dei materiali a casa e poi se ne parla in classe: questo è un vantaggio per i professori, che si trovano davanti una classe già “sintonizzata” sul tema del giorno. Ma il metodo non esime l’insegnante dal fare una lezione frontale: anzi, l’insegnante non può certo limitarsi a fare da “facilitatore”». La tecnologia può migliorare la qualità dell’insegnamento? «Come in tutte le cose serve una robusta dose di buon senso. La fantasia che piace oggi a ministri e sottosegretari di mezzo mondo è quella di una progressiva sostituzione dell’insegnamento vivo con vari gadget tecnologici. Se si pensa che gli studenti “seguano dei corsi a casa” perché guardano video o siti, si finisce con il considerare che i corsi in classe possano essere veramente sostituiti. Non è vero. Dobbiamo ragionare su delle logiche di accompagnamento e capire che alcune cose possono essere fatte con l’aiuto della tecnologia e altre no». Quali aspetti del metodo della scuola tradizionale dovrebbero essere conservati? «Oggi si crede che l’insegnamento debba formare agenti in grado di competere nel mercato globale. Mi sembra un’immagine estremamente riduttiva. Una volta l’istruzione era considerata un valore in sé, l’insegnante aveva un ruolo esemplare e si metteva in gioco in prima persona. Ecco, questo aspetto va preservato».

La teoria a casa, i compiti in aula così si impara nelle classi capovolte

da la Repubblica

La teoria a casa, i compiti in aula così si impara nelle classi capovolte

Arriva in Italia il metodo Usa. I professori: facciamo programmi su misura

Valerio Mammone

PARMA NELL’AULA della terza A del liceo scientifico “ Paciolo- D’Annunzio”, a Fidenza, non c’è la cattedra. Gli studenti sono seduti intorno a quattro tavoli rotondi e non stanno zitti un attimo. Eppure è l’aula più innovativa di questa scuola della provincia di Parma. L’istituto sta sperimentando un nuovo metodo d’insegnamento.LA “Flipped classroom”, in italiano la “classe capovolta”. Il metodo è nato negli Stati Uniti e, da un paio d’anni, ha cominciato a diffondersi anche in Italia: è stato adottato soprattutto nelle scuole medie, come l’Istituto comprensivo di Cassino, e nelle superiori, come l’Istituto Tosi di Busto Arsizio e il liceo Gioia di Piacenza. Tra pochi giorni, all’università di Padova comincerà un corso di perfezionamento dedicato alla “Flipped classroom”, che è aperto agli insegnanti di tutti i livelli, dall’università alle scuole primarie. Ad essere “capovolti” sono due momenti tipici della giornata di ogni studente: la lezione frontale con la spiegazione dell’argomento del giorno, che con questo metodo si fa da soli a casa; e i compiti a casa, che invece si fanno a scuola insieme ai professori. Questo ribaltamento è possibile grazie a internet e alle nuove tecnologie. In questi giorni, per esempio, la terza A sta studiando il Canzoniere di Petrarca. A casa i ragazzi hanno guardato alcune fonti consigliate dalla professoressa: siti internet, appunti preparati dall’insegnante, video su Youtube o su piattaforme di corsi online (come l’italiana OilProject). In uno di questi video, per esempio, la professoressa spiega una delle canzoni più conosciute di Petrarca, “Chiare, fresche e dolci acque”, soffermandosi sulla sua struttura (numero di stanze, versi e rime), sulle sue figure retoriche e, più in generale, sul suo significato. Tornati in classe — dopo aver studiato questi materiali — , i ragazzi sapevano già riconoscere alcune figure retoriche come la metafora o distinguere un sonetto da una canzone in base alla struttura. E la professoressa li ha fatti esercitare: li ha divisi in gruppi, assegnando a ognuno una poesia diversa, e gli ha dato un’ora di tempo per fare l’analisi del testo. Durante l’esercitazione, qualcuno chiedeva consigli, qualcun altro alzava la mano per dire che non aveva capito. E l’insegnante girava fra i banchi per rispondere alle domande di ognuno. Così l’istruzione diventa personalizzata. Graziano Cecchinato, ricercatore dell’Università di Padova che coordina il progetto della scuola di Fidenza, spiega l’importanza del ribaltamento: «Quando faccio lezione parlo a tutta la classe, ma ogni studente apprende in modo diverso: può succedere, che gli studenti bravi si annoino e che quelli meno bravi si sentano esclusi. Con questo metodo chi impara più lentamente a casa può consultare i video più volte; gli altri possono saltare gli argomenti che conoscono e approfondirne altri. Mentre in classe il professore ha la possibilità di seguirli uno a uno e intervenire subito se qualcuno non ha capito». Il liceo “Paciolo-D’Annunzio” è una scuola pubblica e ha avviato la sperimentazione grazie a un finanziamento di 20 mila euro (5 mila li ha messi la gli altri 15 la fondazione Cariparma) con cui ha comprato banchi modulari, due videoproiettori interattivi, 20 netbook — uno per studente — e ha formato tutti i professori della terza A (anche grazie al contributo dell’Associazione docenti e dirigenti scolastici italiani). La preside del liceo, Beatrice Àimi, spera di continuare la sperimentazione in terza A e di estenderla anche ad altre classi. Ma avverte: «Oggi la scuola è ancora bloccata dalla rigidità degli spazi e degli orari (27 ore settimanali nel biennio, 30 nel triennio, ripartite per materie), ma per innovare l’insegnamento questi devono diventare più flessibili».

Quando la continuità di servizio non si interrompe?

da Tecnica della Scuola

Quando la continuità di servizio non si interrompe?
di Lucio Ficara
Il calcolo del punteggio legato alla continuità non è sempre semplice. Bisogna distinguere se si parla di mobilità d’ufficio o di mobilità volontaria. Alcuni tipi di assenze interrompono la continuità.
Per chi ne ha necessità, marzo è il mese dedicato quasi per intero alla mobilità dei docenti. Anche i docenti traferiti d’ufficio o a domanda condizionata nell’ultimo ottennio hanno l’opportunità di fare richiesta di rientro nella sede di precedente titolarità. Infatti molti docenti che hanno perso negli anni passati la sede di titolarità e si sono trasferiti d’ufficio o a domanda condizionata, ogni anno ripresentano istanza per rientrare nella loro sede di precedente titolarità al fine di non interrompere la continuità di servizio e quindi perdere il relativo punteggio accumulato. La continuità di servizio dà diritto a due punti per ogni anno entro il primo quinquennio di servizio prestato senza soluzione di continuità e tre punti per ogni anno che ecceda il quinquennio. Per intenderci, se un docente ha svolto ininterrottamente 7 anni di servizio nella stessa scuola e sempre per la stessa classe di concorso, senza mai chiedere assegnazione provvisoria, aspettativa per motivi familiari o di studio, congedo per dottorato di ricerca, ha diritto al computo di 16 punti di continuità di servizio. Questi 16 punti scaturirebbero da 10 punti per i primi cinque anni (2 punti per anno) e 6 punti (3 punti per anno) per gli anni che eccedono il primo quinquennio. Tuttavia esistono casi di assenza prolungata del docente che non interrompono la continuità del servizio. Quali sono queste tipologie di assenze? Si tratta ad esempio dell’assenza per interdizione di gravidanza o dell’assenza per malattia. Mentre per la mobilità volontaria questo punteggio è vincolato all’aver prestato servizio ininterrottamente per almeno un triennio nella scuola di attuale titolarità (per cui il  punteggio minimo e di partenza in questo caso è di 6 punti), per la mobilità d’ufficio e quindi anche per le graduatorie interne, questo vincolo decade e il punteggio minimo di partenza per la continuità di servizio è di 2 punti. Questo vuol dire che se un docente, escluso l’anno in corso, ha insegnato in una stessa scuola a partire dall’anno precedente, ha diritto al riconoscimento di 2 punti. È utile anche sapere che la continuità di servizio non si interrompe nemmeno se il docente viene trasferito a domanda condizionata, per effetto della perdita del posto in caso di soprannumero. Per cui nelle graduatorie interne d’Istituto per l’individuazione dei docenti perdenti posto vengono riconosciuti per ogni anno 2 punti di continuità di servizio entro il quinquennio, escluso l’anno di prova (in quanto non si possiede titolarità), e 3 punti per ogni anno oltre il quinquennio. In aggiunta a questi punteggi (è questo è specificato nella nota 5 bis) e sempre ai fini della formazione della graduatoria per l’individuazione del soprannumerario ed ai fini del trasferimento d’ufficio, viene valutata anche la continuità di servizio nella sede (Comune) di attuale titolarità, nella seguente misura: per ogni anno di servizio di ruolo prestato nella sede ovvero comune di attuale titolarità senza soluzione di continuità in aggiunta a quello previsto dalle lettere A), A1), B), B1), B2), B3) si assegnano punti 1. Infine ricordiamo che la nota 5 ter regola il riconoscimento dei 10 punti aggiuntivi di bonus una tantum, che toccano a coloro che per un triennio, a decorrere dalle operazioni di mobilità per l’a.s. 2000/2001 e fino all’a.s. 2007/2008, non abbiano presentato domanda di trasferimento provinciale o passaggio provinciale o, pur avendo presentato domanda, l’abbiano revocata nei termini previsti. Tale punteggio, una volta acquisito, si perde esclusivamente nel caso in cui si ottenga, a seguito di domanda volontaria in ambito provinciale, il trasferimento, il passaggio o l’assegnazione provvisoria. Non perdono il diritto ai 10 punti di bonus aggiuntivo coloro che avendolo maturato nelle modalità appena dette, abbiano fatto domanda di trasferimento, utilizzando tale bonus, a livello interprovinciale. Infine come novità di quest’anno, nel CCNI sulla mobilità è scritto che analogamente all’assenza per malattia, non interrompe la continuità del servizio l’utilizzazione in altri compiti per inidoneità temporanea. Non interrompe la maturazione del punteggio della continuità neanche la fruizione del congedo biennale per l’assistenza a familiari con grave disabilità di cui all’art. 5 del D.L.vo n. 151/01.

Le prove Invalsi per gli allievi con Bes

da Tecnica della Scuola

Le prove Invalsi per gli allievi con Bes
di L.L.
Pubblicata la nota per le prove delle classi II e V primaria e della classe II della scuola secondaria di secondo grado
Con apposita nota congiunta Miur-Invalsi vengono fornite indicazioni sullo svolgimento delle prossime prove del Servizio Nazionale di Valutazione per le classi Il e V primaria e la classe Il della scuola secondaria secondo grado.
Qualunque sia la tipologia del bisogno educativo speciale di un alunno, così come individuato dalla vigente
normativa, essa andrà segnalata sulla maschera elettronica per la raccolta delle informazioni di
contesto individuali e in quella per l’inserimento delle risposte dello studente alle prove Invalsi 2014,
secondo le modalità operative che saranno successivamente indicate con apposita nota.
La segnalazione del bisogno educativo speciale consentirà di considerare i risultati degli alunni interessati
nel rispetto della massima inclusione e, al contempo, permetterà alle scuole di disporre di dati informativi e
articolati. Le scuole interessate potranno anche richiedere l’invio dei risultati individuali degli allievi con Bes che abbiano partecipato alle prove, ovviamente solo se hanno sostenuto le prove formulate dall’Istituto e non quelle eventualmente personalizzate dalla scuola.
Nelle classi II della secondaria di secondo grado) è possibile prevedere per gli allievi con bisogni educativi speciali una scansione temporale differente, così come, per le scuole che ne facciano richiesta, l’Invalsi mette a disposizione anche per quest’anno scolastico le prove in formato audio (.mp3) per l’ascolto individuale in cuffia3 delle prove lette da un donatore di voce.

Posizioni economiche Ata pagate dalle famiglie?

da Tecnica della Scuola

Posizioni economiche Ata pagate dalle famiglie?
di Reginaldo Palermo
E’ il risutato, paradossale, dell’emendamento al “decreto scatti” approvato in extremis al Senato. Per evitare la restituzione di quanto già erogato agli Ata, bisognerà tagliare di 39milioni il fondo per il funzionamento. Si tratta di 5mila euro in meno per ogni scuola. Per fotocopiatrici e materiali di pulizia l’intervento delle famiglie sarà indispensabile.
Soddisfazione generale (o quasi) per l’approvazione del provvedimento che converte in legge il decreto n. 3 del gennaio scorso in materia di scatti stipendiali. Fra i primi ad esprimersi positivamente è stata il ministro dell’istruzione Stefania Giannini che ha dichiarato:  ”Oggi abbiamo fatto un importante passo in avanti nel presente, ma è necessario guardare soprattutto al futuro. Il Governo nella sua collegialità deve assumersi la responsabilità, e siamo certi che lo farà, di destinare alla scuola e al mondo dell’istruzione le risorse per migliorare la qualità della didattica e dei servizi e per garantire la formazione degli insegnanti. Siamo pronti a scommettere su questa sfida politica e culturale”. Canta vittoria la Cisl-Scuola che dimostra di apprezzare in particolare l’emendamento approvato in extremis che consente di risolvere anche il problema delle posizioni economiche Ata: “Le modifiche con cui il Senato ha approvato il disegno di legge di conversione del decreto-legge 3/2014, frutto anche di una pressione sindacale di cui la Cisl Scuola è stata uno dei principali protagonisti, pur senza risolvere tutti i problemi sul tappeto, costituiscono un buon risultato, soprattutto per il personale Ata, che rischiava una fortissima decurtazione del salario attraverso il minacciato recupero di somme erogate a partire da settembre 2011”. In realtà il provvedimento non è privo di ombre anche se il voto favorevole del Senato è stato accompagnato  dalla approvazione di alcuni ordini del giorno che impegnano il Governo a recuperare risorse per rimpinguare l’ormai esausto fondo per il MOF. Il fatto è che siamo ormai ad un passo dalla conclusione dell’anno scolastico ed è davvero che le scuole riescano ad utilizzare eventuali fondi aggiuntivi che dovessero arrivare nei prossimi mesi. Ma l’aspetto più preoccupante della legge approvata dal Senato riguarda proprio l’art. 1 bis aggiunto all’ultimo momento: il personale Ata destinatario delle posizioni economiche non dovrà restituire quanto già ricevuto fino ad ora (e questa è certamente una buona cosa); lascia perplessi (Flc-Cgil si dichiara anzi nettamente contraria e annuncia che non firmerà nessun accordo che preveda una riduzione del fondo per il MOF) la soluzione adottata: la copertura (inizialmente si parlava di 17 milioni di euro, lievitati prima a 29milioni e poi a poco meno di 39) deriverà da un taglio al fondo per le spese di funzionamento amministrativo e didattico delle scuole. In pratica, ad ogni istituzione scolastica verranno sottratti mediamente 5mila euro dal già modesto fondo assegnato ogni anno. In tal modo le scuole dovranno fare sempre più ricorso al contributo delle famiglie per poter far funzionare almeno le cose essenziali. Paradossalmente le posizioni economiche degli Ata saranno dunque indirettamente pagate di genitori.

“A scuola si cresce sicuri”, al Miur presentazione del Piano nazionale di formazione alla salute e alla sicurezza nelle scuole

da Tecnica della Scuola

“A scuola si cresce sicuri”,  al Miur presentazione del Piano nazionale di formazione alla salute e alla sicurezza nelle scuole
Apriranno gli interventi il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Stefania Giannini, il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, il sottosegretario all’Istruzione Gabriele Toccafondi e Marco Rossi Doria, già sottosegretario Miur.
Formare insegnanti, dirigenti e personale ausiliario sulle tematiche della sicurezza e della prevenzione degli infortuni negli ambienti scolastici. Questo l’obiettivo del Piano nazionale “A scuola si cresce sicuri”, che sarà presentato domani al Miur, a partire dalle ore 10, nella Sala della Comunicazione. Apriranno gli interventi il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Stefania Giannini, il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, il sottosegretario all’Istruzione Gabriele Toccafondi e Marco Rossi Doria, già sottosegretario Miur. E’ stato invitato a partecipare anche il regista Carlo Verdone, testimonial dell’iniziativa.
Il Piano è frutto di un protocollo d’intesa sottoscritto lo scorso 8 gennaio dal Miur, dall’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza e dalla Federazione Italiana Medici Pediatri (Fimp). Attraverso attività specifiche di formazione e di sensibilizzazione, insegnanti, dirigenti e personale ausiliario tecnico e amministrativo potranno apprendere come prevenire gli incidenti in aula e quali manovre immediate mettere in atto quando questi avvengono. L’Iniziativa, di durata triennale, prenderà avvio nel corrente anno scolastico con corsi di formazione DPPS (Disostruzione, Prevenzione, Primo soccorso in età pediatrica) destinati a 1.800 unità di personale (1.200 fra dirigenti e docenti, 600 Ausiliari tecnici e amministrativi) distribuiti a livello nazionale in 60 scuole polo.
A sostegno delle attività che si svolgeranno presso le sedi dei corsi è stato realizzato il video “A scuola si cresce sicuri”, con il contributo degli alunni e dei docenti dell’I.C. “Bruno De Finetti” e dell’I.C. “Domenico Purificato”, le scuole romane in cui è stato girato il filmato. Il video, che vede l’amichevole partecipazione di Carlo Verdone, verrà utilizzato a scopo didattico. Descrive, infatti, tre diverse situazioni d’intervento ispirate a casi realmente accaduti nella scuola dell’infanzia, nella scuola elementare e nella scuola media.

Scatti di anzianità, il Senato approva il decreto

da Tecnica della Scuola

Scatti di anzianità, il Senato approva il decreto
di A.G.
Con 183 sì e 56 astenuti, passa il decreto legge pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 23 gennaio scorso. Ora il testo passa alla Camera. Dove, pero solo se non subirà modifiche, verrà definitivamente approvato. C’è tempo fino al 30 giugno. La soddisfazione del ministro Giannini
Come annunciato, la mattina del 5 marzo l’Aula del Senato ha approvato, con 183 sì e 56 astenuti, il decreto legge pubblicato in Gazzetta Ufficiale 23 gennaio scorso contenente disposizioni temporanee e urgenti in materia di proroga degli automatismi stipendiali del personale della scuola.
Con il dl, che inizialmente conteneva una copertura pari a 120mlioni di euro, è stato approvato, dopo il sì della VII Commissione Cultura, un ordine del giorno della relatrice Puglisi (PD) riformulato su richiesta del sen. Fabrizio Bocchino (gruppo Misto) impegna il Governo a ripristinare i fondi del MOF decurtati di due terzi proprio per la copertura degli scatti di anzianità del personale.
Bocciato, invece, fa sapere l’Anief che lo aveva segnalato, “l’emendamento 1.15 sul pagamento degli scatti ai precari e del primo gradone stipendiale ai neo-assunti proposti dal sen. Fabrizio Bocchino (gruppo Misto), per l’impossibilità di verificare coperture certificate”.
Ora il testo passa alla Camera. Dove, pero solo se non subirà modifiche, verrà definitivamente approvato. C’è tempo fino al 30 giugno.Il resoconto completo della seduta della VII Commissione Cultura, dui cui è scaturito il testo approvato dall’Aula del Senato.
Soddisfazione da parte del ministro Giannini: “Con l’approvazione da parte del Senato del decreto legge di proroga degli automatismi stipendiali del personale della scuola abbiamo corretto un errore commesso in passato. Adesso auspichiamo un rapido passaggio parlamentare anche alla Camera dei deputati.  Abbiamo fatto un importante passo in avanti nel presente, ma è necessario guardare soprattutto al futuro. Il Governo nella sua collegialità deve assumersi la responsabilità, e siamo certi che lo farà, di destinare alla scuola e al mondo dell’istruzione le risorse per migliorare la qualità della didattica e dei servizi e per garantire la formazione degli insegnanti. Siamo pronti a scommettere su questa sfida politica e culturale”, ha concluso il Ministro.

Renzi agli insegnanti siciliani: dal vostro lavoro ripartirà l’Italia

da Tecnica della Scuola

Renzi agli insegnanti siciliani: dal vostro lavoro ripartirà l’Italia
di A.G.
Così ha risposto il premier parlando ai docenti dell’istituto Raiti di Siracusa, rispondendo in particolare a una maestra che ha raccontato di essere precaria da 15 anni: dobbiamo fare in modo, ha aggiunto, che la scuola italiana torni ad essere la patria della bellezza e della cultura. Fuori la scuola le contestazioni del M5S e dei precari: non sei credibile!
“Dal vostro lavoro ripartirà l’Italia”. Così ha risposto il premier Matteo Renzi parlando agli insegnanti dell’istituto comprensivo Raiti di Siracusa, rispondendo in particolare a una maestra, Simona, che ha raccontato di essere da 15 anni precaria. Dobbiamo fare in modo, ha aggiunto Renzi, “che la scuola italiana torni ad essere la patria della bellezza e della cultura”.
Fuori la scuola, la seconda dopo l’esordio a Treviso della settimana scorsa, Renzi ha dovuto subire delle contestazioni, messe in atto da alcuni militanti del Movimento 5 Stelle a cui si sono uniti del lavoratori precari della scuola per protestare contro i licenziamenti: “Non sei credibile”, “Devi passare prima dal voto popolare”, si leggeva sui cartelli. I contestatori hanno suonato fischietti e urlato contro il presidente del Consiglio.
Alcuni lavoratori gli si sono avvicinati per chiedere un sostegno da parte del governo. E Renzi ha risposto: “Vedremo cosa si può fare”. Per poi aggingere: “E’ il momento più difficile da 30 anni per chi perde il posto di lavoro. Dobbiamo cercare di fare uno sforzo vero”.
L’accoglienza nell’istituto siciliano è stata invece calda e positiva. “Matteo, Matteo…”, hanno scandito a mo’ di slogan, gli alunni all’arrivo di Renzi nell’istituto comprensivo. La scuola, che ha 800 alunni, è un modello di integrazione per la presenza di una trentina di studenti stranieri, oltre che di accessibilità, visto che è completamente priva di barriere architettoniche.
Ad accogliere Renzi, che è arrivato assieme al sottosegretario Graziano Delrio, c’erano il sindaco Giancarlo Garozzo e la sua giunta. All’incontro alla scuola hanno partecipato anche il vicepresidente di Confindustria, Ivan Lo Bello e l’arcivescovo di Siracusa, Salvatore Pappalardo.
Nell’incontro successivo con le istituzioni locali, tenuto nel municipio di Siracusa, Renzi ha spiegato che è contrario alle “passerelle politiche: non ne abbiamo bisogno. Dobbiamo fare cose operative”. I sindaci sono stati quindi invitati a “scegliere una scuola per avviare i lavori di adeguamento” con il bando che scadrà tra dieci giorni. Ad un sindaco del siracusano, che gli ha fatto presente i suoi problemi sul fronte dell’edilizia scolastica, soprattutto di copertura finanziaria, Renzi ha detto: “quattro milioni per adeguare una scuola? E se con gli stessi soldi la buttassi giù? Io penso sia meglio buttar giù e rifarla”.