Lingua straniera era ora!

LINGUA STRANIERA ERA ORA!

di Umberto Tenuta

Lingue straniere nella scuola primaria, e non solo, con docenti di lingua madre, dice la Ministra Stefania Giannini!
Da quando −or sono decenni!− le lingue straniere sono entrate nella scuola primaria, quale coordinatore dell’apposito gruppo provinciale, ho sempre predicato che gli studenti non debbono sapere che il docente di lingua inglese, francese, tedesca, spagnola… sa parlare anche in italiano.
Vox clamans in deserto!
Ancora ieri un giovinetto mi dice che la sua docente di lingua straniera parla un perfetto italiano e non la smette mai durante la sua ora di lezione.
Ora, grande Ministra Stefania Giannini, tutto cambierà!
Tutto cambierà nella scuola dell’infanzia, nella scuola primaria, nella scuola secondaria.
Vedrete che i docenti di lingue straniere più non sapranno parlare in italiano ed a mala pena sapranno capire che cosa dicono gli studenti in dialetto siciliano, calabrese, napoletano, abruzzese, fiorentino, veneto….!
Ci voleva proprio una nuova ministra?
A quanto pare proprio sì.
Ora vedrete che già a tre anni, come diceva Renzo Titone, come diceva Masaru Ibuka, autorità famose nel campo dell’educazione linguistica, i bambini torneranno a casa e diranno alle mammine:
Bonjour, ma mère!
Hello mom!
Hola mamà
E le mamme, ed i papà, e le sorelle, ed i fratelli impareranno anch’essi le lingue straniere!
Miracolo!
Due piccioni con una fava.
Sì, un enorme guadagno, un guadagno industriale, Ministra Giannini!
Ma sapete una cosa?
Le docenti di lingua italiana si prenderanno gelosia delle colleghe di lingua straniera e gli studenti dovranno parlare, sì, dovranno parlare, insomma non dovranno più stare seduti in silenzio, con la bocca chiusa, ma dovranno parlare con i vicini di banco, che saranno almeno tre, e dovranno parlare in lingua italiana!
E la grammatica più non dovranno imparare sul libro digitale di Grammatica ma attraverso il linguaggio parlato.
Infatti, nei loro primi anni di vita i bambini imparano la lingua materna ascoltando ed osservando coloro che parlano intorno a lui, mamme, papà, nonne e nonni, zie e zii.
Semmai, poi, a scuola fanno una riflessione linguistica, come si diceva nei dimenticati programmi del 1985, una riflessione linguistica, e osservano che c’è una persona, un soggetto, che legge e un oggetto, un complemento oggetto, che viene letto.
E così gli studenti apprendono che cosa è il soggetto e che cosa è il predicato verbale.
Il soggetto ed il predicato verbale non sono una strana invenzione dei grammatici, ma sono la struttura del nostro parlare, cioè il legame, la sintassi (da: syn – tàxis, ordinare insieme, collegare) che lega le parole, come sempre avviene quando non si leggono le parole su un vocabolario ma, perentoria, la mammina ordina:
−Alberto, tu bevi la camomilla!
−E tu, Maria, bevi la tua tazzina di caffé!
Ma aggiunge:
−Maria, tu stai ben attenta a non ingoiare la tazzina ma il caffé che ci sta dentro, il caffé che è l’oggetto del tuo piacere mattutino, e pomeridiano anche, se fai la brava!

Ministra Giannini, tu dici che è una rivoluzione silenziosa!
No, Ministra Giannini, una rivoluzione a voce alta, perché tutti ascoltino, perchè tutti sentano, perché tutti godano!
La rivoluzione di imparare le lingue, non nel silenzio tombale delle aule con gli studenti a mani conserte, seduti nei banchi biposti, ma in un daffare congeniale ai nostri giovinetti −per loro natura irrequieti, ma, per grazia di Dio, ancora non inquieti− insomma nel daffare di scambiarsi opinioni sui vestiti della giovane docente di inglese che non recita brani di prosa insignificanti, ma legge le lettere che gli studenti londinesi le inviano.
Ella, la docente di lingua inglese, dopo la sua lettura esemplare, passa le lettere ricevute ai suoi studenti napoletani, perchè le leggano e preparino le risposte, magari con una simpatica battuta napoletana.
E poi, giacché il ghiaccio è stato rotto, gli studenti napoletani chiedono alle loro amiche londinesi di avviare una simpatica corrispondenza, meglio se su Skype.
Che bello!
Gli studenti napoletani e gli studenti londinesi si scambiano messaggi e ciascuno parla della storia patria, dei fiumi, dei monti, dei monumenti nazionali.
Le lingue si fanno strumenti di apprendimento delle diverse discipline, strumenti culturali, strumenti artistici, strumenti poetici, economici, gastronomici, anche perchè gli studenti napoletani inviano una bella descrizione illustrata della pizza e gli studenti londinesi inviano una bella descrizione illustrata del sandwich.

Sentite!
Non riesco a trattenere la gioia.
Grazie, Ministra Giannini!

Buone nuove da Bologna!

Buone nuove da Bologna! Un’altra sentenza di secondo grado ribadisce la non contrattabilità delle materie attribuite in via esclusiva ai dirigenti scolastici dalla legge

La Corte di Appello, Sezione lavoro, di Bologna ha respinto, in data 25 marzo 2014, l’appello promosso dalla FLC-CGIL e dalla CISL-Scuola di Bologna e di Imola avverso la sentenza del Tribunale di Bologna n. 1306 del 20-11-2011 depositata il14-05-2012, con la quale era stata accolta l’opposizione e revocato il decreto che dichiarava antisindacale la condotta dei dirigenti scolastici in relazione all’individuazione delle materie di contrattazione integrativa di istituto.

Dopo la sentenza della Corte di Appello di Napoli siamo dunque in presenza del secondo giudizio di secondo grado, che conferma, ormai indiscutibilmente, che le lettere h), i) ed m) dell’articolo 6, CCNL/Scuola, non si contrattano, perché rientrano nelle “dirette prerogative” del dirigente scolastico.

Come l’ANP sostiene fin dal primo momento, su tali materie il dirigente scolastico è legittimato ad adottare autonomamente i criteri e le modalità relative alle misure che riguardano l’organizzazione del lavoro e la gestione del personale e, naturalmente, deve anche rendere informazione preventiva alla parte sindacale prima di adottare i relativi provvedimenti.

Questa interpretazione, che la giurisprudenza riconosce come l’unica ragionevole e coerente con l’attuale quadro ordinamentale, continua in molti casi a non essere accettata dalle organizzazioni sindacali di comparto in quanto non consente loro di influire, come invece accadeva in passato, sulle scelte organizzative e gestionali delle scuole. L’attività gestionale, infatti, è oggi rimessa alla esclusiva responsabilità del dirigente scolastico che, vale la pena ricordarlo, è l’unico soggetto responsabile dei risultati del servizio.

La sentenza della Corte di Appello di Bologna, di cui al momento è stato reso pubblico soltanto il dispositivo, costituisce dunque una fondamentale conferma dell’assunto legislativo e un forte sostegno ai dirigenti scolastici che non hanno ancora potuto chiudere la contrattazione d’istituto (resa ancor più difficile dallo scriteriato attacco alle risorse MOF) a causa delle forti resistenze della parte sindacale ad espungere dal contratto le materie di cui sopra. C’è un motivo in più, oggi, perché i dirigenti non cedano a pressioni e ad interferenze che appaiono, alla luce della giurisprudenza stratificatasi in questi anni e confermata oggi dalla sentenza di Bologna, indebite ed illegittime.

Arriva Upsee: via la carrozzina, il bimbo disabile “cammina” con il genitore

Arriva Upsee: via la carrozzina, il bimbo disabile “cammina” con il genitore

Arriva dall’Irlanda del Nord l’ausilio inventato da una mamma che permette ai bambini disabili di camminare insieme a un adulto. E insieme ai consensi, arrivano le critiche: “E’ un palliativo, fa tutto il genitore”. On line il seminario gratuito

da Redattore Sociale
27 marzo 2014

ROMA – Arriva dall’Irlanda del Nord, partorito dalla mente di una mamma. Per alcuni, potrebbe addirittura archiviare la vecchia sedia a ruote per i bambini disabili. Si chiama “Upsee”, è un ausilio nato come “fai da te” ma, come spesso accade in questi casi, “adottato” da una ditta, la Firefly, che in questi giorni sta lanciando l’idea in tutto il mondo. Tanto che dal 1 al 3 aprile organizzerà tramite il proprio sito internet un seminario internazionale gratuito per presentare la novità.

Concretamente, si tratta di un’imbracatura mobile, che avvolge il bambino e al tempo stesso lo aggancia all’adulto, tramite una cintura di sostegno e dei sandali speciali che legano i suoi piedi a quelli dell’adulto stesso. In questo modo, il bambino riesce a stare in piedi e, sfruttando il movimento del genitore, può camminare insieme a lui, conquistando la posizione eretta e abbandonano la carrozzina.

A ideare Upsee è stata una musicoterapeuta dell’Irlanda del Nord, Debby Elnatan, mamma di un bambino con paralisi cerebrale, il piccolo Rotem. Grazie alla sua invenzione, Debby ha coronato il sogno di vedere suo figlio in piedi e di andare in giro insieme a lui lasciando la carrozzina a casa. Ha quindi cercato il modo di diffondere la sua idea e ha incontrato così la disponibilità e l’interesse dell’azienda nordirlandese, la Firefly, specializzata nella produzione di ausili per bambini disabili. Dopo averla sperimentata con successo nel Regno unito, negli Stati Uniti e in Canada, ora l’azienda ha presentato ufficialmente la novità, con un evento internazionale organizzato presso il proprio stabilimento. “Quando mio figlio aveva due anni – ha raccontato Debby Elnatan, intervenendo alla presentazione – i medici mi dissero che non sapeva cosa fossero le sue gambe e non aveva alcuna coscienza dei suoi arti inferiori – ha continuato – per una madre è incredibilmente difficile apprendere una cosa del genere. Ho iniziato a camminare con lui giorno dopo giorno, una prova molto difficile per entrambi. Dal mio dolore e dalla mia disperazione, infine, è nata l’idea dell’Upsee e sono contentissima che sia finalmente fruibile a tutti”.

L’idea, che sta facendo intanto il giro della rete, riscuote molto consenso tra i genitori. “Fantastico e geniale”, lo definisce Cristina dall’Ara, che per sua figlia Elena può contare su un altro “ausilio fai da te”, quello inventato tempo fa da nonno Aldo per portarla in bicicletta. Il consenso però non è unanime. Invita alla prudenza Fabiana Rosa, terapista, che conosce bene l’importanza degli ausili per le famiglie. “Dal mio punto di vista e secondo il mio personale approccio – tiene a specificare – non utilizzerei mai un ausilio del genere. Innanzitutto, non mi pare che sia una grande novità: chiunque può essere messo in piedi, anche un morto, grazie alla tecnologia di cui disponiamo: una varietà di tutori che a volte arrivano fino alle ascelle, veri e propri sarcofagi che camminerebbero anche sa soli… Di fatto, metti in piedi il bambino, ma fa tutto il genitore”.

Soprattutto, l’ausilio non si presta alle gravi disabilità, in cui i problemi motori derivano da un danno cognitivo. “Forse può funzionare per bambini con malattie neuromuscolari, in cui non ci sia una lesione centrale. Però non mi pare si possa parlare di ausilio riabilitativo: non si acquisisce la capacità di camminare, né la consapevolezza del movimento. E’ un palliativo, un sostituto del cammino, che toglie la necessità di acquisire strategie”. Il fatto poi che favorisca la partecipazione sociale del bambino, “è solo una visione: c’è chi crede che, anche in assenza di prerequisiti, sia necessaria la cosiddetta verticalizzazione del bambino per favorire lo sviluppo di funzioni altre. Per me non è così, ma esattamente il contrario: la stazione eretta è un’emergenza del sistema in seguito all’acquisizione di funzioni altre”. Comprensibile, però, l’entusiasmo dei genitori, ma “le famiglie si entusiasmano facilmente, lo so per esperienza – osserva Fabiana Rosa – e sono disposte a indebitarsi per cose assurde. Per questo, bisognerebbe pensarci bene prima di presentare un ausilio con tanto clamore”.

Prudente anche Marina Cometto, mamma una donna con sindrome di Rett e ormai esperta di disabilità: “Non so se è veramente utile – dice – le novità mi attirano, ma se non si provano concretamente  non mi entusiasmo. Intanto non credo si possa dire addio alla sedia a rotelle: un bambino non può certo stare così tutto il giorno! Poi c’è il rapporto tra altezza dell’adulto-sostegno e altezza e peso del bimbo: è un ausilio a termine insomma, che prima o poi va abbandonato. E poi mi fa paura l’eventualità che l’adulto cada… Per il bambino sarebbe disastroso”. (cl)

Falsi invalidi, per l’Inps risparmiati 250 milioni. Fish: “Numeri truccati”

Falsi invalidi, per l’Inps risparmiati 250 milioni. Fish: “Numeri truccati”

Il ministro Poletti cita i dati comunicati dall’Inps: negli ultimi anni i controlli straordinari sono costati 23 milioni e ne hanno fruttato 250. Il presidente Barbieri duro nel contestare i dati: “Riguardano i rivedibili che sarebbero comunque stati controllati”

da Redattore Sociale
27 marzo 2014 – 15:18

ROMA – “Siamo davvero ai numeri truccati”. E’ dura la risposta di Pietro Barbieri, presidente della Fish, ai dati che l’Inps ha fornito sui controlli straordinari alle prestazioni di invalidità (pensioni e indennità di accompagnamento) e che sono stati riferiti ieri dal ministro del Lavoro e delle Politiche sociali Giuliano Poletti nel corso del question time alla Camera.

Poletti, citando informazioni dell’Inps, aveva affermato che il piano di verifiche straordinarie (i cosiddetti controlli contro i falsi invalidi) hanno riguardato “circa 700 mila beneficiari fra il 2009 e il 2013” e che “nel 23% dei casi” è stato appurato che “il requisito sanitario non era più attuale”. Poletti ha parlato di “percentuali difformi” sul territorio, sintomo di “disomogeneità valutativa all’origine”, al momento dell’accertamento dell’invalidità, mentre per quanto riguarda l’entità dei risparmi ottenuti con i controlli ha parlato, sempre citando l’Inps, di ” oltre 250 milioni di euro”, riferiti “esclusivamente a revoche negli anni 2010-2013″. La spesa annuale sostenuta dall’Inps per i controlli straordinari, aveva anche riferito Poletti, “nel periodo 2010-2013 è pari a 23 milioni di euro”.

“I numeri che hanno dato a Poletti – dice oggi Barbieri – non sono dei dati sbagliati ma sono certamente dei dati utilizzati in maniera tale da significare una cosa piuttosto che un’altra: quei numeri fanno riferimento infatti ai cosiddetti rivedibili, che comunque avrebbero perso il beneficio con i normali controlli di rivedibilità, al di là dunque dei controlli straordinari Inps”. Il presidente della Fish spiega che si tratta per lo più di persone con malattie oncologiche, che hanno diritto ad avere permessi lavorativi e indennità di accompagnamento nel tempo in cui si curano. “Oggi nell’80 per cento dei casi chi ha un tumore guarisce o quanto meno può essere curato” e una volta finito questo periodo di cura tornano “ad una vita normale perdendo il diritto acquisito in precedenza”. Un’evoluzione normale, assolutamente prevista nell’ordinarietà dei controlli delle persone giudicate “rivedibili”. “Quello è il recupero economico di cui parla l’Inps – dice Barbieri – mentre i dati sui falsi invalidi, comunicati dallo stesso ex presidente Mastrapasqua a suo tempo, parlano di 1500 persone, che rappresentano lo 0,06% di tutte quelle che beneficiano di una provvidenza”.

Barbieri fa poi presente un dato che “sfugge ai più” e afferma che “la definizione delle condizioni che rendono erogabile l’indennità di accompagnamento è sovrapponibile a quella usata dall’Istat per definire le condizioni di gravità della disabilità”: ebbene, Barbieri nota che “per l’Istat le persone in quelle condizioni sono 2 milioni e 800 mila, mentre le indennità di accompagnamento sono 1 milione 800 mila; mancano quindi un milione di persone che non chiedono l’accompagnamento”. “Gli italiani sono migliori di quello che si vorrebbe far apparire e il fenomeno delle invalidità nel suo complesso è un altro rispetto a quello che viene raccontato” con la retorica del falso invalido e dei controlli straordinari dell’Inps. Controlli che la Fish peraltro giudica “smisurati e giganteschi”, e incapaci di portare reali risultati. (ska)

Scuola: Giannini, no a stipendio insegnanti basato su scatti anzianita’

da Asca

Scuola: Giannini, no a stipendio insegnanti basato su scatti anzianita’

Il Ministro Giannini e gli insegnanti

Il Ministro Giannini e gli insegnanti

Avevamo assunto un atteggiamento attendista nei confronti del neo ministro
dell’istruzione, poiché si è insediata da meno di un mese, per capire il suo punto di
vista sulle questioni che più ci stanno a cuore, come quella della valorizzazione della
funzione docente. Purtroppo, la reiterazione di alcuni leit motiv, rappresentati in
virgolettato, quindi da attribuire direttamente al Ministro, su alcuni principali
quotidiani, ci inducono, inevitabilmente a intervenire.
Come si legge sul testo dell’intervista riportata sul Magazine del Corriere della
sera (21-3), il Ministro Giannini, come in un romanzo di Tolstoj, ripropone la questione
dei docenti in una logica di premi e castighi sovrapponendo, inoltre, la questione della
valutazione con quella della carriera professionale, che è altra cosa.
Come associazione professionale non ci stancheremo mai di ripetere che la
logica premiante ( il ministro parla nell’intervista citata di “premio di produttività” ai
più meritevoli) è una logica di tipo operaistico che non può riguardare dei
professionisti come sono gli insegnanti, anche perché nell’insegnamento la
misurazione del “prodotto” è cosa notoriamente impossibile. Inoltre, che senso hanno
le “sanzioni agli insegnanti incapaci”? Che giovamento ne trarrebbero gli studenti?
Non sarebbe più utile che l’Amministrazione si impegnasse finalmente in una
formazione in itinere per sostenerli gli insegnanti, come avviene in tutte le altre
categorie professionali?
La valutazione va fatta certamente con un sistema nazionale che vede coinvolti
vari soggetti: gli strumenti normativi oggi ci sono, stiamo aspettando la volontà
politica che li attui. Ma la valutazione non va confusa con “la carriera” professionale
dei docenti che si basa su una riorganizzazione del lavoro professionale che le scuole
stanno aspettando fin dall’attuazione dell’Autonomia e conseguente ad essa. ( Legge
59-’97, art. 21 c. 16).
La carriera dovrebbe partire, dalla ricostruzione giuridica del profilo del docente
professionista che per realizzarsi in un’azione collettiva, ha bisogno di ruoli
professionali diversificati e formalizzati cui attribuire le responsabilità complesse della
scuola autonoma, anche quelle valutative, una volta formato nelle scuole un comitato
tecnico scientifico di docenti senior, che affianchi il dirigente. Ovviamente, le modalità
per accedervi potranno essere libere e basate su titoli e una formazione specifica. Di
questo si potrà e si dovrà discutere ma, per favore, gli insegnanti non meritano di
sentire i soliti luoghi comuni.
Si tratta di ridisegnare un nuovo stato giuridico degli insegnanti il cui compito,
com’è noto spetta al Parlamento. E il Ministro, come membro autorevole del governo,
è quindi nella condizione migliore per presentare una legge che metta mano
finalmente alla questione docente.

Paola Tonna
Presidente APEF
( Forum delle associazioni professionali
dei docenti e dirigenti presso il MIUR)

Tar e ministro Giannini fermano abilitazioni nazionali: “Necessaria chiarezza”

da la Repubblica

Tar e ministro Giannini fermano abilitazioni nazionali: “Necessaria chiarezza”

Le discutibili abilitazioni nazionali in questi giorni sono tornate sul tavolo del ministro Stefania Giannini. Le hanno comunicato che il Tribunale amministrativo del Lazio ha già concesso quattro sospensive sui ricorsi (tanti) fatti da candidati di tutta Italia

Corrado Zunino

ROMA – Le discutibili abilitazioni nazionali in questi giorni sono tornate sul tavolo del ministro Stefania Giannini. Le hanno comunicato che il Tribunale amministrativo del Lazio ha già concesso quattro sospensive sui ricorsi (tanti) fatti da candidati di tutta Italia. Un tribunale amministrativo che consente a quattro candidati di rifare la prova è un fatto, in attesa del Consiglio di Stato, che non si può minimizzare.
Francesco Mores, il primo caso, ha visto fermare la decisione presa dalla commissione per le abilitazioni a professore di seconda fascia per il settore concorsuale 11a4: Scienze del libro e del documento e Scienze storico-religiose. Il curriculum di Mores, che aveva prodotto diverse pubblicazioni sulla storia del cristianesimo, deve essere rivalutato. Entro sessanta giorni. Lo hanno detto i giudici amministrativi della Terza sezione. E sarà un’altra commissione a rivalutare.
Sempre la Terza sezione del Tar del Lazio ha bloccato la decisione di non abilitare Stefano Benussi nel settore chirurgia-cardio-toraco vascolare. La commissione, nonostante il parere positivo di tre commissari su cinque, aveva bocciato l’aspirante prof (di prima fascia, quindi ordinario). Il Tar ha ordinato la rivalutazione del giudizio. E così è accaduto per quel giudizio non gradito, “accettabile”, dato dai valutatori sulla professoressa Greta Tellarini, Diritto commerciale della navigazione. Da riformulare. Infine, il Tar si è espresso sul tentativo di Marco Gentile di diventare docente di seconda fascia di Storia medievale: è stato bocciato, ingiustamente. I quattro giudizi su citati sono tutti da rivedere, ha detto il Tar del Lazio. Tutti da nuove commissioni.
La grande abilitazione scaccia-esami tarocchi, nelle intenzioni dell’ex ministro Gelmini e dei suoi suggeritori, è diventata nuovo cibo per avvocati. E materia per paralizzare l’arruolamento degli insegnanti nelle università italiane.
Le intenzioni del ministro Giannini sul tema le ha rivelate lei stessa lo scorso 10 marzo, all’Università di Pavia. Ha detto: “La complessa vicenda delle abilitazioni scientifiche nazionali reclama chiarezza. La chiedono le università in attesa di reclutare, la chiedono i candidati, in attesa di entrare nei ruoli della docenza, forse la chiedono anche alcuni commissari, almeno quelli (la maggior parte spero) che non hanno scambiato il rilascio di una patente di guida con la messa in moto di una Ferrari. Posso indicare con precisione un metodo: non resta che restituire i diritti strappati nel presente. Sto pensando seriamente a una riapertura per l’accesso alla seconda tornata concorsuale. E poi, nel futuro, immagino un meccanismo semplice che dia garanzia di continuità. In altri termini, non mi sento di garantire un terzo concorsone abilitante”.

“Lezioni in lingua alle elementari la mia scuola parlerà inglese”

da la Repubblica

“Lezioni in lingua alle elementari la mia scuola parlerà inglese”

intervista al ministro Giannini

Corrado Zunino

Si è insediata al ministero dell’Istruzione 31 giorni fa. Ha già dovuto affrontare la protesta degli addetti alle pulizie, il caos delle abilitazioni, le incognite dei test per il numero chiuso anticipati, il pasticcio degli scatti negati ai prof. “Si va avanti con il soffio al cuore, ma questo posto ha bisogno di progetti che poi si realizzano”, dice. E i suoi sono ambiziosi: “I nostri giovani devono imparare a dialogare col mondo, per questo serve una full immersion già alla primaria con insegnanti madrelingua o quasi. Bisogna ampliare l’offerta degli istituti tecnici specializzati a cominciare da quelli per il turismo e i beni culturali. E all’università dobbiamo superare il numero chiuso”. Ma ce n’è anche per i professori: “Più soldi a quelli che vogliono lavorare di più e soprattutto basta con concorsi nazionali e abilitazioni”. Oggi si presenterà in Senato per illustrare il suo programma di riforma. Ecco le novità
ROMA
Vorrei riuscire a trasformare un ministero dell’emergenza in un ministero di prospettiva. Un piano di tre anni, medio termine. Lo presento oggi pomeriggio in Senato. Le linee programmatiche dell’istruzione e del sapere per staccare questo Miur dal rosario di problemi che lo assedia. Li ho trovati tutti qui sopra, sulla scrivania di Benedetto Croce». Il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini, 53 anni, glottologa, ex rettore dell’Università per stranieri di Perugia, si è appena accomiatata dal Consiglio nazionale degli studenti universitari, a cui ha detto che rifinanzierà le borse di studio inserendo, però, nuove richieste di merito e che, fosse per lei, il valore legale del titolo di studio sparirebbe. In trentun giorni di guida del dicastero ha visto in ufficio i presidi toscani e quelli lombardi impossibilitati a diventare presidi, gli addetti alle pulizie da trasformare in piccoli manovali, si è occupata del caos delle abilitazioni nazionali universitarie, ha difeso lo scatto d’anzianità dei dipendenti. «È un procedere con il soffio al cuore e invece questo posto ha bisogno di progetti e di realizzazione dei progetti».
Ce ne illustra uno, ministro?
«Quattro linee politiche: programmazione, semplificazione, attuazione e verifica. Abbiamo una teoria di leggi sovrapposte, stratificate, senza un disegno cosciente. Ti strozzano. E se le leggi dall’inizio alla fine scopri che si contraddicono. Farò bene in questo ministero se toglierò, toglierò, senza aggiungere».
In quest’ottica, il primo progetto a levare?
«Il reclutamento. L’assunzione di docenti e ricercatori. Partiamo dall’università, il luogo che conosco meglio. Oggi ci sono i Tfa ordinari, quelli speciali, i Pas, le vecchie Ssis, una follia. Detto che il prossimo tirocinio formativo lo confermerò, perché non voglio fermare nulla di ciò che si muove, mi attiverò subito per varare un’unica forma di abilitazione a professore entro il 2018. I tirocini andranno fatti nel corso dell’ultimo anno di laurea magistrale, è già così all’estero. I candidati non sprecheranno mesi ad aspettare la data di riapertura di questa fisarmonica che è ormai un concorso e potranno formarsi per insegnare già durante gli studi».
Per decidere che un docente è pronto è giusto affidarsi alle abilitazioni nazionali? Stanno naufragando in un mare di curriculum irregolari.
«I ricorsi sono percentualmente bassi rispetto ai numeri mobilitati, ma le abilitazioni vanno comunque fermate. Lascerò consumare il secondo turno di questo round, poi cambierò il sistema. Mi ispirerò a quello spagnolo. La valutazione dei curriculum, delle pubblicazioni, degli articoli scientifici non avverrà in una solo periodo, i giorni del concorso. I candidati saranno valutati in continuazione da una commissione che ad appuntamenti ravvicinati, e quindi più gestibili sul piano numerico, controllerà gli archivi Cineca e offrirà il suo giudizio: “Abilitato”, “non abilitato”. Le commissioni ruoteranno. E poi saranno le
università, tenendo conto del budget a disposizione, delle loro necessità, a chiamare l’idoneo migliore».
Si torna alle assunzioni a chiamata.
«Si torna a responsabilizzare gli atenei. Basta con superconcorsi nazionali allestiti perché sospetti che il dieci per cento dei docenti stia barando. Costringi il novanta per cento serio dentro regole che non funzionano. Chiamate dirette e autonomia degli atenei».
Niente abilitazioni, mai più concorsi.
«La parola concorso non ha una traduzione nelle altre lingue, significherà pur qualcosa?».
Le università del Nord salgono nelle classifiche internazionali, quelle del Sud spariscono.
«Gli arabi dicevano che l’Italia è troppo lunga, e avevano ragione.
Bisogna riuscire a tenere insieme due cose: università di massa e rating internazionali. Al Sud c’è stato poco rigore, poca cultura dell’autovalutazione. Chi sbaglia, stavolta, perde i finanziamenti».
In generale, quei 7 miliardi destinati ogni anno alle università cresceranno?
«Nel 2014 sì, 191 milioni in più grazie al precedente ministro, Maria Chiara Carrozza. Ma questo governo tornerà a finanziare università e scuola, senza soldi non si fa nulla. Soprattutto, ogni ateneo saprà di quanto potrà disporre dall’estate precedente, non più a fine stagione».
Gli studenti le chiedono di togliere di mezzo il numero chiuso, che ormai coinvolge metà dei corsi universitari.
«Il numero chiuso è utile per fare una selezione, collegare l’offerta alla domanda. Sarei favorevole a lasciare l’accesso libero al primo anno e poi, come in Francia, selezionare gli studenti negli anni successivi».
Vuole continuare sulla strada dei prestiti d’onore? In Italia fin qui non hanno funzionato.
«Funzionano se c’è un fondo di garanzia, una tutela. È questa la strada che perseguirò».
Diceva, autonomia anche per le scuole. Anche lì insegnanti a chiamata?
«Intanto assorbiamo i 178 mila supplenti precari, su 800 mila insegnanti totali. Costano cifre spropositate. Assumendoli, risparmieremo. E poi insisto: merito e valore anche nella scuola, maestri e professori devono ritrovare prestigio mentre spesso sono demotivati da un ugualitarismo nefasto: tutti devono fare le stesse cose con lo stesso stipendio. Oggi la scuola è un acquario a cui hanno tolto l’ossigeno».
Lei, invece, vuole differenziare, premiare.
«Certo, è un’architrave del mio mandato. Gli scatti d’anzianità, ribadisco, sono arcaici. Dobbiamo consentire a chi ha voglia di lavorare e ritrovare la sua missione di insegnante di essere gratificato anche sullo stipendio».
Come?
«Creeremo nuovi ruoli, nuove funzioni. Un esempio. Il coordinatore delle materie umanistiche all’interno di un istituto avrà un premio in busta paga. E, ovviamente, lavorerà più ore. I presidi mi hanno già detto sì, sui nuovi stipendi mi muoverò subito».
E poi?
«Dobbiamo lavorare sulle lingue, mamma mia. Possibile che solo in Italia si parli questo pessimo inglese? A 18 anni bisognerebbe stare, almeno, al livello C2, quello che ti consente di dialogare con il mondo, di lavorare. L’inglese è come lo sci: o lo impari da piccolo o zoppichi tutta la vita. Cercheremo di immettere nelle nostre scuole insegnanti madrelingua o “native like”. E dovremo sperimentare classi di “solo inglese” e “solo francese”, dove alcune materie saranno insegnate solo nella lingua straniera. Le due ore a settimana propinate da insegnanti oggettivamente scarsi servono a poco».
Come gli ultimi due ministri, proverà a imitare la Germania sulle scuole tecniche e professionali?
«È necessario. Aumenteremo gli Istituti tecnici superiori, danno lavoro. Oggi sono 63. Ne apriremo nuovi legati al turismo e ai beni culturali».
Abbiamo appena letto i dati sugli iscritti alle superiori: gli alberghieri sono la seconda richiesta delle matricole, dopo i licei scientifici.
«Gli alberghieri, e con loro le scuole per periti, tutto il tecnico-professionale, vanno riqualificati. Non sono scuole di serie B, sono scuole di specializzazione. Sull’educazione alimentare, in vista dell’Expo di Milano, abbiamo appena aperto bandi per 4,5 milioni».
Con il semestre europeo?
«Daremo forza a tutte le materie umanistiche, filosofia compresa. Alla storia dell’arte. Alla musica. Ci sono cinque milioni per l’alta formazione artistica, i conservatori. E dobbiamo rafforzare la diffusione di base. Nel paese di Verdi e Puccini i nostri ragazzi non possono essere così lontani, nell’apprendimento dei rudimenti della musica, dai coetanei tedeschi».
I dieci istituti superiori che quest’anno hanno sperimentato i quattro anni al posto di cinque?
«Continueranno a sperimentare. L’idea di finire il liceo a 18 anni è giusta ed europea, ma forse non bisogna toccare i licei, piuttosto rivedere l’intero ciclo scolastico ».
E il bonus maturità?
«Non mi piace. Il destino di un ragazzo non può dipendere da una giornata: quindi diamo premi da spendere all’università ai migliori diplomati, ma valutiamoli su tutto l’arco scolastico».

Orari più lunghi per il sabato libero Nella scuola la disfida del weekend

da Corriere.it

Molti istituti della Lombardia hanno già scelto il fine settimana lontano dai libri. La lettera al premier

Orari più lunghi per il sabato libero Nella scuola la disfida del weekend

La Provincia di Milano: così in tutta Italia. Divisi docenti e famiglie. Il docente: «ma va ripensata l’organizzazione oraria»

di Antonella De Gregorio

C’era una volta il sabato a scuola, alle medie e alle superiori. Anche alle elementari, se non si faceva il tempo pieno. Oggi, con l’autonomia scolastica, il sabato è la coperta più contesa della programmazione: c’è chi la tira, per dare più respiro alla didattica, spalmando le lezioni su sei giorni. Chi la accorcia (cinque giorni di scuola e un intero weekend libero), per permettere ai ragazzi di avere più tempo a disposizione per se stessi, lo sport, le relazioni sociali; e alle famiglie di organizzare meglio i tempi domestici. All’economia locale di risparmiare sulle bollette dell’energia e sui costi dei trasporti pubblici. E ai docenti di avere, finalmente, tutti il sabato libero.

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Ma c’è chi vorrebbe che il sabato a scuola diventasse solo un ricordo, per tutti. È quanto si augura l’assessore all’Istruzione della Provincia di Milano, Marina Lazzati, che dopo aver suggerito, lo scorso anno, ai presidi del capoluogo di rivedere l’orario delle lezioni, introducendo la settimana corta, ha ora preso carta e penna rivolgendo la richiesta al presidente del Consiglio, al ministro dell’Istruzione e al responsabile della spending review, Carlo Cottarelli. «I tagli di bilancio imposti alle Amministrazioni pubbliche – scrive – stanno mettendo in seria difficoltà l’erogazione dei servizi essenziali per il buon funzionamento delle istituzioni scolastiche. Problema che investe pesantemente riscaldamento e spese di trasporto, per cui sono previste per il prossimo anno scolastico ulteriori diminuzioni di spesa». Lazzati propone di rendere «obbligatoria l’articolazione oraria settimanale su cinque giorni per tutte le scuole di ogni ordine e grado». Una scansione oraria che «comporterebbe un significativo risparmio e renderebbe le nostre scuole autentici laboratori di apprendimento, ottimizzando la qualità dell’insegnamento e l’utilizzo delle risorse».

«Molestia didattica»

Nessun taglio di ore in vista (già ridotte dalla riforma delle superiori a un massimo di 30 nei licei e 32 per istituti tecnici e professionali), ma una «diversa articolazione dell’orario». Tra i presidi, c’è chi ha aderito giudicando la proposta «ragionevole», «fattibile», «in linea con l’Europa». E chi, come il preside del classico Berchet, Innocente Pessina, l’ha definita «una molestia didattica», soprattutto per i ragazzi del triennio, che si troverebbero a sostenere giornate di sette ore in aula, con materie pesanti come latino e greco. Ma anche chi ricorda che le superiori non hanno la mensa, quindi i ragazzi dovrebbero mangiare al bar, o a casa dopo le tre.

Risorse scarse

Delle 105 scuole del territorio sono meno della metà quelle che hanno aderito, consentendo risparmi, quantifica l’assessore Lazzati, per circa tre milioni di euro. A livello nazionale non esiste un’«anagrafe» dell’organizzazione del tempo scuola, spiega Carmela Palumbo, della direzione generale per gli ordinamenti scolastici del ministero. «Ogni consiglio d’istituto può decidere – anche attraverso il voto delle famiglie – se optare per la settimana corta». Ma certo, ammette, il sesto giorno di didattica è sempre più raro, anche per ragioni di budget. Verona, Cuneo, Novara, Bergamo, Roma: sono in tanti a cercare la strada per gestire al meglio risorse sempre più scarse. La Provincia di Ferrara ha calcolato che i benefici della settimana corta nei licei cittadini consentirebbero un risparmio notevole: 120 mila euro l’anno, il costo di un dirigente.

Le polemiche

Polemiche e dissensi tra insegnanti e sindacati (che temono un aumento dell’insuccesso scolastico) e studenti: «Grave che la scuola venga guidata mettendo sempre la quadratura dei bilanci davanti alle considerazioni di carattere educativo e didattico», dice Roberto Campanelli, dell’Unione degli studenti. Settimana corta promossa a pieni voti da Pier Cesare Rivoltella, ordinario di Tecnologie dell’apprendimento alla Cattolica di Milano: il weekend libero funziona da decompressione, favorendo l’apprendimento – sostiene -. Ma va ripensato il nostro modo di insegnare. Per esempio? «Nella nostra scuola è importante la didattica frontale, ma sei, sette ore con il professore in cattedra e gli studenti seduti ad ascoltare sono troppe. Occorrerebbe utilizzare tutte le opportunità di didattica, pensare a momenti che si basano sull’esperienza, sulla collaborazione». Anche guardare oltreconfine può aiutare. In Catalogna, suggerisce il docente, è nato un «movimento dell’educazione lenta», uno «slow food» applicato alla didattica, che vede la riorganizzazione di ogni disciplina in moduli di due ore, riducendo così il numero di materie (e il carico) affrontate nella stessa giornata.

Boom dei licei al Centro-Sud Nel Nordest più istituti tecnici

da Corriere.it

I dati del Miur sulle iscrizioni all’anno 2014/15 delle scuole superiori

Boom dei licei al Centro-Sud   Nel Nordest più istituti tecnici

Uno studente su cinque allo Scientifico. Secondo indirizzo più scelto l’Alberghiero. Resiste il liceo classico (6%)

di A. D. G.

Scelgono le materie scientifiche e le conoscenze informatiche, sognano di fare gli chef e di imparare le lingue straniere. Si possono leggere le preferenze degli adolescenti italiani e i sogni per il loro futuro nei numeri resi noti dal ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca relativi alle iscrizioni al primo anno delle scuole superiori per l’anno scolastico 2014/2015. Ecco i dati: 121.686 le domande per il liceo Scientifico,  in testa alle preferenze degli studenti che a settembre entreranno «al liceo». Al secondo posto, l’istituto Alberghiero, con 48.867 domande. Salgono le quotazioni del Linguistico, preferito da 47.161 ragazzi, con un incremento di 0,6 punti percentuali rispetto a un anno fa. Fa il pieno di domande, oltre 4.000, l’indirizzo Sportivo, al suo debutto ufficiale a settembre. Si tratta di dati provvisori – i numeri definitivi saranno pubblicati nel mese di aprile – ma già rappresentativi. Così le iscrizioni al primo anno della scuola secondaria – Guarda La distribuzione regionale in % per tipo di percorso – La tabella

Tra lingue e informatica

Sono oltre 530mila gli alunni che si sono iscritti al primo anno delle superiori.  Il 50,1% ha optato per un percorso liceale, il 30,8% per un Istituto tecnico, il 19,1% per un Istituto professionale. Continua l’incremento di iscrizioni nei Licei (+1,2 punti percentuali), calano Tecnici (-0,4) e Professionali (-0,8). Fra le passioni dei ragazzi, le lingue, l’informatica, l’enogastronomia, il turismo, l’agro-alimentare. Famiglie e studenti, insomma, manifestano interesse per indirizzi che offrono prospettive concrete e competenze subito spendibili nel mondo del lavoro. Vengono privilegiati corsi che aprono al contesto internazionale e ai settori chiave della produzione del Made in Italy.

Boom dei licei

Il dato più interessante è che oltre 266mila studenti hanno scelto un indirizzo liceale e che le domande sono in crescita rispetto allo scorso anno. In percentuale, allo Scientifico va il 22,9% delle preferenze: nel dettaglio, tiene l’opzione delle Scienze applicate (6,3%), quella in cui l’area scientifico-tecnologica è più forte, mentre l’indirizzo tradizionale cala di 0,6 punti percentuali. Grande successo per le sezioni sportive dello Scientifico ai nastri di partenza quest’anno: le domande sono 4.425. Il liceo Linguistico cresce con un incremento delle preferenze di 0,6 punti percentuali e oltre 47mila iscritti totali. Tiene il Classico con il 6% di richieste: erano il 6,1% lo scorso anno. Sostanzialmente stabile il liceo Artistico. Mentre nel loro piccolo segnano un incremento di 0,1 punti percentuali i licei Musicali, che in cifre assolute fa 600 domande in più. In aumento le preferenze per le Scienze Umane: +0,3. Più di 163mila ragazzi hanno scelto un Istituto tecnico, il 30,8% del totale nazionale. Praticamente un alunno su tre opta per questi percorsi che, tuttavia, perdono 0,4 punti percentuali di iscrizioni rispetto allo scorso anno scolastico. Cala l’indirizzo Amministrazione, Finanza e Marketing (9,2% di iscritti sul totale un anno fa contro l’8,6% di quest’anno), ma resta comunque il preferito per chi frequenterà i Tecnici. Molto quotato, con oltre 25mila iscritti, l’indirizzo Informatica e Telecomunicazioni: 4,8% sul totale nazionale. In leggera crescita il Turismo, l’Agraria e la Chimica.

Professionali

Gli Istituti professionali raccolgono il 19,1% delle iscrizioni, in calo di 0,8 punti percentuali rispetto ad un anno fa. Sono la scelta fatta da oltre 100mila ragazzi. Lo scorso anno c’era stato un calo più netto: -2 punti percentuali. L’Alberghiero conserva il suo primato fra i Professionali, con quasi 49mila domande di iscrizione, il 9,2% del totale nazionale, che posizionano l’indirizzo al secondo posto fra i più richiesti in Italia.

Per regioni

Le percentuali di iscrizioni ai Licei superano la media nazionale del 50,1% al Centro-Sud. In particolare è boom nel Lazio dove il 61,7% dei ragazzi opta per un indirizzo liceale. Seguono Umbria (54,7%), Abruzzo (54,5%) e Liguria (54%). Gli Istituti tecnici piacciono di più al Nord con regioni come il Veneto (37,9%), il Friuli Venezia Giulia (37,3%), l’Emilia Romagna (34,7%), la Lombardia (34,3%) che superano ampiamente la media nazionale del 30,8% di iscritti. Al Sud fanno eccezione il Molise (34%) e la Calabria (32%). Infine i professionali superano il 20% di iscrizioni contro una media del 19,1% in Basilicata (21,7%), Emilia Romagna (21,6%), Puglia e Campania (21,5%), Marche (21,3%), Sicilia (20,9%).

Liceo scientifico, il più amato in Italia Ma l’Istituto alberghiero segue a ruota

da La Stampa

Liceo scientifico, il più amato in Italia Ma l’Istituto alberghiero  segue a ruota

I primi risultati sulle iscrizioni alle scuole superiori per l’anno prossimo Rilevata anche  una leggera decrescita di richieste per gli indirizzi tecnici

Con 121.686 richieste di iscrizione è il liceo scientifico l’indirizzo in testa alle preferenze degli studenti che a settembre affronteranno il primo anno delle scuole superiori. L’istituto Alberghiero, con 48.867 domande, è il secondo percorso di studi più scelto in Italia per il prossimo anno scolastico.

Sono alcuni dei primi risultati sulle iscrizioni alle scuole secondarie di II grado elaborati dal ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, secondo cui salgono le quotazioni del Linguistico, preferito da 47.161 ragazzi, con un incremento di 0,6 punti percentuali rispetto a un anno fa. Inoltre fa il pieno di domande, oltre 4.000, l’indirizzo Sportivo, al suo debutto ufficiale a settembre. I numeri definitivi saranno pubblicati ad aprile.

Cifre e percentuali scattano la fotografia delle scelte operate dai ragazzi e dalle famiglie. Oltre 530.000 alunni si sono iscritti al primo anno delle superiori. Il 50,1% ha optato per un percorso liceale, il 30,8% per un Istituto tecnico, il 19,1% per un Istituto professionale. Continua l’incremento di iscrizioni nei Licei (+1,2 punti percentuali), calano Tecnici (-0,4) e Professionali (-0,8). Fra le passioni dei ragazzi, le lingue, l’informatica, l’enogastronomia, il turismo, l’agro-alimentare. Famiglie e studenti, insomma, manifestano interesse per indirizzi che offrono prospettive concrete e competenze subito spendibili nel mondo del lavoro. Vengono privilegiati corsi che aprono al contesto internazionale e ai settori chiave della produzione del Made in Italy.

Nel dettaglio, oltre 266.000 studenti hanno scelto un indirizzo liceale. Le domande sono in crescita rispetto allo scorso anno.

Lo Scientifico resta comunque  il più amato con il 22,9% di iscritti sul totale nazionale: nel dettaglio, tiene l’opzione delle Scienze applicate (6,3%), quella in cui l’area scientifico-tecnologica è più forte, mentre l’indirizzo tradizionale cala di 0,6 punti percentuali. Grande successo per le sezioni sportive dello Scientifico ai nastri di partenza quest’anno: le domande sono 4.425. Il liceo Linguistico cresce con un incremento delle preferenze di 0,6 punti percentuali e oltre 47.000 iscritti totali. Tiene il Classico con il 6% di richieste: erano il 6,1% lo scorso anno. Sostanzialmente stabile il liceo Artistico. Mentre nel loro piccolo segnano un incremento di 0,1 punti percentuali i licei Musicali, che in cifre assolute fa 600 domande in più. In aumento le preferenze per le Scienze Umane: +0,3.

On line l’archivio dei test Invalsi

da La Stampa

On line l’archivio dei test Invalsi

Studenti.it mette in rete più di 2.300 prove per la scuola primaria e secondaria
roma

Il portale Studenti.it  per sostenere i ragazzi durante la preparazione delle prove d’esame. ha appena lanciato il nuovo servizio ProveInvalsi.net.

Dopo “Promosso”», la guida pratica per superare gli esami di maturità ora è la volta di  un archivio delle prove d’esame realizzate dall’Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema d’Istruzione per la scuola primaria e secondaria.

L’archivio contiene più di 2.300 test per la scuola primaria e secondaria, oltre 600 test per gli alunni diversamente abili e si arricchisce di una sezione con la più recente normativa in materia di esami e i quadri di riferimento.

Sul sito sarà possibile trovare tutte le prove Invalsi finora realizzate e adattate dall’originale per poter essere fruibili on-line e altre prove di allenamento realizzate dalla redazione del portale.

Sarà possibile svolgere online gratuitamente e facilmente tutte le prove e verificare immediatamente i risultati grazie a un sistema di correzione che al termine di ogni test restituisce il numero di risposte esatte e di quelle errate, il tempo impiegato e soprattutto offre la possibilità di rivedere e ritornare sui quesiti non corretti.

Le Prove Invalsi rappresentano un momento importante nel percorso scolastico, in particolare per gli studenti di terza media per i quali il Test – che quest’anno si svolgerà in tutta Italia il 19 giugno – è una delle prove scritte valutative degli esami finali.

Scuola, l’anomalia precari davanti alla Corte europea

da l’Unità

Scuola, l’anomalia precari davanti alla Corte europea

Oggi in Lussemburgo udienza sui contratti a tempo reiterati oltre i 36 mesi, la decisione sarà vincolante per i giudici italiani

Adriana Comaschi

Il conto alla rovescia comincia oggi. Gli occhi di centinaia di migliaia di precari della pubblica amministrazione, in primis quelli della scuola, sono puntati sul Lussemburgo, sulla Corte di Giustizia Europea chiamata a pronunciarsi sull’anomalia italiana del precariato sine die. Ovvero su quei contratti a tempo determinato da supplente su posti vacanti e disponibili, fatti sottoscrivere dai Provveditorati a settembre e chiusi a fine anno scolastico. Contratti rinnovati di anno in anno, per svolgere le stesse mansioni di chi è in ruolo (ma con stipendi inferiori). Su tutto questo, ora l’Europa potrebbe scrivere la parola ‘fine’. Se la Corte Ue giudicasse illegittimi i contratti a tempo determinato reiterati per più di 36 mesi (questione sottoposta da un giudice napoletano in seguito al ricorso di un’insegnante precaria) si capovolgerebbero le sorti di docenti e Ata (tecnici amministrativi) con almeno tre anni di servizio alle spalle, anche non continuativo. La decisione è infatti vincolante per i giudici italiani, dunque chiunque ne avesse diritto l’Anief stima 140 mila, 120 mila docenti e quasi 20 mila Ata potrebbe fare causa e vedersi assegnato il diritto al posto, o a un congruo risarcimento per il trattamento discriminatorio subìto. Non a caso in aula oggi siederanno gli avvocati dei sindacati, in prima fila Anief e Flc-Cgil che da tempo seguono e promuovono cause in questo senso. Così come da tempo invitano gli inquilini di viale Trastevere, e ora la neo ministra Stefania Giannini, ad affrontare con un piano straordinario la questione del precariato strutturale della scuola, una realtà vecchia di decenni che negli ultimi anni si attesta almeno sul 15% del totale dei docenti: «Ci sono almeno 125 mila posti disponibili, di cui 25 mila per gli Ata. Giannini ha già fatto sapere di non essere disponibile a una stabilizzazione di massa e questo ci dispiace osserva polemico il presidente Anief Marcello Pacifico -: come altro rispondere a una precarizzazione di massa?». QUEI MONITI DALL’EUROPA I numeri italiani sono in effetti del tutto sui generis, tanto da essere già finiti nel mirino della Commissione europea che a fine febbraio ha rilevato come «Non può ritenersi obiettivamente giustificata … una legislazione nazionale, quale quella italiana, che nel settore scolastico non prevede alcuna misura diretta a reprimere il ricorso abusivo a contratti dilavoro a termine successivi». Una presa di posizione che sindacati e mondo della scuola interpretano come un buon viatico. Domenico Pantaleo, numero uno della Flc Cgil, per una volta si dice «ottimista. Anche se non decidono oggi, la sentenza della Corte di Giustizia arriverà più avanti, crediamo in un possibile pronunciamento positivo, sarebbe coerente con la strada già indicata dalla Ue». I richiami in effetti sono stati diversi, a partire da una direttiva del ‘99 sul lavoro a tempo determinato, l’Italia però ha sempre tirato dritto. Ora lo spettro di ricorsi di massa o quello di pesanti sanzioni potrebbero costringerla a una brusca inversione a ‘U’, un po’ come è avvenuto per il sovraffollamento delle carceri con il governo che studia sconti di pena e rimborsi ai detenuti che hanno vissuto in condizioni condannate come «inumane» dall’Unione Europea. Intanto sono già centinaia i ricorsi a tribunali ordinari contro queste assunzioni usa e getta. «È finito in Europa un tema che qui non si è mai voluto risolvere politicamente rileva Pantaleo -, lo ribadiamo al nuovo governo: centralità e qualità della scuola non sono compatibili con il precariato strutturale». Che non solo penalizza i docenti e la continuità didattica, dunque gli studenti, specie sul sostegno. Ma a conti fatti non costituisce nemmeno un risparmio per le casse dello Stato. Ai precari infatti non vengono versati i contributi, che però sarebbero figurativi, mentre ogni estate debbono essere versati Tfr e indennità di disoccupazione. «La Ragioneria generale dello Stato ha calcolato che il mantenimento di una mole così alta di precari nella scuola è costata tra 2007 e 2012 ricorda Pacifico ben 350 milioni di euro»

Giannini presenta il programma del suo mandato

da Tecnica della Scuola

Giannini presenta il programma del suo mandato
di A.G.
Lo illustrerà il 27 marzo alla VII Commissione del Senato. Sui contenuti nessuna anticipazione. Anche perché il Ministro lavorerà sui contenuti della linea sino all’ultimo momento. Tante le questioni su cui avrà i riflettori puntati, in particolare su scatti, finanziamenti e reclutamento. Ma la “patata bollente” è il contratto. Alcuni rumors la vorrebbero giù più morbida di un mese fa: sarà vero?
Per il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, è giunto il momento di uscire allo scoperto. Dopo la raffica di interviste, alcune delle quali definite da più parti “incaute per i diversi argomenti innovativi e le linee in controtendenza, tanto da ritrovarsi in poche ore contro sindacati e social network, giovedì 27 marzo il responsabile del Miur illustrerà alla VII Commissione di Palazzo Madama le Linee Programmatiche del suo Dicastero.
Fonti vicine al palazzo bianco di Viale Trastevere ci dicono che in queste ore Giannini è impegnato con i suoi più stretti collaboratori per definire gli ultimi dettagli della relazione che presenterà ai senatori che seguono più da vicino i destini dell’istruzione italiana.
Sui contenuti delle linee c’è il più stretto riserbo. Anche perché pare che su alcuni punti, dopo un mese abbondante di frequentazione dei piani alti del Miur, si sia ammorbidita. Smussando certe posizioni rigide, come quella delle 24 ore per tutti i docenti o le superiori ridotte a 4 anni, ereditate dal partito politico di appartenenza. E per questo c’è ancora più curiosità. Soprattutto su come il Ministro intende affrontare gli argomenti centrali. Come la valutazione, il merito, gli scatti automatici, i finanziamenti (anche alle scuole paritarie), il reclutamento e gli organici. Ma soprattutto c’è tanto interesse su come Giannini vorrà gestire la “patata bollente” del rinnovo del contratto. Su quale via, a tal proposito, intende percorrere: quella della concertazione con i sindacati oppure tenterà la via legislativa, con tutte le insidie e le lungaggini che comporta.
La lista degli argomenti da affrontare sarebbe ancora più lunga. Ma è meglio fermarci qui. Il tempo delle ipotesi e delle richieste è finito. Ora la parola passa al ministro Giannini. Che inizierà a presentare il suo programma alle ore 14,00.