Conversando con Massimo

Conversando con Massimo

di Maurizio Tiriticco

Massimo Palozza è stato un mio alunno nei lontani anni sessanta, quelli della contestazione studentesca, attiva da Berkeley a Pechino, da Parigi a Roma! E gridavamo: “Ce n’est qu’un debut! Continuerons le combat”! E gridavamo anche: “Viva Marx, viva Lenin, viva Mai Tsè Tung”! La “lunga marcia” e la conquista del potere da parte dei compagni comunisti cinesi ci infiammava moltissimo! Ma non gridavamo soltanto nei cortei! Facevamo anche! Discutendo soprattutto, nelle sedi dei partiti, nelle piazze, nelle strade, davanti alle fabbriche e alle scuole. Insomma, se poi in quegli anni qualcosa è cambiato, nel costume, nei rapporti interpersonali, nel discutere, nei partiti financo, insomma io professore e Massimo studente un pezzettino di questo qualcosa lo abbiamo costruito anche noi! Senza superbia, senza millanteria. Con l’umiltà di chi la storia la fa, ma riflettendoci sopra, pezzettino per pezzettino, giorno dopo giorno! E troppo spesso per farla raccontare ad altri! Agli storici, che si avvalgono di documenti, non di fatti concreti, a cui non possono accedere. E allora, guai a dire “ai miei tempi”! Perché il tempo è sempre nostro, di ciascuno di noi, dal sorgere del sole di ogni mattino. Ed ogni giorno è diverso! E deve essere sempre una ulteriore conquista! Di pensiero e di azione. Ma… bando ai ricordi e, come si suol dire, torniamo a noi. Ebbene, penso che sul Sessantotto la ricerca storica non si sia molto diffusa! E vorrei che qualcuno mi smentisse. Io ho provato a scrivere qualcosa in merito, qualche decennio dopo. E penso che “Il mio Sessantotto” giri ancora sul web. E’ stato pubblicato nel luglio 2010 in un volume collettaneo, ricco di preziosi contributi, dal titolo ”Tutta colpa del ‘68”; sottotitolo: “la nascita del Sindacato Scuola della CGIL”, a cura di Dario Missaglia e Alessandro Pazzaglia; prefazione di Domenico Pantaleo.

Caro Massimo! Con il passar degli anni tante cose sono cambiate, anche le nostre teste, i nostri pensieri. Con nostalgia senz’altro, ma sempre con l’occhio critico sul passato, come si suol dire. E guai a dire “ai miei tempi”! Perché, come dicevano i Latini, “ruit hora”, e con le ore, passano i giorni, i mesi, gli anni e i decenni, le “cose”, le innumeri “cose” di questo mondo, i costumi, le idee, i sentimenti, gli atteggiamenti ed i concreti quotidiani comportamenti. Se io oggi, povero vecchietto malandato, mi lasciassi crescere i capelli, sarei solo ridicolo! Ma il capello lungo allora era il segno della contestazione! Uno dei tanti!Perché, oltre ai segni, c’era anche la realtà di una scelta di vita.

Torniamo a bomba! Con il corso degli anni io e Massimo siamo diventati amici e ci scriviamo costantemente su FB.Lui ha scelto l’insegnamento ed oggi è, come me, un felice pensionato. Nonché un esperto della immagine, del colore e della fotografia! E su FB ne pubblica sempre di molto belle! I soggetti? La ricca natura della splendida Ciociaria. Ebbene, oggi Massimo mi ha scritto quanto segue:

“Caro Maurizio! Non so se hai visto quella pubblicità in cui, in un prossimo futuro, i nonni raccontano ai nipoti di questa pandemia come se fossero degli eroi sopravvissuti a chissà quale cataclisma. Di tutto stanno facendo un dramma, dalla processione di bare che sfilava negli autocarri militari a Bergamo, fino ai poveri nonni costretti alla solitudine natalizia dal lockdown di queste festività. E tu vuoi parlare di valutazione, di promozioni garantite, di conoscenze, abilità e competenze non acquisite? Si sono fermati i cervelli della gente, amico mio, e non so più se ciò è da imputare alla paura di questa pandemia oppure al fatto che alla maggioranza degli esseri umani sta facendo comodo. Mio nonno, cavaliere di Vittorio Veneto, nacque per sua sfortuna nel 1899 ed è inutile che ti stia spiegando il perché gli fu conferita quella onorificenza! Aveva 17 anni quando fu chiamato al fronte e ne aveva 74 quando nel 1973 morì. La prima guerra mondiale l’ha vissuta in prima persona e dopo visse l’influenza spagnola, il ventennio fascista, la crisi del 1929 e la seconda guerra mondiale. Mi piacerebbe tanto sapere cosa penserebbe oggi di quest’Italia, che si spaventa per qualche migliaio di morti, che diventa compassionevole nei riguardi degli anziani soli, ma nello stesso tempo mette in ginocchio la cultura per favorire l’economia e la produttività!

“Ma questo lo possiamo capire tu ed io ed altri che hanno la nostra stessa visione del mondo e non so più cosa aspettarmi da questo… da un mondo dove la manipolazione delle menti crea falsi miti e falsi eroi e dove le nuove generazioni vengono educate al solo scopo di consolidare e riprodurre il consenso al sistema di vita capitalistico. Un sistema di vita e di produzione diventato prevalentemente digitale e dove le competenze sono ridotte ai minimi termini, competenze che per lo più non sono valutabili, dato che quelle richieste si modificano ad un ritmo tale da non permettere una loro regolamentazione. E allora? Dovremmo forse valutare la capacità di giudizio o la capacità di interpretazione scientifica della realtà, o meglio le conoscenze filosofiche o le abilità scientifiche? Ma chi le insegna queste cose ai nostri alunni?”

Caro Massimo! Che ne so? So solo che mia nonna Zenaide mi raccontava dei suoi due figli maschi – aveva anche quattro femmine, tra cui Jole mia madre – Dario e Decio, nati nel 1898 e nel 1899. Il primo fu spedito militare in Libia in quella assurda, infinita e inutile guerra coloniale, e lì fatto prigioniero ed in seguito scomparso. Come sai, i libici si opposero per anni all’occupazione italiana, guidati da quell’Omar Al Mukhtar, che in seguito fu catturato, processato – si fa per dire – e impiccato nel 1931 dai fascisti italiani occupanti come un volgare delinquente. il secondo, fu spedito al fronte insieme a tanti altri “ragazzi del ’99”, contro gli austroungarici e lì fu ucciso, nel suo primo giorno di quella stupida quanto inutile guerra, da una sventagliata di mitragliatrice, appena balzato fuori dalla trincea al grido di “avanti Savoia”!

Caro Massimo! Che cosa dirti? So solo che la storia non la facciamo noi, uomini e donne del giorno dopo giorno, ma uomini e donne che non sono guidati dagli interessi semplici di ciascuno di noi, ma da interessi “altri”, dettati dall’economia in primo luogo, ma non quella del pane quotidiano, quella del dollaro, del rublo, dello yen. E tutto ciò finché quell’agognato sol dell’avvenire non splenderà davvero sul nostro orizzonte! Utopia? Non so! Un forte abbraccio! Maurizio

Sofferenza e felicità nella poesia di Domenico Godino

Sofferenza e felicità nella poesia di Domenico Godino

di Giovanni Ferrari *

Rimango sempre più affascinato e arricchito nel rileggere le belle poesie del poeta coriglianese Domenico GODINO (detto MECO). Fresco di stampe e appena pubblicato presso la stamperia “rilegando” di Corigliano dicembre 2020, con ulteriore e inedite poesie: la poetica godiniana mi riporta agli anni settanta, quando seguivo i corsi di Letterature Comparate con il grande poeta Mario LUZI sul rapporto poetico tra Charles BAUDELAIRE et Edgar Allan POE presso la prestigiosa Università di URBINO.  Leggendo la sua ultima fatica letteraria, intravedo un nesso inscindibile tra poesia e sofferenza interiore,  perché nessuno meglio di un poeta come  Godino  che soffre sa elevare in versi le sue angosce, le sue paure, i suoi patimenti; sembra quasi che per piacere  e per attirare l’attenzione degli animi più sensibili, una poesia debba nascere da un dispiacere profondo, debba essere l’espressione di un animo inquieto e tormentato; sembra quasi che il suo dolore sia materia di ispirazione per chi si accinge a scrivere e che il poeta sia destinato a soffrire per rendere felici i suoi cari attraverso i suoi versi (sua madre  Carmenia, suo fratello Santino prematuramente scomparso), ma soprattutto la sofferenza dei suoi familiari, in modo particolare suo papà VITO. Per la gioia di quanti amano la poesia, probabilmente il poeta Godino, non  ci avrebbe regalato queste belle e sentite poesie, così toccanti, frutto della sua sofferenza. Queste condizioni esistenziali difficili, stabiliscono, molte volte, la base di emozioni  straordinarie, in quanto la poesia trasmette sempre felicità, anche quando scaturisce dal dolore, in sostanza possiamo affermare che nella poesia godiniana, non è la sofferenza o l’intimo travaglio ma l’energia  e la bellezza delle parole che ci esaltano e ci inebriano, indipendentemente dal loro contenuto di tristezza, pertanto, vale la pena, trarre vantaggio e piacere dalla sofferta esperienza di vita di chi sa nobilitare le sue pene attraverso la poesia, dato che nessuno meglio di chi è stato infelice può darci insegnamenti di quotidiana felicità.

Quando leggo “sempre caro mi fu quest’ermo colle…”, non avverto il dolore del poeta, non ripercorro il suo pessimismo, al contrario rimango estasiato di fronte alla potenza dei versi ed alla bellezza delle descrizioni. Ecco, quindi che la poesia, che nasce dal dolore, diventa per me un momento di gioia, tutto ciò non significa che io sia indifferente al dolore. Posso anche capire ed immedesimarmi nella poetica e nella sofferenza godiniana, in questo caso io percepisco solo la sublimazione della parola, la sua vitalità che mi fa dimenticare da cui scaturisce. Nella poetica godiniana, “Meco”  tocca tante tematiche e mette a fuoco tante sofferenze e tante ingiustizie, riportandoli in versi, cercando di coinvolgere chi legge attraverso la sua rabbia e la sua indignazione.

Le poesie di Domenico GODINO, sono un verbo immacolato, una riserva di consapevolezza e di felicità nell’ascolto, in quanto chi ascolta scopra chi è  e sappia ascoltare sempre meglio, il pensiero e l’espressione del nostro essere, la sofferenza esiste come dato originario: essa ha a che fare con la nascita e con la morte, con il tempo e con il mutamento.

Bellezza e felicità vanno spesso braccetto, e si scrive per tormenti ma anche ebbri di gioia ma anche  chi scrive, scrive come respira, per default, quindi è vero che per scrivere devi avere in quel momento uno stato di rabbia o dolore o fastidio profondo.

(*) Dipartimento di Economia, Società, Politica – Università degli Studi di URBINO “CARLO BO”

Assenze scuola durante il covid: ecco i nuovi codici nell’area SIDI

da OrizzonteScuola

Di redazione

Il Ministero dell’Istruzione, con la nota del 22 dicembre, spiega che nell’area SIDI Variazioni di Stato Giuridico‐Assenze sono disponibili nuovi codici per la gestione dell’emergenza Covid 19.

Nella categoria “MALATTIA” sono stati introdotti i seguenti codici relativi agli artt. 26 e 87 del D.L. 18/2020:

Codici AA09 (Assenze personale di ruolo) / AN27 (Assenze personale a tempo determinato)

–Assenza per emergenza covid‐19: Una volta selezionato il codice è necessario indicare in Tipo di malattia Covid se si tratta di “in attesa dell’esito del tampone”, “per contact tracing”, “positivo con sintomi e senza sintomi”, “convivenza con persona positiva”.

Nella categoria “CONGEDI PARENTALI” sono stati introdotti i seguenti codici relativi all’art. 13 comma 3 del D.L. 149 del 9.11.2020:

Codici B032 (Assenze personale di ruolo) / HH32 (Assenze personale a tempo determinato) – Congedo parentale covid‐19 per quarantena scolastica figli (dai 14 ai 16 anni);

e sono stati aggiornati i seguenti codici (relativi a Art. 21‐bis, D.L. 14 agosto 2020, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla L. 13 ottobre 2020, n. 126 in sostituzione dell’art.5 DL 111 dell’8.9.2020, abrogato dall’art. 1, comma 2, L. 13 ottobre 2020, n. 126) per recepire anche l’art. 13 D.L. 149 del 9.11.2020:

Codici B031 (Assenze personale di ruolo) / HH31 (Assenze personale a tempo determinato) – Congedo parentale covid‐19 per quarantena scolastica/sospensione didattica figli. Una volta selezionato il codice è necessario indicare in dichiarazione del tipo assenza se si tratta di “assenza per quarantena scolastica” o per “assenza per sospensione didattica in presenza figlio”.

Si precisa che per i nuovi codici non sarà prodotto sul SIDI il relativo provvedimento.

Per maggiori dettagli si rimanda al file SG1‐PA‐GEN‐CodAssDocATA, disponibile in SIDI al percorso:

Documenti e manuali ‐ > Personale Scuola ‐> Guide operative ‐> Assenze e Posizioni di stato: ‘Codici Assenze e Posizioni di stato’.

LA NOTA


Dal 7 a scuola: trasporti ok; ingressi forse scaglionati

da La Tecnica della Scuola

Sembra proprio che nel corso della conferenza unificata Stato-Regioni ed enti locali si sia trovata l’intesa sulla riapertura delle scuole il 7 gennaio, come ha dichiarato il presidente dell’Anci e sindaco di Bari, Antonio Decaro: “La scuola superiore riapre il 7 gennaio. È un bene per tutti, senza distinzioni. Lavoriamo per assicurare le migliori condizioni possibili e per garantire sicurezza ai ragazzi e tranquillità alle loro famiglie”.

La ministra dei Trasporti e delle Infrastrutture Paola De Micheli,  a sua volta, in una intervista rilasciata al Messaggero, ha dichiarato: “La scuola ripartirà in sicurezza sul fronte dei trasporti pubblici. In alcune città stiamo affrontando ancora qualche criticità. Il Mit ha assegnato le risorse, indicato le linee guida, avviato il coordinamento e monitora costantemente l’evoluzione della situazione, ma ai tavoli provinciali dei prefetti la riapertura della scuola si organizza in base alle esigenze locali”.

“Il ministero ha fornito le risorse per acquistare nuovi mezzi, implementa il materiale rotabile. L’organizzazione costituzionalmente è attribuita alle Regioni. Non abbiamo potuto imporre norme alle Regioni e alle varie autonomie scolastiche. Abbiamo messo in campo 3 miliardi di risorse per sostituire la flotta dei bus e 390 milioni per implementare l’offerta con il noleggio da privati. E indicato, dopo aver sentito gli esperti, gli indici di riempimento”.

In alcuni capoluoghi si parla pure di ingressi scaglionati in due turni : il primo, per una quota pari al 50% degli studenti, alle  8; il secondo, per il restante 25%, alle 9,40.

Ipotesi attorno ai quali si discute con la partecipazione anche delle prefetture che dovrebbero redigere il documento operativo entro il 31 dicembre.

Col Covid cresce l’esercito di giovani Neet che non studiano né lavorano

da La Tecnica della Scuola

L’Italia detiene da anni il triste primato dei Neet, i giovani di età compresa tra i 15 e i 24 anni che non studiano né si formano e non hanno un’occupazione: il Coronavirus ha aggravato la situazione di questo esercito di ragazzi senza meta giornaliera. Lo dice il rapporto trimestrale sull’occupazione pubblicato dall’esecutivo dell’Unione europea.

I dati peggiorati

Nel nostro Paese – si legge nel rapporto finale dello studio – i giovani tra i 15 e i 24 anni che non lavorano né studiano hanno raggiunto in percentuale il 20,7% nel secondo trimestre del 2020: si tratta di un dato record seguito da quello messo a segno dalla Bulgaria (15,2%) e dalla Spagna (15,1%).

Nel secondo trimestre in tutta l’Unione europea il tasso di Neet è aumentato dell’11,6% rispetto allo stesso trimestre del 2019: solo che in Italia è salito di più. Soprattutto tra i 15-29enni: i Neet nel Belpaese si sono incrementati di oltre 10 punti oltre la media Ue del 14,8%.

Nella media del 2019 i Neet italiani tra i 15 e i 24 anni erano il 18,1% del totale della popolazione nella fascia di età considerata (con quasi un ragazzo su cinque a spasso, senza scuola e senza lavoro) mentre la percentuale in Ue si fermava al 10,1%. (5,7% in Germania, 10,6% in Francia). Nella fascia 15-34 anni, sempre nel 2019 i Neet in Italia erano il 23,8% a fronte di una media Ue del 14%,8.

Italia maglia nera nell’Ue

Insomma, il dato italiano che rimane sempre di gran lunga il peggiore in Europa

Nei mesi successivi la situazione è migliorata, probabilmente a seguito della riattivazione di una buona parte delle attività e della ripresa dei contratti stagionali avviati la scorsa estate

Secondo lo studio Ue, quindi, la pandemia ha “inasprito una situazione già difficile per i giovani italiani che restano tra i meno istruiti e i meno occupati in Europa”. Ora, però, con la seconda ondata si teme di nuovo un aumento dei Neet.

Titoli di studio in Italia: non va meglio

Anche per quanto riguarda i titoli di studio conseguiti in Italia le cose non vanno meglio. Dal Report dell’Istat pubblicato in estate risulta che gli italiani risultano tra fra gli ultimi in Europa pure per il livello di istruzione: solo Spagna, Malta e Portogallo hanno valori inferiori all’Italia.

Nel nostro Paese il 62,2% delle persone tra i 25 e i 64 anni in Italia detiene almeno il diploma, mentre la media dei 28 Paesi dell’Ue è pari al 78,7%.

Sui singoli Paesi il gap diventa ancora più alto: si guardi, ad esempio, all’86,6% della Germania, all’80,4% della rancia, all’81,1% del Regno Unito.

Carta docente, acquisti di hardware per la DaD fino al 31 dicembre

da La Tecnica della Scuola

Fino al 31 dicembre 2020, con i 500 euro della Carta Docente è ammesso l’acquisto di dispositivi hardware finalizzati all’aggiornamento professionale anche per organizzare una didattica a distanza come webcam e microfoni, penne touch screen, scanner e hotspot portatili.

Si tratta di acquisti normalmente non consentiti, che però sono invece stati ammessi per venire incontro alle esigenze degli insegnanti alle prese con la didattica a distanza in periodo di emergenza da Covid-19.

Al momento non si ha notizia di un’ulteriore proroga della misura in questione, quindi, per i docenti interessati ad acquistare questi strumenti, è bene tener presente la scadenza del 31 dicembre.

Come accedere al bonus

Per accedere al bonus dei 500 euro previsti per l’anno scolastico 2020/21 e agli importi dei buoni non validati relativi all’a.s. 2019/20 si utilizza lo SPID.

Gli insegnanti possono consultare la composizione del proprio borsellino elettronico attraverso la specifica funzione di “storico portafoglio”.

Cosa di può acquistare

I 500 euro per i docenti si possono spendere in diversi modi:

  • libri e testi, anche in formato digitale, pubblicazioni e riviste comunque utili all’aggiornamento professionale;
  • personal computer, computer portatili o notebook, computer palmari, e-book reader, tablet, strumenti di robotica educativa;
  • software;
  • iscrizione a corsi per attività di aggiornamento e di qualificazione delle competenze professionali, svolti da enti accreditati presso il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca;
  • iscrizione a corsi di laurea, di laurea magistrale, specialistica o a ciclo unico, inerenti al profilo professionale, ovvero a corsi post lauream o a master universitari inerenti al profilo professionale;
  • titoli di accesso per rappresentazioni teatrali e cinematografiche;
  • titoli per l’ingresso a musei, mostre ed eventi culturali e spettacoli dal vivo;
  • iniziative coerenti con le attività individuate nell’ambito del piano triennale dell’offerta formativa delle scuole e del Piano nazionale di formazione.

Ricostruzione di carriera, domande dopo la conferma in ruolo: scadenza 31 dicembre

da La Tecnica della Scuola

Mancano pochi giorni al termine ultimo per presentare domanda di ricostruzione di carriera.

Tale istanza si può inoltrare, dopo la conferma in ruolo, per poter godere dei maggiori benefici economici che derivano dal nuovo inquadramento economico risultante dalla maggiore anzianità di servizio derivante dal computo di tutti i servizi effettuati negli anni precedenti.

È perciò consigliabile presentare le pratiche per la ricostruzione subito dopo aver superato il periodo di prova.

Quando presentare domanda

Ai sensi dell’art. 1, comma 209, della legge 107/2015 “le domande per il riconoscimento dei servizi agli effetti della carriera del personale scolastico sono presentate al dirigente scolastico nel periodo compreso tra il 1° settembre e il 31 dicembre di ciascun anno, ferma restando la disciplina vigente per l’esercizio del diritto al riconoscimento dei servizi agli effetti della carriera. Entro il successivo 28 febbraio, ai fini di una corretta programmazione della spesa, il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca comunica al Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato le risultanze dei dati relativi alle istanze per il riconoscimento dei servizi agli effetti della carriera del personale scolastico”.

Come si presenta

La domanda va presentata utilizzando le funzioni presenti sul Portale delle Istanze on Line (Polis).

La funzione “Richiesta di Ricostruzione Carriera” consente al personale docente, agli insegnanti di religione cattolica, al personale educativo e ATA, di inoltrare la domanda di ricostruzione di carriera alla propria istituzione scolastica di titolarità o sede di incarico triennale.

Inoltre, con un’altra apposita funzione (“Dichiarazione Servizi”), il personale potrà inviare alla scuola di titolarità o sede di incarico triennale l’elenco dei servizi utili ai fini della ricostruzione, validando quelli già inseriti a sistema o inserendo quelli che eventualmente non vi risultano, quelli svolti presso istituzioni scolastiche non statali o presso altre Amministrazioni.

Cosa fa la scuola

La scuola alla quale viene indirizzato l’elenco dei servizi provvederà, entro il 28 febbraio dell’anno successivo, alla verifica dei medesimi presso le altre istituzioni scolastiche o presso le Amministrazioni citate, avvalendosi anch’essa delle funzioni appositamente attivate a SIDI ed emetterà il relativo decreto di ricostruzione, se si tratta della scuola di titolarità o di incarico triennale del docente.

Primo anno della Ministra Lucia Azzolina

da La Tecnica della Scuola

Lo scorso anno, proprio in questi giorni all’indomani dell’approvazione della Legge di Bilancio, il Ministro dell’Istruzione e dell’Università (MIUR), Lorenzo Fioramonti, in linea di coerenza con i suoi principi e con la dichiarazione “Se non ci sono almeno tre miliardi per la scuola, mi dimetto” consegnava al premier Giuseppe Conte, la lettera di dimissioni.

Il presidente del Consiglio, salomonicamente decise di scorporare il Ministero: Lucia Azzolina, allora sottosegretario all’Istruzione, fu promossa a capo del Ministero della Scuola, (MI) mentre Gaetano Manfredi fu nominato Ministro dell’Università, della Ricerca Scientifica e Tecnologica. (MURST)

Non poteva mai aspettarsi, però, Lucia Azzolina, che il suo dicastero sarebbe finito al centro della più grave emergenza dal secondo dopoguerra: il Covid-19 ha sconvolto la scuola e ancora oggi si fa i conti con la pandemia.

E’ trascorso un anno e sembra quasi un secolo per tutti gli avvenimenti che hanno caratterizzato l’anno 2020, che ha prodotto profonde trasformazioni di relazioni e di comportamenti civili che rendono “diversa” la vita sociale, politica e culturale.

La scuola si è adeguata alle esigenze sanitarie ed ha intrapreso il cammino della didattica a distanza, vera rivoluzione pedagogica, affrontata, però, senza la strumentazione tecnologica e di preparazione tecnica e culturale degli operatori.

Anche gli esami “diversi” per modalità e significato hanno segnato una svolta nell’approccio allo studio e alle prospettive future, orientate verso un nuovo modo di lavorare e di comunicare.

Come soldati al fronte si è cercato di arginare il pericolo, ma le numerose bare restano sempre l’immagine di un anno funesto e la sua cicatrice tarderà a rimarginarsi.

Tanti docenti e dirigenti si sono trovati in gravissime difficoltà, alcuni hanno fatto delle scelte impensabili quale quella di rinunciare al ruolo, altri scorrono i giorni del calendario per concludere il servizio attivo e andare in pensione.

Il 7 gennaio si tenta la nuova riapertura, che nella scuola secondaria di secondo grado prevede la presenza del 50% degli studenti, con ritmi e orari diversificati, ai quali non si è abituati e quindi si prevedono giustificati disagi e rallentati percorsi di apprendimento.

Sembra davvero passato un secolo da quella sera di Natale di un anno fa, quando le agenzie di stampa dettarono la notizia delle dimissioni di Fioramonti. Chissà se, con il senno di poi, l’attuale deputato del gruppo Misto, sia davvero pentito della scelta, considerando che la scuola ha gestito molto più delle somme richieste, ma, chissà se la scuola, guardandosi allo specchio riconosce il suo volto, la sua immagine, la sua identità.

Ai posteri l’ardua sentenza”.