Verticale che passione!

Verticale che passione!
In ricordo di Giancarlo Cerini

di Marisa Bracaloni

Ho letto con profondo dispiacere della morte di Giancarlo Cerini, è stata una notizia improvvisa e inaspettata che mi ha gettata nello sconforto.

Quando scompare una persona importante ci si aggrappa al passato per fissare meglio il suo ricordo nella memoria, ma la figura di Giancarlo Cerini resterà invece nel presente e continuerà ad influenzare il futuro per gli importanti contributi offerti nel suo lavoro. 

Come possiamo dimenticare le sue idee pedagogiche leggendo i bellissimi “Orientamenti per la scuola dell’infanzia”, alla cui stesura partecipò attivamente e in modo determinantenegli anni novanta.

Lavorando a quel tempo nella scuola dell’infanzia, apprezzai molto quel documento che orientava il lavoro e valorizzava un segmento di scuola che Cerini riteneva molto importante per lo sviluppo del bambino e a cui sempre dedicò attenzione e cura considerandolo “Il gioiello di famiglia”.

Agli inizi del 2000 Cerini fu presente nello scenario italiano per la sua posizione a favore dell’autonomia scolastica e per il sostegno alla creazione di nuove figure professionali quali ad esempio le funzioni obiettivo.

Posizione molto scomoda allora perché erano ruoli mal visti che creavano sospetti e timori e, poiché nessuno sapeva chiaramente “chi doveva fare cosa” gli insegnanti cercavano coraggio e chiarezza tra di loro, creando gruppi di lavoro.

Cerini dotato di lungimiranza incoraggiava le novità e viveva le scommesse sul futuro con forza e coraggio, partecipando alle discussioni e dando il suo contributo personale. Pur essendo convinto sostenitore di una scuola democratica e inclusiva, era favorevole a diversi ruoli in base alla disponibilità, capacità e vocazione di ciascuno.

Durante la partecipazione ad un forum virtuale lo conobbi ed iniziò così una collaborazione durata un decennio.

Prima per la diffusione degli Istituti Comprensivi. La valorizzazione ed espansione di queste scuole che raggruppavano infanzia, primaria e secondaria di primo grado, veniva vista come importantissima in quanto seguiva un percorso coerente di sette anni accompagnando l’alunno fino alle soglie dell’adolescenza.

Nacque su questo tema una rubrica in Edscuola a cui Cerini volle dare il nome “Verticale che passione!

E la passione nel fare le cose fu proprio la caratteristica con cui si dedicava al suo lavoro.

Passione ma anche misura e sobrietà, a Cerini non piaceva la confusione, la sciatteria, le urla. Era un uomo tollerante e rispettoso, ma anche esigente e chiedeva ai collaboratori professionalità e impegno. I suoi silenzi erano significativi, se non rispondeva o ignorava una domanda o uno scritto o un pensiero, voleva dire che quella domanda o quel pensiero andava corretta o riscritta perché non andava bene. Per collaborare con lui, bisognava studiare e molto.

Nel 2004 la diffusione dei comprensivi si arrestò e si temette anche la loro soppressione a favore di altri modelli di scuola.

Fu allora che Cerini promosse varie iniziative sia sulla composizione dei Comprensivi sia sul curricolo che costituisce la base degli Istituti e che egli riteneva fondamentale per il fluire armonioso del percorso di ogni bambino. 

Per molti anni si è visto impegnato in presenza nelle scuole per aiutare gli insegnanti a risolvere le problematiche. I suoi interventi, che poggiavano su un semplice canovaccio di idee, erano interessanti, coinvolgenti e chiari. Accompagnati sempre da esempi pratici e indicazioni didattiche.

La scuola era dentro di lui e non aveva bisogno di preparare un discorso preconfezionato, lui parlava e raccontava “cosa e come una cosa si poteva fare”.

E’ stato un uomo disponibile, che non si tirava mai indietro anche quando gli veniva richiesto un gran sacrificio.

Come ad esempio quando gli chiesero aiuto i dirigenti e gli insegnanti delle piccole scuole di montagna, destinate a scomparire per la riorganizzazione del servizio.

Cerini cominciò a seminare chilometri su e giù per l’Appennino, raggiungendo anche zone isolate, per incontrare quelle realtà.

Durante un paio di convegni organizzati da queste piccole scuole di montagna a cui volli partecipare, mi resi conto di quanto fosse conosciuto e stimato. Insegnanti e genitori si rivolgevano a lui con simpatia ed emozione. Ha coniugato passionalità e sobrietà, teoria e pratica, autorevolezza e rispetto, amore per la scrittura e per la tecnologia, disponibilità alle innovazioni e rispetto delle buone tradizioni.

Ha costituito un vero modello da seguire.

L’arte del tagliare

Ministero dell’Istruzione, ovvero l’arte del tagliare

di Mario Maviglia

Molti predecessori del Ministro Bianchi hanno abusato fin troppo dell’arte del tagliare (o del togliere), riducendo il numero delle classi, dei posti docente, dei plessi, dei finanziamenti.

Ne parla lo stesso Bianchi nel suo ultimo libro Nello specchio della scuola: la spesa per l’educazione in Italia, per tutti i settori, è passata dal 9,21% della spesa pubblica nel 2009 all’8,4% nel 2012, al 7,81% nel 2016.

E sempre l’attuale Ministro ci ricorda che negli stessi anni la Germania passava rispettivamente dal 10,19% all’11,03% al 10,93%.

Insomma, mentre nel periodo considerato l’Italia operava tagli selvaggi nel campo dell’istruzione, la Germania manteneva gli stessi livelli di spesa, e anzi li incrementava, sebbene di poco.

Insomma, in viale Trastevere il Ministro Bianchi troverà un consolidato know how in materia di tagli, qualora volesse proseguire su questa strada.

Ma anche nell’attuale compagine governativa c’è qualche collega dell’attuale Ministro che può dargli utili suggerimenti su come operare “economie” sulla scuola.

Ma a noi piace pensare che il Ministro Bianchi voglia esercitare l’arte del tagliare rivolgendola ad altri ambiti per alleggerire veramente la scuola da zavorre che la stanno soffocando.

Gliene indichiamo alcuni, senza alcuna pretesa di esaustività:

– Occorrerebbe dare una bella sforbiciata a tutta la burocrazia che opprime la scuola e il lavoro dei suoi operatori. Tra circolari, note, direttive, ordinanze, e chi più ne ha più ne metta, le scuole vengono inondate di una massa assolutamente ingiustificata di richieste, indicazioni, ordini, sollecitazioni. L’Amministrazione sembra sovente dimenticare che alle scuole è affidato il delicato compito di educare, formare e istruire le giovani generazioni e che l’attività amministrativa è a supporto di questi prioritari e importanti obiettivi, non viceversa. In una ipotetica scala di valori, la scuola sta al primo posto, l’Amministrazione più in basso. C’è da sperare che il Ministro ricordi ogni tanto all’establishment burocratico ministeriale questa lapalissiana verità. Questa superfetazione amministrativa si è talmente insinuata in tutte le diramazioni del sistema scolastico che non ne sono immuni nemmeno i dirigenti scolastici, tant’è che alla produzione dell’Amministrazione Centrale e Periferica si aggiunge quella delle singole scuole con effetti devastanti per la vita delle scuole. L’aspetto più irritante di questa faccenda è che buona parte dei dati che vengono richiesti alle scuole o ai singoli docenti di solito sono già in possesso della PA, ma i sistemi informatici non dialogano tra di loro e dunque ogni volta occorre fornire elementi che sono sicuramente allocati in qualche snodo della rete telematica.

 – Bisognerebbe tagliare drasticamente gli inutili monitoraggi che si abbattono sulle scuole e che hanno il sapore più di stalkeraggio burocratico che di strumenti di gestione. Andrebbe vietato nel modo più assoluto a dirigenti e funzionari di richiedere alle scuole dati e informazioni che posseggono già. Le scuole sono deputate alla gestione dei processi di apprendimento e di socializzazione, non alla produzione di scartoffie o alla compilazione di schemi, dati, rapporti la cui finalità sfugge quasi sempre ai compilatori. I risultati di questi monitoraggi nella stragrande maggioranza delle volte si perdono nei meandri della burocrazia e non vi è alcun ritorno su chi ha fornito i dati, oltre che non esserci alcuna ricaduta sull’innalzamento della qualità del sevizio scolastico. Talvolta sorge il dubbio che tutto ciò serva solo a giustificare l’esistenza di determinati uffici.

 – Occorrerebbe avere il coraggio di togliere di mezzo i commi 5bis e 6 dell’art. 19 del D.Lvo 165/2001 (nomina di dirigenti di seconda fascia senza concorso) che in Italia sono sinonimo di malaffare e di pratiche clientelari. Sappiamo che questa norma riguarda tutta la Pubblica Amministrazione e non solo il settore dell’Istruzione, ma ilMinistro dell’Istruzione potrebbe farsi promotore per un superamento di questo istituto pregno di fenomeni corruttivi. E se proprio non può far abrogare questo inciampo giuridico, potrebbe almeno la gestione delle procedure comparative a soggetti esterni all’Amministrazione interessata alle nomine: forse non verrà debellato il malaffare, ma sicuramente può essere attenuato, e di molto.

 – Sarebbe auspicabile togliere buona parte dei meccanismi garantistici del personale che ingessano l’azione della scuola e cristallizzano situazioni critiche. Non siamo per i facili licenziamenti. Tutt’altro. Ma c’è un limite alla decenza. Se un soggetto non è in grado di fare il proprio lavoro (dal collaboratore scolastico al dirigente) è bene trovargli un’altra occupazione. Se il soggetto in questione è un docente la cosa è ancor più delicata perché non si comprende per quale motivo gli allievi non debbano vederrispettato il loro diritto all’apprendimento. Le zavorre sono indispensabili in certe imbarcazioni, a scuola se ne può fare a meno. Il discorso, ovviamente, vale per tutto il settore della PA, e non solo per la scuola.

 – Sarebbe necessario togliere buona parte delle norme riguardanti la privacy. In una società che esibisce ad ogni pie’ sospinto, attraverso i mass media, vita morti e miracoli di ognuno di noi, le norme sulla privacy a scuola stridono in modo indisponente. Si arriva al paradosso che l’insegnante non può riprendere in classe uno studente perché questo lede la privacy. Arriveremo a dotare ogni studente di un nickname per garantire la riservatezza dell’identità?

 – Richiedere un taglio drastico del precariato a scuola suona come un’aspirazione del tutto utopica. Un modo comunque ci sarebbe per tentare di risolvere il problema: basterebbe fare concorsi regolari e alle scadenze previste, evitando che si creino sacche di precariato oltre il limite fisiologico.Certo, se si pensa che tutta la procedura concorsuale possa essere gestita senza che i commissari (di solito dirigenti scolastici e docenti) possano essere esonerati dal servizio, allora ogni concorso avrà una vita difficile, come si è visto recentemente, perché non si possono fare le nozze coi fichi secchi (o, se preferisce, non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca…). 

Tutte le misure elencate sopra – a parte l’ultima – non comportano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica (come con ragionieristica puntigliosità viene spesso riportato negli atti pubblici). Anzi, a pensarci bene, anche quest’ultima voce potrebbe essere comodamente sostenuta dalla finanza pubblica: basterebbe acquistare un F35 in meno per l’aviazione militare (costo unitario di circa 100 milioni di euro).

Con tutti i tagli proposti sopra, si potrebbero liberare energie e risorse per la scuola e rendere più efficace ed efficiente l’azione delle istituzioni scolastiche. Ma sembra che l’innalzamento della qualità dell’istruzione e della formazione in Italia non sia un valore così importante da perseguire.

Scuola d’estate, tutti contro: presidi, professori e studenti: «È stato un anno faticoso»

da Corriere della sera

Valentina Santarpia

Sembrava la soluzione panacea per compensare i deficit dei ragazzi e recuperare quanto perso in un anno scolastico a dir poco complicato: e invece il piano estate presentato dal ministero dell’Istruzione, con un cospicuo fondo per gli istituti, non ha riscosso l’entusiasmo immaginato. Secondo un sondaggio lanciato dal sito Orizzonte scuola, e a cui finora hanno risposto in 5 mila, oltre il 70% delle scuole non intende partecipare e il 10% è ancora indeciso. Quanto agli studenti, stando almeno ai pareri raccolti dalla piattaforma Skuola.net, 8 su dieci si guarderebbero bene dall’aderire a eventuali attività organizzate a scuola. Anche il sondaggio di Tecnica della scuola ha finora raccolto più dissensi che adesioni: il piano non interessa circa l’80% degli addetti ai lavori, ovvero i 4.447 lettori, suddivisi tra docenti (67.1%), genitori (22.9 %), studenti (7.8%) e personale Ata (1.5%). Più di tutti, ha detto di non volere essere coinvolta la categoria degli insegnanti: addirittura l’87,7% dei docenti ha detto di non volere partecipare alle attività, contro appena il 7.5% dei sì. Altrettanto disinteressati si sono detti gli studenti, per la maggior parte di scuola superiore di secondo grado, che hanno espresso il loro dissenso, facendo registrare una percentuale pari all’81.2% di posizioni contrarie. Anche tra i genitori non sembra esserci un interesse altissimo: solo il 23.3%, uno su quattro, sembrerebbe orientato a far frequentare le attività estive organizzate nelle scuole.

I dubbi sui rimborsi e sul contratto

Il punto è che il piano richiede un grosso coinvolgimento di presidi, insegnanti, e anche collaboratori scolastici, che dovrebbe essere impegnato molto più a lungo e in maniera continuativa rispetto a quanto avviene oggi: in genere, con la chiusura delle scuole l’attività si rallenta. «Condividiamo il significato politico e il valore sociale del Piano estate 2021, specie con riferimento ai soggetti meno tutelati e, quindi, più colpiti dai nefasti effetti della pandemia- spiega il presidente dell’associazione nazionale presidi Antonello Giannelli – Non possiamo ignorare però che l’organizzazione del piano è affidata al personale scolastico, estremamente provato da un anno scolastico terribilmente faticoso. Qualsiasi esercito ha bisogno di riposarsi tra una battaglia e l’altra e questo principio è valido anche per la scuola». I dirigenti potrebbero tirarsi indietro? No, spiega Giannelli: «Sappiamo bene che i colleghi assicureranno, come hanno sempre fatto, il loro impegno per il Paese con lo straordinario senso di responsabilità che li contraddistingue» ma «chiediamo che questo sforzo sia adeguatamente compreso e valorizzato dall’Amministrazione- insiste- Non possiamo fare a meno di evidenziare, infatti, che l’attuazione del Piano Estate richiede ai dirigenti un surplus di lavoro». Non si tratta solo di risorse e ricompense, in realtà. Come sottolinea la preside del liceo scientifico Righi di Roma, Monica Galloni, «il Piano Estate è una idea valida ma avulsa dal contesto più generale del contratto di lavoro degli insegnanti. È tardiva, in un anno scolastico infinito, eterno e pieno di cambiamenti. Non si può continuare a lavorare a macchia di leopardo e chiedere a poco più di un mese dalla fine senza indicarmi le risorse che avrò a disposizione e senza dire prima quanto mi paghi. Perché la mancetta ai professori, no!».

I nodi: personale amministrativo e tempi burocratici

Al di là di contratti e impegni, la verità è che chi ha lavorato in anticipo per tenere aperte le scuole d’estate, non dovrà far altro che chiedere i finanziamenti e metterli a frutto. Ma per chi non aveva in programma un proseguimento delle attività scolastica, significa mettere a punto in un mese un’organizzazione non da poco. Lo spiega Alfonso D’Ambrosio, preside della scuola di Vo’Euganeo che già ha il piano pronto per l’estate: «Ho diverse perplessità, secondo me non sarà facile per chi non si è già organizzato. Non ci sono i tempi. Noi abbiamo avviato il primo luglio 2020 il patto territoriale con i nostri Comuni, con una lettera di intenti, e scritto il progetto a settembre 2020. A quel punto lo abbiamo presentato all’ufficio scolastico regionale del Veneto, e abbiamo avuto 20 mila euro: con questi fondi ora eroghiamo circa 300 ore, spendendo circa 5700 euro, e con gli altri soldi compreremo il materiale. Questo è un altro problema: questi moduli non prevedono non l’acquisto di materiali, se non quelli di facile consumo. Per cui se ad esempio una scuola vuole fare un’attività di robot, se non la fa normalmente, deve comprare da sé ciò che serve quindi questo limita le attività a quelle che una scuola deve solo potenziare. Se per il 21 maggio bisogna presentare le domande, con la pubblicazione delle graduatorie definitive (il 23-24 maggio) bisogna iniziare a fare gli avvisi per affidare l’incarico a chi si occuperà dei progetti: un avviso per un esperto esterno (associazioni o altri docenti di altre scuole), supposto che non ci siano esperti interni, richiede almeno 15 giorni. Quindi siamo già arrivati al 10 giugno: a quel punto tra avvisi, comunicazioni e graduatorie definitive, difficilmente si può partire prima del 20-25 giugno. Quindi abbiamo perso il momento più importante, giugno, quando buona parte degli studenti e insegnanti sono ancora presenti. E arriviamo a luglio e agosto, periodo meno efficace, perché i docenti iniziano a prendere le ferie e i ragazzi a partire. Infine, la gestione di un Pon richiede un impegno amministrativo enorme, che non tutte le scuole possono assumersi per tre mesi, per motivi di personale: nelle scuole piccole come la mia si chiude alle 14 e c’è un solo amministrativo per turno per più plessi. Noi ci siamo messi in rete con altre scuole per unire le forze. Forse non bisognava chiamarlo piano estate- conclude D’Ambrosio- ma patto educativo di comunità e spingere i dirigenti a farlo partire durante tutto l’anno, con un respiro diverso: avrebbe messo meno in criticità le scuole».


Vaccino covid per docenti e ATA, la somministrazione potrebbe riprendere fra due settimane

da OrizzonteScuola

Di redazione

Le vaccinazioni tra i lavoratori della scuola potrebbero riprendere tra due settimane. Ad annunciarlo, in un’intervista rilasciata a Fanpage.it, Graziamaria Pistorino, della segreteria nazionale FLC CGIL.

Abbiamo sollecitato i due Ministeri dell’Istruzione e della Salute per la ripresa delle vaccinazioni a insegnanti, amministrativi e personale Ata: riprenderanno presto, speriamo tra due settimane“, ha detto la sindacalista.

Sarebbe segnale importante per la nostra categoria che per mesi è stata molto esposta. Probabilmente i tempi sono legati alla disponibilità delle dosi e dal completamento della vaccinazione delle fasce di età più avanzate“.

Il Ministero dell’Istruzione, nella giornata del 20 aprile, ha reso noto alle forze sindacali i dati sulla vaccinazione del personale scolastico al 20 aprile. Il 76,8% del personale della scuola ha ricevuto la prima dose (1.111.124 persone). Ad avere ricevuto anche la seconda dose, invece, è l’1,54% del personale.

Per completare il vaccino nella scuola mancano oltre 335mila dipendenti. Inoltre, vi sono forti differenziazioni territoriali. in Puglia, ad esempio, tutti i dipendenti della scuola, nessuno escluso, hanno già fatto la prima dose; molto avanti sono anche il Molise, con il 97,3% di vaccinati e la Valle d’Aosta, con il 90%.

Tutt’altre proporzioni in altre Regioni: in Calabria hanno ricevuto la prima fiala del vaccino solo il 43,2% di docenti, Ata e presidi; non molto meglio sono andate altre Regioni, come la Liguria, ferma al 48,9%, ma anche Sicilia e Sardegna, appena superiori al 50%.

Per quanto riguarda la seconda dose di AstraZeneca, invece, se si eccettua la Valle d’Aosta (con il 12,6%) e il Veneto (4,3%), siamo ancora molto vicini allo zero.

Organici: sdoppiamento classi e spezzoni

da La Tecnica della Scuola

Si commette spesso l’errore di considerare gli organici come roba per gli “addetti ai lavori”.

Due giorni fa è stata emanata la circolare n. 13520 del 29 aprile 2021, recante disposizioni operative inerenti la determinazione degli organici per l’a.s. 2021/22.

In realtà, i criteri per la determinazione degli organici assumono una particolare rilevanza, sia per quanto riguarda la qualità dell’offerta formativa, sia per quanto riguarda il personale.

Infatti, la determinazione degli organici incide in materia determinante ai fini dell’individuazione di situazioni di soprannumerarietà o della costituzione di nuove cattedre da destinare alle operazioni di mobilità e alle immissioni in ruolo.

Di seguito alcuni aspetti che spesso non vengono adeguatamente valorizzati, anche perché scarsamente conosciuti.

Sdoppiamento di classi

dirigenti scolastici possono disporre lo sdoppiamento delle classi o l’articolazione dell’insegnamento di alcune discipline per gruppi separati (per esempio, in caso di “bilinguismo”).
Tale facoltà – espressamente ricordata nella circolare – è prevista dall’art. 1, comma 7, lett. n) della legge n. 107/2015 (che consente “l’apertura pomeridiana delle scuole e riduzione del numero di alunni e di studenti per classe o per articolazioni di gruppi di classi, anche con potenziamento del tempo scolastico o rimodulazione del monte orario rispetto a quanto indicato dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, n. 89).

Spezzoni

Nella scuola primaria, se residuano almeno 12 ore, possono essere “ricondotte a posto intero” per riassorbire l’eventuale soprannumero.
In pratica, il docente titolare non dovrà andare a completare l’orario in un’altra scuola.
Nella scuola secondaria di secondo grado, qualora non sia possibile ricondurre a 18 ore una cattedra, resta comunque possibile conservarla con orario “non inferiore alle 15 ore settimanali”, utilizzando il docente per il potenziamento degli insegnamenti obbligatori e/o per attivare ulteriori insegnamenti.

Anche in questo caso, il docente non dovrà completare l’orario in altre scuole.

Attivazione di nuovi insegnamenti

L’attivazione di nuovi insegnamenti è espressamente prevista nell’ambito delle quote di autonomia dei curricoli, ma ciascuna disciplina non può essere decurtata per più del 20% del monte ore previsto, con qualche eccezione (per esempio, nei licei, tale quote può raggiungere – ma solo nelle classi terze e quarte – il 30%).
In pratica, normalmente si potranno ridurre di un’ora solo quegli insegnamenti che prevedono almeno 5 ore settimanali.

In ogni caso, l’utilizzo delle quote di autonomia non deve determinare esuberi di personale.

Seconda lingua scuola media

L’offerta della seconda lingua comunitaria deve tener conto della presenza di docenti con contratto a tempo indeterminato in servizio nella scuola.
Eventuali richieste di trasformazione possono essere accolte non solo qualora non si determinino situazioni di soprannumero di tali insegnanti, ma sempre che “non comportino la trasformazione a regime della cattedra interna in cattedra esterna”.
Potrebbe infatti verificarsi, ad esempio, che l’attivazione della lingua spagnola in una prima classe, in un primo tempo non crei alcun problema alla docente di francese in servizio.
Tuttavia, si andrebbe a creare un nuovo corso che “a regime” (vale a dire nei tre anni) potrebbe determinare appunto la paventata trasformazione della cattedra interna in cattedra esterna”.

Scuola secondaria di secondo grado

Qualora – per garantire l’unitarietà dell’insegnamento di una disciplina all’interno della stessa sezione – vengano costituite cattedre superiori alle 18 ore, “il contributo orario eccedente viene considerato utile per l’intero anno scolastico”.
In soldoni, il docente avrà diritto alla retribuzione per le ore eccedenti anche per il periodo estivo.

Maturità 2021, elaborato e colloquio: le risposte del MI

da La Tecnica della Scuola

 

Entro oggi, 30 aprile, i Consigli di classe hanno comunicato ai candidati che parteciperanno all’esame di Maturità l’argomento dell’elaborato che dovrà essere presentato durante il colloquio.

In merito a come dovrà essere sviluppato l’elaborato e come verrà condotto i colloquio, il Ministero dell’Istruzione ha pubblicato su Instragram una serie di domande e risposte, nella rubrica MI risponde #Maturità 2021.

 

 

 

Prove Invalsi primaria, si svolgeranno a maggio: la guida per i genitori

da La Tecnica della Scuola

Mentre per le classi seconde delle scuole superiori è arrivata la sospensione delle prove Invalsi, al momento per la scuola primaria sembra tutto confermato, e dai primi giorni di maggio i bambini delle classi II e V saranno coinvolti nelle rilevazioni nazionali.

Rispetto alle scuole secondarie, che svolgono i test al computer, per le scuole primarie le rilevazioni saranno cartacee.

Prova di Italiano

La Prova INVALSI di Italiano si articola in due parti: una parte di comprensione della lettura e una di riflessione sulla lingua.

La prova di comprensione della lettura di seconda e di quinta primaria è costituita da uno o più testi con le relative domande.

La Prova della classe seconda è in formato cartaceo e dura 45 minuti, più altri 15 minuti di tempo aggiuntivo per allievi disabili o con DSA. La Prova di lettura, svolta solo nelle classi campione, dura due minuti.

La Prova della classe quinta è in formato cartaceo e dura 75 minuti, più 10 minuti per rispondere ai quesiti del questionario studente. Sono previsti poi ulteriori 15 minuti di tempo aggiuntivo per allievi disabili o con DSA.

La Prova di Matematica

La Prova di Matematica della scuola primaria misura le conoscenze matematiche e scientifico‐tecnologiche che consentono di analizzare dati e fatti della realtà e di verificare l’attendibilità delle analisi quantitative e statistiche proposte da altri.

La Prova della classe seconda, in formato cartaceo, dura 45 minuti, più altri 15 minuti di tempo aggiuntivo per allievi disabili o con DSA.

La Prova della classe quinta, in formato cartaceo, dura 75 minuti, più 10 minuti per rispondere ai quesiti del questionario studente. Sono previsti poi ulteriori 15 minuti di tempo aggiuntivo per allievi disabili o con DSA.

La Prova di Inglese

Nella scuola primaria la Prova di Inglese viene svolta soltanto dalla classe quinta e si compone di due attività distinte: il listening e il reading, cioè l’ascolto e la lettura. Le abilità di writing e speaking invece non vengono rilevate.

La Prova di reading è in formato cartaceo e dura 30 minuti, più altri 15 minuti di tempo aggiuntivo per allievi disabili o con DSA.

La Prova di listening, in formato cartaceo ma con l’aggiunta dell’ascolto di una traccia audio, dura 30 minuti, ma può essere previsto il terzo ascolto per allievi disabili o con DSA.

La guida per i genitori

Tra i tanti materiali a disposizione delle scuole, l’Invalsi ha anche realizzato una guida per le famiglie dedicate alle prove della scuola primaria.

SCARICA LA GUIDA

Scuola zona rossa, arancione, gialla: chi resta in presenza e chi va in DaD

da La Tecnica della Scuola

Dal 26 aprile le disposizioni ministeriali dispongono cosa accade nelle scuole in zona gialla, arancione e rossa. Cosa cambia questa settimana sulla base dei numeri della cabina di regia?

Riepiloghiamo cosa stabilisce per le scuole quello che è stato definito Decreto riaperture, di fatto il Decreto n. 52 del 22 aprile, in Gazzetta Ufficiale n. 96 del 22 aprile 2021.

Scuola zona rossa

In zona rossa in tutti i gradi di scuola, dall’infanzia alla scuola secondaria di primo grado, gli alunni frequentano regolarmente in presenza. Solo le superiori vanno parzialmente in DaD, con una percentuale che oscilla tra il 50% e il 75% di ragazzi in presenza.

Zona arancione e gialla

Anche nelle zone gialla e arancione, dall’infanzia alla scuola secondaria di primo grado, gli alunni frequentano regolarmente in presenza; quanto alle scuole superiori, i ragazzi vanno in presenza tra il 70 per cento e fino al 100 per cento della popolazione studentesca. La restante parte della popolazione studentesca delle superiori si avvale della didattica a distanza.

I dati della cabina di regia

Lievissimo aumento per l’indice Rt, a 0,85 mentre la scorsa settimana era 0,81: è quanto si apprende dalla riunione della cabina di regia Iss-ministero della Salute. L’incidenza scende invece a 146 casi su 100mila abitanti, la scorsa settimana era 157 su 100mila abitanti.

Il principale cambiamento dovrebbe riguardare la Sardegna che spera di passare in arancione, riportando in classe una quota dei ragazzi delle superiori.

Un viaggio al contrario potrebbe coinvolgere la Valle d’Aosta, che rischia di passare in rosso.

Il ministro della Salute Roberto Speranza mostra soddisfazione per i risultati della campagna vaccinale: “Ieri in Italia sono state somministrate oltre 500 mila dosi di vaccino. Grazie alle donne e agli uomini del Servizio Sanitario Nazionale e a tutte le istituzioni per il gran lavoro di squadra. Il vaccino è la vera strada per uscire da questi mesi così difficili.” Lo dichiara sul proprio profilo Twitter.

Il personale scolastico, intanto, è in gran parte in attesa della seconda dose del vaccino, che per i più è in programma nel mese di maggio. Ma sono oltre 300 mila ancora, tra docenti e personale Ata, in attesa della prima dose.