Aiuti ad hoc agli alunni con Dsa

Aiuti ad hoc agli alunni con Dsa
Il Sole 24 Ore del 03/05/2021

Anche in sede di esame di maturità la scuola deve predisporre gli strumenti compensativi e le misure adeguate allo studente con disturbo specifico dell’apprendimento (Dsa). Nel caso affrontato dal Tar Molise con la recente sentenza 108/2021 uno studente con disturbo specifico di apprendimento, sebbene ammesso agli esami, all’esito delle prove risultava inidoneo. Nella stessa relazione di presentazione dello studente era stata evidenziata la necessità di adottare in sede d’esame tempi più lunghi per la lettura del testo in italiano. Non era avvenuto. La Commissione, debitamente riconvocata per ordine del Tar, all’esito della ripetizione delle prove ha dunque decretato il regolare superamento dell’esame di Stato da parte del ragazzo.

La dislessia, la disgrafia, la disortografia e la discalculia quali disturbi specifici di apprendimento dello studente spesso si manifestano in presenza di capacità cognitive adeguate, in assenza di vere e proprie patologie neurologiche o deficit sensoriali; tuttavia, possono costituire una limitazione importante per le attività scolastiche, come per tutte le altre attività quotidiane. La scuola trasmette apposita comunicazione alle famiglie degli studenti che, nonostante adeguate attività di recupero didattico mirato, presentano persistenti difficoltà.

Gli studenti con Dsa sono ammessi a sostenere l’esame di Stato conclusivo del secondo ciclo di istruzione sulla base del piano didattico personalizzato (Pdp). La commissione d’esame, sulla base del Pdp e di tutti gli elementi conoscitivi forniti dal consiglio di classe, individua le più adeguate modalità di svolgimento della prova d’esame. In particolare i candidati con Dsa possono utilizzare, ove necessario, gli «strumenti compensativi» già previsti nel Pdp e impiegati in corso d’anno, ovvero quelli più funzionali allo svolgimento dell’esame “alla pari” degli altri studenti. Infine – si badi – nel diploma non va fatta menzione alcuna dell’impiego degli strumenti compensativi in parola.

Violazione diritti degli studenti con DSA

Associazione Italiana Dislessia denuncia una violazione diffusa dei diritti degli studenti con DSA

Lettera aperta di AID al mondo della scuola, dopo le numerose segnalazioni di mancato rispetto dei piani didattici personalizzati (PDP), giunte all’associazione da parte delle famiglie, degli studi legali e delle sezioni provinciali AID

Bologna, 03 maggio 2021 – Sono sempre più numerose le segnalazioni di pesanti violazioni ai danni dei ragazzi e delle ragazze con Disturbi Specifici dell’Apprendimento, che giungono ad Associazione Italiana Dislessia attraverso le sezioni provinciali sparse su tutto il territorio nazionale, e diversi studi legali.

Oltre ad affrontare i problemi legati alla didattica a distanza, questi studenti vedono calpestati i diritti che ormai da un decennio sembravano essere tutelati dalla Legge n. 170/2010, la prima normativa a riconoscere, in Italia, i DSA in ambito scolastico.

Molti degli strumenti che sono stati concordati a inizio anno scolastico nei Piani Didattici Personalizzati (PDP) si sono infranti davanti al muro di supposte esigenze organizzative di troppe istituzioni scolastiche, con il risultato che le misure e gli strumenti che avrebbero dovuto consentire di vivere con serenità il proprio percorso scolastico, di compensare adeguatamente le proprie difficoltà, di vivere un processo valutativo equo e inclusivo, sono venuti progressivamente a mancare con il procedere dell’anno scolastico.

ll Piano Didattico Personalizzato (PDP) è un accordo condiviso fra docenti, Istituzioni Scolastiche, Istituzioni Socio-Sanitarie e famiglia, previsto dalla legge 170/2010. Si tratta di un progetto educativo e didattico personalizzato, commisurato alle potenzialità dell’alunno, che definisce tutti i supporti e le strategie che possono portare alla realizzazione del successo formativo degli alunni DSA. Per esempio l’uso di mappe concettuali, calcolatrice, computer, interrogazioni programmate, una valutazione che tenga conto delle difficoltà prodotte dal disturbo, la possibilità di compensare le verifiche scritte con l’orale.

Il suo mancato rispetto impedisce di improntare l’azione educativa e didattica sui principi di equità e inclusione.

Per questo AID ha deciso di scrivere una lettera aperta a tutte le scuole d’Italia, invitando docenti e dirigenti scolastici al rispetto del Piano Didattico Personalizzato e di tutte le tutele in esso previste

In particolare, con l’avvicinarsi della fine dell’anno scolastico, AID ha voluto ribadire che la valutazione non può limitarsi a misurare un prodotto finito, magari presentato con una prestazione ineccepibile, ma deve accompagnare il processo di costruzione di quel prodotto, osservando lo studente mentre ci lavora, condividendo il quadro valutativo, considerando i punti di partenza e valorizzando le potenzialità.

L’emergenza da Covid19, tuttora in corso, ha costretto tutti i protagonisti del mondo della scuola a cercare soluzioni organizzative ineditee spesso complicate, pur di portare avanti quella fondamentale Istituzione del nostro Paese che è il sistema nazionale di istruzione e formazione: e la nostra Associazione intende senz’altro riconoscere il merito dei moltissimi docenti e dirigenti scolastici che, nonostante tutte le difficoltà, non si sono mai fermati.

Tuttavia, non possiamo fare a meno di esprimere grande preoccupazione per tutti coloro che, tra i banchi di scuola, vivono il percorso scolastico con le proprie difficoltà.

“Non chiediamo, com’è ovvio, la promozione per tutti” sottolinea il presidente AID, Andrea Novelli, “ma semplicemente il rispetto dei diritti degli alunni con DSA, tanto più importante oggi con una didattica spesso a distanza, per forza di cose meno coinvolgente e meno attenta alle esigenze dei singoli studenti, ma che talora, in presenza, finisce per rivelarsi ancora più irta di difficoltà. L’eccessiva urgenza di portare a termine le verifiche, infatti, non tiene conto dei tempi individuali dei nostri ragazzi, sopraffatti dall’affollarsi di interrogazioni e prove scritte anche nella stessa giornata”.


Sono arrivate ad AID numerose segnalazioni di violazione dei piani didattici personalizzati

I PDP vanno applicati, nel rispetto dei diritti degli studenti con DSA: lettera aperta al mondo della scuola

A seguito delle numerose violazioni del Piano Didattico Personalizzato, segnalate dalle famiglie di studenti con DSA, AID vuole rivolgersi a docenti, dirigenti scolastici e a tutto il mondo della scuola, per ribadire, ancora una volta, la necessità di rispettare e applicare le tutele previste dalla legge 170/2010.

“Gentili dirigenti scolastici, gentili docenti,

siamo a poche settimane dalla fine delle lezioni e si sta chiudendo un anno notevolmente impegnativo per tutti i nostri ragazzi, ma in modo particolare per le studentesse e gli studenti con DSA.

La grave emergenza, tuttora in corso, ha costretto tutti i protagonisti del mondo della scuola a cercare soluzioni organizzative inedite e spesso complicate, pur di portare avanti quella fondamentale Istituzione del nostro Paese che è il sistema nazionale di istruzione e formazione: e la nostra Associazione intende senz’altro riconoscere il merito dei moltissimi docenti e dirigenti scolastici che, nonostante tutte le difficoltà, non si sono mai fermati.

Tuttavia, non possiamo fare a meno di esprimere grande preoccupazione per tutti coloro che, tra i banchi di scuola, vivono il percorso scolastico con le proprie difficoltà.

Le segnalazioni che ci giungono, ormai quotidianamente, dalle nostre sezioni capillarmente sparse su tutto il territorio nazionale, ci parlano di pesanti violazioni ai danni delle ragazze e dei ragazzi con DSA, costretti a scontrarsi con nuovi problemi che si aggiungono a quelli vissuti da tutti i loro compagni, ma soprattutto a vedere calpestati i diritti che ormai da un decennio sembravano essere tutelati dalla Legge n. 170/2010.

Molti degli strumenti che sono stati concordati a inizio anno scolastico nei PDP si sono infranti davanti al muro di supposte esigenze organizzative di troppe istituzioni scolastiche, con il risultato che le misure e gli strumenti che avrebbero dovuto consentire di vivere con serenità il proprio percorso scolastico, di compensare adeguatamente le proprie difficoltà, di vivere un processo valutativo equo e inclusivo, sono venuti progressivamente a mancare con il procedere dell’anno scolastico.

Una delle prime vittime è stata la programmazione delle verifiche e delle interrogazioni: uno strumento organizzativo fondamentale per garantire quella necessaria gestione del lavoro che per le studentesse e gli studenti con DSA è la base del proprio lavoro. Non è concepibile assistere al moltiplicarsi di verifiche non programmate, alla richiesta di argomenti non concordati – tutti elementi compresi nei PDP – con la motivazione dell’emergenza sanitaria. Tutte le famiglie che noi rappresentiamo stanno comprendendo (con un notevole sforzo) le difficoltà organizzative degli istituti scolastici in questo momento di emergenza, ma queste non potranno mai essere una valida ragione per mettere in ulteriore difficoltà le studentesse e gli studenti che già vivono con disagio la propria esperienza scolastica. E non dimentichiamo che moltissimi dei nostri ragazzi si avviano ad affrontare un Esame di Stato.

Lo stesso uso degli strumenti compensativi è stato messo troppe volte in discussione da quella stessa didattica a distanza che pure avrebbe potuto favorirne la diffusione e l’efficacia: pur non essendo mancati esempi virtuosi di utilizzo degli strumenti digitali durante la DAD e la DDI, ancora registriamo troppe resistenze nel riconoscerne il diritto all’utilizzo costante e quotidiano.

Ma a questo punto dell’anno scolastico, l’elemento che più ci preoccupa è quello della valutazione. Intendiamo essere subito chiari, per sgombrare il campo da equivoci fuorvianti: non stiamo chiedendo in alcun modo una promozione garantita per le ragazze e i ragazzi con DSA; il nostro interesse non è quello di assicurare loro un percorso facile, bensì di un percorso equo e inclusivo.

Quello a cui stiamo assistendo, invece, è un moltiplicarsi delle occasioni nelle quali l’alunno è chiamato a fornire una (o più) prestazione da misurare, in tempi rapidi e con poco o nessun preavviso: una situazione nella quale, com’è facile immaginare, l’ansia e il disorientamento finiscono per prevalere, a scapito del benessere dei nostri giovani.

Quando, invece, ogni bravo docente – e soprattutto ogni alunno, a partire dalla scuola dell’infanzia – sa benissimo che valutare non significa limitarsi a misurare un prodotto finito, magari presentato con una prestazione ineccepibile, ma accompagnare il processo di costruzione di quel prodotto, osservare lo studente mentre ci lavora, condividere il quadro valutativo, considerare i punti di partenza, valorizzare le sue potenzialità.

Ecco, questo è ciò che chiediamo a tutti voi, nella piena considerazione del lavoro della scuola e della sua autonomia organizzativa: il rispetto delle tutele che la Legge prevede per chi ha un disturbo specifico di apprendimento e, più in generale, l’esercizio di un’azione educativa e didattica che è tanto più nobile quanto più è improntata ai principi dell’equità e dell’inclusione”.

Il consiglio direttivo AID

M. Dallari, La zattera della bellezza

Marco Dallari, La zattera della bellezza
Per traghettare il principio di piacere nell’avventura educativa

È indispensabile che ciascun insegnante ed educatore recuperi e potenzi la dimensione estetica del proprio stile educativo: saltare sulla zattera della bellezza è l’unica alternativa al naufragio nel mare della disaffezione e del non senso di cui soffrono i nostri studenti. Ma non si tratta di educare alla bellezza, quanto di usare la bellezza per educare.

Educare alla bellezza non consiste tanto nel mostrare ciò che le convenzioni e i canoni propongono, ma proporre piuttosto l’esperienza estetica ed emozionale dell’incontro, dello stupore, del desiderio, che consiste:

  1. nel partecipare attivamente al processo del farsi delle forme del bello nei luoghi e nel tempo della loro espressione;
  2. nel saper riconoscere l’invisibile che si nasconde dietro la bellezza. Senza una parte nascosta, senza mistero, non c’è bellezza ma soltanto il suo stereotipo, la sua apparenza;
  3. nel considerare la bellezza non qualcosa di «già dato» ma qualcosa da ricercare, da costruire, da condividere.

Attraverso capitoli di approfondimento accompagnati da immagini, con suggerimenti ed esempi paradigmatici rappresentati dalle opere di artisti del passato, in La zattera della bellezza Marco Dallari propone un percorso di riflessione utile ad accettare la sfida della complessità e a creare occasioni per scoprire il gusto della ricerca, della conoscenza, dello svelamento e del governo dell’universo emozionale.

Marco Dallari (1947) è stato docente di Pedagogia e Didattica dell’Educazione Artistica presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna e Firenze, professore straordinario di Pedagogia Comparata all’Università di Messina e professore ordinario di Pedagogia Generale e Sociale all’Università di Trento, dove ha fondato il Laboratorio di Comunicazione e Narratività. È scrittore e curatore di saggi, testi narrativi e libri per l’infanzia e autore di opere grafiche e verbo-visuali. Ha pubblicato per le edizioni Erickson In una notte di luna vuota. Educare pensieri metaforici, laterali, impertinenti (2008) e, con S. Moriggi, Educare bellezza e verità (2016).

Collana: Pinova
Pagine: 312
Libreria: 20 maggio 2021

Educazione digitale e Media Education

Educazione digitale e Media Education

di Renato Candia

    Tra le varie questioni che l’emergenza pandemica ha messo in evidenza nel contesto dei processi di apprendimento, ci sono anche quelle che riguardano il travasamento dell’Educazione Digitale (che da ancillare in presenza è diventata disciplina principe nella Didattica a Distanza) nei campi del sapere di tutte le altre discipline presenti nelle programmazioni scolastiche.

Un particolare ambito, in tal senso, è tuttavia quello che riguarda la Media Education. Le particolari condizioni di trasmissibilità dei prodotti mediali hanno potuto, magari, suggerire nel tempo l’idea che l’azione tecnologica e quella linguistica si potessero in qualche modo sovrapporre (divenendo magari l’una strumento di esercizio dell’altra e viceversa). In realtà ovviamente non è così perché in entrambi i casi siamo in presenza di campi di competenza ben distinti.

È possibile fare maggiore chiarezza a partire da piccole prassi quotidiane piuttosto diffuse sia tra i giovani che tra gli adulti, come quella della partecipazione ai contesti comunicativi generati dai social media, e in particolare ai processi di condivisione di immagini e opinioni. Chiedere e/o ricevere l’amicizia su un qualunque social, per esempio, non è che un primo passo verso la costruzione di una relazione inter-personale: molto frequentemente però accade che il semplice aver ricevuto una considerevole quantità di amicizie costituisca per il richiedente (ovvero per chi le avesse ricevute) un vero e proprio patrimonio di relazioni sociali, spendibile come indicatore di un personale successo e quindi, ma soltanto all’apparenza, particolarmente gratificante ma altrettanto generatore di false convinzioni su se stessi.

Il processo della condivisione è invece un po’ più complesso e articolato e si completa realmente nel superamento di più livelli fino ad arrivare allo sviluppo e al consolidamento di una relazione vera e propria tra chi si propone alla rete e chi ne raccoglie la richiesta. Il dato è ben chiaro, per esempio, nelle strategie del Marketing pubblicitario digitale, per le quali like e follower in sé non contano assolutamente nulla, se per ciascuno di questi non viene attivata una adeguata procedura di conversione che porti all’acquisto del prodotto reclamizzato: si chiama tecnicamente “costo contatto”, più alta è la capacità dell’azienda di agganciare il cliente e condurlo alla fase finale dell’acquisto, più basso sarà il costo contatto ovvero maggiore sarà l’efficacia dell’imput pubblicitario messo nella rete.

Sul piano della programmazione dei processi di apprendimento la questione potrebbe riassumersi in una semplice formula: se è vero che ad ogni click dovrebbe essere corrisposta una relazione, si può genericamente dire che la Digital Education si occupa del click, mentre la Media Education si occupa della relazione.

La relazione, nell’educazione ai Media, ha a che fare con i suoi contenuti, che sono testi, a loro volta portatori di narrazioni, ovvero di sensi e significati strutturati e complessi: educare ai Media vuol dire allora accompagnare l’alunno verso un’abitudine al pensiero critico, al discernimento, alla consapevolezza del senso e, soprattutto, alla cura della memoria poiché ogni narrazione mediale è portatrice a sua volta di un proprio mondo narrativo, percorrendo (-comprendendo) il quale è necessario riconoscerne e ricordarne le caratteristiche che lo identificano. Altrimenti ci si confonde e ci si perde.

L’oggetto su cui si fonda storicamente la Media Education è il racconto audio-visivo, ovvero il film e, per così dire, i suoi derivati televisivi. Il film, a sua volta, è una rappresentazione del mondo reale, o almeno una narrazione che a quello si ispira, magari il più fedelmente possibile (come nelle forme del Realismo) o il più dissacrante immaginabile (come nelle forme del surrealismo onirico, o delle avanguardie). Educare al film significa esercitare la decodifica delle immagini (come nella pittura, nella fotografia, nella grafica…) e dei suoni (che possono essere rumori, parole, dialoghi, musiche ecc…), ma significa anche comprendere la tessitura delle combinazioni possibili che hanno dato vita ad ogni singola opera, e significa infine avere coscienza dei contesti di consumo e dei contesti di produzione.

Il lavoro didattico sul film rimane tuttavia e in gran parte ancora oggi ancorato nella nostra scuola a modelli operativi di carattere trasversale: il racconto audiovisivo come strumento d’accesso e di esercizio di contenuti appartenenti a discipline altre. Il termine stesso ‘audiovisivo’ sembra tra l’altro rifarsi ancora alle lontane esperienze dei cineforum scolastici che appartengono ormai ad una storia superata.

Il possibile riappropriarsi in forma attuale del film come esercizio didattico passa attraverso una importante considerazione del carattere di questo tempo: la crisi delle sale cinematografiche (su cui la pandemia ha gettato un’ombra tragica, che ci si augura non sia definitiva) e l’ingigantirsi degli strumenti della fruizione domestica hanno contribuito non poco a spostare gli spazi del racconto audiovisivo dal modello del film autoconclusivo, nel quale la storia nasce e si conclude nel tempo di durata dello stesso film, al modello del racconto audiovisivo seriale, nel quale la storia nasce e si sviluppa in trame e sotto-trame che dilatano all’infinito il mondo narrativo di partenza senza più portare la storia iniziale ad una conclusione vera e propria.

In questo senso l’esercizio didattico potrebbe considerare questa mutazione storica, che consiste essenzialmente in un evidente potenziamento del ruolo dello spettatore, stimolato a orientarsi dentro mondi narrativi sempre più sovraccarichi di bivi, di scarti improvvisi, di figure che scompaiono e riappaiono, di personaggi secondari che diventano di colpo primari e viceversa, di trame complicate che anziché risolversi si complicano sempre di più e molto altro ancora. La Media Education gioca in questo caso un ruolo molto importante nell’accompagnare concretamente lo spettatore giovane dentro la relazione col racconto audiovisivo, esercitando la memoria attraverso la scoperta e il riconoscimento dei mondi narrativi che convivono dentro il racconto audiovisivo stesso e cercando di svelarne, tanto per cominciare, il sistema di reciproche coerenze (o incoerenze) su cui si basa il suo stesso senso.

Tesina, curriculum e voti: il manuale della maturità

da Il Sole 24 Ore

di Eugenio Bruno e Claudio Tucci

La macchina della maturità 2021 si è messa in moto. Anche se manca oltre un mese al fatidico 16 giugno – quando circa 490mila maturandi tra interni e privatisti inizieranno l’esame “light” (anche stavolta solo orale a causa della pandemia) – il primo atto c’è già stato. Entro il 30 aprile infatti ogni studente ha ricevuto dal consiglio di classe l’argomento oggetto della tesina che andrà completata e inviata via mail al proprio tutor entro il 31 maggio. E che rappresenterà l’avvio del colloquio in quattro step con cui ogni ragazzo dovrà cimentarsi.

Le 4 fasi dell’esame

Le scuole si sono orientate verso una doppia soluzione: differenziare, ove possibile, i temi da assegnare ai ragazzi, in modo da avere tutte tracce diverse; o in alternativa, sempre all’interno del curriculo di studio, è stato scelto di affidare a tutti (o a gruppi di candidati) uno stesso argomento, personalizzato poi da ciascun studente (quest’ultima sembra essere stata la strada più gettonata, anche per garantire la multidisciplinarietà richiesta dalle norme). Gli studenti avranno quasi un mese per predisporre l’elaborato e potranno contare su un docente di riferimento: un «accompagnamento formativo», un «tutor» – ha spiegato il ministero dell’Istruzione – e non un relatore di tesi. L’incarico potrà essere svolto da tutti i prof commissari, non solo da quelli delle materie di indirizzo (latino e greco al classico, matematica e fisica allo scientifico eccetera). Chi non consegnerà l’elaborato potrà comunque discutere l’argomento assegnato, ma verrà penalizzato nella valutazione della prova.

La discussione dell’elaborato dovrà mettere in risalto oltre ai contenuti, anche un approccio multidisciplinare. Dopodiché il colloquio d’esame proseguirà con la discussione di un brano di italiano (e veniamo alla seconda fase) e con l’analisi di materiali (un testo, un documento, un problema, un progetto) predisposti dalla commissione (la terza). In entrambi i casi i dettagli arriveranno dal “documento del 15 maggio”, che il consiglio di classe dovrà emanare entro quella data e che farà da spartiacque tra la parte di programma regolarmente svolta e quella non portata a termine. Concluderà l’orale il racconto dell’esperienza di scuola-lavoro, i cosiddetti percorsi per le competenze trasversali e orientamento (Pcto). Mentre in maniera trasversale ai vari step il candidato dovrà dimostrare di aver maturato le competenze e le conoscenze previste nell’ambito dell’educazione civica.

Le novità del 2021

Per la prima volta nella conduzione dei colloqui si terrà conto delle informazioni contenute nel curriculum dello studente, che debutterà quest’anno e che comprenderà il percorso scolastico, ma anche le attività effettuate in altri ambiti, come sport, volontariato e attività culturali. Altra novità di rilievo rispetto all’edizione 2020, è che torna l’ammissione, con gli scrutini finali che potranno partire dal 1° giugno (quindi prima della fine delle lezioni). Per sedersi, quindi, alla maturità – le prove sono tutte in presenza – occorrerà avere tutti sei, condotta inclusa; e si potranno ammettere anche, con provvedimento motivato, studenti con una insufficienza in una sola disciplina. Mentre non sarà requisito d’esame aver svolto i test Invalsi o le ore minime di alternanza. Ma un accenno lo merita anche la relazione sui livelli di apprendimento degli studenti che i commissari dovranno redigere a fine esame.

Come lo scorso anno invece, il credito scolastico sarà attribuito fino a un massimo di 60 punti, di cui fino a 18 per la classe terza, fino a 20 per la classe quarta e fino a 22 per la classe quinta. Con l’orale verranno assegnati fino a 40 punti. La valutazione finale sarà in centesimi (voto minimo 60) e per la lode servirà l’unanimità.

Ancora tutta da scrivere la pagina sulle misure di sicurezza. Dando per scontata la mascherina obbligatoria e la sanificazione dei locali resta da capire se i metri di distanza saranno due come nel 2020 o si scenderà al metro applicato da settembre a oggi. Fermo restando che ogni giorno potranno essere esaminati al massimo 5 candidati, che la durata della prova sarà di 60 minuti e che l’ordine di convocazione dipenderà dalla lettera alfabetica stabilita in base al sorteggio dalle singole commissioni.

«Studenti da giudicare sull’impostazione scelta, non su date o integrali»

da Il Sole 24 Ore

di Maria Piera Ceci

Li conosce tutti per nome i suoi studenti Giovanna Mezzatesta, dirigente scolastica del liceo scientifico Bottoni di Milano. E con loro si è battuta per riportarli in classe il prima possibile, pensando soprattutto ai maturandi.

Che maturità è questa?

È un’altra maturità sospesa. Si sarebbe potuto annullare, come hanno fatto altri paesi. Fare una prova orale consente però di conservare il rito. Ma non per tutti i ragazzi è la stessa cosa. I ragazzi sono chiamati a parlare, ad esporre l’elaborato, in un anno in cui non hanno avuto molto modo di sperimentare l’eloquio, la socialità. Quello che non si può avere dietro a un Pc è l’apprendimento cooperativo. Questa è scuola, altrimenti facciamo ascoltare ai ragazzi Piero Angela che è la stessa cosa.

Che ragazzi diplomate quest’anno? Siete preoccupati?

Siamo abbastanza preoccupati. Sono in aumento i ragazzi con problemi di depressione. Capisco l’attenzione per la crisi economica, questi ragazzi non avranno bisogno di ristori immediati, ma futuri ristori serviranno. Non producono Pil, ma sono il Pil del nostro futuro.

Ultimo mese di scuola. Che consiglio dare agli insegnanti?

Ai miei insegnanti ho fatto una raccomandazione, usando un’espressione latina: “Festina lente”, cioè andate lentamente di corsa. Non serve buttare i ragazzi a recuperare programmi. Serve accoglierli, farli lavorare insieme, fargli salire questa montagna fino alla vetta tutti insieme, in cordata.

E ai commissari invece?

L’anno scorso avevo detto: Evitate di interrogarli e fateli parlare. Non è necessario che dimostrino quello che sanno, voi lo sapete quello che sanno. Vediamo come impostano questa loro prova e giudichiamo quella. Non giudichiamoli se non ricordano l’integrale o una data.

Debutta il curriculum degli studenti, mentre poco è rimasto del Pcto, l’ex alternanza.

Impossibile fare Pcto in Dad. Per il curriculum degli studenti, vorrei capire cosa sia. Dovrebbe contenere ciò che la scuola ha fatto fare ai ragazzi di attività extrascolastiche. Non quello che ha fatto lo studente per sua iniziativa, altrimenti si finisce con l’avere chi ha fatto lo stage in America perché il papà lo ha pagato e chi ha fatto solo quattro partite di pallone, in un campetto di periferia.

Contro il voto di maturità ammesso il reclamo al preside ma con dei paletti precisi

da Il Sole 24 Ore

di Pietro Alessio Palumbo

Con la sentenza 188/2021 il Tar Marche ha affrontato la vicenda di liceale che aveva impugnato il voto finale attribuitogli dalla commissione d’esame. Mediante “reclamo” al dirigente scolastico lo studente aveva chiesto il riesame della valutazione. Ma il preside aveva respinto il reclamo. A seguito di successivo ricorso al Tar, il dirigente coinvolto aveva poi precisato che non fosse di sua competenza sindacare le decisioni dei commissari. Il Tar marchigiano ne ha approfittato per chiarire quali sono gli effettivi limiti del potere di “riesame” del dirigente scolastico.

Sulle procedure di scrutinio e di esame delle scuole è possibile fare reclamo al dirigente scolastico, che deve procedere a una “prudente” valutazione. Nel caso di evidente fondatezza delle ragioni accoglie il reclamo, diversamente lo rigetta, ma in entrambi i casi deve accompagnare la decisione con una argomentata motivazione. Qualora invece le questioni proposte superino i limiti di operatività del dirigente, quest’ultimo deve procedere alla verifica degli atti oggetto di censura. Ove si dovesse prevedere una riconvocazione della commissione d’esame deve essere inoltrata richiesta direttamente all’Ufficio scolastico regionale; sempre con nota motivata.

A tal proposito, il Tar Marche ha evidenziato che i giudizi formulati dalla commissione esaminatrice sono l’espressione di «discrezionalità tecnica» non sindacabile sulla base di opinioni tecniche difformi, a meno che non venga prospettata con precisione e giustificazione probatoria la sussistenza delle figure del’illogicità, dell’irrazionalità e del radicale travisamento dei fatti. E il reclamo al dirigente scolastico non può essere considerato una sorta di strumento aggiuntivo di tutela, tale da permettere di superare gli stretti limiti di sindacabilità della suddetta discrezionalità tecnica. Una diversa lettura della disciplina provocherebbe infatti un’indebita interferenza del dirigente scolastico nelle competenze proprie della commissione di esame.

Stop ai test Invalsi in seconda superiore

da Il Sole 24 Ore

di Eu.B.

Ora è ufficiale: quest’anno le prove Invalsi di seconda superiore non si terranno. A prevederlo è un’ordinanza del ministri dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, secondo la quale: «Limitatamente all’anno scolastico 2020/2021, in considerazione della perdurante, grave emergenza epidemiologica che interessa l’intero Paese, si sospende lo svolgimento delle prove standardizzate per le classi seconde della scuola secondaria di secondo grado (grado 10)».

I motivi della scelta
È la stessa ordinanza a spiegare perché. Sottolineando che nell’attuale e perdurante situazione di pandemia i tempi di realizzazione delle prove necessariamente aumentano anche di più del doppio rispetto alla situazione di normalità: «riduzione numero dei laboratori informatici, riduzione della capacità dei laboratori in base alle norme di sicurezza sanitaria eccetera. Queste circostanza rendono «di fatto irrealizzabile la rilevazione per entrambi i gradi (10 e 13) del secondo ciclo d’istruzione».

Finestra più ampia per i test di quinta superiore
Poiché i ragazzi di quinta superiore (il cosiddetto grado 13, ndr) sono in uscita e non ci sarebbe modo di testare i loro livelli di appredimento l’anno prossimo il ministero ha deciso di concentrarsi solo sui loro test e farli proseguire regolarmente. Anzi, la finestra di somministrazione per le classi non campione è stata estesa al 21 maggio. Mentre per quelle campione si è chiusa il 30 aprile.

Covid e giovani, allarme giovani, oltre il 40% avverte disagi psicologici

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

A causa del Covid e delle restrizioni, il 16,5% della popolazione afferma di avere sintomi di depressione. Il dato diventa eclatante tra i più giovani: nella fascia tra i 18 e i 25 anni si sale al 34,7%, più del doppio. Un numero confermato da un’altra rilevazione tra la quota di persone che avverte disagi psicologici: il 27,1% nella media della popolazione, che arriva al 40,2% fra i giovani. Quasi il 60% dei genitori ritiene rilevante l’impatto psicologico della pandemia sui minori. Il 30% circa pensa che non sia troppo rilevante e con conseguenze durature, mentre quanti non vedono problemi sono sotto la soglia del 10%. Queste alcune delle conseguenze del Covid-19 sulla salute e le abitudini degli italiani emerse dalla ricerca, presentata nei giorni scorsi, della Fondazione Italiana in Salute e realizzata da Sociometrica.

La fotografia
Più in generale, quasi la metà della popolazione (49,1%) afferma di aver accresciuto il proprio nervosismo in questo periodo: il 43,9% fa meno attività fisica o ha smesso del tutto di farla; il 28,8% sostiene di dormire di meno o avere difficoltà a prendere sonno; il 25,7% afferma che mangia di più o ha smesso di seguire regole alimentari. Inoltre, come già detto, il 16,5% della popolazione afferma di avere sintomi di depressione. Un elemento particolarmente preoccupante, quest’ultimo, soprattutto alla luce del fatto che di solito non si ha piacere ad esternare questa condizione e, spesso, chi ne soffre non ne ha la massima consapevolezza.

Draghi, banda larga ovunque entro il 2026. Saranno coperte oltre 9mila scuole

da La Tecnica della Scuola

Banda larga ovunque entro il 2026. Questo è un degli obiettivi che si è dato il governo Draghi nell’ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) grazie ad uno stanziamento di oltre 6 miliardi per lo sviluppo e la predisposizione di rete ultraveloci, sia per le reti fisse a banda larga (FFTH) che per quelle mobili (5G e FWA).

Secondo i piani dell’Esecutivo entro maggio saranno pronti i piani di investimento per identificare le aree del Paese, che senza questi specifici interventi rimarrebbero senza copertura, con l’obiettivo quindi di eliminare il digital divide e di andare verso la gigabit society tanto sognata.

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è lo strumento che dovrà dare attuazione, in Italia, al programma Next Generation EU. L’azione di rilancio del Piano è guidata dagli obiettivi di interventi connessi ai tre assi strategici condivisi a livello europeo che riguardano la proprio la digitalizzazione e l’innovazione, la transizione ecologica e l’inclusione sociale.

Cosa prevede il PNRR

La copertura della rete estesa a tutto il territorio è trasversale a tutte e 6 le missioni di cui è composto il PNRR. In particolare, impatta fortemente sulla prima Missione (Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura 45,9 miliardi), perché l’intervento sulla PA passa “sia attraverso il rafforzamento e la valorizzazione delle competenze e la semplificazione dei processi decisionali e autorizzatori, sia attraverso investimenti nelle infrastrutture digitali, che dotino la PA di interfacce condivise che consentano di fornire servizi moderni, interoperabili e sicuri”.  La missione numero 4 (Istruzione e ricerca 27,9 miliardi) è dedicata al potenziamento delle competenze e del diritto allo studio, alla lotta contro la povertà educativa e ai divari territoriali nella quantità e qualità dell’istruzione.

L’interesse del Governo verso l’innovazione e la digitalizzazione del Paese è stato ribadito dal Presidente Draghi nella replica alla Camera sul Recovery Plan, “Grazie a questa nuova e completa infrastruttura intendiamo investire” ha puntualizzato il Premier “per ammodernare la nostra amministrazione, connettere tutte le scuole e gli ospedali, incentivare le imprese a investire e digitalizzarsi”.

Per avere un Italia moderna, digitalizzata dalla Pubblica Amministrazione ai privati il primo tassello fondamentale è che ovunque ci sia quindi, la copertura della Rete.

Larga banda in tutti gli edifici scolastici

Gli investimenti previsti nel piano assicurano la fornitura di banda ultra-larga e connessioni veloci in tutto il Paese. In particolare, si prevede di portare la connettività a 1 Gbps in rete fissa a circa 8,5 milioni di famiglie e a 9mila edifici scolastici che ancora ne sono privi, e di assicurare la connettività adeguata ai 12mila punti di erogazione del Servizio Sanitario Nazionale. Verrà avviato anche un Piano Italia 5G per il potenziamento della connettività mobile in aree a fallimento di mercato. Il Piano prevede incentivi per l’adozione di tecnologie innovative e competenze digitali nel settore privato, e rafforza le infrastrutture digitali della pubblica amministrazione, ad esempio facilitando la migrazione al cloud. Per turismo e cultura, sono previsti interventi di valorizzazione dei siti storici e di miglioramento delle strutture turistico-ricettive.

L’invito del Governo verso gli Operatori di mercato è che sappiano scegliere le tecnologie più adatte per ogni zona interessata e che si tuteli da una parte la scelta dei cittadini dall’altra la concorrenza stessa degli operatori.

Per il potenziamento della didattica si prevedono interventi per la didattica digitale integrata, le competenze STEM e il multilinguismo, con un focus specifico alla formazione delle donne e si investirà fortemente tornando al tema della copertura nelle infrastrutture all’interno delle scuole (cablaggio, laboratori, aule didattiche) a completamento della copertura a larga banda esterna agli edifici scolastici.

Le risorse destinate alla larga banda e al 5G trova consenso unanime tra tutte le forse politiche che ritengono sia uno strumento inevitabile per lo sviluppo del nostro Paese. Rimangono aperti per il Governo, però, alcuni punti non banali legati a come si intende arrivare all’obiettivo.

Come riportato da una nota di Ansa Alessio Butti, deputato di Fratelli d’Italia e responsabile Tlc di FDI ritiene non positivo il “silenzio del governo rispetto a quanto accade in queste ore nel CdA di Cassa Depositi e Prestiti, in ordine al futuro di Open Fiber” società nata proprio per portare la fibra in casa degli italiani.

Altro tema da non sottovalutare per la spinta alla trasformazione digitale del nostro Paese e la necessità di un grande piano di reskillingper i lavoratori, senza le competenze digitali e una rivisitazione fondamentale dei processi, la sola larga banda non sarebbe sufficiente per modernizzare il Paese.

Piano diffusione scuola digitale, termina incarico per 120 docenti distaccati

da La Tecnica della Scuola

La legge di bilancio 2019, del 30 dicembre 2018, aveva istìtuito le équipe formative territoriali per garantire la diffusione di azioni legate al Piano per la scuola digitale. Il lavoro di questi gruppi formativi territoriali è giunto al termine e i 120 docenti distaccati dovranno rientrare in servizio con l’anno scolastico 2021/2022.

Normativa di riferimento

L’articolo 1, commi 725 e 726, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, al fine di promuovere misure e progetti di innovazione didattica e digitale nelle scuole, negli anni scolastici 2019/2020 e 2020/2021 ha consentito l’esonero dall’esercizio delle attività didattiche un numero massimo di 120 docenti, individuati dal Ministero dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca, che costituiscono equipe territoriali formative, per garantire la diffusione di azioni legate al Piano per la scuola digitale, nonché per promuovere azioni di formazione del personale docente e di potenziamento delle competenze degli studenti sulle metodologie didattiche innovative.

Il comma 726 stabilisce che ai maggiori oneri derivanti dal comma 725, pari a 1,44 milioni di euro per l’anno 2019, a 3,6 milioni di euro per l’anno 2020 e a 2,16 milioni di euro per l’anno 2021, si provvede mediante corrispondente riduzione, per gli anni 2019, 2020 e 2021, dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 62, secondo periodo, della legge 13 luglio 2015, n. 107.

Docenti autodidatti della DaD

Gli anni scolastici 2019/2020 e 2020/2021 sono gli anni in cui le scuole italiane avrebbero avuto bisogno maggiormente della diffusione formativa del piano nazionale scuola digitale, invece si sono diffuse la didattica a distanza e la didattica digitale integrata per la bravura autodidattica dei docenti, che in modo del tutto spontaneo e autonomo hanno utilizzato i propri mezzi digitali per avviare un percorso didattico a distanza. La maggioranza dei docenti italiani non si è accorta dell’esistenza di questi formatori e non ha avuto contatti con l’equipe formativa territoriale per la diffusione di azioni legate al piano scuola digitale.

Da lunedì 3 maggio almeno 7,7 milioni di alunni in classe (il 90%)

da Tuttoscuola

Con la sola Valle d’Aosta in zona rossa e con gli istituti superiori che hanno la responsabilità di organizzare in autonomia le attività in presenza dal 70% al 100% dei loro studenti, inizia da lunedì 3 maggio l’ultimo mese di scuola. In base alla capienza delle scuole e al “colore” della regione, il numero di alunni in presenza per tutti gli ordini sarà compreso in una “forbice” tra 7,7 e 8,5 milioni.

In particolare dal 3 maggio il numero degli alunni in classe potrebbe oscillare complessivamente – secondo le stime di Tuttoscuola – tra 7.667.374 e 8.505.440, cioè tra il 90% e quasi il 100% dell’intera popolazione scolastica delle scuole statali e paritarie. La variabilità riguarda solamente le superiori.

Una variabilità che dipenderà dalle capienze delle aule e dall’eventuale utilizzo anche di spazi esterni favorito dalla stagione primaverile di questo scorcio conclusivo dell’anno scolastico.

Infatti un ruolo importante per massimizzare la scuola in presenza lo avrà la capacità da parte delle scuole di fare “Outdoor Education”, o educazione all’aperto: ossia di organizzare attività educative, anche non strettamente curriculari, all’aperto, eventualmente in collaborazione con associazioni ed enti locali.

Il decreto legge n. 52 del 22 aprile scorso ha previsto che a cominciare dal 26 aprile e fino al termine dell’anno scolastico le lezioni in presenza potrebbero riguardare la totalità degli alunni.

Il decreto, tuttavia, ha posto alcune limitazioni per gli studenti degli istituti della secondaria di II grado, in ragione dell’eventuale collocazione in zona rossa (in presenza dal minimo del 50% al massimo del 75%) e delle scelte organizzative delle singole istituzioni scolastiche del settore (dal minimo del 70% al massimo del 100%), mentre non ha posto limitazioni per gli alunni del primo ciclo (primaria e secondaria di I grado) e per i bambini delle scuole dell’infanzia e dei servizi educativi per la prima infanzia: tutti gli alunni fino alla terza media potranno andare a scuola.

Studenti delle superiori

Per i 2,8 milioni di studenti degli istituti superiori le variabili in gioco, tra le zone rosse (al momento è interessata soltanto la Valle d’Aosta) e le decisioni delle singole istituzioni scolastiche, sono numerose.

Si può comunque stimare un numero minimo e un numero massimo di studenti delle superiori che dal 3 maggio saranno in presenza.

In particolare Tuttoscuola stima che si potrebbero avere al massimo quasi tutti in presenza e pochissimi in DAD (ipotesi improbabile) oppure un minimo di un milione e 955mila studenti delle superiori a scuola e 839mila alternativamente in DAD.

Le variazioni tra questi estremi dipendono da questo dispositivo contenuto nel testo dell’art. 3 del decreto legge 52/2021.

Dal 26 aprile 2021 e fino alla conclusione dell’anno scolastico 2020-2021, le istituzioni scolastiche secondarie di secondo grado adottano forme flessibili nell’organizzazione  dell’attività didattica, … affinché, nella zona rossa, sia garantita l’attività didattica in presenza ad almeno il 50 per cento e fino a un massimo del 75 per cento, della popolazione studentesca e, nelle zone gialla e arancione, ad almeno il 70 per cento e fino al 100 per cento della popolazione studentesca. La restante parte della  popolazione  studentesca  delle  predette istituzioni scolastiche si avvale della didattica a distanza”.

Tuttoscuola ha esaminato le ipotesi di minima (sempre riferita alla secondaria di II grado):

Con la zona rossa della Valle d’Aosta e le zone gialle o arancioni nelle altre regioni si avranno:

– 2.651 (50%) in presenza nella zona rossa e 2.650 in DAD

– 1.952.395 (70%) nelle altre regioni italiane e 836.741 in DAD

Complessivamente il numero minimo di studenti in presenza sarà di 1.955.046 e quello in DAD di 839.391.

Per l’ipotesi di massima (il 100% di studenti in presenza in tutte le regioni con la sola eccezione della Valle d’Aosta al 75%) si avrebbero complessivamente:

2.793.112 studenti in presenza e 1.325 in DAD.

Tra ipotesi di minima e ipotesi di massima la differenza di studenti in presenza (o in DAD) sarebbe di 838mila.

Alunni del primi ciclo

Poiché, in base al DL 52, la totalità degli alunni del primo ciclo già dal 26 aprile sono stati ammessi a scuola, fino alla termine delle lezioni saranno in presenza nella scuola primaria in 2.605.865 e nella scuola secondaria di I grado 1.713.453, per complessivi 4.319.318 alunni.

Bambini della scuola dell’infanzia e dei servizi educativi per l’infanzia

Per i bambini più piccoli è stata confermata la presenza alle attività educative. Continueranno a fruire di delle attività in presenza 1.393.010 bambini della scuola dell’infanzia (statale e paritaria) e 355.829 (strutture pubbliche e private)

Pertanto, da lunedì 3 maggio la forbice degli alunni in presenza per tutti gli ordini di scuola potrebbe oscillare complessivamente tra 7.667.374 e 8.505.440, cioè tra il 90,1% e poco meno del 100% dell’intera popolazione scolastica delle scuole statali e paritarie.

In questo scorcio conclusivo dell’anno scolastico, in piena stagione primaverile, un ruolo importante per massimizzare la scuola in presenza lo avrà la capacità da parte delle scuole di fare “Outdoor Education”, o educazione all’aperto: ossia di organizzare attività educative, anche non strettamente curriculari, all’aperto, eventualmente in collaborazione con associazioni e enti locali.

Stare all’aria aperta, insieme ai propri coetanei accresce le capacità sociali dei bambini e dei ragazzi. Inoltre alcune attività aumentano la consapevolezza verso i temi del rispetto dell’ambiente, della percezione del sé nel mondo e della salute di corpo e mente.

L’Outdoor Education potrebbe essere una via per una scuola in presenza e in sicurezza post pandemia. Ma come sviluppare e promuovere percorsi di Outdoor Education nelle scuole italiane? Un tema che verrà approfondito lunedì 3 maggio alle ore 17 in una diretta Facebook organizzata da Tuttoscuola (https://www.facebook.com/tuttoscuola/).

Insieme

“Insieme” è la nuova iniziativa del Ministero dell’Istruzione e della Corte costituzionale.

Una serie di incontri tra giudici costituzionali e scuole, dal 3 maggio e fino al 2 giugno, per sancire il sentimento di appartenenza alla res pubblica, intesa come comunità di donne, uomini e istituzioni impegnati, giorno dopo giorno, a dare attuazione ai valori costituzionali che sono alla radice del nostro “stare insieme”.

“Insieme”verso il 2 giugno, traguardo simbolico e punto di partenza dell’impegno costante di istituzioni e cittadini per approfondire la conoscenza della Costituzione, che la legge 20 agosto 2019 n. 92 pone alla base dell’insegnamento scolastico dell’educazione civica. Un percorso etico, culturale, giuridico, che viene da lontano e guarda al futuro, per costruire una comune coscienza civica.  

Dopo il “Viaggio in Italia, la Corte costituzionale nelle scuole”, interrotto bruscamente dalla pandemia a febbraio 2020, con questa iniziativa riprende la collaborazione diretta tra Ministero dell’Istruzione e Consulta – sia pure con le modalità che l’attuale contesto emergenziale consente – anche come segnale di ritorno alla normalità.  

Negli incontri in calendario tra i giudici costituzionali e le scuole secondarie di secondo grado saranno approfonditi temi riconducibili ai principi costituzionali, prendendo spunto dagli episodi della Libreria dei Podcast della Corte costituzionale. Si parlerà, quindi, di arte, scienza e libertà di pensiero (articolo 33 della Costituzione); di bilancio come bene pubblico, debito e giovani (articolo 81); di referendum (articolo 75); di parità di genere (articoli 3 e 51); di lavoro e welfare (articoli 4, 32, 37, 38); di dignità e solidarietà (articolo 2); di funzione rieducativa della pena (articolo 27) e di molto altro ancora. Naturalmente, si parlerà della Corte costituzionale, organo di garanzia dei diritti fondamentale e del rispetto delle regole istituzionali.   

Su questi temi, dopo l’introduzione dei giudici, avrà luogo un’interlocuzione con le studentesse e gli studenti.  

Ogni incontro si svolgerà con collegamento da remoto e sarà trasmesso in diretta streaming, accessibile dal sito del Ministero dell’Istruzione, in modo da consentire la partecipazione del maggior numero di studenti, anche diversi da quelli direttamente coinvolti nell’incontro.

Nota 3 maggio 2021, AOODGSIP 1091

Ministero dell’Istruzione
Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e di formazione
Direzione Generale per lo Studente, l’Inclusione e l’Orientamento scolastico
Ufficio II

Agli Uffici Scolastici Regionali
LORO SEDI
Al Sovrintendente scolastica per la lingua italiana
BOLZANO
All’Intendenza scolastica per la lingua tedesca
BOLZANO
All’Intendenza scolastica per la lingua ladina
BOLZANO
Al Sovrintendente scolastico per la Provincia di
TRENTO
Alla Sovrintendenza agli studi per la Regione autonoma della Valle d’Aosta
AOSTA
e p.c. Ai Dirigenti Scolastici delle Scuole di ogni ordine e grado
LORO SEDI
Ai referenti regionali per le attività di contrasto al bullismo e al cyberbullismo (individuati sulla base della legge 71/2017)

Oggetto: PRIMA FASE avvio Monitoraggio dei fenomeni di bullismo e cyberbullismo nelle scuole Italiane a cura della Piattaforma ELISA. Prima fase Studenti scuole secondarie di II grado. Seconda fase Docenti delle scuole primarie e secondarie di I e II ciclo.