Gli esami di Stato e le tre C – 1

Gli esami di Stato e le tre C: conoscenze, competenze, curriculum

di Gabriele Boselli

Avvio di una discussione su come fare degli esami di stato un incontro non rituale ma utile al futuro degli studenti e dei docenti: occasione di confronto sull’intero percorso di studio e di proiezione  sul cammino successivo, di ricognizione a finalità non economicistica ma vertente sullo stato di sviluppo della capacità di conoscere, momento di educazione intellettuale per studenti e docenti.

Puntata n.1

1. Cosa cercar di capire

Il recente duro e in molte parti condivisibile intervento di Galli della Loggia (CdS. 040521) sulla politica culturale del MIUR imputa indifferenziatamente le colpe della situazione sia a coloro che stazionano da trent’anni nei corridoi di viale Trastevere che all’innocente ultimo Ministro. Va invece condotta una distinzione di responsabilità e soprattutto occorre distinguere tra quel che nei decenni è stato deposto a lordare il cammino di docenti e studenti e quel che la ricerca più innovativa viene proponendo.

Nell’esame come in tutti i momenti autenticamente valutativi (esclusi dunque quelli dei test INVALSI) si tratterà di vedere se -a prescindere dalle esperienze ufficialmente accreditabili- abbiamo di fronte un giovane contraddistinto dalla curiosità, dall’intuizione, dall’impeto e dall’intelligenza critica e creativa che tutti vorremmo vedere nelle nuove generazioni come nei loro insegnanti. Di vedere se abbia conosciuto quel che nella cultura e nella scienza è destinato a permanere e se e come si sia reso conto delle tendenze al cambiamento; se, come i suoi insegnanti migliori, abbia disponibilità ad accogliere il Novum. Novum che va emergendo dagli sfondi culturali (dall’uni-verso al pluri-verso), scientifici (matematiche dell’intelligenza artificiale e paradigmi dell’ ipercomplessità), filosofici (affermarsi della fenomenologia e dell’ermeneutica), politici (dalla società disciplinare alla società di controllo) economici (Mercato unico mondiale), ecologici (mutazioni del paesaggio e dei climi) e in un futuro prossimo anche genetici (biotecnologie). Se di tutto ciò abbia non dico compreso ma intuito la direzione di senso (1). Si tratterà di capire se nei cinque anni l’insegnamento disciplinare sia servito a dare non fondamenti ma fondazioni in senso fenomenologico a storicità, profondità e larghezza della sua visione del mondo. Nell’esame si potrebbe cercar di capire se lo studente abbia appreso a sentirsi parte del processo di generazione della cultura, abbia acquisito non le competenze (a parte l’istruzione tecnica e professionale, lì hanno un senso) ma le premesse per sviluppare ed esprimere la propria pura, aspecifica, indifferenziata capacità di conoscere. 

Propongo a questo fine alcune riflessioni, nella convinzione del valore dell’esame per la scuola e per l’alunno, considerato quest’ultimo sia sotto il profilo dell’istruzione (discipline) che sotto quello più ampio dell’ educazione (persona, vita di relazione, maturazione complessiva, singolarità della disposizione al conoscere). 

La valutazione che si dovrebbe condurre sempre e non solo in sede di esami di Stato, più ancora che riconoscimento intersoggettivo (mai oggettivo, per quanti sforzi si facciano!) del presente, è delineazione del futuro del ragazzo, suggerimento di identità, costruzione della fiducia dell’alunno in se stesso e dell’ulteriore sua apertura al conoscere. Idem per i docenti, anche loro -se non spenti- soggetti in formazione.

2. La valutazione della disciplinarità: disciplina come sapere della persona discente 

Valutare è sempre difficile; nella scuola secondaria di II grado e’ poi operazione in cui s’intrecciano questioni epistemologiche, etiche, politiche, pedagogiche, istituzionali di elevata complessità e difficoltà. Dunque non riducibile -come vorrebbero gli esperti inestirpabilmente incistati da decenni nel MIUR- a schemi e crocettine, a documenti burocratici per tutelarsi negli immancabili ricorsi ai  TAR.

Occorre soprattutto guardare al modo in cui in ciascun soggetto tiene in attività (o va spegnendo o non ha mai acceso) il nucleo generativo di regioni gnoseologiche, il topos ove si riavviano i saperi consolidati. Lo stile personale con cui allaccia relazioni con tutta la gamma possibile dello sviluppo del sapere stesso. 

Le discipline potrebbero essere valutate in quanto atti permanenti di costruzione del sapere di lungo respiro, depositarsi non statico di infiniti atti cognitivi avvenuti nella storia; si può vedere se il loro studio abbia portato a pensare le cose non solo come sono oggi ma come sono state e probabilmente muteranno, indipendentemente dal loro utilizzo immediato e prossimo venturo. Direi che laddove la competenza (parente mortificata e impoverita della conoscenza) risiede nella cultura dell’ “utile”, l’essenziale delle discipline abiti in quella della “fondazione” fenomenologica; dove la competenza é applicazione “saputa”, il conoscere disciplinare è sapere in-finitamente in atto. 

Il conoscere della persona attraverso le discipline non potrà dunque essere ripercorso attraverso tassonomie (classificazione/archiviazione anticipata dell’esperienza intellettuale pura); sarà un’ indagine per vedere se si mantenga attiva soprattutto la “spinta”, un fascio di vettori che attraversando i portali delle strutture dell’intersoggettività (categorie, sistemi simbolici e costellazioni cognitive) riprenda il carattere organico, sempre in fieri e infinito del pensiero della persona che -oltre le contingenze e agli oggetti di riferimento- si volge all’Intero. Conoscere come, per dirla con Spinoza, attuazione di una potentia ove la competenza è sequenza di atti di soggezione a una potestas.

L’essenziale -ovvero il contatto generativo tra un ragazzo e la cultura, la luce inestinguibile- potrebbe esplorato nel rispetto del diritto del soggetto di essere autore del suo incontro personale, unico con il sapere. Il senso principale é nella ricostituzione intellettuale dell’ unità tra soggetto e mondo nella varietà dei profili del mondo. 

Fine della prima puntata

(1) G. Boselli Inibizioni del Novum  in Encyclopaideia (UniBO) Journal of Phenomenology and Education. Vol.24 n.56 (2020)

L’Europa in festa!

L’Europa in festa!

di Maurizio Tiriticco

Oggi 9 maggio è la festa dell’Europa! O meglio, la festa di noi tutti Cittadini Europei, con tanto di maiuscole. Ricorre l’anniversario della storica “dichiarazione di Schuman”. In occasione di un discorso a Parigi, nel 1950, a cinque anni dalla fine della seconda guerra mondiale in Europa – occorre ricordare che sul fronte nipponico la guerra finì molto più tardi, grazie soprattutto al terribile ma necessario lancio di due bombe atomiche sul territorio giapponese, una su Hiroshima, l’altra su Nagasaki – l’allora Ministro degli Esteri francese Robert Schuman espose la sua idea di una nuova forma di cooperazione politica per l’Europa, che avrebbe reso impensabile nonché impossibile una nuova guerra tra le nazioni europee. Sono trascorsi settantun anni da quel giorno! E gli auspici e le attese di allora si sono avverati! Mai nella loro storia gli europei hanno vissuto un periodo di pace così lungo. E di pace costruttiva anche.

L’ambizione di Schuman, ovviamene sostenuta da gran parte dei politici e dei cittadini europei, era quella di creare un’istituzione europea che avrebbe dovuto mettere in comune e gestire la produzione del carbone e dell’acciaio, materie prime fondanti per la vita produttiva e civile di un Paese. E questo disegno si concretizzò con un trattato che dette vita ad una prima istituzione europea, che per molti sembrava ambiziosa ed avveniristica. Infatti, nel 1951, con il Trattato di Parigi, nasce la CECA, Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio. E viene instaurato il mercato comune per il carbone e i minerali di ferro. Sottoscrivono il trattato sei Paesi, Italia, Francia, Germania, Belgio, Olanda e Lussemburgo (questi ultimi tre meglio noti come Benelux). Con questo accordo sono soppressi i dazi doganali e le restrizioni quantitative sulle materie prime: cosa mai vista nella lunga storia europea. La concretizzazione della proposta di Schuman è considerata il lontano atto di nascita della successiva Unione europea, che vedrà la luce il primo novembre 1993, con il trattato di Maastricht, una città dei Paesi Bassi.

Negli anni successivi seguono altri atti di estrema importanza. Segnalo i due Trattati firmati a Roma il 25 marzo del 1957. Sottolineo, a Roma! Perché la Resistenza ci aveva riscattati dall’onta del fascismo! Il primo è il Trattato che istituisce l’EURATOM, ovvero la Comunità europea dell’energia atomica. Il secondo è il Trattato che istituisce la CEE, la Comunità Economica Europea. E’ importante sottolineare che con questo documento si sancisce anche che la formazione professionale costituisce la leva fondante delle politiche del lavoro, ma forse più al servizio del mercato che della persona: infatti sembra resistere, allora, il concetto della formazione professionale funzionale più alle politiche del lavoro che alla formazione della persona. Comunque è opportuno ricordare che negli anni successivi l’evoluzione delle tecnologie, dell’automazione e dell’informatica trasformano radicalmente i processi di lavorazione manuale, perché vengono via via richieste competenze sempre più elevate e complesse. Pertanto, nel corso degli anni, nella Formazione Professionale il concetto e la pratica di addestramento al lavoro vengono via via superati.

In seguito, le problematiche relative all’educazione (del cittadino), alla formazione (della persona), all’istruzione (del lavoratore) sono animatamente dibattute in sede europea. E’ doveroso citare un importante documento: il Rapporto della Commissione internazionale per lo sviluppo dell’educazione, più noto come Rapporto sulle strategie dell’educazione o Rapporto Faure, dal nome del presidente della commissione Edgar Faure, ex Primo Ministro francese e Ministro dell’educazione. Il Rapporto è del 1972 e risente dei toni e del linguaggio successivi agli anni della Rivoluzione culturale operata dalla “contestazione studentesca” del 1968. Ebbe vasta risonanza e contribuì a diffondere nel mondo i concetti di Educazione permanente (si apprende dalla culla alla tomba) e di Comunità Educante.

Tra le tante interessanti pubblicazioni di quegli anni, occorre ricordarne alcune di estremo interesse. Ecco il “Libro Bianco” di Jacques Delors, del 1993. Affronta il problema della disoccupazione nei paesi membri della Comunità Europea che va oltre i 18 milioni di persone. E contiene numerose indicazioni di politica economica che i singoli Stati membri e la Comunità nel loro complesso dovrebbero seguire per combatterla. Ed ecco una indispensabile indicazione documentaria: “Libro bianco su crescita, competitività, occupazione”, pubblicato a cura di Jacque Delors. presentato dalla Commissione Europea nel dicembre 1993. Ed ancora: “Insegnare e apprendere: verso la società conoscitiva”, Ceri-Ocse – 1996, “Apprendere a tutte le età: le politiche educative e formative per il XXI secolo”.

In quegli anni venne data una particolare attenzione alla scuola e all’istruzione. Si pensava che ciascuna scuola nazionale della Comunità si dovesse porre anche obiettivi sovranazionali, miranti alla formazione di una cittadinanza europea. Un obiettivo ambizioso, che trovò una sua concretizzazione con il “Trattato di Maastricht”, del ’92. Com’è noto, con questo accordo la CEE diventa UE, Unione Europea: un enorme balzo in avanti: non più solo “economia”, ma anche “politica”!!! E l’istruzione, la scuola, in ciascun “paese membro”, devono diventare fattore di sviluppo per una cittadinanza europea attiva e responsabile. Si tracciano le linee per individuare una Dimensione Europea dell’Educazione. Ovviamente, nessuna pretesa di modificare gli ordinamenti scolastici dei singoli Paesi Membri. ma si individuano tre percorsi curricolari comuni: a) le origini storiche, culturali, civili; b) la ricerca scientifica e le tecnologie; c) le competenze linguistiche: ciascun cittadino europei, oltre alla sua lingua, è tenuto a conoscere una delle lingue comunitarie. Ed infine giungiamo al Trattato di Maastricht. E’ il 15 dicembre del 2004 e 32 ministri dell’istruzione europei sottolineano la necessità di giungere ad un sistema unitario di formazione e qualificazione professionale per rilasciare certificazioni leggibili e spendibili in tutti i Paesi dell’Unione. L’Europa cammina!

Ma torniamo al 9 maggio di quel lontano 1945. Quando un’Europa unita e solidale è nata! Grandi festeggiamenti di popolo ovunque. E mi piace ricordare che quella notte a Londra Elisabetta, la futura regina del Regno Unito, uscì dal Buckingham Palace con la sorella Margareth e si mischiò alla folla per festeggiare la vittoria. Ed infine, come regalo al lettore che è giunto fin qui, ecco il filmato della “parata della vittoria”, che si svolse a Mosca, sulla Piazza Rossa per festeggiare la vittoria e l’avvio di quel periodo di pace che ancora dura, nonostante le tante tensioni che nel corso degli anni si sono manifestate.

Festa dell’Europa

Un’occasione per riflettere, per rafforzare la consapevolezza delle studentesse e degli studenti sul tema della cittadinanza europea, intesa come appartenenza a una cultura, a valori, a una storia, a un percorso comuni. È questo il 9 maggio, Festa dell’Europa, secondo il Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, che ha inviato alle scuole una circolare in vista della ricorrenza che si celebra questa domenica.

“L’Europa è nata da un sogno nei momenti più difficili, quando era terreno di scontro, di violenza, della guerra. In quegli anni è nata l’idea di un’Europa unita. È stata una costruzione faticosa, che a volte viene data per scontata. È una costruzione che si fortifica solo se le nostre ragazze e i nostri ragazzi hanno la capacità di lavorare insieme”, afferma il Ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi.

Il Ministero dell’Istruzione dedicherà alla Giornata alcune iniziative. In particolare, domenica 9 maggio, il video ‘Ode alla Gioia’, realizzato da Europa InCanto, in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione e il Servizio Europeo per l’Azione esterna dell’Unione Europea – SEAE, farà da apertura alle celebrazioni e ai collegamenti delle delegazioni europee trasmessi in diretta in tutto il mondo. L’inno, cantato da bambine e bambini delle scuole italiane ed europee, sarà pubblicato sui canali social del Ministero.

Lunedì 10 maggio è poi previsto un evento online, a partire dalle ore 10.30, in diretta sul canale YouTube del Ministero. Aprirà i lavori il Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi.

Nel corso della mattinata verranno presentati i progetti PON sulla conoscenza dell’Europa e sugli ambienti di apprendimento e i progetti Erasmus delle scuole sulla mobilità. Saranno coinvolti studentesse e studenti delle scuole di tutta Italia, le Bande scolastiche giovanili e la banda “J. Lennon” che suonerà l’Inno alla Gioia.

Giorno della Memoria

9maggio

Con la Legge n. 56 del 4 maggio 2007 il Parlamento Italiano riconosce il 9 maggio, anniversario dell’uccisione di Aldo Moro, come ‘Giorno della memoria’, al fine di ricordare tutte le vittime del terrorismo, interno ed internazionale, e delle stragi di tale matrice.

Domenica, 9 maggio, sono state annunciate, nell’Aula di Palazzo Madama, le opere delle scuole vincitrici della VII edizione del Concorso nazionale “Tracce di Memoria”, nell’ambito del Giorno della Memoria dedicato alle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice.

La cerimonia si è svolta alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, della Presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati, del Presidente della Camera dei Deputati Roberto Fico. L’evento, trasmesso in diretta su RAI 2, è stato condotto dai giornalisti Maurizio Molinari e Monica Maggioni. Si sono alternate, nell’emiciclo, le testimonianze di alcuni familiari delle vittime del terrorismo.  

In un video di saluto, il Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi ha introdotto i lavori realizzati dalle studentesse e dagli studenti.  

“Ringrazio moltissimo la Presidente del Senato per aver voluto le scuole in questa giornata della Memoria dedicata alle vittime del terrorismo. Dedicata alle famiglie. A tutti coloro che hanno portato il peso del dolore – ha dichiarato il Ministro Patrizio Bianchi nel suo messaggio -. Costruire la Memoria può permettere anche ai nostri bambini e alle nostre bambine, alle nostre ragazze e ai nostri ragazzi, di ricordare quelle persone, quei difensori dello Stato, che con il loro sacrificio hanno costruito e stanno costruendo ancora oggi, nella nostra Memoria, la nostra democrazia”.  

“Le nostre scuole sono presenti – ha concluso il Ministro – e vogliono trasformare questa Memoria in una fiamma continua che deve alimentare la volontà delle nostre ragazze e dei nostri ragazzi di vivere insieme, in pace e in solidarietà”.  

Per la scuola secondaria di II grado, i vincitori ex aequo sono: il Liceo statale scientifico e musicale “Farnesina” di Roma – Sezione musicale, classe di Musica d’insieme I N, con il video “Era un giorno di aprile. Ricordiamo Settimio Passamonti”; il Liceo statale “Galileo Galilei” di Voghera (PV) – Classe V dello Scientifico, con i documenti di testo “12 DICEMBRE. 17 VITE. Le cartoline”, dedicato alle vittime della strage di Piazza Fontana.  

Per la scuola secondaria di I grado, l’Istituto Comprensivo “Andrea Zanzotto” di Caneva e Polcenigo (PN) – classe III A del plesso secondario di I grado “Giovanni Pascoli” di Polcenigo, con il video “La solitudine degli uomini giusti. Non vali una scarpa bucata”, dedicato alla memoria del giudice Mario Amato.  

Per la scuola primaria, l’Istituto Comprensivo di Rastignano di Pianoro (BO) – Classe V A della Primaria “Rita Levi Montalcini”, con il video “Gocce di memoria”, dedicato alle vittime della strage di Bologna.  

Il concorso per le scuole – giunto alla settima edizione – è promosso dal Ministero dell’Istruzione, in collaborazione con la Rete degli archivi per non dimenticare e con la Direzione Generale Archivi del Ministero della Cultura.