Curiosità dei bimbi motivazione degli studenti

CURIOSITA’ DEI BIMBI MOTIVAZIONE DEGLI STUDENTI

di Umberto Tenuta

Dal ventre del monte il treno corre verso la verde valle, con le pianure fiorite di tetti, di strade, di fiumi, di laghi, di cieli azzurri che i gabbiani volano, incantevole spettacolo che gli occhi spalancati dei bimbi incanta, affascina, prende.

Spettacolo grande, sempre più grande, infinito che il cuore prende, che la mente interroga, che negli occhi si specchia, che le mani mai finiscono di esplorare, di toccare, di prendere.

Non so quando gli uomini nell’infinito universo scopriranno altre terre più belle.

Intanto, godiamoci questo spettacolo meraviglioso, incantevole, stupendo che la terra ci offre, offre agli sguardi curiosi dei bimbi appena nati alla luce del sole, i mille colori dei prati, delle colline, dei monti, dei mari.

Affamato di latte materno il bimbo nasce e, mai sazio, gli occhi, le mani, i piedi apre allo spettacolo nuovo che si squaderna ai suoi occhi incantati di tanta poesia.

Meraviglioso spettacolo questa terra patria offre ai suoi occhi incantati, occhi di bimbo appena nato, occhi affamati di luce, di colori, di forme, di odori, di sapori, delle sensazioni più varie che il suo corpo percepisce.

Che saggia maestra è la mamma che se lo mette sulle spalle perchè dall’alto meglio possa ammirare lo spettacolo grande, colorato, dalle mille forme che si offre al suo stupore.

Meraviglioso bimbo nato alla luce del sole che tutto illumina dinanzi ai suoi occhi.

Tutto il bimbo guarda, tocca, assapora, odora, ascolta, musiche e canti di uccelli che veloci volano innanzi ai suoi verdi occhi.

Fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza! 

Sì, il figlio dell’uomo è sceso dall’albero, dall’albero del bene e del male, per andare alla scoperta del mondo, oltre i confini dell’orizzonte, del mare, del cielo.

Comincia questo cammino sin dal primo brivido che lo accoglie alla luce del sole, tra le braccia della mamma sua cara.

È un nuovo Adamo, una nuova Eva, un nuovo Prometeo, un nuovo Icaro, un nuovo Colombo, un nuovo Galilei, un nuovo Marconi, un nuovo Einstein… il bimbo nudo, che la mamma alza al cielo dei suoi occhi ammirati!

O maestre, guardate questa mamma, ammirate questa mamma, imitate questa mamma!

Sì, il suo bimbo non tenetelo costretto a rimanere seduto nei banchi!

Lasciate che i suoi guardi si distolgano dalla LIM e guardino oltre la finestra nei cieli azzurri che il sole illumina, nei verdi prati fioriti di mille fiori, di mille colori, di mille forme che nessuna geometria riuscirà mai ad imitare.

O Maestre, la lasciate che le sue mani tocchino il liscio piano del tavolinetto, il freddo del suo tubolare, la ruvida parete, le tue calde gote.

Lascia che egli ammiri i colori della tua camicetta, dei jeans dei suoi compagni, delle cime dei pini che ossigenano la tua scuola!

Lascia che si alzi dalla sua sedia, lascia che venga a te e ti guardi negli occhi, ti ascolti il cuore per sentire se batte come quello della mamma sua!

Lascialo andare oltre la porta della tua scuola, nei giardini che ossigenano i polmoni di voi tutti che nella scuola amate vivere come nella vita vostra casa con il focolare acceso!

Lasciatelo correre nei verdi prati fioriti di mille fiori, di mille fili d’erba, di mille farfalle che basse svolazzano!

Lasciate che egli tocchi le foglie lisce, le pietre ruvide!

Lasciate che egli…

Con le mani, con i piedi, con gli occhi, con le orecchie, col naso, con la lingua egli tutto conosce.

Mani, piedi, orecchie, naso, lingua, sono la sua bocca con la quale egli si alimenta, si nutre, cresce, si fa grande, adulto!

O Maestre, lasciatelo andare ove il suo desiderio la porta, ove il suo disio miri, come dice il poeta!

Non spegnete la sua sete, ma alimentatela, se potete, alimentatela quanto più potete, perché il bimbo non si sazia mai: più lo alimenti e più cresce la sua fame!

Non dategli fiori di carta, di plastica, di alluminio.

Il suo libro di lettura, il suo sussidiario è la natura, è il mare, è il cielo che si squaderna innanzi ai suoi occhietti curiosi!

Cambiategli nome.

La bimba del primo banco chiamatela Curiosina!

Il bimbo dell’ultimo banco chiamatelo Curiosone!

Tutti curiosi, tutti desiderosi di apprendere, tutti innamorati della bellezza dell’universo mondo, terra patria di ogni figlio di donna!

Basta con i libri di carta stampata!

Il libro dei vostri bimbi, delle vostre bimbe, dei vostri studenti, delle vostre studentesse, o Maestre, è il loro libro dalle mille e mille e mille pagine, è il libro della natura, il libro della terra sulla quale l’uomo è vissuto, sulla quale l’uomo ha combattuto, sulla quale l’uomo ha sofferto, sulla quale l’uomo ha gioito, ed ha lasciato in eredità ai suoi figli.

N.B.

Non ho detto che questo è il solo libro dei bimbi.

Ho detto che questo è il loro primo libro, il primo libro che mamma e papà gli hanno regalato, che egli ha aperto con gioia e che voi gli insegnerete a leggere meglio.

Poi ci saranno altri libri, quelli di carta stampata, quelli digitali dei tablet!

Ma questo è un altro discorso, un discorso che abbiamo già fatto, e che faremo assieme.

Me lo auguro di cuore e aspetto!

Organico da Champions League e ambizioni da Coppa Italia

Organico da Champions League e ambizioni da Coppa Italia

di Stefano Stefanel

         Il sistema scolastico italiano non è omogeneo: in alcune sue parti è debolissimo, in altre è accettabile, in altre ancora buono. Una piccola parte del sistema scolastico nazionale è di altissimo livello e tutto questo è stato puntualmente certificato dall’Ocse e dall’Invalsi. Molti Licei del Nord hanno livelli finlandesi nelle rilevazioni Ocse Pisa, mentre i dati Invalsi mostrano punte altissime in alcuni Licei. Dati noti e anche ampiamente commentati. Io penso che il sistema scolastico italiano possa uscire dall’attuale grave crisi in cui si trova solo se i Licei dei Nord fanno sistema e utilizzano il loro punto di vista privilegiato per indicare progettualmente come migliorare. Le modalità dell’orientamento italiano portano i migliori studenti nei Licei, che sono sempre di più scuole di assoluta eccellenza o in termini assoluti o in termini di confronto con gli altri tipi di scuole. I Licei sono delle scuole privilegiate e dovrebbero mettere i propri privilegi al servizio del sistema dell’istruzione e non della propria autoreferenzialità.

Per sviluppare il mio pensiero devo però far ricorso ad una metafora calcistica. Avviene che molti Licei abbiano organici da Champions League con ottimi studenti, ottimi docenti, molti soldi, strutture funzionanti, enti locali attivi, stakeholder attenti, ma che abbiano maturato e continuino ad avere una ambizione a vincere la Coppa Italia. Per vincere la Coppa Italia (competizione locale con gli altri istituti della zona) non serve molto se si ha un grande organico: basta un buon gioco tradizionale. Anche perché in Coppa Italia ci sono il Sassuolo, il Brescia e la Virtus Lanciano. Per vincere la Champions League invece serve di più (lo sa bene la Juventus che domina in Italia e all’estero arranca) perché ci giocano Barcelona, Bayern, Real Madrid, Paris St Germain,ecc.. Ed è evidente che per vincere la Champions League ci vuole qualcosa di più.

Perché le nostre scuole migliori puntano alla Coppa Italia e non alla Champions League? Io credo perché per competere nel mercato europeo della conoscenza ci vuole innovazione e alle nostre scuole l’innovazione non piace. Preferiscono la tradizione: dunque Coppa Italia, Coppa Italia, Coppa Italia. In Italia infatti tiene ancora il detto: “Squadra che vince non si tocca”. Con questa logica l’Inter da Mourinho in poi è andata verso i “zero tituli”.

In Italia si continua a credere che se qualcosa funziona va conservato così per sempre, salvo poi accorgersi che tutto il sistema nel frattempo è andato in malora. Invece l’innovazione è l’elemento più necessario per i sistemi d’eccellenza, mentre è un passo azzardato per i sistemi in crisi. Innovare oggi la Scuola media o gli Istituti professionali è un vero suicidio, se quell’innovazione non nasce da visioni sistematiche accertate e certificate. L’innovazione e la sperimentazione dovrebbe essere pinta dai Licei e dalle Scuole dell’Infanzia, che sono la parte più funzionante del sistema.

L’innovazione però si può fare solo in un modo: innovando. I piccoli e penosi passi invocati da tutti lasciano le cose come stanno e non portano da nessuna parte. Didattica frontale, interrogazioni, compiti, penne e quaderni, fogli protocollo, campanelle, orari rigidi, banchi, palestre poco attrezzate, ecc. sono il continuum  della nostra scuola, una maledizione che non cessa e che ci allontana dall’innovazione.

Anche dove ci sono organici da Champions League vive la vocazione a puntare alla Coppa Italia. Mentre tutto il resto retrocede. Chi però pensa  che la colpa di questa idiosincrasia all’innovazione sia solo dei docenti sbaglia di grosso: i docenti sono i massimi interpereti del conservatorismo perché spinti da una società che non vuole innovare. Gli studenti e le famiglie sono talmente abituati al sistema scolastico così come è organizzato che davanti alle innovazioni contano le pagine del programma svolto. Anche dove sono parte integrante dell’Organico di Champions, famiglie e studenti spingono perché tutto venga riprodotto senza grandi modifiche. Così anche organismi morenti come i Consigli di classe, gli Esami di Stato, i Ricevimenti generali, ecc. nel profondo sono ciò a cui il sistema si ancora per rimanere se stesso.

Molti insegnanti nascondono il proprio conservatorismo dietro al conservatorismo di alunni e famiglie, senza rendersi conto che un sistema che non sa innovare è destinato al’obsolescenza. Credo sia necessario cominciare ad agire sulle motivazioni e cercare di far capire agli Organici che se sono da Champions devono puntare alla Champions. C’è molta responsabilità in chi sta in alto e punta in basso.

Matematica bella

MATEMATICA BELLA LA BELLEZZA MATEMATICA NASCOSTA NEL MONDO

di Umberto Tenuta

… Un’ultima spiegazione, pedagogica, ha a che fare con l’anacronismo della nostra scuola. Ministri e funzionari insensibili e inesperti, programmi e testi antiquati e aridi, esercizi sadici e noiosi, inflitti con metodi di insegnamento antidiluviani, completano l’opera di allontanamento anche degli studenti meglio disposti.
Con queste premesse, non c’è da stupirsi che la matematica sia così poco apprezzata e capita: semmai, ci sarebbe da stupirsi del contrario. Peccato però che, in un mondo tecnologico, chi non la conosce finisca per rimanere un vero e proprio
analfabeta. Con gran cruccio di quei governi e di quelle società che prima fanno di tutto per bruciare la terra attorno alla matematica, e poi si preoccupano di esserci riusciti, domandandosi impotenti e tardivi come rimediare.
(La bellezza matematica nascosta nel mondo di Piergiorgio Odifreddi, LA REPUBBLICA, 28 marzo 2014)

 

Tanto premesso, mi domando come io abbia fatto ad amare la matematica sin da quando sono andato scuola, a sei anni di età, allora si usava così!

Prima nei campi, né prati, sulle colline, nel torrente pietroso dopo l’inverno delle piene straripanti, delle terre allagate, dei pioppi trascinati nel vortice impetuoso delle acque terrose.

I miei giochi erano corse, salti, girotondi, pistole di sambuco, archi di salice e fionde di gelso.

La scuola con le sue regole, col suo forzoso silenzio, le bacchettate che timbravano di rosso e di blu  il palmo delle mani a chi le prendeva, come me che scrivevo mondi anziché monti, ma in matematica ero il più bravo.

Un amore, il mio, sbocciato non so perché, ma fedele per una vita. Ancora adesso ne canto la magia, la poesia, la bellezza che nell’intero cosmo si ritrova come sulle labbra di una donna.

Piergiorgio Odifreddi stamattina me ne spiega il perché.

Il perché di questo mio amore grande che per una vita mi affascina, e non ne so il perché.

Certo, lo intuisco

La mia amata matematica è tutta frutto di intuizione.

Erano le pietre, e non i dischetti del pallottoliere, che io contavo.

Erano le macine del mulino, abbandonate a lato della mia strada bianca, che io misuravo in cerchi, cilindri, prismi.

La mia passione ho portato ai bimbi dei Campelisi, la scuoletta nel sottoscala sui dirupi di Sciuddri, tutti bravissimi in matematica, ma in lingua come me esitanti tra mondi e monti.

Il primo laboratorio matematico inaugurato da dirigente scolastico è stato quello dei Blocchi logici, dei Blocchi aritmetici moltibase (BAM) del Dienes, dei Numeri in colore di Cuisenaire-Gattegno, del Calcolatore lineare Tenuta, dell’Abaco digitale di Arcisio Brunetti, della Bilancia Matematica anche digitale di Umberto Tenuta.

E poi, da tecnico ispettivo, alle maestre ed ai maestri ho cantato la poesia della matematica.

La matematica è sorella della poesia.

“Un matematico che non abbia un po’ del poeta non può essere un perfetto matematico” ( Karl Wierstrass).

La matematica si impara con le mani e con i piedi, andavo predicando, e le maestre ed i maestri non sapevano che cosa io dicevo, ma restavano incantati, per la prima volta nella loro vita, e innamorati della matematica, della meravigliosa matematica che scoprivano.

Ed i bimbi erano felici, quando entravo nelle aule e mi tiravano per la giacca quando andavo via: Maestro, resta, resta, resta con noi!

Oh! Che passione, che amore, quello della matematica!

Se il principe del foro non la ama, non è colpa sua, non gliel’hanno mai fatta incontrare.

La matematica non gliela poteva insegnare, non gliela poteva fare amare il docente che l’aveva imparata nei suoi assiomi, nei suoi corollari, nei suoi teoremi, e così costringeva ad apprenderla.

La matematica la può fare amare solo chi la sente nella bellezza della corolla di una margheritina di campo, nella fillotassi di uno stelo, nelle simmetrie di un viso di bimbo.

Per carità, lo chiedo per carità, lo chiedo per amore dei giovani, per amore di questa scienza regina, non insegni la matematica chi non la ama nel profondo del suo cuore!

Come dice la sua etimologia, la matematica è la scienza dell’apprendere per antonomasia.

Chi l’amore dell’apprendere non sente ardere nel suo cuore, abbandoni l’insegnamento della matematica.

E abbandoni l’insegnamento di qualsiasi altra disciplina!

Insegnare significa tradurre in segni, segni delle lettere dall’alfabeto, segni delle vestigia storiche, segni della cartografia, segni della fisica, segni dalla musica, segno del verso della poesia.

La matematica è sorella della poesia.

A chi, a chi la bellezza dell’universo cosmo non è stata contagiata, è stata negata la bellezza della matematica, la divina bellezza della matematica nascosta nel mondo.

Non per nulla Papa Francesco ha scritto che la bellezza salverà il mondo!

Anche la bellezza della matematica.

Omofobia a scuola: il marchio d’infamia

da Il Fatto Quotidiano

Omofobia a scuola: il marchio d’infamia

di Dario Accolla

L’omofobia è un atto verbale, prima di ogni altra cosa, soprattutto se assumiamo il concetto biblico – e quindi cristiano – della parola come atto di creazione. Nella Genesi, Dio costruisce prima il mondo e poi fa l’uomo a sua immagine e somiglianza. Questa eguaglianza sta proprio nel fatto che l’essere umano è, come il dio creatore, l’unica specie dotata del dono del dire. E con le parole l’uomo definisce il reale, lo domina.

Cercherò di dimostrare un’ovvietà che sfugge a molti e molte e che riguarda le persone Lgbt (Lesbiche Gay Bisex Transgender). Mi concentrerò su ciò che succede ai maschi, perché è un fenomeno che conosco meglio. Da ragazzo fu nell’ambiente scolastico che scoprii un termine che avrebbe cambiato per sempre la mia vita. Un compagno con cui volevo socializzare mi disse: “Vattene, sei frocio! Poi la gente penserà che sono come te”. Venni a sapere così che ero omosessuale.

Questo è quanto accade a molti giovani gay tra aule, cortili e corridoi. In età adolescenziale, si deposita un termine (“frocio” con le sue varianti regionali) come segno d’infamia. Da quel momento si diventa soggetti da deridere, da insultare, da sottovalutare. Da picchiare, se l’occasione è propizia.

Suggerisco sempre un utile esercizio: appostatevi all’uscita di un liceo, ascoltate e contate quante volte gli insulti contro i gay vengono ripetuti per scherzo, scherno o abitudine verbale. Avrete delle sorprese. Pensate cosa accadrebbe se, in tutte le scuole d’Italia, si usassero con la stessa virulenza altri vocaboli, come “ebreo”, per fare un solo esempio.

L’essere additati con parole odiose è l’atto creatore di tutta l’omofobia possibile. Da lì si diviene zimbelli, casi umani o vittime prescelte. Qualcuno resiste e diventa addirittura più forte. Ma a quale prezzo? Altri quel prezzo lo pagano per intero, col proprio corpo. Con un salto nel vuoto. Dal balcone di casa, come è successo a troppi ragazzi, qui nella sola capitale.

Ho fatto questa premessa per spiegare cosa sta succedendo proprio nelle scuole nella lotta alle discriminazioni sull’orientamento sessuale (quindi contro gay, lesbiche e bisessuali) e sull’identità di genere (quindi contro le persone trans). Era stato previsto un corso per formare i/le docenti su come comportarsi di fronte ai casi descritti. Non per promuovere l’omosessualità – così come parlare di shoah non significa convertire all’ebraismo – ma per evitare specifiche sofferenze alle nuove generazioni. Purtroppo le ingerenze clericali hanno reso impossibile quest’atto di civiltà, Bagnasco ha tossito e il governo ha provveduto prontamente: il corso è stato sospeso. Ulteriore episodio, in ordine di tempo, dopo che si è impedito a Vladimir Luxuria di parlare delle condizioni di vita delle persone trans in un liceo a Modena e dopo che il comune di Torino ha rimosso delle schede didattiche contro il bullismo omofobico.

Ricordo le aspre polemiche da parte delle associazioni Lgbt contro la legge Scalfarotto, che aveva il buono di legiferare sui crimini d’odio, ma che nulla faceva contro la loro origine. Ricordiamo l’emendamento Gitti: “non costituiscono discriminazione, né istigazione alla discriminazione, la libera espressione e manifestazione di convincimenti od opinioni riconducibili al pluralismo delle idee, purché non istighino all’odio o alla violenza, né le condotte conformi al diritto vigente […] ovvero assunte all’interno di organizzazioni che svolgono attività di natura politica, sindacale, culturale, sanitaria, di istruzione…”.

Le conseguenze di quel provvedimento sono evidenti: il ddl giace in Senato e molto verosimilmente non verrà mai approvato, ma l’omofobia è passata nel nostro Paese come un fatto di libertà di pensiero. A cominciare, appunto, dai banchi di scuola (e del Parlamento).

Tornando al presente, credo di poter affermare che chi si oppone a una seria lotta contro le discriminazioni pone le basi, più o meno indirettamente, affinché certe parole possano ferire ancora. Certo, qualcuno sarà comunque forte e andrà avanti lo stesso. Ma temo che qualcun altro farà l’ennesimo salto nel vuoto, dal balcone della sua stanza. I movimenti cattolici reazionari, finanziati coi proventi dell’8 per mille, che promuovono certe crociate antigay – insieme a chi ha determinato l’attuale clima culturale – porteranno sulle proprie spalle la responsabilità di ulteriori tragiche conseguenze.

Giannini: 4 principi essenziali per un sistema dell’istruzione europeo

da La Stampa

Giannini:  4 principi essenziali per un sistema dell’istruzione europeo

Semplificazione, programmazione, valutazione e internazionalizzazione
roma

Sono quattro i principi che il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini considera «essenziali per un sistema dell’istruzione, dell’università e della ricerca davvero moderno ed europeo: semplificazione, programmazione, valutazione e internazionalizzazione».

È lo stesso ministro a illustrarli alla VII Commissione al Senato. Intervento il suo, per ragioni di tempo, concentrato solo sulle problematiche della scuola e rinviando quindi alla prossima settimana le altre competenze, ossia università e ricerca.

«Il primo principio – ha spiegato il ministro – è la semplificazione, che significa resistere alla tentazione di una ipertrofia normativa, del voler aggiungere un’altra norma, e concentrarsi sull’attuazione dei tanti provvedimenti già approvati. Significa lavorare per ridurre gli spazi di incertezza che alimentano conflittualità e contenziosi. Il secondo principio è quello della programmazione, che significa smettere di lavorare rincorrendo le emergenze, per darsi invece quell’orizzonte temporale e finanziario necessario per trasformare gli aggiustamenti puntuali in soluzioni strutturali».

Il ministro è poi sottolineato il terzo principio, quello della valutazione, che significa «eliminare i colli di bottiglia e sostituire i controlli ex ante con la valutazione ex post. Significa assegnare le risorse sulla base dei meriti e dei demeriti».

Infine, il principio dell’internalizzazione, «perché un sistema dell’istruzione, dell’università e della ricerca aperto alla comparazione e alla competizione del resto del mondo, non solo genera maggiore qualità intrinseca, nel piano didattico, scientifico e strutturale, ma è anche motore diretto dello sviluppo economico e di crescita».

La Chiesa sprona Renzi: la scuola prima di tutto

da Tecnica della Scuola

La Chiesa sprona Renzi: la scuola prima di tutto
di A.G.
Per il cardinale Angelo Bagnasco, se confermata, sarebbe un’ottima partenza per un’azione di governo in una prospettiva sociale che ha a cuore il lavoro e l’occupazione, più a monte la formazione delle persone. E chiede di fare attenzione all’organico degli insegnanti. Poi torna sull’importanza del coinvolgimento delle famiglie, che è indipendente dalle risorse: i genitori devono poter scegliere in libertà il tipo di educazione per i propri figli.
La Chiesa apprezza l’impegno del Governo per il rilancio dell’istruzione. E indica la strada da percorrere per potenziarne l’organizzazione. A farlo è stato, il 29 marzo, il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei e arcivescovo di Genova, a margine del seminario interregionale di studio sulla scuola in corso a Genova.
“Speriamo proprio”, ha detto il porporato, che il Governo Renzi dedichi sempre maggiore attenzione e risorse al mondo scolastico “perché sarebbe un’ottima partenza per un’azione di governo in una prospettiva sociale che ha al cuore il lavoro e l’occupazione ma anche più a monte la formazione delle persone”.
“Speriamo – ha aggiunto Bagnasco – che queste risorse promesse possano risolvere anche i problemi di natura strutturale, ma senza trascurare assolutamente l’organico degli insegnanti, la fiducia, il rispetto che dobbiamo dare loro per la loro missione e favorendo la partecipazione e il coinvolgimento delle famiglie che è indipendente dalle risorse”.
A tal proposito, il numero uno della Conferenza episcopale italiana è anche tornato a spronare il Governo a mantenere in vita i finanziamenti a favore degli istituti paritari. “Bisogna assolutamente che l’Italia, fanalino di coda in Europa, faccia la sua parte per le scuole paritarie, che non sono pubbliche, nel senso di permettere ai genitori di poter scegliere come è nel loro diritto la scuola e quindi il tipo di educazione che ritengono per i propri figli”. Senza questa parità effettiva anche sul piano economico – ha concluso Bagnasco – la famiglia non è rispettata nel suo diritto”.

Sciopero attività

da Tecnica della Scuola

Sciopero attività: buon risultato secondo Unicobas
di R.P.
Nostra intervista a Stefano d’Errico, segretario nazionale di Unicobas che ha proclamato lo sciopero insieme con Flc-Cgil.
Domanda
Lo sciopero delle attività aggiuntive è terminato. Difficile avere dati ufficiali, ma qual è la vostra sensazione ?
Stefano d’Errico
Uno sciopero molto diffuso. L’adesione è stata ‘massiccia’ solo in parte delle scuole (con parecchie ‘eccezioni’ esemplari ove s’è rasentato il blocco totale, soprattutto nelle metropoli). Non di meno abbiamo raggiunto la maggioranza degli istituti. Abbiamo toccato tutti gli ordini e gradi di scuola in tutte le zone del Paese, in particolare grazie al personale ATA, meno ‘immateriale’ e ‘missionaristico’ rispetto ai docenti. Colgo l’occasione per ringraziare davvero quanti hanno capito che lavorare gratis non è mai onorevole e che siamo arrivati a questo punto perché la burocrazia politica italiana si è sempre approfittata della generosità della scuola. Se gli dai un dito, si prendono il braccio …e con noi sono ormai arrivati al collo. Insomma, ‘la strana coppia’ CGIL – Unicobas ha funzionato: due sindacati molto diversi, ma non responsabili del ‘congelamento’ degli scatti e del furto a danno del fondo di istituto permesso da un accordo vergognoso sottoscritto dagli altri.

In questo periodo, soprattutto nelle scuole dove siete presenti, avete gestito numerose assemblee. Quale aria si respira ? 

Stefano d’Errico
L’aria la sta costruendo la Giannini. Le sue dichiarazioni inqualificabili sono arrivate nelle scuole. Nessuno può accettare senza preoccupazioni l’esplicitata volontà di eliminare la libertà d’insegnamento e d’apprendimento tramite ‘valutazioni’ discrezionali d’autorità ed una gestione privatistica della scuola incardinata sulla figura del ‘dirigente’, né il collegamento con i risultati dei vergognosi test Invalsi. Nessun ministro può dire ai docenti peggio pagati d’Europa di voler eliminare del tutto persino gli automatismi d’anzianità.
Dopo questo sciopero, l’anno scolastico si concluderà senza altri “scossoni” ? 

Stefano d’Errico
Tutt’altro. Valutazione da parte dei dirigenti? Liceo a 4 anni? Noi rispondiamo con due giorni di sciopero pre bloccare i test Invalsi ed il Ministro Giannini: scuole chiuse il 6 ed il 13 Maggio, in questa data con manifestazione nazionale a Roma.
 

Cosa ne pensate dell’annuncio di Renzi di mettere 80 euro in più negli stipendi di 10milioni di italiani e quindi anche di un gran numero di dipendenti del Miur ? 

Stefano d’Errico
Non possiamo certo respingere l’offerta, ma aspettiamo di vederla nel piatto. Curiosa è la posizione tenuta dai sindacati tradizionali. CGIL, CISL, UIL, SNALS e Gilda fanno gli ‘schizzinosi’ e parlano di contratto, ma fanno finta di non sapere che proprio grazie all’accordo siglato da loro con Tremonti siamo in blocco, che il contratto da biennale (per la parte economica) l’hanno fatto diventare triennale e soprattutto che hanno portato la scuola nel calderone indistinto del pubblico impiego, all’interno del quale vige la regola (DL.vo 29/1993) che gli ‘aumenti’ non possano superare l’inflazione programmata dalla parte datoriale (Ministro dell’economia). Così hanno sottoscritto ‘aumenti’ anche pari ad 8 euro (altro che 80)!

La scuola pubblica vittima delle logiche corporative e sindacali?

da Tecnica della Scuola

La scuola pubblica vittima delle logiche corporative e sindacali?
di Lucio Ficara
C’è chi dice che la scuola va “deperonizzata”, come Gianni Zen dirgente scolastico in provincia di Vicenza. E anche il ministro Giannini incolpa i sindacati della situazione attuale. Ma se i sindacati sono davvero così potenti, perchè il CCNL è ancora quello di anni fa?
È un’opinione che ultimamente viene ripetuta  in modo ricorrente,  soprattutto in ambiti politici e  tra chi dibatte di tematiche scolastiche, quella che la scuola pubblica italiana sia vittima di logiche corporative e sindacali, volte a difendere gli interessi di parte degli insegnanti. Secondo costoro il problema della scuola pubblica italiana è che si considera la scuola solo dal punto di vista dei diritti sindacali di chi ci lavora, e in particolare modo dei docenti. Gli insegnanti vengono additati come se fossero una casta di privilegiati, che lavorano soltanto 18 ore settimanali, per soli 200 giorni l’anno, protetti da un sindacato che si batte per garantire il minimo sindacale per tutti. Una logica corporativa dalle vedute limitate che, secondo alcuni esperti di scuola  affosserebbe  le eccellenze che lavorano meglio, che pur esistono, tutelando in modo spregiudicato gli insegnanti mediocri e fannulloni. In questa direzione vanno alcune affermazioni dell’attuale ministro dell’Istruzione Stefania Giannini, che non nasconde le critiche rivolte ai sindacati scuola, rei, secondo il responsabile del Miur,  di spingere  sempre e solo per salvaguardare il minimo garantito a tutti gli insegnanti e non per valorizzare invece coloro che lavorano meglio, quindi – prosegue il ministro Giannini – quel poco che c’è non solo non serve a migliorare la qualità complessiva ma nemmeno a valorizzare le singole persone. A fare da eco alle dichiarazioni forti del ministro Giannini arriva anche un interessante intervento di Gianni Zen sulla valutazione e dall’autonomia. Gianni Zen, dirigente scolastico con trascorsi politici parlamentari come deputato del Partito Popolare, invita a “deperonizzare” la scuola. Il bravo Zen si lancia in paragoni funambolici, sostenendo che la corporazione sindacalese della scuola è assimilabile al fenomeno sociale peronista dei primi anni 40 del novecento. Arrivare a scomodare una celebrità come Evita Peron capace di supportare con una grande passione ideologica il marito Juan Domingo Perón, ma ci rendiamo conto? Sembra proprio una provocazione, quella lanciata da Zen, in particolare per chi conosce la storia, ma soprattutto per chi vive la realtà interna delle scuole italiane. Di quale corporativismo sindacalese parla Gianni Zen? Se le cose stessero come sostiene il dirigente scolastico vicentino e ci fosse veramente bisogno di “deperonizzare la scuola”, e quindi i sindacati fossero così potenti, allora come è spiegabile il fatto che il Contratto nazionale di lavoro della scuola è bloccato al 2006 con retribuzioni per gli insegnanti e il personale tutto da fame? Come spiega Zen la destrutturazione contrattuale, che in questi anni, soprattutto negli ultimi sei, è stato smontato e sostituito da leggi finanziarie e decreti leggi vari? Ci potrebbe spiegare Zen, come è possibile che questa casta di privilegiati degli insegnanti si è fatta scippare quasi per intero tutto il fondo d’Istituto che rappresenterebbe salario accessorio? Per non parlare poi dell’ascesa delle associazioni che rappresentano i dirigenti scolastici come Zen, che sono riusciti a fare una vera e propria opa sull’organizzazione del lavoro all’interno delle scuole, senza nemmeno consultare i sindacalisti  firmatari del contratto. Lasci perdere Zen, ricordi storici d’intensa memoria e passione argentina, ed affronti la realtà della scuola italiana che vede una politica forte, fortissima e un sindacato dei lavoratori in evidente difficoltà che sta perdendo consistenza e iscritti. Le opinioni di Zen, che pur toccano un tema reale ed evidente, quello della valutazione dei docenti, sembrano evocare articoli dei vari Andrea Ichino, Marcello Veneziani e Angelo Panebianco, che avevano lo scopo di aprire la strada alla fantomatica lotta di Brunetta contro il fannullonismo degli insegnanti. Ebbene bisogna sapere che, dopo quella campagna diffamatoria contro tutto il corpo insegnante, i fannulloni sono sempre vivi e vegeti e i docenti bravi continuano a massacrarsi di lavoro per un pugno di euro al mese, ma tutto questo non è colpa certamente dei sindacati che sono stati messi, da una politica prepotente, con le spalle al muro. Dopo il mostro dei fannulloni da combattere, adesso si inventano il dinosauro del corporativismo che non esiste, ma lo fanno soltanto con lo scopo di ultimare l’opera, quella di distruggere la scuola pubblica.

Bankitalia: troppi ritardi sul livello dell’istruzione

da Tecnica della Scuola

Bankitalia: troppi ritardi sul livello dell’istruzione
di P.A.
”Molti indicatori mostrano da tempo un ritardo del nostro Paese nei livelli di istruzione e di apprendimento di studenti e adulti, ed è un problema storico”
Il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, durante il suo intervento convegno biennale del Centro studi Confindustria in corso a Bari non ha dubbi: ”I risultati dell’indagine PIAAC (Programme for the International Assessment of Adult Competencies), pubblicata dall’OCSE nell’autunno del 2013, evidenziano per l’Italia un grado elevato di ”analfabetismo funzionale”, ovvero una diffusa carenza di quelle competenze – di lettura e comprensione, logiche e analitiche – che rispondono alle moderne esigenze di vita e di lavoro”.  Non c’è nessuno ormai che non bocci il nostro sistema scolastico, anche se non c’è nessuno che dica dove cercare la “fiera” che lo infetta. E così, sempre nelle linee generali, il governatore ha spiegato: ”Il 70 per cento degli adulti italiani non è in grado di comprendere adeguatamente testi lunghi e articolati (siamo ultimi, a fronte di una media del 49 per cento tra i paesi partecipanti) e una quota analoga non è in grado di utilizzare ed elaborare adeguatamente informazioni matematiche (contro il 52 per cento nella media degli altri paesi). Ciò è, in parte, dovuto ai modesti livelli di istruzione formale raggiunti, ancora distanti da quelli di altre economie avanzate. Nel 2011 solo il 56 per cento della popolazione italiana nella fascia di età 25-64 aveva concluso un ciclo di scuola secondaria superiore, contro il 75 per cento della media OCSE: il divario rimane, ancorché più contenuto, anche tra le coorti più giovani (71 contro 82 per cento nella fascia di età 25-34 anni). E’ inoltre ancora modesta la quota dei laureati (15 contro 32 per cento nella fascia di età 25-34 anni)”.  Con chi prendersela? Vuoi vedere che è tutta colpa della malasorte e non di una politica bambocciona che per difendere i propri privilegi, privilegia i tagli all’istruzione e poi alla formazione, alla qualificazione e alla gestione degli insegnanti, lasciando alla deriva persino i curricula e le classi di concorso?

Appalti pulizie: verso una soluzione

da Tecnica della Scuola

Appalti pulizie: verso una soluzione
di R.P.
Firmato nella notte un accordo atteso da almeno 24mila lavoratori. Il Miur “promette” 450 milioni, 150 per il 2014 e 300 per il 2015. Bonanni (Cisl): “Accordo positivo”
Firmato nella notte l’accordo Governo-sindacati che mette fine alla annosa vertenza dei lavoratori Ex Lsu e dei cosiddetti “appalti storici” impiegati nei servizi di pulizia in più di 4mila scuole di tutta Italia. L’intesa riguarda 24mila lavoratori ed è stata sottoscritta da Cgil, Cisl e Uil oltre che dai rispettivi sindacati di categoria. A seguito dell’accordo il personale in questione continuerà a svolgere i servizi di pulizia, ma anche piccoli lavori di manutenzione utili a garantire  la sicurezza degli edifici. Il Miur ha garantito la disponibilità di risorse significative, 450 milioni di euro fino al 30 marzo 2016: 150 milioni per l’anno 2014, a decorrere dal 1° luglio 2014 e ulteriori 300 milioni per l’anno 2015. Al tempo stesso verrà avviato un programma di sostegno al reddito facendo ricorso ai fondi degli ammortizzatori sociali in deroga e verrà favorito l’esodo volontario di circa 700 lavoratori che già posseggono i requisiti per andare in pensione a breve. Per Raffaele Bonanni della Cisl si tratta di “un fatto positivo che dimostra come il sindacato continui a fare accordi a dispetto di tante critiche ingiustificate e spesso pretestuose”. La soluzione, sottolinea il segretario generale della Cisl, ”evita non solo i licenziamenti dei lavoratori, che sarebbero scattati il primo aprile 2014, ma attraverso un percorso di politiche attive del lavoro e di formazione, riqualifica questi lavoratori in modo da accrescerne le competenze professionali utili a svolgere nuovi servizi come il ripristino del decoro e la funzionalità degli immobili adibiti ad edifici scolastici”.

Dalla teoria ai fatti

da Tecnica della Scuola

Dalla teoria ai fatti
Non sono sufficienti le buone leggi: occorre passare dalla teoria ai fatti. E’ la novità del discorso che il ministro Stefania Giannini ha pronunciato il 27 marzo alla VII commissione del Senato. Una riflessione di Anna Monia Alfieri, presidente Fidae Lombardia
Due i passaggi che indicano una reale volontà di restituire alla famiglia, agli studenti, ai docenti, al sistema scolastico la dignità persa da troppo tempo. Li trovo utili per proseguire speditamente verso un reale compimento del pluralismo educativo funzionale alla libertà di scelta educativa della famiglia.
Il Ministro ha annunciato innanzitutto di rinunciare a firmare un’altra riforma dell’istruzione: “Resisterò alla tentazione di un’ipertrofia normativa”. Il diritto alla libertà di scelta educativa in capo alla famiglia è già ampiamente riconosciuto dagli art. 30 della Costituzione e dalla Risoluzione UE del 2012, nell’ambito di un pluralismo educativo sancito dall’art. 33 della Costituzione e dalla Risoluzione UE del 1984. Il sistema giuridico è già completo, risultano indispensabili ormai azioni concrete che segnino il passaggio alla garanzia dell’esercizio. Sarebbe necessario un Testo Unico che elimini tutte le sovrapposizioni e le contraddizioni.
Programmare nella scuola – ha aggiunto la Giannini – vuol dire poter disporre di risorse finanziarie certe e adeguate. In tale ottica, bisognerà reintegrare i Fondi destinati al miglioramento dell’offerta formativa, riportandoli all’ammontare del 2011, che era pari a circa 1,5 miliardi di euro”.
L’Italia è il Paese che spende per la scuola di più e peggio in Europa. E occupa – in termini di livello di istruzione – il quarto peggior posto dopo la Spagna, il Portogallo e Malta.
Affinché le dichiarazioni del ministro Giannini non siano l’ennesima occasione persa: si individui il costo standard dell’allievo nelle forme che si riterranno più adatte al sistema italiano, si dia alla famiglia la possibilità di scegliere fra buona scuola pubblica statale e buona scuola pubblica paritaria. Il risultato sarà una positiva concorrenza fra le scuole sotto lo sguardo garante dello Stato; l’innalzamento del livello di qualità del sistema scolastico italiano, la valorizzazione dei docenti e riconoscimento del merito, l’abbassamento dei costi con il ricupero degli sprechi.
Si innescherà cosi un circolo virtuoso che romperà il meccanismo dei tagli, conseguenti a sempre minori risorse. Il Welfare non può sostenere oggi altri costi; non a caso la Sussidiarietà, oltre ad avere una valenza etica è anzitutto un principio economico prioritario. Europa docet. Allora sì che liberate le risorse si potrà investire nell’innovazione e nello sviluppo.

“Deperonizzare la scuola”

da Tecnica della Scuola

“Deperonizzare la scuola”
E’ finito il tempo delle sole logiche corporative, del “sindacalese. Per ripensare, dalle fondamenta, invece il significato e valore del “servizio pubblico”, anche in termini di “cultura dei risultati”, di efficacia e pertinenza di questo “servizio”. Un intervento di Gianni Zen sulla valutazione e dull’autonomia.
Il grande problema della scuola, ce lo dobbiamo dire, è che viene considerata solo una questione sindacale.
In altre parole, come amava ripetere Claude Allegre, indimenticabile ministro francese dell’istruzione, per innovare davvero la scuola va sconfitta la perversa alleanza tra mammuth (la burocrazia) e dinosauro (il corporativismo).
Quando cioè la burocrazia si fa dettare l’agenda dal corporativismo, non vi potrà essere soluzione ai mali radicali di una scuola che, ancora oggi, è chiusa a riccio su se stessa. Mentre, proprio perché servizio pubblico, è “per gli studenti”, per il loro e nostro futuro.
Quali sono i temi-tabù cari al corporativismo scolastico? L’appiattimento, l’omologazione, le mancate differenze di qualità di servizi tra presidi, tra docenti, tra Ata, tra scuole. Un appiattimento fatto passare per uguaglianza. Un bluff.
Ricordo un intervento, anni fa, di un docente libero dalle pastoie del “sindacalese”: “noi abbiamo derubricato la scuola a questione sindacale”. Non si esce da questi tabù se non si superano le dominanti pulsioni corporative. Per riconoscere e valorizzare, invece, la qualità, la passione, la dedizione della gran parte dei presidi, dei docenti, degli amministrativi.
Gli stessi che, nonostante tutto e tutti, nonostante i tagli, sono i protagonisti, ogni giorno, della “buona scuola”. Legati più alla missione educativa, di cui si sentono portatori, al di lá della diffusa indifferenza dei ministri pro-tempore, dei burocrati che ancora oggi credono che il diritto amministrativo sia l’unico filtro della loro azione per il nostro sistema formativo, dei politici che rincorrono solo gli effetti annuncio. Nonostante tutto e tutti.
Ma questa valorizzazione non può non passare attraverso, ponendo fine alle ope legis, l’introduzione dell’etica della responsabilità personale, ai vari livelli, in un quadro di effettiva autonomia funzionale: scuole, come già gli ITS, centrate su delle Fondazioni.
Scuole, dunque, davvero autonome.
Non ci potrà, ad esempio, essere valutazione del merito dei presidi e dei docenti senza una assunzione sussidiaria di responsabilità, sulla base di standard, obiettivi e verifiche su più livelli.
Lo sanno bene i presidi, ma anche tutti i docenti, gli studenti e le famiglie: chi sono, cioè, i bravi e quelli che scaldano solo la cattedra.
Premialitá, dunque, dei presidi, dei docenti e degli Ata, con programmi di implementazione qualitativa delle scuole. In particolare per quelle che registrano risultati non positivi nelle prove invalsi e Ocse Pisa, o che si trovano in aree disagiate. Per questo è fondamentale il concetto di “valore aggiunto” nelle indagini comparative.
Chi ricorda più la lettera del 4 novembre 2011 della Commissione Europea al nostro Governo?
Quale equipollenza dei titoli di studio, per favorire i nostri giovani?
Ed invece, cosa succede in Italia? A parte i soliti effetti-annuncio, ci ritroviamo con la riforma del Miur che ha privilegiato i super-stipendiati dirigenti generali a danno delle articolazioni periferiche, a danno di ogni coordinamento tra le scuole, a danno dell’effettivo servizio pubblico. Si è privilegiata, cioè, l’autoreferenza.
Che il ministro Giannini abbia nei giorni scorsi confermato la riorganizzazione del Miur firmata dalla Carrozza la dice tutta sulla forza della burocrazia ministeriale sui ministri pro-tempore.
Che poi questi ministri, come anche i sottosegretari, non ne sappiano niente di scuola, ci conferma la loro poca significanza, rispetto all’incarico loro assegnato. In altri termini, la spending review sfruttata per riaffermare il centralismo burocratico ministeriale.
Basterebbe applicare la legge sulla autonomia, messa in naftalina da 15 anni.
Ed invece? A fronte di una disoccupazione giovanile che oggi è al 42%, dei Neet, del 44% di laureati che ammettono che hanno sbagliato scelta di scuola superiore, di tante lauree senza mercato del lavoro, la casta ministeriale è riuscita ad imporre prima alla Carrozza e oggi alla Giannini la cancellazione della Direzione Generale sull’Istruzione tecnica, l’unico coordinamento oggi fondamentale per tutte le tematiche sulla cultura del lavoro.
La follia ministeriale ha fatto invece quest’altra scelta strategica (?!): ha preferito mantenere l’inutile direzione generale per il “personale di diretta collaborazione”!
Se, in poche parole, si vogliono affrontare i temi concreti che stanno rendendo sempre più complicato questo mondo della formazione, vanno riformulate le domande sulla realtà concreta della scuola, sulla sua dimensione culturale, sulla sua governance, sul rapporto scuola-lavoro.
E’ finito il tempo delle sole logiche corporative, del “sindacalese”.
Per ripensare, dalle fondamenta, invece il significato e valore del “servizio pubblico”, anche in termini di “cultura dei risultati”, di efficacia e pertinenza di questo “servizio”.
Non è più possibile oggi limitare l’approccio a questi temi considerando la scuola solo come una sorta di “welfare secondario” che deve assicurare stabilizzazione ai precari e lavoro ai disoccupati intellettuali.
A parte le inchieste alla Gianna Fregonara, moglie di Enrico Letta, e poche altre, perché sui nostri mass media la scuola non è ancora considerata (come avviene sul Times, su Le Monde e su El Pais) una questione nazionale?
Perché non viene letta come effettiva domanda sul futuro dei nostri figli, ma solo come una questione sindacale?
Giusto parlare degli scatti di anzianità. Ma nessuno che si chieda perché questi scatti sono oggi l’unico modo per aumentare lo stipendio, sapendo che, comunque, così non si premiano i bravi, ma solo i mediocri? Perché sacrificare la gran parte dei bravi per salvare i pochi mediocri, che non sono adatti ad insegnare? All’interno delle scuole tutti sanno chi sono i bravi e chi no.
Non solo. Perché salvaguardare i pochi non bravi, e penalizzare nel contempo tanti supplenti in gamba che sono precari solo perché si preferisce l’attuale ipocrisia? Possibile che non si comprenda che così facendo si allontano dall’insegnamento i giovani migliori, mentre la scuola rischia di essere scelta solo da coloro che non hanno alternative nel mondo del lavoro?
Perché impedire, soprattutto, ai nostri ragazzi di avere i migliori insegnanti?
La vera riforma della scuola è la sua “deperonizzazione”.
È riscoprire il valore del suo essere “servizio pubblico”.
Gianni Zen

Giannini: piano con la “staffetta”

da Tecnica della Scuola

Giannini: piano con la “staffetta” 
di Pasquale Almirante
Disfida tra ministre: l’una, Marianna Madia, sussurra di prepensionamenti, ma l’altra, Stefania Giannini, sibila di andarci piano
Come nello stereo un po’ rotto: un buffer suona i bassi e l’altro gli alti, ma con musica diversa, cosicchè quella che si pregustava come melodia armoniosa, all’atto pratico si perde in dissonanze e la tensione sale e non quella del giradischi ma dell’ascoltatore. E se la ministra per la Pubblica amministrazione, Marianna Madia, continua a ventilare l’ipotesi di prepensionamenti per favorire l’ingresso dei più giovani nella Pa, la sua collega dell’Istruzione, Stefania Giannini, pone veti, bocciando questa l’ipotesi. “Non amo il collegamento tra chi va a casa e chi entra, un sistema sano non ha bisogno di mandare a casa gli anziani per far entrare i giovani. Per me è necessaria una alternanza costante”.
 E per certi versi la sua riflessione potrebbe avere elementi di attendibilità, se non fosse che l’Italia ha la classe insegnante più vecchia d’Europa, ben oltre una media di 50 anni di età. Ma la ministra Giannini non si ferma qui e mette il disco del precariato che per lei è “una deformazione patologica del principio di flessibilità, che va restituito alla sua fisiologicità”, nel senso che non si può sempre legiferare col fiato sul collo dell’emergenza, come quella rappresentata dal precariato scolastico che ha raggiunto la mirabolante cifra di oltre 500mila unità, pari dunque quasi a una città come Palermo. Per questo, “un governo che crede nella flessibilità e non nella sua patologia deve trovare gli strumenti e lo sta facendo”. Sennonché quale flessibilità si possa attuare nella scuola non si capisce, tranne che non voglia dire che un docente deve essere sempre disposto a spostarsi sia da un luogo all’altro e sia da un insegnamento all’altro. In quest’ultimo caso però c’è bisogno urgente di prof enciclopedici, simili, ma senza barba, a Leonardo. Ma leggiamo cosa aveva detto Madia al Corriere della Sera sul  prepensionamento: ”ci sono dipendenti pubblici che si trovano tra i vecchi requisiti di pensionamento e i nuovi, ai quali potrebbe essere permesso di andare in pensione uno o due anni prima. Non intendo assolutamente smontare la riforma Fornero. Spero che i sindacati collaborino. Favorire lo sblocco del turn over e la stabilizzazione e l’ingresso di giovani dovrebbe essere un obiettivo comune”.  Come si può ben sentire, musica e ritmo diversi dallo stereo del governo.

Il 3 aprile il seguito dell’audizione della ministra Giannini

da Tecnica della Scuola

Il 3 aprile il seguito dell’audizione della ministra Giannini
di P.A.
La ministra dell’Istruzione, Stefania Giannini tornerà in commissione Istruzione del Senato giovedì 3 aprile per proseguire l’illustrazione delle linee programmatiche del suo dicastero soffermandosi in particolare sull’università e la ricerca
Temi che, per motivi di tempo, non sono stati trattati nel corso dell’audizione del ministro avviata giovedì 27 marzo e che ha riguardato solo l’argomento della scuola. Durante l’incontro il presidente della settima commissione ha informato il ministro delle perplessità emerse durante la discussione dello schema di decreto di riparto della quota del fondo ordinario per gli enti di ricerca per il 2013 relativo ai progetti premiali, in particolare sui criteri seguiti dal Miur per l’assegnazione delle somme, invitando quindi il ministro a partecipare ai lavori in modo da poter fornire chiarimenti. L’esponente dell’esecutivo ha dato la sua disponibilità, assicurando che il ministero sta compiendo le opportune verifiche in vista di eventuali modifiche dell’atto. Sempre in tema di ricerca, la settima commissione ha svolto in settimana l’audizione informale del commissario straordinario dell’Agenzia spaziale italiana Aldo Sandulli.

Giannini: il piano edilizia è un patto con famiglie

da Tecnica della Scuola

Giannini: il piano edilizia è un patto con famiglie
di P.A.
“Occuparsi delle scuole, non solo ‘rammendandole’ nella loro parte estetica, ma garantendo la sicurezza, garantendo la stabilità, è un dovere fondamentale in un Paese avanzato. Non possiamo mandare i nostri figli a scuola e aspettare con ansia che ritornino”
Lo ha affermato il Ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, in un passaggio del videomessaggio inviato in occasione della seconda Conferenza nazionale del Partito Democratico sull’edilizia scolastica che si è tenuta a Rivoli (Torino). “Il Miur, insieme alla Presidenza del Consiglio, ha iniziato un percorso molto importante” ha sottolineato il Ministro “che permetterà di fare diecimila interventi in tutta Italia e di stanziare oltre tre miliardi di euro. Tutto quello che stiamo facendo è un impegno, è un dovere, è anche un patto che noi stringiamo con i nostri giovani, con i nostri ragazzi, con le famiglie”. (ANSA).