La scuola cade a pezzi. Per fortuna ci sono gli insegnanti

da L’Espresso

La scuola cade a pezzi. Per fortuna ci sono gli insegnanti

Dimenticati, malpagati, maltrattati dai genitori. Eppure proprio grazie ai professori i ragazzi dei licei risalgono in classifica. Ecco come e perché

Ma che sorpresa. Con i tagli alla scuola, i genitori in trincea perché devono portarsi la carta igienica, gli insegnanti che celebrano i tempi del loro scontento condannati al precariato e alla marginalità, che fossero proprio i liceali a darci una soddisfazione internazionale non se lo aspettava nessuno. Eppure scorrendo le classifiche stilate dall’Ocse sulle performance dei quindicenni italiani si scopre che migliorano. E sono forse l’unico “più” che il nostro paese ha portato a casa nel 2013 dal confronto globale. I voti dei liceali sono migliorati di 2,7 punti nei quesiti di matematica, di 3 in scienze, di 0,5 nella comprensione dei testi. Pur restando sotto la media internazionale, si fanno avanti. E gli esperti del settimanale “The Economist” non hanno dubbi su di chi sia il merito. Nel rapporto 2013 sulla scuola realizzato dalla casa editrice Pearson ribadiscono – su solide basi scientifiche, attraverso dati, statistiche, interviste – che l’unico fattore che conta, per l’istruzione di base, sono gli insegnanti. Non il Pil, non le strutture avveniristiche, nemmeno le nuove tecnologie. A pesare è il rispetto di cui godono i docenti.
Il rapporto Pearson arriva mentre la scuola italiana soffoca e loda i professori proprio quando le cronache ci raccontano che a Prato, come prima ancora a Grosseto e ad Avigliana in Piemonte, le casse sono così vuote che si estraggono a sorte i supllenti che riceveranno lo stipendio mensile. E ci rimandano il discorso programmatico del neo-segretario del Pd Matteo Renzi che due volte (dopo l’elezione alle primarie e parlando in chiusura dell’assemblea nazionale del partito) ha messo al centro la scuola e chiesto autorevolezza sociale per i professori, promettendo: «La recupereremo centimetro dopo centimetro».
Già, ma come? Un’idea ce l’ha di sicuro Angela Maria Palazzolo. Ogni mattina, puntuale, arriva nella periferia di Reggio Calabria. Sono le otto meno un quarto e ad aspettarla ci sono mille studenti e 82 professori: il corpaccione del liceo che dirige. La sua regione conquista ogni anno il primato negativo nei test di valutazione degli allievi: in logica, algebra e lettura i ragazzi calabresi arrancano, abbassando la media già traballante dei coetanei. Non al Liceo Scientifico Alessandro Volta, però. Dove, anche quest’anno, i quindicenni hanno battuto la media nazionale. Il 26 per cento di loro ha capacità record nei calcoli matematici: nel resto della regione solo il 17 per cento vanta meriti simili. Ma il Volta è una scuola a sé. I docenti fanno squadra. I ragazzi hanno laboratori e persino uno studio Tv.  Si fa lezione nel pomeriggio anche ai più bravi. Per  farne dei protagonisti del mondo del lavoro. E nessuno mette in dubbio la reputazione dell’istituto.

Perché questa è la nota dolente, nelle scuole del bel paese. «Lo so bene che il nostro profilo professionale è ridotto male. Ma a fare la differenza è la reputazione della scuola. All’istituto tecnico in cui lavoravo prima, in provincia, era faticoso. I genitori mostravano chiaramente di non tenere gli insegnanti in minima considerazione. Da quando mi sono trasferito, invece, i padri e le madri che incontro nei colloqui sono collaborativi e il rispetto è reciproco». Gianpaolo Lucca insegna matematica all’Istituto tecnico superiore “Zanon” di Udine,  che per punteggi nei test compete con Shanghai e Singapore. Perché, dice lui, «è una scuola seria». Ma come si fa a diventare “una scuola seria”? «Ha una credibilità. I docenti sono affiatati. I corsi strutturati. Le lezioni puntuali. Come altro posso spiegarlo?».

C’è un aspetto su cui studiosi e insegnanti concordano per definire quello che rende “serio” un istituto: i suoi professori non smettono mai di studiare. Lezioni, aggiornamenti, ricerche. È fondamentale per tutti, tanto più per i nostri docenti che sono più anziani che in molti altri Paesi europei: nelle medie superiori 6 su 10 hanno ormai passato il mezzo secolo. Ma i soldi sono scomparsi: per aggiornare oltre 770mila insegnanti i contributi sono passati da 42 a 2 milioni di euro in 10 anni, secondo i dati raccolti dai lavoratori della conoscenza della Cgil.

Il ministro Maria Chiara Carrozza ha provato ad aggiustare il tiro, promettendo 10 milioni per il 2014. «I Paesi che ottengono i risultati migliori nei test», commenta Roberto Ricci, responsabile scientifico di Invalsi, il contestatissimo ente che ha il compito di misurare il livello degli studenti italiani, «sono quelli in cui lo Stato investe per la formazione obbligatoria». Perché i docenti dovrebbero tornare sui banchi non solo per imparare a usare lavagne interattive o tablet per i registri elettronici, ma anche per ripassare le proprie materie, aggiornare i metodi di insegnamento, imparare a conoscere meglio i ragazzi che hanno di fronte.
Tutte cose impossibili senza finanziamenti. Ma se Roma lesina, il miracolo lo ha fatto chi è andato a cercarsi i soldi a Bruxelles. A partire dalle regioni del Sud. Al liceo Scacchi di Bari gli investimenti della Ue hanno permesso di chiamare  insegnanti madrelingua per far imparare l’inglese ai prof, e docenti universitari per tenere seminari di economia. Al Volta di Reggio Calabria hanno utilizzato 400mila euro sui 458mila ottenuti grazie a nove progetti presentati all’Europa: una capacità di spesa che manca spesso anche agli amministratori locali. I finanziamenti europei sono serviti per aumentare le ore dedicate all’aggiornamento degli insegnanti, ma anche per organizzare viaggi-studio e laboratori per i ragazzi. L’ultimo è rivolto a chi vuole specializzarsi nei beni culturali: «Sono lezioni di chimica e di biologia coordinate da esperti nel restauro dei libri antichi», racconta Angela Maria Palazzolo: «Un uso pratico di informazioni teoriche, con l’idea che possa anche avvicinarli a una carriera».

Viaggi, gite e attività contano. Ma secondo gli analisti importano meno del rispetto che alunni, famiglie e opinione pubblica riconoscono a chi si occupa di educazione. Tasto dolente, in Italia, dove gli insegnanti sono considerati quei “fannulloni” – come li definì l’ex ministro Renato Brunetta – che «hanno tre mesi di vacanza e lavorano 18 ore a settimana». Per aumentare il prestigio dei suoi docenti l’Istituto nazionale per l’istruzione di Singapore, raccontano gli esperti di Pearson, ha inventato la “Giornata degli insegnanti”, il primo settembre. Ma ha anche equiparato i loro stipendi iniziali a quelli degli ingegneri e degli economisti che entrano nel servizio pubblico. «Da noi invece i contratti sono fermi al 2010», denuncia la Cgil: «E non solo per quanto riguarda i compensi, ma anche per il tipo di lavoro richiesto. Che non è stato aggiornato dopo la riforma». Secondo i tecnici di Pearson gli stipendi dei nostri prof non sono così bassi rispetto alla media, ma il problema è che sono congelati: dai 24mila euro lordi all’anno che prende ad inizio carriera, un docente può aspirare ad arrivare al massimo a 38mila dopo 35 anni di insegnamento. Sono meno di tremila euro al mese, quando va bene. Un terzo di quanto prende mediamente un consigliere regionale. «Sinceramente, guadagnavo di più quando facevo il cameriere o il Babbo Natale nei centri commerciali», ricorda Gianpaolo Lucca: «E oggi con 140 studenti, e 10 verifiche all’anno, ho 1400 compiti da leggere, valutare, spiegare, oltre alle lezioni da preparare, ai consigli di classe, alle riunioni, anche per pensare nuovi progetti». Ma, ovviamente, c’è un ma: «Io sono felice in classe. È una lotta. Che ci rende vivi. Come vive devono essere le conoscenze che trasmettiamo agli studenti».

«La scuola ormai è rimasta sola. Caricata di compiti che vanno ben al di là dei programmi. Si trova a guidare i giovani in una crisi economica e familiare senza precedenti». Lodovico Guerrini insegna da trent’anni. Sempre con la stessa convinzione: che il ruolo di un docente non finisca al suono della campanella. Lo racconta con un esempio: «L’anno scorso in quarta ginnasio mi son capitati sei ragazzi che dopo un semestre erano a rischio bocciatura. Erano intelligenti, però non capivo perché non riuscissero a studiare». Finché un pomeriggio non è andato su Ask.fm, il social network che spopola fra i giovanissimi, messo sotto accusa negli States per i suicidi che avrebbe istigato. «Mi è bastato un minuto per trovarli e scoprire cose che non avrei dovuto conoscere: relazioni, problemi, oltre agli scherzi e alle ingiurie che ricevevano da utenti anonimi. Sono rimasto sconvolto». I genitori non ne sapevano nulla. «Così l’ho detto direttamente ai ragazzi. Per far capire quanto sia pericoloso che un ultracinquantenne come me possa venire a conoscenza dei loro affetti. Si sono vergognati. Da quel giorno hanno cominciato a buttare meno tempo su Ask». di Francesca Sironi

Il pomeriggio gli studenti potrebbero passarlo a scuola. Se le aule fossero aperte però. «Qui invece a metà mattinata iniziano a spegnere i caloriferi. Per risparmiare», racconta Luisa Serra, professoressa di italiano al Liceo Peano di Tortona: «E i corsi pomeridiani ci sarebbero, ad esempio per ottenere le certificazioni linguistiche. Ma con i tagli al trasporto pubblico le linee sono state ridotte. Così gli alunni che arrivano dalla provincia non possono fermarsi mai oltre l’orario». E sì che il Peano è uno dei 26 istituti che ogni anno vengono coinvolti dal Consiglio regionale per presentare una proposta di legge: un’iniziativa per avvicinare i giovani alla democrazia. «Quest’anno i nostri studenti hanno portato un testo, scritto insieme a un avvocato, che proponeva stages retribuiti per i liceali durante i mesi di vacanza». Bell’idea. Respinta, però, per mancanza di fondi.

Prof in pensione richiamati dalle scuole per lavorare gratis, scoppia la polemica

da Tecnica della Scuola

Prof in pensione richiamati dalle scuole per lavorare gratis, scoppia la polemica
di A.G.
I fatti sono quelli di Brescia, dove l’assessorato all’Istruzione ha coinvolto docenti e professionisti che hanno terminato l’attività lavorativa per offrire la loro competenza agli studenti. Una nuova forma di volontariato che non piace all’Anief: è solo un assaggio di quella spending review che presto potrebbe essere adottata in tutte le scuole d’Italia.
È finita sulle pagine dei quotidiani più importanti d’Italia, come Repubblica, la chiamata a raccolta da parte dell’assessorato all’Istruzione del Comune di Brescia di “associazioni di genitori e rappresentanti eletti nei consigli d’istituto – ha scritto Qui Brescia – per un incontro preliminare al progetto di aiuti per gli studenti”. Il fine dell’originale iniziativa è “riuscire a coinvolgere docenti e professionisti in pensione interessati a offrire ai ragazzi bresciani le loro competenze in una nuova forma di volontariato. Una volta raccolte le adesioni al progetto, il Comune stilerà un elenco dal quale le singole scuole bresciane potranno attingere per dare sostegno a tutti quei progetti bloccati dalla mancanza di fondi”.
E qui sta il punto: è giusto che per coprire i “buchi” sempre più larghi dei finanziamenti statali, debbano essere coinvolti dei docenti che hanno lavorato per decine di anni e sono stati collocati in pensione?
L’Anief non ha dubbi: quanto sta accadendo a Brescia rappresenta un “assaggio” di “quella spending review che presto potrebbe essere adottata in tutte le scuole d’Italia: non si è aspettato neppure lo stanziamento dei fondi del Miur, previsti dall’ultima legge per gli studenti alloglotti, destinati alla formazione dei docenti impegnati sul potenziamento dell’italiano come seconda lingua. “Quella di nominare docenti in pensione per collaborare alle attività scolastiche a titolo gratuito – ha detto Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – è soprattutto una deriva che trae origine dai tagli ai finanziamenti per le scuole e alle inadempienze dei pagamenti loro destinate da parte del Ministero delle Finanze”.

Entro dicembre i soldi ai supplenti

da Tecnica della Scuola

Entro dicembre i soldi ai supplenti
di P.A.
Trovata la copertura finanziaria per gli 87 milioni di euro occorrenti per pagare i supplenti a partire dal 27 dicembre senza dover aspettare gennaio o addirittura febbraio
Lo comunica la Flc-Cgil che ha ricevuto un annuncio della Direzione del Bilancio del Miur che ha provveduto poche ore fa a caricare su ciascun POS di ciascuna scuola gli importi per le supplenze saltuarie dei contratti inseriti a sistema alla data del 15 dicembre 2013 per prestazioni con scadenza 31 dicembre 2013 e per gli importi assegnati con gli 8/12 del Programma annuale 2014.
Le scuole potranno procedere agli adempimenti su NoiPA e ai relativi pagamenti già dal 27 dicembre prossimo. Una buona notizia dunque che rallegra i cuori di tutti e certamente soprattutto dei supplenti e delle scuole, entrambi preoccupati dalla mancanza di fondi che avrebbe causato un enorme ritardo per il pagamento degli stipendi. Il Miur, scrive Flc-Cgil, ha mantenuto gli impegni presi e i funzionari della Direzione del Bilancio hanno meritoriamente fatto la loro parte accelerando i tempi e intensificando il loro lavoro, a ridosso delle festività. Tante volte la stella di Natale sa pure illuminare dove c’è buio e in questo caso c’è riuscita pienamente.  Buon Natale allora!

Studiare fa bene alla salute

da Tecnica della Scuola

Studiare fa bene alla salute
di A.G.
Lo sostiene l’Istat: tra le persone di 25 anni e più, si rilevano prevalenze intorno al 10% sia per la cronicità grave che per la multicronicità tra quanti hanno conseguito almeno un diploma di scuola superiore. A fronte di circa il 40% tra quanti invece hanno al massimo la licenza di scuola elementare. Crescono anche le disuguaglianze territoriali: al Sud le condizioni di salute peggiorano rispetto al 2005.
La morsa della crisi economica si fa sentire pure sulla salute degli italiani: crescono le disuguaglianze sociali tra gli anziani e le disuguaglianze territoriali con il Sud ancora una volta fanalino di coda; le visite dal dentista crollano del 23% e più di un italiano su dieci ci rinuncia perché non può permetterselo; la prevenzione è sempre più cosa da ricchi. Ma anche riservata a chi ha alle spalle una storia più lunga di studi.
I dati sono contenuti nel rapporto Istat ‘La salute e il ricorso ai servizi sanitari attraverso la crisi’, realizzato con il sostegno del Ministero della Salute e delle Regioni. Secondo il rapporto, presentato il 24 dicembre, aumentano le disuguaglianze sociali nella salute tra gli anziani: le persone over65 con risorse economiche scarse o insufficienti che dichiarano di stare male o molto male sono il 30,2% (28,6% nel 2005) contro il 14,8% degli anziani con risorse ottime o adeguate (16,5% nel 2005). In particolare gli anziani del Sud sono il gruppo di popolazione più vulnerabile. Aumentano anche le disuguaglianze territoriali, nel Sud le condizioni di salute peggiorano rispetto al 2005: cresce infatti, dal 13,2% al 15,5%, la quota di multicronici (in particolare fra le donne). Rispetto al titolo di studio, nel 2012 si conferma l’associazione tra livelli più bassi di scolarità e peggiori condizioni di salute. Complessivamente, tra le persone di 25 anni e più, si rilevano prevalenze intorno al 10% sia per la cronicità grave che per la multicronicità tra quanti hanno conseguito almeno un diploma di scuola superiore, a fronte di circa il 40% tra quanti invece hanno al massimo la licenza di scuola elementare. Anche tenendo sotto controllo l’effetto dell’età, il rischio di presenza di cronicità è quasi il doppio tra quanti hanno un basso titolo di studio. Per quanto riguarda lo stato di salute, nel 2012 oltre i due terzi della popolazione di 14 anni e più (66,9%) hanno riferito di stare bene o molto bene e il 7,7% di stare male o molto male. Il 14,8% dell’intera popolazione ha dichiarato almeno una malattia cronica grave e il 13,9% di avere problemi di multicronicità (dichiara tre o più malattie croniche). In aumento le disuguaglianze sociali nella salute tra gli anziani: le persone over65 con risorse economiche scarse o insufficienti che dichiarano di stare male o molto male sono il 30,2% (28,6% nel 2005) contro il 14,8% degli anziani con risorse ottime o adeguate (16,5% nel 2005). In particolare gli anziani del Sud sono il gruppo di popolazione più vulnerabile. Crescono anche le disuguaglianze territoriali. Al Sud le condizioni di salute peggiorano rispetto al 2005: cresce infatti, dal 13,2% al 15,5%, la quota di multicronici (in particolare fra le donne). Peggiora inoltre la percezione dello stato di salute psicologico. L’indice, controllato per età, passa dal 49,6 del 2005 al 48,8 del 2012; diminuisce in particolare tra gli adulti di 45-54 anni, i residenti al Sud e le donne tra 45 e 64 anni che cercano di entrare nel mercato del lavoro. A livello nazionale, rileva l’Istat, il livello di soddisfazione per il Servizio sanitario pubblico appare stabile rispetto al 2005; in una scala da 1 a 10 il voto medio è 6, come effetto combinato dell’aumento dei molto soddisfatti al Nord e dei molto insoddisfatti nel Mezzogiorno. Il livello di soddisfazione per le prestazioni sanitarie fruite (visite specialistiche, accertamenti specialistici, ricoveri ospedalieri) migliora sensibilmente se i cittadini utilizzano direttamente i servizi sanitari.

Precari: più sicura l’indennità mensile Inps rispetto alla proroga del contratto gennaio 2014?

da Tecnica della Scuola

Precari: più sicura l’indennità mensile Inps rispetto alla proroga del contratto gennaio 2014?
di Aldo Domenico Ficara
Molti insegnanti a tempo determinato non accetteranno la proroga del contratto che verrà proposta loro a gennaio, perché convinti che per garantire la loro sopravvivenza economica è più sicuro rimanere “disoccupati”
Infatti, solo così potranno ricevere l’indennità mensile e puntuale garantita dall’Inps. Ma come si giunti a questo paradosso? Come è possibile convincersi che si abbiano più garanzie economiche nello stare disoccupati? Tutto nasce dall’ ennesima ingiustizia a carico dei più precari fra i precari: i docenti e il personale Ata che sostituiscono le assenze saltuarie del personale della scuola non ricevono lo stipendio per i servizi prestati.  L’autore di tale ingiustizia è proprio quel datore di lavoro, lo Stato, che dovrebbe essere il garante del rispetto del contratto, delle regole e dei diritti costituzionali. A tal proposito è bene ricordare le parole della lettera inviata a ogni singola scuola dal dall’Ufficio VII del Ministero dell’Istruzione: “Si comunica l’assegnazione a codesta scuola di € al Lordo dipendente per il finanziamento delle prestazioni rese sino al 31 dicembre 2013 in forza dei “contratti” per supplenza breve e saltuaria inseriti al sistema informativo SIDI come rilevati alla data del 15 dicembre 2013.  La somma indicata integra la quota base per supplenze brevi e saltuarie già assegnata in conto competenza per l’anno 2013 con la nota 8110 del 17 dicembre 2012 relativa alle istruzioni per il Programma Annuale 2013 integrata dalla nota 6348 del 17 settembre 2013 e successive integrazioni. La somma come sopra assegnata sarà erogata a gennaio p.v. mediante caricamento sul sistema SICOGE e sul POS (Punto Ordinante di Spesa) di codesta scuola. Con successivo apposito avviso si darà comunicazione dell’erogazione con l’indicazione del capitolo e piano gestionale. Si rammenta che gli oneri riflessi saranno liquidati dal MEF-NoiPA direttamente e dunque codesta istituzione scolastica dovrà liquidare i compensi al personale al Lordo Dipendente“. Si ricorda inoltre che dal 1° gennaio 2013 l’indennità di disoccupazione ASpl sostituisce l’indennità di disoccupazione ordinaria non agricola requisiti normali.  E’ una prestazione a domanda erogata, per gli eventi di disoccupazione che si verificano dal 1° gennaio 2013, a favore dei lavoratori dipendenti che abbiano perduto involontariamente l’occupazione. Spetta ai lavoratori con rapporto di lavoro subordinato che abbiano perduto involontariamente l’occupazione, ivi compresi: • gli apprendisti; • i soci lavoratori di cooperative con rapporto di lavoro subordinato; • il personale artistico con rapporto di lavoro subordinato. • i dipendenti a tempo determinato delle Pubbliche Amministrazioni.

È necessario restituire autorevolezza sociale ai professori

da Tecnica della Scuola

È necessario restituire autorevolezza sociale ai professori
di Lucio Ficara
Lo mette in evidenza una recente inchiesta dell’Espresso. Molte le scuole di eccellenza anche nel sud dell’Italia. Spesso i fondi europei consentono interventi importanti e signficativi.
Come fare a guarire quel  male endemico di cui soffre il nostro sistema scolastico? Bisogna certamente restituire autorevolezza sociale ai professori, in quanto rappresentano il vero volano per il buon funzionamento delle nostre scuole. Come emerge da una recentissima inchiesta pubblicata sull’ultimo numero dell’Espresso, mentre la scuola sta cadendo a pezzi, sia dal punto di vista dei continui cedimenti strutturali e sia dal punto di vista dei continui tagli di risorse economiche, bisogna evidenziare l’esistenza di una profonda deontologia degli insegnanti. Si tratta molto spesso di una deontologia che opera in silenzio e che non è riconosciuta a livello sociale. È giusto però fare sapere che gli insegnanti della scuola pubblica italiana, pur essendo malpagati, socialmente dimenticati, profondamente demotivati, riescono per una loro innata morale deontologica ad insegnare con successo ai loro ragazzi. Altro che l’ignominia del marchio “fannulloni” appiccicato a sproposito da una politica scandalosa. Con questo non si vuole dire che tutti gli insegnanti sono eccellenti e sono tutti bravi, ma certamente nei nostri licei, anche in quelli del mezzogiorno d’Italia, esistono tanti docenti capaci e competenti, che dedicano tanto tempo all’aggiornamento, progettano, programmano ed ottengono ottimi risultati attraverso il successo dei loro studenti. Testimonianza di quanto detto arriva dalla dirigente del liceo scientifico “Alessandro Volta” di Reggio Calabria Angela Maria Palazzolo, che intervistata dall’Espresso esibisce con orgoglio i risultati dei test Invalsi degli allievi della scuola, che sono in controtendenza rispetto alla media della Regione Calabria. Al Volta di Reggio Calabria hanno utilizzato 400mila euro sui 458mila ottenuti grazie a nove progetti presentati all’Europa. I finanziamenti europei sono serviti per aumentare le ore dedicate all’aggiornamento degli insegnanti, ma anche per organizzare viaggi-studio e laboratori per i ragazzi. Altro che fannulloni, afferma la dirigente scolastica Palazzolo, i docenti delle nostre scuole attraverso la loro riconosciuta deontologia preparano i nostri giovani allievi ad un uso pratico di informazioni teoriche, con l’idea che tutto questo possa avvicinarli al mondo del lavoro. Anche a Bari e precisamente al liceo Scacchi, gli investimenti della Ue hanno permesso di chiamare  insegnanti madrelingua per far imparare l’inglese ai prof, e docenti universitari per tenere seminari di economia. Non bisogna dimenticare che anche al Sud del nostro Paese esistono le scuole riconosciute di eccellenza, dove i risultati sono oggettivamente riscontrabili, basti pensare ad una qualificata indagine interna dell’Università Bocconi sullo stato dell’arte nella scuola italiana. In questa indagine una scuola del profondo Sud, il liceo scientifico “Leonardo da Vinci” di Reggio Calabria guidato dalla quarantenne dirigente scolastica Giuseppina Princi, è risultata nella classifica delle prime cento scuole europee, un’altra dimostrazione di grande professionalità del gruppo docenti di questa scuola, che con un perfetto spirito di lavoro di squadra ha consentito al liceo calabrese di competere per efficacia dei risultati con le scuole danesi, inglesi, tedesche e francesi. Questi sono alcuni degli esempi che dimostrano l’alta professionalità dei docenti italiani, che permette alla nostra scuola di essere competitiva con le eccellenze del resto d’Europa. Ecco perché è necessario restituire autorevolezza sociale ai professori, riconoscere anche economicamente i loro meriti professionali, ponendo fine a quelle campagne diffamatorie che li bolla come fannulloni che lavorano poco, che stanno troppo spesso in vacanza e quindi è giusto che vengano pagati poco.

Dal 1° gennaio 2014 arriva Erasmus +

da Tecnica della Scuola

Dal 1° gennaio 2014 arriva Erasmus +
di L.L.
Il nuovo programma comunitario per l’istruzione, la formazione, la gioventù e lo sport che sostituisce i precedenti programmi settoriali
È stato pubblicato il 20 dicembre 2013 sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea il testo di “ERASMUS +” (2014-2020), il nuovo Programma dell’Unione europea a favore dell’istruzione, della formazione, dei giovani e dello sport per l’istruzione, la formazione, la gioventù e lo sport, che dal 1° gennaio 2014 sostituisce i precedenti programmi settoriali (Comenius, Erasmus, Grundtivig, ecc.)
Tutte le informazioni sulle novità di Erasmus + sono reperibili sul dedicato al Programma e sul sito dell’Agenzia Nazionale italiana che ha già reso disponibile il bando 2014 per la partecipazione alle varie azioni.
Le candidature per il finanziamento possono essere presentate online a partire dalla fine di gennaio, seguendo le informazioni presenti sulla guida.
Tra le varie scadenze, ricordiamo il 17 marzo 2014, termine di presentazione delle domande relative a progetti di mobilità per l’apprendimento.

Disponibile il nuovo schema di convenzione di cassa

da Tecnica della Scuola

Disponibile il nuovo schema di convenzione di cassa
di L.L.
Il modello e tutti gli allegati sono stati aggiornati alla luce del D.L. 95/2012, convertito nella Legge 135/2012
È allegato alla nota prot.n. 9834 del 20 dicembre 2013 il nuovo schema di convenzione di cassa (allegato 1) aggiornato con le indicazioni presenti nel D.L. 95/2012 convertito nella Legge 135/2012, fatte salve le indicazioni già fornite con la circolare 3472 del 7 giugno 2012.
Sono stati di conseguenza aggiornati: • il capitolato tecnico contenente lo schema di presentazione della scuola o della rete scuole (allegato 2); • gli schemi di offerta tecnica ed economica (allegati 3/4); • la pesatura dei punteggi da assegnare alle voci del capitolato tecnico e del capitolato economico (allegato 5).
Il Ministero ribadisce l’invito alle scuole di valutare la possibilità di sfruttare il principio della sinergia fra gli enti, mediante il ricorso alla rete nella fase di acquisizione del servizio al fine di raggiungere migliori risultati in termini di recupero di efficienza e di riduzione della spesa in ragione delle economie di scala.
Dovrà, dunque, essere individuata una Istituzione scolastica per l’espletamento delle procedura di gara anche per conto delle restanti Istituzioni che, a seguito dell’aggiudicazione, potranno sottoscrivere il relativo contratto attuativo. In quest’ultimo caso sarà possibile utilizzare il modello servizi a valore aggiunto per reti scuole che permette di attribuire punteggi anche a prodotti utilizzabili tra reti scuole.
Al fine di dare la massima evidenza ai bandi sono state create due caselle e-mail abi.miur@abi.it e poste.miur@posteitaliane.it a cui è possibile inoltrare copia del bando di gara. Sarà cura dei rispettivi enti pubblicare sui propri siti i riferimenti alle gare in essere.