Valutare, valutare perché, che cosa, come

Valutare, valutare perché, che cosa, come

di Umberto Tenuta

 

Valutare, sembra questa la mission della scuola!

È questo che assilla maggiormente i docenti, li assilla e li impegna più del fare lezioni.

In fondo una lezioncina si può anche fare con leggerezza, sempre sostenibile.

Ma le valutazioni, oddio, oddio, quanto pesano ai docenti: correzioni dei compiti, di ogni compito assegnato, sennò gli studenti mica li eseguono!

E quanti fasci, fasci di Temi, fasci

di Riassunti, fasci di Problemi, fasci di Esercizi, da portare a casa nella borsa, perchè la borsetta non li contiene!

E a casa, sì a casa, mica nella Sala dei Professori dove tutti chiacchierano!

A casa, rubando il tempo ai propri figli, al proprio marito, alla propria moglie, ai servizi domestici, almeno per le Professoresse, perché non sempre i Professori i compiti di casa li fanno!

E ancora, quante lamentele dei mariti delle Professoresse che i compiti, i campiti dei propri adolescenti studenti, se li portano a letto!

“Mia moglie, mia moglie, anche a letto è sempre occupata coi compiti dei suoi studenti!”

Insomma, questi benedetti compiti tolgono la pace agli studenti, ma anche ai docenti, anche alle docenti ed ai loro mariti.

E poi, le valutazioni!

Periodiche, bimestrali, trimestrali, di fine anno!

Ed anche quelle INVALSI!

Oddio, sembra proprio che la scuola sia fatta soprattutto di valutazioni anziché di lezioni.

Ah, dimenticavo!

Poi ci sono anche le Sedute dei consigli di classe, col tabellone della Camera dei deputati, sulla quale si contrastano i voti della Professoressa di Lingua italiana e quelli della Professoressa di Matematica che quasi sempre sono inferiori: oddio, mica la Lingua richiede la logica e la precisione della Matematica!

Non basta il lavoro, ci sono anche i contrasti interni nei Consigli di classe, per non dire poi di quelli nei Collegi dei docenti, ove i voti delle sezioni D E F G H sono sempre proporzionalmente inferiori a quelli delle sezioni A B C.

La guerra −altro che la cooperazione, la collegialità, la fraternitè− è sempre in agguato, tra studenti ed anche tra docenti!

 

Ma insomma, perché tanto affanno?

Qualcuno ha osato mai porsi e porre una domandina semplice semplice: ma tutte queste valutazioni a che cosa servono?

Oddio, a che cosa servono?

Servono, servono, servono…

Servono… a tenere aggiornato il Registro, i Registri.

Ma no, suvvia, mica i Signori Dirigenti scolastici e le Signore Dirigenti scolastiche stanno sempre lì, sul chi va là, a scrutare nei Registri, nelle decine e decine di Registri dei Signori Professori e delle Signore Professoresse!

E allora?

Allora formuliamo un Quesito all’On. Ministra della Pubblica Istruzione!

Presa com’è da tante cose, da tante visite alle scuole, da tante occasioni celebrative, oddio anche dalle sedute del Consiglio dei Ministri e dalle sedute nell’aula della Camera dei Deputati e nell’aula del Senato della Repubblica, che ancora c’è, la On. Ministra delega un suo accorto dirigente superiore per i servizi ispettivi tecnici, un tempo Ispettori Centrali.

Bravo, sì, lo ha saputo scegliere l’Onorevole Ministra.

E l’Ispettore, pardon, la Ispettrice che cosa fa?

Si chiude nella Sala che già fu del Direttore Generale dell’Educazione Nazionale, Giuseppe Lombardo Radice, e si dà una rinfrescata sulla sterminata bibliografia sulla Valutazione:

Società piramidale e valutazione selettiva!

 Società democratica e valutazione formativa!

Non si valuta per bocciare, ma per promuovere!

Non si valuta per selezionare, ma per educare!

Nella Valutazione, lo studente è fuori causa!

Si valuta l’efficienza e l’efficacia dei Piani educativi personalizzati, dei POF.

Insomma, si valutano le azioni formative programmate ed attuate nelle aule, per i singoli studenti.

E se un bravo docente si è premurato di predisporre i PEP (PIANI EDUCATIVI PERSONALITI) per tutti i suoi studenti −e non solo per gli studenti con BES, come è suo dovere fare, per includere o, meglio, integrare, e non discriminare, ed alla fine verifica che alcuni studenti, anche tra i più dotati −ammesso che ve ne siano, nella scuola di periferia− non hanno maturato le competenze previste, che cosa deve fare, il bravo docente?

Sembrerebbe ovvio: Valutare per educare (Roberto Zavalloni)!

Quindi, non si valuta lo studente, ma l’efficacia e l’efficienza dell’azione formativa programmata e attuata.

Oddio, una rivoluzione!

E dire che finora le spese della valutazioni le facevano solo i malcapitati studenti!

Ora invece tocca ai docenti rivedere i PEP e apportare gli opportuni correttivi, per poi metterli in atto, e poi di nuovo valutare…

Beh, la cosa non sembra proprio strana, se si pensa che anche il medico fa così: valuta l’ammalato e sulla base di questa valutazione gli prescrive una terapia. Poi torna, lo visita ancora e se qualcosa non è andata per il verso giusto, rivede la terapia, e poi ritorna ancora e…

E allora gli studenti sono fuori causa nella valutazione?

Sembrerebbe proprio di sì.

Oddio, ma se gli studenti non si impegnano, malgrado la bontà del PEP?

Mica i docenti rispondono anche della svogliatezza degli studenti?

Eh, sì!

Rispondono soprattutto della motivazione che sono riusciti a suscitare negli studenti.

Già Rousseau aveva scritto che il compito più importante dei docenti non è quello di fare lezioni ma quello di motivare gli studenti

E Don Milani riassumeva: agli svogliati date uno scopo![1]

E pure C. Freinet aveva detto: <<puoi portare il cavallo alla fonte e fischiare quanto vuoi, ma se il cavallo non vuole bere, non beve>>[2].

Ma, dirà il solito curiosone, come si fa a motivare tutti i singoli studenti?

Beh, questo è altro discorso, discorso che abbiamo già fatto tante volte e che, su domanda, riprenderemo[3].

Per ora ci limitiamo a concludere che nella valutazione lo studente è fuori causa: si valutano il progetto e l’azione formativa che è stata svolta, e si valutano, né per giudicare gli studenti, né per giudicare i docenti, ma soltanto per se progetto e azione formativa sono risultati efficaci ed efficienti.

E se efficaci ed efficienti non sono risultati, che cosa si fa?

Ma, ovvio, cari amici!

Si torna a progettare e a promuovere attività formative nuove, che si spera risultino più efficaci e più efficienti.

 

Ma, allora?

Allora, nella valutazione gli studenti sono proprio fuori causa?

Sì e no?

Oddio, ma cosa significano SI e NO?

, sono fuori causa, perché essi non sono il soggetto valutato.

No, perché la valutazione deve trasformarsi in AUTOVALUTAZIONE.

 

Oibò, che significa questo?

Detta in breve, significa che, come per ogni altro apprendimento, anche per la valutazione gli studenti debbono imparare a valutarsi da soli.

E imparano a valutarsi da soli, se le correzioni non le fa il docente ma gli studenti.

Quindi?

Maestro dell’autocorrezione è stato, fra gli altri, soprattutto C. Freinet.

Ma anche su questo[4] abbiamo scritto altrove!

 



[1] DON MILANI, Lettera a una professoressa, Libreria Editrice Fiorentina , 2007

[2] FREINET C., I detti di Matteo, La Nuova Italia, Firenze, 1962, pp.7-8.

[3] Su tutta questa problematica si può fare, su INTERNET, una ricerca delle singole voci sotto il nome virgolettato “Umberto Tenuta”.

[4] In merito, in INTERNET v. AUTOCORREZIONE, “Umberto Tenuta”.

Italia tra integrazione e inclusione

Italia tra integrazione e inclusione

di Fortunata Cutolo

 

L’Italia, a differenza degli altri Paesi europei, può vantare un’esperienza di ormai trent’anni di integrazione scolastica degli alunni con disabilità nella scuola ordinaria, a partire dalla prima Legge 118 del 1971, fino ad arrivare a quella, più attuale, la Legge Quadro 104 del 1992.

Negli ultimi anni anche la Comunità Europea ha focalizzato la sua attenzione sull’educazione dei bambini con bisogni speciali e sulla loro integrazione nelle scuole: per citare soltanto i documenti più importanti, facciamo riferimento alla Dichiarazione di Salamanca, la Carta di azione per i bisogni educativi speciali (UNESCO 1994), e, al di sopra ogni altro documento, la Convenzione dei diritti delle Persone con Disabilità redatta dall’Organizzazione delle Nazioni Unite (2006), sottoscritta da molti paesi del mondo.

Come si osserva dalle Linee Guida per l’integrazione scolastica degli alunni con disabilità (2009), l’integrazione costituisce un punto di forza del nostro sistema educativo. La scuola italiana, infatti, vuole essere una comunità accogliente nella quale tutti gli alunni, a prescindere dalle loro diversità funzionali, possono realizzare esperienze di crescita individuale e sociale.

In merito, si assiste però ad un accostamento dei termini integrazione-inclusione. Le stesse Linee Guida fanno infatti riferimento “alla piena inclusione degli alunni con disabilita” come obiettivo che la scuola dell’autonomia deve perseguire attraverso una intensa e articolata progettualità, valorizzando le professionalità interne e le risorse offerte dal territorio.

Attualmente i termini integrazione e inclusione vengono usati molto spesso come sinonimi e nel nostro Paese si tende a utilizzare la parola «integrazione» anche per indicare situazioni che in realtà presentano caratteristiche più propriamente inclusive.

Dovigo (2007), mostrando i limiti della prospettiva integrazionista, ancora oggi propensa a misurare l’efficacia con cui si riesce a «adattare il bambino» a un sistema che è non in relazione ai suoi bisogni, ma attento al dove sta l’alunno, piuttosto che al valore delle sue esperienze educative, suggerisce l’adozione di nuovi strumenti di promozione del pieno accesso di tutti all’educazione.

A questo proposito, rivestono una notevole importanza gli indicatori per l’inclusione illustrati da Booth e Ainscow, che possono aiutare a fare il punto della situazione della propria realtà scolastica e avanzare così proposte inclusive volte allo sviluppo di:

  • atteggiamenti positivi da parte degli insegnanti;

  • relazioni tra allievi e insegnanti riguardo al valore di tutti gli alunni che fanno parte della scuola;

  • della volontà da parte dei genitori di «entrare nel sistema» divenendo parte attiva e cooperativa della proposta inclusiva nel suo complesso.

La riorganizzazione innovativa, con una diversa e più mirata formazione di tutti gli operatori scolastici (sia degli specialisti veri e propri, sia degli insegnanti curricolari) e una riallocazione più flessibile ed efficace delle risorse impegnate, messa a punto nella proposta elaborata dalla Fondazione Agnelli, ha sollevato critiche su alcuni punti cruciali del Rapporto. In particolare, riguardo alla figura dell’insegnante di sostegno che andrebbe ad assimilarsi alla figura dell’insegnante curricolare.

Questo non mi trova favorevole: la professionalità dell’insegnante specializzato di sostegno si mostra nella sua funzione di sostegno alla classe, portatore e operatore di un’ampia cultura dell’inclusione, specializzato nella progettazione dell’intervento pedagogico negli stati della differenza e della diversità.

 

BIBLIOGRAFIA

Booth T., Ainscow M., (2008), Index for Inclusion: developing learning and participation in schools, Editing and production for CSIE by Mark Vaughan, 2002, traduzione italiana (a cura di) Dovigo F, Ianes D., L’Index per l’inclusione. Promuovere l’apprendimento e la partecipazione nella scuola, Erickson, Trento, p.12.

Calvani A. (2011), Principi dell’istruzione e strategie per insegnare: Criteri per una didattica efficace, Carocci, Roma.

Calvani A., (2012) Per un’istruzione evidence based. Analisi teorico metodologica internazionale sulle didattiche efficaci e inclusive, Erickson, Trento.

Commissione delle comunità Europee, COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO E AL COMITATO  DELLE REGIONI. Iniziativa europea i2010 sull’e-inclusione, Partecipare alla società dell’informazione, Bruxelles, 2007.

De Anna L., Le politiche di inclusione in Europa e in Italia, dalla scuola di base all’università, in Canevaro A., (a cura di) (2007) L’integrazione scolastica degli alunni con disabilità. Trent’anni di inclusione nella scuola italiana, Trento, Erickson.

Dovigo F., (2007), Fare differenze. L’inclusione nell’educazione scolastica, Trento, Erickson, p. 37.

Linee Guida dell’integrazione scolastica degli alunni con disabilità (2009), Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca.

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, L’integrazione scolastica degli alunni con disabilità nel sistema nazionale di istruzione, Novembre 2011, in http://www.istruzione.it/alfresco/d/d/workspace/SpacesStore/0c56033b-66f5-4081-862b-f2c4a6059cd1/anticipazione_dati_as_2010-2011_def.pdf, verificato in data il 18/09/2012

Oliva A., Nozza V., Gavosto A., (2011) Rapporto. Gli alunni con disabilità nella scuola italiana: bilancio e proposte, Erickson, Roma.

Tribunale di Treviso: punteggio servizio militare

Tribunale di Treviso: il MIUR deve sempre riconoscere il punteggio del servizio militare anche se prestato non in costanza di nomina

Con un’ordinanza che accoglie pienamente le richieste dell’ANIEF, il Tribunale di Treviso si conforma alla giurisprudenza di merito già ottenuta dal nostro sindacato e dichiara il diritto di un docente precario a vedersi riconosciuto il punteggio relativo al servizio militare di leva prestato in possesso del titolo di studi valido per l’accesso all’insegnamento anche se non in costanza di contratto di lavoro con il MIUR. Gli Avvocati Fabio Ganci e Walter Miceli ottengono nuovamente ragione in favore dei nostri iscritti e la conferma che i Decreti Ministeriali di aggiornamento delle Graduatorie a Esaurimento, che hanno sempre negato tale possibilità, sono illegittimi e devono essere disapplicati.

Su ricorso patrocinato sul territorio per l’ANIEF dagli avvocati Anna Rosada e Denis Rosa, il Tribunale conviene che già “la giurisprudenza, amministrativa e ordinaria, ha infatti chiarito che il servizio militare di leva effettuato dopo il conseguimento del titolo di studio (diploma o laurea) indispensabile all’accesso dell’insegnamento medesimo è sempre oggetto di valutazione nelle graduatorie di insegnamento in ragione del fatto che la sua prestazione obbligatoria poteva essere d’ostacolo all’instaurazione del rapporto di servizio” e che “ne consegue l’illegittimità del D.M. 12/5/2011 n. 44 nella parte in cui dispone che “il servizio militare di leva ed i servizi sostitutivi sono valutati solo se prestati in costanza di nomina” per contrasto con l’art. 485, comma 7, del D.Lgs. 16.4.1994, n. 297”.

 

L’ordinanza conferma, dunque, quanto da sempre sostenuto dall’ANIEF sull’argomento e riporta chiaramente che “tale norma, sovraordinata sul piano della gerarchia delle fonti, prevede infatti, in via generale, che “il periodo di servizio militare di leva o per richiamo e il servizio civile sostitutivo di quello di leva è valido a tutti gli effetti”. Il carattere sovraordinato e la portata generale del 7° comma dell’art. 485 D. Lgs. 297/1994, che non è connotato da limitazioni di sorta, comporta che il riconoscimento del servizio militare o sostitutivo debba necessariamente essere applicato anche alle graduatorie di cui trattasi, onde evitare che chi ha compiuto il proprio dovere verso la nazione si trovi poi svantaggiato […]”.

 

L’ANIEF ha, nuovamente, sanato quanto di illegittimo il MIUR aveva determinato nel D.M. n. 44/2011; al nostro iscritto sarà, finalmente, riconosciuto il giusto punteggio spettante nelle graduatorie a esaurimento per il periodo di servizio militare svolto non in costanza di nomina che il MIUR, illegittimamente, si è sempre ostinato a negare agendo, come dimostrato più volte in tribunale dal nostro sindacato, in aperto contrasto con la normativa di riferimento.

La Cretinetti e la platea plaudente

La Cretinetti e la platea plaudente

di Vincenzo Andraous

Il video della cretinetti che picchia una coetanea con calci e pugni alla faccia e alla testa, imperversa sul social-network, una ubriacatura di violenza gratuita, in bella mostra, alla mercè di emulazioni e fascinazioni, manuale per pavidi e sconfitti della vita.
La cretinetti travestita da combattente, porta colpi sotto la cintura, usa le mani e i piedi come fosse una praticante di MMA, dove possono accedere contendenti di qualsiasi disciplina, invece non pratica proprio un bel niente, perché disconosce la correttezza, la lealtà, soprattutto il rispetto che un atleta vero nutre per il suo avversario.
Una cretinetti come tante altre, circondata da altri ebeti che fanno platea plaudente, che fanno stadio, che fanno gabbia, che fanno recinto dove tutto può e deve esser condiviso.
Una platea di stacanovisti della noia che paralizza i neuroni, della adrenalina agognata invano, del vicolo cieco da perforare con urgenza, un miscuglio di disagi e compromissioni familiari, scolastiche, una adultità perennemente votata all’assenteismo.
Platea vociante di bestemmie e invocazioni a fare più male, a essere più cattivi, a colpire subito senza attendere oltre, giovani a perdere un briciolo di pietà per chi urla disperata: AIUTATEMI VI PREGO.
La vittima cade ripetutamente sotto i colpi intenzionali, persistenti, asimmetrici, è nauseante lo squilibrio, la disparità, tra chi colpisce e chi incassa, il branco ride, schiamazza, incita con ferocia, vuole il divertimento, esige il sangue, il dolore, la sofferenza della sfigata, agnello sacrificale del proprio delirio di onnipotenza.
Senza quella platea di vili imberbi, non potrebbe esistere né proliferare la cretinetti, il bullo di turno.
Credetemi so quello che dico, cos’è la violenza, che rumore fanno le nocche infrante sui denti, so perfettamente che razza di individuo è l’iracondo, il prepotente, il prevaricatore, sono stato bullo, sono stato il mio peggior nemico, la persona peggiore che ho incontrato nella mia vita, proprio perché ne conosco ogni anfratto, nel vedere quel video, quella cretinetti, quel popolo di stolti plaudenti, ho sentito male alla testa, male alla pancia, male alle mani, male alle gambe, ho sentito male al cuore, un male lacerante per quella ragazzina impaurita, sola in mezzo a tanta gente, a cui si è cercato nel modo più miserabile di rapinarle la dignità.
Quel video non è solamente la denuncia sconvolgente di una società bullistica, ma anche la rappresentazione di una solitudine armata nei riguardi della vittima, la giustizia sarà un sollievo passeggero, in fin dei conti come mi ha risposto qualcuno: “Ora non facciamola troppo esagerata, queste cose sono sempre accadute”.
Sarà senz’altro così, ma una volta se non incorro in amnesie, lo scontro era con il mondo adulto, una volta non si diventava degli imperatori, e quando ciò accadeva eri già autoescluso, non c’era bisogno di buttarti fuori da quell’ istituto, accadeva in automatico, dovevi trovartene un altro.
Oggi la competizione è con il gruppo dei pari, con quelli più fragili, oggi non si diventa soltanto bulli o famosi per forza, ma addirittura pezzi pregiati di edilizia scolastica, non si viene allontanati, perché errato criminalizzare, parlarne troppo, è più consono recuperare, riproporre un progetto e un percorso.
Ma la sanzione per accadimenti di questa portata dove sta di casa?
Forse è vero, una volta ogni colpo sotto la cintura rimaneva dentro la classe, perché la forma bullistica ai miei tempi tempi denominata nonnismo, era prontamente addomesticata dall’autorità del docente, degli adulti, dei responsabili della condizione psico-educativa dell’ adolescente.
Oggi i nativi digitali sono accompagnati per l’intera giornata dal loro smartphone, dalle messaggistiche istantanee, dai social, con un semplice movimento sanno che possono sconquassare un paese, una città, un mondo, devastare una vita, mandare in frantumi il futuro di una persona, oppure diventare per una frazione di tempo ciò che non si è, in quanto il bicipite è potere, il denaro è potere, la forza e la furbizia sono il grimaldello del potere.
La cretinetti e quei bulli nascosti dietro la funzione video-fotografica, ci dicono che non c’è soltanto una indifferenza che non fa prigionieri, spesso nessuno vede, ci voltiamo da un’altra parte, non soltanto per paura, omertà, menefreghismo, ma perché non siamo disposti, quindi non ci disponiamo a essere e fare maturità educativa, eludendo il dovere di imparare a conoscere per quello che è il mondo della cretinetti, dei bulli, della stessa vittima, cioè l’universo delle nuove tecnologie che non formano al carico obbligante delle responsabilità.
A quella ragazza ribadisco di non sentirsi mai sola, alla cretinetti di trovare dignità sufficiente per chiederle perdono.

Leggere, leggere il mondo, leggere i libri, leggere con amore

Leggere, leggere il mondo, leggere i libri, leggere con amore

di Umberto Tenuta    

                      

Leggere,dal latino lego, legare, collegare, unire, prendere assieme, comprendere…

Legge il bambino: A     M     O

La prima lettera: A

La seconda lettera: M

La terza lettera: O

Ma non basta pronunciare i fonemi A, poi M e poi O.

Occorre legare, collegare, mettere assieme questi fonemi: A>M>O

Quante difficoltà incontrano i bambini per fare questi collegamenti, queste letture!

 

E allora? Allora bisogna imparare a collegare, a legare assieme, a stabilire un legamento tra cose o eventi diversi.

UN ESEMPIO

Osservare il paesaggio: monti, valli, pianure, fiumi, mari. 

Leggerlo collegando questi elementi!

Là, sui monti le acque zampillano dalle sorgenti e per le valli vanno alla pianura e poi si buttano a mare!

E, poi, signora Maestra?

E, poi, vediamo che fa l’acqua nella pentola.

Bolle, esce il vapore, va in alto, non si vede più… Ma ecco le nuvole… e poi la pioggia… e poi i torrenti straripano… e poi si buttano a mare… e poi… evaporano… e poi… le nuvole in cielo… il cielo nuvoloso… la pioggia… soprattutto là, sulla montagna…… e il torrente ingrossa…. e…

Lettura del ciclo dall’acqua collegando i singoli fenomeni.

E, ancora!

A primavera, il ciliegio è in fiore…e poi nell’estate le ciliege… e poi le mangiamo, così dolci e così amare, come ci piacciono!

Lettura, collegamento degli elementi e dei fenomeni naturali: del cielo, delle acque, del ciclo della vita delle piante…

Leggere intorno a noi… leggere mari, pianure, valli, monti, cieli azzurri, cieli coperti, cieli attraversati dai fulmini…

Leggere… legare… collegare… comprendere… capire!

Mettere assieme i fonemi, le lettere dell’alfabeto, le parole.

Sì, ieri, le parole sostituivano le cose.

Adamo ed Eva assegnarono i nomi alle cose del Paradiso terrestre.

Prima, le parole orali, poi le parole scritte.

Prima Omero, l’aedo che cantava nel villaggio le storie di Penelope, di Ulisse, di Achille, di Ilio, di Priamo, di Ettore e Andromaca…

Cantavano gli aedi.

Poi le parole sono state tradotte in pittogrammi, ideogrammi: ogni pittogramma ha un significato preciso, quel determinato oggetto.

Tanti pittogrammi, tanti ideogrammi quante cose, quante idee.

Che fatica ricordarli, anche se i cinesini ci riescono, e bene!

Ma l’uomo, si sa, è vagabondo o, se volete, parsimonioso: niente sprechi, economia al massimo!

Si racconta che un uomo o una donna sconosciuta dell’antica Fenicia abbia fatto una scoperta: quando parliamo, noi non usiamo centinaia di migliaia di fonemi, ma solo poche decine, tra i venti e i trenta fonemi.

Quale grande scoperta, superata poi solo dai Matematici che per scrivere gli infiniti numeri utilizzano solo dieci cifre:  0  1  2  3  4  5  6  7  8  9  0 !

Nella Lingua italiana le lettere sono meno di trenta e costituiscono il nostro alfabeto, col quale è stata scritta la Divina Commedia e l’Enciclopedia TRECCANI!

Ma, attenzione, per scrivere i nomi delle cose e delle azioni che noi effettuiamo, abbiamo bisogno di combinare diversamente le lettere dell’alfabeto. Le dobbiamo legare assieme per costruire parole: legare, cioè leggere!

Ma noi leggiamo parole e, come ci hanno insegnato Adamo ed Eva, ogni parola indica una cosa.

Noi leggiamo parole che indicano, simbolizzano cose, azioni, fenomeni…

Non assistiamo più al duello di Ettore e di Achille.

Non assistiamo più al pianto di Didone per l’amato Ulisse che l’abbandona!

Leggiamo, leggiamo… i papiri, le pergamene… le carte stampate di Gutenberg… con i carattere di Manuzio…

Leggiamo, e riviviamo gli eventi, le storie, le nostre storie, quelle dei nostri antenati…

E, così, leggiamo la Bibbia con tutte le sue storie… e poi Erodoto… e poi Dante e Petrarca… e poi Leopardi… e poi il novello Ulisse di Joyce.

Prima, il mondo delle cose e, poi, il mondo delle parole, poi il mondo degli alfabeti…

Il mondo in un libro, il mondo in un CD-ROM… il mondo sulle Nuvole (CLOUD)!

Oh, meravigliosa avventura dell’uomo, di ogni uomo, che nasce milioni e milioni di anni fa… Oh meravigliosa avventura degli uomini −homo sapiens sapiens− che oggi parlano, scrivono e leggono nelle mille lingue degli uomini  che popolano il pianeta Terra e che fanno sentire i loro suoni, i loro fonemi, le loro parole, le loro frasi, le loro storie: ronzio d’un’ape dentro il bugno vuoto!

Oddio, quale meravigliosa avventura quella dei padri, quella dell’uomo, quella di ogni figlio di donna che stamattina nasce alla vita… nelle sale parto degli ospedali… nelle nostre aule!

Dai gesti ai mugolii, ai fonemi, alle parole, simbolizzate prima con i pittogrammi, c poi con gli ideogrammi, infine con i ventuno caratteruzzi coi quali possiamo scrivere tutto lo scibile umano presente e futuro.

Quale eredità i nostri padri ci hanno lasciato, senza chiedere alcuna riconoscenza!

Il leggere o lo scrivere ci sono stati donati, offerti in gratuita eredità dai nostri padri.

Ma noi che facciamo ora?…………….

La condanna a leggere, il leggere come obbligo, come pena, come castigo?

Oddio, quale furto ai danni dei nostri giovani, quale sacrilegio si consuma nei libri di testo, nei sussidiari, nei libri di lettura, nelle antologie…

Alla gioia incantata dei nostri padri che ascoltavano il cieco Omero si sostituisce la pena della lettura imposta, obbligata, costretta: dovere e condanna, pena e sofferenza!

Come è possibile che questo reato si consumi sotto i nostri occhi e nessuno lo denunci all’autorità giudiziaria?

Com’è possibile tollerare simili misfatti che non uccidono corpi ma anime?

La mortalità scolastica non è l’abbandono delle scuole, ma la morte nella scuola, la morte dell’innata curiosità umana di leggere, di comprendere, di capire le cose ed i fenomeni, le piante, gli animali, la pioggia, le nuvole, i fulmini, i cristalli della neve che fiocca lenta lenta, volteggiando nel cielo bianco che ci incantava, fanciulli.

A scuola si impara a leggere, ma per imparare a leggere, si impara a odiare la lettura. 

 

Si dirà che questa è un’esagerazione!

È vero.

Ma una domanda lasciatemela fare.

Quanti italiani leggono un libro in un anno?

Quali sono i maggiori consumi dei nostri giovani?

La letteratura, anche quella dell’infanzia, dove è finita?

Chiedetelo agli editori che, benemeriti non riconosciuti, continuano nella loro generosa offerta di nuovi libri che solo pochi leggono quel tanto che forse manco basta a coprire le specie di stampa.

Una minoranza di italiani oggi legge.

Eppure, dal 1962 funziona la scuola dell’obbligo.

Ma, forse proprio perché dell’obbligo di studiare, di leggere, di scrivere, la scuola non insegna ad amare la lettura.

E allora?

Allora, generosi docenti che ancora siete presenti nelle nostra patrie scuole, leggete con la gioia nei vostri occhi, con la gioia nei vostri volti, con la gioia nei vostri cuori!

Col vostro esempio fate nascere l’amore della lettura in tutti i giovani che frequentano le nostre scuole.

Peraltro, questo è un vostro dovere, oltre che un vostro piacere.

Come dicono i programmi che per la scuola elementare del 1985, <<L’insegnante, anche testimoniando la sua consuetudine alla lettura, stimola e accresce la motivazione del fanciullo a leggere e dedica particolare attenzione alla scelta di testi validi per le loro qualità intrinseche>>.

Si, bando all’obbligo della lettura, alle spiegazioni, ai riassunti dell’Iliade e della Odissea, della Divina Commedia, di Laura… di Alice nel paese delle meraviglie, della Capanna della Zio Tom.

TOM, domandate ai giovani!

Professo’, sicuro che lo conosco! Ce l’ha mio padre sul cruscotto della sua Chrysler!

 

Sostegno: Tar Sicilia condanna il Miur

Sostegno: Tar Sicilia condanna il Miur a risarcire 1.000 euro al mese alla famiglia per mancato rapporto 1/1 dell’alunno

 

Assegnato un docente con orario intero rispetto alle 9 ore settimanali, risarciti il contributo unificato e le spese legali, riconosciuti quattro mesi di indennizzo ai genitori in via equitativa per la giurisprudenza granitica che si è formata sul contenzioso.

 

Così il sindacato assiste le famiglie che si vedono ridotte le ore per i propri figli e ripristina il corretto organico di fatto con nuove assunzioni.

 

Se vuoi coinvolgere le famiglie e ricorrere per garantire il diritto allo studio in tutto il territorio nazionale scrivi a sostegno@anief.net.

La sentenza n. 224/2014

A. Brilli, Mercanti avventurieri (Storie di viaggi e di commerci)

Verso Oriente

di Antonio Stanca

brilliA Maggio del 2013 dalla casa editrice Il Mulino di Bologna, nella serie Intersezioni, è stata pubblicata l’opera Mercanti avventurieri (Storie di viaggi e di commerci) di Attilio Brilli, ordinario di Letteratura Americana presso l’Università di Siena. Dopo tanti altri è questo il lavoro più recente che il Brilli, tra i maggiori esponenti in Italia di Letteratura di viaggio, dedica ai suoi interessi specifici. In esso ha percorso un arco di tempo piuttosto lungo, dal Medioevo all’Età Moderna, ed ha illustrato uno degli aspetti che lo hanno caratterizzato, l’espansione verso Oriente che in Europa si è allora verificata grazie ai viaggi compiuti dai mercanti per via di terra e di mare. Anche altre direzioni avrebbe assunto alla fine questo movimento ma quella  verso i paesi asiatici sarebbe stata la più importante, la più cercata. Il fenomeno era iniziato con le crociate e con le opere missionarie e sulle vie da esse tracciate avrebbero continuato a viaggiare i mercanti. I loro interessi, però, non erano religiosi, politici ma provenivano da  uno spirito intraprendente, di avventura, dalla curiosità che terre sconosciute, misteriose come quelle dell’Oriente asiatico potevano suscitare, dalla possibilità di avviare con esse rapporti di commercio e ricavarne dei buoni guadagni. Si preparava, così, l’uomo dei tempi nuovi.

I primi mercanti avevano proceduto via terra e giunti in Oriente, anche se non ancora in India o in Cina, erano stati attirati dalla ricchezza di stoffe pregiate, seta, lana, di spezie, aromi, droghe, di pietre preziose, gioielli, diamanti, posseduta da quei popoli ed esposta negli empori, nei mercati. L’India, poi, si sarebbe rivelata ancor più ricca ed avrebbe rappresentato una meta costante per i mercanti di ogni nazionalità, fossero italiani, portoghesi, spagnoli, olandesi, inglesi, francesi. Molte possibilità di guadagno vi avevano intravisto, le avrebbero realizzate e più frequenti sarebbero diventati i loro viaggi. Non solo per terra ma anche per mare sarebbero avvenuti, con carovane o con navi, nell’Estremo Oriente sarebbero giunti, sarebbero durati anni, molti anni. Un’intensa attività di compravendita avrebbero svolto quei mercanti in ogni posto e con essa sarebbe stato loro possibile migliorare i viaggi, organizzarli meglio, sopportarne le spese, aumentare i guadagni. Si sarebbero instaurati rapporti duraturi con i nuovi paesi, ci sarebbero stati degli accordi, si sarebbe creata una fitta rete di scambi, di servizi postali, bancari, sarebbero sorte compagnie di viaggio. Vicino sarebbe diventato l’Oriente all’Occidente.

Il concetto di viaggio, osserva il Brilli, nel suo lavoro, aveva subito una grossa modifica rispetto ai tempi passati. Al viaggio necessario per la formazione era subentrato il viaggio fatto per arricchirsi, lo spirito era stato soppiantato dalla materia. Di viaggio di formazione si sarebbe tornato a parlare a fine Settecento e dopo ma intanto viaggiare significava studiare le tappe da percorrere per raggiungere l’Oriente, pensare alle merci da acquistare ed ai mercati dove venderle compresi quelli europei che ne facevano gran richiesta. Giungeranno gli stessi stati europei a promuovere, organizzare simili viaggi perché arricchita ne risultava la loro economia. Arriveranno essi ad aggiudicarsi delle vere e proprie zone d’influenza in Oriente, entreranno in contrasto tra loro, ci si avvierà verso la formazione delle potenze coloniali e verso la guerra. Tanta ricchezza attirerà briganti, banditi di ogni genere che si aggiungeranno ai già gravi pericoli che i nuovi territori, i nuovi mari comportavano per i viaggiatori. Alcuni di questi non faranno ritorno in patria perché vittime in terra di malattie, congelamenti, in mare di tempeste, bufere. Tutti, però, sentiranno il bisogno di registrare quel che avevano visto, sentito, fatto, vorranno scrivere o faranno scrivere di civiltà delle quali la cultura occidentale “non sapeva ancora calcolare l’origine” ed aveva saputo solo tramite la trasmissione orale. A questa, oltre a ciò che vedevano e vivevano, si riferivano quei “mercanti avventurieri” che scrivevano delle loro esperienze o le dettavano ad altri. Molti, moltissimi saranno i resoconti, i diari di viaggio, i libri  e tramite essi giungeranno a noi le notizie di tanti usi, costumi, miti, leggende, di quanto di meraviglioso ma anche di orrendo si verificava in quei luoghi, di quante situazioni, buone e cattive, avevano vissuto gli autori di quella scrittura. Documentato per intero sarebbe stato da essa il fenomeno dei “mercanti avventurieri”, tutti i loro luoghi, tempi, personaggi sarebbero stati registrati. A tale scrittura si riferisce il Brilli nel suo libro, ognuna di quelle opere riporta, cita, commenta, di ogni loro autore tratta. Riesce egli a far rientrare, nella sua opera, gli infiniti avvenimenti di un tempo così esteso, ad osservarli, valutarli da un punto di vista critico ed a scriverne in maniera così chiara e scorrevole da meritare tutta l’attenzione che gli è stata accordata. Solo una conoscenza approfondita degli argomenti trattati, un’elevata capacità di giudizio ed un’abilità nell’esposizione possono permettere simili risultati e fare in modo che i libri del Brilli siano tradotti in molte lingue straniere.

Storia dell’arte, tra polemiche e futuro

da Corriere della Sera

Storia dell’arte, tra polemiche e futuro

di Carlotta De Leo

Abolita la storia dell’arte: millenni di capolavori esiliati dalla scuola, future generazioni senza conoscenza. L’allarme lanciato dal web in poche ore è stato smentito e ri-smentito più volte. E tutto perchè si era diffusa la voce (infondata) che la commissione Cultura della Camera aveva bocciato il progetto di aumento delle ore di storia dell’arte alle superiori sostenuto dal ministro Carrozza.

Qualche passo indietro, per capire.

Dopo la presentazione del Decreto Scuola, lo scorso ottobre, era partita una petizione in difesa delle materie storico-artistiche, che raccolse circa 15mila firme (tra cui anche quelle di Salvatore Settis, Cesare De Seta e Adriano La Regina). Quando il decreto arrivò in Parlamento, le richieste contenute nella petizione furono accolte, ma senza copertura finanziaria.

In realtà, dall’autunno la politica non ha fatto mosse sostanziali. A muoversi, come spesso accade, sono solo le polemiche.

Sul blog di Beppe Grillo, Chiara Di Benedetto del M5S ha attaccato la maggioranza per la bocciatura dell’emendamento che reinseriva la materia negli indirizzi scolatisci dove la «stolta riforma Gelmini» l’aveva eliminata.

Il Pd ha replicato che, per evitare disorganiche richieste di aumento orario per diverse discipline, aveva già chiesto e ottenuto un monitoraggio sugli effetti della passata riforma che, insieme alla storia dell’arte, colpì duramente chimica, fisica, musica, matematica, diritto, laboratorio e altre ancora.

L’intento della commissione Cultura, dunque, è di rimettere mano a tutta la riforma Gelmini, che nel 2008 tagliò 8 miliardi di euro all’istruzione e 132.000 posti tra insegnanti e personale Ata. Ma l’ostacolo più evidente sta nella mancanza di risorse.

«Per potenziare la cattedra di storia dell’arte, sia nei licei che negli istituti professionali, servono centinaia di milioni» ha chiarito Maria Chiara Carrozza. Nonostante le polemiche, il ministro porta avanti il suo progetto che porterebbe alcune novità. A partire dal programma che vuole includere «l‘insegnamento di cinematografia, fotografia o le arti digitali, specchio di una società delle immagini in continuo mutamento, cambiando la dicitura in “storia delle Arti” o semplicemente “Arti”» spiega il ministro su Facebook.  Non solo, il progetto prevede anche  laboratori scolastici nel pomeriggio con   corsi aperti a tutta la cittadinanza, «con lo scopo di mettere la scuola al servizio di chi vuole svolgere attività artistiche e confrontarsi con persone che hanno gli stessi interessi».

L’assurda bagarre politica di questi giorni lascia attoniti soprattutto loro,  i prof che ogni giorno entrano in classe. «Noi speriamo che da tutto questo possa emergere una riflessione fruttuosa, una nuova presa di coscienza sull’argomento» spiega l’Anisa (Associazione nazionale insegnanti di storia dell’arte).  Per ottenere risultati concreti, però, «sarà importante allargare la prospettiva a livello europeo. L’enorme patrimonio della nostra disciplina, intesa anche come contenitore di professionalità pedagogica e didattica nonché di buone pratiche, è un bene da tutelare e da trasmettere. L’Italia, non va dimenticato, è stata il primo paese ad inserire un insegnamento obbligatorio di storia dell’arte nella scuola superiore».

Cyberbullismo, la polizia incontra gli studenti

da Corriere della Sera

IN COLLABORAZIONE CON IL MIUR

Cyberbullismo, la  polizia incontra gli   studenti

In occasione del «Safer Internet Day», martedì 11 febbraio seminari  nelle scuole di oltre 100  capoluoghi. Coinvolti 60 mila ragazzi

In occasione  del Safer Internet Day 2014, martedì 11 febbraio la Polizia Postale e delle Comunicazioni in  collaborazione con il Ministero dell’Istruzione ha organizzato seminari e incontri sul tema del cyber  bullismo nelle  scuole italiane. Si tratterà di un’edizione  speciale del progetto «Una vita da social» che prevede lo svolgimento in contemporanea di workshop presso le scuole di 100 capoluoghi di provincia italiani. La Polizia Postale e delle Comunicazioni, grazie al supporto del Miur, incontrerà oltre 60.000 studenti. «Una vita da social» è una campagna educativa itinerante  sviluppata dalla Polizia Postale e delle Comunicazioni,con  l’obiettivo di aiutare gli utenti della Rete a navigare in piena  sicurezza e gestire con consapevolezza e controllo i dati condivisi  online. L’iniziativa si compone inoltre di una pagina facebook   nella quale sono riportate tutte le attività e le  impressioni dei giovani studenti. Lo scopo delle attività di formazione è  insegnare ai ragazzi a sfruttare le potenzialità comunicative del web e delle community online senza correre rischi connessi  all’adescamento, cyber bullismo, alla violazione della privacy altrui  e propria, al caricamento di contenuti inappropriati, alla violazione  del copyright e all’adozione di comportamenti scorretti o pericolosi  per sé o per gli altri.

Ad aprire le iniziative collegate al «Safer Internet day» (che coinvolge oltre 100 Paesi in tutto il mondo)  lunedì  10 a Milano si svolgerà una giornata di confronto e dibattito promossa da Telefono azzurro sui problemi e i rischi che i giovani possono incontrare con un utilizzo disinvolto della rete . Il convegno – che si terrà presso la sede della Rcs media group in via Solferino 26A – si articolerà in due sessioni: la prima, al mattino, con il coinvolgimento degli studenti di alcune scuole milanesi, e la seconda il pomeriggio, prevalentemente rivolta al mondo delle aziende.

Poco praticata l’alternanza Scuola-Lavoro

da Tecnica della Scuola

Poco praticata l’alternanza Scuola-Lavoro
di Aldo Domenico Ficara
L’Alternanza Scuola-Lavoro viene introdotta dall’Art. 4 della Legge n. 53 del 2003 e prevede che gli studenti tra i 15 e 18 anni possano frequentare la propria formazione scolastica con le modalità dell’ ”Alternanza”
Il successivo Decreto Legislativo n°. 77 del 2005 definisce l’ ”Alternanza” quale modalità didattica ed individua le linee generali per organizzare i percorsi. A tal proposito in quest’ultimo decreto si definiscono quattro finalità dell’alternanza: “ 1. Nell’ambito del sistema dei licei e del sistema dell’istruzione e della formazione professionale, la modalità di apprendimento in alternanza, quale opzione formativa rispondente ai bisogni individuali di istruzione e formazione dei giovani, persegue le seguenti finalità: a) attuare modalità di apprendimento flessibili e equivalenti sotto il profilo culturale ed educativo, rispetto agli esiti dei percorsi del secondo ciclo, che colleghino sistematicamente la formazione in aula con l’esperienza pratica; b) arricchire la formazione acquisita nei percorsi scolastici e formativi con l’acquisizione di competenze spendibili anche nel mercato del lavoro; c) favorire l’orientamento dei giovani per valorizzarne le vocazioni personali, gli interessi e gli stili di apprendimento individuali; d) realizzare un organico collegamento delle istituzioni scolastiche e formative con il mondo del lavoro e la società civile che consenta la partecipazione attiva dei soggetti di cui all’articolo 1, comma 2, nei processi formativi; e) correlare l’offerta formativa allo sviluppo culturale, sociale ed economico del territorio. Tutto bene dal punto di vista normativo, ma da quello pratico si evidenziano diverse criticità. Infatti, in un articolo di Luca Orlando pubblicato su Il Sole 24 Ore si dice:“L’alternanza, cioè lo svolgimento di periodi formativi all’interno di aziende, è realizzata nel 45,6% delle scuole secondarie ma all’interno di questo campione lo squilibrio è evidente, con il 44,4% di istituti professionali, il 34,2% di istituti tecnici, il 20% dei licei. Come risultato, solo il 2,4% degli studenti liceali sperimenta concretamente la vita dell’impresa durante il proprio percorso di studio “. E ancora: “ Il monitoraggio annuale di Indire evidenzia un utilizzo ancora residuale dello strumento, che al momento coinvolge in Italia 3177 istituti, con un impegno annuo limitato ad un centinaio di ore, (con risultati peggiori al sud e primato negativo in Basilicata con appena 74 ore all’anno) decisamente poche per poter parlare di un vero e proprio apprendimento all’interno dell’azienda “.

Sindacati (quasi) uniti contro Carrozza e Saccomanni

da Tecnica della Scuola

Sindacati (quasi) uniti contro Carrozza e Saccomanni
di Reginaldo Palermo
I due Ministri del Governo Letta sono riusciti finalmente a mettere d’accordo i sindacati della scuola che ormai sembrano avviarsi verso una azione unitaria a difesa di stipendi sempre più magri per tutti. Ma la stessa Carrozza, a questo punto, potrebbe “saltare”.
Si sono impegnati a fondo e, alla fine, ce l’hanno fatta: i ministri Carrozza e Saccomanni sono finalmente riusciti a raggiungere l’obiettivo di mettere d’accordo tutti i sindacati, dalla Cisl allo Snals e fino alla Cgil che sembrava ormai orientata ad andare avanti per la propria strada. L’accordo fra i 5 sindacati che siedono al tavolo delle trattative nazionali si sta realizzando su una questione relativamente limitata ma pur sempre significativa: il taglio del fondo di istituto e la mancata soluzione della questione delle posizioni economiche.  Se poi ci mettiamo dentro anche il problema del fondo unico nazionale dei dirigenti scolastici possiamo tranquillamente affermare che l’intesa fra le diverse sigle si estende anche all’ANP. In realtà, per ora, l’accordo fra i sindacati non è del tutto perfezionato perché le iniziative di mobilitazione e di protesta sono ancora frammentate. Per esempio sulle questioni dei dirigenti scolastici c’è uno sciopero Cgil, Cisl,Uil e Snals per il 14 febbraio al quale però non aderisce Anp che aveva già organizzato un affollato sit-in in viale Trastevere a Roma, nel mese di gennaio. In questi giorni Flc-Cgil ha proclamato l’astensione da tutte le attività aggiuntive di docenti e ATA dal 21 febbraio al 22 marzo, mentre tutte le altre sigle hanno diffidato Miur e MEF dal procedere al recupero degli aumenti legati alle posizioni economiche ATA dando avvio alla procedura di conciliazione; e c’è anche l’annuncio che, in caso di mancato accordo, gli ATA si asterranno da ogni attività aggiuntiva. Ma, il mancato accordo è nei fatti perché arrivati ormai alla metà di febbraio è impossibile bloccare il recupero degli aumenti già attribuiti. Ma quali potrebbero essere i prossimi sviluppi della vicenda? Difficile prevederlo perché la questione si intreccia con le vicende politiche più generali. Una possibilità è che in occasione dell’ormai quasi certo “rimpasto” di Governo il ministro Carrozza potrebbe essere immolata con l’accusa di non essere riuscita a dialogare con il mondo della scuola.   Il problema è che, al momento attuale, risulta difficile pensare ad un ministro dell’istruzione capace di dialogare con docenti, ata, dirigenti scolastici e famiglie al quale però non vengano assegnate risorse finanziarie adeguate. Anzi, quasi certamente il futuro Presidente del Consiglio farà fatica a trovare un nuovo Ministro da mettere al posto di Carrozza che magari, proprio per questo motivo, correrebbe il rischio di rimanere ancora a viale Trastevere ma solo per fare da parafulmine alla incapacità del Governo nel reperire risorse vere da destinare al sistema di istruzione (giorno dopo giorno, i famosi 400 milioni del decreto “La scuola riparte” si stanno infatti rivelando una mezza bufala). Quello che è certo, però, è che fra un mese o due il Ministro dell’Istruzione (chiunque sia) dovrà rispondere a parecchie domande; in mancanza di risposte chiare l’unità di  intenti fra le diverse sigle sindacali potrebbe trasformarsi in un’unità di azione.