Viaggio nelle scuole italiane al tempo del Coronavirus

da ANSA

(di Lara Sirignano) (ANSA) – PALERMO, 11 APR -Ogni mercoledì pomeriggio si ritrovano al pc. Genitori e preside a parlare di scuola e a raccontarsi i giorni del Coronavirus. Davanti allo schermo, in un’emergenza che li ha resi comunità, in una realtà virtuale che li fa sentire vicini come mai erano stati. Albino, Val Seriana, uno degli epicentri dell’epidemia da Covid-19. Tutto inizia da un’email che Veronica Migani, dirigente scolastica dell’istituto comprensivo Solari, 1400 studenti e 200 docenti, manda al Ministero dell’Istruzione. La richiesta di aiuto di chi coglie la disperazione di una comunità che ogni giorno conta, in silenzio, i suoi morti. La risposta arriva subito. E anche l’offerta di sostegno psicologico ai docenti e ai ragazzi.
Vittoria, provincia di Ragusa, l’altro capo del Paese. Scuola “Portella della Ginestra”. Una realtà diversa. Il virus fa meno morti e i problemi sono altri: pc che mancano, famiglie povere che non hanno la connessione internet. Qui la task-force del Ministro Lucia Azzolina, coordinata dal capo dipartimento Giovanna Boda, è intervenuta facendo arrivare ciò che mancava: tablet, computer. E i docenti hanno fatto il resto: i bambini della scuola d’infanzia, con l’aiuto dei genitori, hanno potuto guardare sui tablet le fiabe animate di Rodari; gli alunni delle elementari hanno partecipato, con un filmato che li vede declamare terzine della Divina Commedia, al Dantedì, la prima lettura social del Sommo Poeta.
Il “viaggio” nelle scuole italiane al tempo del Covid-19 racconta storie di resistenza, di insegnanti coraggio che, oltre alla didattica, pensano ai bisogni di intere comunità, che lavorano senza sosta sfruttando la tecnologia, dove c’è, usando cuore e la creatività, dove i mezzi mancano. Che riescono a fare l’impossibile: come fabbricare, con stampanti 3d, mezzi di protezione per medici e infermieri da donare agli ospedali.
L’aiuto del Ministero arriva. La task force affianca i docenti.
E il miracolo si compie: la scuola funziona, i ragazzi ritrovano una normalità nell’anormalità “La didattica a distanza non è stata un problema per noi – racconta la dirigente scolastica di Albino – Mano a mano che i giorni passavano, però, l’aria si faceva irrespirabile. Non c’era una famiglia che non avesse vissuto un lutto. Temevo che prima o poi saremmo implosi tutti. Ho capito che vivevamo una emergenza emozionale e ho chiesto aiuto. Il Ministero si è attivato subito. Prima col sostegno dell’istituto Ortofonologico che ci ha assicurato appoggio psicologico. Poi con un gemellaggio con la scuola Valenza di Alessandria e il suo preside, Maurizio Carandini, che aveva già lavorato come consulente psicologico per i docenti in situazioni post traumatiche come il terremoto. Ci ha preso per mano, interveniva alle riunioni, ci ha consigliato di privilegiare il dialogo coi bambini, di farli esprimere col disegno”. Una rete in cui ciascuno mette in comune il proprio talento, insomma. “La ministra – racconta la dirigente di Albino- ha chiamato due volte. Ha voluto parlare coi ragazzi”. “Gli studenti – racconta – mi dicono: ‘preside possiamo fare una lezione in più? I genitori aspettano il mercoledì per ritrovarsi e parlare.
Abbiamo rincollato una comunità che stava andando in pezzi” Nell’emergenza nessuno ha mollato mostrando cuore e insegnando ai ragazzi anche la solidarietà. “Un’associazione ci ha chiesto aiuto perché l’ospedale non aveva presidii sanitari.
– spiega orgogliosa Anna Cammalleri, direttore generale dell’Ufficio scolastico della Puglia, che racconta una iniziativa delle scuole salentine. “Grazie a un ex alunno, ora ingegnere di robotica, è stato fatto un progetto. Nel giro di due giorni tutte le stampanti 3D delle scuole hanno cominciato a produrre visiere che sono state mandate anche all’ospedale Sacco di Milano”. (ANSA).

Si prepara scuola del futuro, Ministro Azzolina nomina esperti di innovazione didattica e formazione

da Orizzontescuola

di redazione

Il Ministro Azzolina ha firmato il decreto con cui conferisce incarico di consulenza ad esperti di innovazione didattica e formazione.

Un tassello che si aggiunge alla preparazione del nuovo anno scolastico ma in generale alla scuola del futuro, dopo la notizia dello scongiurato tagli agli organici che permetterà di ridurre il numero di alunni per classe.

A darne notizia è il Prof. Giuseppe Paschetto, insegnante oggi in pensione di Matematica e Scienze a Mosso (BI) entrato nel 2019 nel gruppo dei 50 super insegnanti scelti e nominati ambasciatori della Varkey Foundation per il Global Teacher Prize. Lui stesso racconta il proprio metodo di lavoro in una intervista

Insieme a lui ci saranno tre Dirigenti Scolastici:  Antonella Accili di Pesaro, Amanda Ferrario di Busto Arsizio e Salvatore Giuliano di Brindisi.

E’ probabile che il gruppo comprenda anche altre persone, ma il decreto al momento non risulta pubblicato sul sito del Ministero.

Coronavirus, fase due, fase tre…Verso il cambiamento, verso una “pedagogia tecnologica”

da Orizzontescuola

di Luisa PIarulli

Un debole spiraglio s’intravede. Una luce, dicono, in fondo al tunnel. Fase due, fase tre… Certo, i tecnici avranno il compito di individuare strategie e mezzi per garantire la ripresa e per far rifiorire l’economia, per garantire il diritto al lavoro, primo articolo della nostra Costituzione, un diritto in buona parte evaso già prima di questa crisi pandemica.

Io non conosco i modi per riavviare questo aspetto della nostra società, non ne ho le competenze e mi affido a coloro che le possiedono. Ma, come tanti, sono assolutamente convinta che ci avviamo verso un cambiamento epocale.

Il vaso è traboccato: consumismo sfrenato, scarsa attenzione per il benessere del nostro pianeta, disuguaglianze sociali sempre più marcate, gap tra normalità e anormalità nonostante il mantra che recita “siamo tutti uguali, tutti diversi”, aumento spropositato dell’aggressività verbale e non, pioggia di diagnosi perché fondamentalmente non siamo stati in grado di ascoltare, osservare, aspettare, prendere e dare tempo.

Ma ora il tempo ce l’abbiamo. Questa crisi ci ha messi a nudo. Siamo tutti uguali per davvero, per lo meno di fronte alla malattia e alla morte non c’è distinzione. Tutti si può andare via in una bara, senza un saluto, senza un abito, nella completa solitudine.

In queste settimane si legge di tutto, si ascolta di tutto. Un rumore assordante.

Io dico che da “domani” dobbiamo cominciare a fare “silenzio” per ascoltare noi stessi, per ascoltare l’Altro, per guardarci dentro e per guardare il Volto dell’Altro. Ognuno dovrà assumersi compiti specifici secondo le proprie competenze, ben sapendo che un sapere non è mai definitivo e che “sapere di non sapere” è la strada autentica verso la Conoscenza, soprattutto, ciascuno dovrà essere onesto e leale con sé stesso e con gli altri.

Questa crisi ci offre l’opportunità, oltre che la necessità, di cambiare, ma il cambiamento è nelle nostre mani, siamo noi stessi il cambiamento! Oh, certo! Questa è un’utopia, ma è l’utopia a produrre una buona trasformazione.

Da dove partire? Dall’Educazione. Non c’è altra soluzione.

Molti sostengono che il “dopo” mostrerà un sommerso, ovvero una moltitudine di disturbi e di disagi psichici e psicologici. Il mondo degli psicologi è allertato. Va bene, ma attenzione!

Facciamo che non si apra una drammatica e ulteriore ondata diagnostica! Molte persone non avranno denaro sufficiente per avviare un percorso psicoterapeutico e i professionisti, a loro volta impoveriti in quanto “partite Iva”, non potranno lavorare a lungo su base volontaria. Temo il ricorso sfrenato alla cura farmacologica, con le conseguenze che tutti ben conosciamo.

Ragioniamo insieme: c’è chi ha perso il lavoro o che rischia di perderlo, chi non sa come pagare l’affitto e le bollette, chi non sa come assicurare risposte ai bisogni dei propri figli, chi ha perso una persona cara.

Più che scontato provare ansia, paura, preoccupazione, scoraggiamento, forme depressive che, ahimè, riguarderanno una grossa fetta di popolazione.

E allora, ripeto, a ciascuno il proprio compito, onestamente. Ricostruire, rinascere, vivere. Come? L’Educazione è la via, l’unica via!

Ai pedagogisti il compito dell’empowerment, ovvero dare potere a ogni Persona, portatrice di talenti, di attitudini, di saperi. Concretamente, metodicamente.

La scuola e la famiglia in primis dovranno rappresentare il primo obiettivo di intervento in assoluto.

La scuola, tanto depauperata insieme alla sanità, in queste settimane sta svolgendo un’opera straordinaria, bene o male ci sta provando, attraverso la sperimentazione della DAD, con tutte le difficoltà ad essa connesse, impiegando tempi che vanno ben oltre il classico tempo scuola.

Oggi abbiamo gestito un’emergenza e la DAD ha rappresentato la soluzione immediata.

I docenti, eticamente, hanno posto in essere modi e tempi a garanzia della continuità didattica e della tutela del benessere psicologico degli studenti.

Ciascuno si è inventato il modus operandi utilizzando le tecnologie. Chi più, chi meno, chi esaltando finalmente l’intelligenza artificiale, chi accettando con scetticismo le varie indicazioni tecniche ma affidando l’operare ai principi umanistici.

Ci si è inventati, in poche settimane, un modo alternativo di fare scuola.

Ma, in prospettiva futura, in previsione di altre contingenze, occorrerà attrezzarsi verso una “pedagogia tecnologica” che abbia come principi prioritari la relazione educativa, la comunicazione circolare, il contatto umano.

La scuola non può, né deve rischiare di tramutarsi in una macchina nozionistica, né essere lasciata al buon senso di ciascun docente.

Il tema della valutazione, già spinoso prima, rivela ora le annose carenze: formativa, sommativa, sì, no, come, quando.

Le varie piattaforme propongono modalità valutative attraverso l’utilizzo di test e una valutazione in quindici minuti. La morte della didattica.

La morte della scuola che non può e non deve rispondere, o implicitamente adattarsi, ad aridi criteri efficientistici dettati da una società competitiva e produttivistica.

A scuola “s’impara a giocare la vita”.

I nostri studenti hanno nostalgia della scuola! Ce lo dicono in questi giorni, stupiti essi stessi! Un messaggio che conferma che la scuola, quella di domani, non potrà fare a meno della relazione, dello sguardo, del contatto, del discorso, delle conversazioni, dei diverbi, perché è solo così che si cresce. Questa è la potenza dell’Educazione!

Nella scuola di domani occorrerà finalmente restituire il legittimo ruolo alla pedagogia, la scienza dell’educazione e della formazione, perché la crescita e i processi di apprendimento dei nostri giovani non s’improvvisano.

E la famiglia? Oggi si rischiano ulteriori fragilità sia nella relazione genitori-figli, sia nella carenza del benessere materiale. La povertà economica rischia di accrescere ulteriormente la povertà educativa. La soluzione non può essere l’istituto dell’affidamento o la comunità. I bambini sono naturalmente progettati per vivere in famiglia. Andiamo a casa, non togliamoli da casa, se non in situazioni estremamente eccezionali. E dico, estremamente eccezionali! Progettiamo forme di autentico sostegno!!

E gli anziani! Che tristezza! Morti silenziose, la cancellazione di una buona fetta di generazione che ha fatto storia, annullata nella totale solitudine, testimonianza della globalizzazione dell’indifferenza. Noi pedagogisti abbiamo introdotto la geragogia e loro, gli anziani, ci hanno provato a rieducarsi, a riprogettare la propria esistenza, si sono anche fidati con un sorriso indulgente come a dire “vediamo che cosa succede”, ma, sono stati traditi. Dopo, molto tempo dopo, qualcuno si è ricordato di loro. Troppo tardi. Insomma, nell’emergenza abbiamo lasciato indietro i più fragili, come se in un’evacuazione avessimo abbandonato chi non è veloce, chi è impossibilitato a muoversi, chi non ce la fa seppure a scuola insegniamo che in una situazione emergenziale, qualcuno ha sempre la responsabilità di proteggere il più fragile.

Abbiamo raggiunto il clou della disumanizzazione proprio agli albori del terzo millennio, abbiamo creduto che fosse progresso, ci siamo sentiti invincibili. Beh, abbiamo perso la sfida.

E allora se cambiamento dovrà essere, facciamo almeno che sia un umano cambiamento. I luoghi della pedagogia, le periferie esistenziali aspettano forme di autentica tutela: legislativa, sociale, educativa.

Domani vorrei vedere poggiare almeno le prime basi di un mondo nuovo, dove la Persona al centro possa esistere armonicamente con il tutto. Solo l’equilibrio tra le parti potrà assicurare il benessere di ciascuno e il diritto a una vita dignitosa.

Almeno proviamoci a dare un barlume di speranza al futuro che sarà abitato dai nostri bambini a cui oggi stiamo chiedendo enormi sacrifici. Glielo dobbiamo!

Coronavirus, maestri e docenti tra i lavoratori più a rischio: torneranno al lavoro per ultimi

da La Tecnica della Scuola

Le riaperture delle attività dipenderà moltissimo da un rapporto che sta preparando una nuova task force, tra cui tecnici ed i epidemiologi, guidata da Vittorio Colao: il gruppo, appena insediato a Palazzo Chigi, ha il compito di indicare il modo migliore per allentare il lockdown e rispondere, quindi, alle forti pressioni di imprese, aziende, fabbriche e commercianti che chiedono di ripartire al più presto, per evitare il collasso dell’economia italiana.

Esperti a rapporto

La task force si metterà al lavoro martedì 14 aprile, subito dopo le festività di Pasqua: avrà il computo di analizzare l’andamento del Covid-19, facendo la “quadra” tra le cautele dei virologi e gli appelli degli imprenditori che temono di finire sul lastrico.

A pesare sulle decisioni saranno anche i rapporti inviati in questi giorni da vari istituti, a partire dall’Inail e dall’Inapp, ma anche dalla Banca d’Italia.

La lista delle professioni più a rischio

Il compito principale degli esperti, sarà quello di individuare le attività che permettono di mantenere distanze adeguate tra i lavoratori, ma soprattutto rispetto ai “clienti”: in un caso su quattro, circa 6 milioni e mezzo, non vi sono queste garanzie. In questa lista, ci sono i docenti, a partire dai maestri e gli addetti degli asili nido e delle scuole per l’infanzia, che hanno un contatto più ravvicinato con i bambini.

Nella lista delle attività lavorative più a rischio figurano pure i negozianti di scarpe. Ma anche coloro che operano in bar e ristoranti, così come una serie di servizi alla persona come parrucchiere ed estetisti: queste attività saranno con ogni probabilità gli ultimi a ripartire.

Anche per questo, le scuole, che rimarranno chiuse fino al 3 maggio, potrebbero non aprire nemmeno negli ultimi giorni dell’anno.

Misure per i trasporti

Ad essere coinvolti nella “fase 2” saranno anche i trasporti pubblici, che soprattutto nei grandi centri sono utilizzati da un altissimo numero di persone.

La stessa ministra delle Infrastrutture, Paola De Micheli, ha fatto intendere che sono da stabilire le nuove regole per la sicurezza di lavoratori e passeggeri: si parla di obbligo della mascherina per chi sale a bordo di treni, aeri, bus e metropolitane.

Nuovi orario per i lavori

In arrivo c’è pure una nuova organizzazione oraria del lavoro: il fine è evitare ore ‘di punta’ e mezzi stracolmi di persone.

Anche in questo caso, la scuola potrebbe essere coinvolta, visto che – tra alunni, studenti, docenti, personale Ata, presidi e genitori – convoglia nello stesso orario, tra le 7 e le 8,30 del mattino, oltre 12 milioni di persone.

Animatore digitale ai tempi del coronavirus, quasi una missione

da La Tecnica della Scuola

Quello dell’animatore digitale è un incarico non semplice da gestire, perché bisogna essere in grado di rispondere alle esigenze e alle necessità della scuola in cui si opera, esigenze che sono diverse da una realtà all’altra e che – come sta dimostrando l’emergenza di questi mesi – variano anche con il tempo.
Abbiamo parlato con tre animatori che ci hanno raccontato la loro esperienza.

Fabrizio Gelli, ITP di laboratorio elettronico elettrotecnico, è l’animatore digitale presso l’Istituto superiore Einaudi Casaregis Galilei di Genova

“Nella nostra scuola – spiega Gelli – abbiamo alle spalle un grande lavoro sulle pratiche didattiche digitali e quindi non siamo stati colti impreparati. Durante la prima settimana di stop didattico come animatore digitale mi sono occupato di attivare una intensa attività’ di studio e di implementazione di applicativi utili per la didattica a distanza, e anche di formazione per i docenti”.
Prosegue l’insegnante: “Sono stati realizzati video tutorial per usare diversi applicativi e così in pochi giorni, grazie all’impegno profuso da tutti i docenti, è’ stata allestita una piattaforma didattica che normalmente avrebbe avuto bisogno di settimane di lavoro e formazione”.
“Sono state inoltre pianificate diverse misure di monitoraggio attraverso la somministrazione di questionari e interventi puntuali dei docenti – 
spiega ancora Gelli – e si è attivato un monitoraggio per la situazione degli alunni con disabilità o BES, uno per intercettare gli studenti con difficoltà’ di accesso ai sistemi digitali, e uno per avere uno sguardo d’insieme rispetto alle attività effettivamente svolte dai docenti”.
“Dai dati che abbiamo raccolto – conclude – risulta che abbiamo svolto nel complesso centinaia di ore di lezione e di attività diversificate comprese quelle finalizzate a valutare l’efficacia del nostro intervento e la qualità degli apprendimenti degli studenti”.

Miriam Pierozzi, docente d’Italiano e storia, è animatore digitale presso l’Istituto Professionale Guglielmo Marconi di Prato, una scuola con 800 studenti e 35 classi.

“Fin da subito – spiega – in pieno accordo con il collegio dei docenti e con il dirigente scolastico abbiamo convenuto che la priorità della scuola fosse quella di non interrompere il rapporto educativo con i nostri studenti. E così, fin dai primi giorni del mese di marzo 2020 abbiamo lavorato utilizzando a pieno gli strumenti offerti dal registro elettronico in uso nell’Istituto. Tramite il registro infatti abbiamo reso immediatamente disponibili per ogni classe e indirizzo di studio libri da dare in lettura, ricerche da attivare, filmati da vedere, disegni, temi, dispense, slide e presentazioni per argomenti e materie, video lezioni registrate dai nostri docenti ed esercitazioni necessarie al consolidamento dei contenuti precedentemente svolti in presenza”.
“Non abbiamo previsto un orario scolastico modellato su quello della didattica in presenza – 
aggiunge ancora la docente – perché riteniamo che non sia salutare tenere i ragazzi davanti a un computer o a un cellulare per tanto ore consecutive”.
E conclude: “Per supportare ulteriormente i ragazzi e le famiglie, abbiamo aperto sul sito della scuola uno spazio denominato ‘Continuità pedagogica – supporto a distanza’ dove i materiali didattici creati dai docenti sono messi a disposizione di coloro che volessero ulteriormente approfondire gli argomenti di studio.  E’ del tutto evidente che la ricchezza umana ed educativa della didattica in aula non può essere sostituita dalla didattica a distanza che però può comunque rappresentare uno strumento importante per accompagnare i nostri studenti in questa fase di emergenza”.

Fabio Notarantonio docente presso l’IIS Edoardo Amaldi di Roma (2mila studenti, 180 insegnanti) racconta con un certo entusiasmo la sua  esperienza: “In poco tempo sono diventato il docente più gettonato della scuola; fresco di nomina, mi sono ritrovato catapultato in un contesto dove buona parte dei colleghi (ma devo essere sincero, anche il sottoscritto) non aveva la benché minima idea di cosa fosse una diretta in streaming o un meeting”
“Nel giro di pochissimo tempo – aggiunge – ho dovuto testare diverse piattaforme, prima di poter scegliere quella più intuitiva perché molti colleghi hanno ancora difficoltà a concepire le funzionalità basiche di un PC, figuriamoci installare e configurare una piattaforma per videoconferenze”.
“Lavoriamo tutti molto – conclude – ormai la telefonata dei colleghi alle 8 di sera con l’inevitabile incipit ‘Scusa se ti disturbo’ rientra nella prassi quotidiana… Ma tutto sommato è giusto che sia così! In fondo, in questa fase, quella dell’animatore digitale è una vera e propria missione”.

Organici scuola 2020/2021, nessuna riduzione. La circolare del Miur

da La Tecnica della Scuola

E’ stata pubblicata la circolare Miur sugli organici scuola 2020/2021 per i docenti. Confermato quanto già riportato in precedenza: non ci sarà nessun calo di dotazione organica il prossimo anno.

LEGGI LA CIRCOLARE MIUR

Organici scuola: cosa si prevede

E’ previsto, per quanto riguarda gli organici scuola 2020/2021:

  • un incremento di 500 posti comuni come misura per risolvere in parte il sovraffollamento nelle classi (art. 7, comma 10-octies, decreto-legge cd. Milleproroghe);
  • un incremento di 390 posti potenziamento infanzia (art.1, comma 279, L.160/2019);
  • la stabilizzazione di 1.090 posti di sostegno spostati dall’organico di fatto dei posti comuni (art.1, comma 266, L.160/2019).

Tuttavia, c’è una leggere flessione per quanto riguarda il personale ITP: il prossimo anno ci saranno 513 posti in meno.
Inoltre, c’è anche la lieve discesa del numero di posti per laureati (184).

Complessivamente, riporta la nota, il numero dei posti di potenziamento risulta, pari a 49.202, mentre il contingente dei posti di sostegno è pari a 101.170 – comprensivo del relativo potenziamento. L’organico di fatto – tenuto conto di quanto previsto in articolo 1, comma 266 della L. 160/2019, è pari a 14.142 posti.

Organico dell’autonomia 2020/21

Il contingente dell’organico dell’autonomia, in considerazione dello stato di emergenza diffuso su tutto il territorio nazionale e della necessità di garantire un regolare avvio del prossimo anno scolastico, anche tenendo conto dei diversi scenari prospettati e delle previsioni di cui al decreto legge 8 aprile 2020, n. 22 per il recupero degli apprendimenti, è invariato rispetto all’anno scolastico 2019/2020, salvo gli aggiornamenti normativi sopra indicati.

GLI ORGANICI (TABELLE IN PDF)

POSTO COMUNE

SOSTEGNO

Esame terza media: durante il terremoto avvenne con solo colloquio

da Tuttoscuola

L’esame di maturità nel caso di non rientro a scuola dopo il 18 maggio si svolgerà soltanto mediante “l’eliminazione delle prove scritte e la sostituzione con un unico colloquio (art. 1, comma 4 lett.c)”. Il modo per svolgere il colloquio non in presenza è oggi digitalmente accessibile, sia per i commissari d’esame che per gli studenti da esaminare.

E quel che è possibile per i candidati dell’esame di maturità è certamente possibile anche per quelli dell’esame di licenza media, visto che, tra l’altro, il Parlamento, nel rispetto dell’art. 33 della Costituzione, dovrà correggere la disposizione del DL  22/2020 che ha previsto la sostituzione di quell’esame con la valutazione dello scrutinio finale integrata da un elaborato (cioè con un non esame).

Eppure, per capire che anche per l’esame di licenza si può adottare il metodo previsto per la maturità, basterebbe vedere quel che altri ministri dell’istruzione hanno ordinato nell’emergenza dei sismi degli anni scorsi, quando hanno disposto l’esame mediante un semplice colloquio.

Dalla ordinanza ministeriale n. 47 del 7 maggio 2009 – Art. 6 (Esami di Stato della scuola secondaria di primo e di secondo grado)

“I candidati all’esame di Stato per la scuola secondaria di primo e di secondo grado che si trovano nelle condizioni di cui al precedente articolo 1 (alunni dei Comuni terremotati della provincia dell’Aquila e degli altri Comuni colpiti dal sisma – ndr) sostengono soltanto il colloquio previsto dalla normativa vigente”.

Dalla ordinanza ministeriale n. 52 dell’8 giugno 2012 – Art. 4 (Svolgimento degli esami di Stato)

“I candidati agli esami di Stato per la scuola secondaria di primo e secondo grado degli istituti scolastici di cui all’articolo 1” (alunni dei comuni colpiti dagli eventi sismici delle regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto, in particolare delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo – ndr), “sostengono esclusivamente le prove orali previste dalla normativa vigente”.

Emergenza Coronavirus: l’anno che verrà. Tre scenari per la ‘Fase 2’ della scuola

da Tuttoscuola

Il premier Conte nella sua ultima conferenza stampa è stato chiaro: il lockdown è stato prolungato fino al prossimo 3 maggio. Quindi scuole ancora chiuse almeno fino a quella data, anche se ormai è difficile pensare che ci sarà davvero un ritorno sui banchi di scuola.

Se a settembre, come si teme, non ci saranno ancora condizioni di massima sicurezza sanitaria per gli studenti e gli insegnanti, l’anno scolastico 2020-2021 potrebbe iniziare, e forse anche proseguire, avvalendosi di quella Didattica a Distanza (DaD) che sia pure tra mille difficoltà ed esiti più o meno felici è stata messa in opera nella grande maggioranza delle scuole italiane nelle ultime settimane, come risulta anche da un questionario della Cisl scuola inviato a 2600 istituti. Se questa è la prospettiva occorre fin da ora riflettere su come aiutare le scuole a realizzarla al meglio. Immaginiamo tre scenari.

1. La scuola riapre

Ma per motivi di sicurezza (distanziamento) le aule possono contenere soltanto metà degli alunni (ipotesi avanzata da Roger Abravanel in un articolo sul Corriere della Sera del 7 aprile, intitolato “Una fase due anche in classe”). In questo caso non essendo immaginabile il raddoppio delle classi sia per indisponibilità di aule sia per i costi insostenibili dovuti al raddoppio anche degli insegnanti, ammesso di trovarne in numero sufficiente (fantascienza), l’unica soluzione percorribile sarebbe quella di alternare presenza e distanza per periodi di 15 giorni o un mese, ammettendo in aula il 50% degli studenti mentre l’altro 50% studierebbe a casa.
Lo si potrebbe fare in due modi diversi, uno più tradizionale, l’altro più innovativo: o trasmettendo la lezione in diretta, come si è fatto in alcune sperimentazioni di scuola in ospedale, oppure dando agli studenti dettagliate istruzioni su che cosa e come studiare (modalità flipped classroom) in vista delle lezioni in presenza, che sarebbero dedicate alle spiegazioni, agli esercizi e alle prove di valutazione. La scelta, ovviamente, dovrebbe essere fatta all’inizio dell’anno scolastico, con una programmazione di almeno quattro mesi (primo quadrimestre) eventualmente estensibile a tutto l’anno. Spetterebbe alla scuola, sulla base della disponibilità dei docenti e di una delibera del Collegio, di decidere quale dei due modelli adottare.

2. La scuola non apre fino a dicembre

In tal caso riprenderebbe la DaD con modalità certamente meno affannate e improvvisate di quelle alle quali molte scuole sono state costrette nella parte finale del corrente anno scolastico. Anche in questo caso si potrebbe operare in due modi diversi: uno più tradizionale, che consisterebbe nel “recupero” di quanto non fatto da marzo alla fine dell’anno scolastico 2019-2020 e nello svolgimento della parte iniziale dei piani di studio previsti per il 2020-2021; uno più innovativo che utilizzando appieno le tante risorse offerte dalle nuove tecnologie online e offline solleciterebbe l’autonoma capacità di apprendimento e di autovalutazione dello studente puntando su un più ridotto numero di obiettivi di apprendimento in termini di conoscenze, abilità e competenze, compensato da una forte attenzione per le loro valenze interdisciplinari, rese più evidenti dalla multimedialità di molti oggetti di apprendimento rinvenibili in internet o apprestati dagli stessi insegnanti. Si tratta di due diverse metodologie formative, da sottoporre anche in questo caso alla valutazione e decisione dei Collegi, essendo la disponibilità dei docenti essenziale per il successo dell’uno o dell’altro modello.

3. La scuola non apre per l’intero anno scolastico 2020-2021

Ipotesi improbabile, ma che se si dovesse concretare, configurando un homeschooling di massa per un anno intero, implicherebbe a mio avviso decisioni di radicale ripensamento della didattica, e prima ancora degli ordinamenti, da assumere in corso d’anno: durata degli studi, da diminuire subito da 13 a 12 anni riducendo a 4 gli anni di scuola secondaria superiore; obbligo scolastico/formativo a 18 anni; essenzializzazione delle indicazioni nazionali e delle Linee guida con l’indicazione di obiettivi interdisciplinari affidati alla responsabilità dei docenti (curriculum enrichment) con largo ricorso a piattaforme e prodotti multimediali; eliminazione delle bocciature attraverso la personalizzazione dei percorsi e l’adozione di criteri valutativi non selettivi (del tipo delle classificazioni del Quadro comune europeo delle conoscenze linguistiche – CEFR); didattica blended, con riduzione delle attività in presenza, sviluppo del cooperative learning e valutazione formativa continua, estesa alle competenze personali e sociali (soft o character skills) come la capacità di interagire con gli altri, la capacità di affrontare e risolvere problemi, la creatività, il pensiero critico, la stabilità emotiva e soprattutto la capacità di imparare a imparare. Una grande riforma, insomma, per rispondere a una grande sfida.
La principale resistenza a una prospettiva di questo genere verrebbe non dalle scuole e dagli insegnanti, che anche in occasione delle recenti vicende legate al Coronavirus hanno dimostrato grandi capacità di adattamento, disponibilità all’innovazione, creatività, come sta mostrando anche il viaggio di Tuttoscuola tra le scuole innovative (La scuola che sogniamo) ma dal sistema politico italiano, che non appare in grado di sostenere una riforma di questa portata con quella ampia convergenza bipartisan che sarebbe necessaria per renderla operativa in tempi rapidi. Forse, però, si potrebbe pensare a una importante sperimentazione nazionale affidata a un significativo numero di scuole dotate, per questo, di un’autonomia rafforzata.

Un’ultima considerazione a proposito di scenari. L’OCSE pubblicò nel 2001 uno studio nel quale venivano delineati tre possibili scenari per il 2020. Il primo era quello della conferma dello status quo: mantenimento di un forte controllo burocratico sul sistema (curricoli, formazione e accesso alla professione, finanziamento) da parte di autorità pubbliche, con conseguente stabilità, accompagnata però da una probabile carenza di docenti.

Il secondo scenario era quello della riscolarizzazione, cioè di un forte sviluppo del ruolo dei sistemi scolastici in termini strategici, sostenuto da adeguati investimenti.

Il terzo scenario era infine quello della descolarizzazione, cioè dello smantellamento dei sistemi formali di istruzione e formazione, sostituiti da reti cooperative (learning networks) gestite dalle comunità locali, o da una forte competizione tra agenzie formative e altri soggetti operanti in una logica di puro mercato. Questo terzo scenario, secondo gli analisti dell’OCSE, avrebbe potuto portare a smantellare la scuola, in particolare quella pubblica, approdando a modelli mai sperimentati e con imprevedibili conseguenze a livello sociale e culturale.

I Paesi dell’area OCSE in questi vent’anni si sono mossi all’interno dei primi due scenari, con alcuni, come l’Italia, collocabili sostanzialmente nel primo, e altri, come la Corea del Sud e la Finlandia, nel secondo. Solo gli USA, dove già nel 2001 era già abbastanza diffuso lo homeschooling, si sono per certi aspetti avvicinati al terzo scenario. In quel Paese lo sviluppo iperbolico delle tecnologie digitali e di internet, e ora l’epidemia in corso, hanno favorito l’ampliamento dell’istruzione familiare individualizzata, alle cui risorse stanno ricorrendo ora anche molte scuole pubbliche per realizzare la didattica a distanza. Le imprese che producono materiali per l’homeschooling e forniscono anche la relativa assistenza mediante reti di tutor didattici e altri esperti sono in forte espansione. Si andrà verso un sistema molto variegato, considerata la larga autonomia di cui dispongono i distretti, soprattutto nelle grandi città, e le stesse scuole.

In Europa e in Italia la scuola pubblica e quella finanziata con risorse pubbliche, superato lo shock del Coronavirus, adotteranno comunque in misura crescente metodologie e strumenti della didattica a distanza ma è improbabile, almeno nel breve e medio periodo (10 anni), che i governi nazionali rinuncino al governo strategico dei sistemi educativi, consentendo a soggetti esterni (mercato, grandi imprese leader nel web come Microsoft, Google, Facebook, Amazon) o alle scuole private non finanziate di diventare una reale alternativa ad essi.