Esiti Esami di Stato A.S. 2018-2019

Ministero Istruzione
Ufficio Gestione Patrimonio Informativo e Statistica


#Maturità2019, gli esiti dell’Esame di Stato del 2019

Anche con l’Esame del 2019, il primo sostenuto con la nuova normativa, si conferma un lieve aumento degli studenti ammessi alle prove (il 96,1% degli scrutinati, rispetto al 96% del 2017/2018) e dei diplomati totali, il 99,7% rispetto al 99,6% dell’anno scolastico precedente.

Le Regioni con più studenti ammessi: Valle d’Aosta, Molise, Basilicata
In tutte le Regioni la percentuale di diplomati è stata superiore al 99%. Per quanto riguarda gli ammessi all’Esame, le Regioni con la percentuale più alta sono state Valle d’Aosta (99,9%), Molise (98%), Basilicata (97,6%), a fronte del 96,1% nazionale. In coda, Toscana (95,2%), Liguria (94,4%), Sardegna (91%).

Confermato l’aumento dei diplomati con lode, diminuiscono i 60
Continua ad aumentare la percentuale di ragazze e ragazzi che conseguono il diploma con lode e diminuiscono i voti più bassi. I 100 e lode sono stati nel 2019 l’1,5% (erano l’1,3% l’anno precedente). I 100 sono stati il 5,6% (nel 2017/2018 erano il 5,7%). I voti fra 91 e 99 sono saliti dal 9 al 9,7%. Gli 81-90 sono scesi al 16% (erano il 19,6%). I voti 71-80 sono, secondo i dati pubblicati, il 28,7% (erano il 28,9% nel 2017/2018). I 61-70 salgono dal 27,7% al 31,4%. I diplomati con il minimo dei voti, 60, sono diminuiti dal 7,8% al 7%. In media gli studenti si sono diplomati con un voto finale pari a 73,3.

Oltre il 10% dei diplomati nei Licei consegue il massimo dei voti (il 2,5% raggiunge la lode). Tra i vari indirizzi liceali, il 18% dei diplomati del Classico   ottiene un voto tra 100 e 100 e lode, ma i più “bravi” sono i diplomati nelle tre articolazioni del Liceo scientifico (le lodi sono il 6%).

In aumento i voti alti anche nei Tecnici, mentre risulta piuttosto stabile la quota dei più bravi tra i diplomati degli indirizzi Professionali, che vedono tuttavia diminuire le votazioni minime (9,6% dei diplomati totali negli indirizzi Professionali).

Gli esiti del Primo ciclo dell’anno 2018/2019

L’Esame di Stato
Per la Secondaria di I grado, il tasso di ammissione all’Esame è stato, l’anno scorso, del 98,2% (erano stati il 98,3% gli ammessi dell’anno precedente). Degli ammessi alle prove, il 99,8% ha superato con successo l’Esame (confermando il dato degli ultimi quattro anni).

Mediamente, i risultati regionali sono in linea con i valori nazionali. La variabilità maggiore è sui tassi d’ammissione. in Sardegna, Valle d’Aosta e Sicilia è stata ammessa una percentuale di studenti inferiore rispetto al dato nazionale (rispettivamente -1,1%, -1% e -0,9%). Un tasso d’ammissione più alto si riscontra in Basilicata (+0,9%) e in Trentino-Alto Adige (+0,8%).

Tra i promossi, oltre uno studente su due (52%) ha conseguito un voto tra 7 e 8. I 10 e lode sono stati il 4,2%, i 10 il 5,6%; i 9 il 17,1%; gli 8 il 24,1%; i 7 il 27,9%; i 6 il 21,1%. Le studentesse si confermano le più brave. Il tasso di promozione tra le ragazze è stato del 99,9% (99,8% tra gli studenti maschi) e la percentuale di studentesse è superiore nei voti al di sopra del 7.

Gli scrutini intermedi
Gli scrutini del I e II anno confermano, mediamente, i dati degli anni precedenti: sono stati ammessi alla classe successiva, rispettivamente, il 97,8% e il 98% degli studenti scrutinati. Nel complesso, la percentuale di promossi è scesa dello 0,2%

Uno studente privilegiato

Gentile Ministra Azzolina,

sono uno studente privilegiato. Mi definisco in questo modo perché la mia situazione famigliare è positiva, perché ho a disposizione smartphone, pc e rete internet, perché ho un buon metodo di studio e sono sempre andato molto bene a scuola.

Da qualche settimana partecipo alla gestione di una pagina Instagram (nomaturità2k20) e Twitter (studentiad2020) insieme ad alcuni amici. Inizialmente avevamo creato la pagina per contestare quanto era stato deciso sull’esame di maturità, senza sperare di ottenere grandi risultati, ma più per poter dire di avere provato a cambiare le cose.

Ma poi le cose sono cambiate davvero.

Crescevano i nostri contenuti (articoli, news, esperienze) e crescevano le nostre visualizzazioni, fino a diventare migliaia. Moltissimi hanno iniziato a scriverci raccontandoci le loro esperienze riguardo la didattica a distanza, di fatto senza che lo chiedessimo. Ho letto storie che mi hanno sollevato, colpito, turbato. Ho capito che quello che io e i miei amici stavamo facendo non era più un inutile sfizio; era un dovere: il dovere di dare voce a chi si fida di noi, a chi ci vede come un punto di riferimento, a chi ci ringrazia ogni giorno per il poco che stiamo facendo.

E’ stato a quel punto che ho capito di essere uno studente privilegiato.

“Due famigliari sono morti di Covid. Siamo due fratelli con una connessione scarsa”.

“Siamo in sei in una casa piccolissima, non ho una stanza personale, né un angolo tranquillo dove seguire le videolezioni”.

“Mio papà è un medico e non lo vedo da più di un mese. Si isola per proteggermi”.

“Mia mamma lavora. Non è facile seguire le lezioni perché devo badare alla mia sorellina di due anni”.

Sono solo alcune delle testimonianze che ci arrivano dai nostri seguaci maturandi. Sentire queste storie fa male. E fa ancora più male sapere che non stanno arrivando a Lei, signora Ministra.

La didattica a distanza ha molti problemi, ma è anche un grande strumento. E’ stato stupefacente il modo in cui, fin dall’inizio e senza esitare, molti insegnanti hanno condiviso contenuti e videolezioni con noi studenti. Tuttavia molti altri non l’hanno fatto. La didattica a distanza è stata resa obbligatoria solo dall’8 aprile. Ci sono classi che potenzialmente per quarantatre giorni non hanno svolto una sola lezione. I fondi per i dispositivi digitali stanno arrivando, ma ci sono studenti che per più di cinquanta giorni non si sono potuti connettere nemmeno una volta.

L’unica soluzione per questo problema è l’acquisto di dispositivi. Si tratta, però, di un’azione che non è in grado di eliminare il gap didattico creatosi in questo periodo. L’unico modo per colmarlo è quello di utilizzare il tempo che sarebbe necessario per preparare l’esame dedicandolo al completamento del programma scolastico. In tal modo arriveremmo preparati all’università o ad un futuro impiego.

Come si può fare un esame se non si è stati in grado di garantire il servizio scolastico per più di un mese?

L’esame concepito dal decreto scuola vede diverse possibilità. Quella del rientro entro il 18 maggio è ormai stata esclusa da molti. La prova sarà quindi unica e orale. Ci sono presidi che stanno facendo perdere mattine intere di videolezione per svolgere simulazioni della prima prova d’esame quando questa evidentemente non si farà: per favore, Ministra, lo dica chiaramente.

La prova orale si svolgerà molto probabilmente online. Infatti, anche potendo ipotizzare di essere giunti, nel frattempo, alla “fase 2” della “convivenza con il virus”, sarebbe assurdo mettere a rischio la vita di insegnanti e collaboratori scolastici (oltre che delle loro famiglie) contagiabili da studenti potenzialmente asintomatici.

L’esame orale è di per sé incompleto. Online lo è ancora di più.

Abbiamo fatto sondaggi su Instagram, raccogliendo i motivi per i quali gli studenti pensano che l’esame non si dovrebbe fare:

non tutti hanno a disposizione i mezzi per svolgere videolezioni, interrogazioni e esame online, molti studenti sono contagiati o in lutto, questo esame non è meritocratico, manca il confronto diretto tra studente e commissione.

Preparare l’esame porta via tempo alla didattica a distanza. Nemmeno i migliori insegnanti riusciranno a portare a termine il programma didattico di questo passo. Usiamo questo tempo per finire il programma e arrivare più preparati all’università o al nostro futuro impiego.

Stanchi di criticare e basta, abbiamo provato a proporre vie alternative. Abbiamo elaborato una proposta alternativa all’esame che, lo dico sinceramente, non sappiamo quanto possa essere reale, ma riguardo la quale gradiremmo avere una Sua risposta: eliminato il colloquio orale, valutazione sulla base della media degli ultimi tre anni (media moltiplicata per 10) e bonus di 0-10 punti (compresa la lode) attribuito dalla commissione interna considerando percorso scolastico, miglioramenti, impegno, didattica a distanza, alternanza scuola-lavoro e partecipazione dello studente. No al “6 politico”.

In questo modo vogliamo valorizzare l’aspetto meritocratico. Aspetto che potrebbe essere messo a rischio da un colloquio orale con il quale ci si giocano 60 punti e che avviene dopo un periodo di studio pressoché individuale e una situazione di straordinaria emergenza per tutto il popolo italiano.

Parlo di 60 punti perché rappresentano una delle questioni fisse che i nostri followers ci pongono.

Ministra Azzolina, nell’intervista che ha rilasciato a TPI ha affermato: “Io leggo tutto quello che arriva, anche le cose più critiche, per capire ogni giorno come muoversi”.

Però sembra proprio che non abbia visto ciò che Le abbiamo scritto noi. Le rivolgo alcune tra le domande che più frequentemente i Suoi studenti si pongono. Spero di poter avere, questa volta,  risposte chiare e sincere. Non lo chiedo per me (studente privilegiato), ma per tutti gli studenti italiani in difficoltà.

L’esame sarà ufficialmente online?

Si potrà portare una tesina?

Il voto sarà composto dai crediti accumulati negli ultimi tre anni e da quelli ottenuti con il colloquio orale. L’orale quindi vale 60 punti?

Perché i privatisti devono svolgere l’esame a settembre? Tutto ciò creerebbe notevoli problemi per il loro accesso alle università.

Lei ha confermato che con la didattica a distanza non si arriva al 100% degli studenti. Quell’1% o più che non è stato raggiunto, come potrà svolgere l’esame?

La nostra proposta è realizzabile? Se no, perché?

Quali sono i problemi che comporterebbe l’eliminazione dell’esame?

Il Sottosegretario all’Istruzione De Cristofaro ha detto: “la pandemia non rende possibile fare i concorsi come non è possibile svolgere gli esami di maturità tradizionali e penso che per quest’anno bisogna pensare meccanismi diversi”. Il nostro meccanismo non è il migliore per tutti?

E’ vero, #lascuolanonsiferma. Non facciamola fermare per un esame incompleto e superfluo. Facciamo continuare l’istruzione, facciamo proseguire la didattica a distanza, costruiamo la nostra cultura invece di preoccuparci di verificarla nel modo sbagliato.

Se ha letto questa lettera, La ringrazio. La ringrazio davvero.

Studente privilegiato

– Twitter: @studentiad2020
– Instagram: @nomaturità2k20 – STUDENTI A DISTANZA
– email: studentiadistanza2020@gmail.com

Avviso 18 aprile 2020, AOODGOSV 6063

Ministero dell’Istruzione
Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione Direzione generale per gli ordinamenti scolastici e la valutazione del sistema nazionale di istruzione

Rinvio adesioni al 21° Bando di concorso MIUR – Assocalzaturifici a.s. 2019-2020 – “Contro il riscaldamento globale servono idee fresche”

A seguito dell’emergenza sanitaria e per non vanificare i lavori di studenti e docenti sono posticipate le date di adesione e consegna lavori del bando di concorso Assocalzaturifici-MIUR “Contro il riscaldamento globale servono idee fresche”: per quanto riguarda l’adesione la nuova data di scadenza è il 30 settembre 2020, mentre la consegna dei lavori è da effettuare entro il 30 novembre 2020.

Il concorso è stato bandito con nota prot.n. 18450 del 3 settembre 2019, ed è destinato agli alunni delle scuole di ogni ordine e grado, nonché agli studenti frequentanti i corsi ITS, IFTS e Agenzie formative specializzate nei corsi post diploma e post laurea a orientamento moda e calzaturiero; verranno premiati i migliori progetti ed elaborati su argomenti attinenti la calzatura.

Il Direttore Generale
Maria Assunta Palermo


Coronavirus e caso Svezia

Coronavirus e caso Svezia

di Carlo Ruta

Sembra che il caso Svezia stia diventando davvero imbarazzante. Si insiste ad accusare il governo del socialdemocratico Stefan Löfven di condotte irresponsabili e perfino vergognose. Ma in realtà quello svedese rimane un punto di vista che se valutato senza facili compiacimenti e senza demonizzazioni, può fornire elementi utili alla comprensione di quel che accade realmente.

Occorre precisare per prima cosa che l’atteggiamento svedese non ha nulla d’inspiegabile, anzitutto sotto il profilo storico. Appare in linea infatti con le tradizioni lunghe di popolazioni nordeuropee che in diversi contesti epocali hanno affrontato situazioni estreme, non di rado catastrofiche, dando prova di una temerarietà inusuale, senza perdere tuttavia quell’ethos solidale che ha permesso loro di resistere, mantenere i propri caratteri identitarî e raggiungere perfino traguardi importanti. Si pensi, ad esempio, alle grandi migrazioni scandinavo-germaniche di età antica e tardo antica, che interagirono fortemente con la vicenda romano-imperiale e poi ricostruttiva dell’Europa mediterranea. Si pensi, ancora, alle imprese marinare vichinghe dell’età di mezzo, che, non meno temerarie, ebbero tra l’altro un ruolo di prim’ordine nel progresso delle culture materiali, nautiche in primo luogo, nell’esplorazione di varie aree dell’ecumene e negli scenari politici europei di quelle epoche. Il riferimento storico finisce comunque qui perché solo i fatti di oggi possono dire qualcosa sui paradigmi di contrasto al coronavirus e sulle loro conseguenze.

Esplosa l’emergenza Covid 19, il governo svedese ha deciso di non ricorrere a misure severe di limitazione delle libertà individuali, adottate, oltre che dalla Cina, da numerosi paesi, a cominciare dall’Italia, primo grande focolaio europeo dell’infezione. Ha deliberato, in particolare, l’amministrazione di Stefan Löfven, la chiusura di scuole di diverso ordine e grado, ha deciso di porre delle limitazioni per evitare gli affollamenti, ha suggerito poi una serie di regole di condotta, ma qui si è fermato, confidando, per il resto, nel senso di responsabilità dei cittadini. E da questa opzione ha avuto origine la campagna denigratoria in atto, che davvero, dando una scorsa ai numeri, dimostra di non avere alcun appiglio.

La situazione svedese viene presentata, in Italia in particolare, ed è un paradosso, come una catastrofe assoluta, una situazione finita del tutto fuori controllo, che ha causato un numero spropositato di contagi e di morti. Si grida perciò allo scandalo morale, di uno Stato che starebbe sacrificando la vita dei propri cittadini per salvaguardare l’economia. In realtà, occorre dirlo con chiarezza, i dati emergenti vanno in altra direzione. I morti risultano essere circa 1.200, su 10 milioni circa di abitanti: un numero di certo significativo, che tuttavia risulta piuttosto contenuto se confrontato con quello di altri paesi del Continente in cui è stato decretato l’isolamento sociale, il cosiddetto lockdown. L’Italia, con i suoi oltre 60 milioni di abitanti, conta, secondo i dati del 16 aprile, oltre 21.000 morti, cioè, in rapporto alla popolazione, una cifra tre volte superiore a quella svedese. La Spagna presenta una situazione analoga, con oltre 17.000 morti da contagio, su 47 milioni di abitanti, e nella stessa direzione si muovono Regno Unito e Francia. Particolarmente istruttivo è poi, tra i paesi del Nord Europa in cui vige un severo lockdown, il caso del Belgio, che, con oltre 5.000 morti su appena 11 milioni di abitanti, registra un dato quattro volte superiore a quello svedese, senza suscitare alcuno scandalo morale.Appare infine risibile il confronto che viene operato, per dare slancio al presunto «scandalo svedese», con altri paesi scandinavi, quando appare ben chiaro che il contagio si sta manifestando ovunque in maniera disomogenea, da regione a regione, da paese a paese, perfino all’interno dei paesi. Il Belgio presenta un quadro epidemico devastante al cospetto degli altri Paesi Bassi, pur avendo adottato tutti misure analoghe di contenimento. La Lombardia presenta una vera e propria ecatombe rispetto alla regione laziale, pur sottoposte entrambe alle stesse misure di isolamento sociale. Allora, è il caso di chiedersi, pensosamente: perché non si pone fine a questo insulto continuato?

Scuola, i concorsi per i docenti si faranno in agosto e a ottobre

da la Repubblica

La ministra dell’istruzione procede in solitudine e invia i bandi ai sindacati: 48.500 mila posti in ruolo, assunzioni retrodatate. Maggioranza spaccata. Attesi 240 mila candidati in tutta Italia. La Cgil: “Pronti ad azioni”. La Azzolina: “Se dovessi riscrivere il decreto per un anno nessun insegnante in ruolo”

di CORRADO ZUNINO

ROMA – I contestati concorsi per 48.500 docenti si faranno, la ministra Lucia Azzolina va avanti da sola. Il ministero, dopo un irreale incontro a distanza avvenuto questa mattina alle dieci, ha fatto pervenire ai sindacati i bandi per posta certificata. Il grande concorso ordinario da 24 mila posti per tutti i cicli scolastici – infanzia, primaria, secondaria di prima e secondo grado – riceverà le domande di partecipazione dei candidati dal 15 giugno al 31 luglio e si svolgerà, nelle intenzioni della ministra, a inizio ottobre. Test a crocette per la gigantesca prova selettiva, i computer installati in sedi regionali tutte da trovare e, oggi, difficili solo da immaginare. La prova straordinaria per le superiori e, insieme, la procedura abilitante – sono altri 24.500 mila posti – prevedono invece l’invio delle domande dal 28 maggio al 3 luglio e, secondo la ministra, si potrà svolgere anche ad agosto.

La maggioranza è spaccata (Cinque Stelle quasi tutti favorevoli, renziani possibilisti, Pd e Leu contrari). Il sottosegretario Giuseppe De Cristofaro e la viceministra Anna Ascani spingono per la soluzione “concorsi facilitati” senza prove pubbliche, i sindacati chiedono una procedura per titoli e anzianità. Così anche i precari interessati. Il Consiglio superiore dell’istruzione ha espresso diversi “no”: inascoltato. Oggettivamente la situazione per un impegno in presenza su tutto il territorio nazionale appare complicata, oggi e in prospettiva. Nelle due prove, infatti, si stima una presenza tra 180 e 240 mila candidati.

La ministra grillina ha voluto tenere il punto. A settembre i docenti vincitori non saranno in cattedra, ma il ministero ha pronta una procedura che consentirà – a partire dal primo autunno – un’assunzione retrodatata. Si entra in servizio successivamente, si viene pagati da settembre.

“Un’ossessione inspiegabile”

La videoinformativa sui bandi è stata preceduta dall’ultimo tentativo di accordo in maggioranza: fallito. All’incontro in remoto con i sindacati non si sono presentati i segretari generali di settore. Il capodipartimento Max Bruschi ha provato a illustrare il decreto ministeriale ai delegati, ma è stato interrotto in maniera tranchant dal rappresentante della Cisl: “Ci invii le carte, grazie”. Inviate, “a mero titolo conoscitivo”. I rapporti governo-confederali sono tesissimi, ormai. Il segretario della Flc Cgil, Francesco Sinopoli, nel corso di una videoconferenza sulla didattica a distanza, ieri ha detto: “La direzione di questo ministero è inadeguata, l’ostinazione della ministra incomprensibile. Il nostro dissenso su tutta la linea intrapresa, concorsi, graduatorie, mobilità, è totale e lavoreremo per farla cambiare. Siamo pronti a ogni forma di lotta possibile nelle condizioni date dal momento storico, la prossima settimana con duecento delegati decideremo quale sarà”. La segretaria della Cisl scuola, Maddalena Gissi: “Il concorso arriva fuori tempo massimo, per il reclutamento servono misure straordinarie. Se la ministra persegue questo percorso, a settembre ci sarà un numero spropositato di supplenti. E’ inspiegabile la scelta sui posti di sostegno: l’offerta è nettamente superiore al numero di chi oggi ha un titolo di specializzazione”.

Voto “sette” come minimo

Il concorso ordinario assegna a titoli e anzianità 20 punti e prevede una prova selettiva se i candidati saranno quattro volte superiori ai 24 mila posti destinati: sarà svolta al computer con risposte crocettate su domande di logica, cultura generale, normativa scolastica. La prima prova scritta (da sviluppare in due ore) varrà 40 punti al massimo e minimo 28 (serve, quindi, un “sette” per superarla). Ci sarà, a seguire, una prova pratica (con tempo a disposizione, a seconda della classe di concorso, tra 8 e 10 ore): anche questa vale fino a 40 punti, la sufficienza è sempre a quota 28. Chi passerà le due prove andrà all’orale, 45 minuti al massimo: la valutazione resta compresa tra 28 a 40.

Il concorso straordinario abilitante prevede l’assunzione nella scuola secondaria statale (medie e superiori) per l’Anno scolastico 2020/’21. E’ riservato a tutti gli insegnanti con un’anzianità di servizio di almeno tre anni, anche sul sostegno, di cui uno nella classe di concorso per la quale affronteranno la selezione. Per l’idoneità gli aspiranti docenti dovranno ottenere una votazione minima di 28 punti in una prova scritta computer based. I vincitori andranno subito in cattedra e saranno ammessi a sostenere un anno di prova che sarà rinforzato con una formazione universitaria mirata per 24 crediti formativi universitari. L’anno si concluderà con un colloquio di verifica in cui bisognerà conseguire il punteggio minimo (i 7/10), altrimentri il ruolo non sarà confermato. I vincitori del concorso dovranno restare almeno cinque anni nella sede di prima assegnazione per assicurare la continuità didattica.

I docenti che risulteranno “idonei”, ma non collocati in posizione utile per la nomina in ruolo, potranno abilitarsi all’insegnamento nella classe di concorso per la quale hanno partecipato e sosterranno una prova orale (sempre con un punteggio minimo di 7/10) e un anno di formazione per l’acquisizione di 24 crediti formativi universitari. Poi potranno partecipare a nuovi concorsi.

La ministra Azzolina in un incontro di maggioranza di due giorni fa aveva fatto notare che quello che i sindacati definiscono “un puntiglio” deriva dal fatto che cambiare le regole in corsa adesso significherebbe riscrivere tutto e non avere nuovi docenti di ruolo per il prossimo anno scolastico: “Io applico la legge”. I due concorsi più l’abilitazione hanno avuto fin qui un percorso lungo, che ha attraversato quattro ministri. Il leghista Bussetti ne valutò due versioni. La firma con i sindacati arrivò lo scorso 19 dicembre, del ministro Lorenzo Fioramonti.

Il prossimo 18 maggio decadrà il decreto d’urgenza che blocca lo svolgimento dei concorsi. E In extremis la ministra ha riconvocato i sindacati, per lunedì.

Coronavirus, Azzolina: “Riaprire le scuole ora vanificherebbe gli sforzi”

da la Repubblica

Ilaria Venturi

Ormai è un dato di fatto, manca solo la formalizzazione. Ma a maggio la scuola non riaprirà. L’orientamento della ministra Lucia Azzolina è ribadito nella sua pagina Facebook: “A giorni il governo prenderà una decisione, ma a mio avviso riaprire ora le scuole, per poche settimane, mentre il Paese conta oltre 500 morti al giorno per il coronavirus, rischierebbe solo di vanificare gli sforzi fatti – scrive stamattina – Dobbiamo fare ancora qualche sacrificio per poter tornare a scuola nello stesso modo in cui ci andavamo prima”. Si apre dunque lo scenario di ripresa a settembre, con conseguenze immediate sugli esami di Stato: un unico orale per la Maturità e una tesina, con valutazione del consiglio di classe, per i ragazzi di terza media.

Maturità ed esame di terza media

L’ipotesi di non rientro entro il 18 maggio fa scattare il piano B: un unico orale per i candidati all’esame di Stato. Il ministero all’Istruzione lo vorrebbe in presenza e su questo stanno lavorando in viale Trastevere. Diversa la strada indicata nel decreto per l’esame di terza media. I ragazzi dovranno consegnare una tesina e saranno i consigli di classe a fare una valutazione.

La valutazione: no al 6 politico, ma tutti promossi

No al 6 politico, su questo il ministero tiene il punto. Ma tutti gli studenti saranno ammessi all’anno successivo e alla Maturità. I voti ci saranno e differenziati. Ma senza bocciature e rimandati. Chi ha insufficienza dovrà recuperare. Una ipotesi è un rientro dal primo settembre per chi ha “debiti” formativi.

La ripartenza a settembre. Le Regioni: la ministra ci coinvolga

Lo scenario che si apre, indicato oggi dalla stessa ministra, è dunque dell’avvio a settembre. In che modo? Sarà una commissione di esperti a indicare la strada. Il decreto parla di avvio della scuola dal primo settembre per i recuperi. Mentre il calendario di inizio lezioni sarà deciso dalle regioni. E qui c’è già polemica. Nella task force per organizzare la ripartenza del nuovo anno scolastico “non siamo stati coinvolti”, contesta Cristina Grieco, assessore regionale in Toscana alla Scuola e coordinatrice degli assessori regionali all’Istruzione in Conferenza delle Regioni. Oggi ha scritto alla ministra per avere un nuovo incontro. Servono decisioni sul calendario scolastico – spiega – bisognerà che questa cosa enorme che ci è piovuta addosso sia spalmata in tutto il prossimo anno scolastico. E’ impensabile pensare che in una o due settimane si possano recuperare i crediti e le lacune che si sono formate. La didattica a distanza rischia di tenere indietro i più fragili, chi non ha una famiglia in grado di accompagnarlo in un percorso, chi si trova in situazioni di disagio, chi ha handicap: in una settimana non credo si possa pensare di risolvere la situazione. Aspettiamo che la ministra ci coinvolga”.

Ad oggi s’immagina una scuola che riparte in presenza, ma è probabile che la didattica a distanza non sarà abbandonata, anzi potrà essere fondamentale. “E intanto dobbiamo sostenere studenti e docenti nella didattica a distanza. E soprattutto aiutare le famiglie in questa fase così impegnativa” assicura Azzolina. Sul tavolo l’ipotesi di doppi turni. “Lo vedremo. Io non escludo niente. La priorità è cercare di tornare a scuola, la didattica a distanza ha obiettivamente dei limiti e la socialità è un elemento centrale della scuola. Ma bisogna farlo in sicurezza” ha ribadito Giuseppe De Cristofaro, sottosegretario all’Istruzione,

La task force per la riapertura guidata da Bianchi

Sarà Patrizio Bianchi, l’ex rettore di Ferrara ed ex assessore all’istruzione lavoro e sanità della regione Emilia Romagna, a guidare la commissione sulla riapertura a settembre della scuola. Un comitato snello dove entreranno pedagogisti, docenti, presidi ed esperti del mondo sanitario e del digitale. “Si crei una specifica task force, mettendo assieme varie competenze, ma anzitutto pedagogisti, psicologi dell’età evolutiva, tecnici dell’apprendimento, esperti di politica scolastica – l’appello del pedagogista Daniele Novara – per costruire un impianto che sia adeguato ai bisogni dei bambini, i soggetti più fragili, e a sostegno delle famiglie e dei genitori. Non è auspicabile che il sistema delle riaperture venga gestito unicamente con circolari e protocolli usciti dagli uffici ministeriali. Occorre una consultazione, benché rapida, che valga una scommessa che attiene al nostro futuro”.

I concorsi

La maggioranza su questo è spaccata. Leu, in particolare, chiede una selezione per titoli e un orale, considerando che sono insegnanti con anni di precariato alle spalle. La ministra Lucia Azzolina ha sempre tenuto il punto: no a sanatorie. E vuole procedere con il concorso straordinario e ordinario per mettere in cattedra 49 mila docenti di medie e superiori. L’iter è già definito dal decreto di dicembre scorso del suo predecessore Lorenzo Fioramonti. L’intenzione è bandire questi due concorsi entro il 30 aprile con l’assunzione da settembre (retrodatata dal punto di vista giuridico se le prove non si riescono a fare prima dell’inizio dell’anno scolastico ma slittano a ottobre). “I precari li voglio assumere adesso” ha ribadito anche nell’ultimo incontro di maggioranza la ministra.

Nuovi direttori scolastici

Rocco Pinneri in Lazio, Ettore Acerra in Liguria, Augusta Celada in Lombardia e Stefano Suraniti in Sicilia sono i nuovi direttori generali degli uffici scolastici regionali. L’iter delle nomine si è concluso per coprire posti vacanti da tempo. “C’è bisogno di loro sui territori. Da troppo tempo questi posti erano scoperti. Finalmente questi uffici avranno una guida. Oggi più necessaria che mai, in questo particolare momento di emergenza” il commento della ministra Azzolina.

Coronavirus, la scuola a distanza è cresciuta: 4,4 milioni di lavori digitali scaricati

da la Repubblica

Corrado Zunino

– La didattica a distanza è cresciuta rapidamente: aiuta la diffusione dei libri e sta uscendo dal suo spazio di surroga della lezione in classe.

L’Associazione italiana editori in tempi di quarantena, e di librerie aperte a singhiozzo, ha realizzato un lavoro sul periodo 24 febbraio-7 aprile, il progressivo lookdown, a proposito dei comportamenti didattici di discenti e docenti. Quel lavoro dice che uno studente su tre, in questi quarantacinque giorni di lezioni a distanza, ha scaricato un nuovo ebook: sono due milioni, adesso, e raddoppiano quelli acquisiti nel corso dell’anno scolastico. Ancora, 691 mila docenti (su 900 mila) hanno seguito almeno un seminario in rete (webinar) erogato gratuitamente dagli editori scolastici, Gratuitamente, ecco. Per ora la spinta che arriva ai produttori e venditori di libri dalla scuola fatta da casa, l’istruzione in emergenza, non si traduce in nuovo fatturato, ma l’indicazione è chiara: se il Paese accelererà – per necessità, crescita culturale, per maturazione tecnologica il suo viaggio verso la lettura e l’educazione online -, la risposta di studenti e docenti arriverà. Meglio, esiste già, visto che il monitoraggio dell’Aie dice che sono stati 4,4 milioni i lavori digitali scaricati nella finestra considerata.

Le case editrici scolastiche, che rappresentano l’87 per cento del mercato librario, spiegano che ancora oggi il lavoro sui libri di carta resta il cuore della didattica a distanza. In questo momento nelle camere di 6,7 milioni di studenti italiani – dalla primaria alle superiori – ci sono 2,6 milioni di libri di testo solo cartacei, 37 milioni in versione cartacea e digitale e 463 mila, per ora un dato residuale, in versione unicamente digitale.

L’emergenza Covid-19 è è diventato un acceleratore di sapere, domani di spesa. Nella scuola primaria un alunno su cinque (il 21 per cento) ha scaricato il libro di testo in versione digitale. Alle medie lo ha fatto il 38 per cento degli studenti e la percentuale scende al 34 per cento nella secondaria di secondo grado. A questi valori vanno aggiunte le versioni sfogliabili dei libri di testo messe a disposizione – sempre gratuitamente – dagli editori pro tempore per aiutare, per esempio, le famiglie i cui figli avevano lasciato i libri a scuola.

I materiali didattici integrativi (file word di approfondimento, presentazioni power point, mappe attive digitali, esercizi) a cui hanno avuto la possibilità di accedere gli insegnanti e studenti sono 1.949.000: 13.100 per materia nella scuola primaria, 30.800 per disciplina alle medie, 17.900 per argomento nella secondaria di secondo grado. Sono 372 mila i test on line scaricati dai docenti per trovare riferimenti utili alla valutazione dei ragazzi, 99 mila i video didattici consultati

n una classe su due (46 per cento) c’è almeno una materia insegnata attraverso lo strumento della classe virtuale. Il valore sale al 54 per cento alle medie e all’86 nelle secondarie. In questi giorni gli editori hanno ricevuto 12 mila telefonate al giorno, 25 al minuto, da genitori e insegnanti bisognosi di aiuto.

“Ci dobbiamo attrezzare per settembre”

Giovanni Bonfanti, presidente dell’Associazione editori, dice: “Il solo utilizzo del digitale non può essere l’unico metodo di apprendimento, lo dicono diverse ricerche, anche all’estero. Molti docenti ce lo sottolineano: “Usiamo anche la carta”. Per alcune discipline il libro resta lo strumento di apprendimento migliore. A lungo la versione digitale delle opere scolastiche non è stata utilizzata, in questa settimane la crescita del suo uso è forte. Dobbiamo guardare a settembre e trasformare sempre più il prodotto cartaceo in un doppio dispositivo, soprattutto per i ragazzi con bisognosi educativi speciali”.

La scuola a distanza è decollata, con i suoi limiti. Un secondo monitoraggio, questo periodico, di Skuola.net spiega che nove studenti su dieci la seguono, due su tre hanno conosciuto interrogazioni e verifiche. Negli istituti superiori, oggi, oltre sette studenti su dieci si collegano con i propri professori sfruttando le piattaforme più evolute (G Suite, Microsoft Teams). Anche le scuole medie, nonostante siano entrate a regime in ritardo, si stanno allineando: qui i sistemi di ultima generazione raggiungono il 64 per cento degli alunni. Il registro elettronico con le sue funzionalità avanzate, in un primo momento porto sicuro, ora è adottato in modo esclusivo solo da un docente su cinque, alle medie come alle superiori. L’8 per cento utlizza streaming, videoregistrazioni. Meno di uno ogni dieci deve accontentarsi di mezzi più basici: mail, chat e social network.

Si affermano definitivamente le verifiche e le interrogazioni online: le fanno tre insegnanti su quattro. C’è stata un’accelerazione nelle ultime settimane: i voti in remoto, ha confermato il ministero, contribuiranno alla media scolastica.

Restano i problemi, dice il monitoraggio Skuola.net. Su tutti, la carenza di dispositivi e le connessioni internet che in molti casi non sono in grado di reggere le piattaforme. Il 27 per cento degli intervistati dice che in famiglia non c’è un numero di dispositivi (computer, tablet) sufficiente per permettere a tutti i componenti di studiare o lavorare nello stesso momento. Uno su quattro, ad oggi, in casa non ha una rete all’altezza della situazione e un altro 36 per cento ha rimediato solo all’inizio dell’emergenza. Il 61 per cento non ha un collegamento fisso così veloce da supportare uno svolgimento fluido delle lezioni, il 23 per cento accede alla rete usando un hotspot mobile, ma la copertura del segnale è scarsa oppure i Giga a disposizione sono insufficienti. Il 9 per cento non ha nulla: né pc né Giga.

Un altro aspetto su cui i docenti dovrebbero aggiustare il tiro attiene all’organizzazione della giornata. Se, infatti, fin da subito gli istituti hanno cercato di simulare il più possibile la situazione che avevano lasciato al momento della chiusura – per il 42 per cento degli studenti le attività si svolgono esclusivamente di mattina e con la stessa sequenza di prima e per un altro 36 per cento terminano all’ora di pranzo –, questo non significa che l’impegno dei ragazzi non debba proseguire oltre. Ci sono i compiti da fare, E sono tanti. La metà degli studenti ritiene che siano aumentati da quando è partita la didattica a distanza. Uno su tre viene raggiunto dai professori la sera, nei weekend, per l’assegnazione di compiti e la correzione degli esercizi.

Un’overdose di tecnologia

Tutto questo si traduce in un surplus di lavoro e in una vera e propria overdose di tecnologia. Il 31 per cento rivela di passare tra le 6 e le 10 ore incollato davanti allo schermo del pc o del tablet per fare tutto quello che gli viene richiesto dai prof, il 10 per cento supera le dieci ore. Gli insegnanti, infine, escono promossi dal giudizio generale dei ragazzi: uno studente su tre li ha rivalutati.

Coronavirus e didattica a distanza, l’allarme degli esperti: «Studenti più stanchi e distratti»

da Corriere della sera

Antonella De Gregorio

Distratti dai videogiochi, poco attenti, troppo stanchi per imparare perché trascorrono troppo tempo davanti agli schermi. L’immersione nel digitale porta bambini e adolescenti anche a dormire meno e peggio di prima. È il rovescio della medaglia della didattica a distanza. Mentre il mondo intero si è imbarcato nel più grande esperimento educativo nella storia, con le lezioni trasferite sul web, un ampio studio condotto in Australia mette in luce risultati allarmanti sull’impatto della tecnologia sulla salute fisica e mentale dei piccoli. Il Gonski Institute for Education dell’University of New South Wales ha appena pubblicato il primo di una serie di rapporti su come la nuova generazione reagisce alla scuola digitale.

La ricerca

«Quello che stanno vivendo i nostri figli ora è il più grande esperimento educativo della storia – afferma il professor Pasi Sahlberg, coautore del rapporto -. Noi adulti abbiamo molto da imparare sulle loro abitudini e sui vantaggi e le insidie delle tecnologie». La ricerca che si intitola «Growing Up Digital» è stata condotta intervistando 1.900 tra insegnanti, presidi e personale scolastico delle scuole governative, cattoliche e indipendenti. Per il 59% degli intervistati, è enormemente aumentato il numero di studenti troppo stanchi per apprendere, e si moltiplicano i problemi comportamentali. «La digitalizzazione è diventata una forte distrazione dall’imparare e gli studenti sono meno capaci di concentrarsi sui compiti e lo studio – si legge nel rapporto -. Ricorrono troppo spesso agli assistenti digitali di Apple e Android per trovare risposte alle domande e si distraggono con i videogiochi».

I problemi

Resta un 43% di prof e presidi che pensano che la tecnologia digitale migliori le attività di insegnamento e apprendimento, ma l’84% concorda nell’affermare che aumenta la distrazione. Molti insegnanti esprimono preoccupazione per l’accesso limitato a computer e rete cda parte degli alunni svantaggiati. E molti avvertono che il tempo eccessivo davanti allo schermo può provocare deficit di sonno che possono aggravare il rischio di ansia e depressione. La ricerca inoltre conclude che l’eccesso di esposizione alle tecnologie potrebbe portare, nell’arco di cinque anni, a un aumento nel numero di alunni con problemi emotivi, sociali e comportamentali e con una riduzione dell’empatia.

Coronavirus, riapertura scuola: potrebbero esserci differenze tra regioni. Con quali modalità

da Orizzontescuola

di redazione

Macroaree e zone rosse, potrebbe essere questa la strategia che sarà adottata dal Governo, sentiti gli scienziati, per la fase 2 dell’emergenza sanitaria causata dalla diffusione del Covid-19.

Partenza scaglionata

L’Italia potrebbe ripartire lentamente, ma la ripartenza potrebbe avvenire in modalità e tempi diversi a seconda della zona.

Ipotesi al vaglio anche l’istituzione delle zone rosse laddove il contagio ha ancora una presenza significativa o laddove, dopo la fase 2, dovessero svilupparsi dei focolai.

La scuola

Stessa modalità potrebbe seguire anche la scuola, con una ripartenza scaglionata in modalità diversa a seconda della macroarea di appartenenza o nel caso dovesse ricadere in una zona rossa.

Se prima partiranno le aree in cui c’è stata maggiore immunizzazione o quelle in cui il virus non si è sviluppato o è stato meglio contenuto sarà una scelta dettata dalle indicazioni del Comitato Tecnico Scientifico.

Modalità di rientro

A settembre, con molta probabilità. Il Ministro ha, ieri, anticipato di non essere propensa ad un rientro prima di quella data.

Il Ministero sta, già, lavorando a diverse ipotesi per avviare tutte le modalità di sicurezza per il rientro in classe degli studenti: dalle distanze, ai dispositivi di sicurezza, al numero di alunni per classe.

Si pensa ad una turnazione degli alunni, in modo da poter diminuire il numero in presenza, ma, ha detto il Ministro, senza aumentare le ore di lavoro del personale scolastico.

Una task force si sta occupando di elaborare più ipotesi, in modo da armonizzare la didattica a distanza e quella in presenza.

C’è anche chi guarda all’esperienza in Danimarca, dove il rientro a scuola è avvenuto nella giornata di ieri, con un alunno per banco, classi suddivise in sottogruppi e con particolare attenzione all’igiene.

Procedimenti disciplinari, amministrativi e accesso civico, termini sospesi sino al 15 maggio

da Orizzontescuola

di redazione

Procedimenti amministrativi e disciplinari: proroga sospensione termini al 15 maggio 2020. Proroga anche per i termini del diritto di accesso documentale, semplice, generalizzato.

Decreto cura Italia

  • Procedimenti amministrativi

L’articolo 103 del decreto n. 18 del 17 marzo 2020 aveva previsto la sospensione dei termini riguardanti, in via generale, i procedimenti amministrativi e l’efficacia degli atti amministrativi in scadenza:

Ai fini del computo dei termini ordinatori o perentori, propedeutici, endoprocedimentali, finali ed esecutivi, relativi allo svolgimento di procedimenti amministrativi su istanza di parte o d’ufficio, pendenti alla data del 23 febbraio 2020 o iniziati successivamente a tale data, non si tiene conto del periodo compreso tra la medesima data e quella del 15 aprile 2020.

La sospensione, dunque, riguardava il periodo compreso tra il 23 febbraio e il 15 aprile  2020.

  • Procedimenti disciplinari

Analogamente, il comma 5 del citato articolo 3, aveva previsto che i termini dei procedimenti disciplinari del personale delle pubbliche amministrazioni, scuola compresa, pendenti alla data del 23 febbraio 2020 o iniziati successivamente a tale  data, erano sospesi fino alla data del 15 aprile 2020.

Decreto legge dell’8 aprile

L’articolo 37 del decreto legge dell’8 aprile 2020 ha prorogato i succitati termini:

1. Il termine del 15 aprile 2020 previsto dai commi 1 e 5 dell’articolo 103 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, e’ prorogato al 15 maggio 2020;

I termini perentori e ordinatori dei procedimenti amministrativi e quelli dei procedimenti disciplinari sono dunque prorogati al 15 maggio maggio 2020.

  • Procedimenti amministrativi

La sospensione, dunque, riguarda il periodo compreso tra il 23 febbraio e il 15 maggio 2020.

  • Procedimenti disciplinari

I termini dei procedimenti disciplinari, pendenti alla data del 23 febbraio 2020 o iniziati successivamente a tale  data, sono anch’essi sospesi fino alla data del 15 maggio 2020.

Accesso civico

Il Ministero, con nota del 16 aprile 2020, ha chiarito la sospensione dei termini suddetti in merito al diritto di accesso documentale, semplice, generalizzato:

La sospensione dei termini, data la sua portata generale, interessa anche i procedimenti in materia di accesso, incluso l’accesso civico generalizzato. Pertanto, ove nel periodo compreso tra il 23 febbraio e il 15 maggio 2020 siano pendenti richieste di accesso civico generalizzato (o di altro tipo), i responsabili possono avvalersi della sospensione del termine di conclusione dei relativi procedimenti per il periodo indicato (23 febbraio-15 maggio 2020).

La sospensione dei termini in definita riguarda anche i procedimenti di accesso civico.

L’amministrazione, tuttavia, come previsto dal summenzionato articolo 103 del decreto n. 18/2020, assicura la ragionevole durata e la celere conclusione dei procedimenti, con priorità per quelli da considerare urgenti, anche sulla base di motivate istanze degli interessati.

nota Ministero

Regioni non coinvolte nella task force per rientro a scuola, ma pensano già alle misure necessarie. Ecco quali

da Orizzontescuola

di redazione

Rientro a scuola a settembre, della commissione che si occuperà di tutte le misure necessarie al ritorno degli studenti non faranno parte le regioni. Almeno ad oggi non sono state contattate.

Commissione

Nella giornata di ieri, abbiamo riferito sulla costituzione della commissione che organizzerà il ritorno a scuola dei nostri studenti nel mese di settembre. Riapertura scuola a settembre, se ne occuperà una Commissione. Componenti e Presidente

La Commissione dovrà definire tutte le misure necessarie a garantire la sicurezza contro il contagio.

Regioni non coinvolte

Le Regioni, ad oggi, non sono state contattate per far parte della suddetta commissione (o task force), come riferisce all’Ansa l’assessore all’Istruzione della Toscana  e coordinatrice degli assessori delle regioni in Conferenza Stato-Regioni Cristina Grieco.

La Grieco, oltre ad evidenziare quanto detto sopra, riferisce di aver scritto alla Azzolina affinché le Regioni possano incontrarla, dopo la riunione di qualche settimana fa.

Calendario scolastico

I temi da affrontare sono tanti, a partire dal calendario scolastico:

Servono decisioni sul calendario scolastico – spiega – bisognerà che questa cosa enorme che ci è piovuta addosso sia spalmata in tutto il prossimo anno scolastico. E’ impensabile pensare che in una o due settimane si possano recuperare i crediti e le lacune che si sono formate. La didattica a distanza rischia di tenere indietro i più fragili, chi non ha una famiglia in grado di accompagnarlo in un percorso, chi si trova in situazioni di disagio, chi ha handicap: in una settimana non credo si possa pensare di risolvere la situazione. Per tutti bisogna spalmare questa mancanza su un periodo dilatato, come fare non è semplice, dovremo studiarlo tutti insieme. Aspettiamo che la ministra ci coinvolga”.

Al riguardo, le Regioni avevano già sottolineato che il Ministro non può procedere con atti unilaterali, considerato che il calendario scolastico è di loro competenza. La Grieco ritorna sull’argomento, comunicando che la prossima settimana si riunirà di nuovo la Commissione Istruzione delle Regioni:

“Non può essere un decreto che stabilisce quando si riprende, dobbiamo discuterne, anche il 1 settembre o 15 ottobre possono andare bene, ma bisogna tenere conto dell’economia, quella turistica è in gravi difficoltà”

Altre misure da definire

Oltre al calendario, bisognerà affrontare con il Ministro altre problematiche e definire altre misure, quali:

  • organizzazione tempi, spazi e metodologie didattiche per il 2020/21 che non sarà come gli latri, vista la conclusione che si prospetta per il 2019/20;
  • definizione, ad esempio, della didattica in modalità  ‘blended’ con alcuni alunni a scuola e altri a casa;
  • potenziamento reti di connessione internet.

Maturità 2020, esclusa ipotesi studente a scuola e docenti a casa. Azzolina: speriamo in presenza

da Orizzontescuola

di redazione

Lo svolgimento degli Esami di Stato è uno dei nodi più complessi della chiusura dell’anno scolastico 2010/20.

Esclusa ormai quasi con certezza la possibilità di un esame tradizionale con prove scritte e orale, la stessa Ministra si è sbilanciata verso un quanto mai difficile rientro a scuola entro il 18 maggio.

Per la Maturità 2020 rimane dunque in campo l’ipotesi di strutturarlo sulla base di un Colloquio orale.

Ma se dal punto di vista delle modalità i particolari tecnici potranno essere definiti nella relativa ordinanza, il nodo centrale rimane: in presenza o da remoto?

ricevo lettere di studenti che mi chiedono un esame in
presenza – afferma oggi la Ministra in una intervista al Corriere – sarebbe auspicabile, vedremo se si potrà. Escludo l’ipotesi mista: studenti a scuola e professori a casa“.

Di ipotesi mista aveva parlato negli ultimi giorni il Sottosegretario De Cristofaro, ma l’idea non sembra essere quella più accreditata, neanche dalla Viceministra Ascani

Maturità, Ascani: non è detto che l’orale sia online, si può immaginare anche in presenza

ATA, attività aggiuntive continuative in regime di part-time: parere ARAN

da Orizzontescuola

di redazione

L’ARAN ha pubblicato una faq riguardante la possibilità di assegnare al personale ATA in regime di part-time le risorse aggiuntive del fondo di cui all’art. 40 del CCNL relative agli incarichi specifici.

Il parere dell’ARAN ricalca il CCNL e risponde che si ” esclude il personale con rapporto di lavoro a tempo parziale dalle attività aggiuntive aventi carattere continuativo”.

E’ possibile assegnare al personale ATA in part time le risorse del fondo di cui all’art. 40 del CCNL Istruzione e ricerca del 19.04.2018 relative agli incarichi specifici per il personale ATA?

Nel Fondo per il miglioramento dell’offerta formativa di cui all’art. 40 del CCNL Istruzione e Ricerca del 19.04.2018 sono confluite le risorse elencate ai commi 1, 2 e 3 del medesimo articolo.

Con le risorse di tale unico nuovo fondo si finanzia la retribuzione accessoria del personale docente ed ATA, volta a remunerare il personale scolastico per le finalità designate dal comma 4 dell’articolo 40 sopra citato, tra cui sono ricompresi anche gli incarichi specifici del personale ATA.

Per quanto riguarda invece il personale in part time si fa presente che l’art. 58, comma 8, del CCNL comparto scuola del 29.11.2007, esclude il personale con rapporto di lavoro a tempo parziale dalle attività aggiuntive aventi carattere continuativo. Tale comma precisa che “Nell’applicazione degli altri istituti normativi previsti dal presente contratto, tenendo conto della ridotta durata della prestazione e della peculiarità del suo svolgimento, si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di legge e contrattuali dettate per il rapporto a tempo pieno.”

Parere ARAN

Didattica a distanza, Azzolina annuncia altri 80 milioni per pc e tablet. Le modalità di adesione

da La Tecnica della Scuola

In arrivo “altri 80 milioni di euro, di risorse PON, per l’acquisto di pc, tablet e dispositivi per la connessione internet, dedicati alle scuole del I ciclo, primaria e secondaria di I grado”.

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Lo annuncia la ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, spiegando che si tratta di “un nuovo importante investimento del ministero, con l’obiettivo di arrivare fino all’ultimo dei nostri studenti e garantire a tutti, in questo momento di difficoltà, la possibilità di accedere alla didattica a distanza. Questi 80 milioni – ricorda – si aggiungono agli 85 milioni già stanziati nel decreto cosiddetto Cura Italia, 70 dei quali erano destinati proprio all’acquisto di device”.

Sarà un bando “agile” quello attraverso il quale le scuole potranno ricevere risorse “immediatamente spendibili. Per aderire – continua la nota del ministero – ci sarà tempo dalle ore 10.00 del giorno 20 aprile 2020 alle ore 15.00 del giorno 27 aprile 2020″.

“L’elenco delle scuole a cui saranno assegnate le risorse sarà compilato sulla base degli indicatori socio-economici, del tasso di deprivazione territoriale, del livello di disagio negli apprendimenti e del tasso di abbandono scolastico, con l’obiettivo di raggiungere le fasce più deboli della popolazione e quindi i ragazzi che stanno incontrando maggiori difficoltà nello studio a distanza. Superata la fase emergenziale, i dispositivi digitali acquistati dalle scuole potranno essere di supporto alle attività didattiche ordinarie”.

Secondo Azzolina “il nostro impegno è per migliorare e potenziare la didattica a distanza. In questa fase di emergenza si è dimostrata decisiva. Non sostituirà mai la didattica in presenza, ma attualmente abbiano bisogno di arrivare fino all’ultimo dei nostri studenti. Nessuno deve rimanere indietro”.

Sempre oggi il ministero ha dato il via a un nuovo monitoraggio con lo scopo di “raccogliere informazioni sull’andamento della didattica a distanza e, in particolare, di rilevare le necessità attuali di device e connessioni da parte delle fasce più deboli per intervenire tempestivamente dove ci sono carenze e garantire il diritto allo studio”.