Consiglio dei Ministri approva DL sugli Esami di Stato

Azzolina: “Via libera al decreto sugli Esami. La valutazione dell’anno sarà seria e coerente con quanto svolto”

Il Consiglio dei Ministri ha dato il via libera oggi al decreto legge che contiene le norme relative agli Esami di Stato e alla valutazione delle studentesse e degli studenti per l’anno scolastico 2019/2020. Provvedimenti che tengono conto dell’emergenza coronavirus.
La scuola ha affrontato questa emergenza con grande capacità di reazione, il Paese deve esserne fiero – sottolinea la Ministra Lucia Azzolina -. Ringrazio di nuovo tutto il personale, le famiglie, gli studenti. C’è stato uno sforzo importante da parte di tutti. La didattica a distanza ci ha aiutato a salvare l’anno scolastico. Non sostituisce e non potrà mai sostituire del tutto, ovviamente, la didattica in presenza. Ma era l’unica risposta possibile per non lasciare soli bambini e ragazzi e garantire loro il diritto allo studio previsto dalla Costituzione”. 
“I problemi non sono mancati e sarà necessario aprire presto una riflessione sullo stato di digitalizzazione del Paese e della scuola stessa, ma il Ministero è stato e resta al fianco delle scuole per risolverli – prosegue la Ministra -. Gli 85 milioni stanziati per supportare la didattica a distanza, messi subito a disposizione degli istituti che li stanno già utilizzando, ne sono una dimostrazione. Con il decreto approvato oggi facciamo un altro passo avanti e tracciamo la strada per accompagnare la scuola fino in fondo a questo anno scolastico e per cominciare a disegnare il prossimo, che ne rappresenterà una naturale prosecuzione”. 

Il decreto, che ora sarà pubblicato in Gazzetta Ufficiale, per poi essere convertito dal Parlamento, mette in sicurezza l’anno scolastico 2019/2020 e traghetta le scuole verso il 2020/2021. 

Tutto ciò che è stato fatto sarà valorizzato. Quel che non si è potuto fare per difficoltà oggettive sarà recuperato, nell’interesse degli studenti e dei bambini – conclude Azzolina -. Mettiamo al centro i diritti dei ragazzi. Nessuno sarà lasciato indietro. Ci sarà una valutazione seria e coerente con quanto svolto durante tutto l’anno”. 

Come si svolgeranno gli Esami di Stato

Scuola secondaria di I grado
Il decreto prevede che il Ministero possa, con provvedimento specifico, modificare l’impianto dell’Esame. Se sarà possibile farlo in presenza, potrà essere semplificato. Altrimenti si procederà con la valutazione finale da parte del Consiglio di classe, prevedendo la consegna anche di un elaborato da parte degli studenti. In ogni caso ci sarà una valutazione seria e corrispondente all’impegno degli alunni.

Scuola secondaria di II grado
Il 96% dei ragazzi viene ammesso, in media, ogni anno, all’Esame finale. Quest’anno tutti avranno la possibilità di sostenere le prove, tenuto conto del periodo dell’emergenza. Ma i crediti di accesso relativi alla classe V e il voto finale saranno comunque basati sull’impegno di tutto l’anno. Il decreto indica, poi, una doppia possibilità. Se i ragazzi potranno rientrare a scuola entro il 18 maggio, ci sarà un esame con commissione interna. La prima prova, Italiano, sarà preparata dal Ministero. La seconda, quella diversa per ciascun indirizzo, sarà predisposta dalle commissioni. Poi ci sarà l’orale. Se non si rientra a scuola, è previsto il solo colloquio orale. Resta ferma la necessità di raggiungere almeno il punteggio di 60/100 per ottenere il diploma.

Ammissione all’anno successivo

Il decreto prevede che tutti possano essere ammessi all’anno successivo, ma tutti saranno valutati, nel corso degli scrutini finali, secondo l’impegno reale. Non ci sarà ‘6 politico’. ‘Congelato’, per quest’anno, il meccanismo dei debiti alla secondaria di II grado. All’inizio di settembre, infatti, invece degli abituali corsi di recupero delle insufficienze, sarà possibile, per tutti i cicli di istruzione, dalla primaria fino alla classe quarta del secondo grado, recuperare e integrare gli apprendimenti: ciò che non è stato appreso, o appreso in parte quest’anno, potrà essere recuperato/approfondito all’inizio del prossimo. Ci sarà particolare attenzione ai ragazzi con disabilità e a quelli con bisogni educativi speciali.

Avvio del nuovo anno

Il decreto consente di lavorare, da subito, anche al nuovo anno scolastico dando al Ministero gli strumenti per operare con rapidità e di raccordarsi, ad esempio, con le Regioni per uniformare il calendario di avvio delle lezioni. 

Nel corso del Consiglio dei Ministri di oggi è stato anche approvato un provvedimento (DpR) che sblocca le assunzioni chieste dal Ministero dell’Istruzione per recuperare parte dei posti liberati, nell’estate del 2019, dai pensionamenti dovuti a ‘Quota 100’. Si attua, quindi, la norma inserita nel decreto scuola approvato in autunno, fortemente voluta dalla Ministra Lucia Azzolina. Si tratta di 4.500 posti che andranno ad altrettanti insegnanti, vincitori di concorso o presenti nelle Graduatorie ad esaurimento, che non avevano potuto occuparli lo scorso settembre perché non erano stati messi a disposizione. Con successivi provvedimenti saranno disposte le assunzioni relative all’anno scolastico 2020/2021.

Approvato il DL Scuola

Approvato il DL Scuola. Mancano misure che assicurino l’obiettivo più importante: avere al 1° settembre tutte le cattedre coperte per recuperare il tempo perduto

Roma, 6 aprile – Apprendiamo dagli organi di stampa che è stato approvato dal Consiglio dei Ministri un Decreto Legge sulla scuola che prevede una serie di misure determinate dall’emergenza COVID-19.

Ancora una volta, la Ministra dell’Istruzione ha scelto la strada del non confronto, assumendo unilateralmente decisioni che riguardano milioni di studenti, di famiglie, di lavoratori. Eppure, sui temi oggetto del decreto, come FLC abbiamo avanzato proposte e indicato soluzioni, tenendo soprattutto in conto gli interessi e i diritti degli studenti.

Non possiamo che essere d’accordo sulla parte del provvedimento che prevede di portare tutti gli alunni delle classi intermedie all’anno successivo e di semplificare al massimo le prove conclusive del ciclo delle secondarie: è quanto abbiamo proposto ogni volta che ne abbiamo avuto occasione.

Quel che risulta preoccupante è il vuoto sulla questione che appare centrale: come garantire una piena ripresa dell’attività didattica al primo settembre 2020.

Non c’è nel provvedimento una procedura semplificata per il reclutamento, né per i docenti, né per il personale ATA. Mentre noi avevamo chiesto che tutto il personale potesse essere al proprio posto fin dall’1 settembre.

Non verranno aggiornate, per quest’anno, le graduatorie di istituto, continuando così ad alimentare il fenomeno delle “messe a disposizione” (Mad).

Non vengono superati i vincoli alla mobilità del personale.

Non c’è un rafforzamento o un ampliamento degli organici, nonostante la Ministra si sia dimostrata preoccupata, nelle sue uscite pubbliche, del problema delle “classi pollaio”.

In termini perentori si dice che la didattica a distanza diventa “prestazione ordinaria” come se ciò bastasse a risolvere tutte le criticità che sono emerse in queste settimane: carichi di lavoro inediti per 800 mila docenti, stress enorme per le famiglie, impossibilità di raggiungere la totalità degli studenti.

Nessun impegno in termini di investimento e risorse.

Per la Ministra evidentemente, l’anno scolastico prossimo si può aprire senza provvedimenti eccezionali che mettano le scuole del Paese, duramente provate dalla sospensione delle attività didattiche in presenza, in una condizione di forza per recuperare il tempo perduto.

Un fatto è certo: la scuola è in debito nei confronti degli alunni e non viceversa.

Evidentemente sfugge la drammaticità di ciò che potrebbe accadere al ritorno in classe con numeri abnormi di precariato, destinati a crescere ulteriormente, con la mancanza di docenti, personale ATA, DSGA di ruolo e insegnanti di sostegno specializzati.

La scuola ha bisogno di un cambio di passo e non di ordinarie misure di funzionamento destinate a mancare gli obiettivi di rilancio che la crisi epidemiologica oggi impone più che mai.

Abbiamo proposte, integrazioni e contributi da offrire; chiediamo alla politica di scegliere un’altra strada, quella del confronto e della condivisione, nell’iter di conversione del Decreto e, soprattutto, nell’adozione di ulteriori specifiche misure da parte del Ministero dell’Istruzione, al fine di non fare, per presunzione e autoreferenzialità, passi falsi che danneggerebbero la scuola e l’intero Paese.

Castigo di Dio?

Castigo di Dio?
C’è qualcosa di “buono” oggi nel sole…

di Melina Bianco

L’emergenza sanitaria planetaria da COVID-19 non risparmia le religioni.

Funzioni e riti stravolti. Sinagoghe, chiese e moschee chiuse. Pellegrinaggi in luoghi santi sospesi. Liturgie eucaristiche in formula “streaming”. Rivisitazioni e riadattamenti spirituali continuati e ininterrotti, per credenti e per non credenti (di riflesso e a cascata), in conformità alle “eccezionali” nuove misure e ai mutati tempi, all’uopo “accomodati” in ri-trovati spazi, con e per la fede.

In linea con le recenti disposizioni emergenziali, le diverse confessioni religiose si allenano a praticare, loro malgrado, “patteggiamenti” e ri-strutturazioni celebrative e sacrali, dettati e imposti dall’invisibilità di un virus, tanto “in-coronato” quanto cinico e sleale che, pur ri-legittimandole a suo modo tutte, poi di fatto, tutte le misconosce, costringendole e confinandole all’isolamento domestico e allo smarrimento mistico e ontologico, in una dimensione intima che, per quanto arcaica e familiare, si rivela sprovvista e nuda al cospetto del rassicurante senso di “comunità vissuta” della tradizione.

Né, d’altro canto vengono meno, al tempo delle generazioni ipertecnologiche ed interconnesse, gli improvvidi suggerimenti di predicatori e profittatori dell’ultim’ora, i quali, riuscendo a trarre giovamento persino dall’incombente crisi sanitaria e socio-economica del tragico momento, “abusano” senza alcuno scrupolo di coscienza, dello stato di disorientamento e di angoscia dei più fragili, lucrando ad arte sui loro sentimenti di paura e di ansia (peraltro diffusi e generalizzati), per la salute e il destino di familiari, parenti e amici.

Vien da chiedersi se vi possa essere del buono in tutto questo.

E ancor di più vien da chiederselo di fronte al plauso jihadista alla pandemia.

Un plauso “esortante”, annunciato nei giorni scorsi, urbi et orbi, dallo stesso canale social del gruppo terroristico, che inneggiando al virus, il Covid-19 appunto, lo qualifica come “Soldato di Allah” e “fedele alleato per la punizione divina” (veloce e impietosa) di apostati e infedeli, sparsi in ogni parte del pianeta.

Può davvero un virus, ci si domanda, assurgere al ruolo di “strumento di punizione” nelle mani di un Dio? E viaggiare incontrastato per tutti i continenti, dietro volontà e precisi ordini divini, su goccioline e particelle microscopiche e “sante”?

Ne parlo con Naim, ragazzo tunisino di fede musulmana, residente in Sicilia fin dal suo primo arrivo in Italia (a soli sei mesi), adesso studente in medicina e mio ex alunno, ai tempi in cui ero Preside a Mazara del Vallo.

Ci confrontiamo di tanto in tanto io e Naim, e proviamo a venirci in soccorso, quando le questioni ci arrivano più articolate e complesse, nel tentativo di meglio dipanarle.

E procediamo alla ricerca di categorie analitiche e semantiche sempre più appropriate, per una maggiore e più autentica conoscenza dei nostri rispettivi mondi, mondi a volte così vicini da sembrare “aggrappati”, altre, invece, talmente distanti da apparire inafferrabili, pienamente e in sostanza.

E ci confrontiamo e ri-confrontiamo, quando il buio della ragione prende intorno il sopravvento e ci interpella in profondità, indirizzando la “fatica” del pensiero verso un ulteriore sforzo, quello della re-visione delle anziane certezze, in un mondo che si trasforma senza tregua.

E lo facciamo con l’obiettivo preciso di spalancare, almeno nei nostri propositi (il mio e il suo), nuove finestre epistemologiche e valoriali, rimanendo sempre in bilico, tra il cuore e la ragione, tra la scienza e la fede, tra la speranza e il rischio di smarrimento.

Lo sappiamo bene io e Naim e ne siamo consapevoli. Ma non ci scoraggiamo. Anzi.

Ci sforziamo ancora di più di diventare attenti osservatori e buoni esploratori di nuovi mondi possibili, quelli che si celano negli interstizi del mondo reale.

Epistemologia della complessità? Si, anche. Ci aiuta, ci orienta, ci in-cammina, verso la costruzione di rinnovati paradigmi pedagogici e di nuovi strumenti educativi, adatti a cogliere polifonie e rispondenze ma anche dissonanze e paradossi, comunicazioni lineari ma anche ostacoli e imprevisti. Il Covid-19, per esempio.

Chiedo a Naim, con proposito pignolo e diretto, cosa ne pensi di questa presunta “ortodossia religiosa” del virus, e di questo suo essere osannato, da alcuni, quale giustiziere della nutrita schiera dei “religiosamente corrotti”, in nome e per conto di un preciso volere divino.

Del castigo di Dio, insomma!

Mi risponde subito Naim, esattamente come quando sedeva tra i banchi di scuola e alzava premurosamente la mano, in segno di fraterna protezione nei confronti degli altri compagni musulmani e non musulmani, meno bravi di lui.

E nel farlo non avverte minimamente il bisogno di giustificarsi, né di giustificare i suoi connazionali che vivono in città. No. Non ve n’è per lui alcun bisogno.

Nessuno di noi si identifica con loro –rimarca riferendosi agli jihadisti-. Nessuno! Non ci rappresentano. Non rappresentano il mondo musulmano nel quale noi siamo nati, cresciuti ed educati. Noi ne abbiamo sempre preso le distanze. E non solo con le parole, ma nei gesti quotidiani di ogni giorno”.

Ed è’ vero. E’ un popolo di pace quello tunisino che vive e opera a Mazara del Vallo, un popolo di grandi ed onesti lavoratori, che non si risparmia in sudori e fatiche e che non trascura la cura e l’educazione dei figli, né la partecipazione attiva e consapevole al fianco della Scuola e delle Istituzioni tutte, sostenendo e appoggiando con forza ciascuna iniziativa di prevenzione, contro ogni forma di radicalizzazione estremista violenta.

Di tutto ciò sono, da tempo, orgogliosa testimone.

Mentre conversiamo al telefono, Naim mi riassume velocemente le ultime vicissitudini familiari.

Poi si sofferma, con tono preoccupato, sulla situazione del padre, persona onesta e saggia, che conosco personalmente e che trascorre diversi mesi dell’anno a bordo di un peschereccio, pur di non fare mancare “l’essenziale” a moglie e tre figli.

“Mio padre –mi dice- al momento, ha deciso di rimanere in mare, assieme al resto dell’equipaggio, per una forma di prudente auto-isolamento. Mi manca. Ci manca. E’ da tanto che non lo vediamo. Ma forse, rimanere in alto mare, a decine di miglia di distanza da questo inferno, forse al momento è davvero la scelta migliore”.

E continua.

“Noi musulmani, esattamente come voi cattolici, non abbiamo fermato le nostre preghiere a causa del virus, le continuiamo a recitare a casa, in famiglia. Viene sacrificata la preghiera comune del venerdì in moschea, è vero, ma è molto importante rispettare il divieto di assembramento e la necessità del distanziamento sociale, lo so bene. Diventerò medico anch’io, e proprio da futuro medico lo sto spiegando a molti membri della mia comunità, specialmente ai parenti e agli amici più anziani”.

La scelta di diventare medico, in realtà, è per Naim un destino scritto fin dalla nascita.

Il nonno Ahmed, da tempo cardiopatico, era mancato dopo la prima settimana dalla sua venuta al mondo, per non aver retto, a causa del cuore malmesso, la gioia dell’arrivo del nipote maschio, tanto desiderato negli anni. Questo Naim lo sa da sempre. E’ stata la nonna Houda, oggi sofferente ottantenne, la prima a raccontarglielo. E lo continua a fare. Da vent’anni.

“Il mio impegno – mi rivelò Naim al termine del liceo– è quello di diventare un bravo cardiochirurgo, l’ho promesso alla nonna. E farò di tutto per salvare vite umane, proprio per evitare, per quanto possibile, la disgrazia che è successa a mio nonno Ahmed, che non ho mai potuto abbracciare”.

Altro che motivazioni intrinseche ed estrinseche. Naim ne ha da vendere, e fa di tutto per non disattenderle e per onorarle nel migliore dei modi, pur affrontando ogni giorno notevoli sacrifici nella sua nuova vita universitaria a Pisa, vigilando con cura di gravare il meno possibile sul bilancio pulito e dignitoso (seppur non lauto) della propria unita famiglia.

 “State facendo uso anche voi della tecnologia digitale per la preghiera collettiva a distanza –proseguo a chiedere- o riscontrate difficoltà ad avviare le connessioni, all’interno della Kasbah di Mazara?”.

Mi risponde con tono positivo e speranzoso.

“Si, ci stiamo organizzando anche noi con i mezzi informatici di ultima generazione, per le preghiere a distanza e per l’utilizzo di piattaforme per le videoconferenze, perché è bello continuare a mantenere vivo il senso di comunità”.

Il senso di comunità, per la verità, Naim lo vive e lo interpreta in modo più vasto.

Un modo più vasto e “spazioso”, il suo, che travalica e rende permeabili i labili e scontati confini identitari, verso “sovraluoghi” dove tutto può accadere.

“Perché –ribadisce convinto- Dio, il mio Dio, è altro ed è oltre”.

Ed è proprio nella ricerca di questo “altrove”, che il mio studente arabo mazarese, residente in Italia da vent’anni (seppur ancor privo di diritto di cittadinanza perché non nato in Italia), già per ben due volte, ha scelto di recarsi, da musulmano, al Santuario della Madonna di Lourdes, offrendo il suo servizio, generoso e altruista, come volontario barelliere.

Ed è sempre per la ricerca di questo “altrove” che lui trascorre parte delle vacanze estive all’interno del GREST della vicina parrocchia cattolica, con il ruolo di animatore, per divertire i bambini più piccoli, quando le attività didattiche vengono sospese.

Questo e tanto altro è l’impegno civile e sociale di Naim nella sua comunità mazarese, una comunità che egli ama profondamente e che ha, via via negli anni, amalgamato e ricongiunto all’amore ancestrale per il luogo natìo, Mahdia, la città tunisina “delle due lune”, nella quale ritorna tutte le volte che può, assieme alla famiglia, per andare ad abbracciare nonna Houda (l’unica tra i nonni rimasta in vita) e, forse, per ritrovare in tutta la sua completezza, l’altra metà di sè.

“Ma in questa drammatica emergenza sanitaria -lo incalzo- secondo te, può venirne fuori qualcosa di buono?”

Sorride Naim. E riconosco quel sorriso: è il sorriso di chi ha già, da tempo, maturato dentro di sé la consapevolezza dell’agire e del pensare “responsabile”, fondato su un principio, laico e religioso ad un tempo, che prescinde e ingloba ogni singolo credo professato, traducendolo in pensieri, parole ed opere oneste, giuste e solidali, dove non c’è spazio per le omissioni ir-responsabili e vigliacche, né per i tradimenti e gli inganni infausti o di maniera. Tantomeno in nome e per conto di Dio!

 “Forse, a pensarci bene, –conclude Naim-, oltre ai vaccini e agli anticorpi della scienza, avremmo bisogno di altri vaccini e di altri anticorpi. Quelli contro l’ignoranza e contro le superstizioni, che dividono le persone al posto di avvicinarle, trasmettendo odio, violenza, egoismo e sfruttamento, passando proprio dai veloci e immediati canali web, tanto amati da noi giovani.

Se riuscissimo a capire questo, forse sarebbe molto più di qualcosa di buono quello che potrebbe lasciarci questa triste vicenda.

Sarebbe forse il “bene supremo”, la vera salvezza, sanitaria, morale e religiosa”.

E io che da cristiana, così lo ascolto, mi pongo nel frattempo da sola, l’ultima domanda.

Mi chiedo se questi duemila anni di cristianesimo, siano stati sufficienti a farci comprendere, con significatività e pregnanza, che il mondo necessita, da sempre e per sempre, di comportamenti eticamente validi, di esempi e testimonianze di vita attendibili e convincenti, di fermezza morale e religiosa, cui far ricorso quando, calata la nebbia, rimane il dolore da attraversare e il tormento dell’esistenza da “resistere”.

Per ri-trovare noi stessi. Per ri-scoprire gli altri. Per ri-sollevare l’Umanità ferita.

Conducendola oltre il deserto. Il deserto della ragione arida, dell’anima “spoglia”.

Magari sbagliando ancora, ma con l’impegno e la speranza di sbagliare “meglio”.

Castigati da Dio? No!

Testimoni di pace.

Mendicanti dell’Essere. In nome e per conto di Dio.

Ciascuno con il proprio Dio. Credenti e non credenti. Insieme. 

Con rinnovata spiritualità, laica e religiosa.

In un unico abbraccio di riconciliazione delle coscienze.

C’è qualcosa di “buono” oggi nel sole, si.

E soffia una brezza amara e dolce “che rompe le dure zolle”.

In un’altra Primavera, non più muta, non più silente.

“Ce la faremo, tutti insieme, stia tranquilla! Inshallah, Preside”

“Inshallah Naim”.


*Dirigente Ministero Istruzione
Professore Università Lumsa

#EUnitedvsVirus

Tra il 24 e il 26 aprile, si terrà il primo hackathon paneuropeo per affrontare la crisi correlata a COVID-19, #EUnitedvsVirus.

La Commissione europea ospiterà un hackathon paneuropeo, organizzato congiuntamente con gli Stati membri, per collegare la società civile, gli innovatori, i partner e gli acquirenti in tutta Europa, al fine di sviluppare soluzioni innovative per superare la crisi legata al coronavirus.

Gli innovatori di tutti i settori sono invitati a prendere parte all’evento. Le specifiche sfide e la data di apertura della registrazione per partecipare all’Hackathon saranno annunciate presto sul sito dedicato: https://euvsvirus.org/

Fare lezione ed Insegnare

FARE LEZIONE = INSEGNARE. INSEGNARE= FARE LEZIONE?

di Maria Grazia Carnazzola

Spesso apro i corsi per i docenti nell’anno di prova, o di formazione in servizio, con questa domanda che ho preso in prestito da un libro di L.T. Fontana. Non è un gioco di parole come di primo acchito potrebbe sembrare, al contrario permette di considerare in modo critico i problemi che inevitabilmente si pongono a chi si occupa di insegnamento/apprendimento, considerando la centralità che la lezione assume in tutti i percorsi. Le componenti di qualsiasi contesto di istruzione sono le stesse, pur nel differenziarsi e nel sovrapporsi dei processi: una persona che insegna, delle persone che devono apprendere, delle abilità e delle conoscenze che devono essere insegnate/apprese per la promozione di competenze da sviluppare, dei fattori che entrano in gioco e possono facilitare o ostacolarne lo svolgimento o interferire con il raggiungimento degli esiti, da verificare e da valutare. La lezione, con le necessarie distinzioni e declinazioni sul piano logico – la funzione semantica all’interno della disciplina-, e psicologico- nel senso delle significazioni possibili da parte di chi apprende – , rimane il perno dell’attività didattica, basti considerare che anche chi volesse dimostrare il contrario, dovrebbe comunque farlo con una lezione.
Che si svolga in presenza o a distanza, nella lezione si concretizzano la professionalità e i saperi del docente che sceglie strategicamente la curvatura degli elementi che la connotano: il contenuto, l’ambiente di apprendimento, il clima relazionale, le modalità di comunicazione e di interazione, i compiti da assegnare e i prodotti su cui misurare e valutare: cioè la finalizzazione dell’intera operazione. L’insegnante decide quale senso dare a quella specifica lezione, cioè finalizza l’azione didattica esplicitando a cosa si vuole che serva, quali esiti dovrebbe produrre, indicando i compiti e i prodotti su cui si valuteranno gli esiti, sollecitando in questo modo la motivazione e la partecipazione attiva degli studenti, elementi centrali del processo. E’ il caso di sottolineare che la didattica non è buona o cattiva ma può essere efficace o non efficace e l’efficacia si misura sul raggiungimento dei risultati attesi. Questo potrebbe essere un punto di partenza per ragionare di didattica in presenza o a distanza, sulla possibile efficacia delle due modalità in relazione agli elementi sopra indicati.

1. Integrare, non sostituire

Una prima riflessione: nuovo non significa necessariamente sostitutivo, può essere integrativo di ciò che già c’è, e che funziona, eliminando quello che non è più al passo con i tempi. La nostra scuola ha il vezzo, ogni qualvolta arrivano indicazioni di cambiamento, di trasformare le indicazioni in legge e i “best” in modelli di riferimento. Quando si è parlato di apprendimento come costruzione di significati, e non mera memorizzazione, abbiamo eliminato l’esercizio della memoria; quando si è parlato di linguistica testuale abbiamo dimenticato la grammatica; quando si è parlato di prospettiva interdisciplinare abbiamo sottovalutato i fondamenti disciplinari, per citare solo alcuni esempi. E corriamo il rischio di commettere lo stesso errore, ora, con la didattica a distanza. In questo momento forse questa modalità è l’unica soluzione per conservare una parvenza di normalità ai ragazzi, alle famiglie, alla società, alla scuola stessa, ma non possiamo sottovalutare il rischio che alla lunga, senza correttivi, quando le condizioni lo permetteranno, si vada incontro a un “disastro” nella formazione. Non è facile riflettere su ciò che sta accadendo mentre accade, ma quando è accaduto è difficile rimediare e a poco servirà cercare le responsabilità e le colpe che, probabilmente, sono di tutti: di quelli che vogliono conservare un curricolo sostanzialmente mediocre, magari con qualche abbellimento di modernità, e di quelli che “nuovo è bello a prescindere” che rincorrono in modo indiscriminato le ultime parole d’ordine, il moderno come risposta ai bisogni formativi dei ragazzi e affermazione di professionalità.

L’utilizzo critico delle tecnologie e dei media è oggi un aspetto fondamentale della formazione, costituisce una delle competenze chiave, ma bisogna ricordare anche che la formazione si fonda sui saperi, sulle discipline, sullo studio individuale orientato, sul rispetto, la responsabilità e sulla fiducia. Torna qui in primo piano l’importanza di saper strutturare e condurre “lezioni” correttamente finalizzate e la necessità di definire le condizioni in cui l’utilizzo del computer garantisce un lavoro cognitivo di qualità e un insegnamento produttivo. Perché non sempre far lezione significa insegnare.

2. Valutare per orientare e per valorizzare

Non sappiamo con certezza cosa succederà, se le scuole riapriranno prima del mese di giugno, come saranno strutturati gli esami, di terza media o di quinta superiore, come si procederà per il passaggio all’anno successivo. Sappiamo che questo anno scolastico si è interrotto nel pieno dello svolgimento delle attività programmate dalle Scuole ed è continuato con le modalità della didattica a distanza che, pur nella confusione, ha avuto il merito di tenere agganciati, e in casa, circa 8.000.000 di studenti e i genitori che li seguono. In tutto questo manca una parte importante del processo di insegnamento/apprendimento: la valutazione che è insieme momento strutturale e orientativo- per allievi e per i docenti- della programmazione per percorsi formativi di qualità. Distinguo qui tra procedure e identità degli accertamenti e l’uso politico che se ne può fare. L’attenzione di tutti, ora è concentrata sulla valutazione sommativa – pagella, giudizio, voto…- in relazione al passaggio all’anno successivo, ma la valutazione, quella rilevante dal punto di vista della didattica, è quella formativa che segnala i punti di forza e i punti di debolezza delle prestazioni, orientando gli allievi in percorsi di consapevolezza e di responsabilità verso la conoscenza, costruiti secondo il principio dell’equità e non dell’uguaglianza. Nessuno può imparare per gli altri, la partecipazione attiva di chi apprende è fattore primario; dovremmo considerare seriamente il diritto alla fatica.
Una prova di verifica non può essere eccessivamente difficile, o irrilevante o estranea al curricolo, deve essere coerente con le lezioni svolte: le conoscenze dichiarative e procedurali, così come il tipo di ragionamento implicato, devono essere chiaramente individuabili, da chi la sostiene, e l’esito restituito in tempi congrui, per evitare che l’attenzione sia posta sul feedback invece che sulla prestazione.
Le cose sono andate così, saniamo la situazione seriamente cioè da un lato capitalizzando ciò che ciascuno ha fatto, dall’altro pianificando un serio recupero sul lungo periodo, di ciò che non è stato fatto. Serve un progetto politico che sappia guardare al di là del contingente e dell’emergenza. Non possiamo fingere che “tanto poi le cose si aggiustano”: certe cose se non le impari a scuola, non le impari proprio. Se l’istruzione è un diritto e ciò che apprendi diventa competenza e serve per la vita, nessuno ti può privare di questo diritto. Qualcuno potrà obiettare che le cose non stanno così, ma proviamo ad ascoltare i ragazzi quando si rendono conto che non padroneggiano alcune conoscenze o procedure perché non sono state insegnate adeguatamente. Chi ha sorvolato per non appesantire o per non mortificare, non ha fatto loro un favore e i ragazzi lo dicono con estrema schiettezza.

3. Il dovere e la passione

In chiusura, alcune considerazioni che riguardano il rapporto adulti/bambini/ragazzi e il ruolo che tale rapporto gioca nella formazione delle giovani generazioni.
L’attività dell’insegnante è riconosciuta come “professione pubblica” (Elio Damiano) per la sua rilevanza in relazione al diritto all’educazione iniziale, e per l’intero arco della vita, e questo comporta una responsabilità pubblica dei docenti.

Cosa pensano i ragazzi e le famiglie di quei docenti che sostengono, cosa peraltro vera, che nel contratto non è prevista la didattica a distanza e non la attuano? Ce lo chiediamo? Se i doveri si assolvono solo perché sono imposti e declinati, che esempio diamo e che significato assumono parole come responsabilità, rispetto, diritti, solidarietà, vicinanza, democrazia. In una società orizzontale i doveri sono l’altra faccia dei diritti e il diritto all’istruzione è costituzionale. E ancora, diritto non è sinonimo di privilegio: purtroppo per noi adulti, l’etica, di cui ci riempiamo spesso la bocca, non si insegna con le parole ma con i comportamenti. La didattica a distanza sarà pratica obbligatoria, pare, e tutti dovranno attenersi a quanto verrà stabilito. Ma la passione per ciò che si fa, per il proprio lavoro, non si attribuisce per decreto e senza passione non c’è forza nell’azione formativa, non c’è futuro. Basterebbe, e lo dico come persona di scuola, che facessimo per i nostri allievi quello che ci aspettiamo venga fatto per i nostri figli.

CURA ITALIA: GARANTIRE RECUPERO ATTIVITÀ EDUCATIVE E FORMATIVE

CURA ITALIA, GRANATO (M5S): GARANTIRE RECUPERO ATTIVITÀ EDUCATIVE E FORMATIVE

Roma, 6 apr. – “Stiamo lavorando in Senato al decreto Cura Italia, per ciò che riguarda le misure sulla scuola abbiamo chiesto con un odg di maggioranza al governo un impegno ulteriore per la didattica a distanza, con particolare attenzione ai bambini e agli adolescenti che versano in condizioni di maggiore fragilità socio economica. È necessario garantire ai minori più a rischio di povertà educativa e dispersione scolastica l’eventuale pieno recupero delle attività educative e formative previste per l’anno scolastico 2019-2020, in vista dell’avvio dell’anno scolastico 2020-2021. Inoltre bisognerà individuare le misure più opportune per monitorare i risultati della didattica a distanza, sia in itinere sia ex post, divulgando e rendendo noti criteri uniformi puntuali per la validazione dell’attività didattica e formativa svolta. Inoltre riteniamo opportuno vigilare sull’attività di direzione e coordinamento dei dirigenti scolastici, e dei relativi staff, affinché venga effettuata nel rispetto dei principi di imparzialità e buon andamento, in conformità con le deliberazioni degli organi collegiali consultivi, così da agevolare e consentire l’effettiva fruizione da parte di tutti gli studenti delle nuove modalità di apprendimento. Ma soprattutto sarebbe importante che ogni scuola che registrasse dei dispersi si attivasse presso i servizi sociali e le associazioni di ciascun territorio per stabilire una modalità di contatto sia pure telefonico con ogni studente, perché al dramma della dispersione scolastica non si aggiunga quello della esclusione sociale. A questo scopo auspichiamo venga definito un protocollo tra il Ministero dell’Istruzione e quello del lavoro e delle Politiche Sociali per una linea di azione unica da diffondere sui territori”.

Così in una nota la senatrice Bianca Laura Granato, capogruppo del Movimento 5 Stelle in commissione Istruzione.

DECRETO SCUOLA: PERPLESSITÀ SU METODO E MERITO

DECRETO SCUOLA, GILDA: PERPLESSITÀ SU METODO E MERITO

“Considerata la straordinarietà della situazione di emergenza e l’approssimarsi della fine dell’anno scolastico, comprendiamo la necessità di adottare misure in tempi rapidi, ma ciò non giustifica il mancato coinvolgimento delle organizzazioni sindacali rappresentative di un milione di lavoratrici e lavoratori del mondo della scuola. Dopo il confronto della scorsa settimana, ci auguravamo che la ministra Azzolina convocasse un incontro specifico sui contenuti del provvedimento varato oggi in Consiglio dei Ministri. Ancora una volta, dunque, constatiamo con amarezza che è stato deciso di procedere unilateralmente”. Così Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti, commenta l’approvazione del decreto scuola.

“Anche in questa situazione di emergenza, il valore legale dei titoli di studio rilasciati andrebbe in qualche modo preservato. Desta quindi preoccupazione la decisione di generalizzare le ammissioni alle classi intermedie e di ridurre l’esame conclusivo del primo ciclo a un banale elaborato, senza peraltro alcuna garanzia di autenticità”.

“Inoltre, occorre avere indicazioni chiare e precise sul tipo di didattica a distanza che si intende implementare, anche in relazione alla diversa età degli alunni. Se le condizioni sanitarie non consentiranno il ritorno sui banchi a settembre, bisognerà programmare un sistema alternativo che non può limitarsi a scimmiottare le lezioni in classe”.

Sul fronte del personale scolastico, infine, Di Meglio fa notare che rinviare il rinnovo delle graduatorie di istituto al prossimo anno provocherà un’esplosione delle Messe a disposizione (MAD), che non sempre garantiscono qualità dell’insegnamento, e negherà a migliaia di precari la possibilità di ottenere un contratto di supplenza. “Senza considerare – conclude il coordinatore nazionale della Gilda – che appare come un controsenso dare da una parte la possibilità di bandire i concorsi e dall’altra bloccare l’aggiornamento delle graduatorie”.

CORONAVIRUS: AL VIA IL CORSO DI FORMAZIONE PER DOCENTI SU GESTIONE ANSIA E STRESS

CORONAVIRUS: AL VIA IL CORSO DI FORMAZIONE PER DOCENTI SU GESTIONE ANSIA E STRESS  

ROMA – “I docenti hanno dimostrato di essere per gli studenti mediatori di benessere e attivatori di processi di resilienza. Da quando l’emergenza sanitaria è iniziata, infatti, la scuola si è subito attivata per garantire il diritto allo studio e la prosecuzione delle attività didattiche. La situazione però richiede competenze personali e professionali notevoli”.È quanto contenuto nel video di presentazione del corso per docenti ‘La gestione dell’ansia e dello stress nelle situazioni di emergenza’ realizzato dall’Istituto di Ortofonologia nell’ambito delle attività promosse dalla Task force per l’emergenza educativa del ministero dell’Istruzione.Un percorso dunque di formazione per insegnanti, suddiviso in moduli, al fine di fornire strumenti per la gestione delle naturali risposte di ansia e stress che si possono sperimentare a confronto con esperienze difficili come quella che stiamo attualmente vivendo, al fine di sostenere e mantenere vivo il rapporto scuola-studenti e il dialogo educativo tra scuola e famiglia.L’esperienza d’intervento nell’ambito della gestione degli eventi stressanti e traumatici svolta dall’IdO nell’arco di questi anni ha dimostrato come i docenti possano costituire per gli studenti una grande risorsa, diventando mediatori di benessere e attivatori dei processi di resilienza. La situazione che stiamo affrontando richiede, sia sul piano personale che professionale, l’attivazione di notevoli risorse anche emotive e relazionali oltre alla necessità di valorizzare le capacità adattive necessarie a gestire i cambiamenti che hanno coinvolto la vita quotidiana di ciascuno.In particolare i docenti sono chiamati a: gestire le difficoltà concrete e logistiche legate all’organizzazione di attività formative a distanza; coniugare ed organizzare tempi e spazi che un tempo erano differenziati ed oggi appaiono sovrapposti; accogliere l’eterogeneità delle richieste, dei vissuti e dei bisogni dei giovani; sintonizzarsi e gestire i propri bisogni e vissuti.L’iniziativa intende rispondere quindi alle tante richieste che arrivano ogni giorno da coloro che si trovano a confrontarsi con uno strumento, come quello della formazione a distanza, che se da un lato consente di mantenere quel senso di continuità di cui tutti hanno bisogno, dall’altro porta molto spesso a doversi confrontare con il senso di inadeguatezza e le criticità legate all’utilizzo di una risorsa per molti nuova e poco conosciuta in una condizione generale caratterizzata da un notevole cambiamento.Il percorso formativo si articolerà in due moduli, il primo indirizzato ad evidenziare le implicazioni sia sul piano organizzativo-logistico che emotivo-relazionale che l’emergenza legata alla diffusione del Coronavirus ha avuto per i docenti (con particolare riferimento ai cambiamenti intervenuti nella relazione educativa e nell’alleanza educativa con la famiglia in seguito all’introduzione della didattica a distanza); il secondo più specificamente legato agli strumenti e alle risorse che possono essere messe a disposizione degli studenti al fine di favorire un atteggiamento attivo e consapevole nei confronti della condizione che stanno vivendo, accoglierne, comprenderne e gestire le richieste, i bisogni e i vissuti, spesso estremamente eterogenei, e favorire in loro quella flessibilità, quelle capacità di problem solving e quella creatività necessarie al processo di adattamento.Il corso è gratuito e le attività saranno svolte in modalità e-learning. Per informazioni e iscrizioni è possibile guardare il video di presentazione e scrivere all’indirizzo sportellodocenti@diregiovani.it

Arrivano i docenti digitali

Scuole chiuse per l’emergenza Covid 19: arrivano i docenti digitali

Per 5000 insegnanti italiani in arrivo il corso gratuito online di WeSchool, sviluppato con UniCredit, Fondazione Snam e Fondazione Golinelli e dedicato alla didattica a distanza

Milano, 6 aprile 2020. Video-lezioni, guide e tutorial pratici su come organizzare le attività di didattica a distanza in maniera semplice e sicura, indicazioni sulle app e i software gratuiti migliori per creare lezioni entusiasmanti. Perché insegnare da remoto non è semplice, ed è soprattutto un’esperienza nuova che, per fronteggiare l’emergenza dovuta alla chiusura delle scuole a causa del COVID-19, stanno affrontando moltissimi insegnanti italiani. Nasce per questo Docenti Digitali (a distanza), il corso gratuito online di WeSchool sviluppato con UniCredit, Fondazione Snam e Fondazione Golinelli e pensato per affiancare i docenti della scuola secondaria durante l’emergenza COVID-19.

Il link per iscriversi è: https://www.weschool.com/docenti-digitali-a-distanza/

Docenti Digitali (a distanza) raggiungerà 5000 docenti italiani con l’obiettivo di fornire in tempi rapidi tutti gli strumenti necessari per proseguire le normali attività didattiche nel rispetto delle indicazioni fornite dal MIUR e di proporre nuove metodologie e buone pratiche che potranno essere sfruttate con profitto sia in questa fase critica, sia quando si tornerà in aula. Docenti digitali infatti farà crescere le competenze digitali dei nostri insegnanti e conseguentemente dei nostri giovani.

Non si tratta solamente di un corso che consente di fruire materiali: “Docenti Digitali” è anche una community. Gli insegnanti potranno chattare, discutere e condividere buone pratiche con migliaia di colleghi. I tutor di WeSchool saranno di supporto in caso di dubbi.

Nello specifico i docenti digitali potranno imparare a:

  • Progettare attività di didattica a distanza in modo semplice e nel rispetto delle indicazioni fornite dal MIUR, grazie a guide e lesson plan dal taglio pratico e facilmente replicabili con le classi;
  • Conoscere le app e i software gratuiti migliori (come ad esempio Prezi, Canva, Powton, Zoom e molti altri) per creare lezioni stimolanti e coinvolgere gli studenti oppure per predisporre test e quiz o per collaborare con i colleghi: il tutto, ovviamente, a distanza e con il supporto di tutorial che li guideranno nell’utilizzo degli strumenti;
  • Diventare un vero Prof Digitale, che utilizza strumenti sicuri e diffonde fra i suoi studenti pratiche di utilizzo consapevole e responsabile dei nuovi strumenti digitali e di tutela della propria privacy, in linea con le direttive dettate del GDPR (General Data Protection Regulation), del diritto d’autore e delle licenze Creative Commons;
  • Trasformare le lezioni in chiave digitale, giorno per giorno e insieme agli studenti, e progettare attività didattiche sia live sia in modalità asincrona;
  • Acquisire una conoscenza di base su alcune delle principali metodologie didattiche non tradizionali per la scuola secondaria, come l’Inquiry Based Learning (o Apprendimento basato sull’Indagine) e l’autovalutazione.

Alla fine del corso online, della durata di 4 settimane, verrà effettuata un’attività di valutazione dell’impatto dell’iniziativa e delle effettive competenze acquisite dai docenti, di cui verranno resi pubblici i risultati.

Informazioni e contatti

WeSchool è la leader italiana della scuola digitale, utilizzata da 140.000 docenti e da più di un milione di studenti. Supporta gli insegnanti con percorsi di formazione sulle nuove metodologie didattiche e lavora con editori, aziende e fondazioni su progetti che portano valore al mondo della scuola.

Per informazioni: letizia@weschool.com

UniCredit è una banca commerciale paneuropea, semplice e di successo, con una divisione Corporate & Investment Banking completamente integrata e una rete unica in Europa occidentale, Centrale e Orientale a disposizione della sua ampia base di clientela. UniCredit offre un servizio competente alla clientela internazionale e locale, offrendo un accesso senza eguali a banche leader in 13 mercati principali grazie alla sua rete bancaria europea, che include Italia, Germania, Austria, Bosnia e Erzegovina, Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Ungheria, Romania, Russia, Serbia, Slovacchia, Slovenia. Disponendo di una rete internazionale di uffici di rappresentanza e filiali, UniCredit serve i clienti di altri 18 Paesi di tutto il mondo.

Per informazioni: mediarelations@unicredit.eu

Fondazione Snam nasce nel 2017 su iniziativa di Snam, una delle principali aziende di infrastrutture energetiche al mondo, per mettere a disposizione del Paese le competenze e le capacità realizzative sviluppate nei quasi 80 anni di storia dell’azienda.

La sua missione è realizzare, promuovere e diffondere pratiche innovative, efficaci e solidali in grado di favorire lo sviluppo civile, culturale ed economico in aree prioritarie di interesse pubblico.

La Fondazione, che opera senza scopo di lucro, aggrega idee e risorse volte alla riqualificazione delle aree più vulnerabili, anche attraverso la protezione e la cura del patrimonio paesaggistico e ambientale e la promozione di attività culturali in ogni loro espressione.

Ispirandosi alle competenze di Snam in abito infrastrutturale, Fondazione agisce a favore dello sviluppo dell’ecosistema sociale anche attraverso la costruzione di reti con istituzioni, imprese ed enti del terzo settore.

Per informazioni: davide.ciullo@snam.it

Fondazione Golinelli, nata a Bologna nel 1988 per volontà dell’imprenditore e filantropo Marino Golinelli, è un esempio – unico in Italia – di fondazione filantropica privata, ispirata ai modelli anglosassoni e pienamente operativa. Si occupa di educazione, formazione, ricerca, innovazione, impresa e cultura. L’obiettivo è offrire a tutti – giovani e meno giovani – strumenti sempre aggiornati per comprendere il futuro, favorendo la crescita culturale, la consapevolezza e la capacità di affrontare in modo responsabile e propositivo ciò che ci attende dal punto di vista sia professionale sia umano. Fondazione Golinelli collabora con le principali istituzioni pubbliche italiane e con i più autorevoli partner accademici, scientifici e culturali locali, nazionali e internazionali.

Per informazioni: ufficiostampa@fondazionegolinelli.it

Pillole pedagogiche

Pillole pedagogiche

di Maurizio Tiriticco

In questo triste periodo del tutti a casa e dell’insegnamento a distanza, non è male riandare a quanto illustri pedagogisti ci hanno ricordato anni fa.

PREMESSA – “L’atto di imparare o di studiare è artificiale e inefficace nella misura in cui agli allievi viene semplicemente assegnata una lezione da imparare. Lo studio è efficace nella misura in cui l’allievo capisce il ruolo che la verità numerica di cui si occupa ricopre in relazione alla messa a profitto di attività a cui è interessato. Questo legame di un oggetto e di un argomento con la promozione di un’attività tendente ad un fine, è la prima e l’ultima parola di una teoria genuina dell’interesse nell’educazione”. Sono parole di John Dewey, in “Democrazia e Educazione”, La Nuova Italia, Firenze, 1949, pag.173. Attenzione! “Democracy and Education” fu pubblicato a New York nel 1916. Fu tradotto in Italia soltanto nel secondo dopoguerra: nel 1949, tradotto da Enzo Enriques Agnoletti e Paolo Paduano per i tipi de “La Nuova Italia”, di Firenze. La “pedagogia fascista” mirava ad indottrinare i giovani, non a liberarne il pensiero e la creatività. Non a caso il Ministero della Pubblica Istruzione era stato ridenominato Ministero dell’Educazione Nazionale. Ma educare a che cosa? Solamente al “credo fascista”! Tutti gli Italiani, piccoli e grandi, furono tenuti a giurare secondo la seguente formula: “Nel nome di Dio e dell’Italia, giuro di eseguire senza discutere gli ordini del Duce e di servire con tutte le mie forze e, se è necessario, col mio sangue la causa della Rivoluzione Fascista”. A mia memoria – nato nel 1928 – chissà quanto volte avrò giurato! All’inizio dell’anno scolastico e a tutte le ricorrenze del Regime! In primis il 28 ottobre anniversario della “marcia su Roma”.

UNO – Jerome Seymour Bruner ci ricorda ne “La sfida pedagogia americana”, Armando, Roma, 1973, pag. 47, i cinque principi educativi formulati da John Dewey: 1) tutta l’istruzione è frutto della progressiva partecipazione dell’individuo alle cognizioni possedute in comune dal genere umano; 2) poiché l’istruzione è, in tal modo, un processo sociale, la scuola non è che quell’aspetto della vita sociale in cui si accentrano i fattori meglio adatti a favorire quella partecipazione e a far sì che il fanciullo utilizzi le proprie facoltà per fini sociali. L’istruzione è, quindi, un processo inerente alla vita, e non già una fase preparatoria a un successivo periodo di essa; 3) il vero centro dei programmi di insegnamento non è pertanto questa o quelle materia specifica, bensì l’insieme delle attività del fanciullo nel quadro sociale, quadro efficacemente rappresentato, come già detto, dalla scuola; 4) il concetto informatore dell’insegnamento dev’essere fondato sulla natura stessa del fanciullo, caratterizzata dal predominio del suo aspetto attivo su quello passivo, cioè dal fatto che la vita cosciente tende a tradursi in azione; 5) l’istruzione è il metodo fondamentale del progresso e della riforma sociale”.

DUE – Robert Frank Mager in “Come sviluppare l’atteggiamento ad apprendere”, Giunti e Lisciani Editori, Teramo, 1983, a pagina 74 ci ricorda che “l’onestà con cui lo studente risponde alle domande che gli vengono postedipende in parte dalla fiducia che egli ha in che gli rivolge la domanda. Se lo studente ha poca fiducia, farà del suo meglio per dare quelle risposte che ritiene opportune, cioè risposte che lo possano danneggiare il meno possibile. Se ha molta fiducia, ritiene che non sia necessario nascondere quello che pensa realmente e, con molta probabilità, risponderà alle domande più accuratamente”.

TRE – Raffaele Laporta in “Insegnanti come e perché”, Giunti e Lisciani Editori, Teramo, 1984, pag. 25: “L’insegnante nella scuola di massa. L’insegnante oggi ha a che fare con una professionalità molto differente dal passato. Potremmo limitarci a ricordare che l’insegnante della tradizione scolastica non solo italiana, ma occidentale, era – quanto ai contenuti del proprio lavoro – un interprete della cultura consolidata nella sua società, quanto ai metodi, un autodidatta molto empirico, quanto ai rapporti con la realtà sociale quotidiana… L’insegnante di questo nostro tempo non può più mantenere caratteri così ‘chiusi’. Le sue prestazioni professionali devono oggi realizzarsi in una realtà che ha poche consegne da dargli, ma ha in compenso molte cose sa chiedergli. Le richieste hanno luogo quasi sempre in forme poco esplicite: hanno la forma di pressioni e conflitti politici, di stimolazioni culturali (di una cultura ormai così cronicamente in crisi, da far pensare che la crisi sia un suo carattere necessario), di suggestioni scientifico-educative”.

QUATTRO – Mauro Laeng in “Educazione alla libertà”, Giunti e Lisciani Editori, Teramo, 1980, pag. 39. “La libertà che si esprime nelle diverse visioni del mondo è per altro un punto di arrivo più che un punto di partenza. Pretendere che i ragazzi capiscano al volo cose come la tolleranza religiosa o la lotta di classe, per fare due esempi, vuol dire solo che gli stessi insegnanti ne hanno capito ben poco. Ciò non significa che in concreto i ragazzi non capiscano invece che cosa vuol dire rispettare le credenze di un compagno di un’altra confessione o comprendere anche i motivi di uno sciopero. E’ proprio le percezione concreta e vissuta che deve essere valorizzata; ciò vuol dire anche, però, evitarneogni interpretazione esclusivamente unilaterale”.

CINQUE – Benjamin Samuel Bloom, David Reading Krathwohl, Bertram B. Masia, in “Tassonomia degli obiettivi educativi, la classificazione delle mete dell’educazione, volume secondo: area affettiva”, Giunti e Lisciani Editori, Teramo, 1984, pag. 95. “Tassonomia del dominio affettivo: 1. Ricezione: consapevolezza, disposizione a ricevere, attenzione controllata o selezionata; 2. Risposta: acquiescenza, disposizione, soddisfazione; 3. Valutazione: accettazione, preferenza, impegno; 4. Organizzazione: concettualizzazione di un valore; organizzazione di un sistema di valori; 5: Caratterizzazione: tendenza, caratterizzazione.

SEI – Aldo Visalberghi, “Pedagogia e Scienze dell’Educazione”, con la collaborazione di Roberto Maragliano e Benedetto Vertecchi, Oscar Studio Mondadori, Milano, 1978.

SETTE – Benedetto Vertecchi in “Manuale della valutazione”, Editori Riuniti, Roma, 1984. Contiene una serie di indicazioni per gli insegnanti quando conducono una interrogazione: stimolo aperto e risposta aperta; stimolo aperto e risposta chiusa; stimolo chiuso e risposta aperta; stimolo chiuso e risposta chiusa.

Mah! Solo una serie di appunti! In relazione a cose scritte ieri! Ma che sembrano scritte oggi!

MATURITÀ: VITTORIA DEL SINDACATO

RETE STUDENTI – MATURITÀ: VITTORIA DEL SINDACATO

Il Ministero ha ascoltato le proposte degli studenti!
È stato approvato infatti il decreto che include le misure definitive per la conclusione dell’anno scolastico e per gli esami di maturità.

L’ammissione all’anno successivo o agli esami è garantita per tutti e tutte. Non si esclude però la possibilità di essere bocciati in sede d’esame.
Gli esami potrebbero svolgersi in due modalità in base a due scenari, basati sulla possibilità di rientrare o meno  a scuola il 18 maggio.

“Queste misure ricalcano in buona parte le proposte che la nostra organizzazione e il Forum delle Associazioni Studentesche avevamo presentato al ministero in queste settimane. 
Si tratta di un passo importante e di un grande vittoria per tutte e tutti – dichiara Federico Allegretti, Coordinatore Nazionale della Rete degli Studenti Medi – ed è bene che la Ministra si sia posta in ascolto delle nostre istanze, dimostrando sensibilità davanti alle organizzazioni che con serietà e competenza hanno lavorato per costruire proposte credibili.”

“La nostra organizzazione continuerà comunque a monitorare la situazione e gli sviluppi – continua Allegretti – non abbiamo mai creduto nel valore assoluto dell’esame, per questo ci interessa che al di là della maturità gli studenti continuino a recepire le misure di garanzia del diritto allo studio.”

NO ALL’ANTIDIDATTICA DI STATO

UNICOBAS: NO ALL’ANTIDIDATTICA DI STATO (DAD). MATTARELLA NON FIRMI L’ILLEGITTIMO DECRETO DELLE LOBBIES DEL WEB CONTRO LIBERTÀ D’INSEGNAMENTO E D’APPRENDIMENTO, ALTRIMENTI SARÀ SCONTRO, CONTENZIOSO DURO, DISOBBEDIENZA CIVILE ED OBIEZIONE DI COSCIENZA

Arriva la bozza di un vero e proprio Decreto Legge d’iniziativa del Presidente del Consiglio e del Consiglio dei Ministri a firma della Presidenza della Repubblica in materia di Valutazione, esami di stato, didattica a distanza, per l’emergenza Covid-19. L’incardinamento giuridico dell’interno Decreto, nei suoi riferimenti a fonti normative complesse, dettagliate e gerarchicamente superiori è monco come se fosse proiettato in una dimensione pericolosamente a-storica oltre che a-costituzionale. Infatti gli unici riferimenti alla Costituzione Repubblicana sono nel richiamo agli articoli 77, in relazione ai poteri di decretazione dell’Esecutivo in casi di necessità ed urgenza, e 87, con riferimento al potere del Presidente della Repubblica di emanare decreti aventi valore di Legge. Un decreto siffatto tradisce la voglia del Ministro della Pubblica Istruzione di assumere “pieni poteri” in virtù dei quali legiferare sospendendo – con la scusa dell’emergenza corona-virus -, istituti costituzionalmente tutelati quali la libertà di insegnamento e di  apprendimento, piegando con esso in modo univoco il Diritto allo Studio. 

-Non solo. La bozza, se approvata, cancellerebbe anche le prerogative che la stessa Carta assegna alle Organizzazioni Sindacali (articolo 39). Quanto sta succedendo è perfettamente in linea con un comportamento inaudito da parte del Ministro Azzolina. Come denuncia Rino Di Meglio, segretario della Gilda degli insegnanti: “Il giorno 23 marzo, verso le ore 21, senza nessuna consultazione preventiva dei Sindacati scuola, sul sito del Ministero dell’Istruzione è stata pubblicata, e subito dopo segnalata ai giornalisti con un’e-mail inviata dall’Ufficio stampa, l’Ordinanza sulla mobilità, inviata per posta elettronica ai sindacati alle ore 14.30 del giorno successivo, quando tutti gli organi di informazione l’avevano già ampiamente diffusa”. Per quanto attiene al testo di questo nuovo decreto, le bozze non sono mai state inviate a nessun sindacato, nonostante vi si configurino, come ha sottolineato lo stesso Di Meglio “interventi che toccheranno il contratto e l’ordinamento giuridico degli organi collegiali”, che conclude: “la grave emergenza che il Paese tutto sta affrontando, non può costituire un pretesto per ‘bypassare’ il confronto democratico con i docenti e il personale scolastico”. Secondo Pino Turi, segretario della Uil Scuola,è “singolare” che ciò avvenga dopo “una video conferenza con la responsabile del dicastero di Viale Trastevere, alla presenza del Viceministro e del Sottosegretario di Stato”, durante la quale “nulla è stato detto alle organizzazioni sindacali che lei stessa aveva convocato”. Per Maddalena Gissi, segretaria della Cisl: “anche per la Ministra è il tempo della correttezza e della coerenza“. Infine, l’Unicobas ha dichiarato: “Cercano di imporci per legge ciò che in nessun paese democratico è mai avvenuto: norme contrattuali stravolte e la modifica di tutta la normativa, nonché dello stato giuridico vigente nella Scuola. Non gli basta che si lavori sulla continuità pedagogica: vogliono assolutamente la didattica a distanza e vogliono che la si faccia esattamente come dicono loro”.

-È evidente che risulterà molto difficile dare una patente di legittimità sotto il profilo giuridico (diritto del Lavoro) e costituzionale (modifica di norme, anche sovraordinate, relative all’organizzazione collegiale versus strapotere assegnato dal Decreto ai dirigenti addirittura in materia di valutazione, prove d’esame e promozioni) e canonica (Dprr 416 e 417/74, più il Testo Unico sullo stato giuridico dei docenti) della Scuola, senza che neppure vengano citate o abrogate (e quindi tutt’ora vigenti). L’Unicobas non darà tregua e aprirà migliaia di contenziosi.

-Questo Decreto è talmente subdolo ed antisindacale, da preoccuparsi (sempre con la scusa dell’emergenza) addirittura di sottrarre anche al Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione (eletto dalla categoria) il diritto, incardinato per legge (Dpr 416/74), di fornire un obbligatorio (anche se non vincolante) parere sul Decreto stesso e su tutte le norme successive varate sulla scuola, concorsi compresi (Art. 3): “A decorrere dal giorno successivo all’entrata in vigore del presente decreto e fino al perdurare dello stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei ministri del 31 Gennaio 2020, il Ministro dell’Istruzione non ha l’obbligo di sottoporre al Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione-Cspi, per il prescritto parere, gli atti di cui all’articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 30 Giugno 199, n.° 233”. 

-Con il ricorso al decreto d’urgenza, invece che al Dpcm (d’iniziativa del Presidente del Consiglio dei Ministri), il Capo dello Stato viene chiamato con più forza ad assumere in prima persona la responsabilità politica, morale, storica, di questa grave, ulteriore sospensione di istituti fondamentali garantiti dalla Costituzione. Non è cosa da poco, visto quanto successo sinora con la restrizione di altre libertà Costituzionali, sempre per l’emergenza corona-virus, nella scia di un percorso di “delegificazione” di fatto, che però, con l’uso di Dpcm, ha coinvolto in maniera inferiore il ruolo di garanzia assegnato al Presidente della Repubblica. Chiediamo al Presidente Mattarella di non firmarlo.

-Tutto ciò avviene per colpire duramente la Scuola, “organo costituzionale” (secondo la definizione di Piero Calamandrei) nella sua natura specifica, toccando istituti costituzionalmente indisponibili come appunto la libertà di insegnamento. Si pretende di sospendere, con questo decreto, tutte le norme contrattualmente vigenti, a cominciare dal mansionario dei docenti, che non prevede né l’obbligo del ricorso alla didattica a distanza, né quello di prestazioni correlate in regime di sospensione delle attività didattiche. Tantomeno la partecipazione a riunioni on line, prive di qualsiasi valenza giuridica che, viceversa diverrebbero valide persino per la valutazione ai fini dell’assegnazione di titoli di studio giuridicamente validi.

-Viene così vanificato da un obbligo stupido, illegittimo e ridondante, il grande impegno che già interessa di fatto da settimane tutti i docenti del Paese i quali, avendo a cuore il futuro dei propri studenti, hanno fatto la scelta VOLONTARIA di interagire con alunni e famiglie. Tali onorevoli scelte hanno un ben diverso valore etico di quanto non venga loro attribuito dal Ministero, che molto evidentemente non sa interpretarle altro che come un avallo a meri esercizi d’autorità, sinora assolutamente illegittimi, da parte del Ministero o di singoli dirigenti scolastici. Il corpo docente italiano ha avuto invece il merito di aver dato vita ad un impegno sul campo voluto e ricercato dai singoli, al di là di ogni imposizione.

-Inoltre, nella bozza di Decreto, così come nelle risposte pregresse della Ministra Azzolina alle interrogazioni parlamentari, “grandi assenti” risultano gli articoli 33 e 34 della Costituzione: proprio quelli che invece sostanziano il comma 2 dell’articolo 3 della Carta: “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.” Nulla valgono quindi, per il legislatore, le disparità di ambito culturale, nella strumentazione telematica, nell’accesso alla rete (spesso debole o inesistente), o l’occupazione della stessa in presenza di genitori impegnati nel tele-lavoro.

-La Valutazione, nella scuola della Repubblica, ha il significato letterale di “attribuire valore” allo studio per “promuovere il pieno sviluppo della persona umana” e consentire così, in fieri, il libero e consapevole dispiegarsi nella vita politica, economica, sociale, culturale del Paese. Non è un caso che, nella “fretta” dell’emergenza (o utilizzandola come pretesto), oltre ad aver dimenticato gli articoli  della Costituzione che rifondano la Scuola quale “Organo Costituzionale”, la bozza abbia dimenticato il quadro normativo di riferimento in materia di Valutazione, ossia qualsiasi riferimento, per esempio, alla legge 517/77 o al DL.vo 62 del 13.4.2017, a tutt’oggi vigenti. La L. 517/77 parlò per prima di collegialità e “valutazione formativa” a conclusione di un dibattito  pedagogico e culturale di grande spessore, venuto “dal basso”, ossia dalle scuole, dagli insegnanti, dai genitori che, nel rispetto dei ruoli, collegialmente sperimentavano e innovavano. Perché nella Scuola, va ricordato con forza, esiste la libertà di sperimentazione!

-In quella legge l’esaltazione del valore formativo della valutazione passava per la programmazione degli interventi didattici ed educativi, per la “garanzia” agli alunni diversamente abili di percorsi di integrazione  anche attraverso l’individualizzazione della didattica, per l’assegnazione di risorse congrue e specifiche. Proprio così la Valutazione assumeva concretamente quella dimensione formativa, perché diventava atto collegiale e perché si declinava nella sua  dimensione “narrativa” che è l’unica  possibile per tenere insieme  le variabili di contesto e di percorso: l’unica che consente di praticare l’irrinunciabile pedagogia dell’errore, la sola che non operi la segmentazione schizofrenica tra conoscenze e competenze.

-Il perché nella Bozza di Decreto non si faccia riferimento alla norme vigenti sulla Valutazione, cosa che avrebbe assicurato un’ottima intelaiatura giuridica e pedagogica per una equilibrata e giusta decretazione ministeriale in materia, soprattutto in tempi di emergenza, bisognerebbe chiederlo a Marco Bruschi (detto “Max”), che ha pur richiamato nella sua recente nota il valore formativo della valutazione ma che nel 2008  era consigliere di Maria Stella Gelmini. Fu proprio Maria Stella Gelmini, infatti, il Ministro del “tunnel dei neutrini” (senza “distanziamento sociale”), con il Decreto Legge n.° 137 del 1 settembre 2008, a reintrodurre, perfino nella scuola Primaria, la barbarie della valutazione in voti numerici espressi in decimi. Il decreto, convertito in legge (L. 169/2008) fu seguito dalla circolare n.°10 del 23/01/2009, era tutto volto all’eliminazione di fatto della pratica dei “giudizi”, ai quali la Scuola Elementare italiana, prima nel mondo (secondo l’Ocse) fino al 1990 era finalmente arrivata nei decenni precedenti grazie alle grande ventata dell’innovazione didattica ed ai Nuovi Programmi del 1985, firmati da fior di pedagogisti. Alla task force della Gelmini, della quale faceva parte quello stesso Max Bruschi (del quale abbiamo chiesto le dimissioni) che ora perora la magnificenza delle riunioni a distanza, si deve il primo tentativo di smantellare la valutazione come atto collegiale, a partire dalla Scuola Primaria, e la riduzione dell’atto valutativo ad una media aritmetica basata su voti assegnati ad ogni singola prestazione. Insomma il governo Pd – 5 Stelle ricorre a Maria Stella Gelmini. Un eccellente esempio di continuità “pedagogica” e politica!

-Già questo dato dovrebbe far tremare i polsi, ma scorrendo con maggiore attenzione il testo, vi si scopre di più: la delega che il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Ministro dell’Istruzione chiedono al Presidente Mattarella, è una delega a regolamentare successivamente, a seconda dell’andamento della Pandemia, le ammissioni alle classi successive, nonché gli esami di Stato a conclusione del Primo e del Secondo Ciclo d’Istruzione, ossia a legiferare liberamente in seguito, su una materia che avrebbe potuto e dovuto essere regolamentata fin da ora perché sostanzia più d’ogni altra l’aspetto pedagogico-giuridico-amministrativo del processo Valutativo.

-Il Decreto, che avrebbe dovuto e potuto offrire certezze e consentire ad alunni ed insegnanti un lavoro più sereno e proficuo, lascia in sospeso, prende tempo, rimanda all’incertezza delle onde epidemiche. Uno sciabordare approssimativo di ipotesi, che assumono la misteriosa data del 18 maggio come spartiacque.

Sostanzialmente, se l’attività didattica dovesse riprendere in presenza il 18 maggio, si prevede: “un eventuale recupero degli apprendimenti per gli alunni delle classi intermedie  di tutti i cicli d’ istruzione, […] nel corso dell’anno scolastico successivo, a decorrere dal primo settembre 2020, quale attività didattica ordinaria” (sic!). La modifica dei requisiti di ammissione alle classi successive dovrà però “proiettarsi” al recupero di quegli stessi apprendimenti, ed avverrà successivamente (ed anche qui il “sic!” è d’obbligo). Ma non è finita. Dobbiamo attenderci l’eliminazione di “qualche prova” – non sia mai che venga detto di quali prove -, per gli esami conclusivi della Secondaria di primo grado, poi la modifica della composizione delle Commissioni per l’Esame di Maturità e la sostituzione per quegli esami della seconda prova nazionale con una prova prevista da ogni singola commissione (oibò!). 

-Nel caso in cui le lezioni non dovessero riprendere in presenza il 18 maggio, allora si prevedono: scrutinio anche “telematico”, un maxi colloquio per l’Esame di Maturità che sostituisca le prove scritte nonché l’ammissione a tale prova conclusiva, prescindendo da una parte da quanto richiesto dal Dlgs 62 del 2017, ma (udite, udite!) lasciando invariata la “valutazione delle esperienze maturate nei percorsi trasversali” (vedi Alternanza Scuola Lavoro) “e nell’orientamento”. Si può rinunciare a tutto ma a quelle no.

Cui prodest? A chi giova questo gioco di rimandi a decretazioni successive laddove sarebbe bastato dire che l’anno scolastico in corso era valido per tutti, proprio per evitare che l’aspetto ormai pseudo-pedagogico e normativo-amministrativo della valutazione si trasformasse  in una spada di Damocle incombente sulla testa degli alunni più fragili, e non solo dal punto di vista degli apprendimenti scolastici o della dotazione informatica posseduta, ma anche da quello emotivo? 

Scorrendo ancora il testo, il diktat sovietico sulla didattica a distanza appare chiarissimo. All’art 2, comma 2, della bozza, ove il governo si riserva di emanare misure urgenti per regolare la conclusione del corrente anno scolastico e avviare il prossimo si legge: “il personale docente ASSICURA comunque le ‘prestazioni’ (nostro il virgolettato) didattiche nella modalità a distanza, utilizzando strumenti informatici o tecnologici a disposizione”. A “disposizione” di chi? 

In sostanza: “Le prestazioni lavorative e gli adempimenti connessi dei dirigenti scolastici e del personale scolastico, come determinati dal quadro contrattuale e normativo vigente, fermo quanto stabilito al periodo precedente, possono svolgersi nelle modalità del lavoro agile anche attraverso apparecchiature informatiche e collegamenti telefonici e telematici”. Ma questo è il punto. Qui entra in ballo il giochino verbale del legislatore pentapiddino e a 5 Balle. Infatti, pur richiamando il “quadro contrattuale e normativo vigente”, contratto e mansionario vengono furbescamente superati in toto, con l’ausilio di un successivo eufemismo icastico, con quella precisazione tra le righe: “fermo quanto stabilito al periodo precedente”. Il che vuol significare semplicemente che, d’imperio: “il personale docente ASSICURA comunque le prestazioni didattiche nella modalità a distanza”. Con buona pace di ogni senso del diritto pubblico e privato, nonché dell’ambito contrattuale vigente ove la didattica a distanza non è per nulla menzionata (e spesso, a causa dell’ingerenza e degli interessi diretti dei grandi sistemi informatici privati, spesso consigliata da più di un pedagogista avveduto). La continuità pedagogica (che oggi, in tempi di corona-virus, la Francia dei Freinet e della scuola attiva raccomanda ai suoi insegnanti, senza alcuna obbligatorietà o imposizione di stato) non è necessariamente la “Dad”, acronimo “brusco” inventato per la didattica a distanza.

Pare del tutto evidente quanto ciò giovi, in primis dal punto di vista economico, ai giganti dell’informatica, i quali stanno già stipulando con il Ministero e le singole Istituzioni Scolastiche i predisposti contratti di fornitura di beni e servizi. Pare altrettanto evidente come si utilizzi la Valutazione, declinata nel suo aspetto meramente  burocratico-normativo, e la didattica a distanza nella sua banale e riduttiva accezione di didattica digitale, come grimaldelli per scardinare – nonché per stabilire un pericolosissimo precedente – quanto resta del Sistema Scolastico dopo trent’anni di sistematica distruzione di stampo privatistico (persino per quanto attiene al genere di contrattazione).

Perché diciamo questo?

-Perché un siffatto Decreto Legge, che norma ciò che non dovrebbe normare e rimanda ad libitum ciò che invece sarebbe richiesto normasse, s’inquadrata nella filosofia degli Hashtag “#nientesarà+comeprima”, degli inviti mediatici a sperimentare nuove forme eterodirette di organizzazione dei rapporti umani e sociali sulle piattaforme gestite dalle potenti nuove tecnologie informatiche e digitali che altri hanno scelto per noi, giustifica ben più di qualche motivo di seria inquietudine. 

-Perché frammentare l’atto giuridico valutativo in tanti microcosmi quante sono le scuole, oltre a creare confusione, inficia ulteriormente il valore legale (e la legalità) del titolo di Studio conseguito, ossia ne indebolisce la condizione, sul piano dell’efficacia oggettiva, del suo valore di attestazione della certezza, in primo luogo del  raggiungimento di un determinato tipo o livello di preparazione, “certezza legale valevole erga omnes”. Ed eliminare il valore legale del titolo di studio significherebbe realizzare l’unico punto ancora inevaso del programma della Loggia P2 (e lo sa molto bene Valentina Aprea di Forza Italia, che per questo s’è già spesa favore di questo Decreto). “Sdoganare” per legge la didattica digitale come unica (e prevalente) forma di Scuola, significa realizzate la distopia dell’Associazione Treellle, della Fondazione Agnelli, dell’Associazione Nazionale Presidi, dei tecnocrati che hanno già scritto ed ottenuto l’incostituzionale chiamata diretta (a suo tempo firmata da Mattarella) e la cattiva sQuola renziana ed ora vogliono completare l’opera, portando finalmente la Scuola al loro servizio, alle regole del mero apprendistato dell’alternanza scuola-ignoranza, al minimalismo sfrenato, alla sostituzione delle conoscenze con le competenze, per l’introiezione negli studenti di un assetto disciplinare, iniquo, impolitico, sub-culturale e meramente esecutivo.

Proprio su quel valore legale si fonda la reale uguaglianza dei cittadini sancita dall’articolo 3 della Costituzione, perché quel valore legale si sostanzia dell’articolo 33, comma 2 della Costituzione: “La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi”. L’ articolo 33 dunque postula l’esigenza di “promuovere” concretamente tale diritto, segnando la strada alla normativa futura anche e soprattutto in emergenza pandemica. 

-Invece abbiamo dovuto ascoltare una Ministra dell’Istruzione, dall’aula del Senato – a proposito della didattica a distanza e del fatto che non tutti gli alunni avessero mezzi informatici adeguati –  tirare in ballo la “sussidiarietà verticale”, una sorta di confusa giustificazione giuridica dell’ineguaglianza, una sorta di invocazione e remissione alla darwiniana “immunità di gregge” in versione scolastica. Poi la panacea degli 85 milioni, come se, oltretutto in tempi brevi, potessero far sparire il problema.

Gli alunni? Si adeguino! Gli insegnanti anche. Tanto che taluni Dirigenti Scolastici scrivono nelle loro grida manzoniane: “Per quanto concerne la connessione sono le famiglie che devono attivarsi se non possiedono una linea internet adeguata: questo oramai è il canale comunicativo che sta sostituendo la stessa dimensione sociale, pertanto non lo si può ignorare anche a costo di qualche spesa economica per dotarsi di strumenti e linee sufficienti in casa, come PC fissi e laptop efficienti (e non si può studiare un mese su un cellulare!)”. Come se si dicesse al malato che accede alla terapia intensiva di portarsi il respiratore da casa.

-Perché ridurre la didattica a distanza ad una “prestazione assicurata” significa ridurre la Scuola al minimo, con lezioni live, in asincrono, “somministrate” da una piattaforma digitale che è programmata solo per offrire alcuni strumenti che, a priori, si vorrebbe venissero riconosciuti come gli unici possibili, significa tagliare la complessità dei processi cognitivi e di insegnamento-apprendimento, nonché restringere il tutto alla banale, pericolosa, dialettica istruttore-istruito, addestratore-addestrato, comandante-comandato, alla base di tutte le forme di pensiero convergente. 

-Perché stupisce in questa bozza di Decreto il fervore con il quale, nelle ipotesi di riorganizzazione dei momenti valutativi come gli esami di Stato, ci si arrovelli in soluzioni organizzative indefinite, ci si astenga  dal dettare norme chiare, come pure sarebbe compito della Repubblica e invece si richiamino esplicitamente i percorsi per le competenze trasversali (leggasi alternanza scuola lavoro) e l’orientamento, proprio a voler richiamare con forza che “la scuola debba realizzare il ‘successo formativo’ in termini di performances misurabili, fornire impari opportunità al cittadino in formazione ancorandosi al concetto invasivo di meritocrazia, a voler sancire proprio nell’emergenza che la scuola continui ad utilizzare la misura come mezzo di governance del “sistema” insegnamento-apprendimento, riorganizzandola sull’infatuazione per il numero in tutte le sue forme, comprese le declamazioni quotidianamente sfornate alle 18.00 per misurare l’andamento dell’epidemia, e aspettare il picco, e “distanziare socialmente” non solo fisicamente, ma anche ideologicamente.

-Perché frammentare la complessità  dell’organizzazione scolastica nei microcosmi di “prestazioni agili”, connesse fra di loro dalla fragilità di una comunicazione mediata e spesso unidirezionale è qualcosa di più e di diverso dal frammentare un qualsiasi altro luogo di lavoro, assume un valore “pedagogico” intrinseco che va al di la della Scuola stessa: si tratta di un diktat che grava su tutta la pedagogia sociale.  La scuola è un ambiente educativo d’apprendimento e lo è anche nelle relazioni umane ed istituzionali che tesse al suo interno. Non è un caso allora che questa innovazione, apparentemente imposta dall’emergenza (e dal mercato dell’emergenza), esalti i rapporti gerarchici e privilegi i tecnocratici a discapito della pariteticità, della  comunicazione educativa, collegiale, dialogica ed instauri invece rapporti dove tutti, alunni, Dirigenti, Docenti, Personale Ata, sono ridotti a monadi dematerializzate le cui relazioni complesse sono amputate del corpo come deposito della memoria, della parola come simbolizzazione e ripensamento dei significati del corpo e lasciate alla narrazione dell’immagine predefinita, pre-pensata, pre-posta, pre-significata. La banalizzazione della rappresentazione iconica di cui parlava Bruner.

-Perché introdurre per Decreto emergenziale ciò che semmai dovrebbe essere previsto (e normato) da un Contratto Nazionale di Lavoro è un modo feroce per demolire non solo i diritti, bensì il concetto stesso di diritto  soggettivo, assoluto ed erga omnes, come quello “relativo”, in e ad personam. E già hanno cercato di farlo, sempre nella scuola, imponendo (unici in Europa) al personale ata di rimanere negli istituti e persino di “sanificarli” loro (invece che le Asl a cui spetta), senza strumenti e competenze. Imponendo al personale ata, con una circolare illegittima dello stesso “Max” Bruschi, di gettare le ferie pregresse non godute nella turnazione obbligatoria. Imponendo a Convitti ed Educandati di rimanere ininterrottamente aperti (proprio dove c’è maggior promiscuità). È sotto gli occhi di tutti quali sfaceli abbia determinato la decontrattualizzazione del personale sanitario, dei medici, dei ferrovieri (l’incidente di Lodi in tempi di pandemia), dei corrieri di Amazon.

Cosa chiediamo.

L’Unicobas Scuola & Università chiede ufficialmente, al Ministro Lucia Azzolina e al Governo tutto, una decisione chiara ed inequivocabile  su come debba finire l’anno in corso. Urge un provvedimento politico che non sia questa bozza di decreto. La classe politica di questo Paese, e particolarmente il personale direttivo del Ministero, devono prendersi questa storica responsabilità, senza ordire trame e trucchi per scaricarla sulle spalle degli insegnanti più sottopagati d’Europa (i laureati peggio pagati d’Italia). Da settimane sentiamo TV e giornali mainstream ringraziare i docenti per il lavoro in più che si stanno sobbarcando senza esservi mai stati preparati, e senza risparmio del proprio tempo, delle proprie energie e della propria salute fisica e mentale (nonostante la favola — finora propalata dagli stessi media mainstream — dei docenti che non lavorano mai).

Ebbene, un buon modo per ringraziare fattivamente i docenti — visto che dal punto di vista economico, più che ringraziarli, li si defrauda e li si vilipende — potrebbe esser quello di sollevarli dalla responsabilità tremenda di dover valutare gli allievi in una situazione di assoluta mancanza di legittimità (esponendosi a piogge di ricorsi e al rischio di denunce civili con risvolti penali).

L’unica valutazione che scuole e docenti possono legittimamente fornire, in momenti come l’attuale, non può che essere formativa. Non c’è pedagogista serio che smentirebbe questo principio. L’unica funzione che la didattica a distanza può autonomamente e volontaristicamente svolgere in questo momento emergenziale è la motivazione degli allievi allo studio autonomo, lo stimolo alla scoperta del proprio desiderio di conoscere e del piacere di comprendere, il mantenimento del legame con la Scuola e col proprio percorso di crescita individuale: la continuità pedagogica. Questo è il solo compito che un docente degno di questo nome può tuttora assumersi. Tutto il resto, nella fase in cui il Paese si trova, è inutile e dannoso.

Gli studenti, in questo anno scolastico sventurato, vanno promossi tutti.

La severità andrebbe usata in anni normali. E invece da decenni il nostro Sindacato denuncia il lassismo e il “promozionismo” come diritto politico al “successo formativo”: una vera truffa, assolutamente proprio a danno di quelle classi subalterne che si finge di voler tutelare, distruggendone in realtà la possibilità di emanciparsi realmente dalle catene dell’ignoranza per poi divenire vittime della precarietà e del mercato del non-lavoro. Una truffa che la “Scuola dell’autonomia” ha oramai sdoganato mediante la trasformazione delle istituzioni scolastiche in aziende che competono sul mercato con altre scuole-azienda a suon di promozioni facili!

Si promuovano quest’anno — e solo quest’anno — tutti gli alunni, e si torni finalmente da Settembre ad una prassi valutativa seria, che valuti le conoscenze e la capacità di utilizzarle in vista di una cittadinanza consapevole, utile a tutta la collettività nazionale.

Dov’è finita la “sinistra”? Che dice “Leu”? Dove sono i “liberali”? Dove s’acquattano i “Prodi costituzionalisti”, sempre attenti a far le pulci alle leggi elettorali, per cercare di salvaguardare la “garanzia” di qualche scranno in più per partiti e partitini ormai decotti, ma mai presenti nelle battaglie cruciali di democrazia? Assenti ieri rispetto al furto di democrazia operato con la legge 517/97, quella che ha eliminato per le organizzazioni di base persino il diritto di indire assemblee sindacali in orario di servizio ed il diritto di poter presentare liste nazionali, persino nel corso delle elezioni Rsu, quelle che decidono della rappresentanza sindacale. Assenti oggi persino a fronte di questo vile attacco alla Scuola, proprio nel momento in cui il diritto di sciopero è vietato ed impraticabile in tutto il Paese (ma non nel resto d’Europa).

Una nota è stata inviata al Presidente Mattarella, perché non si renda complice di questa ennesima vergogna politica, che darebbe luogo ad una conflittualità pesante, che comincerà con atti di rimostranza a ripetizione e successivi ricorsi alla magistratura del Lavoro, perché l’operazione di annullare il contratto e lo stato giuridico vigenti per decreto è assolutamente inaccettabile sia sotto il profilo della normale giurisprudenza che sotto quello costituzionale. 

L’Unicobas decide di percorrere una doppia strada: oltre alla protesta formale rivolta al Presidente Sergio Mattarella, come accadde con la Legge 107 del 2015, quella della disubbidienza civile e dell’obiezione di coscienza contro l’imposizione di una pedagogia di stato, che chiederemo al personale docente ed ata di attuare se il Decreto verrà promulgato. 

p. l’Esecutivo Nazionale dell’Unicobas Scuola & Università:

Stefano d’Errico (Segretario Nazionale)

Alessandra Fantauzzi

Alvaro Belardinelli

Garantire le nuove adozioni

Levi (AIE): “Libri di testo e piattaforme digitali: anche in questi giorni di estrema difficoltà gli editori scolastici sono a fianco delle scuole per permettere l’educazione dei ragazzi. Chiediamo al governo di aiutarci a proseguire quest’opera garantendo le nuove adozioni”

Mentre si profila un significativo prolungamento dello stop alle lezioni in classe, gli editori scolastici confermano il loro impegno a supporto di alunni, famiglie, docenti, dirigenti scolastici. “Mai come oggi – spiega il presidente dell’Associazione Italiana Editori (AIE), Ricardo Franco Levi – i libri di testo e i loro supporti digitali sono garanzia di continuità didattica. Oggi siamo in prima linea nei piani per la didattica a distanza con strumenti che sono stati dall’inizio dell’emergenza a disposizione delle famiglie, senza costi aggiuntivi”.

Già oggi, infatti, sono numerose le piattaforme per la didattica a distanza messe a disposizione gratuita delle scuole di ogni ordine e grado e che, con al centro il libro di testo, vera colonna portante del nostro sistema di educazione, permettono la continuità didattica: migliaia di contenuti digitali, videolezioni, webinar e altro ancora, materiali tutti che hanno consentito – grazie al lavoro infaticabile e insostituibile di docenti e dirigenti – di dare concreta attuazione al diritto allo studio di bambine e bambini, ragazze e ragazzi.

“Siamo stati a fianco delle famiglie – spiega Giovanni Bonfanti, vicepresidente di AIE e presidente del gruppo Educativo – in momenti drammatici, attraverso le donazioni per le scuole e le famiglie nelle zone terremotate, o colpite nel crollo del ponte di Genova, e lo siamo anche oggi con l’emergenza Coronavirus”.

In questo contesto, è importante garantire il processo di adeguamento dei testi scolastici confermando anche quest’anno il normale procedere delle nuove adozioni, anche a garanzia della libertà di insegnamento dei docenti: “La conferma, anche in un anno così difficile, delle nuove adozioni – prosegue Giovanni Bonfanti– consoliderebbe l’impegno nell’educazione delle case editrici che danno lavoro, direttamente e indirettamente, a migliaia di persone e che contribuiscono ad attuare e a rendere effettivo il diritto allo studio, intervenendo significativamente nella formazione del “capitale umano”, cioè i nostri figli, i cittadini di domani”.

“Chiediamo di poter continuare a svolgere questo lavoro di accompagnamento delle scuole e delle famiglie – conclude Bonfanti -. Allo Stato invece il compito di tutelare i bilanci familiari con opportune politiche di sostegno, quali la tanto auspicata detrazione fiscale per l’acquisto dei libri di testo e il rifinanziamento del fondo per l’acquisto dei libri di testo per le famiglie bisognose, fermo al 1998 e da quella data mai rivalutato”.

Scuola, la ministra Azzolina: “Non tutti promossi alla maturità. Ipotesi didattica a distanza a settembre”

da Repubblica

La ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina, incalzata da Fabio Fazio e dal virologo Roberto Burioni a “Che tempo che fa”, a proposito del ritorno a scuola dopo il 18 maggio ha detto: “La politica sarà ancora più prudente della scienza perché mai e poi mai metteremmo a rischio la vita degli studenti”. Sull’esame di Maturità, rivelato da Repubblica, ha voluto tenere il punto: “Gli studenti sono tutti ammessi, ma essere ammessi non significa essere promossi. Saranno tutti ammessi perché non abbiamo la certezza matematica di essere arrivati al 100 per cento degli studenti con la didattica a distanza”. E rispetto a settembre, alla domanda se le lezioni a distanza continueranno ad essere usate, ha risposto che è un’ipotesi: “Stiamo immaginando scenari per l’autunno, c’è il problema delle classi pollaio, dove è impossibile mantenere la distanza di sicurezza”.

“Abbiamo previsto diversi scenari che garantiscano un esame serio – ha spiegato la ministra – Gli scenari sono due per gli esami di Stato: una nel caso in cui si tornasse in classe entro il 18 maggio è di un esame di maturità con una commissione tutta interna con il presidente esterno”, ci sarà “la prova nazionale di italiano, la seconda prova sarà preparate dalla commissione interna”. Se invece non si torna a scuola, “gli esami saranno con un’unica prova orale” e “gli studenti saranno tutti ammessi ma non significa essere promossi”.

Azzolina ha parlato anche degli esami di terza media: “L’esame di terza media si farà comunque”, sia che le scuole riaprano sia che restino chiuse per l’emergenza coronavirus. Se la scuola non dovesse riaprire, “gli studenti presenteranno un elaborato e ci sarà lo scrutinio finale. L’esame comunque si farà”.

Quanto al ritorno in classe la ministra dell’Istruzione ha spiegato: “Ho il compito di tutelare gli studenti e garantire alle famiglie che finchè non ci sarà sicurezza per tornare a scuola non torneranno in classe, ma ho anche il dovere di pensare a degli scenari per far sì che gli studenti continuino a lavorare. Il mio compito è valutare vari scenari”.

“E’ previsto un piano per riprendere le scuole in modalità in distanza se si riproponesse il problema virus anche in autunno?” ha chiesto Fazio. “E’ uno degli scenari a cui stiamo pensando”, ha risposto Lucia Azzolina. “Penso al problema atavico alle classi pollaio in cui è difficile tenere il metro di distanza. Con lo staff del Ministero lavoreremo a tutti gli scenari. Oggi in Cdm discuteremo a un decreto che farà riferimento anche a questi  aspetti e la maggioranza di governo oltre a preparare la fine di questo anno scolastico, per cui gli studenti non perderanno l’anno, inizierà a pensare anche al prossimo anno”.