Conferenza stampa del Presidente del Consiglio (26.04.2020)

Il 26 aprile 2020 il Presidente del Consiglio ha annunciato in conferenza stampa le misure per il contenimento dell’emergenza Covid-19 nella cosiddetta “fase due”.

Conferenza stampa del 26 aprile 2020


“Grazie ai sacrifici fin qui fatti stiamo riuscendo a contenere la diffusione della pandemia e questo è un grande risultato se consideriamo che nella fase più acuta addirittura ci sono stati dei momenti in cui l’epidemia sembrava sfuggire a ogni controllo. Avete manifestato tutti forza, coraggio, senso di responsabilità, di comunità. Adesso inizia per tutti la fase di convivenza con il virus e dobbiamo essere consapevoli che in questa nuova fase, la fase due, la curva del contagio potrà risalire in alcune aree del Paese. Dobbiamo dircelo chiaramente, questo rischio c’è. Nella fase due quindi sarà ancora più importante mantenere le distanze di sicurezza.” ha dichiarato il Presidente Conte, sottolineando come sia importante che la distanza sociale sia mantenuta anche in ambito familiare.

Oltre alla distanza sociale sarà importante, in questa seconda fase, l’utilizzo di dispositivi di protezione individuale. Proprio su questo fronte, il Presidente ha annunciato la firma da parte del Commissario Arcuri dell’ordinanza che fissa ad un massimo di 0,50 € il prezzo delle cosiddette mascherine chirurgiche.

Il Presidente ha quindi illustrato le novità introdotte dal nuovo Dpcm per il contenimento del contagio da Covid-19 e che avranno valenza dal 4 maggio e per le successive due settimane. 

Per quanto riguarda gli spostamenti, questi saranno possibili all’interno di una stessa Regione per motivi di lavoro, di salute, necessità o visita ai parenti; gli spostamenti fuori Regione saranno invece consentiti per motivi di lavoro, di salute, di urgenza e per il rientro presso propria abitazione.

Obbligatorio l’utilizzo delle mascherine sui mezzi pubblici.

Sarà consentito l’accesso ai parchi pubblici rispettando la distanza e regolando gli ingressi alle aree gioco per bambini, fermo restando la possibilità da parte dei Sindaci di precludere l’ingresso qualora non sia possibile far rispettare le norme di sicurezza.

Per quanto riguarda le cerimonie religiose, saranno consentiti i funerali, cui potranno partecipare i parenti di primo e secondo grado per un massimo 15 persone. Inoltre, già nei prossimi giorni si studierà un protocollo che consenta quanto prima la partecipazione dei fedeli alle celebrazioni liturgiche in condizioni di massima sicurezza.

Previste regole più stringenti per chi ha febbre sopra i 37.5 gradi e sintomatologie respiratoria: obbligo di restare a casa e avvertire il proprio medico.

Per quanto riguarda le attività di ristorazione, oltre alla consegna a domicilio, sarà consentito il ritiro del pasto da consumare a casa o in ufficio.

A partire dal 4 maggio potranno quindi riprendere le attività manifatturiere, di costruzioni, di intermediazione immobiliare e il commercio all’ingrosso. Per queste categorie, già a partire dal 27 aprile sarà possibile procedere con tutte quelle operazioni propedeutiche alla riapertura come la sanificazione degli ambienti e per la sicurezza dei lavoratori .

Per consentire una graduale ripresa delle attività sportive, a partire dal 4 maggio saranno consentite le sessioni di allenamento a porte chiuse degli atleti di sport individuali.

Per quanto riguarda il sostegno a famiglie, lavoratori e imprese, il Presidente ha ricordato che tra gennaio e marzo l’INPS ha accolto 109.000 domande in più di reddito e pensione di cittadinanza, 78.000 domande per il bonus baby-sitting e 273.000 per quanto riguarda i congedi straordinari per le famiglie. Inoltre al momento sono stati liquidati quasi 3,5 mln di richieste per il bonus da €600 per autonomi, professionisti, co.co.co, agricoli e lavoratori dello spettacolo, per un totale di 11 milioni di domande calcolando anche quelle per la cassa integrazione.  

Alcuni attendono ancora. Ci sono dei ritardi e di questi ritardi mi scuso personalmente”, ha sottolineato il Presidente Conte che ha poi annunciato che il Governo sta lavorando ad un nuovo decreto che metterà in campo ulteriori 55 miliardi.”

M. Buccolo, L’educatore emozionale

Maria Buccolo
L’educatore emozionale. Percorsi di alfabetizzazione emotiva per tutta la vita
Franco Angeli, Milano, 2019,
pp 153

di Valerio Ferro Allodola

Cosa sono le emozioni e come possiamo gestirle è una delle domande più comuni che ognuno di noi si è posto nella propria vita.

La risposta a questo interrogativo, con teorie e metodi di lavoro pratico sono contenuti nel libro dove Maria Buccolo ci mostra come è possibile allenare le emozioni da 0 a 100 anni attraverso percorsi formativi per tutte le stagioni della vita.

Il libro parte proprio dalla constatazione di quanto sia ormai “esploso” il tema delle emozioni nelle nostre vite e si propone come una guida pratica  per saper individuare, riconoscere e dare un nome ai propri vissuti emotivi, nei contesti di vita sociali  e professionali.

Se ci fermiamo e riflettiamo pochi minuti, possiamo capire bene come tutto ciò che impariamo nella vita sia influenzato dalle nostre dinamiche emotive e come queste siano in grado di determinare il modo in cui costruiamo le nostre idee e quindi il nostro comportamento con gli altri nel quotidiano.

Quello che dobbiamo capire dalla lettura di questo libro, è proprio il fatto che l’Autrice ci consegna una visione innovativa delle emozioni, considerate come una risorsa che serve per conoscere, agire e progettare la vita di ogni giorno e lungo tutto il corso del tempo dall’infanzia alla senilità.

Molto utili sono gli strumenti e le schede di lavoro contenuti nel volume, così come i numerosi esempi di progetti sperimentati sul tema e organizzati per fasce d’età: le fiabe per l’alfabetizzazione emozionale dei bambini, il copione teatrale dello spettacolo di Pinocchio a scuola, la gestione delle emozioni nel mondo digitale per gli adolescenti, gli esercizi di training teatrale per allenare l’intelligenza emotiva, le metodologie in azienda legate alla valutazione dello stress lavoro correlato ed infine le attività rivolte allo sviluppo emotivo nella terza età.

Per poter applicare nella vita di tutti i giorni l’alfabetizzazione emotiva e la gestione delle emozioni   è fondamentale tenere presente il fatto che se noi non sappiamo conoscere noi stessi ed il nostro sentire, non saremo in grado di capire gli altri, proprio perché ci sganciamo da quello che più ci distingue dagli altri esseri viventi: le nostre emozioni e i nostri sentimenti.

Penso che questo, sia uno di quei volumi che ci chiariscono – definitivamente – perché le emozioni sono così importanti nelle nostre vite e come possiamo lavorare concretamente per costruire dei percorsi di crescita umana e professionale.

E’ uno di quei libri che possono aiutare ognuno di noi a migliorare i nostri vissuti emotivi, perché ci spinge alla riflessione, ci fornisce gli strumenti di lavoro con noi stessi e con gli altri, educandoci non solo a non “soffocare” mai delle nostre emozioni, ma soprattutto a riconoscerle e darle un nome per assaporare davvero il senso e il significato dell’essere umano. Siamo l’educatore emozionale di noi stessi!

Buon viaggio nel mondo delle emozioni e buona lettura!

Come salvare il pianeta

Come salvare il pianeta
L’agenda 2030 esplorata dai bambini della scuola primaria

di Maria Buccolo [1]

Introduzione

Il presente contributo intende approfondire il tema dello sviluppo sostenibile attraverso l’esplorazione dell’agenda 2030 a scuola. Centrale risulta l’esperienza rappresentata dall’Unità didattica di Apprendimento “Come salvare il pianeta”, realizzata in collaborazione con la cattedra di Didattica Generale e disturbi specifici dell’apprendimento dell’Università degli Studi la Sapienza di Roma che ha rappresentato un vero e proprio esperimento di costruzione di comunità educante fondata sui valori della cittadinanza attiva e della sostenibilità globale.

  1. L’ educazione sostenibile a scuola attraverso l’esplorazione dell’agenda 2030

In campo educativo, il territorio si riscopre spazio familiare, ovvero una comunità in cui si svolge la vita quotidiana e l’individuo in essa interpreta e verifica quella rappresentazione che agli altri dà di se stesso, questo diventa “spazio sostenibile” perché delinea gli obiettivi e le  azioni di intervento che riguardano i diversi ambiti che contribuiscono allo sviluppo ed alla rigenerazione del territorio: dall’istruzione, il lavoro, fino alle città e al pianeta intero. Numerosi sono gli eventi, i progetti e le ricerca che si soffermano in particolare sull’importanza di pianificare misure sostenibili per consentire il raggiungimento degli obiettivi sanciti dall’ONU entro il 2030. Questi, sono confluiti nell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile che è un programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità, sottoscritto nel settembre 2015 dai governi dei 193 Paesi membri dell’ONU. Essa ingloba 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile in un grande programma d’azione per un totale di 169 traguardi. L’Agenda 2030 è il documento adottato dall’assemblea delle Nazioni Unite il 25 settembre del 2015 al fine di richiamare l’attenzione sui limiti dell’attuale modello di sviluppo umano, sociale e incoraggiare una visione delle diverse dimensioni di sviluppo integrata e sostenibile.

Il “Piano per l’educazione alla sostenibilità” presentato dal Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca (MIUR) nel luglio 2017 è in linea con “Trasformare il nostro mondo: l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile”; lo scopo del piano, infatti, é quello di trasformare il sistema di istruzione e formazione – dalla scuola al mondo della ricerca – in agente di cambiamento verso un modello di sviluppo sostenibile, facendo in modo che in ognuno degli ambiti di intervento le politiche del Miur siano coerenti con i 17 obiettivi dell’Agenda 2030.

Le 20 azioni “Piano per l’educazione alla sostenibilità”, coerenti con gli obiettivi dell’Agenda 2030, sono raccolte in quattro specifiche macro-aree:

  1. strutture ed edilizia;
  2. didattica e formazione delle e dei docenti;
  3. università e ricerca;
  4. informazione e comunicazione.

Sono stati predisposti, inoltre, dei percorsi di formazione mirata i docenti neoassunti e in servizio sui temi della sostenibilità, borse di mobilità internazionale finanziate dal Fondo Giovani per studenti in condizioni economiche svantaggiate e sessantacinque borse di dottorato su ambiti di ricerca coerenti con l’Agenda 2030 dell’Onu e con la Strategia Nazionale di Sviluppo Sostenibile, prevista dalla L. 221/2015. Le Indicazioni Nazionali per curricolo (2012), inoltre, si sono arricchite del documento “Indicazioni nazionali e nuovi scenari”, in cui si puntualizza l’urgenza di educare alla cittadinanza e alla sostenibilità, coinvolgendo tutte le discipline e l’intero progetto formativo.

L’azione educativo-didattica e le progettazioni curriculari ed extracurriculari nelle scuole, in linea con i 17 obiettivi, dovranno essere incentrate su:

  • l’educazione allo sviluppo sostenibile e a stili di vita rispettosi dell’ambiente, di tutte le popolazioni del mondo e delle generazioni future;
  • i diritti umani;
  • l’uguaglianza tra i popoli e le persone;
  • una cultura di pace e di non violenza;
  • la cittadinanza globale e la valorizzazione della diversità culturale;
  • l’innovazione sostenibile e la lotta alla povertà.

La finalità è quella di:

  • avvicinare gli alunni, ai temi della sostenibilità e agli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030;
  • sostenere l’importanza dell’educazione allo sviluppo sostenibile e alla cittadinanza globale nell’educazione formale;
  • favorire la consapevolezza, il pensiero critico, l’impegno e la cittadinanza attiva delle giovani generazioni per uno sviluppo sostenibile;
  • potenziare la didattica laboratoriale e i percorsi interdisciplinari.;
  • valorizzare e corroborare tutte le iniziative e le attività incentrate sull’educazione allo sviluppo sostenibile già presenti nelle suole.

Per quanto riguarda la formazione del futuro cittadino, l’UNESCO individua dei traguardi universali necessari per «Educare alla cittadinanza globale»[2]:

  • gli allievi acquisiscono la conoscenza e la comprensione delle sfide locali, nazionali e mondiali come anche l’interconnessione e l’interdipendenza tra i diversi paesi e popoli;
  • gli allievi sviluppano competenze analitiche e di spirito critico;
  • gli allievi provano un sentimento di appartenenza a una umanità comune e di condivisione dei valori e delle responsabilità fondati sui diritti dell’uomo;
  • gli allievi sviluppano capacità di empatia, di solidarietà e di rispetto delle differenze e della diversità;
  • gli allievi agiscono in modo efficace e responsabile a livello locale, nazionale e mondiale, per un mondo più pacifico e sostenibile;
  • gli allievi acquisiscono la motivazione e la voglia di fare le scelte necessarie.

Per fare tutto questo sono necessarie azioni collegiali, di condivisione, di ricerca, di formazione e riflessione. C’è bisogno di ragionare su un curricolo didattico verticale e trasversale e ancor più, su una pratica didattica concreta e situata. Si rende necessaria, inoltre, una radicale inversione nelle politiche degli investimenti a sostegno della scuola, non solo relative al quanto, ma anche al fine, al dove e al come[3]. La scuola, quindi, assume il ruolo di catalizzatore di reazioni sostenibili che investono il tessuto sociale e lo predispongono al cambiamento, costruendo relazioni, patti di alleanza, scambi, reciprocità. «Ogni sviluppo veramente umano significa sviluppo congiunto delle autonomie individuali, delle partecipazioni comunitarie e del sentimento di appartenenza alla specie umana» (Morin, 2001). La Scuola è chiamata ad elaborare il Piano dell’Offerta Formativa Triennale (PTOF) cui affidare la trasparenza delle scelte educative, curricolari e organizzative e a organizzare i percorsi di apprendimenti in un curricolo, predisposto nel rispetto delle finalità, dei traguardi per lo sviluppo delle competenze, degli obiettivi di apprendimento posti dalle Indicazioni. La scuola come sistema formativo ha il diritto/dovere di preoccuparsi di formare una coscienza informata e consapevole nell’ecologia, nell’etica e nei valori, che si traduca in atteggiamenti, in competenze necessarie allo sviluppo sostenibile, atta a favorire una partecipazione effettiva di tutti alle decisioni riguardanti l’ambiente. A tale scopo è opportuno progettare percorsi in linea l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile perché la conoscenza dell’ambiente passa attraverso la conoscenza del rapporto tra uomo e ambiente e tra uomo e uomo, diventa educazione al cambiamento consapevole attivando percorsi adeguati al contesto scuola, territorio, comunità e paese con il contributo di tutti.

Il curricolo scolastico declinato sull’agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibilità prevede una serie di finalità:

  • La centralità dell’alunno e delle sue dinamiche relazionali, sociali e di apprendimento.
  • La promozione di una relazione sistemica tra scuola e territorio, cogliendone la complessità.
  • La promozione di saperi e metodologie globali per una conoscenza che supera la frammentarietà delle diverse discipline, quindi in grado di cogliere e far cogliere la relazione fra il tutto e le parti e tra le parti e il tutto.
  • L’interazione fra la conoscenza e l’azione, tra il sapere, il saper fare e il saper essere per promuovere cambiamenti nei comportamenti, negli atteggiamenti sia individuali che collettivi.

Per avere  una comunità che progredisce e tende verso gli obiettivi dell’Agenda 2030  si ha bisogno, quindi, di un modello di educazione sostenibile che renda il territorio uno spazio condiviso di apprendimento.

2. Lo sviluppo sostenibile a scuola attraverso il progetto: “come salvare il pianeta”

L’esperienza sul campo del progetto “come salvare il pianeta” realizzato dalla classe 3 F della scuola primaria dell’Istituto Comprensivo Via del Calice di Roma, pone al centro dell’unità didattica di apprendimento il coinvolgimento delle diverse discipline secondo un approccio integrato,  per sostenere l’importanza dell’educazione allo sviluppo sostenibile e alla cittadinanza globale nell’educazione formale e favorire la consapevolezza, il pensiero critico, l’impegno e la cittadinanza attiva delle giovani generazioni. In linea con gli obiettivi del PTOF  della I.C., l’esperienza è stata progettata e realizzata dai docenti della classe in collaborazione con la Cattedra di Didattica Generale e Disturbi Specifici dell’Apprendimento dell’Università la Sapienza di Roma.[4]

Il progetto ha avuto come obiettivo generale l’esplorazione dei temi legati all’agenda 2030 dello Sviluppo Sostenibile da parte dei bambini e delle famiglie per rendere alcuni principi applicabili anche nella vita quotidiana fuori dal contesto scuola.

Lo schema che segue è organizzato come una unità didattica di apprendimento per facilitare la lettura e la comprensione delle attività educative del progetto.


Unità didattica di apprendimento

“Come salvare il pianeta”

Destinatari: bambini della Classe 3 F dell’ IC Via del Calice Roma.

Durata: 1 mese.

Discipline coinvolte: Italiano, Storia, Arte e Immagine, Scienze e Tecnologia, Educazione alla cittadinanza, Inglese.

Traguardi per lo sviluppo delle competenze:

Comunicazione nella madre lingua

L’alunno:

– ascolta e comprende testi orali “diretti” o “trasmessi” dai media, individuandone il senso, le informazioni principali e lo scopo.
– partecipa a scambi comunicativi con compagni e insegnanti rispettando il proprio turno e formulando messaggi chiari e pertinenti, in un registro più possibile adeguato alla situazione.
– capisce e utilizza i più frequenti termini specifici legati alle discipline di studio.

Competenze in campo scientifico e tecnologico

L’alunno:

– sviluppa atteggiamenti di curiosità e modi di guardare il mondo che lo stimolino a cercare spiegazioni di quello che vede succedere.
– ha atteggiamenti di cura verso l’ambiente scolastico che condivide con gli altri.
– rispetta ed apprezza il valore dell’ambiente naturale e sociale.
– riconosce ed identifica nell’ambiente che lo circonda elementi e fenomeni artificiali.

Competenze sociali e civiche

L’alunno:

– conosce e rispetta le norme della vita sociale e il valore della collaborazione.

Consapevolezza ed espressione culturale

L’alunno:

– usa la linea del tempo per organizzare informazioni, conoscenze, periodi ed individuare successioni, contemporaneità, durata.
– rielabora in modo creativo le immagini con varie tecniche, materiali e strumenti.

Metodologie

– brainstorming;
– cooperative learning;
– peer tutoring;
– classe capovolta;
– visione di video educativi con discussioni guidate.

Valutazione

– griglie di osservazione;
– rubrica di valutazione;
– scheda di autovalutazione.

Sintesi del percorso

Nella classe 3 F i docenti hanno progettato e sviluppato l’intera attività curricolare annuale legata ai temi dell’educazione e dello sviluppo sostenibile. Dunque, l’unità didattica di apprendimento citata,  non è stata altro che un approfondimento pratico degli obiettivi proposti nel PTOF di questo istituto, con relativi riferimenti all’ acquisizione della consapevolezza dei cambiamenti climatici e al miglioramento del proprio stile di vita. Gli obiettivi generali hanno riguardato lo sviluppo delle competenze in materia di cittadinanza attiva e democratica attraverso la valorizzazione dell’educazione interculturale e alla pace, il rispetto delle differenze e il dialogo tra le culture, il sostegno dell’assunzione di responsabilità nonché della solidarietà e della cura dei beni comuni e della consapevolezza dei diritti e dei doveri; potenziamento delle conoscenze in materia di eco-sostenibilità e innovazione ambientale.

Attività 1

– Esploriamo l’Agenda 2030: presentazione dei 17 obiettivi dell’agenda 2030 (presentazione attraverso il gioco della ruota dei 17 obiettivi).
– Domande stimolo (es. tu spegni la luce, fai la raccolta differenziata, chiudi l’acqua se non ti serve più).
– Lettura del libro: “Anche tu puoi… salvare il nostro pianeta”. Libro pop-up. Ediz. Illustrata.
– Ricerca-azione: i bambini rispondono indicando delle azioni pratiche per salvare il pianeta legate alla loro esperienza di vita quotidiana.

Attività 2 

– A come ambiente: costruiamo l’alfabeto ecologico.
– Visione video “Come salvare il mondo – Baby Cesca e Greta Thunberg VS Cambiamento climatico”.
– Creazione dell’alfabeto ecologico italiano, inglese e romeno.
– Scrittura della promessa al pianeta: ciascun bambino scrive sulla propria pergamena la promessa che si impegnerà a fare per salvare il pianeta.

Attività 3

– Creazione del lapbook della tartaruga marina realizzata con materiali di riciclo raccolti dai bambini.

Attività 4

– Attività di movimento libero attraverso giochi educativi legati al tema dell’agenda 2030.
– Ascolto della canzone “Tito e Tato – 51° Zecchino d’Oro” consigli di riciclo.
– Preparazione dell’attività da presentare ai genitori da parte di ciascun bambino (ad ogni bambino viene assegnato un’ obiettivo  dell’agenda 2030 da presentare, accompagnato da una piccola presentazione e da domande stimolo per il lavoro da fare insieme).

Attività 5

– Presentazione ai genitori dell’unità didattica di apprendimento.
– Classe capovolta: gli alunni presentano i 17 obiettivi dell’agenda 2030 e coinvolgono i genitori nel dibattito attraverso domande stimolo.
– Costruzione di una comunità educante e collaborativa con attività genitori-bambini (giochi e attività di formazione esperienziale sui temi della sostenibilità).
– Chiusura dell’attività con la consegna della pergamena della promessa delle azioni per salvare il mondo per i genitori (da portare a casa) con l’impegno di essere sempre più cittadini consapevoli, responsabili e costruttori attivi della comunità educante.

Fig. 1 Progettazione del gioco la ruota dei 17 Obiettivi dell’Agenda 2030

Fig. 2 Lettura del libro “Anche tu puoi… salvare il nostro pianeta”.

Fig. 3 L’alfabeto dell’ ambiente

Fig. 4 Costruzione della Tartaruga con materiali di riciclo

Fig. 5  I bambini illustrano ai genitori il Lapbook  della Sostenibilità[5]

Fig. 6 La Comunità Educante Sostenibile celebra le promesse per il futuro in cerchio

Conclusioni

Dall’esperienza presentata si evince un  modello di educazione sostenibile che, a partire da un’analisi del fabbisogno e da una progettazione mirata, si caratterizza per una serie di azioni strategiche di intervento volte alla promozione di un’educazione ed un’educabilità formativa per un modello di scuola, per una pratica di lavoro e per una politica ambientale in risposta alle innovazioni ed alle esigenze di cambiamento attuali, riconoscendo la centralità della persona ed il suo diritto all’apprendere ad apprendere.

Il territorio diviene pertanto spazio di apprendimento in cui il soggetto ha l’opportunità di prendervi parte ed in particolare di poter interagire, mettendo in evidenza le proprie competenze e conoscenze, nelle diverse opportunità di crescita inclusiva e resiliente. 

La pedagogia e le scienze umane in generale da poco tempo stanno ponendo attenzione al tema dello sviluppo sostenibile sottolineando il legame tra apprendimento e territorio.  Da un lato, l’apprendimento viene inteso come processo generativo di informazioni, di costruzione di nuova conoscenza e come adattamento al cambiamento; dall’altro lato, il territorio – nella sua  accezione educativa e formativa – si declina nel concetto di comunità, intesa  come “spazio di apprendimento” che può  costituire un vettore strategico sia nel campo  educativo  sia  lavorativo, per definire un modello di educazione sostenibile che investa sulle competenze delle  persone e  consenta la coltivazione  di un patrimonio comune per la rigenerazione del territorio. È indubbio che il tema della sostenibilità e dello spazio rappresentano un fattore cruciale per lo sviluppo della comunità. Sono, pertanto, numerose le dimensioni da considerare in modo sistemico, inclusivo e integrato, per poter analizzare la sostenibilità educativa della comunità. In conclusione, emerge che l’impegno per il futuro dovrà essere sempre più quello di rendere la comunità educante e sostenibile e formare persone disponibili a mettersi al servizio del territorio.

Bibliografia di riferimento  

Alessandrini G. (2019). Sostenibilità e Capability Approach. Milano: Franco Angeli.

ASviS (2019a). L’Italia e gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. Roma.

ASviS (2019b). L’Agenda urbana per lo sviluppo sostenibile. Obiettivi e Proposte. Roma.

Buccolo M. (2015). Presentazione, in NapolitanoE., Educazione, comunità e politiche del territorio, Milano: FrancoAngeli.

Iori V. (2019).  Editoriale, Persona, Cura, Territorio. Nuovi paradigmi educativi, in Rivista Attualità Pedagogiche, Università di Salerno, Fisciano (Sa), Vol. 1, n. 1, 2019

Morin E. (2001). I sette saperi necessari all’educazione del futuro. Milano: Raffaello Cortina.


[1] Phd in Progettazione e Valutazione di Processi Formativi e Docente di Didattica Generale e Disturbi Specifici dell’Apprendimento Università degli Studi La Sapienza Roma.

[2]  Cfr. https://unesdoc.unesco.org/ark:/48223/pf0000261836

[3]  Caruso A. (2018). L’Agenda 2030. Educare alla cittadinanza e alla sostenibilità nella scuola delle realtà. Insegnare. http://www.insegnareonline.com/rivista/scuola-cittadinanza/agenda-2030-educare-cittadinanza-sostenibilita-scuola-realta

[4]  Tutte le attività sono state progettate e condivise con la Dirigente Scolastica Renata Ruggiero.  L’esperienza ha visto il coinvolgimento delle studentesse Luzi Arianna, Dalila Mancino, Cristina Grecu che hanno condotto alcuni laboratori in classe con la supervisione della scrivente.

[5] Si ringraziano i genitori della Classe 3 F per la partecipazione all’esperienza.

La didattica “a distanza” e gli esami di Stato “in presenza”

La didattica “a distanza” e gli esami di Stato “in presenza”, tra modernità e modello socratico

a cura di Pasquale Annese

Questo tempo ci renderà migliori!

Questo il mio #hashtag, da quel fatidico 5 marzo 2020, giorno in cui molti dirigenti scolastici, me compreso, non hanno potuto più presidiare in presenza le proprie istituzioni scolastiche. Dovendomi però ricredere, man mano che s’infittiva il mare magnum di esternazioni pro e contro la didattica a distanza (più contro che pro), considerata il nuovo male oscuro della scuola italiana, da relegare quanto prima in soffitta, in ogni caso prima dell’avvio del prossimo anno scolastico, in tempo da non contagiare in maniera irreversibile la didattica in presenza. Così come dover assistere, specie negli ultimi giorni, a reiterate richieste di svolgimento degli esami di Stato in presenza per ridare dignità e sacralità, sia pur simbolica, ad un vento storico così importante per gli adolescenti e per tutto il mondo della scuola.

Esternazioni cui neanche questa volta potevano sottrarsi in primis sindacalisti, ma anche saggisti, scrittori, giornalisti, anche di autorevoli testate locali e nazionali. E giù un profluvio di argomentazioni tese a svilire, se non a demonizzare, la didattica a distanza, o ad auspicare una quanto più repentina ripresa delle lezioni in presenza, o quanto meno dei prossimi esami di Stato. #Hashtag: nessun surrogato digitale può sostituire un’esperienza in presenza. Mi riferisco all’articolo comparso sul Corriere della Sera a firma di Paolo Giordano, autore del libro “La solitudine dei numeri primi”, il quale, nel richiamare legittimamente il governo a non mettere la scuola in fondo alle priorità del paese, evoca una prova orale degli esami di stato in carne ed ossa, così come quella da lui vissuta, nemmeno tanti anni fa, al termine del ciclo di studi. O altre missive, questa volta più mirate verso l’attuale Ministro, tese ad elencare le innumerevoli criticità che la didattica a distanza produce, senza nel contempo lesinare richieste di indicazioni più tempestive sullo svolgimento di esami e scrutini, salvo poi lamentarsene perché anticipatarie di un esito oramai scontato di un’ammissione di massa che potrebbe demotivare i ragazzi due mesi prima del termine dell’anno scolastico.

Insomma tutto, e il contrario di tutto, dove ognuno sente in cuor suo di dover esprimere la propria opinione, sia pur per evocare scenari ad oggi smentiti dalla storia, ma quel che è peggio, a volte abbracciando visioni nostalgiche e decontestualizzate degli eventi, che richiederebbero una valutazione meno manichea e più laica delle opzioni in campo. Trascurando tra l’altro l’incontrovertibile circostanza che, volente o nolente, di didattica a distanza, almeno fino al prossimo settembre, ma realisticamente anche oltre, bisognerà nutrirsi se si vorrà in qualche maniera rendere compatibili entrambi i diritti costituzionalmente garantiti alla salute ed all’istruzione.

Quando si afferma che la didattica a distanza non può sostituire la didattica in presenza si dice una cosa ovvia e scontata. Chi può mettere in discussione la valenza formativa ed educativa di un rapporto vis a vis tra il docente ed il discente, nonchè le sue implicazioni di natura emotiva, empatica, relazionale: tutti elementi alla base di un approccio olistico al sapere. Chiunque abbia almeno per una volta varcato la soglia di un’aula scolastica (cioè tutti, visto che siamo stati tutti studenti), e chiunque abbia nella sua vita letto, non grandi trattati, ma brevi saggi di psicologia e pedagogia (e qui il campione si restringe drasticamente), sa che la lezione è un momento talmente complesso, che non può essere relegato a mera trasmissione di saperi mediati da un audio ed un viso da remoto, ma richiede atteggiamenti, sguardi, posture, difficili da riprodurre in ambienti virtuali. Richiede, cioè un approccio che inevitabilmente lambisce, sino a scompaginarle, le varie sfere dell’apprendimento, da quella cognitiva, a quella socio-affettiva,  emotiva, e persino psico-motoria. Altra cosa è però affermare che non possano coesistere altre forme di comunicazione del sapere che non siano necessariamente quelle in presenza.

Quando si sostiene che la didattica a distanza non è metodologicamente un’opzione formativa percorribile, proprio perché carente di quei pre requisiti appena evidenziati, si fa un’operazione che confonde il mezzo con il fine. Da un lato sottacendo per esempio le innumerevoli opportunità che la stessa dà ai docenti di seguire i ragazzi a distanza, di monitorare il loro operato, di consentir loro di ripassare e rivedere i contenuti didattici da remoto in orari e luoghi non necessariamente legati ai ritmi e agli ambienti scolastici, e quindi più confacenti per coloro che per esempio devono conciliare impegni scolastici e lavorativi (magari le fasce socialmente più deprivate della popolazione?). Dall’altro disconoscendo che l’arte maieutica di far nascere la verità nell’interlocutore, e non solo di indottrinarlo di calcoli e nozioni, di accompagnarlo nell’acquisizione dei saperi, di renderlo autonomo nell’approccio alla conoscenza, di renderlo protagonista del proprio processo di apprendimento, può benissimo essere mediata da una presenza magari non fisica, ma di comunanza a distanza. Se ovviamente riteniamo che la figura del docente debba necessariamente curvarsi più su una dimensione tutoriale, che trasmissiva del sapere, onde valorizzare contesti anche innovativi di apprendimento, creare spazi creativi di discussione, assegnare compiti che valorizzino approcci mentali autonomi alla soluzione dei problemi. Non è da confondere, quindi, il mezzo (lezione in presenza o a distanza) con il fine (educare alla conoscenza, alla scoperta, alla creatività).

La didattica a distanza amplifica le distanze sociali, economiche e culturali. C’è sicuramente del vero in questa affermazione. Specie in un paese, quale il nostro, che sconta un bassissimo tasso di mobilità sociale ed un atavico divario socio-economico di molte zone del Sud Italia rispetto a quelle del Nord. Ma io mi domando e dico e ….. nel pensier mi fingo! La didattica in presenza, così come concepita e realizzata negli ultimi anni, è riuscita ad attutire questo fenomeno di distanziamento sociale? Mai come in questo caso il termine ha connotazioni poliedriche. Quanti ragazzi, specie negli istituti professionali, dove troviamo le fasce più deboli della popolazione scolastica, abbiamo consegnato alla strada nonostantela tanto declamata didattica in presenza? Tanti, troppi, mi verrebbe da dire. Quanti i ragazzi, solitamente i più insofferenti, dei cui comportamenti ci siamo quotidianamente lamentati nei contesti d’aula, oggi rispondono di più e meglio alle sollecitazioni di un approccio metodologico che da più spazio al loro diverso stile cognitivo, alla loro creatività, al loro modo di essere diversamente intelligenti? Tanti. Per fortuna. O almeno questa è la mia personale esperienza su un campione rappresentativo di circa mille studenti di varia estrazione sociale.

Ed allora. Non sarà che magari chi era pronto da tempo, perché da tempo aveva curvato il proprio curricolo d’istituto su più opzioni metodologiche in presenza e on line, oggi riesce a reggere l’onda d’urto di comunità variegate e complesse alle quali, pur con grandi criticità, riesce a garantire il servizio costituzionalmente previsto dell’istruzione, e chi non l’ha fatto, piuttosto che cogliere le enormi opportunità formative che la crisi sta generando, arranca tra visioni nostalgiche e vetuste richieste di ritorno al passato? E poi, pur volendo guardare indietro a questo passato, siamo poi così sicuri che il modello di docente-tutor che oggi si richiede nella scuola del secondo millennio sia poi così distante, per esempio, dal modello del maestro Socratico che faceva della comunicazione e del dialogo interpersonale il cuore della propria azione educativa? Siamo così sicuri che quel percorso di accrescimento cognitivo, alla cui base ci deve essere un’ineludibile relazione empatica tra docente ed allievo, non si possa realizzare anche in una rapporto a distanza? Cioè che la tecnologia sia fattore ostativo a questa dimensione relazionale, empatica, prima che cognitiva? O non serva per ridisegnare i confini entro i quali la stessa possa estrinsecarsi avvalorando, e non ostruendo, un fine che rimane lo stesso, sia pur con un metodo mediato dai nuovi media? Perché non pensare che i nuovi media possano facilitare una co-costruzione di saperi che vedano il docente-tutor ed il discente interagire tra di loro, con il primo regolatore del processo di apprendimento dell’allievo, e quest’ultimo non mero recettore dei saperi elargiti dal docente, ma co-protagonista del proprio processo di apprendimento?

Certo, sembra quasi un’eresia accostare l’agorà socratica allo spazio virtuale del web. Ma forse non lo è se solo riflettiamo sul fatto che, al netto dei differenti contesti sociali ed operativi di epoche così diverse, c’è un unico denominatore che le accomuna e, cioè, la creazione di una relazione sociale mediata dalla comunicazione, sia essa in presenza o via web. Forse è il caso di vedere lo spazio in rete come una grande, immensa,arena simbolica in cui la conoscenza non si propone tanto come un graduale processo di acquisizione attraverso un percorso lineare e definito quanto soprattutto come immersione, condivisione, scambio, interazione e i significati vengono prodotti, messi in circolazione e negoziati dai soggetti(1).

Vorrei chiudere con una breve riflessione sugli esami di Stato in presenza e, nel contempo, porre una domanda, in primis a me stesso, e poi a tutti gli operatori della scuola, cioè a coloro che dovranno stare fisicamente a scuola ben prima della fatidica data del 17 giungo, non foss’altro per organizzare nei dettagli tale attività. Cioè a coloro che, per intenderci, non possono permettersi di evocare solo scenari nostalgici di una scuola che oggi di fatto non esiste, ma devono coniugare l’etica dei principi con quella della responsabilità. Sempre mi domando e nel pensier mi fingo! Al netto di tutte le stringenti e gravi problematiche di salute pubblica afferenti le misure di prevenzione da adottare in tempi ristretti sia sulle persone (docenti, personale ATA, diplomandi), che sulle strutture, fattore di non secondaria importanza stante la realistica possibilità di recrudescenza del visus COVID-19 (vedasi a tal riguardo il documento tecnico INAIL con le parossistiche misure di contenimento e prevenzione nei luoghi di lavoro), quale potrebbe essere il valore aggiunto di un esame in presenza? In che maniera tale modalità potrebbe valorizzare di più e meglio un percorso scolastico che la commissione “tutta interna” conosce perfettamente, alla luce di un processo di apprendimento quinquennale già validato sino al primo quadrimestre e che, comunque, non potrà essere minimamente smentito in sede d’esame dalle risultanze degli ultimi mesi? Salvo non si voglia dar spazio ai soliti riti celebrativi, tanto cari al nostro popolo, che nel caso specifico cozzano però con una visione che richiederebbe, comunque, decisioni e comportamenti improntati al principio della massima prudenza e cautela. Su chi ricadrebbe la responsabilità di un eventuale nuovo focolaio determinato dalla promiscuità in ambienti scolastici di studenti, docenti e personale ATA per più di tre settimane? Per lo più in ambienti spesso non a norma?

#hashtag. Cui prodest?

(1) “Parallelismo tra la didattica socratica e l’e-learning” di Barbara Todini

La riapertura delle scuole a settembre: ecco perché non è solo un problema di didattica

da Orizzontescuola

di Annamaria Palmieri

Karl Popper scriveva: «L’inconfutabilità di una teoria non è (come spesso si crede) un pregio, bensì un difetto. Ogni controllo genuino di una teoria è un tentativo di falsificarla, o di confutarla »

Per Popper dunque la falsificabilità è l’unico criterio scientifico che abbiamo: come sosteneva Einstein , da cui egli traeva spunto «nessuna quantità di esperimenti potrà dimostrare che ho ragione; un unico esperimento potrà dimostrare che ho sbagliato».

Ecco, noi non vorremmo essere costretti a “falsificare” ogni proposta, dalla più seria alla più bislacca, che abbiamo ascoltato in questi mesi ragionando della scuola e del suo futuro dopo l’emergenza sanitaria che ancora stiamo vivendo. Ma riteniamo doveroso suggerire scenari in cui l’azione dei Comuni è necessariamente non solo “implicata” (perché le scuole si trovano dentro le città, e ne sono un cuore pulsante) ma essenziale per consentire la riuscita dei futuri esperimenti/esperienze

Due soli assunti ci sembrano assolutamente indiscutibili e reggerebbero alla prova di qualsiasi processo di falsificazione:

1) che la riapertura delle scuole e la loro fuoriuscita dalla crisi che stiamo vivendo abbia dei costi, il che significa che non diversamente dai settori economici essa richiede forti investimenti, peraltro prioritari per la tenuta del Paese di cui la scuola è struttura portante;

2) che le scuole, salvo rarissime eccezioni, sono dentro le città, e dunque che nulla di quel che riguardi la scuola, i suoi spazi, i suoi orari e i suoi ritmi può essere letto a prescindere dal fatto che tutta la città ne è coinvolta e i Comuni devono essere interlocutori privilegiati per nuovi progetti integrati territoriali basati sulla relazione tra scuola e Comune, tra scuola, Comune e soggetti del civismo attivo, relazione indispensabile da sempre ma ancor di più oggi, di fronte ai cambiamenti e alle difficoltà che ci attendono e al rischio di grave depauperamento, sia economico che sociale e culturale che potranno subire i bambini e i ragazzi del nostro Paese

Diamo per acquisito (come ipotesi del tutto immaginifica) che tutte le scuole d’Italia abbiano edifici a norma (!), ma anche che, come è di fatto, le caratteristiche degli edifici siano tali da non poter immaginare, se non sul lunghissimo periodo, una “rigenerazione” intelligente e flessibile degli spazi.

Il recente rapporto stilato dalla Fondazione Agnelli (2019) ci chiarisce che sia per anno di costruzione sia per organizzazione spaziale il patrimonio edilizio scolastico italiano è molto variegato ma anche per gran parte vetusto, in ragione del declinare degli investimenti in “costruzione” di edifici nuovi a partire dagli anni 90.

Diamo inoltre per acquisito che per quanto riguarda il numero degli alunni/e per classe, le scuole del I e del II ciclo rispondono tuttora ai parametri stabiliti dalla riforma Gelmini e hanno una media di alunni per classe che va da 22 (in presenza di allievi disabili) a 30. E’ noto che solo per ragioni “eccezionali” – piccole isole, luoghi montani, spazi angusti in cui la ASL abbia posto dei tetti di capienza, presenza di più allievi disabili, scuole dei piccoli, crisi di denatalità, etc – questi numeri scendono fino a ricomporre gruppi classe che possono andare da 15 a 20 alunni/e.

Diamo infine per acquisito che il ripristino della routine scolastica, che non ha come unico scopo le attività didattiche (la scuola non è solo didattica) costituisca un bisogno prioritario delle nuove generazioni, per una sana e equilibrata crescita, e anche delle loro famiglie (anche se la centratura sugli adulti spesso ci porta fuori strada..)

Oggi le principali scelte che la tutela della salute impone sono :

a) ridurre gli assembramenti ,

b) igienizzare e sanificare in modo quotidiano e continuo;

c) allontanare tra loro i corpi per tenerli al sicuro;

d) conciliare le esigenze dei bambini e degli studenti con gli altri dispositivi di sicurezza che sono propri dei luoghi in cui ci sia compresenza e movimento di persone (misurazione preventiva delle temperature?)

Ma si può immaginare che tutta la fase 2 si incentri sullo studio – da parte di una task force di esperti che non dialogano con il mondo vivo della scuola o con i Sindaci – di come passare dal “confinamento a casa” al “confinamento in aula”?

I bambini e i ragazzi sono cittadini, vivono la città, si muovono e devono farlo, hanno esigenze cui il tempo scuola – anche lungo – in parte risponde, in parte coglie e rappresenta al resto del mondo che li circonda. Per fare un esempio, si può anche solo ipotizzare che, per garantire il distanziamento, gli assistenti alla comunicazione stiano lontani dagli alunni che assistono o vengano, come è accaduto in questo periodo, di fatto aboliti? Possiamo credere che cambiare o ridurre gli orari scolastici non abbia un impatto sui trasporti, sulle famiglie, sulla crescita serena, sui talenti e bisogni? Ovviamente no: per questo dobbiamo pretendere di far uscire il discorso sulla scuola da una pericolosa autoreferenzialità.

Si possono analizzare, come “casi di scuola”, alcuni degli scenari di cui negli ultimi tempi si è dibattuto: ognuno di essi, a fronte dei benefici sul piano igienico sanitario – legati al distanziamento sociale e alla riduzione di assembramenti – presenta non solo costi alti per lo Stato ma anche per gli enti locali e per le famiglie, e più di tutto ha conseguenze e costi per gli studenti stessi, per l’infanzia e per l’adolescenza che devono restare il baricentro per ogni azione.

Sia che si vogliano scaglionare ingressi e uscite a scuola, sia che si vogliano ridurre i gruppi classe usando un modello misto di scuola in presenza o assenza, sia che si vogliano far ruotare le classi ampliando il tempo scuola, con turni di mattina, di pomeriggio, di sabato, sia infine che si immagini un uso degli spazi aperto in connessione con quelli chiusi, l’organizzazione familiare e sociale ne verrà inesorabilmente condizionata. L’impianto organizzativo della scuola dovrà essere rivisto e un investimento in risorse umane (docenti, personale ausiliario, operatori) si renderà indispensabile. Non abbiamo verificato nel discorso politico sino a questo momento tale consapevolezza, speriamo che sopraggiunga.

Ma per i Comuni, i tempi della città con i relativi trasporti, l’adeguamento degli spazi scolastici, degli arredi e degli ambienti, l’investimento per garantire alla fascia 0-6 una maggiore presenza di personale, la richiesta da parte delle famiglie di servizi ausiliari, insorgono come esigenze di cui siamo sin da ora ben consapevoli, e non saranno facili da sostenere senza adeguata programmazione finanziaria (e adeguati trasferimenti di risorse).
Ma anche qualora si decidesse almeno in fase transitoria di lasciare i ragazzi a casa con la DAD, cosa si pensa ne sarà delle famiglie con bambini piccoli? Rinunciamo definitivamente ai servizi per l’infanzia? E con cosa li sostituiamo? Peraltro, dal punto di vista della scuola stessa, non si può neanche immaginare di proseguire con la scuola a distanza senza un ripensamento del rapporto tra il mezzo tecnologico e i saperi, senza una riflessione sui modelli didattici messi in campo sinora. Non basta che il Ministero si preoccupi di acquistare connessioni e tablet: abbiamo milioni di ragazzi e ragazze, di bambini e bambine da raggiungere in modo individualizzato e allo stesso tempo cooperativo e inclusivo, se non si vogliono fare danni incalcolabili alla loro crescita e al Paese. C’è bisogno di formazione per i docenti, e non solo per imparare ad “usare” il mezzo, ma a modificare il proprio ruolo, da player a regista di reti.

Come si vede ad ogni scenario insorgono domande che rendono difficile una realizzazione in tempi brevi e in modo non raffazzonato. E soprattutto nessuno scenario può essere preso in seria considerazione in modo generalizzato, ovvero per tutti gli ordini di scuole, o per tutti i Comuni, ovvero per tutto l’anno scolastico.

Esistono domande, sinora inevase, che è doveroso da parte dei Comuni porre, perché ne saranno investiti:

a) Si deve ragionare degli spazi

Tutti gli ambienti scolastici dovranno essere predisposti in modo adeguato, specie negli spazi comuni di passaggio e nei servizi igienici o negli impianti: areazione sterilizzata, igienizzazione, etc . Il problema si aggiunge a tutti i problemi edilizi pregressi del patrimonio degli edifici scolastici.

b) Si deve ragionare di Bisogni Educativi Speciali

Oggi con la scuola a distanza “chi è avanti continua ad esserlo, chi è a metà continua ad esserlo, chi è indietro rimane molto più indietro” (Mila Spicola). La riapertura delle scuole se è per tutti gli studenti e le studentesse auspicabile, per chi era in difficoltà già prima è essenziale, Gli studi ci diranno poi quali effetti, in positivo come in negativo, possa aver avuto sugli alunni con disabilità la sostituzione della classe reale con una virtuale. Ma di certo per molti ragazzi in condizioni di disagio e privi di una buona mediazione familiare l’esperienza è stata pesante.

c) Si deve ragionare di trasporti

La mobilità è sicuramente uno dei temi da affrontare prioritariamente e con maggiore forza: investire su mobilità pubblica e tecnologie digitali, e incentivare mobilità ciclopedonale anche con azioni decise di contenimento e contrasto all’utilizzo dell’auto.

La città avrà necessità di rivedere il sistema dei trasporti. Per consentire agli alunni (ad esempio quelli delle secondarie superiori, ma non solo) di andare a scuola, contingentamento obbligato dei numeri dentro autobus e metropolitane andrà confrontato con la necessità che i ragazzi ci arrivino, alla loro scuola. Alcune proposte ci vengono dai tanti comitati e associazioni impegnati sull’ambiente e sulla mobilità sostenibile. Ebbene, ognuna comporta costi:

  • Prevedere servizi “circolari” da coordinare con la partecipazione delle associazioni di categoria per l’individuazione di itinerari predefiniti nelle principali città.
  •  Favorire, anche finanziariamente e con l’utilizzo di giovani come accompagnatori, l’attivazione di servizi di “pedibus” per gli spostamenti degli alunni delle scuole.
  • Prevedere finanziamenti per l’attivazione in tempi brevi di servizi di bike e car sharing nelle principali città

Sono previsti investimenti o finanziamenti per implementare il servizio di trasporto scolastico o la mobilità in sicurezza o si pensa che sarà tutto a carico dei Comuni? Se presi singolarmente alcuni interventi sembrano facili o semmai già esistenti in alcuni Comuni, in specie in quelli meno popolosi, ampliando la scala delle necessità non si può immaginare che ciascuno si “arrangi” da solo. Si stanno ipotizzando a livello governativo investimenti sulla mobilità sostenibile e sicura?

d) Si deve ragionare di sicurezza e prevenzione igienico-sanitaria

Per le igienizzazioni , superata la fase iniziale su cui il MIUR ha investito 43 milioni di euro a livello nazionale, si pensa di assicurare in modo regolare anche nei bilanci regionali fondi per il mantenimento degli standard previsti o viceversa si ipotizza che poi le spese se le caricheranno le singole scuole o i Comuni o, ancor peggio, le famiglie? Partiamo per esempio dai dispositivi di protezione e dall’accertamento sanitario: mascherine e guanti per studenti e personale, sistemi di test efficaci e ripetuti. Parliamo di dieci milioni di persone, che anche se diventassero la metà con una scuola a tempi alterni sono comunque tanti. Al primo focolaio indotto da dentro la scuola o portato fuori dalla scuola a casa o altrove, si scatenerebbe di certo nel Paese una bufera di polemiche difficili da contenere. Una guerra di tutti contro tutti alla ricerca della “responsabilità”, intesa come colpa. Lo sanno gli Enti, lo sanno le scuole, lo temono i Dirigenti scolastici, datori di lavoro.

e) Si deve ragionare di inclusione sociale

La scuola è anche uno degli spazi di welfare più significativi di questo Paese, spazio di inclusione per eccellenza: ad essa si affianca il lavoro del privato sociale, di tante associazioni, di tanti centri che la supportano senza sostituirla, o almeno così dovrebbe essere. Quale destino si ipotizza per i centri educativi diurni? E per tutte le attività di accompagnamento basate ovviamente sulla vicinanza fisica (educative territoriali, progetti extracurricolari, campi estivi, solo per fare qualche esempio)?

L’elenco delle domande potrebbe continuare…ma questo lavoro non vuole scoraggiarci tutti dal pensare che ce la faremo. La scuola deve riaprire. Per tutti, non uno di meno. Le soluzioni vanno trovate insieme.

Ma insieme alla riapertura delle scuole dobbiamo chiedere un cambio di passo alla gestione del presente e del futuro prossimo, e non può bastare una caritatevole attenzione verso il mondo della scuola e verso le difficoltà dei Comuni (quella è stata poca in verità, finora) : rivolgiamo un monito a chi sta governando i processi e ipotizzando soluzioni. Il governo deve riaprire le scuole, ma deve guardare alla questione con una prospettiva ampia, aprendo il dialogo agli enti locali e al mondo vivo della scuola “reale” e di chi le ruota intorno, per garantire misure veramente efficaci; e perché siano efficaci deve mettere in conto risorse consistenti, non meno di quante ne servano per la Sanità. Perché la salute e l’istruzione viaggiano insieme. Sono diritti ineliminabili della persona. Lo dice la nostra Costituzione.

Annamaria Palmieri è assessore alla scuola e all’istruzione del comune di Napoli. Dottore di ricerca, è stata supervisore SICSI presso l’Orientale di Napoli ed è docente Materie Letterarie e Latino nei Licei.

Azzolina: ringrazio i docenti per l’insegnamento civico ai nostri ragazzi

da Orizzontescuola

di redazione

“La Storia ci ha insegnato il prezzo, carissimo, della libertà.

Il presente ce ne ricorda improvvisamente l’importanza, ora che l’emergenza sanitaria ha rivoluzionato le nostre abitudini, limitato i nostri movimenti. Nella scuola, con i ragazzi, lavoriamo per preservarla come bene imprescindibile in una società democratica, fondata su pari opportunità e diritti. Lo dobbiamo a chi, durante gli anni della Resistenza, ha lottato per conquistarla la libertà, per poi consegnarla alle generazioni successive: le nostre partigiane e i nostri partigiani, tra cui, non a caso, tanti studenti e insegnanti.

Ho ricevuto molte mail di docenti che mi hanno segnalato i lavori, bellissimi, fatti dai ragazzi per la Festa della Liberazione. Podcast radiofonici, disegni, video. Li ringrazio tutti, perché stanno insegnando ai nostri giovani quanto sia importante essere cittadini consapevoli e partecipi, lottare per conquistare e conservare i propri diritti. Una delle lezioni più preziose che si imparano a scuola.
Buon #25aprile a tutti!

Così il ministro Azzolina in un post su FB.

Didattica a distanza, lecito controllare da remoto il lavoro dei docenti? Cosa dice la normativa

da Orizzontescuola

di Avv. Marco Barone

L’attività di didattica a distanza sta determinando una sperimentazione nel settore della scuola senza precedenti in un contesto normativo complesso che trova comunque i propri punti fermi in principi di diritto e paletti a cui non si può derogare.

Vengono segnalate delle problematiche in ordine ad alcune applicazioni e piattaforme che potrebbero determinare il controllo a distanza verso i lavoratori. Ad esempio scaricando delle estensioni attraverso le quali controllare la cronologia dell’operato del docente a sua insaputa. Una cosa del genere potrebbe esporre chiaramente a delle denunce anche di carattere penale. Sarebbe opportuno che applicazioni del genere non vengano utilizzate, o qualora vengano utilizzate applicazioni, piattaforme che possano consentire tramite delle estensioni o meno il controllo illecito dell’attività a distanza dei lavoratori, che il dirigente scolastico fornisca le dovute garanzie sul fatto che nessuna attività di controllo a distanza verrà esercitata. E’ diritto comunque dei lavoratori venire a conoscenza se le piattaforme che vengono utilizzate per la dad si prestino o meno a forme di controllo a distanza ,ciò a prescindere dal fatto che poi questo controllo, illegittimo, abbia luogo

Le linee guide del Garante della Privacy

Con la Del. n. 13 del 1° marzo 2007 il Garante è intervenuto con una delibera che è ancora valida.

Il datore di lavoro, afferma il Garante, per ridurre il rischio di usi impropri della “navigazione” in Internet (consistenti in attività non correlate alla prestazione lavorativa quali la visione di siti non pertinenti, l´upload o il download di file, l´uso di servizi di rete con finalità ludiche o estranee all´attività), deve adottare opportune misure che possono, così, prevenire controlli successivi sul lavoratore. Tali controlli, leciti o meno a seconda dei casi, possono determinare il trattamento di informazioni personali, anche non pertinenti o idonei a rivelare convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, opinioni politiche, lo stato di salute o la vita sessuale (art. 8 l. n. 300/1970; artt. 26 e 113 del Codice; Provv. 2 febbraio 2006, cit. ).

Quali le misure che può adottare il datore di lavoro?

In particolare, il datore di lavoro può adottare una o più delle seguenti misure opportune, tenendo conto delle peculiarità proprie di ciascuna organizzazione produttiva e dei diversi profili professionali:

  • individuazione di categorie di siti considerati correlati o meno con la prestazione lavorativa;
  • configurazione di sistemi o utilizzo di filtri che prevengano determinate operazioni –reputate inconferenti con l´attività lavorativa– quali l´upload o l´accesso a determinati siti (inseriti in una sorta di black list) e/o il download di file o software aventi particolari caratteristiche (dimensionali o di tipologia di dato);
  • trattamento di dati in forma anonima o tale da precludere l´immediata identificazione di utenti mediante loro opportune aggregazioni (ad es., con riguardo ai file di log riferiti al traffico web, su base collettiva o per gruppi sufficientemente ampi di lavoratori);
  • eventuale conservazione nel tempo dei dati strettamente limitata al perseguimento di finalità organizzative, produttive e di sicurezza.

Va tutelata la posta elettronica

Il contenuto dei messaggi di posta elettronica –come pure i dati esteriori delle comunicazioni e i file allegati– riguardano forme di corrispondenza assistite da garanzie di segretezza tutelate anche costituzionalmente, la cui ratio risiede nel proteggere il nucleo essenziale della dignità umana e il pieno sviluppo della personalità nelle formazioni sociali; un´ulteriore protezione deriva dalle norme penali a tutela dell´inviolabilità dei segreti (artt. 2 e 15 Cost.; Corte cost. 17 luglio 1998, n. 281 e 11 marzo 1993, n. 81; art. 616, quarto comma, c.p.; art. 49 Codice dell´amministrazione digitale). Tuttavia, con specifico riferimento all´impiego della posta elettronica nel contesto lavorativo e in ragione della veste esteriore attribuita all´indirizzo di posta elettronica nei singoli casi, può risultare dubbio se il lavoratore, in qualità di destinatario o mittente, utilizzi la posta elettronica operando quale espressione dell´organizzazione datoriale o ne faccia un uso personale pur operando in una struttura lavorativa. La mancata esplicitazione di una policy al riguardo può determinare anche una legittima aspettativa del lavoratore, o di terzi, di confidenzialità rispetto ad alcune forme di comunicazione. É quindi particolarmente opportuno che si adottino accorgimenti anche per prevenire eventuali trattamenti in violazione dei principi di pertinenza e non eccedenza. Si tratta di soluzioni che possono risultare utili per contemperare le esigenze di ordinato svolgimento del´attività lavorativa con la prevenzione di inutili intrusioni nella sfera personale dei lavoratori, nonché violazioni della disciplina sull´eventuale segretezza della corrispondenza.

Cosa è vietato ai datori di lavoro?

Il Garante vieta ai datori di lavoro privati e pubblici, ai sensi dell´art. 154, comma 1, lett. d), del Codice, di effettuare trattamenti di dati personali mediante sistemi hardware e software che mirano al controllo a distanza di lavoratori, svolti in particolare mediante: a) la lettura e la registrazione sistematica dei messaggi di posta elettronica ovvero dei relativi dati esteriori, al di là di quanto tecnicamente necessario per svolgere il servizio e-mail; b) la riproduzione e l´eventuale memorizzazione sistematica delle pagine web visualizzate dal lavoratore; c) la lettura e la registrazione dei caratteri inseriti tramite la tastiera o analogo dispositivo; d) l´analisi occulta di computer portatili affidati in uso.

Lo Statuto dei Lavoratori

L’articolo 4 comma 1 dello statuto dei lavoratori come modificato dall’art. 23, comma 1, D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 151, a decorrere dal 24 settembre 2015, ai sensi di quanto disposto dall’art. 43, comma 1 del medesimo D.Lgs. n. 151/2015, afferma che gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale e possono essere installati previo accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria o dalle rappresentanze sindacali aziendali.(….) In mancanza di accordo, gli impianti e gli strumenti di cui al primo periodo possono essere installati previa autorizzazione delle sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro o, in alternativa, nel caso di imprese con unità produttive dislocate negli ambiti di competenza di più sedi territoriali, della sede centrale dell’Ispettorato nazionale del lavoro.

Non basta il solo consenso del lavoratore per il controllo a distanza

La Cassazione Penale con Sentenza 6 novembre 2019 -17 gennaio 2020, n. 1733 afferma chiaramente che non costituisce esimente della responsabilità penale, dovendosi al riguardo richiamare il prevalente e più recente indirizzo di legittimità che ritiene che la fattispecie incriminatrice di cui all’art. 4 in esame sia integrata anche quando, in mancanza di accordo con le rappresentanze sindacali aziendali e di provvedimento autorizzativo dell’autorità amministrativa, la stessa sia stata preventivamente autorizzata per iscritto da tutti i dipendenti (tra le altre, Sez. 3, n. 38882 del 10/4/2018, D., Rv. 274195; Sez. 3, n. 22148 del 31/01/2017, Zamponi, RV. 270507) e il consenso del lavoratore all’installazione di un’apparecchiatura di videosorveglianza, in qualsiasi forma prestato (anche scritta, come nel caso di specie), non vale a scriminare la condotta del datore di lavoro che abbia installato i predetti impianti in violazione delle prescrizioni dettate dalla fattispecie incriminatrice.

Violare la normativa sul controllo a distanza significa compromettere la dignità e riservatezza del lavoratore

La Corte di Cassazione, sentenza 28.05.2018 n. 13266 ricorda che la violazione della normativa dei controlli a distanza costituisce parte di quella complessa normativa diretta a limitare le manifestazioni del potere organizzativo e direttivo del datore di lavoro, che siano lesive, per le modalità di attuazione incidenti nella sfera della persona, della dignità e della riservatezza del lavoratore: sul presupposto del mantenimento della vigilanza sul lavoro, ancorché necessaria nell’organizzazione produttiva, in una dimensione umana, non esasperata dall’uso di tecnologie che possano renderla continua e anelastica, eliminando ogni zona di riservatezza e di autonomia nello svolgimento del lavoro (Cass. 17 luglio 2007 n. 15982; Cass. 23 febbraio 2012, n. 2722; Cass. 27 maggio 2015, n. 10955). (….)Siffatti approdi ermeneutici appaiono del resto coerenti con i principi dettati dall’art. 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, in base al quale nell’uso degli strumenti di controllo deve individuarsi un giusto equilibrio fra i contrapposti diritti sulla base dei principi della “ragionevolezza” e della “proporzionalità” (Cedu 12 gennaio 2016, Barbulescu c. Romania, secondo cui lo strumento di controllo deve essere contenuto nella portata e dunque proporzionato): e sempre che sia tutelato il diritto del lavoratore al rispetto della vita privata, mediante la previa informazione datoriale del possibile controllo delle sue comunicazioni, anche via internet.

Il Regolamento europeo in materia di Privacy n. 2016/679

L’art. 88 del regolamento europeo afferma che gli Stati membri possono prevedere, con legge o tramite contratti collettivi, norme più specifiche per assicurare la protezione dei diritti e delle libertà con riguardo al trattamento dei dati personali dei dipendenti nell’ambito dei rapporti di lavoro, in particolare per finalità di assunzione, esecuzione del contratto di lavoro, compreso l’adempimento degli obblighi stabiliti dalla legge o da contratti collettivi, di gestione, pianificazione e organizzazione del lavoro, parità e diversità sul posto di lavoro, salute e sicurezza sul lavoro, protezione della proprietà del datore di lavoro o del cliente e ai fini dell’esercizio e del godimento, individuale o collettivo, dei diritti e dei vantaggi connessi al lavoro, nonché per finalità di cessazione del rapporto di lavoro Tali norme includono misure appropriate e specifiche a salvaguardia della dignità umana, degli interessi legittimi e dei diritti fondamentali degli interessati, in particolare per quanto riguarda la trasparenza del trattamento, il trasferimento di dati personali nell’ambito di un gruppo imprenditoriale o di un gruppo di imprese che svolge un’attività economica comune e i sistemi di monitoraggio sul posto di lavoro.

Didattica a distanza, valutazione: criteri e modalità. Esempio con griglie di valutazione, credito formativo, comportamento

da Orizzontescuola

di Antonio Fundaro

Riproponiamo in piena fase di riflessione sulla valutazione degli studenti un articolo pubblicato il 5 aprile 2020.

Che non si debba valutare e che non si debba verificare sta diventando, in queste settimane, argomento di grande dibattito e di grande attenzione nel mondo della scuola.

Che scompaiano del tutto e che siano snaturate dalla loro finalità, intrinseca al processo di formazione-educazione, non è né possibile né auspicabile, nonostante tutti cerchino di tenere nella giusta considerazione, da un lato le più volte reiterate raccomandazioni del ministro Azzolina, sia le circolari ministeriali che, anche se in maniera blanda e non dettagliata, hanno comunque dato delle indicazioni inderogabili.

Ma non solo, è compito della scuola attuare la valutazione ricordando a se stessa quelle che sono le sue funzioni. E nello specifico la funzione certificativa; la non meno importante funzione regolativa in grado di consentire, sulla base delle informazioni raccolte, un adeguamento delle proposte di formazione alle reali esigenze degli alunni e ai traguardi programmati; la funzione finalizzata al necessario adattamento dei programmi di insegnamento; e, per finire, l’adattamento stesso della valutazione. Una sorta, quest’ultima, di autovalutazione dei processi valutativi. Utile agli insegnanti talvolta più del resto, permettendo di calibrare il sistema valutativo alle reali esigenze dell’utenza o alle modificazioni di metodologie didattiche, modalità di erogazione della didattica, modifica delle strategie educative e formative, e, perché no, delle attività e, in extremis, anche delle competenze e della abilità.

Ciò è necessario perché è a tutti noto quanto incida la valutazione sulla promozione del successo formativo per tutti i nostri alunni. Perché la valutazione: costruisce o modifica l’immagine di sé; cambia le prospettive future; spegne o accende la fiducia; motiva o disincentiva; favorisce o inibisce lo sviluppo; riconosce o ignora; apre o chiude possibilità; influenza storie individuali.

Ma quali sono i tipi attuabili di valutazione anche in un momento, nel quale, a vincere è il dubbio, l’incertezza, talvolta, l’impossibilità (in alcuni casi, l’incapacità) ad operare in modalità “Didattica a Distanza”?

Prima di entrare nel merito della questione, portando, tra l’altro, un esempio virtuoso di istituto che si è adoperato, fattivamente, per fissare modalità chiare e inequivocabili per la valutazione della DaD, è indispensabile fare il punto sui tipi di valutazione.

Tipi di valutazione:

Un suggerimento autorevole, che in parte condividiamo, è quello proposto dalla professoressa Silvia Gelardi, dell’Università di Urbino che si prende in prestito, solo per l’impalcatura, assai accattivante, ma che riadattiamo alla questione DaD.

Ritiene la Gelardi che esistono tre interessanti, diciamo, tipologie di valutazione:

  • la valutazione ideografica, intesa questa come confronto diacronico fra la situazione iniziale e quella finale dell’alunno. Questo tipo di valutazione ha dei pro, ma anche dei contro, come tutte d’altronde. Tra i pro, quella di marcare il progresso personale e, di conseguenza, anima la motivazione ad apprendere. E, inoltre, per un intervallo, che i docenti dovrebbero definire, permette di ricavare potenzialità e mancanze dei propri alunni, e, a seguito di ciò, ipotizzare sviluppi successivi. Tra i contro, invece, quella di impedire l’individuazione delle competenze iniziali da riadattare (solo se necessario, ed è davvero raro); quella di conservare percorsi e, di conseguenza, esiti di apprendimento assai ridotti rispetto a quelli potenzialmente prevedibili e rischia di produrre un’immagine di “separazione”; quella di risultare “iniqui” per gli altri alunni. Utilizzabile, dunque, ma con molto attenzione, anche in modalità FaD.
  • la valutazione normativa, intesa questa, in maniera molto interessante, come confronto sincronico fra la prestazione del singolo alunno e quella del gruppo, cosa che, in modalità DaD, impone al docente un surplus di energia per la gestione, anche visiva, della classe (sarebbe opportuno, sempre, durante la lezione sincrona, chiedere agli alunni di tenere la cam accesa, onde gestire anche la comunicazione non verbale con la stessa efficienza che si presta a scuola. Questa valutazione, in modalità DaD, riteniamo abbia solo contro, anche se, ciascun docente, farebbe bene a valutarne l’applicabilità nel proprio contesto classe. Tra i contro, possiamo segnalare: il fatto di risultare assai penalizzante per gli alunni in difficoltà, con conseguente calo della motivazione; se la norma è riferita al gruppo classe come parametro relativo, quella di favorire una competizione negativa; ed, in ultimo, che non è, assolutamente, in sintonia con le indicazioni riguardanti alla personalizzazione dell’atto didattico, propriamente inteso.
  • la Valutazione criteriale, quest’ultima, da intendersi confronto sincronico fra i risultati di apprendimento e i criteri riadattati nella ri-programmazione già effettuata, con molto successo, in quasi tutti gli istituti scolastici italiani. Questa valutazione, come la prima, ha dei pro e dei contro. Tra i pro, annoveriamo: è legittima sulle competenze; immagina l’individualizzazione di percorsi chiari e condivisi di apprendimento; promuove l’inclusione, diminuendo il rischio di paragoni a patto che i criteri siano chiari e condivisi con tutti i docenti dell’istituto (mai ragionare con “io ho sempre fatto” o “io preferisco”; peggio “io non so fare”). Tra i contro, invece, riguardano: diversi modi di progettare risultati e criteri, e successivamente di definire obiettivi, contenuti, competenze; problematicità a rilevare e valutare conoscenze, abilità, competenze; dissomiglianza fra personalizzazione dei percorsi e momento destinato alla certificazione finale delle competenze e il riferimento non va solamente ai momenti conclusivi di tutti i cicli, ma a ciascuna delle annualità. Agevolare il passaggio ad una valutazione criteriale, dunque, risulta indispensabile. È necessario e indifferibile in questa modalità nuova di erogazione della didattica assicurare, rapidamente, il passaggio da una valutazione ideografica ad una valutazione criteriale nella normale attività didattica in modalità “a distanza”.

Il Liceo Antonio Meucci di Aprilia e “La valutazione oltre il voto”: i criteri per la verifica e la valutazione

Il Liceo Antonio Meucci di Aprilia, che offre una molteplicità di corsi sperimentali (Liceo scientifico sperimentazione linguistica, Liceo scientifico tecnologico, Liceo scientifico economico-giuridico, Liceo scientifico informatico, Liceo classico, Liceo delle Scienze Umane), può considerarsi oltre che di istituti all’avanguardia e con una didattica di qualità, anche tra i pochi ad avere, con anticipo, stabilito i criteri per la verifica e la valutazione, con una espressione che è davvero esemplificativa e di grande innovazione didattica, ovvero “La valutazione oltre il voto” come riporta il documento sottoscritto dall’attivo dirigente scolastico la Prof.ssa Laura De Angelis che, dal 2016, guida questo prestigioso istituto. Analizzeremo la qualità della delibera adottata e, più ancora, allegheremo all’articolo i modelli disponibili sul sito della scuola e che potranno diventare un valido strumento, ce lo auguriamo di cuore, per l’intera comunità scolastica italiana.

Il DPCM 8/3/2020, e la nota ministeriale n. 279 dell’8 marzo del 2020, stabiliscono la “necessità di attivare la didattica a distanza al fine di tutelare il diritto costituzionalmente garantito all’istruzione”.

Riguardo nello specifico la valutazione degli apprendimenti e della verifica delle presenze il testo ministeriale accenna a “una varietà di strumenti a disposizione a seconda delle piattaforme utilizzate”, facendo presente che “la normativa vigente (Dpr 122/2009, D.lgs 62/2017), al di là dei momenti formalizzati relativi agli scrutini e agli esami di Stato (che saranno disciplinati da un apposito decreto di prossima uscita, considerata la bozza che già è in circolazione), lascia la dimensione docimologica ai docenti, senza istruire particolari protocolli che sono più fonte di tradizione che normativa”.

A fronte della circolare ministeriale, ma più ancora, forti della normativa vigente che, comunque sia affida al docente la scelta delle modalità di verifica e valutazione, molti istituti scolastici italiani, stanno, comunque, definendo i processi di verifica e valutazione, tenendo conto, comunque, come ha fatto il liceo Antonio Meuccia di Aprilia, degli aspetti peculiari dell’attività didattica a distanza ovvero e per la precisione: delle modalità di verifica che, evidentemente, non possono essere le stesse in uso a scuola; della circostanza che le modalità di verifica non in presenza essendo atipiche rispetto alla didattica in classe hanno necessità di modalità di verifica e valutazione diverse; della necessità di puntare sull’acquisizione di responsabilità e sulla coscienza del significato del compito nel processo di apprendimento.

Bisogna cambiare i paradigmi e puntare sull’aspetto formativo della valutazione

Il Liceo Meucci ha ritenuto, per la didattica a distanza, non trasferire nel virtuale la riproduzione sterile delle attività in presenza, “ma cambiare i paradigmi e puntare sull’aspetto formativo della valutazione”.

Più in generale, riprendendo la conclusione della nota ministeriale n. 368 del 13/3/2020:

“Giova allora rammentare sempre che uno degli aspetti più importanti in questa delicata fase d’emergenza è mantenere la socializzazione. Potrebbe sembrare un paradosso, ma le richieste che le famiglie rivolgono alle scuole vanno oltre ai compiti e alle lezioni a distanza, cercano infatti un rapporto più intenso e ravvicinato, seppur nella virtualità dettata dal momento. Chiedono di poter ascoltare le vostre voci e le vostre rassicurazioni, di poter incrociare anche gli sguardi rassicuranti di ognuno di voi, per poter confidare paure e preoccupazioni senza vergognarsi di chiedere aiuto”.

Fatto questo richiamo normativo è necessario tener conto, non solamente del livello di raggiungimento, da parte di ogni alunno, delle singole abilità e delle singole micro-abilità definite non più dalla progettazione ma nella ri-progettazione, naturalmente, ma anche della particolarità della suggerimento didattico proposto, delle problematicità strumentali delle famiglie e del bisogno degli alunni di essere supportati in un periodo caratterizzato da incertezza e da insicurezza quale è quello del “Coronavirus”.

Criteri e modalità di verifica:

Quali sono i criteri e le modalità di verifica? Innanzitutto, è necessario la verifica delle presenze e della partecipazione alle attività da annotare sistematicamente su re; e, successivamente, la verifica degli apprendimenti. È manifesto che come per l’attività didattica anche la verifica può essere di tipo sincrono e asincrono.

Il collegio dei docenti del liceo Antonio Meucci di Aprilia ha ritenuto che sia libertà del docente, secondo le necessità della sua didattica, scegliere le modalità di verifica.

E il documento individua per la modalità sincrona:

a) verifiche orali:

Con collegamento uno a uno: lo studente che sostiene la verifica avrà la cam accesa, guarderà dritto davanti 1. a sé come se effettivamente guardasse negli occhi il docente

oppure

2. a piccoli gruppi o con tutta la classe che partecipa alla riunione

oppure

3. esposizione autonoma di argomenti a seguito di attività di ricerca personale o approfondimenti.

b) verifiche scritte:

1. Esposizione autonoma di argomenti a seguito di attività di ricerca personale o approfondimenti

2. Compiti a tempo su piattaforma Moodle, Moduli di Google, Google Classroom, Socrative, o un altro dei tanti tool possibili

3. Saggi, relazioni, produzione di testi “aumentati”, con collegamenti ipertestuali

4. Commenting (richiesta di note a margine su testi scritti) https://commento.io/

5. Mappe mentali che riproducono le connessioni del processo di apprendimento, i percorsi mentali https://www.pixartprinting.it/blog/mappementali/

6. Blogging con la moderazione del docente o co-gestito dagli studenti;

7. Esperimenti e relazioni di laboratorio. Relazione di laboratorio. (In assenza di un laboratorio fisico è possibile lavorare con gli studenti in laboratori virtuali. Esistono numerosi portali che mettono a disposizione ambienti di simulazione – il più famoso è PhET dell’Università del Colorado che è disponibile anche nella versione in lingua italiana)

8. https://register.gotowebinar.com/register/4288738968072013324?source=IN

9. https://register.gotowebinar.com/register/5763081806382472971

In modalità asincrona, invece, lo studente può registrare il proprio schermo mentre svolge l’esperimento simulato e verbalizza le operazioni che svolge.

o svolgimento di un esperimento virtuale può dare luogo ad una relazione, come nel laboratorio fisico e a formulazione di ipotesi.

c) verifica asincrona con consegna di svolgimento di un prodotto scritto, che sarà poi approfondito in sincrono: in sede di videoconferenza il docente potrà chiedere allo studente ragione di determinate affermazioni o scelte effettuate nello scritto a distanza: la formula di verifica si configurerà, quindi, come forma ibrida (scritto + orale)

Principi didattici e educativi

Il documento della scuola prevede che non ci sarà distinzione tra prove scritte e prove orali. Si utilizzeranno per la valutazione due griglie uniche: una griglia di osservazione delle attività didattiche a distanza e una griglia di valutazione delle prove a distanza.

BES e DSA o PFP

Non subirà alcuna variazione per gli alunni con BES e DSA o PFP (anche non certificati) l’impiego di strumenti compensativi e misure dispensative inserire nel PDP. Si adopereranno le due griglie uniche che sono adeguate anche nel caso di BES e di DSA.

Per tutti gli allievi, soprattutto per gli alunni con disabilità, gli interventi serviranno “a mantenere vivo il senso di appartenenza alla comunità scolastica e di partecipazione alla vita collettiva. I docenti di sostegno supporteranno, anche grazie al costante contatto con le famiglie, gli alunni disabili anche tramite calendarizzazioni di compiti e attività”.

Il comportamento

Nella valutazione del comportamento è necessario considerare l’intera vita scolastica dell’allievo, comprendendo il comportamento nei PCTO (“percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento”), laddove possibile, e nella DaD.

Valutazione del periodo “on line”

“Tutti gli studenti devono avere un congruo numero di valutazioni (voto) relative al periodo di didattica online (a cui si aggiungeranno eventuali valutazioni precedenti) e riferite alle prove a distanza (griglia 1), per poter essere scrutinati. A queste si aggiungerà il voto relativo all’osservazione delle competenze delle attività didattiche a distanza (griglia 2) per ogni disciplina. Quindi, il voto finale e unico della disciplina sarà il risultato delle valutazioni effettuate con entrambe le griglie uniche.

Per gli studenti che non hanno ancora sostenuto prove di recupero o che non hanno recuperato il primo quadrimestre, deve essere effettuato il recupero in itinere. Verranno assegnati percorsi individualizzati e prove mirate.

Gli studenti impossibilitati a frequentare una o più lezioni sincrone (sia per motivi tecnico – tecnologico, connessioni, che per altri motivi come salute) si impegnano ad avvertire il docente di riferimento. Chi non frequenterà l’attività svolta in sincrono risulterà pertanto assente (si registrerà con commento su RE), ma potrà richiedere che gli sia fornita la registrazione (se effettuata) dell’attività sincrona in questione o (qualora la lezione non sia stata registrata) il materiale di riferimento per svolgere il lavoro e i compiti assegnati secondo la tempistica stabilita dal docente”.

La scuola del successo formativo

La scuola aperta agli studenti, la scuola che li accompagna nel bisogno e nel momento più brutto della nostra storia, la scuola tiene stretti a sé i suoi alunni, come il liceo Meucci di Aprilia, non può che rappresentare un valido modello da seguire e, speriamo davvero, da imitare.

Si allegano le seguenti griglie:

  1. Griglie valutazione DaD;
  2. Griglia unica di valutazione delle prove a distanza per alunni con PEI differenziato;
  3. Tabella credito formativo revisione DaD;
  4. Griglia comportamento revisione DaD;
  5. Griglia valutazione risultati PCTO revisione DaD.

Griglia-unica-di-valutazione-delle-prove-a-distanza-per-alunni-con-PEI-differenziato

Tabella-credito-formativo-revisione-DaD

Griglia-valutazione-risultati-PCTO-revisione-DaD

Griglie-valutazione-DaD (1)

GRIGLIA-COMPORTAMENTO-revisione-DaD

Riapertura scuole: circolare restrittiva dell’Inail

da La Tecnica della Scuola

Manca l’ufficialità, ma in classe si rientrerà non prima del 15 settembre, mentre è ancora aperto il dibattito tra le forze politiche sugli esami di Stato, se effettuarli in presenza o a distanza anche se l’ultima parola finale toccherà alla comunità scientifica.

Su come si possa limitare il pericolo del diffondersi del Coronavirus nelle classi alla riapertura delle scuole, si sta studiando anche guardando gli altri Paesi; ci sono già varie ipotesi, ma ancora mancano da parte degli esperti risposte organiche e definitive; del resto la commissione che deve fare proposte alla Ministra é stata appena insediata.

Circolare Inail

Tuttavia il ritorno a scuola potrebbe ulteriormente complicarsi a seguito di un recente documento stilato dall’INAIL in vista del ritorno al lavoro, dal 4 maggio in poi, di milioni di lavoratori.
L’INAIL consiglia “una sorveglianza sanitaria eccezionale per i lavoratori con un’età superiore a 55 anni, si potrebbe valutare, in assenza di copertura immunitaria adeguata, (verificata con test sierologici) la possibilità di un giudizio di inidoneità temporanea al lavoro che potrebbe essere rivalutata a scadenze fissate”.
In questo caso i docenti potrebbero temporaneamente continuare a lavorare solo a distanza.

Stando ai dati dell’OCSE, l’Italia é il Paese con gli insegnanti più anziani d’Europa, con un’età media di 49 anni, quasi la metà (49%) é over 50, il 33% over 55 e sono proprio questi che dovrebbero essere messi sotto stretta sorveglianza sanitaria e, in assenza di copertura immunitaria adeguata accertata con test sierologici, essere dichiarati temporaneamente inidonei.
Analoga situazione, anzi peggio, per i dirigenti scolastici, nonostante i 1989 neo dirigenti assunti lo scorso settembre.
Il 46% dei D.S. ha più di 60 anni mentre il 20% ha un’età tra i 55 e i 60 anni.

Quindi anch’essi (80%) dovrebbero essere sottoposti a test sierologici e in caso di copertura immunitaria inadeguata, dovrebbero essere dichiarati temporaneamente inidonei a svolgere la loro funzione dirigenziale e diventerebbe ancor più difficile se non impossibile gestire in remoto la delicatissima fase di riapertura delle loro scuole il prossimo settembre.
L’età avanzata dei Docenti e dei D.S., a seguito della recente nota INAIL, costituisce un problema in più per la riapertura delle scuole a settembre e per gli eventuali esami di Stato in presenza (13.000 docenti coinvolti ), una questione che i tecnici nominati dalla Ministra Lucia Azzolina, per gestire la Fase 2 della Scuola, dovranno necessariamente affrontare.

Riapertura scuole, ci sono due ipotesi allo studio: ecco quali

da La Tecnica della Scuola

L’Italia si prepara alla Fase 2. Il premier Giuseppe Conte, verosimilmente nella serata di domenica 26 aprile, illustrerà agli italiani come si comporrà la seconda fase di gestione dell’emergenza coronavirus.

Le scuole di ogni ordine e grado resteranno fuori dal decreto che fisserà le riaperture dal 4 maggio in poi. Secondo le ultime indiscrezioni giornalistiche non solo non riapriranno nei mesi estivi, ma non è detto che ciò possa avvenire già a settembre.

Il Ministero dell’Istruzione, con la task force presieduta da Patrizio Bianchi, si è messo a lavoro per stilare un crono-programma.

Due le ipotesi in esame.

La prima prevede di dividere gli studenti di una classe in due gruppi, alternando la presenza fisica e quella online.

La seconda ipotesi invece prevede di suddividere gli alunni tra mattina e pomeriggio.

Per i bambini da zero a 3 anni, considerato che è impossibile distanziarli, il blocco potrebbe durare tutto l’anno scolastico con un potenziamento del bonus baby sitter.

Come già noto nelle scorse ore, la riapertura delle scuole è legata all’indice di contagiosità che, in questo momento, è sceso tra 0,5 e 0,7. Per mantenerlo sotto l’1, il Comitato tecnico scientifico ha consigliato al governo di non riaprire le scuole a maggio: “Riaprire le scuole vorrebbe dire riportare l’indice di contagio ben sopra l’1”, ha detto Franco Locatelli, presidente del Consiglio Superiore di Sanità nella giornata di giovedì.

Valutazione finale alunni: c’è bisogno di scuola, non di voti

da La Tecnica della Scuola

Una prospettiva diversa per la valutazione, con cui affrontare il problema sempre ma soprattutto in questa situazione emergenziale: lo propongono due importanti associazioni professionali dei docenti, MCE (Movimento di Cooperazione Educativa) e CIDI (Centro Iniziativa democratica), con un ampio documento dal titolo “Abbiamo bisogno di scuola, non d voti” che stanno diffondendo fra i docenti.

“La funzione principale della valutazione – sostengono le due associazioni – è quella formativa, un processo di valutazione continua i cui destinatari sono sia l’allievo che l’insegnante e il cui obiettivo è il costante progredire dei soggetti impegnati in un percorso di apprendimento”.
“La valutazione che si esprime al termine dell’anno scolastico o dei trimestri/quadrimestri ha carattere sommativo – proseguono –  e anch’essa può avere valore formativo, ma quando si concentra sul classificare gli individui con dei voti piuttosto che sul miglioramento individuale abolisce il valore di un percorso di apprendimento per sostituirlo con la comparazione”.
“La situazione che si sono trovate a vivere le scuole italiane in questi mesi – sottolineano ancora CIDI e MCE – può essere l’occasione per rimettere al centro la valutazione formativa e proporre una pedagogia differenziata per tutti che non si configuri come una pedagogia del recupero destinata solo ad alcuni, bensì come atto ordinamentale che segua l’evoluzione del singolo allievo, in modo tale da descriverne i traguardi formativi, in rapporto agli obiettivi di curricolari personalizzati”.

Le condizioni nelle quali stanno lavorando le scuole sono del tutto straordinarie e secondo le due associazioni vanno considerati alcuni aspetti in modo particolare: intanto, le proposte didattiche, pur nella grande pluralità connessa agli inediti sforzi del personale, risultano limitate, anche perché non sempre si riesce a raggiungere tutti gli alunni e tutti allo stesso modo; e le stesse condizioni di accesso alle proposte formative sono estremamente disuguali soprattutto perché nella maggior parte dei casi, almeno nel primo ciclo, la mediazione con la strumentazione informatica o il telefono richiede quasi sempre la presenza di un adulto.

Ma c’è anche una questione squisitamente psicopedagogica che è stato finora poco evidenziata ma sulla quale MCE e CIDI insistono molto: “La relazione educativa subisce la modificazione della tipologia di feed back significativi da parte del soggetto in apprendimento, del gruppo dei pari, dell’intero contesto classe, della famiglia, a tal punto da determinare serie difficoltà nella riprogettazione dei percorsi”.

“In queste condizioni – concludono – riteniamo siano ancora più evidenti le criticità legate alla valutazione con voto in decimi, non solo per la mancanza di elementi per poter esprimere una valutazione attendibile, ma anche per il rischio di sottolineare e quindi accentuare attraverso una valutazione di questo tipo le difficoltà sociali o legate alla condizione del momento di numerosi studenti e delle loro famiglie”. 

Senza considerare che persino “in condizioni ordinarie il voto, positivo o negativo, non costituisce uno stimolo al lavoro, focalizza la prestazione solo sul risultato, inibisce l’autostima e il senso di autoefficacia”.

Per questo motivo MCE e CIDI propongono che l’anno scolastico si concluda senza voti numerici e, per sostenere le scuole in tale decisione, suggeriscono anche un modello di delibera che i collegi dei docenti potrebbero adottare già a partire dai prossimi giorni.

25 aprile, le parole di Azzolina: “Grazie ai docenti che insegnano i veri valori”

da La Tecnica della Scuola

“La storia ci ha insegnato il prezzo, carissimo, della libertà. Il presente ce ne ricorda improvvisamente l’importanza, ora che l’emergenza sanitaria ha rivoluzionato le nostre abitudini, limitato i nostri movimenti. Nella scuola, con i ragazzi, lavoriamo per preservarla come bene imprescindibile in una società democratica, fondata su pari opportunità e diritti. Lo dobbiamo a chi, durante gli anni della Resistenza, ha lottato per conquistarla la libertà, per poi consegnarla alle generazioni successive: le nostre partigiane e i nostri partigiani, tra cui, non a caso, tanti studenti e insegnanti”.

Lo scrive su Facebook, Lucia Azzolina, ministra dell’Istruzione, che aggiunge: “Ho ricevuto molte mail di docenti che mi hanno segnalato i lavori, bellissimi, fatti dai ragazzi per la festa della Liberazione. Podcast radiofonici, disegni, video. Li ringrazio tutti, perché stanno insegnando ai nostri giovani quanto sia importante essere cittadini consapevoli e partecipi, lottare per conquistare e conservare i propri diritti. Una delle lezioni più preziose che si imparano a scuola. Buon #25aprile a tutti!”.

Lucia Azzolina

@AzzolinaLucia

La Storia ci ha insegnato il prezzo della libertà. Il presente ce ne ricorda l’importanza, ora che l’emergenza ha rivoluzionato le nostre abitudini. Nella scuola lavoriamo per preservarla, come bene imprescindibile in una società democratica.

Buon !

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Ordinanza PCM 26 aprile 2020, n. 11

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Commissario straordinario per l’attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell’emergenza epidemiologica COVID-19

Disposizioni urgenti per la vendita al consumo di mascherine facciali. (Ordinanza n. 11). (20A02353)

(GU Serie Generale n.108 del 27-04-2020)

Il Commissario straordinario per l’attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell’emergenza epidemiologica COVID-19.

Vista la delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, con la quale e’ stato dichiarato, per sei mesi, lo stato di emergenza sul territorio nazionale relativo al rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da COVID-19;

Visto il decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 70 del 17 marzo 2020, recante «Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19»;

Visto l’art. 122 del predetto decreto-legge che prevede che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri e’ nominato un Commissario straordinario per l’attuazione e il coordinamento delle misure occorrenti per il contenimento e il contrasto dell’emergenza epidemiologica COVID-19, e che ne definisce funzioni e poteri, anche in deroga alle disposizioni vigenti;

Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 18 marzo 2020, n. 0006119P4.8.1.4.1., con il quale, all’art. 1, il dott. Domenico Arcuri e’ stato nominato Commissario straordinario per l’attuazione e il coordinamento delle misure occorrenti per il contenimento e contrasto dell’emergenza epidemiologica COVID-19, ed a cui sono stati conferiti i poteri di cui al richiamato art. 122;

Considerato che lo stesso art. 122 statuisce che rientra tra i compiti del Commissario straordinario attuare e sovrintendere a ogni intervento utile a fronteggiare l’emergenza sanitaria, organizzando, acquisendo e sostenendo la produzione di ogni genere di bene strumentale utile a contenere e contrastare l’emergenza stessa, o comunque necessario in relazione alle misure adottate per contrastarla, nonche’ programmando e organizzando ogni attivita’ connessa;

Considerata la necessita’ di assicurare la massima diffusione dei dispositivi di protezione individuale, anche in ragione del prevedibile aumento della domanda di mascherine «chirurgiche» in esito al prossimo avvio della cosi’ detta «fase 2»;

Considerato che tale aumento della domanda potrebbe comportare, per le mascherine «chirurgiche», ritenute «beni strumentali utili a fronteggiare l’emergenza» e, quindi, beni di primaria necessita’, una lievitazione ingiustificabile dei prezzi al consumo, tale da pregiudicare il piu’ ampio accesso a tale tipologia di dispositivi e, conseguentemente, la piena efficacia delle misure di contrasto programmate;

Considerato che si ritiene necessario intervenire, per calmierare tale eventuale ingiustificabile lievitazione dei prezzi al consumo di detti prodotti, definendo un prezzo massimo raccomandato di vendita al consumo;

Considerato che il documento UNI EN 14683 dell’ottobre 2019 e la tabella ivi compendiata definisce i requisiti di prestazione per le maschere facciali ad uso medico:

Tipo I:
efficienza di filtrazione batterica (BFE), (%) ≥ 95;
pressione differenziale (Pa/cm²): < 40;
pulizia microbica: (ufc/g) ≤ 30.
Tipo II:
efficienza di filtrazione batterica (BFE), (%) ≥ 98;
pressione differenziale (Pa/cm²): < 40;
pulizia microbica: (ufc/g) ≤ 30.
Tipo IIR:
efficienza di filtrazione batterica (BFE), (%) ≥ 98;
pressione differenziale (Pa/cm²): < 60;
pressione di resistenza agli spruzzi: ≥ 16,0;
pulizia microbica: (ufc/g) ≤ 30;

Dispone:

Art. 1
Prezzi massimi di vendita al consumo

Il prezzo finale di vendita al consumo dei prodotti indicati nell’allegato 1, praticato dai rivenditori finali, non puo’ essere superiore, per ciascuna unita’, ad euro 0,50, al netto dell’imposta sul valore aggiunto.

La presente ordinanza e’ pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

Roma, 26 aprile 2020

Il Commissario straordinario
Arcuri


Allegato 1

Mascherine facciali (Standard UNI EN 14683)

Tipo I:
efficienza di filtrazione batterica (BFE), (%) ≥ 95;
pressione differenziale (Pa/cm²): < 40;
pulizia microbica: (ufc/g) ≤ 30.
Tipo II:
efficienza di filtrazione batterica (BFE), (%) ≥ 98;
pressione differenziale (Pa/cm²): < 40;
pulizia microbica: (ufc/g) ≤ 30.
Tipo IIR:
efficienza di filtrazione batterica (BFE), (%) ≥ 98;
pressione differenziale (Pa/cm²): < 60;
pressione di resistenza agli spruzzi: ≥ 16,0;
pulizia microbica: (ufc/g) ≤ 30.

Decreto Presidente del Consiglio dei Ministri 26 aprile 2020

Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, applicabili sull’intero territorio nazionale. (20A02352)

(GU Serie Generale n.108 del 27-04-2020)