Oltre lo schermo

Oltre lo schermo

Didattica virtuale e scuole secondarie alla prova dei fatti in Italia
10 consigli di buone pratiche

Ideato da
Monica Mincu, Anna Granata, Maurizio Allasia e Gladys Pace

Video

1.​ ​Online: un altro modo di fare scuola
La didattica a distanza non è semplicemente un’occasione per trasferire i contenuti e i metodi tradizionali davanti a un computer, ma una grande opportunità per ripensare la didattica frontale, far partecipare gli studenti dando loro spazi e strumenti nuovi, proponendo nuove sfide di apprendimento e creando gruppi di lavoro collaborativo.

2. Apprendimento online e offline
C’è un apprendimento ​online​: avviene quando gli studenti apprendono tutti nello stesso momento e la comunicazione alunno/docente avviene in tempo reale. Spesso risulta più coinvolgente e facilita feedback e dei chiarimenti immediati.
E c’è un apprendimento ​offline​, quando gli studenti apprendono in momenti diversi e la comunicazione non è in tempo reale. Spesso è più comoda e flessibile e permette a ogni studente di procedere al proprio ritmo.
Un giusto bilanciamento delle due modalità consente agli studenti e ai docenti di distribuire il carico di lavoro e di non passare troppe ore al giorno davanti allo schermo.

3.​ ​Il giusto ritmo della settimana
La scuola online ha tempi diversi da quella in presenza.
È importante dosare le nozioni e lavorare su nuove competenze, fornire chiare indicazioni rispetto alle attese, ai materiali sui quali prepararsi, concordare una quantità ragionevole e utile di compiti tra i docenti per ogni settimana e stabilire un numero sostenibile di prove/test, valutando sempre se sono realisticamente fattibili come difficoltà e come tempo a disposizione.

4. Accordarsi in anticipo
L’orario settimanale e le modalità di lezione devono essere chiare e condivise in anticipo con studenti, famiglie e colleghi del team.
Per una didattica di qualità, le aspettative verso gli studenti sono le stesse che chiediamo in classe in termini di ​dress code​, presenza, reattività e partecipazione, cura nella comunicazione nei confronti di compagni e docenti.
Gli insegnanti sono a disposizione per accogliere domande, richieste di chiarimenti, dubbi, condivisioni spontanee da parte degli studenti e delle famiglie, ma solo durante la giornata lavorativa: questo migliora la comunicazione, rende chiare le aspettative e permette di avere un tempo di “disconnessione” adeguato per tutti.

5.​ ​Personalizzare: non esiste una modalità di lezione che vada bene per tutti gli studenti.
Cogliere l’occasione per differenziare contenuti, approcci, valutazione: la tecnologia consente di personalizzare i contenuti rispondendo alle richieste e ai bisogni di ogni studente.

6.​ ​La qualità della connessione non è uguale per tutti
“Gli studenti sono svogliati, distratti, poco partecipi”. Occorre mettere da parte le categorie con le quali troppo spesso vengono definiti gli alunni in classe.
In molte case italiane non è disponibile una connessione ad alta velocità, possono esserci più membri della famiglia collegati che rallentano la rete o pochi ​device disponibili da dover condividere. Questo non significa un tentativo di sottrarsi alla lezione da parte degli studenti.

7.​ ​Gli studenti sono i protagonisti dell’apprendimento
Avere come punto di riferimento lo stimolo alla creatività e al pensiero personale invece di ricercare l’adesione al pensiero unico proposto dal docente.

8.​ ​Cambiare modo di valutare
La didattica a distanza richiede anche un modo diverso di valutare: si apprende non per il voto ma per migliorare le proprie competenze e poterle applicare in altri campi. La valutazione formativa affianca i voti e richiede un continuo ​feedback​ per produrre progresso; la buona regola è la valutazione “tardiva”, dopo aver dato svariate chances​ di acquisire le competenze; la valutazione deve tenere conto sempre anche di impegni e obiettivi personali, non solo di standard esterni; troppi voti possono indurre demotivazione e stress.

9.​ ​Se la classe online è distratta o indisciplinata
Chiedersi cosa non va nella lezione proposta o nella modalità di esecuzione/comunicazione; alternare momenti differenti, sollecitare l’attenzione, coinvolgere attivamente gli studenti, includere nelle lezioni delle pause stabilite e condivise a inizio lezione.
È inefficace e pedagogicamente scorretto usare come strumento disciplinare i test, i voti o altri tipi di minacce che influiscono sui risultati accademici degli studenti.

10.​ ​Sottolineare il positivo, motivare ogni studente
Basare la comunicazione didattica sull’empatia, la valorizzazione dello studente e la motivazione al miglioramento, evidenziando gli aspetti positivi invece di sottolineare solamente ciò che non funziona o che va corretto. Gli studenti non vanno derisi o trattati con sospetto, la cura del dialogo da parte degli insegnanti è fondamentale, anche online.


L’articolo 2 dello Statuto dello studente (1988) afferma che
“la scuola persegue la continuità dell’apprendimento e valorizza le inclinazioni personali degli studenti, anche attraverso un’adeguata informazione, la possibilità di formulare richieste, di sviluppare temi liberamente scelti e di realizzare iniziative autonome.”

STUDENTI, CITTADINI E PARTIGIANI FESTEGGIANO LA LIBERAZIONE DA CASA

RETE STUDENTI, UDU E ANPI – STUDENTI, CITTADINI E PARTIGIANI FESTEGGIANO LA LIBERAZIONE DA CASA, RESISTENZA OGGI E SEMPRE!

Oggi è il 25 aprile, la giornata della Liberazione, l’anniversario della Resistenza. Quella Liberazione di 75 anni fa ci fornisce nuova energia per vincere la sfida contro il virus e per un Paese e un mondo liberato da ogni fascismo e da ogni tentativo di conculcare diritti e democrazia.

Dichiara Federico Allegretti, Coordinatore Nazionale della Rete degli studenti Medi: “La risposta di studenti, partigiani e cittadini è stata diversa. Veniva da dentro le case, carica di memoria e di speranza. Come Unione degli Universitari, Rete degli Studenti Medi e Associazione Nazionale Partigiani d’Italia oggi festeggiamo la Liberazione dal Nazifascismo in casa, cantando Bella Ciao dalle nostre finestre, insieme a tantissimi altri cittadini.”

Continua Enrico Gulluni, Coordinatore Nazionale dell’Unione degli Universitari: “Il 25 aprile di solito siamo in Piazza, a ballare e festeggiare la Liberazione dal Nazifascismo. Oggi siamo nelle nostre casa, ma il nostro 25 aprile non è solo un ricordo. La liberazione è una festa quotidiana, e oggi suona anche contro chi sta facendo circolare false notizie per sminuire i valori su cui si fonda la Costituzione e chi li difende.”

Gianfranco Pagliarulo, Vicepresidente Nazionale dell’ANPI, dichiara: “L’Italia rinacque dal buio della dittatura e della guerra scatenata dai nazifascisti, grazie alla Liberazione del 25 aprile del ’45. Ricordiamo quel giorno rinnovando la fedeltà agli ideali partigiani di democrazia, eguaglianza, solidarietà, così attuali nel momento drammatico che stiamo attraversando. Come allora, dobbiamo, vogliamo e possiamo rinascere”

Concludono le tre organizzazioni: “Anche quelli che attraversiamo oggi sono momenti difficili, e Resistere oggi è anche non darsi per vinti contro un nemico invisibile come quello che stiamo affrontando. Buona festa della Liberazione a tutti!”  

Comitato “La Scuola a Scuola”

Nasce il Comitato #lascuolaascuola

Insieme per la riapertura delle scuole in sicurezza

Nasce in Emilia Romagna il Comitato “La Scuola a Scuola”, ma è un’iniziativa nazionale, raggiungibile anche attraverso il gruppoFacebook #lascuolaascuola (che conta già 4.000 membri) e la pagina www.facebook.com/lascuolaascuola.

Siamo scienziati, medici, psicologi, docenti, educatori e genitori.

Chiediamo che le istituzioni si facciano carico da subito di un progetto che metta la scuola al centro del processo di riapertura progressiva delle attività, chiuse a seguito della pandemia di Covid-19. Per questo, abbiamo fondato il Comitato #lascuolaascuola, che  promuove un dialogo serio e costruttivo con le istituzioni, le associazioni, le parti sociali e i cittadini, e stimolare proposte concrete per contribuire alla salute di tutti.

Ne va di un’intera generazione e del futuro del nostro paese.

Poiché la scuola è un bene primario della nostra società, pilastro dello Stato democratico, essenziale per la formazione delle generazioni future, un progettoper l’educazione e l’istruzione è assolutamente urgente: la didattica a distanza è uno strumento del tutto inadeguato per rispondere ai bisogni educativi di bambini e adolescenti. Qualunque riapertura deve avvenire garantendo la sicurezza di tutti e per questo occorre pianificareinvestire e mettere in atto misure basate su una riflessione razionale ed evidenze scientifiche.

Sappiamo ormai che la chiusura delle scuole è una risposta parziale e inefficace nel contenimento di Covid-19, e che i bambini non sono i principali responsabili del contagio. Al contrario, una comunicazione inesatta e distorta li ha spesso presentati come principali veicoli dell’epidemia. Il risultato è chealla vigilia della “fase 2”, mentre si comincia a pianificare la riapertura di aziende, attività e luoghi aperti al pubblico, nessun piano di riapertura è stato reso pubblico dalla Ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina, provocando un danno sociale dai costi altissimi per bambini e adolescenti e per le loro famiglie.

Per garantire la riapertura in sicurezza delle scuole a settembre, dobbiamo muoverci ORA investendo nell’edilizia scolastica. Gli edifici scolastici di più recente costruzione potrebbero già essere destinati a piccole sperimentazioni, in condizioni di sicurezza, utilizzando in particolare gli spazi verdi, come già avviene in altri Paesi.

Alcuni dei promotori del Comitato sono tra i fondatori di #IoVaccino (www.iovaccino.it), community per la corretta informazione sulle vaccinazioni, per questo sappiamo bene come sia importante diffondere contenuti scientifici rigorosi per incidere sull’opinione pubblica e sulle scelte politiche.

La parola ad alcuni degli esperti del Comitato “La Scuola a Scuola”:

Stefano ZonaMedico specialista in Malattie Infettive: «La ripartenza non può essere slegata dai dati epidemiologici che si stanno raccogliendo: non c’è logica nel far uscire di casa, dando loro la possibilità di assembrarsi nei mercati rionali, le persone più a rischio, mentre teniamo segregati i bambini che difficilmente si ammalano e, sembra, difficilmente diffondono il coronavirus. Cerchiamo di rimanere ancorati all’evidenza».

Andrea BarbieriPsicologo: «La Didattica a Distanza non può rappresentare l’unica via di accesso a una scuola che si chiami “dell’obbligo”. L’obbligo scolastico è molto diverso dall’obbligo formativo, che è sì un dovere di ogni minore, ma anche un diritto. Don Milani diceva che “la scuola ha un problema solo: i ragazzi che perde” e ne parlava come di “un ospedale che cura i sani e respinge i malati”.
La DaD crea disparità:
– sulle età, perché i bambini del nido e della scuola dell’infanzia vengono abbandonati (o quasi);
– all’interno di ogni singola classe: insegna soprattutto o soltanto agli alunni che hanno (e danno) meno necessità e difficoltà. Gli altri diventano di colpo invisibili;
– tra scuole: alcune svolgono 3 ore di lezione in una settimana, altre 30, ma vengono considerate equivalenti.
I primi danni psicologici temuti e previsti nei bambini/ragazzi riguarderebbero disturbi d’ansia e di panico, depressivi, dirompenti, del comportamento alimentare, di angoscia, del sonno, di stress post-traumatico e psicosomatici, per non parlare di tutti quelli che hanno vissuto un lutto. E tutto questo si mescola agli stati emotivi e ai danni psicologici di chi li accudisce.
La DaD potrà anche preservare il mero trasferimento di contenuti, ma sottrae ai docenti la possibilità di svolgere il loro ruolo educativo e formativo. Spariscono il coinvolgimento, lo stupore, la scoperta. Non ci può essere pieno apprendimento in una didattica senza confronto (con gli altri e con la realtà), senza piena interazione e feedback immediati, senza quei “legami” che hanno formato ognuno di noi. Solo lavorando insieme possiamo capire cosa sbagliamo, cosa fanno giusto gli altri. E non soltanto “cosa”: soprattutto “come”».

Riccardo CastagnettiDocente di sostegno: «La Didattica a Distanza non può essere la soluzione per il prossimo anno scolastico. Perché, per sua stessa natura, la DaD non può essere inclusiva in quanto manca dell’aspetto fondamentale della relazione in presenza, relazione che nutre lo sviluppo individuale e sociale di bambini e adolescenti. Inoltre perché:
– non coinvolge intere fasce (i bambini da 0 a 6 anni, e molto spesso fino agli 11 anni);
– non può essere applicata a bambini e ragazzi con disabilità fisica e psichica, di cui ora nessuno parla.
È il momento di un vero investimento economico e politico a favore della scuola».

Rachele Cocchimamma di due bambini: «La ripartenza è necessaria. I bambini soffrono per l’impossibilità di frequentare la scuola e i coetanei. I genitori si sentono divisi fra le necessità di sostenere i figli nella didattica e di continuare a lavorare. 
Non si può ripartire a caso, perché, come genitore, la mia priorità è la sicurezza.
Ma non si può pensare di non ripartire, perché più si va avanti più diventerà insostenibile per le famiglie e per i bimbi rimanere in questo immobilismo».

Emergenza coronavirus, quando ricomincerà davvero la scuola?

da la Repubblica

di ILARIA VENTURI

Se alcuni paesi accelerano, e hanno già deciso sulla riapertura delle scuole, l’Italia ancora non ha un piano. Né ipotesi di lavoro concrete. Mentre il dibattito infuria, i genitori premono in vista della riapertura delle attività produttive dal 4 maggio: con chi lasceremo a casa i figli?
Nel decreto dell’8 aprile la data spartiacque per decidere se rientrare o meno trai banchi è fissata al 18 maggio. Ma la ministra Lucia Azzolina ha già anticipato la decisione di lasciare chiuse le scuole fino alla fine dell’anno scolastico.

La commissione del ministero all’Istruzione, guidata dall’economista ex assessore alla scuola in Emilia Romagna Patrizio Bianchi, che dovrà indicare come fare si insedia oggi. In carica sino al 31 luglio, lavorerà al ritmo di due incontri al giorno vista l’urgenza. I tempi sono stretti, ci sono gli scrutini alle porte, l’orale della Maturità da organizzare – le famiglie e gli studenti chiedono che sia in presenza – c’è il nodo dei bambini piccoli che hanno bisogno di parchi, ma anche di scuola.

Il 15 aprile la Danimarca ha fatto da apripista riaprendo elementari e asili. In Germania le scuole riapriranno dal 3 maggio in modo differenziato tra i Laender (in alcuni sono già rientrati i maturandi), la Francia si prepara a ripartire per chi deve fare la maturità e per le materne e nidi dall’11 maggio, in Lussemburgo si riapre il 4 maggio, in Grecia il 10. Partenze scaglionate, con scuole sanificate e banchi a un metro e mezzo di distanza, didattica all’aperto.

La ripartenza in Italia sarà a settembre. E intanto? C’è il nodo di chi rientra al lavoro e la grande incognita dell’estate, visto che i centri estivi sono a rischio e in molte famiglie si sono già consumate le ferie in questi mesi. Tra le soluzioni, il prolungamento del bonus baby-sitter e l’apertura delle scuole solo per i figli dei genitori che lavorano. Il presidente dell’Anci Antonio Decaro, sindaco di Bari, propone di utilizzare i centri famiglia, i campi scuola, coinvolgendo il Terzo settore. Il sindaco di Bologna Virginio Merola rispolvera la vecchia idea delle colonie offerte dal Comune ai bambini economicamente in disagio sull’Appennino e in Riviera. In città l’istituzione scuola comunale sta discutendo l’ipotesi per la fascia 2-6 anni di scuola per piccoli gruppi, ad orari ridotti e turni anche al pomeriggio, nei giardini e parchi pubblici.

La commissione dovrà presentare ipotesi di lavoro in tempi rapidi, condividere con le Regioni la data di avvio a settembre. “La scuola non è una tv che si accende e si spegne, stiamo parlando di 8 milioni di studenti, un milione di professori, altrettanti amministrativi e collaboratori scolastici. Poi ci sono le famiglie. Ci vuole cautela nel rimetterli tutti in movimento” aveva spiegato alla sua nomina Patrizio Bianchi.

Didattica a distanza mista, doppi turni. Le soluzioni sono aperte. “Si dovranno verificare le condizioni per la riapertura, mettere in sicurezza le aule. Poi c’è il problema specifico della fascia zero-sei anni, occorre pensare ai tecnici e professionali che necessitano di laboratori, sostenere il diritto allo studio per non lasciare indietro nessuno” mette in fila i problemi Bianchi. Sull’edilizia sono stati stanziati altri 320 milioni di euro per effettuare interventi di messa in sicurezza nelle scuole.

Sulla didattica a distanza Patrizio Bianchi aveva anticipato a Repubblica: “In tre mesi abbiamo compiuto una digitalizzazione di massa nel Paese. Ma è chiaro che la didattica a distanza non è solo accendere un tablet e fare lezione. E poi c’è il problema degli esclusi, mentre ho sempre lavorato per una scuola del “non uno di meno”. Sarà necessaria una riflessione pedagogica curando la formazione degli insegnanti. Da questa esperienza dovremo ripartire con una scuola migliore, che valorizzi i docenti e metta al centro gli studenti”.

Scuole, Locatelli: «Se riapriamo l’indice di contagio ben sopra l’1»

da Corriere della sera

Valentina Santarpia

È Franco Locatelli, il presidente del Consiglio superiore di sanità, a spiegare una volta per tutte perché non si possono riaprire le scuole a maggio, come ipotizzato in un primo momento dal ministero dell’Istruzione. «Riaprire le scuole vorrebbe dire riportare l’indice di contagio, l’R con Zero’, ben sopra l’1», mentre oggi quell’indice è tra lo 0,5 e lo 0,8, cioè sotto la soglia dell’1 che fin dall’inizio dell’epidemia era considerata strategica per la scelta del lockdown e delle restrizioni. Ovviamente, chiarisce Locatelli, si tratta di un suggerimento del Comitato tecnico scientifico e che la «scelta spetta al ministro e al governo». «La scelta di raccomandare e di mantenere le interruzioni» delle lezioni, ha spiegato però il presidente del Css, «è stata dettata dal fatto che la riapertura delle scuole in concomitanza con il ripristino delle attività produttive avrebbe comportato l’andare oltre, e non di poco, l’incide di R con zero oltre l’uno». E poi ha aggiunto: «L’estate la pensiamo come un momento di recupero delle attività ludico sportivo dei bambini va benissimo però scordiamoci i campi estivi e gli oratori. Questo deve essere chiarissimo».

Lo scontro

Ma la ministra per la Famiglia Elena Bonetti non accetta di buon grado lo stop di Locatelli: spinta dalle istanze dei genitori, stava proprio pensando a come allestire almeno centri estivi per bambini e ragazzi: «I genitori devono tornare a lavorare. Oratori e campi estivi non ce li scordiamo. Li organizziamo in modo sicuro per la salute di tutti. Del resto questa è la responsabilità della politica», risponde la ministra Bonetti a Locatelli. Indispettito anche il sindaco di Firenze, Dario Nardella: «Evidentemente Locatelli – prosegue – non vive nel Paese reale come noi sindaci. Lo invito ad aver maggiore rispetto per le istituzioni e per chi governa con responsabilità milioni di persone. Bene ha fatto la ministra Bonetti a rispondergli a tono. Locatelli piuttosto si impegni ad indicare soluzioni a supporto delle decisioni del Governo e degli amministratori locali che hanno il dovere di governare il paese e le città». Una delle ipotesi è quella di allestire i centri estivi proprio nei locali scolastici, come suggerisce Luca Zaia, governatore del Veneto. «Portare grandi masse nelle aule- ha detto Zaia è un problema sanitario ma questa è una competenza dello Stato. Il governo potrebbe pensare a qualche altra modalità di utilizzo degli edifici per i minorenni come valvola di sfogo e aiuto alle famiglie». Si profila un nuovo scontro tra amministratori locali e governo? «Tutto ciò che verrà deciso in merito all’educazione e all’istruzione da zero a 18 anni non potrà funzionare, se non in coordinamento con i Comuni», scrive il presidente di Anci Lombardia, Mauro Guerra.

Le tappe

Nell’ultimo decreto emanato da viale Trastevere, venivano ipotizzate due strade possibili: quella della riapertura il 18 maggio, e quella della riapertura a settembre. Ma col passare dei giorni, e il propagarsi dell’epidemia, la ministra Lucia Azzolina ha capito che non si poteva rischiare e ha annunciato che le scuole avrebbero riaperto solo a settembre. L’unico spiraglio per ora resta quello dell’esame orale di maturità, che in tanti, seguendo l’appello di Paolo Giordano sul Corriere, vorrebbero in presenza. Le esigenze di sicurezza si scontrano con quelle dei genitori, che a maggio dovranno tornare probabilmente in massa sui posti di lavoro:

Riapertura scuole, allarme prof e presidi: uno su tre è nella categoria a rischio

da Corriere della sera

Gianna Fregonara e Orsola Riva

C’è un nuovo problema che si affaccia in vista della riapertura delle scuole, seppure a settembre. Un nodo inaspettato che è stato messo in evidenza per la prima volta dal documento dell’Inail -l’istituto che si occupa dei principi della sicurezza dei lavoratori sul posto lavoro -preparato dagli esperti in vista della riapertura delle attività. Si legge infatti che è consigliata una «sorveglianza sanitaria eccezionale per i lavoratori con età superiore ai 55 anni». Per loro in assenza di copertura immunitaria adeguata (in sostanza, test sierologici) si dovrà valutare la possibilità di un giudizio di «inidoneità temporanea» al lavoro da rivalutare a scadenze fissate»

Uno su tre

Una vera e propria tegola per il ministero dell’Istruzione: secondo i dati degli osservatori internazionali dell’Ocse, l’Italia, che conta gli insegnanti più anziani d’Europa con un’età media di 49 anni, ha più della metà dei docenti già avanti nella carriera e over 50. Più precisamente gli insegnanti over 50 sono il 49 per cento, quasi la metà secondo l’ultima rilevazione del programma Talis che risale al 2018. Gli insegnanti da sottoporre a test e sorveglianza dunque – considerando quelli sopra i 55 anni – potrebbero arrivare anche al 30 per cento del totale. Non solo, se si analizza l’anagrafe dei presidi, nonostante l’arrivo di quasi 3000 nuovi dirigenti lo scorso anno, sono ancora più in là con l’età: il 46 per cento ha più di 60 anni e un altro 20 circa tra i 55 e i 60: se per i professori sono immaginabili forme di didattica a distanza, è più difficile che i presidi possano restare in remoto a gestire la ripartenza delle loro scuole. Se ne occuperà probabilmente la task force istituita martedì al ministero.

Il ritardo nei concorsi

Si tratterebbe di oltre 200 mila insegnanti, quasi 300 mila: se dovessero essere esonerati temporaneamente si creerebbe un buco incolmabile dai supplenti che già dovranno andare a riempire oltre 200 mila cattedre che a settembre saranno vuote. Non verrà in aiuto neppure il concorso che sarà bandito a giorni: delle 24 mila cattedre previste dal concorso straordinario per docenti con tre anni di anzianità, probabilmente non si riuscirà a riempirne neppure una, visto che verosimilmente le prove saranno rinviate a fine anno o addirittura al prossimo. Anche se la ministra Azzolina spera di poter fare la prova del concorso straordinario ad agosto e avere i prof in cattedra entro i primi mesi del nuovo anno scolastico.

Concorsi scuola, fumata nera in Gazzetta Ufficiale. Per i bandi si aspetta martedì 28

da Orizzontescuola

di redazione

Non sono stati pubblicati nella Gazzetta Ufficiale di ieri 24 aprile i bandi di concorso per il reclutamento e l’abilitazione dei docenti.

La prossima data utile è martedì 28 aprile.

I concorsi attesi sono quattro

Prove nazionali V anno, Invalsi: si possono ancora svolgere. Decide il Ministro

da Orizzontescuola

di redazione

Invalsi: svolgimento prove classi V scuola secondaria di secondo grado è decisione politica.

Decreto scuola

Nella giornata di ieri, i rappresentanti dell’Istituto di valutazione sono stati ascoltati in Senato, nell’ambito dell’esame della conversione in legge del decreto n. 22 dell’8 aprile 2020, recante misure sulla conclusione del 2019/20, sull’avvio del prossimo anno scolastico e sugli esami di Stato.

Prove Invalsi: quali classi, date e mancato svolgimento

Ricordiamo che le prove Invalsi sono previste per le classi:

  • II e V della scuola primaria;
  • III della scuola secondaria di I grado;
  • II e V della scuola secondaria di II grado.

Queste le date in cui dovevano svolgersi:

Considerata l’emergenza coronavirus e il fatto che si rientrerà a scuola a settembre (ormai sembra certo), le prove non si svolgeranno, come affermato ieri in Senato anche dai rappresentanti dell’Istituto di Valutazione.

Prove V anno, Invalsi : decisione politica

I rappresentanti dell’Invalsi, in realtà, hanno dato per certo il mancato svolgimento delle prove per la scuola primaria, secondaria di primo grado e per le classi seconde della secondaria di II grado, mentre per le classi quinte della secondaria di secondo grado hanno evidenziato che la scelta di svolgerle o meno è politica, posto che si possa rientrare a scuola (aggiungiamo noi).

Queste, come riportate da Dire, le parole dei rappresentanti dell’Invalsi:

“Le prove Invalsi si svolgono in periodi diversi dell’anno scolastico e per quelle dell’antica terza media che vanno proposte entro aprile possiamo affermare che non essendoci studenti a scuola queste prove non potranno avere luogo. Per quanto riguarda quelle della scuola primaria e secondaria di secondo grado, queste prove sono previste entro maggio ma temiamo che anche qui non si realizzeranno perche’ gli studenti non sono presenti a scuola. Le prove per il livello 13 non hanno una previsione del periodo, per cui aspettiamo una decisione del ministero perche’ sospendere per quest’anno le prove e’ una decisione politica“.”

Per le classi quinte, dunque , non è previsto un periodo preciso di svolgimento, per cui dicono i rappresentanti dell’Invalsi si potrebbero ancora svolgere. La decisione spetta al Ministro: Le prove per il livello 13 non hanno una previsione del periodo, per cui aspettiamo una decisione del ministero perche’ sospendere per quest’anno le prove e’ una decisione politica“.”

Prove Invalsi: no requisiti d’esame

Le prove Invalsi, per il corrente anno scolastico, non saranno comunque  requisiti di ammissione né per l’esame di Stato conclusivo del primo ciclo di istruzione né per l’esame di maturità. Lo prevede il decreto dell’8 aprile 2020 che è, al momento, al vaglio del Senato, per la conversione in legge.

Docenti e ATA possono usufruire di congedo parentale aggiuntivo COVID-19. Indicazioni per le segreterie

da Orizzontescuola

di redazione

Coronavirus, indicazioni congedo specifico aggiuntivo al congedo parentale e permessi legge 104/92.

Congedo 15 giorni sino al 3 maggio

Il DPCM del 10 aprile 2020 ha prorogato la sospensione delle attività educative e didattiche sino al prossimo 3 maggio.

Tale provvedimento ha determinato la proroga di altre misure previste nel decreto legge n. 18 del 17 marzo 2020 (decreto cura Italia), quale il congedo specifico aggiuntivo al congedo parentale.

Ricordiamo che l’articolo 25 del suddetto decreto ha previsto, per i lavoratori pubblici (oltre che per quelli privati), un congedo specifico non superiore a 15 giorni, aggiuntivo al congedo parentale, durante la sospensione dei servizi educativi per l’infanzia e delle attività didattiche.

Possono usufruire del congedo i lavoratori con figli:

  • di età non superiore a 12 anni con retribuzione al 50%;
  • di età compresa tra 12 e 16 anni ma senza retribuzione.

La misura è valida a decorrere dal 5 marzo, come scritto nel decreto, e sino al termine della sospensione delle attività didattiche, al momento sino al prossimo 3 maggio. Per approfondire le informazioni sulla misura clicca qui (l’articolo è precedente alla proroga, per cui restano valide le informazioni ma non i termini che sono quelli predetti).

Il Ministero, stando a quanto scritto nel cura Italia, avrebbe dovuto fornire apposite indicazioni sulle modalità di presentazione delle domande per fruire del congedo.

Indicazioni alle segreterie per congedo

Ad oggi le summenzionate indicazioni non sono pervenute, tuttavia il Ministero ha fornito delle istruzioni alle segreterie scolastiche in merito ai codici da utilizzare per le assenze di docenti e ATA relative al suddetto congedo aggiuntivo a quello parentale, denominato “Congedo parentale covid 19 “.

Così leggiamo nella nota del 22 aprile 2020 inviata alle scuole:

Si porta a conoscenza di codesti uffici che sono disponibili nell’area SIDI Variazione di Stato Giuridico i nuovi codici di assenza relativi alle novità introdotte dal D.L.18 del 17/03/2020.

Di seguito i codici introdotti:

  • Categoria “CONGEDI PARENTALI”, Codici B028 (Assenze personale di ruolo)/HH28 (Assenze personale a tempo determinato) ‐ Congedo parentale covid 19 nei primi dodici anni di vita del  minore;
  • Categoria “CONGEDI PARENTALI”, Codici B029 (Assenze personale di ruolo)/HH29 (Assenze  personale a tempo determinato) ‐ Congedo parentale covid 19 figlio con handicap in situazione di gravità senza limiti di età;
  • Categoria “CONGEDI PARENTALI”, Codici B030 (Assenze personale di ruolo)/HH30 (Assenze  personale a tempo determinato) ‐ Congedo parentale covid 19 dai dodici ai sedici anni di vita del  minore.

Come presentare domanda

In assenza di specifiche indicazioni ministeriali è possibile presentare domanda da indirizzare al dirigente scolastico, facendo riferimento al decreto n. 18 del 17 marzo 2020 e al successivo DPCM del 10 aprile.

Congedi 104/92

Il decreto n. 18 del 17 marzo 2020 ha aumentato di ulteriori complessive dodici giornate, usufruibili nei mesi di marzo e aprile 2020, il numero di giorni di permesso mensile, ai sensi dell’articolo 33, comma 3, della legge 104/92.

Il totale dei giorni fruibili nei mesi marzo e aprile 2020, dunque, sarà pari a 18: 3 mensili per 2 mesi, più i 12 aggiuntivi. La guida

La suddetta nota ministeriale fornisce indicazioni anche in merito ai codici delle assenze dovute ai permessi legge 104/92, come incrementati dal decreto cura italia:

Si porta a conoscenza di codesti uffici che sono disponibili nell’area SIDI Variazione di Stato Giuridico i nuovi codici di assenza relativi alle novità introdotte dal D.L.18 del 17/03/2020.

Di seguito i codici introdotti:

  • Categoria “RIPOSI, PERMESSI E CONGEDI”, Codici PE26 (Assenze personale di ruolo)/PN26 (Assenze  personale a tempo determinato) ‐ Permesso in qualità di portatore di handicap o per assistenza a familiare portatore di handicap ‐ Covid 19;
  • Categoria “RIPOSI, PERMESSI E CONGEDI”, Codici PE27 (Assenze personale di ruolo)/PN27 (Assenze personale a tempo determinato) ‐ Permesso orario in qualità di portatore di handicap o per assistenza a familiare portatore di handicap ‐ Covid 19;

Nota MI

Rientro scuola a settembre, docenti categoria a rischio. Sorveglianza sanitaria per chi ha più di 55 anni

da Orizzontescuola

di redazione

Riapertura  a settembre, docenti con più di 55 anni sotto sorveglianza sanitaria.

Riapertura a settembre

Le scuole, come sembra ormai certo, sebbene si attenda il provvedimento ufficiale, riapriranno a settembre.

Diversi i problemi in vista e le ipotesi sul tavolo: dal mantenimento della distanza di sicurezza all’uso delle mascherine, dalla didattica mista (in presenza e in aula) agli ingresso scaglionati.

Ai problemi già noti se ne aggiunge un altro di cui, sino ad ora, non si era parlato, se non per l’immediato e sotto  un altro aspetto. La nostra redazione, infatti, in vista del cosiddetto “Piano Colao” per la riapertura graduale del Paese, in base al quale il ritorno al lavoro non sembra essere previsto per i sessantenni, aveva evidenziato il problema delle commissioni degli esami di Maturitàc’è da chiedersi allora se la precauzione potrà riguarderà anche i docenti ultrassessantenni che si apprestano a fare gli esami di Stato sia come presidenti che come commissari, se si dovesse decidere di farli svolgere in presenza.

L’altro problema, che si aggiunge adesso, riguarda la sorveglianza sanitaria dei lavoratori ultra 55enni.

Lavoratori con più di 55 anni

L’Inail, come riferisce il Corriere della Sera, in vista della Fase 2, ha redatto un documento sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, nel quale si consiglia una   “sorveglianza sanitaria eccezionale per i lavoratori con età superiore ai 55 anni” e in assenza di copertura immunitaria adeguata (in sostanza, test sierologici) si dovrà valutare la possibilità di un giudizio di «inidoneità temporanea» al lavoro da rivalutare a scadenze fissate.

Docenti da sottoporre a sorveglianza

Se tale previsione fosse confermata sarebbero numerosissimi i docenti da sottoporre a sorveglianza  sanitaria.

I docenti italiani, infatti, sono i più anziani d’Europa con un’età media di 49 anni. Secondo i dati OCSE , il 58% dei nostri insegnanti,  tra elementari e superiori, ha più di 50 anni.

Secondo una rilevazione Talis, scrive invece il Corriere, gli insegnanti con più di 50 anni costituiscono il 49%.

Si tratta di una percentuale comunque elevata e, in base al summenzionato documento, farà si che almeno il 30% dei docenti va sottoposto a sorveglianza attiva, cosa sicuramente che creerà difficoltà al Ministero dell’Istruzione.

Anche per quanto riguarda i dirigenti scolastici, la situazione non è delle migliori. Il 46% dei dirigenti  ha un’età superiore ai 60 anni e un 20% circa tra i 55 e i 60: se per i professori sono immaginabili forme di didattica a distanza, è più difficile che i presidi possano restare in remoto a gestire la ripartenza delle loro scuole. 

Didattica mista

Considerato che per il rientro a settembre e almeno nella prima fase, si ipotizza lo svolgimento di una didattica mista, a casa a distanza e in presenza a scuola, si potrebbe pensare di far svolgere la prima ai docenti con più di 55 anni, come scrive anche il Corriere. Tale soluzione tuttavia non è facilmente applicabile, considerato che la distribuzione dei docenti con i predetti requisiti anagrafici non è omogenea nelle varie istituzioni scolastiche.

Concorsi docenti

Uno svecchiamento della classe docente, ma non certamente dal prossimo 1° settembre, potrebbe arrivare dai concorsi cattedra, che dovrebbero essere banditi prestissimo (i bandi potrebbero essere già pubblicati oggi).

I concorsi attesi sono:

Fase 3: agli studenti interessa il futuro non l’immediatezza degli esami

da La Tecnica della Scuola

Che idea hanno i più giovani della loro vita dopo la scuola? È la domanda che l’Osservatorio “Giovani e Orientamento”, promosso da Skuola.net e AssOrienta – Associazione che raggruppa gli orientatori italiani, ha posto a  10mila alunni dell’ultimo triennio delle scuole superiori. E loro hanno risposto che interessa soprattutto il futuro, più che l’immediatezza degli esami.

Il lavoro e l’università

E infatti, partano dalla considerazione che, mentre agli esami di Stato  da qualche anno non esiste una reale selezione, con un rapporto praticamente 1 a 1 tra ammessi e promossi,  alla soglia di ingresso all’università si consuma una lotta all’ultimo sangue dove per uno che ce la fa ce ne sono diversi che devono rinunciare: 1 a 6 il rapporto posti-candidati per il test di Medicina nel 2019, ma per alcune professioni sanitarie la proporzione può tranquillamente raddoppiare. Stesso dicasi per i percorsi di formazione e lavoro offerti dalle varie forze armate o di polizia.

E i ragazzi, consapevoli di ciò, aspettano che finisca la fase degli esami per iniziare a preparare il “terzo tempo”, il percorso di formazione terziaria, laddove la prospettiva post-diploma prescelta preveda uno sbarramento.

A questa fase si sta già preparando per la prova 1 maturando su 2, con un maggior attaccamento degli studenti al ‘dopo’ rispetto al diploma.

Pianificare il futuro

Tra gli studenti un quarto (25%) di quelli che incontreranno sulla propria strada test e concorsi ha cominciato a prendere le misure con le prove da almeno tre mesi, circa 1 su 10 da oltre un anno. Ma c’è anche chi si porta avanti col lavoro in largo anticipo: accorpando i ragazzi dell’ultimo triennio delle superiori è 1 su 3 a pianificare da lontano il futuro se prevede di dover affrontare una selezione.

I concorsi e l’orientamento

E ancora il 75% al momento non vede alternative all’università (che in molti casi prevede proprio un ‘filtraggio’ all’entrata). Degno di nota anche quel 5% che ha messo nel mirino un concorso per l’ingresso nelle Forze Armate o di Polizia; proiettando questo dato sul totale degli studenti dell’ultimo triennio delle superiori si traduce in un bacino potenziale di 70mila aspiranti, spinti non tanto dalla stabilità lavorativa (prima motivazione per il 12%) quanto dai valori che incarnano le professioni in divisa (il 52%). E gli altri? Circa 1 su 10 si dichiara propenso a tentare direttamente l’accesso al mondo del lavoro, il 4% è orientato verso i percorsi professionalizzanti (Its, Afam, ecc.) mentre per il 3% vorrebbe addirittura prendersi un anno sabbatico.
Tuttavia rimane inalterato lo scoglio dell’orientamento visto che a 100 giorni dagli esami 2020, quando è stata somministrata la ricerca, i maturandi che avevano già deciso con certezza il proprio percorso post-diploma erano il 54%. Se si considerano tutti gli studenti dell’ultimo triennio, la percentuale scende al 40%. Per gli altri si tratta di una scelta provvisoria o addirittura di tabula rasa. Gli studenti, infatti, lamentano una carenza di attività di orientamento: per il 60% di loro il proprio istituto non ha fatto abbastanza su questo fronte.

A maggio riaprono i cantieri, anche per intervenire sulle scuole vuote: sì del ministero dei Trasporti

da La Tecnica della Scuola

Si parla tanto di rientro a scuola. Però, francamente, se rimaniamo ai fatti non dovrebbe trattarsi di un fenomeno che si realizzerà a breve. Sia perché la ministra ha assicurato più volte che il ritorno in classe dovrà avvenire solo quando ci sarà la massima sicurezza, anche durante l’ultimo question time, sia perché tutte le anticipazioni sui provvedimenti del Governo di ripresa delle attività a partire dal 4 maggio non hanno sinora mai incluso il comparto scuola, con tanto di spiegazione tecnica dei virologi.

Le scuole rimarranno chiuse

Ora, però, c’è almeno un altro motivo per il quale diventa molto plausibile che prima della metà giugno, quando si potrebbe svolgere l’esame di maturità in presenza, nessuno studente metterà piede a scuola: quello del via libera da parte del dicastero delle Infrastrutture e dei Trasporti alla ristrutturazione degli edifici scolastici che ne abbaino bisogno.

Accordo tra Anci, Upi e ministero

“Abbiamo dato l’ok ad aprire anche prima del 4 maggio i cantieri che intervengono sull’assetto idrogeologico, per l’edilizia scolastica, quella carceraria e quella residenziale pubblica”, hanno detto i presidenti di Anci Antonio Decaro e di Upi, Michele de Pascale, al termine di un incontro con la ministro Paola de Micheli, sui protocolli di sicurezza nei cantieri pubblici nella Fase 2.

I finanziamenti ci sono

Ma con quali fondi si realizzeranno gli interventi edilizi? Giusto un paio di giorni fa, sono stati messi a disposizione 320 milioni di euro nell’ambito della Programmazione unica nazionale 2018-2020 che consentiranno alle Regioni di effettuare interventi di messa in sicurezza nelle scuole dei loro territori.

“Sono risorse attese – ha detto la Ministra Lucia Azzolina – che si aggiungono ai 510 milioni già assegnati agli enti locali lo scorso 10 marzo. Dobbiamo continuare a lavorare sul fronte dell’edilizia scolastica e della messa in sicurezza, guardando al futuro. Abbiamo bisogno di strutture che possano accogliere al meglio i nostri studenti”.

Ma, soprattutto, per l’edilizia scolastica nazionale rimangono da spendere ancora alcuni miliardi di euro finanziati con la Legge 107 del 2015, mai sbloccati, e addirittura importanti finanziamenti assegnati nel 2013, quando a capo del ministero dei Viale Trastevere era ministra Maria Chiara Carrozza.

Dalla didattica a distanza dovranno uscire voti veri: su come si può discutere

da La Tecnica della Scuola

In vista del termine dell’anno scolastico, si accende il dibattito sulla valutazione degli alunni: come abbiamo avuto modo di scrivere su questa testata, poiché sembra quasi certo che si andrà avanti con la didattica a distanza sino a giugno, diventa preminente l’esigenza di capire come si andrà a verificare per ogni alunno la quantità e qualità del suo operato da quando, tra fine febbraio ed inizio marzo, si sono interrotte le lezioni in presenza.

Il problema è capire, innanzitutto, come ratificare tutti i giudizi di tipo formativo che i docenti hanno adottato nelle ultime settimane da casa: perché se è vero che la didattica distanza non dà emozioni, come hanno avuto modo di rilevare quasi la metà degli studenti intervistati da “Proteo Sapere” è altrettanto vero che i docenti non potranno esimersi dall’assegnare le valutazioni finali.

L’emendamento che precisa

Una delle modifiche al testo del decreto “Cura Italia” approvato d’urgenza a metà marzo riguarda infatti proprio la valutazione degli alunni. E sgombra i dubbi sul fatto che i voti vadano assegnati.

Come abbiamo avuto modo di scrivere in anteprima, l’articolo 87 comma 3 riporta che “la valutazione degli apprendimenti, periodica e finale, oggetto dell’attività didattica svolta in presenza o svolta a distanza a seguito dell’emergenza da COVID-19 e fino alla data di cessazione dello stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei ministri il 31 gennaio 2020, e comunque per l’anno scolastico 2019/2020, produce gli stessi effetti delle attività” tradizionali.

Come se non bastasse, nel dossier prodotto dall’ufficio legislativo della Camera si legge che anche quest’anno il consiglio di classe “attribuisce alla valutazione, periodica e finale, degli apprendimenti oggetto dell’attività didattica svolta in presenza o svolta a distanza – per l’anno scolastico 2019/2020 – gli stessi effetti di quella normalmente prevista”. Con il fine di “garantire efficacia alla valutazione – periodica e finale – degli apprendimenti acquisiti durante la didattica a distanza anche qualora la stessa valutazione venga svolta con modalità diverse da quanto previsto dalla legislazione vigente”.

Cambia la didattica, non la valutazione finale

A questo punto, il concetto è chiaro: le attività svolte con la didattica on line vanno valutate alla stregua di quelle in presenza.

Certamente, dopo questo passaggio legislativo, il ministero dell’Istruzione potrebbe fornire maggiori indicazioni su come attuare la valutazione e quale genere di “situazioni” potrebbero essere utili per andarla a determinare.

Pur rispettando l’autonomia scolastica, in particolare le facoltà dei Collegi dei docenti, da Viale Trastevere potrebbe partire una nota con la quale evitare che vi siano delle difformità nel considerare la didattica a distanza prodotta dagli alunni.

E alla luce del fatto che la valutazione del compito e dell’interrogazione potrebbe non essere esauriente per giungere ad una valutazione oggettiva, una soluzione proposta da alcuni pedagogisti potrebbe essere quella di uscire dall’idea della valutazione meramente sommativa: si dovrà trovare il modo, in pratica, di determinare i progressi dell’alunno riscontrabili anche attraverso ulteriori modalità. Come gli interventi durante le lezioni on line sincrone, la puntualità di “arrivo” alle lezioni on line, la coerenza delle affermazioni con gli elaborati e le ricerche prodotte o il rispetto delle scadenze imposte dal docente.

Tutti ammessi, ma sempre valutati

Quello che scaturirà da tutte queste circostanze formative, anche attraverso delle griglie di valutazione specifiche per la didattica a distanza, naturalmente approvate dagli organi collegiali, si potrà sintetizzare certamente con un giudizio, anche articolato.

Dal quale, in sede di scrutinio, si evincerà un voto. E anche se, solo per quest’anno (in deroga al D.P.R. n. 122 del 2009 e al Decreto Legislativo n. 62 del 2017) non si determineranno bocciature o sospensioni del giudizio perché, tranne gli alunni delle classi non terminali della secondaria, tutti verranno ammessi a settembre, si tratterà comunque di assegnare un voto espresso in decimi. Anche nel tempo del Coronavirus che ha chiuso tutte le scuole per mesi.

Didattica a distanza: la valutazione delle attività svolte in questa fase è del tutto legittima

da La Tecnica della Scuola

Nel corso del passaggio al Senato nel decreto Cura Italia è stata inserita una disposizione molto importante in materia di valutazione di cui però si è finora parlato molto poco
Si tratta dell’articolo 87 comma 3 ter che così recita: “La valutazione degli apprendimenti, periodica e finale, oggetto dell’attività didattica svolta in presenza o svolta a distanza a seguito dell’emergenza da COVID-19 e fino alla data di cessazione dello stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei ministri il 31 gennaio 2020, e comunque per l’anno scolastico 2019/2020, produce gli stessi effetti delle attività previste per le istituzioni scolastiche del primo ciclo dal decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 62, e per le istituzioni scolastiche del secondo ciclo dall’articolo 4 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 giugno 2009, n. 122, e dal decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 62”.

“Ripulita” dai riferimenti normativi la disposizione sembra dire, in sostanza, che la valutazione collegata alle attività di didattica a distanza ha lo stesso valore legale delle sue forme più “tradizionali”.
In effetti, se si legge il dossier prodotto dall’ufficio legislativo della Camera, se ne ha la conferma.
La norma – si legge nel dossier – “attribuisce alla valutazione, periodica e finale, degli apprendimenti oggetto dell’attività didattica svolta in presenza o svolta a distanza – per l’anno scolastico 2019/2020 – gli stessi effetti di quella normalmente prevista” dalle norme consuete.
La finalità della disposizione – si legge sempre nel dossier – sembra essere proprio quella di “garantire efficacia alla valutazione – periodica e finale – degli apprendimenti acquisiti durante la didattica a distanza anche qualora la stessa valutazione venga svolta con modalità diverse da quanto previsto dalla legislazione vigente”.

La norma dovrebbe porre fine ai dubbi (e anche alle polemiche) degli ultimi giorni: è del tutto legittimo collegare la valutazione degli studenti alle attività svolte con la didattica a distanza senza correre il rischio di incorrere in procedure o atti illegittimi.

Maturità 2020, niente proroga al Documento del 15 maggio ma potrebbe cambiare il contenuto

da La Tecnica della Scuola

Nessuna proroga: il documento del 15 maggio dell’Esame di Stato 2019/20 va presentato nei termini canonici, come se le scuole fossero aperte. Rispetto ad alcune notizie circolate nei giorni scorsi, in cui si paventava un possibile slittamento della pubblicazione di tale documento agli inizi di giugno, il ministero dell’Istruzione smentisce qualsiasi possibile ritardo e assicura che tutti i Consigli delle quinte classi della secondaria di secondo grado pubblicheranno puntualmente il Documento come accade oramai dal lontano 1999.

Le possibili novità

La consegna, quindi, andrà portata a termine, nonostante la sospensione delle attività didattiche imposta dall’emergenza sanitaria: un blocco che, ricordiamo, in alcune aree del Paese ha interrotto la didattica in presenza dal 22 febbraio, e dal 5 marzo in tutta Italia, con la didattica che è andata avanti, attraverso la volontarietà di tanti docenti, scesi in prima linea garantendo il diritto allo studio con la didattica a distanza.

Nonostante il grave disagio, si è dunque deciso di riunire nei prossimi giorni i Consigli di classe a distanza, in modo così da redigere il Documento del Consiglio di classe da pubblicare entro il 15 maggio 2020.

Cosa conterrà

In vista dell’esame di maturità, c’è da ricordare che il documento di metà maggio contiene le relazioni collegiali dei docenti sulle rispettive classi, relazioni che mettono in luce i metodi didattici adottati dagli insegnanti, i programmi svolti nel corso dell’anno scolastico e i criteri di valutazione, corredati da griglie disciplina per disciplina.

Il documento, successivamente, sarà poi pubblico e visionabile da chiunque – anche dalle famiglie degli studenti – sul sito web di ogni scuola secondaria.

Criteri di valutazione immutati?

Considerando la novità dell’introduzione della didattica a distanza attivata quest’anno nelle scuole, resa poi obbligatoria a partire dall’8 aprile scorso, molti docenti si stanno chiedendo cosa scrivere nel documento rispetto la parte di programma effettuata a distanza: questa, infatti, non sempre ha potuto raggiungere tutti gli studenti, e nemmeno è stato sempre possibile verificare il livello di apprendimento acquisito, con tanto di valutazioni, attraverso le prove scritte tradizionali o con i colloqui in presenza.

A questo proposito, nel testo del 15 maggio ci sarebbero da pubblicare i criteri di valutazione utilizzati in presenza, ma anche quelli utilizzati a distanza ed essere sicuri che le valutazioni realizzate a distanza abbiano giuridicamente la stessa legittimità di quelle fatte fino al 5 marzo in presenza (il MI su questo aspetto è invitato ad esprimersi).

Ipotesi al vaglio del Ministero sulla valutazione

C’è chi sostiene, su tale punto, che il ministero con Ordinanza ministeriale debba dare indicazione di considerare, sempre all’interno del documento del 15 maggio, i programmi didattici svolti a distanza come facoltativi e non strettamente obbligatori: questo, eviterebbe, infatti, possibili contenziosi in caso di valutazioni negative sugli argomenti svolti a distanza e richiesti ai candidati in sede di esame.

In un’Ordinanza ministeriale di prossima uscita potrebbe essere invece più probabile che venga specificato quale sarà la valutazione massima del credito di ammissione all’esame di Stato 2019/2020, e la consistenza massima della valutazione dell’unica prova che sembra si svolgerà in sede di esame.

In presenza o a distanza? Quanti punti?

Tra le altre cose, non è ancora dato sapere se l’esame del colloquio orale sarà svolto in presenza o se si svolgerà l’esame a distanza.

In campo ci sono varie ipotesi che andrebbero a riguardare una possibile riconversione del credito scolastico degli ultimi tre anni. Tenuto conto che assegnare 60 punti su 100 ad una sola prova che potrebbe essere svolta anche a distanza, potrebbe sembrare un’esagerazione, si sta ipotizzando di dare un massimo di 60 punti al percorso dell’ultimo triennio con il credito scolastico convertito e un massimo di 40 punti al colloquio, oppure fare 50 e 50.

Certamente, si tratta soltanto di ipotesi, ma al ministero dell’Istruzione è stata insediata una task force che sta lavorando anche su queste possibili novità specifiche per la maturità 2020.