Estensione delle tutele assicurative nella scuola a.s. 2023/2024

Estensione delle tutele assicurative nella scuola a.s. 2023/2024. Stato dell’arte e disamina normativa

Dario Angelo TUMMINELLI, Carmelo Salvatore BENFANTE PICOGNA e Zaira MATERA

Con nota la prot. n. AOODGOSV 0035428 del 27 ottobre 2023, il Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione, Direzione generale per gli ordinamenti scolastici, la valutazione e l’internazionalizzazione del sistema nazionale di istruzione del Ministero dell’Istruzione e del merito (MIM) ha dato avvio alla diffusione della Circolare INAIL n. 45 del 26 ottobre 2023 (consultabile dal link diretto https://www.inail.it/cs/internet/docs/alg-circolare-n-45-26-ottobre-2023.pdf) avente come oggetto: “Estensione della tutela assicurativa degli studenti e del personale del sistema nazionale di istruzione e formazione, della formazione terziaria professionalizzante e della formazione superiore. Articolo 18 del decreto-legge 4 maggio 2023 n. 48, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 luglio 2023, n. 85”.

Tale circolare, invero molto attesa, era stata anticipata da parte del Ministero dell’Istruzione attraverso un’intensa campagna istituzionale informativa e divulgativa, mediante la diffusione di uno specifico spot (consultabile sul canale YouTube consultabile dal link  https://www.youtube.com/watch?v=a-kXYf_2SWc) nelle reti radio e tv della Rai, oltre ai  canali social istituzionali propri, partita il 6 ottobre scorso, la quale evidenziava l’importanza della prevenzione sul tema della sicurezza nei luoghi di lavoro, a partire proprio dalla scuola, “Perché la cura del futuro inizia dai banchi di scuola”.

L’intento del Ministero era, dunque, far conoscere massivamente a studentesse e studenti nonché a tutti gli operatori che gravitano nel mondo scolastico (educatori, docenti di ogni ordine e grado e tutto il personale amministrativo, tecnico e ausiliario) la nuova impostazione sulle tutele assicurative all’interno dell’Istituzioni scolastiche autonome, che il dicastero dell’Istruzione ha voluto fortemente e promosso in sinergia con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

Come recita la stessa nota, la previsione di legge che tutela le studentesse e gli studenti (“a 360 gradi” estendendone la copertura) nonché tutto il personale scolastico, è disposta dal cosiddetto “Decreto Lavoro” nello specifico dall’articolo 18 del Decreto Legge del 4 maggio 2023, n. 48 “Misure urgenti per l’inclusione sociale e l’accesso al mondo del lavoro” pubblicato in Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 103 del 04 maggio 2023, convertito con modificazioni, dalla Legge del 3 luglio 2023, n. 85.

Prima del citato intervento normativo l’applicazione delle tutele assicurative contro gli infortuni e le malattie professionali era limitata esclusivamente ai sinistri occorsi in alcuni ambienti scolastici, come i laboratori e le palestre, per alcune attività che richiedono o prevedono l’uso di apparecchi elettrici (es. videoterminali, computer, tablet, fotocopiatrici, videoregistratori, proiettori, ecc.).

Oggi tali tutele vengono estese in ogni ambiente scolastico, comprese le attività di orientamento al lavoro che si svolgono al di fuori delle pertinenze scolastiche.

Per far fronte all’estensione della tutela assicurativa sono stati allocati appositi fondi dallo Stato Italiano, destinando a questa misura ben 17,3 milioni di Euro per l’anno scolastico e accademico 2023/2024.

In buona sostanza le famiglie, con l’applicazione della nuova normativa, avranno un vantaggio economico, attraverso l’impegno economico assunto e sostenuto dallo Stato, per le coperture assicurative dagli infortuni previste per le studentesse e gli studenti nonché per tutto il personale scolastico, sollevandoli da ulteriori spese.

Invero tale misura non è ancora strutturata nel tempo; infatti l’estensione della tutela (copertura assicurativa INAIL prevista per lo svolgimento delle attività d’insegnamento/apprendimento) è attualmente circoscritta esclusivamente all’anno scolastico e accademico 2023/2024, ed è valida sia per il personale scolastico che per i discenti

  1. del sistema nazionale di istruzione, scuole statali, paritarie e non paritarie,
  2. del sistema di istruzione e formazione professionale (IeFP),
  3. nei percorsi di istruzione e formazione tecnica superiore (IFTS),
  4. nonché nei percorsi di formazione terziaria professionalizzante (ITS Academy) e dei Centri provinciali per l’istruzione degli adulti (CPIA).

Le previsioni normative sul tema della tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro derivano dal dettato costituzionale che ne ha sancito, nell’art. 38 c. 2, i principi e i fondamenti.

Così recita la Carta costituzionale: “I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria” mentre per quanto riguarda la norma di riferimento per  l’assicurazione obbligatoria, attualmente è il  Decreto del Presidente Della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124 “Testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali” pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 257 del 13 ottobre 1965 – Supplemento Ordinario, integrata dal Decreto Legislativo del 23 febbraio 2000, n. 38.

Fatta questa premessa ci addentriamo nell’argomento oggetto di questo studio.

L’INAIL, con la citata circolare n. 45 del 26 ottobre 2023, illustra le principali novità introdotte e le regole di assicurazione per le scuole autonome ovvero le differenze tra la tutela assicurativa prevista dal Testo Unico (sopra citato) e quella prevista dall’introduzione dall’articolo 18 del Decreto-Legge 4 maggio 2023, n. 48.

La circolare, come riporta il punto A), rubricato in “Tutela assicurativa dei docenti e degli alunni delle scuole o istituti di istruzione di qualsiasi ordine e grado”, regolamenta e disciplina la copertura assicurativa prevedendo tutti gli eventi lesivi (infortuni sul lavoro e le malattie professionali) occorsi per finalità lavorative, incluso l’infortunio in itinere e, trova applicazione, in caso di:

  1. uso non occasionale di macchine elettriche o elettroniche (computer, tablet, macchine fotocopiatrici, proiettori, lavagne interattive multimediali, registro di classe elettronico, ecc.) o svolgimento di attività lavorativa in via non occasionale in un ambiente organizzato in cui sono presenti macchine elettriche o elettroniche (cd. rischio ambientale);
  2. “svolgimento di esperienze tecnico-scientifiche, esercitazioni pratiche e esercitazioni di lavoro. Sono considerate esercitazioni pratiche le esercitazioni di ginnastica (scienze motorie e sportive), di alfabetizzazione informatica e di lingua straniera svolte con macchine elettriche, l’attività di sostegno e di assistenza agli alunni, di accompagnamento nei viaggi di istruzione o comunque viaggi di integrazione della preparazione di indirizzo, organizzati dalle scuole nell’ambito dell’offerta formativa.”

Rientrano nelle tutele per lo svolgimento delle suddette attività, sia i discenti che il personale scolastico delle scuole o istituti di istruzione di qualsiasi ordine e grado, statali e non statali (anche privati), degli istituti di istruzione e formazione, della formazione terziaria professionalizzante e della formazione superiore.

È interessante evidenziare che sono assicurati anche le bambine e i bambini della scuola dell’infanzia, precedentemente esclusi e anche le attività di esercitazioni pratiche e di lavoro.

Per quanto riguarda le studentesse e gli studenti, la copertura assicurativa INAIL trova applicazione “esclusivamente per gli eventi lesivi accaduti durante lo svolgimento di esperienze tecnico-scientifiche, esperienze di lavoro, esercitazioni pratiche, incluse le prove d’esame. Sono considerate esercitazioni pratiche le esercitazioni di ginnastica (scienze motorie e sportive), di alfabetizzazione informatica e di lingua straniera svolte con macchine elettriche, i viaggi di istruzione o comunque viaggi di integrazione della preparazione di indirizzo, organizzati dalle scuole nell’ambito dell’offerta formativa. Sono esclusi gli infortuni in itinere”.

Giova evidenziare, infine, che la tutela assicurativa INAIL copre gli eventi lesivi occorsi (infortuni e malattie professionali) comunque riconducibili al luogo di svolgimento autorizzato (e le loro pertinenze, atri e androni, ingressi, cortili etc.), a titolo di esempio, “urti contro suppellettili, infissi, e altri incidenti analoghi accaduti nei locali scolastici, scivolamenti o cadute sul pavimento, dalle scale, nei bagni, nel cortile, ecc.”.

Sono comprese anche le attività organizzate e autorizzate dagli Istituti scolastici e formativi, a titolo di esempio “le attività di mensa, le attività ricreative, le uscite didattiche, i viaggi d’istruzione, le visite guidate, i viaggi di integrazione della preparazione di indirizzo, le attività ludico sportive (giochi della gioventù)”.

Sono incluse, infine, tra le attività scolastiche assicurate i tirocini curriculari, le attività organizzate dalle istituzioni scolastiche sulla base di progetti educativi ovvero le iniziative complementari e integrative che si inseriscono (nel PTOF) negli obiettivi formativi delle scuole.

Si evidenzia, come riporta la lettera C) della circolare, che l’assicurazione INAIL“esonera le istituzioni scolastiche e formative dalla responsabilità civile per gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali occorsi ai soggetti assicurati, nei limiti di quanto previsto dagli articoli 10 e 11 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124. L’assicurazione, dunque, non copre la responsabilità civile verso terzi” mentre la lettera D) disciplina le modalità di assicurazione. Esse sono differenziate “a seconda che il soggetto assicurante sia una istituzione scolastica o formativa statale oppure non statale. Inoltre, gli adempimenti variano a seconda che i soggetti assicurati siano docenti, alunni/studenti”.

Si conclude la presente trattazione con la menzione della nascita di un apposito fondo istituito presso il Ministero del Lavoro per i familiari delle studentesse e degli studenti deceduti, vittime di infortuni, cosi come disciplinato nell’ultima lettera E)Al fine di riconoscere un sostegno economico ai familiari di studenti […], deceduti a seguito di infortuni occorsi in occasione o durante le attività formative, con esclusione degli infortuni in itinere, è stato istituito un Fondo presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con una dotazione di 10 milioni di euro per l’anno 2023 e di 2 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2024”.

Riferimenti normativi

  • COSTITUZIONE ITALIANA, art. 38 c. 2
  • DECRETO del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124 “Testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali
  • DECRETO LEGISLATIVO 23 febbraio 2000, n. 38 “Ripubblicazione del testo del decreto legislativo 23 febbraio 2000, n. 38, recante: “Disposizioni in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, a norma dell’articolo 55, comma 1, della legge 17 maggio 1999, n. 144”, corredato delle relative note
  • DECRETO-LEGGE 4 maggio 2023 n. 48 “Misure urgenti per l’inclusione sociale e l’accesso al mondo del lavoro”, art. 18
  • LEGGE del 3 luglio 2023, n. 85 “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 4 maggio 2023, n. 48, recante misure urgenti per l’inclusione sociale e l’accesso al mondo del lavoro
  • CIRCOLARE INAIL n. 45 del 26 ottobre 2023 “Estensione della tutela assicurativa degli studenti e del personale del sistema nazionale di istruzione e formazione, della formazione terziaria professionalizzante e della formazione superiore. Articolo 18 del decreto-legge 4 maggio 2023 n. 48, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 luglio 2023, n. 85
  • NOTA MIM prot. n. AOODGOSV. 0035428 del 27 ottobre 2023

Sitografia

  • PRESIDENZA del CONSIGLIO dei Ministri “Campagna di comunicazione per l’estensione della tutela assicurativa nelle scuole

https://www.governo.it/it/media/campagna-di-comunicazione-lestensione-della-tutela-assicurativa-nelle-scuole/23800

  • MINISTERO DELL’ISTRUZIONE “Estensione tutela assicurativa nelle scuole, al via la campagna informativa istituzionale

https://www.miur.gov.it/-/estensione-tutela-assicurativa-nelle-scuole-al-via-da-oggi-la-campagna-informativa-istituzionale-1

  • MINISTERO DELL’ISTRUZIONE “Estensione tutela assicurativa nelle scuole

https://www.miur.gov.it/web/guest/-/estensione-tutela-assicurativa-nelle-scuole

  • MINISTERO DELL’ISTRUZIONE
https://www.youtube.com/watch?v=a-kXYf_2SWc
  • MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI “Estensione tutela assicurativa nelle scuole, al via da oggi la campagna informativa istituzionale

https://www.lavoro.gov.it/stampa-e-media/comunicati/pagine/estensione-tutela-assicurativa-nelle-scuole-al-da-oggi-la-campagna

  • INAIL “Estensione della tutela assicurativa in favore del personale docente e degli studenti

https://www.inail.it/cs/internet/comunicazione/avvisi-e-scadenze/avviso-estensione-tutela-docenti-studenti.html

In Puglia una scuola modello di inclusione

In Puglia una scuola modello di inclusione
SuperAbile INAIL del 05/11/2023

ANDRIA. Siti di informazione sul mondo della scuola informano che l’istituto scolastico “Colasanto” di Andria è diventato un esempio di inclusione scolastica. Con 750 studenti iscritti, 250 dei quali presentano disabilità o disturbi specifici dell’apprendimento, la scuola rappresenta un laboratorio vivente dove l’inclusione non è solo un motto, ma una realtà quotidiana.
In ogni classe dell’istituto, la presenza media è di tre alunni con disabilità, creando un ambiente di apprendimento inclusivo. Negli ultimi cinque anni il numero degli studenti con disabilità o con difficoltà di lettura, scrittura e calcolo, è raddoppiato, dimostrando l’efficacia dell’approccio inclusivo adottato dalla scuola.
L’istituto propone tre indirizzi di studio: servizi sociosanitari, grafico pubblicitario e liceo artistico. Queste sezioni accolgono 126 studenti con disabilità, 100 con Dsa e 20 con bisogni educativi speciali.
La formula vincente risiede nella collaborazione continua tra docenti, che spesso operano in team di tre o quattro per classe, assicurando un supporto completo agli studenti.
Dopo il diploma, alcuni studenti proseguono gli studi universitari mentre altri entrano nel mondo del lavoro, in particolare in aziende di grafica, confermando l’efficacia del percorso formativo proposto dall’istituto.
Nonostante l’incremento degli studenti con bisogni speciali, la stabilità del personale docente è ancora lontana. Gran parte del sostegno è fornito da docenti precari con contratti annuali, una situazione che riflette la necessità di maggiore stabilità nell’assunzione del personale dedicato al sostegno scolastico. Su 9.800 docenti a tempo indeterminato nella regione, 7.800 sono posizioni in deroga dedicate al sostegno, evidenziando una disparità ancora da colmare.

Un voto non si nega a nessuno

Un voto non si nega a nessuno

di Stefanio Stefanel

Ha fatto molto scalpore in questi giorni la questione del Liceo Morgani di Roma, dove il Collegio docenti con una votazione pressoché paritaria (37 a 36), ha eliminato la sezione “senza voti” operativa da anni. Personalmente ritengo un grave errore aver portato una simile questione in collegio docenti, visto che stava già nel PTOF che si chiude il 31 agosto 2025 e, inoltre, non andava ad intaccare la valutazione finale che deve per legge essere numerica. Rimane il messaggio molto esplicito che questa scelta ha trasmesso, cui credo abbia molto nuociuto l’esposizione mediatica data alla sperimentazione in una sola sezione, che ha trasformato, per l’opinione pubblica, tutto il Liceo Morgani di Roma in una scuola senza voti, creando, dunque, una presa di posizione avversa dei docenti che non condividevano la scelta fatta da quella sezione. La querelle sul Liceo Morgani fa, però, il paio con le varie prese di posizione di esponenti politici della destra, che da tempo vogliono il ritorno dei voti numerici anche nelle scuole primarie, aboliti dall’Ordinanza Ministeriale 172 del 2020, andata a regime nell’ambito di una grande azione formativa del Ministero conclusasi da poco. Ci sono poi vari personaggi pubblici apertamente conservatori come Paola Mastrocola o apparentemente progressisti come Viola Ardone che lodano il “2” e la sua potenza salvifica e benefica. Diciamo che le truppe dei donmilaniani sono ben agguerrite, ma in palese fase di ritirata più o meno strategica. Reginaldo Palermo in un simpatico intervento (Ci vuole una regola chiara: si usa il voto quando governa il centro-destra e il giudizio con il centro-sinistra, 2 novembre 2023, su “Tecnica della scuola”) ha scritto che, quando governa il centro sinistra nelle scuole primarie si valuta con i giudizi, quando governa il centro destra con voti.

Chi propugna una scuola senza voti (ad esempio Valentina Grion, Cristiano Corsini, Vincenzo Caico) vorrebbe una scuola in cui la trasparenza del giudizio prevalga sull’opacità del voto, anche perché il voto tende a misurare un prodotto (compito in classe, interrogazione, test), mentre il giudizio descrittivo deve addentrarsi nel problema dell’apprendimento. Faccio notare un piccolo paradosso: molti studenti con voti negativi vengono ammessi alla classesuccessiva nel secondo ciclo attraverso il così detto “voto di consiglio” (la materia è insufficiente, ma il consiglio decidendo la promozione, autorizza perciò la trasformazione del voto in positivo, magari con un asterisco che indichi l’”aiuto”). È logico tutto questo? Direi proprio di no: io penso sarebbe più semplice e serio promuovere lo studente, sostituendo quel voto falso (“6 per voto di consiglio”), con una descrizione precisa delle lacune rimaste e da colmare, che mostri palesemente come l’alunno sia stato promosso nell’ambito di una valutazione generale che nulla ha a che vedere con una singola materia. Questa descrizione c’è, ma è svogliata, e soprattutto non la legge nessuno, perché, messo in tasca il 6, uno guarda solo avanti e non indietro. Tra l’altro questo aprirebbe anche la questione, che è connessa al concetto di didattica orientativa, sull’opportunità di mantenere la struttura di apprendimento tuttologica anche per studenti che si sono già orientati in maniera definitiva (sia verso il mondo del lavoro, sia verso il mondo universitario, sia verso il nuovo e grezzo mondo degli ITS).

​Personalmente ritengo che gli argomenti per uscire dalla logica dei voti e trasferirsi in quella di una valutazione complessiva delle materie generaliste, di quelle di indirizzo, dell’educazione civica e del comportamento, dei PCTO, delle progettualità, degli Erasmus, dei corsi per l’ampliamento dell’offerta formativa, dell’orientamento, dovrebbe avere una chiara organizzazione descrittiva ed arrivare ad una trasformazione in crediti al solo fine dell’esame di stato conclusivo. Il voto di diploma dovrebbe essere integrato da una descrizione completa dello studente, non da una statica e non letta certificazione delle competenze. La valutazione senza voti è destinata a modificare la scuola italiana, che così non può più andare avanti, ma non nei prossimi anni: questo, però, avverrà solo quando sarà chiaro che il sistema della valutazione numerica produce dispersione e non la combatte, condiziona gli studenti verso il voto e non verso l’apprendimento, non aggiunge conoscenza sugli studenti e il loro percorso, ma solo appiccica numeri nel registro elettronico. A quel punto il “2” terapeutico e l’esame di stato nozionistico potranno anche essere sostituiti da prove di resistenza e maturità, sullo stile di quello che fanno i marines nell’addestramento. Prove che forgiano, ma poi l’apprendimento, anche per i marines, è altro. Faccio per dire, ovviamente, perché al giorno d’oggi bisogna stare attenti: si è presi sul serio anche quando si esagera per farsi capire meglio.

​Una domanda, alla fine, me la devo porre: ma se è così chiaro che il voto e le modalità con cui viene assegnato producono più danni che altro e poiché le motivazioni di chi propone una scuola senza voti sono più che convincenti, perché si rafforza l’idea che il voto è oggettivo, migliore, utile, chiaro? Se l’attuale governo ripristinerà i voti nella scuola primaria (magari lasciando intatti gli obiettivi: sarebbe un vero capolavoro di astrattismo cubistico) io credo che i genitori degli scolari delle primarie saranno quasi tutti contenti, i commentatori che hanno spazio nei giornali e nelle televisioni plauderanno, molte maestre e qualche maestro (sono molti meno) tireranno un sospiro di sollievo. C’è dunque qualcosa che sfugge a chi ritiene che la pedagogia sia una cosa seria, che l’apprendimento non coincida con l’insegnamento, che la valutazione non sia misurazione. Anche perché l’opinione pubblica ha potere sulle professioni quando le professioni sono deboli, lo si è visto sui vaccini anti-Covid, ma lo si vede anche in altri settori: chi discuterebbe su come si costruisce un grattacielo mettendo sullo stesso piano il gradimento popolare e la progettazione dell’opera? Nella scuola sta avvenendo questo: i progettisti e costruttori di grattacieli (l’apprendimento di bambini e ragazzi) sono messi sullo stesso piano di coloro che in quei grattacieli vorrebbero essere al sicuro da crolli e pericoli senza però sapere nulla di ingegneria (genitori, opinione pubblica, commentatori, politici). E allora cosa succede realmente? Succede che è il mondo della scuola a volere i voti, ad agognare le verifiche, a godere dei compiti in classe, ad appassionarsi alle interrogazioni dove a domanda si risponde come vuole chi ha fatto la domanda.

​Tutto questo avviene – in questo caso ne sono certo, quindi non scrivo: a mio parere – perché la gran parte dei docenti senza voto non sa proprio come fare. Non come fare a valutare, perché ogni docente sa valutare i suoi studenti con una sufficiente profondità, ma proprio come fare: come fare tutto. Senza voto un numero enorme di docenti non saprebbecome e cosa insegnare, come vivere in classe, come verificare, come valutare in maniera trasparente, come correggere, come correggersi, come formarsi, come aggiornarsi. Il voto, soprattutto negativo, certifica che l’insegnante è in grado di vedere il fallo, e certifica anche il suo potere, attraverso voti negativi disciplinari, di poter decidere il futuro dello studente (promosso o bocciato). I docenti ritengono che la loro professione alla fine debba avere un confine e questo confine è proprio il voto, pena l’ingovernabilità del sistema. Il voto è complicato e per questo piace ai docenti, perché è un rapporto personale che non descrive nulla, riferito a standard personalied esoterici, dentro criteri d’istituto per lo più inutili perchépermettono davanti alla medesima prova di assegnare sia “4” che “7” (come Corsini ha dimostrato nel disinteresse generale della scuola). 

Su questa questione si è poi innestata la propaganda sulmerito non descritto come giusto riconoscimento di chi è bravo (cui il sistema non da nulla di diverso da chi bravo non è), ma come contraltare al “demerito”, per cui “il sei te lo devi meritare” diventa una frase emblematica di una scuola dove si deve studiare per avere i voti non per apprendere e dove anche se apprendi questo non vale nulla finché al tuo apprendimento non viene appiccicato un voto. Tra l’altro per molti docenti insegnare la propria materia è una missione e, come ogni missionario (Pizarro incluso), ritengono che, se non si riesce ad insegnare con le buone le cattive vanno benissimo (da lì i “2” salvifici, che aprirebbero la conversione allo studio di tutti quelli che li prendono).

Dunque, che fare in questo caos? Direi lavorare molto e tacere ancora di più: lavorare nelle scuole con coscienza e saggezza, cercando di fare emergere su giornali, televisioni, social niente o quasi, come avviene per gli ingegneri che non pubblicano sui social i progetti dei grattacieli che progettano e che poi ditte specializzate costruiscono nel silenzio mediatico più assoluto.

Ordinanza TAR Campania sul dimensionamento scolastico

La discutibile ordinanza cautelare del TAR Campania n. 3905/2023 sul dimensionamento scolastico

Francesco G. Nuzzaci

1. Sintesi del provvedimento

1.1. Con ordinanza n. 3905 del 30 ottobre 2023,  il TAR Campania ha accolto, nei termini che seguono, il ricorso della Regione Campania – sostenuta ad adiuvandum da CGIL e UIL – avverso il decreto n. 127 del 30 giugno 2023, con cui il MIM di concerto con il MEF ha stabilito i criteri per la definizione del contingente    dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi e la sua distribuzione tra le Regioni per il triennio 2024-2025/2026-2027, assegnando alla Regione Campania 839 istituzioni scolastiche a fronte delle 965 attuali.

Il Decreto interministeriale impugnato rinviene la sua fonte nell’art.1, comma 557 della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025); che violerebbe, a giudizio della ricorrente, il sistema di riparto di competenze legislative tra Stato e Regioni stabilito all’art, 117, comma 3 della Carta costituzionale, che annovera tra le numerose materie di legislazione concorrente l’istruzione, stabilendo all’ultimo periodo che “Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato”.

Le norme censurate sarebbero quindi invasive della sfera di competenza legislativa riservata alla Regione, nella misura in cui non si limiterebbero alla consentita determinazione dei principi fondamentali, sostanziando invece disposizioni di dettaglio che spetta solo ad essa emanare. E perciò il decreto sarebbe viziato in via di derivazione dalla illegittimità costituzionale dell’art. 19, commi quater e quinquies del D.L. n. 98/2011 convertito con la legge n. 111/2011: commi quivi inseriti dall’art.1, comma 557 della predetta legge 197/2022.

1.2. Il Collegio ha stimato rilevante e non manifestatamente infondata la questione di legittimità costituzionale, rilevando inoltre che il divisato carattere incostituzionale, che va fondatamente ascritto alle norme in questione, emerge con una certa evidenza nella parte della disposizione che istituisce un potere d’intervento sostitutivo in capo allo Stato, operante per il caso di mancato raggiungimento dell’accordo con le Regioni (come in effetti avvenuto ed anche in passato).

Per tali motivi ha accolto la domanda cautelare e sospeso “nei limiti dell’interesse regionale della ricorrente Regione Campania” e fino al deposito della sentenza dell’adita Corte costituzionale il D.I. n. 127/2023 e le parimenti impugnate note ministeriali a seguito.

2. Una pronuncia tutt’altro che persuasiva

Non convince, preliminarmente, la decisione del TAR Campania di aver ritenuto la propria competenza territoriale per essere “la proposta impugnazione delimitata dai confini dell’interesse azionato dalla ricorrente”, ai sensi dell’articolo 13 del Codice del processo amministrativo (D. Lgs. 104/2010), ancorché gli atti in controversia promanino da un’autorità statale e perciò, secondo la regola, radicanti la competenza in capo al TAR Lazio.

A sostegno di tale decisione è richiamata una giurisprudenza supposta conforme, ma che invece la smentisce laddove afferma che, certamente, vi è competenza del TAR territoriale anche a fronte di provvedimenti-atti-accordi-comportamenti di pubbliche amministrazioni centrali, purché questi dispieghino i propri “effetti diretti esclusivamente nell’ambito territoriale di un tribunale periferico” (CGA Sicilia, n. 51/2018), ovvero “effetti territoriali limitati alla circoscrizione del Tribunale medesimo” (TAR Lombardia – Milano, n. 69/2020). Mentre qui gli avversati provvedimenti in concerto tra MIM e MEF interessano l’intero territorio nazionale e non incidono in via diretta ed esclusiva la sfera giuridica di una singola regione. O, se più piace, non producono i propri effetti sulla sola Campania, sì da legittimare la stravagante (sia pure provvisoria) statuizione del locale Giudice amministrativo di sospendere il decreto in parola e successive note ministeriali “nei limiti dell’interesse regionale della ricorrente Regione Campania”, ma evidentemente non per le altre Regioni: almeno fino a quando queste, o alcune di esse, non li impugnino autonomamente davanti al TAR domestico!

Non meno censurabile, e forse ancor più, appare la decisone del TAR campano nel merito o,per essere esatti, riguardo l’apparente fondatezza del buon diritto, di cui a breve.

Per quel che invece concerne l’altro obbligato presupposto di ogni provvedimento cautelare, cioè il pericolo da ritardo, questo è stato ritenuto sussistente per “lo stadio avanzato del processo di attuazione delle denunciate norme e dell’imminente realizzazione del dimensionamento scolastico”;mentre il giorno successivo il TAR Lazio, correttamente adito (ante) dalla Regione Puglia sullo stesso oggetto, per come riportato dalla stampa ha, all’opposto, statuito che “non sono positivamente riscontrabili gli stringenti presupposti di estrema gravità e urgenza … per la concessione della richiesta tutela cautelare monocratica, tenuto conto che nessun concreto pregiudizio è stato comprovato, tantomeno in termini di irreparabilità alla luce della complessiva e concreta situazione”.

3. In via previa, breve storia del dimensionamento scolastico

Il D.P.R. 233/1998, attuativo della specifica previsione figurante nell’articolo 21 della legge 59/1997, ha prescritto i requisiti entro i limiti minimo di 500 alunni (300 nelle zone in deroga) e massimo di 900 nella configurazione di istituzioni scolastiche dotate di (e per l’esercizio della) autonomia funzionale: sulla scorta di plurimi indici, quali la conformazione geografica dei luoghi, peculiari situazioni locali, tipologia dei settori d’istruzione compresi nell’istituzione scolastica, contesto socio-economico-culturale, organizzazione politico-amministrativa dei territori; e al riguardo anche prevedendo unificazioni sia in verticale (istituti comprensivi nel primo ciclo o ipercomprensivi nel mettere insieme scuole del primo e del secondo ciclo) che in orizzontale (all’occorrenza assemblando differenti tipi e indirizzi di studio del secondo ciclo).

Su questa base normativa, e in parallelo con la sopravvenuta riforma del Titolo V della Costituzione nel 2001, hanno impattato le modifiche apportate negli anni 2008-2011 nel quadro di una più ampia razionalizzazione del sistema scolastico.

Con il combinato disposto del D.L. 112/2008, e suo piano attuativo, e dell’art. 19 del D.L. 98/2011, convertito dalla legge 111/2011, si è in primo luogo proceduto a un forzoso accorpamento di scuole dell’infanzia, primarie e secondarie di primo grado in istituti comprensivi aventi almeno 1000 alunni (senza alcun limite massimo, così come per il settore secondario superiore), ridotti a 500 nelle confermate zone in deroga; e in secondo luogo si è prescritto di non assegnare alle scuole con meno di 500 alunni (300 sempre per le zone in deroga) un dirigente titolare, quindi affidate in reggenza.

Di lì a breve la legge 183/2011, Legge di stabilità per il 2012, in esito al preannunciato giudizio d’incostituzionalità della prima parte del predetto combinato disposto (poi avvenuto con sentenza n. 147/2012 e di cui in prosieguo), ha generalizzato il parametro minimo di 600 alunni (400 per le consuete deroghe) per tutte le istituzioni scolastiche, del primo e del secondo ciclo; e, dopo il dirigente, ha negato a tutte quelle sotto tale parametro anche un DSGA titolare.

Otto anni dopo, irrompendo il Covid-19, la legge 178/2020, art. 2, commi 978-979, legge di bilancio per il 2021, ha inteso ripristinare provvisoriamenteper il solo anno scolastico 2021-2022 i parametri minimi 500/300 e mantenendo solo le scuole sotto tali soglie – invero contenute nel numero – orfane del dirigente e del DSGA. E, persistendo l’emergenza pandemica, la succedanea 234/2021, articolo 1, comma 343, ha prorogato la primigenia misura (e relative risorse finanziarie) sino al corrente anno scolastico; e contestualmente ha previsto un ridisegnato dispositivo di dimensionamento a decorrere dal primo settembre 2024 (infra).

4. L’intreccio delle competenze tra Stato e Regioni

Si sa che la riforma del Titolo V nel 2001 ha costituzionalizzato l’assetto della legge basica 59/1997 nella materia dell’istruzione.

Qui semplificando al massimo, spetta alla competenza esclusiva dello Stato dettare le norme generali sull’istruzione (sostituite dai livelli essenziali delle prestazioni per l’istruzione e formazione professionale, questa di esclusiva competenza delle Regioni e Province autonome di Trento e di Bolzano), secondo un nutrito elenco desunto da una serie di concordanti pronunce della Corte costituzionale (in particolare sentenza n. 200/2009 e successive n. 92/2011 e n. 147/2012) e in cui è pacificamente compresa la provvista del personale (dirigenti, docenti, ATA) e relativa assegnazione alle istituzioni scolastiche. Norme generali auto-consistenti, che richiedono di essere applicate in modo necessariamente unitario e uniforme sull’intero territorio dello Stato.

Mentre le Regioni e le due Province autonome di Trento e di Bolzano sono competenti nell’organizzazione sui rispettivi territori del servizio d’istruzione e d’istruzione e formazione professionale, ma nel rispetto dei principi fondamentali definiti dallo Stato per la prima e dei livelli essenziali delle prestazioni, pure definiti dallo Stato, per la seconda.

Principi che, sempre secondo la giurisprudenza costituzionale, “pur sorretti da esigenze unitarie, non esauriscono in sé stessi la loro operatività, ma informano … altre norme (id est: delle Regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano) più o meno numerose” (Corte cost., sentenza 279/2005, oltre alle riferite nn. 200/2009, 92/2011, 147/2012) e più o meno differenziate per corrispondere alle vocazioni dei singoli territori.

È fuor di dubbio che l’organizzazione del servizio scolastico nei pertinenti territori, ma nel rispetto dei vincoli significati dai principi fondamentale, costituisce prerogativa delle Regioni e Province autonome; e che include primariamente il dimensionamento e/o la configurazione delle istituzioni scolastiche e formative. Come si sa altresì che, in luogo di un comportamento di leale collaborazione degli attori, richiesto naturaliter da una  legislazione qui concorrente, si è piuttosto prodotto un endemico e tuttora irrisolto conflitto, con la continua chiamata in causa della Corte costituzionale nel non agevole compito di dirimerlo; e che dovrà pronunciarsi a breve (il 21 novembre) sulla questione di costituzionalità del nuovo sistema di dimensionamento scolastico di cui alla menzionata legge 197/2022, impugnata da diverse Regioni e tra le quali, ovviamente, figura la Campania.

5. Nel merito – provvisorio – dell’ordinanza cautelare

Il Tribunale partenopeo ha condiviso le prospettazioni attoree, laddove l’impugnato decreto e note ministeriali a corredo, attuativo della legge statale testé menzionata, non conterrebbe principi fondamentali inquanto l’assegnazione alle regioni di un dirigente e di un DSGA preposti necessariamente, o strutturalmente, ad ogni istituzione scolastica secondo un coefficiente mobile di 900-1000 alunni (e con alcuni correttivi) configura “una norma di dettaglio”; che, in ultima analisi, “imbriglia la potestà legislativa della regione entro margini assai limitati, atteso che appare evidente che ogni criterio in quanto tale circoscrive e astringe lo spazio di determinazione autonoma del destinatario del criterio stesso”.

Ora, che i principi possano circoscrivere o astringere o imbrigliare la potestà legislativa delle regioni è proprio, e per l’appunto, la loro funzione, allorquando fissano – devono fissare – “criteri, obiettivi, direttive o discipline tese ad assicurare l’esistenza di elementi di base comuni sul territorio nazionale”.

L’ordinanza richiama a comprova, e tra le altre, la sentenza della Corte costituzionale n. 147/2012 (ante), estensore l’attuale Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ha investito nel giudizio di costituzionalità il citato articolo 19, comma 4 del decreto legge 98/2011, convertito con modificazioni dalla legge 111/2011, poi a sua volta corretto dalla legge 183/2011 nell’elevare da 500 a 600 il numero minimo di alunni affinché ogni scuola potesse avere un proprio dirigente e un proprio DSGA.

Tale normativa, per i giudici della Consulta, contiene due previsioni strettamente connesse.

La prima impone la costituzione forzosa di istituti comprensivi di almeno 1000 alunni (500 nelle zone in deroga) nel primo ciclo (ante): ed è affetta da incostituzionalità, per contrasto con l’art. 117, comma 3., Cost., in quanto incide direttamente sul dimensionamento obbligando le Regioni in una rigida organizzazione della rete, quasi una camicia di forza, e  nella sostanza imponendo lo Stato delle misure di dettaglio più che indicare dei principi o criteri siccome entrambi dotati di una necessaria elasticità, sì da consentire un loro “adattamento” alle situazioni locali.

La seconda previsione – continua la sentenza – afferente al numero minimo di alunni 600/400 e al di sotto del quale non possono essere assegnati dirigenti scolastici (e DSGA titolari), “è indubbio che incide in modo significativo sulla condizione della rete scolastica, ma la norma in questione non sopprime posti di dirigente scolastico (e diDSGA), limitandosi a stabilirne un diverso modo di copertura e, tenendo presente che i dirigenti scolastici (e i DSGA) sono dipendenti pubblici statali (pagati dallo Stato enondalle regioni, così come i DSGA), è chiaro che il titolo di competenza esclusiva statale, di cui all’art. 117, secondo comma, lettera g, Cost., assume un peso decisamente prevalente rispetto al titolo di competenza concorrente (delle regioni). Sicché “la questione relativa va dichiarata infondata”.

Pertanto, seguendo questo filo argomentativo della Consulta, a maggior ragione non può pensarsi incostituzionale il futuro impugnato dispositivo: che, rispetto a quello tuttora vigente, consegna alle Regioni una maggiore libertà di organizzazione della rete scolastica, con scuole non soggette a limiti minimi di alunni per poter avere comunque un proprio dirigente e un proprio DSGA, risultando cancellate in radice le scuole sottodimensionate (e dunque da affidare a doppia reggenza).

Ma per il TAR Campania l’aver il legislatore nazionale fissato “addirittura” un coefficiente numerico per l’individuazione del numero dei dirigenti, e dei DSGA, entro un range oscillante tra 900 e 1000 alunni (dirigenti e DSGA, giova ripeterlo, dipendenti statali e dallo Stato pagati) configura “uno spiccato carattere di disposizione di dettaglio e non certo di principio, elidendo in toto ogni spazio di concorrente intervento del legislatore regionale, che finisce per essere in buona parte esautorato”(!?). TAR che condivide come ulteriore motivo di non manifesta infondatezza costituzionale il mancato accordo in sede di Conferenza Stato-Regioni, non essendosi realizzata – come per prassi – l’unanimità, e la conseguente previsione di legge del potere sostitutivo dello Stato.

Ignora però una giurisprudenza costituzionale – sentenza 200/2009, per altri versi richiamata – che, correggendo il Legislatore (legge 183/2011: ante), ha sì riconosciuto alle Regioni e Province autonome di Trento e di Bolzano il potere esclusivo sull’organizzazione del servizio scolastico nei territori di pertinenza, ma nel contempo precisando che non è affatto precluso – pure nelle materie di competenza esclusiva delle Regioni – l’intervento statale nella “creazione di strutture organizzativeomogenee”, in quanto “l’attività unificante dello Stato, in omaggio al principio cardine di unità e indivisibilità della Repubblica”, può ben dispiegarsi ad ampio (potenzialmente illimitato) spettro. E questo proprio in base al principio di sussidiarietà; che, con i complementari principi di differenziazione e di adeguatezza, risulta dotata di una “attitudine anche ascensionale”, sì darendere legittima extrema ratio una “deroga al riparto delle competenze non solo legislative, ma pure amministrative”. 

6. Falsità consapevoli e pigrizie mentali

6.1. È proprio delle rispettive regole d’ingaggio replicare copioni precostituiti, che prescindono dai dati di realtà ovvero artatamente li manipolano, secondo il criterio dell’utile (liberamente stimato tale) rispetto a quello del vero.

Lo è per un presidente di Regione che, sfruttando una guadagnata sponda di prossimità, può affermare che si è fermata la scellerata decisione del Governo di “tagliare scuole, risorse e personale scolastico” e questo “ci incoraggia a proseguire la nostra battaglia fino alla conclusione positiva” (dal sito ufficiale della Regione Campania, 30.10.2023).

Lo è per le sigle sindacali intervenute ad adiuvandum, che ben possono gioire per “un grande risultato … che, senza questa decisione del TAR, si sarebbe andati incontro alla perdita di centinaia di sedi scolastiche con tutto quello che ne consegue in termini di perdita occupazionale, affollamento delle classi e completa sparizione di scuole nelle zone interne”; quindi “continua la lotta per evitare che, nell’arco del prossimo triennio, attraverso smembramenti e accorpamenti di plessi e sedi le attuali 8.007 scuole diventino 7.309, sopprimendosi in pratica il 9% delle sedi esistenti” (dal sito www.flcgil.it, 31.10.2023). Ovvero che possono esternare il loro plauso per essersi fermata la procedura “che avrebbe portato a una riduzione delle autonomie scolastiche nella nostra regione … oltre 120 autonomie scolastiche in meno (che) comporterebbero la perdita dell’identità di tante istituzioni scolastiche oltre che la riduzione di Dirigenti Scolastici, Dsga, personale ATA, e in prospettiva anche di docenti” (così la segretaria regionale Uil Scuola Rua della Campania, in www.vocedellascuola.it, 30.10.2023).

Lo è per l’opposizione parlamentare, esponenti del M5S in commissione Istruzione alla Camera, che ritengono quella del prefigurato nuovo dimensionamento scolastico “una norma iniqua, sbagliata e dannosa per interi territori” (in www.tecnicadellascuola.it, 30.10.2023).

E lo è per gli estensori dei titoli di giornali e riviste telematiche dedicate, che devono attrarre l’attenzione del lettore, tipo “Bocciato il taglio dei DS e DSGA conseguente all’accorpamento delle istituzioni scolastiche” (id.).

6.2. Sono delle bufale. Ma l’informazione distorta o del tutto falsa ha facile gioco nell’epoca della post-verità, decretata parola dell’anno del 2016 dall’Oxford Dictionary, a significare argomentazioni caratterizzate da un forte appello all’emotività; che, basandosi su credenze diffuse e non su fatti verificati, tende ad essere accettata come veritiera dall’opinione pubblica e grazie, soprattutto, agli strumenti comunicativi resi massivamente disponibili dall’incessante sviluppo tecnologico.

Post-verità ad un tempo causa ed effetto della “scomparsa del pensiero”, denunciata da Ermanno Bencivegna – logico e filosofo del linguaggio – nel testo edito da Feltrinelli, con lo stesso titolo, l’anno dopo: laddove uno sbrigativo, e compulsivo, clic surroga la fatica di una verifica delle fonti e di un ragionamento logico in grado di distinguere i fatti dalle opinioni sparate a prescindere, che richiede tempi più distesi e un’attitudine alla riflessione frigido pacatoque animo, evidentemente incompatibili con la frenesia dei giorni nostri e tuttavia esigibili da soggetti professionali, come coloro che operano nella scuola.  

6.3. Nel caso in esame, è disarmante la lettera della norma e granitica la testardaggine dei numeri.

Nel ricorso la Regione Campania si è riferita al criterio di dimensionamento che consente di assegnare in via esclusiva dirigenti scolastici e direttori dei servizi generali e amministrativi alle scuole con almeno 500 studenti (300 se situate nelle piccole isole, nei comuni montani o nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche). Si tratta di un criterio provvisorio, in deroga al normale parametro 600/400 alunni, introdotto per far fronte alla pandemia per gli anni scolastici 2021-2022, 2022-2023, 2023-2024 e che, dopo questo periodo, non avrà più copertura finanziaria (legge 178/2000 e legge 234/2021).

Nell’anno scolastico 2022-2023 la Campania presenta (ha presentato) il numero più alto di scuole al di sotto dei parametri ordinari: 108 su 617 a livello nazionale. Stesso primato avrà (ha) nel 2023-2024, con 102 scuole su 644 a livello nazionale sotto i parametri. Quindi, la pianificazione della rete scolastica nella Regione è stata condotta negli ultimi anni senza prestare la necessaria attenzione al contenimento del numero delle istituzioni scolastiche sottodimensionate.

Secondo i dati ISTAT della popolazione 3-18 anni la Campania sarà interessata da un severo calo degli alunni: nel 2024 ne perderà 17.239 e l’anno successivo 19.456, per un totale di 36.695. Il calo, combinato con il parametro ordinario 600/400 che tornerebbe operativo nel 2024-2025, farebbe avere alla Campania 832 scuole normodimensionate (con un proprio dirigente e un proprio DSGA).

Rispetto a questo dato si è intervenuti applicando, prima di tutto, indici correttivi che hanno determinato il numero delle istituzioni scolastiche autonome in Campania in 839, con un incremento di 7 unità. Inoltre, si è data alla Regione la possibilità di definire la rete di istituti senza vincoli dimensionali minimi, in modo da preservare l’autonomia anche di piccole scuole che, altrimenti, sarebbero affidate in (doppia) reggenza in modo permanente.

Infine, è importante sottolineare che non si è prevista la chiusura di alcun plesso scolastico, poiché sono stati preservati i punti di erogazione del servizio attualmente esistenti.

È, testualmente, il contenuto della dichiarazione che il ministro Valditara ha consegnato alla stampa il 26 giugno 2023 e omettendo di aggiungervi che non si perdono posti di dirigente scolastico, né di docente, né di DSG e neanche di personale ATA, essendo comunque assicurato il mantenimento dell’attuale organico.

Negli stessi termini il discorso è estensibile a tutte le altre Regioni, che abbiano o meno investito la Corte costituzionale.

7. Due, brevi, considerazioni conclusive

7.1. Nella sua nuda oggettività il sistema di dimensionamento scolastico che decorrerà dal primo settembre 2024 è di gran lunga più razionale di quello vigente, oltre che maggiormente rispettoso delle prerogative regionali nell’organizzazione del servizio sui rispettivi territori (ante), tal che pare alquanto improbabile che il Giudice delle leggi, smentendo la sua precedente copiosa giurisprudenza, dichiari – totalmente o anche parzialmente – affetto da incostituzionalità il sistema di dimensionamento delle istituzioni scolastiche statuito dalla legge 197/2022.

Ma se così dovesse essere, significherebbe il mantenimento del dispositivo attuale e, tra le altre conseguenze, il sovrapporsi alla libera volontà del Legislatore che, volendo dotare ogni istituzione scolastica di un dirigente e di un DSGA, sarebbe costretto a subire la volontà delle Regioni di tenere in vita, e magari creandone di nuove, quelle che potrebbero avere anche un centinaio di alunni o poco più!

7.2. Una ragione, però, le Regioni ricorrenti e le sigle sindacali che le affiancano ce l’hanno: una ragione solida, oggettiva e generalmente condivisa.

Che tutte le istituzioni scolastiche debbano fare affidamento su un proprio dirigente e un proprio DSGA è condizione pregiudiziale per il presidio e l’implementazione dei processi organizzativi funzionali allo scopo ad esse assegnato e riassunto nell’incipit del D.P.R. 275/1999, art. 1, comma 2,, Regolamento dell’autonomia: la “progettazione e realizzazione di interventi di educazione, formazione e istruzione mirati allo sviluppo della persona umana, adeguati ai diversi contesti, alla domanda delle famiglie e alle caratteristiche specifiche dei soggetti coinvolti, al fine di garantire loro il successo formativo, coerentemente con le finalità e gli obiettivi generali del sistema di istruzione e con l’esigenza di migliorare l’efficacia del processo di insegnamento e di apprendimento”. Ed è sempre condizione pregiudiziale per una loro capacità di efficace interlocuzione con la governance esterna, includente le altre istituzioni scolastiche e gli uffici periferici dell’Amministrazione, allorquando esse “provvedono – devono provvedere – alla definizione e alla realizzazione dell’offerta formativa nel rispetto delle funzioni delegate alla Regione e dei compiti e funzioni trasferite agli enti locali … promuovendo il raccordo e la sintesi tra le esigenze e le potenzialità individuali e gli obiettivi nazionali del sistema di istruzione” (ivi, comma 1).

Se non è verosimile far corrispondere le nuove istituzioni scolastiche, tutte per definizione normo-dimensionate, agli attuali quarantamila e più plessi o luoghi di erogazione del servizio, non potranno neanche tollerarsi mega-istituti che,  per consentire la costituzione di scuole autonome nei piccoli luoghi che popolano il nostro Paese, possono arrivare ai duemila studenti e ai trecento e oltre tra docenti e personale ATA, naturaliter ingovernabili sui canonici  e compresenti versanti gestionale, dei rapporti con il territorio, educativo-didattico: sicché il nanismo delle une e il gigantismo delle altre darebbero corpo al medesimo singolare effetto di un’offerta formativa non rispondente ai reali bisogni delle studentesse e degli studenti.

Occorrerebbe allora – e questo ci sembra il punto – una sinergia tra i diversi soggetti istituzionali e una loro concorde azione nel coinvolgimento ragionato dell’opinione pubblica, per premere all’unisono su Governo e Parlamento per una decisa riduzione dei codificati coefficienti 900/1000 a non oltre i 600/700. È un investimento, atteso che i costi, già di per sé alquanto contenuti, sarebbero di gran lunga inferiori ai benefici di una migliore qualità del servizio.

Viceversa, l’arroccamento su posizioni di assoluta intransigenza, quando non si voglia porre in essere una vera e propria – ma impropria – opposizione tutta politica, potrebbero sortire il mantenimento, e su tempi sicuramente non brevi, di soluzioni regressive. Indipendentemente da pronunce della Corte costituzionale.