A Padova la prima pista dedicata allo sport paralimpico

Inaugurata a Padova la prima pista sensorizzata e dedicata allo sport paralimpico
SuperAbile INAIL del 24/11/2023

PADOVA. È stata inaugurata Olympia, la prima pista sensorizzata pensata per gli atleti paralimpici, frutto di un progetto di ricerca del Centro Protesi INAIL e dell’Università di Padova che, grazie alla collaborazione con il Comune di Padova, è stata collocata in via permanente presso il Palaindoor cittadino.  

L’evento ha avuto inizio con i saluti istituzionali affidati ai rappresentanti di INAIL, Università e Comune di Padova.   “Inaugurare questa struttura è un grande piacere – ha dichiarato Giorgio Soluri, direttore centrale assistenza protesica e riabilitazione INAIL –  Centro Protesi INAIL e Università di Padova hanno messo assieme le proprie competenze per realizzare un progetto innovativo come Olympia. Il legame tra INAIL e il mondo dello sport è di lunga data, fin dall’impegno del dottor Maglio che proponeva l’attività sportiva a persone con lesioni spinali e che ha portato alle Paralimpiadi di Roma 1960. Lo sport è uno strumento fondamentale per la riabilitazione e il reinserimento sociale, promuove l’autonomia e l’autostima. Il supporto del Centro Protesi consente di sperimentare sul campo la ricerca, mettendo al centro la persona. Una ricerca che ha ricadute importante sulle prestazioni degli atleti, ma anche per tutti i nostri assistiti”.  

“Nel portare i saluti della rettrice Mapelli voglio fare un plauso alle istituzioni, INAIL, Università di Padova e Comune di Padova, che hanno reso possibile realizzare questa pista. Lavorare in maniera congiunta non è sempre semplice, ma porta a grandi risultati – ha poi aggiunto Antonio Paoli, protettore con delega benessere e sport Università Padova -. Come prorettore al Benessere e allo Sport e come ricercatore in questo ambito sono doppiamente felice del risultato di questo sforzo congiunto. Da addetto ai lavori sono convinto che questi strumenti tecnologici possano contribuire a migliorare ulteriormente le prestazioni sportive, che negli ultimi anni hanno fatto passi da gigante. Sono anche convinto che per tutti i ricercatori in ambito di performance sportiva questa possa essere una grande risorsa, che diventerà un polo di attrazione per tutti gli sportivi e le sportive, paralimpici e non”. 

“Porto i saluti del sindaco Sergio Giordani, che come me è molto orgoglioso che Padova possa ospitare, in un impianto di eccellenza come il Palaindoor, una struttura di questo tipo – ha sottolineato Diego Bonavina, assessore allo Sport del Comune di Padova -.  È un orgoglio per il Comune, ma anche per tutti i padovani e in generale per tutti gli sportivi. Questa pista rappresenta un punto di partenza per lo sport a 360 gradi, perché dobbiamo imparare a pensare davvero allo sport per tutti senza barriere. È possibile avere questa pista sensorizzata a Padova perché c’è il Palaindoor e quindi sento di dover ringraziare anche Corpo Libero che gestisce l’impianto. Ma non basta la struttura, servono lavoro e competenze. Per questo vedere le ricercatrici e i ricercatori schierati dietro ai tavoli mi tranquillizza e mi dà fiducia. Siamo in ottime mani”.  

E’ stata poi la volta dei responsabili di progetto che hanno illustrato le caratteristiche tecniche  della nuova installazione: Andrea Giovanni Cutti del Centro Protesi INAIL, Fabrizio Dughiero, e Nicola Petrone dell’Università-Dipartimento ingegneria industriale  Testimonial dell’iniziativa  la campionessa paralimpica pluri-medagliata Martina Caironi che dopo un breve intervento e il taglio del nastro inaugurale, si è cimentata in una dimostrazione pratica sul concreto utilizzo della nuova pedana.

Numerose le autorità presenti che hanno voluto portare un saluto: Ruggiero Vilnai presidente Cip Veneto, Alessandro Kuris tecnico nazionale Fispes, Francesco Uguagliati presidente Fidal Veneto, Bruno Giraldo presidente Anmil Padova, il Maggiore Alfonso Marino  Confop Nord e Alfio Sarain direttore INAIL  Padova.  

Il progetto biennale Olympia ha avuto avvio a fine 2021 e terminerà a fine 2023.   
Gli atleti della nazionale paralimpica italiana continuano a regalare grandi emozioni a tutti gli appassionati di sport. Dalle memorabili triplette delle azzurre Sabatini-Caironi-Contrafatto, alle grandi vittorie dei Mondiali di Parigi di Maxcel Amo Manu e Fabio Bottazzini, ai recentissimi trionfi nel triathlon di Veronica Plebani e nel sitting volley delle neocampionesse europee, i nostri atleti continuano a dare grandi dimostrazioni di determinazione, coraggio e passione.   A supportarli nel vincere queste sfide, dà il proprio contributo un team multidisciplinare di ingegneri, tecnici ortopedici e scienziati motori del Centro Protesi INAIL e dell’Università di Padova, in sinergia con il Comitato Italiano Paralimpico   Fra questi strumenti, il team ha progettato e realizzato la Pista Sensorizzata Olympia all’interno del Palaindoor di Padova, sia per la valutazione biomeccanica nei 60 metri di sprint che per il salto in lungo.

La pista sensorizzata, fra le pochissime installazioni permanenti in Europa e nel mondo, è dotata di 7 metri di pedane di forza, una zona di misura delle forze attigua all’asse di battuta del salto, un portale di 13x7x3,5 m che sostiene un sistema per la misura del movimento mocap 3D (simile a quello utilizzato nei film di animazione), e un sistema per la misura della lunghezza del passo e la frequenza degli appoggi.   Le pedane di forza sono strumenti fondamentali per misurare le forze scambiate dall’atleta con il terreno durante la corsa: il loro studio e ottimizzazione è fondamentale per ottenere alte prestazioni in condizioni di sicurezza.

Questa informazione deve essere integrata dalla conoscenza di come l’atleta muove il proprio corpo, a quale velocità e con quale livello di coordinazione, tutte informazioni misurabili attraverso gli altri strumenti di misura.  Ad integrazione di queste tecnologie, il team di Olympia ha anche realizzato dei sistemi indossabili per la misura delle forze nelle sezioni di pista dove non siano presenti le pedane, e software che, combinati a speciali sensori inerziali, consentono di monitorare l’attività dell’atleta per molti mesi durante gli allenamenti e le competizioni. Inoltre, il team contribuisce attivamente alla definizione di linee di best practice e allo sviluppo di nuove norme internazionali per il test di invasature e tecnologie protesiche per lo sport, in collaborazione con American Orthotic and Prosthetic Association (Aopa) e l’International Organization for Standardization (Iso).  

Le sollecitazioni registrate su atleti e protesi durante le prove nella pista sensorizzata sono utilizzate per la prova statica ed a fatica di piedi e invasi protesici con le attrezzature sviluppate presso il Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università, allo scopo di definire metodi standard per assicurare la sicurezza di atleti nella corsa e nel salto in lungo. La nuova pista sensorizzata e gli strumenti sviluppati sono già a disposizione degli atleti della nostra nazionale paralimpica a supporto della preparazione delle Olimpiadi del 2024 a Parigi. Ma sono anche una risorsa unica per la promozione dell’atletica a tutti i livelli e la ricerca a servizio dello sport e dell’inclusione sociale.

Educazione alle relazioni e all’affettività

Educazione alle relazioni e all’affettività. Se bastasse un progettino…

di Mario Maviglia

 

Non so se anche voi avete questa impressione: ogni qualvolta succede qualcosa di grave nel Paese, viene invocata / auspicata / reclamata la funzione educativa che la scuola dovrebbe esercitare in quella particolare materia. C’è un grave incidente stradale che coinvolge dei giovani? La scuola deve occuparsi di educazione stradale. Un incendio distrugge una scuola? I docenti devono insegnare con maggiore attenzione la sicurezza. Una ragazzina viene uccisa dal suo sedicente fidanzato? La scuola deve educare alle relazioni e all’affettività. E si potrebbe continuare.Difficilmente si sfugge a questo schema. E la soluzione qual è? Semplice: un bel progettino, magari proposto dal Ministero dell’Istruzione e del Merito, per incanalare le scuole lungo itinerari di approfondimento e di soluzione del problema. Raramente sorge il dubbio che la scuola nulla può se nel contempo, su problemi così complessi, non vi siano interventi a più ampio raggio che, ovviamente, coinvolgano anche la scuola, ma pure altre agenzie esterne alla scuola, in primo luogo le famiglie degli studenti. Peraltro, questa funzione quasi catartica che viene assegnata alla scuola si scontra, ipocritamente, con lo stato in cui la stessa scuola è lasciata proprio da quei governanti così solerti e attivi nel sollecitare l’attivismo della scuola. Basti considerare (se mai ce ne fosse bisogno) gli stipendi pressoché offensivi che percepiscono i docenti italiani rispetto ai loro colleghi UE, o lo stato in cui versano non pochi edifici la cui aggettivazione “scolastici” è un insulto all’intelligenza umana. Ci si ricorda della scuola quando si tratta di sbrogliare qualche matassa che altri soggetti istituzionali o sociali non sono in grado di gestire, o non lo vogliono fare.

Che dire dell’abitudine di riempire la scuola di progetti e di relativi referenti? Il fenomeno, ovviamente, non è nuovo, ed anzi nel tempo sembra si sia ampliato. Ma nel caso specifico del recente progetto annunciato dal MIM, che prevede 12 incontri di educazione alle relazioni nell’arco di un trimestre, c’è davvero qualcuno così ingenuo da pensare che ciò possa cambiare qualcosa all’interno della scuola o nei ragazzi? E c’è qualcuno disposto a pensare che l’utilizzo di influencer in questi progetti possa innalzare la qualità degli interventi formativi? Nella migliore delle ipotesi significa emulare modelli da Grande Fratello, culturalmente vuoti nella loro vacuità. E infatti da un punto di vista squisitamente formativo questi progetti tendono di solito a proporre un modello che la scuola deve adottare in vista di determinati risultati. Ci si dimentica, nel caso di specie, che la scuola ha già un suo modello (esplicito o meno, nel bene e nel male) e la prima azione formativa che si può fare, a partire proprio dai docenti, è quello di disvelarlo e renderlo consapevole ai vari protagonisti dell’azione educativa. Si vuole fare un ragionamentosull’educazione alle relazioni e all’affettività? Bene, il punto di partenza è: quali relazioni ci sono all’interno della nostra scuola e delle nostre classi? Come si caratterizzano? Quanta affettività circola tra noi docenti? Come viene manifestata? Come viene “amministrata”? Secondo quali codici? O si pensa che le relazioni e l’affettività siano un “problema” che riguardi i ragazzi e le ragazze? I veri influencer a scuola sono i docenti (qualcuno dovrebbe segnalarlo a viale Trastevere…) che attraverso il loro modo di fare scuola mobilitano anche energie psichiche e affettive nei confronti degli studenti, e non solo quelle cognitive e trasmissive.

Peraltro il dibattito in atto tende a dicotomizzare il problema: da una parte ci sono le emozioni, l’affettiva, l’empatia; dall’altra ci sono le discipline, come se la matematica (o le scienze o qualsiasi altra disciplina) non avesse una sua carica affettiva per come viene organizzata, per come viene presentata, per la mediazione didattica che mette in campo, per la mediazione comunicativa e relazionale di cui si avvale attraverso l’azione del docente. Se così non fosse, basterebbe dotare le scuole di macchine per insegnare che, almeno sul piano della precisione dei contenuti e della loro organizzazione gerarchica, sono sicuramente più precise dell’uomo-docente. L’intelligenza artificiale, sotto questo profilo, insidia il primato dell’insegnante.

Se non si parte da questi aspetti si rischia di fare un discorso sui ragazzi senza mai analizzare il proprio mondo interiore. Così, ad esempio, uno dei tratti comuni della violenza contro le donne (ma, in generale, della violenza dell’uno sull’altro) è l’incapacità di gestire l’aggressività che alberga dentro ognuno di noi (e anche dentro i docenti), ossia il non riuscire a fare i conti con la nostra parte “cattiva” per trovare forme di mediazione e di compromesso che ci consentano di vivere relazioni sociali non distruttive. Prendere contatto con le parti cattive interne è un’operazione quanto mai complessa e difficile, anche perché di solito si tende a sottacere o a reprimere moralisticamente queste parti. Ma in una dimensione formativa e di crescita il problema è esattamente opposto, ossia quello di riconoscersi queste parti, di dare loro un nome. E questo vale tanto per gli adulti quanto per i minori. Ad esempio, siamo veramente convinti che un docente tratti tutti gli studenti allo stesso modo? Che non ci siano dentro la classe soggetti che volentieri manderebbe a quel paese? Che non vi siano altri che invece godono della sua simpatia? Il problema non è nascondere ipocritamente questi sentimenti, vissuti come negativi, ma di disvelarseli, di portarli alla propria coscienza e magari di farne oggetto di confronto e di approfondimento con i colleghi (i quali a loro volta vivranno le medesime situazioni). E d’altro canto, se i docenti non seguono questo training personale, come possono aiutare i ragazzi e le ragazze a riconoscere a loro volta le loro parti “cattive” e a conviverci in modo via via più evoluto?

I “progettini” rischiano di spostare l’attenzione su un altro piano, lasciando inalterate le dinamiche psico-sociali all’interno della classe e, come si diceva in apertura, non dando un contributo significativo ad affrontare il problema. Un’ultima annotazione: anche se la scuola dovesse riuscire a condurre con efficacia il lavoro descritto sopra, non è detto che i risultati, in senso generale, siano soddisfacenti e permanenti perché rimane l’enigma del buco nero rappresentato dalle famiglie e dal contesto sociale su cui la scuola poco può fare. Ma su questo versante non sono previsti “progettini”.

Nota 24 novembre 2023, AOODPPR 3391

Ministero dell’istruzione e del merito
Dipartimento per le risorse umane, finanziarie e strumentali

Ai Dirigenti scolastici delle Istituzioni statali di istruzione secondaria di secondo grado LORO E-MAIL
e, p.c. Ai Direttori generali e Dirigenti responsabili degli Uffici Scolastici Regionali LORO E-MAIL
Al Dirigente del Dipartimento Istruzione della Provincia Autonoma di Trento
Al Sovrintendente Scolastico per la Provincia di Bolzano
All’Intendente Scolastico per la Scuola in lingua tedesca di Bolzano
All’Intendente Scolastico per la Scuola località ladine di Bolzano
Al Sovrintendente agli studi della Regione Autonoma della Valle D’Aosta

Oggetto: Abilitazione e nomine dei docenti tutor e invito ai webinar organizzati in data 29 novembre 2023.

Contrasto della violenza sulle donne

Pubblicata nella GU Serie Generale n. 275 del 24-11-2023 la Legge 24 novembre 2023, n. 168, Disposizioni per il contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica


Con 157 voti favorevoli l’Assemblea del Senato ha approvato definitivamente il ddl n. 923 recante disposizioni per il contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica.


Mercoledì 22 novembre 2023, alle ore 11.00, nella Sala Koch del Senato, i ministri dalla Famiglia, Natalità e Pari Opportunità Eugenia Roccella, dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara e della Cultura Gennaro Sangiuliano tengono una conferenza stampa per presentare iniziative rivolte al mondo della scuola per la prevenzione e il contrasto della violenza sulle donne.