Cambiate la Fornero: ultimatum dei sindacati

da La Tecnica della Scuola

Cambiate la Fornero: ultimatum dei sindacati

La  segretaria generale della Cgil, Susanna Camusso parlando della necessità di cambiare la norma sulle pensioni, a margine della manifestazione sulle pensioni promossa dalle tre sigle sindacali, ha dichiarato: “Le pensioni devono cambiare radicalmente, deve cambiare la norma per quel che riguarda la costruzione di una previdenza per i giovani, quindi la possibilità non di immaginarsi un futuro da poveri, ma di persone che nella loro vita lavorativa metteranno insieme una condizione civile di pensione. Deve cambiare il rapporto coi singoli lavori non si può usare una media indefinita per cui sarebbe lo stesso lavorare su un’impalcatura o in un ufficio”.

Per la leader della Cgil “ci vuole una relazione con la faticosità del lavoro come ci vuole una relazione con l’inizio dell’attività lavorativa. Chi va a lavorare a 15 anni – ha proseguito – non può immaginare che lavora un numero di anni infinito, così come bisogna costruire un sistema solidale: chi ha avuto anche troppo da questo sistema, deve essere disponibile a dedicarlo a una solidarietà interna che punti a fare della pensione ciò che è sempre stato ossia la condizione di una vecchiaia delle persone dopo una vita di lavoro”.

“Uno dei problemi del sistema previdenziale – ha spiegato ancora Camusso – e dei numeri che vengono ogni volta ripubblicati, è che noi non abbiamo una separazione seria tra le politiche di assistenza e di previdenza”.

“Quelle di previdenza sono quelle che riguardano i contributi versati dai lavoratori e devono avere una loro dinamica che riguarda il lavoro, poi ci sono gli istituti di assistenza sui quali bisogna essere molto attenti sulla gestione ma anche smettere di pensare che l’unica strategia è di tagliare le risorse in basso e rendere sempre piu’ povero questo paese”.

La Camusso ha inoltre ribadito la necessità di “riscrivere lo statuto dei lavoratori attraverso un’iniziativa popolare. Abbiamo fatto una campagna di assemblea alla quale hanno partecipato anche gli iscritti alle altre organizzazioni. La nostra proposta la offriamo a tutte le forme di organizzazione del lavoro e a tutto il dibattito del Paese. Questo è il luogo in cui tutti possono partecipare”.

Carmelo Barbagallo, leader della Uil, concludendo a Napoli la manifestazione contro la legge Fornero ha invece detto : “Quando va via un ricercatore che è costato alla collettività e alle famiglie 800mila euro – ha aggiunto Barbagallo – se lo regaliamo agli Stati europei piangiamo con un occhio perchè è sempre Europa, ma se lo regaliamo agli Stati Uniti, al Giappone, alla Cina, all’India piangeremo lacrime amare perch è saranno i nostri competitori del futuro. E allora bisogna cambiare la Fornero”.

“Un anno fa il ministro Poletti aveva detto che la Fornero aveva creato disagio sociale e immediatamente gli avevamo chiesto di aprire un tavolo di discussione, ma stiamo ancora aspettando. Oggi da tutte le piazze gridiamo che è ora di smettere, non possiamo aspettare più. Migliaia di lavoratori sono esodati, in attesa di avere una pensione decente”.

“Non ci servono buone intenzioni – ha detto Furlan riferendosi alle dichiarazioni del ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, nel corso del Question Time di giovedì al Senato – ma una proposta del governo che finora non è stato in grado di formulare. Siamo già abbondantemente in ritardo; il governo deve convocare il tavolo domani, perché la situazione è diventata insopportabile”.

Don Milani diventa un musical

da La Tecnica della Scuola

Don Milani diventa un musical

L’insegnamento di don Lorenzo Milani in un musical “Ultimo anch’io” che verrà messo in scena a Firenze dalla Compagnia teatrale “Fiaba Junior”.

Una compagnia teatrale, composta da giovani studenti, il più giovane ha 12 anni, la più grande ne ha 20, che partecipa alla 3° rassegna teatrale “In scena la fede” promossa dal Centro Diocesano di Pastorale Giovanile, rivolto a gruppi di giovani per rappresentazioni che sviluppino tematiche religiose.

Dal 9 al 15 aprile, inoltre, sarà allestita una mostra fotografica su don Lorenzo Milani presso il punto lettura Luciani Gori, nel viale dei Pini all’Isolotto. Organizzata dalla Fondazione don Milani e dal quartiere 4 la mostra è in collaborazione con l’Associazione Lib(e)ramente Pollicino che gestisce il punto lettura.

Fare teatro insieme, dicono i promotori,  è un antidoto bellissimo per allontanare l’individualismo. Lo stesso don Milani invitava i suoi ragazzi ad uscire dal “guscio” di Barbiana. E gli diceva che era il sapere l’unica maniera per uscire dall’isolamento perché il sapere è la vostra consistenza e la vostra libertà e questa la si misura con le relazioni

Berlinguer, l’autonomia cambia la scuola

da tuttoscuola.com

Berlinguer, l’autonomia cambia la scuola
“Tante cose buone ma anche tante pecche” nella Buona Scuola

Ci vuole tempo ma sta cambiando. L’autonomia è stata soffocata, non è stata aiutata, quei soldi che noi le avevamo destinati sono stati spostati altrove. Hanno fatto molto per ostacolare l’autonomia, ma questa c’è. Oggi nelle varie scuole si inventano le cose, si inventa una personalizzazione del rapporto didattico molto legata alle condizioni diverse e quindi sta crescendo. Naturalmente se fosse aiutata in questa direzione andrebbe come una saetta“. Parola di Luigi Berlinguer, già ministro dell’istruzione dal 1996 al 2000 e sostenitore storico dell’autonomia delle scuole, che così si è espresso a Napoli, a margine della conferenza stampa di presentazione dell’evento “La piazza incantata”, in programma nel capoluogo partenopeo il prossimo 9 aprile.

Alla Buona Scuola renziana l’ex ministro riconosce “tante cose buone ma anche tante pecche“. A suo giudizio la “cosa principale  è che bisogna restituire all’autonomia di ogni scuola il budget che fu dato all’inizio attraverso una legge chiamata 440 e che è stata prosciugata perchè spostata altrove. L’autonomia della scuola non cresce senza fondi, non può essere fatta solo di parole perchè ci sono delle spese da sostenere per svolgere un’attività moderna nelle scuole. Se tutto è solo una lezione e poi l’indomani una interrogazione questa non è più la scuola di domani ma neppure di oggi, è povera e priva di queste tante sfaccettature che la cultura presenta oggi. Bisogna sapere l’italiano, la storia, la matematica se no si è ignoranti ma se si conoscono solo l’italiano, la storia, la matematica e si ignora il resto del mondo, la realtà, allora non basta. Dalla scuola deve uscire una persona colta ma anche un cittadino responsabile e questo non si insegna a parole, con una predica, ma creando un’altra attività in cui lo studente sia partecipe, si misuri, e sia spinto a costruire il suo percorso mettendoci un pezzo di sè. Questa è la scuola dell’autonomia“.

Rispondendo a una domanda dell’agenzia Dire Berlinguer ha individuato nella musica e nell’educazione artistica in generale le attività che meglio potrebbero prestarsi a un maggior coinvolgimento attivo degli studenti nella costruzione del proprio percorso formativo.

Detrarre le spese per la mensa o il contributo, questo è il dilemma

Detrarre le spese per la mensa o il contributo, questo è il dilemma

di Cinzia Olivieri

 

C’è un aspetto di questa novità normativa che appare spesso non adeguatamente considerato.

La Legge n. 107/2015, com’è ormai noto, ha inserito la lettera e-bis) all’art. 15, comma 1 del TUIR prevedendo la detraibilità delle “spese per la frequenza di scuole dell’infanzia, del primo ciclo di istruzione e della scuola secondaria di secondo grado del sistema nazionale di istruzione di cui all’articolo 1 della legge 10 marzo 2000, n. 62 e successive modificazioni, per un importo annuo non superiore a 400 euro per alunno o studente.

Dunque è ora possibile detrarre fino al 19% delle spese di istruzione, comunque documentate e tracciabili, sostenute per la frequenza nei limiti di 400 euro per alunno o studente.

In pratica per le famiglie è ammessa una detrazione fino ad un massimo di 76 euro per ciascun figlio a carico. È quindi possibile ridurre di tale costo l’importo delle tasse da pagare.

 

L’Agenzia delle Entrate ha pubblicato la C.M. n. 3/E/2016 dopo aver interpellato il MIUR riguardo le specifiche spese detraibili rientranti nella suindicata previsione, individuate da questo in:

  • tasse;
  • contributi obbligatori;
  • contributi volontari e altre erogazioni liberali, deliberati dagli istituti scolastici o dai loro organi e sostenuti per la frequenza scolastica per finalità diverse di quelle della lettera i-octies.

Sono citate espressamente a titolo esemplificativo: la tassa di iscrizione, la tassa di frequenza e la spesa per la mensa scolastica.

Se per le tasse non sorgono dubbi, andrebbero meglio definiti i contributi “obbligatori”, non potendosi considerarsi tali gli importi per l’assicurazione integrativa o l’acquisto dei libretti per giustificare le assenze, da intendersi piuttosto inclusi tra le erogazioni liberali deliberati dal consiglio di istituto, non essendo riconosciuta alle scuole (ed alle delibere del consiglio) capacità impositiva (Nota 7 marzo 2013 n. 593), ma neanche quelli per il servizio mensa in quanto tipicamente “a richiesta” ed i cui costi sono generalmente determinati dall’ente locale al quale sono altresì corrisposti.

 

Sicché l’art. 15 comma 1 lett. i-octies del TUIR già prevede la detraibilità di erogazioni liberali “finalizzate all’innovazione tecnologica, all’edilizia scolastica e universitaria e all’ampliamento dell’offerta formativae senza limiti di importo purché il pagamento avvenga “tramite banca o ufficio postale ovvero mediante gli altri sistemi di pagamento previsti dall’articolo 23 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.

La questione non è priva di importanza poiché la lettera e-bis) all’ultimo capoverso precisa“Per le erogazioni liberali alle istituzioni scolastiche per l’ampliamento dell’offerta formativa rimane fermo il beneficio di cui alla lettera i-octies), che non è cumulabile con quello di cui alla presente lettera”.

Insomma sono deluse le aspettative di chi pensava di poter detrarre anche le spese per il servizio mensa.

Premesso che la somma massima di 76 euro potrebbe apparire già di per sé modesta rispetto ai costi complessivi, bisognerà decidere: mensa o contributo volontario.

Le famiglie dovranno effettuare una scelta: detrarre il 19% delle spese per il servizio mensa (e/o tasse di iscrizione e frequenza ovvero altri contributi) su un importo massimo di 400 euro per figlio ovvero di quelle per il contributo volontario finalizzato all’innovazione tecnologica, all’edilizia scolastica e universitaria e all’ampliamento dell’offerta formativa ma senza un limite massimo, optando per la soluzione economicamente più vantaggiosa.

S. Zweig, I miracoli della vita

In nome dell’idea

di Antonio Stanca

zweigSi è tornati a parlare di Stefan Zweig, scrittore austriaco di origine ebrea, a Ottobre del 2015 quando la casa editrice Passigli di Firenze ha pubblicato, nella serie “Le Occasioni”, due suoi racconti nel libro I miracoli della vita, pp.126, €8,50. La traduzione è di Loredana De Campi.

Zweig è nato a Vienna nel 1881 ed è morto suicida, insieme alla seconda moglie, a Petropolis, Rio de Janeiro, nel 1942. Di famiglia agiata Stefan aveva avuto la possibilità di coltivare, raffinare i suoi interessi culturali. Diplomatosi a Vienna, si laureò a Berlino e a poco più di vent’anni cominciò a scrivere. Primi lavori furono traduzioni, in particolare di poeti francesi moderni o a lui contemporanei, poi vennero poesie, novelle, opere teatrali, di saggistica e biografie romanzate. Suoi sono stati anche dei racconti, il romanzo storico Erasmo da Rotterdam (1935) ed infine l’autobiografia Il mondo di ieri, completata l’anno prima della morte.

Con molti generi si è cimentato Zweig fin dall’inizio della sua attività e così avrebbe continuato: studioso è stato oltre che autore. Molto ha viaggiato in quell’Europa dei primi del Novecento, molti intellettuali, artisti ha conosciuto, molti rapporti con loro ha intrattenuto. Era un’epoca pervasa in ogni ambiente culturale da un’idealità, da una spiritualità che voleva andare oltre i limiti della realtà, oltre i confini delle nazioni, che tutte voleva unire nel suo segno. Erano i tempi del Decadentismo, della soggettività assoluta che aveva fatto di quella trascendente la sua dimensione, di quella ideale la sua arte. Si trattò di un fenomeno così sentito, così vissuto, così rappresentato da superare anche i gravi problemi che dalla prima guerra mondiale sarebbero derivati a tanti stati europei. Ma col tempo questa fiammata si andò esaurendo poiché l’affermazione sempre più estesa del nazismo, la realtà di terrore e di morte da esso comportata divennero un dramma dal quale non si poteva prescindere. Fu allora, nel 1935, quando il nazismo si diffuse anche in Austria insieme al suo portato di persecuzioni razziali, che Zweig lasciò Salisburgo, dove risiedeva, per rifugiarsi a Londra ed infine in Sudamerica, a Rio de Janeiro, dove si sarebbe tolto la vita. Egli aveva partecipato di quell’atmosfera di accensione morale, spirituale, l’aveva tanto assorbita da non potersi rassegnare alla sua fine. In nome dei valori dell’idea, della loro altezza, della loro superiorità Zweig era vissuto, aveva viaggiato, aveva operato, aveva scritto e di fronte a quanto li stava offendendo si diede la morte convinto che niente avrebbe potuto riscattarli, in nessun altro modo sarebbe potuto vivere. Questo del grave confronto tra l’ampiezza, la vastità dell’idea che Zweig perseguiva e gli ostacoli, i limiti della realtà che si frapponevano sarà il tema ricorrente dell’intera sua produzione, da quella dello studioso a quella dell’autore, da quella dei primi anni a quella che tra il 1925 e il 1930 lo renderà noto, gli procurerà successo, lo farà tradurre, giungerà agli ultimi tempi.

Anche nei due racconti della recente raccolta, che risalgono al 1904, si assiste ad un confronto, ad un conflitto tra le forze dell’idea, della sua purezza, della sua bellezza e quelle della realtà, della sua minaccia, della sua offesa. Nel primo, I miracoli della vita, che dà il titolo all’opera, l’ambientazione risale alle Fiandre del secondo Cinquecento, dove imperversano le guerre di religione tra cristiani e protestanti, tra spagnoli cattolici, che di quei luoghi sono sovrani, e abitanti luterani. Qui la giovane ebrea Esther che da bambina è sfuggita ad un primo pericolo, che è stata adottata da un oste di Anversa, che si è liberata molto lentamente dallo stato di isolamento, di paura nel quale era precipitata, che lo ha fatto grazie agli incontri, ai dialoghi con un pittore che la vuole come modella per un quadro della Madonna, che a questa funzione assolve acquistando sempre più fiducia in sé, sempre più coscienza della propria identità, della propria bellezza e di quella del bambino da tenere in grembo ai fini della raffigurazione, che sicura è ormai diventata di ogni suo pensiero, di ogni sua azione e orgogliosa di essere stata scelta per un compito così importante, per un’immagine così famosa, che di quella vita prima rifiutata ora partecipa in modo eccellente, superbo, da protagonista, quella giovane ebrea vedrà violentata, oltraggiata tanta meraviglia, tanta passione da un gruppo di protestanti infervorati che assaliranno la chiesa cattolica dove si era rifugiata, profaneranno gli altari, sfasceranno ogni arredo sacro, ogni sacra immagine e lei colpiranno, feriranno, uccideranno.

Anche nel secondo racconto, Il pellegrinaggio, l’uomo che nella Palestina, nella Giudea dei tempi di Cristo, si mette in cammino per raggiungere Gerusalemme, dove si trova quel Messia del quale ormai tanto si parla, che tanti miracoli si dice che compia, che di tanto bene, di tanto amore si dice che sia capace, non riuscirà a vederlo né a sentirlo perché crocifisso lo troverà una volta giunto. Neanche il bisogno di bene, di pace di questo pellegrino verrà soddisfatto, anche per lui la realtà sarà grave, funesta. Sembra un destino inevitabile, inalterabile per l’umanità ché identico si mostra pur in tempi diversi, in luoghi diversi, tra persone diverse. Tragica è una simile constatazione e Zweig più volte vi è giunto nelle sue opere, più volte l’ha rilevata perché propria della sua condizione. In questa lo scrittore si sarebbe ritrovato con tanti suoi personaggi. Né lui né loro sarebbero sfuggiti all’assalto dei tempi, alla volgarità degli ambienti, all’inselvatichimento della società. Come l’uomo anche l’autore, come nella vita anche nell’opera Zweig viveva un’altezza che superava ogni bassezza ma che nessuna realtà poteva contenere.

Piero Angela

PIERO ANGELA INNAMORA INSEGNANDO di Umberto Tenuta

CANTO 654 Se Piero Angela insegnasse in una classe…?

 

Se Piero Angela insegnasse in una scuola, che cosa accadrebbe?

Azzardo una risposta.

Piero Angela contagerebbe agli studenti il suo amore per il sapere.

Ovvero, Piero Angela non distruggerebbe l’innato amore del sapere, che si presenta come innata curiosità[i].

Molto spesso -per non dire, quasi sempre- la scuola, anziché coltivare l’innato desiderio di imparare, lo distrugge.

Lo distrugge in mille modi.

Innanzitutto, lo distrugge imponendo l’obbligo di imparare.

Prima di andare a scuola, il bambino ha imparato moltissimo.

Ha imparato a bere, a mangiare, a camminare, a saltare, a correre, a prendere, a parlare una lingua, compresa la sua grammatica, a rapportarsi con le persone… (IBUKA M., A un anno si pattina, a tre si legge, e si suona il violino, Armando, Roma, 1984).

Ha imparato senza essere obbligato, senza premi e senza castighi.

Arriva a scuola, e l’imparare diventa un obbligo!

-Tu devi imparare a saltare, a nuotare, a danzare…

-Tu devi imparare la grammatica della lingua portoghese!

-Tu devi imparare la grammatica della lingua degli antichi Greci e dei Romani!

-Tu devi imparare che il sole sorge ad oriente e tramonta ad occidente!

-Tu devi imparare che le piante hanno le radici, il fusto, i rami, le foglie…

-Tu devi imparare…

-E se non impari, io ti castigo!

-Ti do un cattivo, cattivissimo voto!

-Ti do 2, ti do 3, ti do 4 meno meno…

Oddio che rivoluzione!

La gioia di imparare diventa l’odio dell’imparare!

La cosa più grande che si impara a scuola è l’odio dell’imparare.

Piero Angela non insegna nella scuola.

Piero Angela non è un insegnante.

Piero Angela è un innamorato!

Innamorato del sapere.

Il suo è un amore grande.

Un amore così grande che non riesce a tenerselo tutto per sé.

E lo contagia.

Lo trasmette a chiunque lo ascolti.

Senza premi e senza castighi.

Senza voti!

Ed i docenti sono innamorati?

I concorsi che essi fanno per entrare nella scuola mica verificano se essi sono innamorati!

 

[i] http://www.edscuola.it/archivio/didattica/gusto.html

 

Tutti i miei Canti −ed altro− sono pubblicati in:

http://www.edscuola.it/dida.html

Altri saggi sono pubblicati in

www.rivistadidattica.com

E chi volesse approfondire questa o altra tematica

basta che ricerchi su Internet:

“Umberto Tenuta” − “voce da cercare”

 

Il “degrado dei nostri licei” secondo Galimberti

Il “degrado dei nostri licei” secondo Galimberti

di Maurizio Tiriticco

 

Ho già avuto modo di polemizzare con Umberto Galimberti sui problemi dell’alternanza scuola/lavoro (https://www.edscuola.eu/wordpress/?p=74633) e ora non posso fare a meno di intervenire una seconda volta a proposito del suo “Quando il modo di insegnare fa saltare il banco” (in Donna, supplemento de “la Repubblica” odierna). Nel sommario dell’articolo leggo testualmente: “Il degrado dei nostri licei è dovuto al fatto che alla qualità dell’insegnamento abbiamo sostituito la quantità dei ‘prodotti scolastici’ misurabili, anche se a volte idioti”. Mi chiedo: ma perché Galimberti interviene su cose che non conosce? Non si rende conto che, così facendo, non fa altro che offrire una sponda a tutti coloro che con estrema superficialità pensano che tutti i mali della scuola italiana dipendono solo dalle innovazioni indotte negli ultimi anni, se non negli ultimi decenni? Innovazioni sulle quali occorrerebbe discutere a lungo, alcune ottime e necessarie (ad esempio, l’innalzamento dell’obbligo di istruzione, l’istituzione di una scuola dell’infanzia che tutto il mondo ci ha invidiato, le riforme che nel secolo scorso hanno investito la scuola primaria, la scuola media, l’istruzione tecnica e quella professionale), altre assolutamente discutibili (le riforme Moratti e Gelmini; per non dire della recente legge 107). Non facciamo un fascio di ogni erba!

E vengo al dunque: i prodotti scolastici misurabili! Ma che ne sa Galimberti di docimologia? Ma andiamo a monte. Ogni prodotto, scolastico o non, è sempre misurabile. Non credo che Galimberti acquisterebbe un paio di scarpe o una camicia che non siano della sua “misura”! Anche se il colore, la forma, la marca, la qualità del prodotto, il prezzo accessibile fossero di sua piena soddisfazione! Una febbre alta, misurata con tanto di termometro digitale (ho la nostalgia dei termometri a mercurio!), potrebbe essere segnale di un raffreddore o di chissà quale terribile incipiente malattia. I 50 chilometri orari da rispettare rigorosamente in città sono deleteri in autostrada! A me personalmente piace tanto la Fiat 500, ma ci entro con grande difficoltà. Il caviale lo amo, ma costa troppo. E quante volte abbiamo fatto un regalo costosissimo e per noi stupendo, che, invece, non è stato affatto gradito e subito dopo riciclato? Insomma, NOI TUTTI quotidianamente “misuriamo” e “valutiamo”. La stessa cosa avviene – o dovrebbe avvenire e con criteri dati – per un “prodotto scolastico”. Un alunno potrebbe comporre un tema ottimo sotto il profilo dei contenuti, della loro originalità, delle idee espresse, ma pieno di errori grammaticali (ortografia, morfologia, sintassi). E il suo compagno di banco potrebbe produrre un tema ineccepibile sotto il profilo grammaticale, ma assolutamente povero di contenuti, pieno di luoghi comuni e di banalità. E dico di più: i giudizi di valore di due insegnanti sullo stesso tema potrebbero divergere, anche se ambedue concordano che squola, cuggino, comizzio e il famoso soccuadro sono imperdonabili errori. In effetti, ogni prodotto, scolastico o meno che sia, è sempre misurabile e valutabile. La 500 mi piace (valutazione), ma non c’entro (misurazione)!!! E tra il misurare e il valutare corre una grande differenza: il misurare discende da criteri oggettivi accettati da tutti (due più due fa quattro sempre e ovunque; cuore si scrive con la c, quadro con la q); il valutare, invece. discende da criteri soggettivi sui quali è opportuno, se non necessario, soprattutto in una scuola, cercare e trovare precise convergenze. E non è un caso che la norma raccomanda agli insegnanti, insieme, di “individuare le modalità e i criteri di valutazione degli alunni nel rispetto della normativa nazionale” (dpr 275/99, art. 4).

Nessun ministro, nessuna legge – indipendentemente dagli orientamenti politici e culturali – hanno scientemente e deliberatamente sostituito alla qualità dell’insegnamento la quantità dei prodotti scolastici misurabili. La questione è un’altra: la docimologia – disciplina che ovviamente si scontra contro una pratica scolastica ancora profondamente malata dell’attualismo gentiliano – ha fatto negli ultimi decenni passi da gigante nell’ambito della ricerca scientifica, ma non nella pratica scolastica. Del resto, neanche l’amministrazione si è fatta mai carico di sollecitarla e di promuoverla nella ricerca e nella pratica dei nostri insegnanti, anche se poi impone quelle prove Invalsi che la grande maggioranza di insegnanti e studenti rifiuta o esegue in larga misura solo per quieto vivere. Sono prove oggettive che vengono imposte dall’alto a una scuola che di prove oggettive è digiuna: e che hanno tutti limiti delle prove oggettive! Ma che costituiscono comunque uno spauracchio! Per non dire delle mille altre ragioni del rifiuto, per cui si aprirebbe un discorso infinito! E i pro e i contra ce ne sono a iosa!

In uno scenario così complesso, invocare, come fa Galimberti e forse molti insegnati passatisti, pratiche didattiche e valutative del buon tempo antico non serve a nulla. E’ cambiato il mondo, e con esso sono cambiate la società e gli studenti; ma la scuola, nella sua struttura e nelle sue pratiche, almeno nel nostro Paese, è rimasta quella di sempre, tranne quei significativi passi in avanti che prima ho citato ma che la miopia dei recenti governi non è stata in grado di valorizzare, sostenere, proseguire. E l’ignoranza in materia di valutazione si coniuga anche con l’ignoranza in materia di metodologie e della stessa organizzazione scolastica. Un solo esempio: la ricerca educativa ci suggerisce di insegnare ad apprendere secondo le strategie del curricolo e di una didattica laboratoriale! Ma le nostre scuole masticano poco sia di progettazione curricolare che di didattiche innovative! Sono ancora organizzate come caserme, quelle stesse caserme militari che stanno chiudendo perché non più funzionali alle esigenze della difesa e della guerra moderna. Abbiamo classi di età in cui si promuove e si boccia, con orari eguali per tutti, con materie che si avvicendano e insegnanti che impartiscono ora dopo ora pezzi di materie come pillole di medicinali. Altro che apprendimento personalizzato!

Comunque, in una cosa Galimberti ha ragione, quando alla fine afferma che “il peggio può ancora avvenire”. E verrà, se nessun governo ha l’intelligenza di comprendere come intervenire sull’istruzione e la determinazione per farlo. E non è certo la legge 107 che apre le porte al nuovo. Non vorrei che tra qualche anno il Galimberti di turno abbia a dire le stesse cose, magari tra il plauso di tanti insegnanti frustrati, costretti a saltare di scuola in scuola ogni tre anni… a contratto scaduto!

Autismo, cure negate ai maggiorenni

da La Repubblica

Autismo, cure negate ai maggiorenni

Raccontata da diversi libri e film di successo, è in realtà una delle malattie meno conosciute e meno indagate. Secondo alcune stime in Italia le persone colpite sono circa mezzo milione. Lo Stato si occupa di loro in maniera adeguata solo fino ai 18 anni, poi tutto il peso ricade sulle famiglie. “Perdiamo l’assistenza sanitaria e manca un servizio per adulti: il rischio è di vanificare tutti i traguardi raggiunti”, si lamentano. Ora le cose potrebbero però finalmente migliorare grazie all’approvazione della prima legge specifica
di PAOLA ROSA ADRAGNA. Video FRANCESCO COLLINA

Così dopo i 18 anni le famiglie restano sole
Il faticoso salto nel mondo dei grandi
Un lavoro part time, il progetto di Civitavecchia

Così dopo i 18 anni le famiglie restano sole

di PAOLA ROSA ADRAGNA
ROMA – “Nella Costituzione americana c’è il diritto alla felicità. Nella nostra no, ma non abbiamo comunque diritto a essere un po’ felici? Non ne hanno diritto anche le persone come mio figlio?”. Giovanni Rigon è il papà di Lorenzo, 23 anni, autistico. La sua vita non è mai stata semplice e da quando ha finito la scuola le difficoltà sono aumentate.

Dal caso letterario “Se ti abbraccio non avere paura”, il libro autobiografico che racconta la storia di Franco e Andrea Antonello, padre e figlio autistico, fino a Chiara Ferraro, venticinquenne autistica candidata alle primarie del Pd per il sindaco di Roma, di autismo si è parlato tanto. Resta però una sindrome poco conosciuta: non si ha certezza delle cause, dei numeri (almeno mezzo milione in Italia secondo alcune stime), delle terapie. Inoltre la maggior parte degli studi e delle ricerche parla di autismo infantile. Ma i bambini crescono, diventano adulti. E l’autismo? Resta. Non sparisce con il raggiungimento della maggiore età. Anzi, è a quel punto che se possibile le difficoltà diventano ancora più grandi perché lo Stato non è pronto a questo passaggio e la società ancora non è preparata ad accoglierli. Un problema su cui il noto conduttore radiofonico Gianluca Nicoletti ha voluto richiamare l’attenzione qualche settimana fa con una provocatoria “festa” pubblica per il diciottesimo compleanno di suo figlio.
“La cura della terra”, così i ragazzi autistici hanno una chance di crescere
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Il nocciolo della questione lo spiega la mamma di un altro ragazzo autistico, Mariella Ferri di Ferrara: “Gianluca – racconta – ha compiuto 18 anni e ha smesso di esistere per le istituzioni. Quando ho scoperto che non avrei più avuto un medico referente del Dipartimento di Salute Mentale che si prendesse cura di lui mi sono sentita come se non avessi difeso sufficientemente la sua dignità. Chi nega un diritto a un ragazzo che non parla, che comunica con poche modalità non sempre socialmente accettabili, compie un tentato omicidio”. Danilo Catania, il papà di Marta, aggiunge: “Vorrei che mi figlia fosse in grado di essere quello che io chiamo le quattro A: abile, autonoma, autodeterminata, accolta. Sulle prime tre ci lavoriamo con la terapia, la scuola, la famiglia, ma la quarta dipende molto dal mondo esterno. Se la società non si forma Marta non verrà mai accettata”.

L’autismo è una disabilità comportamentale e relazionale che impedisce un’integrazione nella società. “Però se diagnosticato in tempo e trattato nel modo migliore ha un margine di miglioramento altissimo”, spiega Carlo Hanau, docente di Programmazione e organizzazione dei servizi sociali e sanitari all’Università di Modena e Reggio Emilia e membro del comitato scientifico dell’Angsa (Associazione nazionale genitori soggetti autistici). Ma a causa della mancanza di formazione dei medici la diagnosi non è sempre facile: ci sono genitori che hanno capito la patologia dei figli guardando Dustin Hoffman in Rain Man o una puntata dedicata all’autismo da Quark di Piero Angela.

Una volta accertato il disturbo il bambino ha diritto a cure socio-sanitarie e socio-assistenziali: viene preso in carica da un neuropsichiatra infantile; ha un educatore pagato dal Comune; un insegnante di sostegno fornito dalla scuola; un Assistente educativo culturale pagato dal Comune fino alle medie; un Assistente speciale alle superiori pagato dalla Provincia. “Un grande numero di risorse – continua Hanau – che viene sprecato. Il vero problema nell’età dello sviluppo non è l’assenza di assistenza, ma la sua qualità. Abbiamo una marea di operatori che non sanno cosa fare e come farlo”.

Al compimento dei 18 anni il neuropsichiatra non è più incaricato di seguire il suo paziente e può essere sostituito da uno psichiatra o da un neurologo. “Nessuno dei due ha le competenze necessarie. Essendo definito infantile, l’autismo non rientra nemmeno nei loro piani di studio all’università”, denuncia ancora Hanau. Nel migliore dei casi il paziente viene scaricato, nel peggiore la sua diagnosi diventa quella di una qualsiasi malattia psichica e viene ipermedicato con farmaci inadatti. Con danni che non possono essere quantificati perché non esistono studi che dimostrino l’effetto sul lungo periodo.

Finita la scuola l’inserimento lavorativo sembra un’utopia e i Comuni offrono solo i cosiddetti diurni, centri che durante il giorno accolgono i disabili adulti e che dovrebbero svolgere attività volte allo sviluppo delle capacità personali e all’integrazione. Ma la maggior parte non offre i programmi abilititativi personalizzati di cui gli autistici hanno bisogno per non peggiorare. Le famiglie si trovano a vivere un paradosso. “Perdiamo l’assistenza sanitaria e manca un servizio autismo per adulti: il rischio è di vanificare tutti i traguardi raggiunti. È insensato. Perché non esiste uno specialista che possa seguire i ragazzi come mio figlio per tutto l’arco della vita?”, si chiede Noemi Cornacchia, mamma di Alessandro e presidente di Angsa Ravenna.

Per seguire i propri figli molti genitori sono costretti a lasciare il lavoro. Secondo un’indagine svolta da Censis e Fondazione Cesare Serono nel 2011, nel 62,6 per cento dei casi le mamme hanno sperimentato un peggioramento delle condizioni lavorative e il 25,9 per cento ha perso o lasciato il lavoro. Chi non può permettersi di stare a casa o di pagare un operatore privato ha un’unica soluzione: le residenze sanitarie assistenziali. Queste strutture accolgono persone disabili non autosufficienti ma quasi mai offrono programmi adatti o un personale con una formazione adeguata. “Abbiamo chiuso i manicomi – sospira Noemi – ma queste non sono altro che una forma diversa di segregazione. Ecco la grande lacerazione dei genitori: la consapevolezza che alla nostra morte loro saranno abbandonati e destinati a regredire”.

Una prima risposta per cercare di cambiare questo stato di cose è arrivata qualche mese fa, con l’approvazione nell’agosto scorso della legge 134, la prima in Italia specifica sull’autismo alla quale si è aggiunta ora una proposta di legge per l’inserimento lavorativo degli autistici a cui il governo ha assicurato il suo sostegno per bocca della ministra Maria Elena Boschi. Si tratta però di un ddl che sta muovendo ora i primi passi in Parlamento, mentre la norma già in vigore introduce i livelli essenziali di assistenza (Lea) anche per questa sindrome e ogni prestazione sanitaria che rientra nei Lea viene finanziata con il fondo sanitario nazionale, anno per anno. E’ presto però per capire se può essere la soluzione alle sofferenze delle famiglie dei ragazzi autistici visto che i primi fondi, 5 milioni di euro da ripartire tra le Regioni e destinati a progetti di diagnosi, cura e integrazione delle persone autistiche, sono stati messi a disposizione dalla legge di Stabilità 2016. Come spiega Davide Faraone, sottosegretario al ministero dell’Istruzione e presidente della Fondazione Italiana per l’Autismo (Fia), “è un segnale importante di inversione di tendenza. La legge è stata la risposta a un buco normativo e mette fine alla differenza di interventi tra Regioni. Ma siamo soltanto all’inizio. Ora bisogna spingere ancora di più perché il livello di abbandono in cui sono state lasciate le famiglie non è certo da paese civile”.
Il faticoso salto nel mondo dei grandi

di PAOLA ROSA ADRAGNA
ROMA – Suonata l’ultima campanella, sui ragazzi autistici cala il sipario. Quale sarà il loro futuro ora che non andranno più a scuola? Le opzioni sono poche, ogni famiglia si arrangia come può. A Lorenzo piace nuotare e stare all’aria aperta, ma da quando è finita la scuola passa le sue giornate nel centro diurno dell’Anffas (Associanzione nazionale famiglie di persone con disabilità intellettiva e/o relazionale) di Roma, dalle 9 alle 15, dove le attività non lo soddisfano. E intanto il papà Giovanni Rigon studia qualche idea per il futuro. Come Maurizio Sterpone, il papà di Edoardo, che a Torino vorrebbe fondare una cooperativa con alcuni soci e comprare una casa in campagna, con terreno coltivabile e animali, dove suo figlio e altri ragazzi come lui, con le sue stesse passioni ma anche con disabilità diverse, possano trovare la loro dimensione: “Edo ha 19 anni e va ancora a scuola, ma bisogna iniziare a pensarci”.

Chi non può permettersi un investimento lotta con quello che lo Stato può offrire. A Ravenna Noemi Cornacchia, mamma di Alessandro, ha barattato la frequenza presso un centro diurno con 20 ore di assistenza a settimana da parte di un educatore che accompagna il figlio a fare lavoro di back office in una biblioteca con cui lei stessa ha preso accordi e in una cooperativa in cui i ragazzi autistici sistemano libri usati, fanno l’inventario, li prezzano e li vendono al pubblico. Nicola invece ha 25 anni, vive a Cento, in provincia di Ferrara, e da marzo ha iniziato a lavorare, affiancato da una educatrice, in un vero ufficio di grafica per quattro ore alla settimana. “Ma non è stato facile”, racconta la mamma, Cristina Sitta. “Ci sono voluti sei anni per ottenere qualcosa. A scuola Nicola si è appassionato alla pittura e alla grafica, imparando anche a utilizzare programmi come Photoshop. Da quando si è diplomato nel 2010 fino a qualche mese fa era impossibile renderlo partecipe di un progetto che tenesse conto delle sue attitudini. Quelli offerti dal Comune erano inadatti e le mie proposte non venivano mai accolte per mancanza di fondi o di un educatore con rapporto uno a uno”.

Anche Pino Suplizi ha provato la via dell’inserimento lavorativo, ma senza successo. Finite le medie, ha iscritto suo figlio all’istituto alberghiero: “Superate le prime resistenze del preside, che temeva non l’avrebbero voluto, Adriano ha fatto gli stage previsti dal percorso di studi, in alberghi e ristoranti rinomati, anche con un discreto successo. Ma finita la scuola non c’è stato niente”. Per ben due volte ha trovato un lavoro per Adriano, ma è stato sopraffatto dalla burocrazia. La prima volta ha atteso inutilmente che il Comune di Roma desse l’autorizzazione e garantisse un’assicurazione per iniziare un lavoro da magazziniere in un centro commerciale. La seconda un accompagnatore di viaggi voleva Adriano come animatore nel suo villaggio in Calabria, ma la Regione Lazio non poteva garantire un educatore in una regione diversa. Un altro buco nell’acqua: “Non ho mai chiesto che venisse trovato un lavoro a mio figlio, il lavoro c’era, ma non c’era l’appoggio delle istituzioni. Ormai Adriano ha 39 anni, me ne occupo io 24 ore su 24. Ma quando io non ce la farò più, che ne sarà di lui?”.

Secondo il rapporto Censis del 2011, frequentano un diurno il 50 per cento dei ragazzi autistici oltre i 20 anni, il 21,7 per cento sta a casa o in una residenza e solo il 10 per cento lavora. Il punto su cui insistono i genitori è uno: questi ragazzi hanno attitudini che possono essere messe a disposizione della comunità. Potrebbero contribuire in qualche modo alla produzione, con un lavoro adatto alle necessità individuali. Senza considerare che più progressi fanno, più sono inseriti nella società, meno pesano sul welfare dello Stato. “Altro che diurni e residenze, questo è un approccio innovativo”, sostiene Noemi Cornacchia.

Le famiglie chiedono percorsi strutturati che vadano avanti a prescindere dall’intraprendenza delle mamme o dalla bontà d’animo degli operatori che se ne occupano. La legge 328 del 2000 stabilisce la possibilità di richiedere al Comune e alla Asl un progetto individuale per l’integrazione delle persone disabili. Ma i genitori lamentano che questi diritti esistono solo su carta e le risposte che hanno ricevuto vanno dal “non siamo obbligati a seguire i casi di autismo” al “siamo a disposizione di coloro che assumono medicinali per fare le ricette, non siamo certamente esperti di autismo” .
Un lavoro part time, il progetto di Civitavecchia

di PAOLA ROSA ADRAGNA
ROMA – “Credo in una sanità propositiva, che non si fermi ad aspettare la cura. La parola chiave è prevenzione. Se non dell’autismo, ancora impossibile allo stato attuale delle cose, almeno dei peggioramenti”. È questa la motivazione che ha spinto Maurizio Munelli, psicologo e direttore dell’Osservatorio autismo e ADHD (Disturbo da deficit di attenzione) della Asl Roma 4 di Civitavecchia, a dare vita a un progetto di inclusione sociale e lavorativa per giovani adulti autistici tra i 18 e 30 anni. È attivo dal 2011 e oggi coinvolge sei ragazzi ad alto e medio funzionamento.

In cosa consiste il progetto?
“La nostra Asl crea delle partnership con ditte e aziende in cui i ragazzi vanno a lavorare in base alle proprie attitudini. Abbiamo la mensa per chi è più bravo in cucina, magazzini e biblioteche per quelli a cui piace fare inventari e classificare e una ditta di pulizie per chi è più attento all’ordine. Ovviamente l’inserimento è graduale, per abituarli all’ambiente e al contesto, poi i progressi sono eccezionali. Le ore cambiano in base alle loro attitudini e alla mansione: in media sono quattro a settimana ma l’obiettivo è renderli in grado di reggere un normale part-time. Il lavoro è un valore per gli esseri umani, per realizzarsi quotidianamente. Lo è per noi, figuriamoci per loro”.

Da chi è finanziato?
“Abbiamo chiesto i soldi alla fondazione della Cassa di risparmio di Civitavecchia. Ci danno 20mila euro l’anno per coprire tutti i costi del progetto. Con la metà paghiamo i tutor che sostengono nell’inserimento lavorativo le famiglie e i ragazzi. Loro si dividono il resto, proprio come se fosse uno stipendio”.

http://inchieste.repubblica.it/it/repubblica/rep-it/2016/04/01/news/autismo_il_paradosso_delle_cure_solo_per_minorenni-135631616/?ref=HREC1-13

Quali sono i benefici concreti?
“Innanzitutto i ragazzi restano attivi e scongiurano la perdita dei progressi fatti con le terapie durante gli anni della scuola. Poi hanno una possibilità reale di inclusione. Creano un curriculum di esperienze spendibile nel futuro in un collocamento. Con un risparmio sul lungo periodo anche per le casse dello Stato: se non regrediscono non devono essere mandati nelle strutture assistenziali, che hanno un costo di almeno 110 euro al giorno. O non devono restare a carico dei genitori”.

È un progetto replicabile?
“Assolutamente, ma servono soldi. E per il momento lo Stato non finanzia. Ogni istituzione dovrebbe stanziare dei fondi per l’autismo, per aiutare quelle famiglie che, una volta terminato il ciclo scolastico, si trovano a dover accudire al cento per cento i loro figli, che non hanno nessun servizio specifico adatto a loro”.

Qual è l’aspetto più importante per il successo dell’inserimento lavorativo?
“Gli autistici hanno volontà e desideri come tutti noi, quindi bisogna individuare precocemente le predisposizioni personali e coltivarle. Per questo c’è bisogno di azioni di sanità pubblica complessiva: i termini bambino/adolescente/adulto sono definizioni tecniche, ma non sono compartimenti stagni. Sono continuativi ed è proprio la continuità quello che serve nel trattare questa sindrome”.

Proclamati i vincitori del concorso #sfidAutismo

Giornata mondiale Autismo
Proclamati i vincitori del concorso #sfidAutismo

 

Il 2 aprile si celebra la Giornata mondiale della consapevolezza dell’Autismo. Il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca continua il proprio impegno per migliorare la qualità dell’inclusione scolastica degli alunni affetti da questa sindrome – dagli sportelli dedicati, ai master di specializzazione per i docenti – anche attraverso azioni di sensibilizzazione promosse mediante un concorso rivolto agli studenti.

Sono oltre 450 le immagini fotografiche e i video realizzati dalle scuole di tutta Italia per il concorso “#sfidAutismo. L’iniziativa è stata lanciata lo scorso mese di febbraio proprio in vista della Giornata mondiale, del 2 aprile, con l’obiettivo di potenziare il livello di conoscenza e consapevolezza sui disturbi dello spettro autistico e si inserisce nell’ambito dell’omonima campagna informativa lanciata dalla Fondazione italiana per l’autismo (FIA). Tre le scuole premiate:

– L’Istituto Comprensivo Casale di Brindisi per il video “#sfidAutismo…VINTA !

– L’Istituto di Istruzione Superiore “Pomiliodi Chieti per il video “Semplicemente io…

L’Istituto di Istruzione Superiore Caravaggio di San Gennaro Vesuviano (NA) per la fotografia “Un abbraccio nel blu

La commissione ha deciso inoltre di assegnare 11 menzioni speciali.

L’impegno del Miur si concretizza anche con l’apertura dello “Sportello Autismo”, struttura nata per favorire l’inclusione scolastica degli alunni con disturbi dello spettro autistico con un lavoro di rete e di valorizzazione delle buone prassi e di supporto ai docenti. Lo sportello, lanciato l’anno scorso in via sperimentale in 13 Centri Territoriali di Supporto (CTS), è ora stato esteso a tutti i 106 Centri presenti sul territorio nazionale.

Sono poi 14 i Master in didattica e psicopedagogia promossi dal Miur ai quali potranno accedere complessivamente circa 1.500 docenti che avranno così modo di rinforzare le loro competenze. Le università che attiveranno i master sono quelle di Palermo, Sassari, Cosenza, Bari, Salerno, Napoli, Roma (2), Firenze, Bologna, Padova, Milano, Bergamo e Torino.

Saranno infine presentati nelle prossime settimane i risultati della prima indagine sulle diverse tipologie di disabilità a scuola promosso sempre dal Miur. Dalle prime analisi emerge come la sindrome dello spettro autistico sia tra le disabilità più rappresentate.

Autismo, una settimana all’insegna del blu: gli appuntamenti in Italia

Autismo, una settimana all’insegna del blu: gli appuntamenti in Italia
Dalla campagna #sfidAutismo di Fia onlus e Rai ai centri ippici di “Equi-blu”, dal servizio gratuito di sostegno Prontosoccorsoautismo.it alle iniziative organizzate in tutte le regioni, in Italia cresce l’impegno per la Giornata mondiale della consapevolezza sull’autismo

ROMA – Una settimana e una giornata in particolare nel segno del blu. In occasione del 2 aprile,  Giornata mondiale della consapevolezza dell’autismo, il mondo si tinge di blu per manifestare un segno di consapevolezza nei confronti della sindrome che è cresciuta di 10 volte negli ultimi 40 anni. Dall’Empire State Building di New York, la Willis
Agenzia giornalistica
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AR
In Italia la Fondazione per l’autismo onlus ha lanciato la campagna #sfidAutismo che ha per protagonista il piccolo Edoardo: fino al 6 aprile anche la Rai sosterrà la campagna che punta alla sensibilizzazione, all’informazione e a una raccolta fondi televisiva e radiofonica “che permetterà di raggiungere – assicurano i promotori – nuovi obiettivi nella lotta all’autismo”.

Equi-blu. Sparsi un po’ in tutta Italia ma coordinati fra loro, 28 centri equestri realizzeranno gratuitamente una serie di eventi di avvicinamento al cavallo e attività ludico-ricreative integrate rivolte a tutti, con particolare attenzione verso giovani e adulti con forme di autismo o altre disabilità.

Prontosoccorsoautismo.it.il 2 aprile sarà attivato il sito di “servizio di accoglienza gratuita”. Si tratta del primo sito in Italia che offre un servizio h24 7 giorni su 7 a tutte le persone che vivono dinamiche legate ai disturbi dello spettro autistico. L’idea nasce da un’idea di Ugo Parenti, papà di un giovane con sindrome di Asperger e ha lo scopo di creare una “pronta” e rapida modalità di sostegno. “Non siamo un’associazione, né siamo una cooperativa e non siamo sostenuti da alcuna  fondazione o compartecipazione esterna. Il nostro è un servizio di accoglienza gratuita”, tengono a precisare. L’ équipe è formata da 16 figure professionali (e non): lo psicologo, il neuropsichiatra, lo psichiatra, lo psicoterapeuta, l’educatore, il logopedista, il sessuologo esperto in autismo, il pediatra, il counselor, l’assistente sociale, l’avvocato, l’esperto in legge 104, il genitore/familiare, la persona con sindrome di Asperger, il consulente psico-educativo e il pedagogista che prestano tempo e professionalità. Tutte le persone (professionisti e non) che volessero collaborare al servizio di prontosoccorsoautismo.it possono scrivere a info@prontosoccorsoautismo.it.

In tutte le regioni sono organizzate iniziative, percorsi di conoscenza e testimonianze con la collaborazione di diverse associazioni che ogni giorni sui territori si occupano di autismo, e non è prevista una iniziativa “centrale” e prioritaria sulle altre, dicono dalla Fondazione italiana per l’autismo che ha raccolto in un calendario in continuo aggiornamento tutti gli eventi. A Roma Montecitorio sarà illuminato di blu dalle 20.30 all’alba, a Milano Angsa Lombardia organizza tra l’altro convegni e concerti, mentre in Piemonte eventi sono organizzati presso i tre luoghi simbolo della città: Piazza Castello, Mole Antonelliana, Reggia di Venaria. Qui il calendario suddiviso per regioni e continuamente
aggiornato.

Autismo. Dall’Italia nuova proposta terapeutica pubblicata su “Autism open-access”
Risultati importanti per la terapia dell’autismo arrivano dall’Italia. E’ stato pubblicato sulla prestigiosa rivista internazionale ‘Autism open-access’ un altro articolo dell’Istituto di Ortofonologia (IdO) di Roma sul tipo di terapia che propone, …

Risultati importanti per la terapia dell’autismo arrivano dall’Italia. E’ stato pubblicato sulla prestigiosa rivista internazionale ‘Autism open-access’ un altro articolo dell’Istituto di Ortofonologia (IdO) di Roma sul tipo di terapia che propone, dal titolo ‘Dall’integrazione emotiva alla costruzione cognitiva: l’approccio evolutivo Tartaruga’ (consultabile sul sito www.ortofonologia.it).

“Lo studio e’ durato 4 anni ed e’ stato condotto su un campione di 80 bambini dai 24 ai 131 mesi (tutti videoregistrati), con risultati decisamente incoraggianti, di cui abbiamo documentato i miglioramenti ottenuti con un metodo rigorosamente scientifico. Oltre ai miglioramenti in generale, possiamo affermare che, secondo la diagnosi Ados (Autism diagnostic observation schedule), l’80% dei casi sono usciti dallo spettro autistico e il 30% dall’autismo dopo due e quattro anni di trattamento. Tutti i risultati rispondono al criterio evidence based”. Lo fa sapere Federico Bianchi di Castelbianco, psicoterapeuta dell’eta’ evolutiva e direttore dell’IdO, ricordando in occasione della Giornata mondiale di consapevolezza sull’Autismo (sabato 2 aprile) che “il progetto terapeutico portato avanti dall’IdO e’ stato denominato ‘Tartaruga’ proprio per non suscitare nei genitori illusioni di velocita’ o aspettative non adeguate alla realta’, che purtroppo vengono spesso loro proposte”.

L’IdO basa il suo processo diagnostico e terapeutico su un approccio che considera integrate le componenti cognitive e affettive. “Riteniamo che il linguaggio, l’intelligenza e le competenze emotive e sociali si acquisiscano nello sviluppo attraverso le relazioni e le interazioni che prevedono gli scambi affettivi. I dati hanno, infatti, evidenziato che il lavoro sulle aree dell’affetto sociale (all’interno dell’Ados 2) permette un miglioramento in tutti gli altri aspetti evolutivi. Dunque e’ lavorando sulla dimensione affettiva che si possono avere i migliori risultati cognitivi. Quello che la nostra ricerca ha messo anche in luce- sottolinea lo psicoterapeuta dell’eta’ evolutiva- e’ la possibilita’ di predire quali risultati si possono attendere per ogni singolo bambino”.

Forse, pero’, l’obiettivo che ha maggiormente soddisfatto l’e’quipe dell’IdO e’ “l’aver permesso sia ai bambini, che ai genitori- conclude Castelbianco- di vivere i 4 anni di terapia serenamente, evitando un impatto stressante sulla qualita’ di vita”.

La ricerca dell’IdO sara’ presentata venerdi’ a Roma da Magda Di Renzo, responsabile del servizio Terapie dell’Istituto, al seminario ‘Lo spettro autistico’, promosso dall’onorevole Paola Binetti nell’Aula Valori dell’Universita’ Lumsa in via di Porta Castello 44 dalle 15 alle 18.

(DIRE)

Da eTwinning un corso on-line gratuito sul Piano Nazionale Scuola Digitale

da La Tecnica della Scuola

Da eTwinning un corso on-line gratuito sul Piano Nazionale Scuola Digitale

L.L.

Aprono domani, 2 aprile, le iscrizioni al corso di formazione riservato ai docenti registrati alla piattaforma per i gemellaggi elettronici fra scuole europee.

Il corso, svolto interamente in lingua italiana, si intitola “eTwinning, Piano Nazionale Scuola Digitale e Agenda Digitale, il valore aggiunto della co-progettazione digitale nell’innovazione della scuola italiana”.

L’iniziativa si svolgerà dal 7 al 18 aprile, e ha l’obiettivo di formare i partecipanti in merito al Piano Nazionale Scuola Digitale, fornendo suggerimenti ed esempi pratici su come utilizzare al meglio eTwinning alla luce delle novità introdotte dal Piano.

Per chi volesse registrarsi a eTwinning: link

Slitta l’ordinanza trasferimenti

da tuttoscuola.com

Slitta l’ordinanza trasferimenti
Mancano i pareri degli altri ministeri

Era attesa nei giorni scorsi la pubblicazione dell’ordinanza per i trasferimenti del personale scolastico, ma, a causa dei mancati pareri di altri ministeri, il Ministero dell’istruzione non è ancora in grado di emanare l’annuale disposizione per la mobilità 2016-17.

Le scadenze già ipotizzate slittano in avanti con conseguenze non trascurabili per tutte le procedure previste per il normale avvio dell’anno scolastico.

Preoccupazione per il ritardo è stato manifestato dai sindacati della scuola. Di seguito il comunicato della Uiol-scuola.

“Il Miur, nell’incontro del 15 marzo con le organizzazioni sindacali, aveva prefigurato una tempistica per la presentazione delle domande di mobilità che prevedeva l’inizio per la prima fase (fase A) a partire dal 29 marzo, con scadenza il 15 aprile.

Per le vie brevi, abbiamo appreso che sul testo del contratto integrativo mancano i previsti pareri, sia da parte della Funzione Pubblica che dell’IGOP (l’ispettorato generale per gli ordinamenti del personale della Ragioneria dello Stato).

In assenza di tali certificazioni tutte le date dovranno essere rideterminate.

Contestualmente, la Uil Scuola ha chiesto al Miur un incontro urgente su tutta la materia della mobilità, con particolare riferimento alle questioni relative ai docenti di sostegno del secondo grado (DOS).”

VII edizione di EDUCA

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Presentato il 24 marzo in conferenza stampa il programma della VII edizione di EDUCA, il festival dell’educazione che tornerà a Rovereto dal 15 al 17 aprile: tre giorni dedicati al tema “Libertà e Regole” con eventi culturali dedicati a famiglie, insegnanti ed educatori e a tutta la comunità nei palazzi, teatri, musei e biblioteche, ma anche nei giardini, bar, librerie e nelle strade della città appositamente chiuse al traffico. Ospiti di rilievo nazionale, laboratori, giochi e animazione, spettacoli e molto altro ancora. I dettagli nel comunicato allegato.

Il programma si può scaricare sul sito www.educaonline.it

Insegnare senza lezioni

INSEGNARE SENZA LEZIONI di Umberto Tenuta

CANTO 653

NO al docente che dalla cattedra fa lezione

SI al docente che insegna, che offre segni: concreti, virtuali, iconici, simbolici

 

Le lingua evolve col tempo.

Le parole assumono significati via via diversi a seconda dei contenuti ai quali si riferiscono.

Se ieri insegnare significava incidere segni nella mente degli alunni (imprimere le conoscenze nelle menti) e, l’altro ieri, tradurre in segni, soprattutto orali (parole), oggi, in una concezione pedagogica diversa, insegnare può –deve– significare offrire segni.

Segni concreti (oggetti), segni iconici (immagini), segni simbolici (alfabetici o altri).

Evidentemente, questo cambiamento di significato è correlato a quella che ora è considerata l’attività di colui che apprende, cioè dello studente.

Colui che apprende non è considerato più una tabula rasa, sulla quale le parole del docente vanno ad incidersi, così come sulla lavagna.

L’apprendimento è innanzitutto la costruzione dei saperi.

L’apprendimento è una operazione -prima concreta, poi iconica, infine simbolica- di scoperta, invenzione, costruzione dei saperi.

Gli alunni non ricevono, già bell’e fatti, i saperi.

Se li debbono costruire col sudore della loro fronte (della loro intelligenza).

<<E tu, uomo, ti guadagnerai il pane con il sudore della fronte>> (Gen 3,19 ).

I saperi –conoscenze, competenze, atteggiamenti– non sono travasati dalla mente del docente a quella del discente.

I saperi sono una conquista personale: il frutto di una azione, prima concreta, poi iconica, infine simbolica.

Gli alunni non sono soggetti passivi, ma soggetti attivi, inventori, costruttori, creatori dei propri saperi: sapere, saper fare, saper essere.

Ai docenti il compito di:

  • Accogliere, cogliere, suscitare le domande degli alunni (motivazioni);
  • Non dare risposte, ma aiutare a predisporre situazioni di scoperta, invenzione, costruzione delle risposte (ambienti di apprendimento);
  • Convalidare, consolidare, formalizzare le risposte (sintesi magistrale).

Non bastano la cattedra, la lavagna, i banchi allineati.

Occorre la scuola dei laboratori di apprendimento.

È questa la SCUOLA BUONA!

 

PER CHI VOLESSE APPROFONDIRE:

INSEGNARE ED APPRENDERE di Umberto Tenuta

http://www.rivistadidattica.com/metodologia/metodologie_46.htm

 

 

Tutti i miei Canti −ed altro− sono pubblicati in:

http://www.edscuola.it/dida.html

Altri saggi sono pubblicati in

www.rivistadidattica.com

E chi volesse approfondire questa o altra tematica

basta che ricerchi su Internet:

“Umberto Tenuta” − “voce da cercare”