Il mondo al contrario

Il mondo al contrario

di Stefano Stefanel

I ricchi con la carta. I poveri con lo smartphone”. “Bocciare i deboli per far migliorare i forti”. “Eliminiamo i progetti e torniamo allo studio serio”. Il delirante momento storico che stiamo vivendo visto dal versante della scuola potrebbe essere racchiuso nelle tre “orribili” frasi che ho sopra riportato e che possono riassumere, in forma comunque almeno per il momento parodistica, quello che si sente in giro, soprattutto quello che si legge sui giornali di carta stampata. La battaglia però è impari ed è stata “scatenata” da giornalisti, scrittori, psicologi, opinionisti, professori universitari, cioè personaggi noti e pubblici che parlano di scuola senza conoscerla e che – soprattutto – hanno un’idea della scuola che risale alla loro gioventù. Tutto questo sta avvelenando i pozzi perché porta il dibattito pubblico dentro il nulla delle prese di posizioni apodittiche ed assolute, che racchiudono la critica a quello che può essere etichettato come “il modernismo post sessantottino che ha distrutto la scuola”. La scuola non è ancora distrutta, ma è sulla buona strada e tutto questo insulso cicaleccio non documentato porta l’attenzione altrove, non sui problemi veri. Però allo spazio che le celebrità hanno corrisponde solo uno spazio di nicchia e per gli addetti ai lavori di chi prova a rispondere: nelle lotte impari di solito vince Golia. E qui siamo “di solito”.

LIBRI E SMARTPHONE

Chiunque viva nella scuola sa il peso che ancora ha la carta stampata: libri di testo, libri delle biblioteche, fotocopie, quaderni. Il passaggio al digitale è in troppi casi troppo lento e le poche competenze di molti docenti portano la questione solo sul piano disciplinare e punitivo. Credo però che – al di là del pensiero sul libro di carta e sullo smartphone – alcuni elementi dell’attuale società siano facilmente visibili. I figli dei ricchi, i figli delle famiglie benestanti o del ceto medio hanno un rapporto abbastanza ordinato sia con la carta, sia con lo smartphone. Vivono in contesti culturali buoni o accettabili che gli permettono la scelta quando questa deve essere fatta, che possono spaziare tra i libri e lo smartphone, che hanno tempi di attenzione adeguati o adeguabili. In questo momento storico i poveri e i figli dei poveri (soprattutto di quelli di spirito) e quasi tutti gli stranieri, hanno come unico riferimento culturale lo smartphone. La cultura popolare è “cultura del telefonino”, i ragazzi girano costantemente connessi e controllano tutto dentro lo smartphone. La scuola che si rifiuta di educare all’uso didattico e culturale di questo mezzo in virtù di un richiamo alla carta che ormai tutti usiamo in forma mista (un po’ di carta e un po’ di web) si rifiuta di occuparsi della cultura degli ultimi, di quelli cioè che hanno il riferimento solo nel web. Io invito chi vuol vietare l’uso dello smartphone in classe a entrare nella logica di chi ormai si affida solo allo smartphone e di verificare realmente se questo soggetto – soprattutto se giovane – è disponibile a spostarsi sul libro (uno solo, quello di testo) solo perché costretto. La battaglia è educare all’uso dello smartphone in senso formativo e culturale, far capire ai ragazzi la possibilità di essere connessi sempre ad una biblioteca universale, far comprendere gli spazi di cultura, come si trovano, come si leggono, come si usano. Invece vedo venire avanti ignobili crociate – tutte snob – per proibire, cercando di far credere che la scuola possa fermare il futuro semplicemente chiudendo gli occhi (e le connessioni). In questo modo di pensare c’è la violenza elitaria di chi comunque avrà sempre a disposizione le connessioni e deciderà di non usarle, incurante di chi ormai ha solo la connessione per collegarsi col resto del mondo e per sfiorare la cultura. Solo una reale pedagogia del BYOD (Bring You Our Device) allontanerà i poveri dall’abbruttimento del web.
Dirigendo da molti anni Istituti comprensivi vedo quotidianamente bambini connessi figli di persone giovani sempre connesse, sempre attive con foto e selfie, sempre attente a documentare tutto, soprattutto quello di cui non sanno cosa farsene. Proprio in queste famiglie e soprattutto se povere va inserita una pedagogia del BYOD attraverso i figli, così come si è introdotta la cultura della raccolta differenziata attraverso i bambini (grande vittoria della scuola che nessuno rivendica mai). L’incredibile snobismo di molti intellettuali gli fa scambiare il mondo per aule universitarie, per le biblioteche silenziose, per le librerie affollate e per i concerti di musica da camera. Ma c’è anche il mondo dei selfie e dei tatuaggi, di Istagram e di Facebook, di WhatsApp e della navigazione costante che deve trovare una nuova pedagogia se non vuole sprofondare nel baratro delle fake news diventate realtà (siamo purtroppo sulla buona strada).

PROMOSSI E BOCCIATI

L’altro atroce ritornello è quello che continua a battere sulle troppe promozioni. Il dato banale di partenza è quello che vede l’Italia molto in coda nella lotta alla dispersione scolastica e quindi un aumento delle bocciature la metterebbe ancora più in coda. La tesi criminale però non è questa: è quella che vede nelle bocciature una possibilità di migliorare il sistema. Nessuno spiega perché diventiamo migliori se bocciamo più studenti, ma nessuno spiega neppure perché gli studenti medi o bravi diventano migliori se bocciamo di più quelli più deboli. La spiegazione è molto banale: dato che ai più bravi non siamo in grado di dare nulla (paralizzati come siamo da una cultura del posto fisso cui si accede soprattutto per anzianità o per sanatoria) gli diamo lo “scalpo” (bocciatura) dei peggiori. E questo porta a far credere che un “9” vale di più se ci sono almeno dieci “4” per cui la battaglia non è quella di pretendere di più dai migliori, ma quella di pretendere di bocciare di più. Si dice “alzare” l’asticella: ma si dice sbagliato, perché siamo di fronte ad un “abbassare l’asticella”, quella della dispersione scolastica (così va in dispersione più gente possibile). Inoltre la scuola italiana non ha alcun piano per i suoi bocciati, se non la speranza che facciano meglio l’anno dopo. In questa incredibile discesa verso gli inferi nessuno ha prodotto un’analisi del percorso scolastico del milione di NEET (Neither in Employment nor in Education or Training: non studia e non lavora), cioè di quei ragazzi che non studiano e non lavorano e stanno per lo più seduti sul divano a chattare e a navigare su siti pieni di fake news. Se fosse possibile mettere pubblicamente in relazione la debolezza italiana nella lotta alla dispersione scolastica, la mancanza di un progetto di recupero reale per i bocciati, l’inesistenza di riconoscimenti reali a migliori, la debolezza dei percorso scolastici dei NEET forse il discorso pubblico uscirebbe dal nulla dei richiami degli intellettuali snob alla bocciatura di coloro che ormai vivono connessi agli smartphone senza sapere come usarli.

PROGETTI E STUDIO SERIO

Il sapere evoluto si evolve per progetti, i problemi si risolvono con i progetti, le soluzioni si sperimentano con i progetti, l’inclusione avviene per progetti (visto che la serialità ha prodotto esclusione), le personalizzazioni avvengono per progetti, la ricerca avviene per progetti. Dire “progetto” non vuole dire niente, se non si precisa progetto di cosa, ma anche in questo caso una parte intellettuale – sia interna sia esterna alla scuola – scambia la propria incapacità a lavorare per progetti nella battaglia ai “progettifici”. Questo lo si è visto molto bene nei PON, dove sia l’Autorità di gestione, sia il Miur, sia le Scuole non hanno saputo spiegare a docenti e studenti cosa si stava cercando di fare. Così si sta sviluppando l’idea che si fanno progetti se non si ha di meglio da fare e che i progetti tolgono tempo alla scuola seria. Senza progetto non c’è più cultura, c’è solo un affastellarsi di conoscenze, letture, metodologie, memorie, nostalgie. I progetti spingono allo studio serio e infatti gli studenti coinvolti nei progetti lavorano molto meglio che se coinvolti ad ascoltare lunghe lezioni frontali. Anche in questo caso noi abbiamo una parte della popolazione (quella ricca) che vive dentro progetti di vita (le scuole per il futuro, il lavoro come scelta, le vacanze come letture del mondo, le lingue come bagaglio necessario, ecc.) e un’altra parte che rimane sempre a casa ed è sempre connessa senza nessun progetto (in attesa forse di un reddito, non di una cittadinanza). La scuola non ha più bisogno di riforme, ma ha bisogno di progetti: solo con quello potrà analizzare bisogni e problemi e potrà dare risposte. Altrimenti si va avanti per sentito dire, lamentandosi che non c’è più l’ascensore sociale: per forza, è sempre occupato dagli intellettuali che ce l’hanno fatta (e dai ricchi che comunque hanno i soldi per costruirselo).

Sclerosi multipla, la Sicilia istituisce il registro

Redattore Sociale del 03.09.2019

Sclerosi multipla, la Sicilia istituisce il registro: e’ la prima in Italia 

PALERMO. E’ stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana il decreto che istituisce il registro regionale della sclerosi multipla e l’osservatorio permanente sulla patologia. La Regione Siciliana è la prima in Italia ad aver compiuto un passo in avanti così importante sotto il profilo normativo. “Dalla Regione ci attendiamo segnali concreti sulla sclerosi multipla e questo sicuramente lo è – ha commentato Angelo La Via, consigliere nazionale Aism, Associazione Italiana Sclerosi Multipla -. La Regione Siciliana è stata una delle prime a dotarsi di un PDTA (percorso diagnostico terapeutico assistenziale) e adesso è la prima a dotarsi di uno strumento fondamentale per le oltre 9 mila persone con sclerosi multipla che sono presenti nell’Isola”.
Dopo tanta attesa, finalmente è arrivata, infatti, una risposta dall’assessore regionale alla salute Ruggero Razza alle continue sollecitazioni dell’Associazione italiana Sclerosi Multipla. L’assessore aveva dato già ampie garanzie alle richieste dell’Aism nell’incontro che si era svolto a Palermo lo scorso 6 giugno. La sclerosi multipla è una grave malattia del sistema nervoso centrale, prima causa di disabilità nei giovani dopo gli incidenti stradali. Cronica, imprevedibile e spesso progressivamente invalidante, colpisce una persona ogni 3 e viene per lo più diagnosticata tra i 20 e i 40 anni in maggioranza nelle donne con un rapporto di 2 a 1 rispetto agli uomini. Colpisce 122 mila persone in Italia.
“Con il Registro sulla sclerosi multipla e tramite l’Osservatorio abbiamo reso permanente l’attività di monitoraggio in tutta la Sicilia – ha affermato l’assessore Ruggero Razza -. Sono strumenti che permetteranno di avere piena contezza di ciò che funziona e di quello che merita di essere migliorato, ma soprattutto si avrà più chiara la dimensione di un fenomeno che va osservato attraverso vari profili. Sapere, infine, di essere stati tra i primi in Italia è un dato che premia l’azione svolta in sinergia con le associazioni. Abbiamo anche la consapevolezza che la strada da percorrere, specie sul piano della ricerca, è ancora lunga. Noi comunque faremo la nostra parte. Regione Siciliana e Associazione Italiana Sclerosi Multipla insieme possono rappresentare quel valore che dà fiducia ai cittadini. Il registro di patologia ? lo strumento per la conoscenza del fenomeno in tutte le province che permette di disporre di dati su cui poggiare per la pianificazione e le scelte finalizzate ad incrementare le risposte più appropriate. Il Registro è la prima condizione per dare risposte migliori”.
“Ci sono carenze nella Regione. Ma c’è un impegno per potenziare la rete dei centri clinici, per dare almeno un centro sclerosi multipla in ogni provincia ed un accesso tempestivo alla cura della malattia – ha continuato Angelo La Via -. Da cinque anni abbiamo un PDTA dedicato alla patologia ma lo dobbiamo rendere concreto in tutto il territorio per un adeguato standard di diritti e di cura alle persone”.
Sono compiti dell’Osservatorio regionale sulla patologia la programmazione e il coordinamento di tutte le attività della rete con funzioni di analisi e valutazioni del funzionamento e di proposizione di eventuali interventi e progetti di consolidamento, qualificazione, sviluppo della rete, anche con riferimento all’informazione e coinvolgimento dei pazienti e dell’associazione di rappresentanza. Inoltre si prevede pure la revisione ed il periodico aggiornamento del percorso diagnostico terapeutico assistenziale integrato per la sclerosi multipla e la valutazione del PDTA per la SM nelle aziende; l’individuazione degli indicatori di monitoraggio del PDTA e analisi dei flussi dei dati; la raccolta dei pareri in ordine ai farmaci per il trattamento della SM. (set)

Formazione e corsi per accompagnare il personale Pa alla digitalizzazione

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

Rafforzare le competenze manageriali e digitali dei dirigenti, dei dipendenti pubblici e anche delle imprese attraverso percorsi formativi, seminari, conferenze, scuole di formazione e metodologie condivise.
Questi gli obiettivi del protocollo tra AgId (Agenzia per l’Italia digitale) e Crui (Conferenza rettori delle università italiane) .
Le azioni saranno rivolte in prima battuta agli uffici responsabili per la transizione al digitale, strutture su cui si fa perno per accelerare la trasformazione digitale della Pubblica Amministrazione e del Paese.

Il protocollo
Si parte con un percorso formativo specificamente rivolto ai dirigenti pubblici e ai funzionari degli uffici responsabili per la transizione al digitale delle Pa per trasferire nella macchina pubblica la cultura del Project Management e le metodologie comuni per la progettazione di servizi a misura di utenti e imprese. Si prosegue con la definizione di percorsi formativi (corsi di laurea, master e corsi di specializzazione) per il rafforzamento delle competenze digitali e manageriali del personale delle università e delle Pa italiane.
Il protocollo d’intesa è una delle leve per dare attuazione al nuovo Piano Triennale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione 2019-21. Diffondere e rafforzare le conoscenze necessarie alla trasformazione digitale ha anche l’obiettivo di invertire la tendenza che vede l’Italia agli ultimi posti in Europa per competenze digitali e per colmare il divario digitale tra territori e di genere, così come segnalato nell’Indice Desi. Per questo le azioni previste dal protocollo comprendono anche iniziative formative mirate a favorire la parità di genere e l’inclusione sui temi del digitale.

Gli obiettivi dei sottoscrittori
«Gli sforzi di introdurre il digitale nella Pa non hanno determinato un uniforme miglioramento nell’offerta dei servizi a cittadini ed imprese perché non preceduti da una analisi dei processi e non accompagnati da una diffusa cultura digitale, da un cambio organizzativo e dal disboscamento normativo. La pubblica amministrazione si cambia dal suo interno. Si cambia grazie all’azione di persone a cui sono stati forniti strumenti e leve. La debolezza di competenze digitali e di Project Management nelle Pa/enti deve essere strutturalmente colmata. Le competenze che mancano non si svilupperanno da sole – ha dichiarato Teresa Alvaro, direttore generale di AgID –. La collaborazione con la Crui è strategica per diffondere il bagaglio di competenze necessarie all’attuazione dei progetti di semplificazione e digitalizzazione e punta a conferire centralità agli uffici responsabili per la transizione al digitale all’interno delle pubbliche amministrazioni italiane».
«La transizione digitale è uno di quei passaggi epocali che si possono solo subire o accompagnare con convinzione – ha dichiarato Gaetano Manfredi, presidente della Crui – Attraverso la firma di questo protocollo il sistema universitario si impegna a sostenere la transizione digitale con convinzione, investendoci le proprie competenze. Ciò nell’ottica di lavorare di concerto con AgID a un piano di migrazione dell’università che tenga conto delle specificità del comparto in materia di formazione, ricerca e trasferimento tecnologico. Una volta realizzati a pieno, tanto il protocollo, quanto il Piano triennale in cui esso si inserisce, rappresentano un momento fondamentale per rafforzare la competitività del Paese».


Fino a 1.100 euro per famiglia il costo del corredo scolastico

da Il Sole 24 Ore

di Eu.B.

In vista dell’imminente riapertura delle scuole le famiglie italiane cominciano a fare i primi conti: a cartelle, zaini, astucci, diari e occorrente scolastico vario, vanno aggiunti i libri, il cui costo, secondo le associazioni dei consumatori, continua a crescere. Al punto che, secondo il Codacons, l’esborso complessivo per un nucleo familiare può superare i 1.100 euro.

Le stime del Codacons
Il Codacons ha fornito alcune stime sull’aumento dei prezzi al dettaglio del corredo scolastico, quantificandolo nel 2,5% in più rispetto al 2018, con le marche più richieste dai giovani – legate a squadre sportive, cartoni animati, bambole o personaggi e serie famosi – che hanno ritoccato al rialzo i listini. Il prezzo di uno zaino può raggiungere i 140 euro, mentre per un astuccio griffato attrezzato (con penna, matita, gomma da cancellare e pennarelli) la spesa arriva a 40 euro. A cui vanno aggiunti altri 20 euro per il diario. L’esborso per il materiale scolastico completo raggiungerà durante l’anno scolastico 2019/2020 quota 533 euro a studente su base annua, cui va aggiunto il costo per libri di testo, altra voce che inciderà pesantemente sui portafogli delle famiglie italiane, variabile a seconda del grado di istruzione e della scuola. In particolare per dizionari e testi scolastici vari il Codacons prevede un ulteriore ritocco al rialzo dei listini rispetto al 2018, con la spesa complessiva a carico delle famiglie che – tra corredo e libri – può facilmente raggiungere i 1.130 euro a studente.

I numeri dell’Unione dei consumatori
Più contenuti i rincari attesi dall’Unione dei consumatori, ma comunque superiori all’inflazione generale. Gli aumenti maggiori sarebbero per i libri scolastici, che salgono dell’1,7%, più del triplo dell’inflazione registrata dall’Istat, relativa al mese di agosto, pari a +0,5%. Al secondo posto, la scuola dell’infanzia, +1,4%, seguita al terzo posto dall’istruzione primaria, che segna un incremento dello 0,9 per cento. «I rialzi non sono smisurati, ma non dobbiamo dimenticare che gli aumenti stimati si riferiscono ad un solo mese, da agosto a settembre, e che, comunque, si tratta di spese obbligate per le famiglie»,commenta Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori.

Senza istruzione 3,7 milioni di bambini rifugiati nel mondo

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

Circa la metà dei 7,1 milioni di bambini rifugiati nel mondo non va a scuola. A questi 3,7 milioni di bambini «è negata una seconda possibilità» e ciò mette a rischio il loro futuro, spiega l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), Filippo Grandi.

Il rapporto dell’Unhcr
Solo il 63% dei bambini rifugiati frequenta la scuola primaria, rispetto al 91% in tutto il mondo. Inoltre, solo il 24% dei ragazzi rifugiati accede alla scuola secondaria, a fronte dell’84% degli adolescenti nel mondo. Secondo l’indagine dell’Unhcr, infatti, più i bambini crescono più gravi diventano le barriere che impediscono loro una vera istruzione. Secondo Grandi «manchiamo al nostro dovere non dando ai giovani rifugiati la possibilità di sviluppare le competenze e la conoscenza che serve per preparare il loro avvenire. Dunque – aggiunge – è importante investire sulla scolarizzazione dei rifugiati – insiste Grandi – altrimenti dovremo sopportare i costi di una generazione di giovani condannati a crescere senza essere in grado di assumersi responsabilità e contribuire al futuro della loro comunità».

Le soluzioni proposte
Secondo l’Unhcr è urgente investire nella costruzione e nel restauro di edifici scolastici, sulla formazione degli insegnanti e sul sostegno finanziario alle famiglie dei rifugiati, in modo che possano coprire i costi scolastici dei loro figli. Alla fine del 2018, c’erano più di 25,9 milioni di rifugiati in tutto il mondo. Circa la metà aveva meno di 18 anni e milioni di loro erano coinvolti in situazioni di crisi prolungate, con poche speranze di ritornare nel loro Paese nel prossimo futuro. Per questo il sostegno all’istruzione secondaria dei giovani rifugiati sarà uno dei temi chiave del prossimo Global Refugee Forum che si terrà a dicembre 2019.

Scuola, un fallimento promuovere tutti

da Corriere della sera
di Susanna Tamaro

Gentile professoressa, grazie per la sua lunga lettera, così ricca di intelligenza e profondità. Il primo sentimento che ho avuto, leggendola, è stato quello di una sottile invidia per i suoi allievi. Ricordando la mia penosa — e per lo più catastrofica — carriera scolastica, non ho potuto fare a meno di pensare a come avrebbe potuto essere diversa se avessi incontrato sul mio cammino una persona come lei.

Nel corso di una vita, avere avuto un professore piuttosto che un altro, un maestro piuttosto che un altro può fare una grande differenza. E la può fare soprattutto per i fragili, per i deboli, per quelli che non hanno alle spalle qualcuno in grado di sostenerli.

Che cos’è l’insegnamento infatti, se non un improvviso «vedersi» tra esseri umani? Il più grande vede il più piccolo e intuisce quale sia la strada da indicargli per permettergli di sviluppare la parte migliore di sé.

Un insegnante che ama il suo lavoro ha un compito molto importante: quello di trasmettere la sua passione. Può decidere di esporre il programma pedissequamente o può, percorrendo vie insolite, riuscire ad accendere di luce lo sguardo di chi lo sta ascoltando, ad aprire una piccola porta nella sua mente, e forse anche nel suo cuore, permettendo a quel ragazzo o a quella ragazza, un giorno, di salvarsi. Insegnare nozioni o suscitare passioni, è questo il grande discrimine. Accontentarsi di far ripetere a pappagallo le pagine dei libri di testo o far capire, invece, che lo studio della letteratura non è una scatola piena di dettagli noiosi ma qualcosa che parla alla profondità della nostra inquietudine e alle domande che ne scaturiscono. Letteratura come natura morta o letteratura come parte irrinunciabile della nostra vita.

Essendo cresciuta nel Nordest dove, all’epoca, i legumi mediterranei erano degli assoluti sconosciuti, mi sono interrogata a lungo sulla ragione per cui padron ’Ntoni ci tenesse tanto a un carico di lupini, cioè, per me, di piccoli lupi. Che cosa doveva farsene di quei cuccioli? Voleva introdurli in Sicilia? E per quale ragione? A parte questo enigma, che si è risolto soltanto quando, ormai maggiorenne, mi sono trasferita a vivere a Roma e ho scoperto che i lupini erano dei legumi gialli, della mia preparazione scolastica di letteratura non mi è rimasto praticamente nulla se non l’idea, radicatissima, che si trattasse di qualcosa di antiquato che non avesse nulla a che fare con la mia vita. Per riaccostarmi al Leopardi e nutrirmi della sua grandezza ho dovuto aspettare i trent’anni; per osare riprendere in mano I promessi sposi , e apprezzarli come meritano, ho atteso i quaranta.

Sono convinta che la ragione per cui il nostro Paese viene considerato la Cenerentola europea negli indici di lettura sia da ascrivere soprattutto alla diseducazione letteraria attuata nel percorso scolastico. Quante persone una volta terminate le scuole superiori, magari con ottimi voti, non si sognano più di aprire un libro, così come una buona parte dei laureati, una volta ottenuto l’ambito titolo, vengono colti da perpetua e inguaribile «papirofobia»?

Questa invincibile allergia alla carta stampata, quali che siano i suoi contenuti, non è forse dovuta — oltre che alla tendenza delle famiglie a non leggere e dunque a non stimolare i loro figli a farlo — anche al cronico fallimento della scuola che, in tanti anni di insegnamento, non ha saputo lasciare ai bambini e ai ragazzi, una volta diventati adulti, un solo germe di curiosità?

È la curiosità infatti la molla che spinge ad aprire i libri. Curiosità, voglia di saperne di più. Il discorso non è limitato alla letteratura. Si può essere curiosi di storia, di biologia, di matematica, di geografia, di filosofia. Una persona curiosa ha un grande pregio: non si farà mai ingabbiare dalle spire del fanatismo. La curiosità infatti è il principale antidoto all’indottrinamento.

Lei regala, così mi scrive, a ognuno dei suoi alunni all’inizio di ogni anno scolastico una copia delle Lettere a un giovane poeta di Rainer Maria Rilke. E la regala anche se i suoi ragazzi non sono studenti di un liceo ma di un istituto tecnico, suscitando ironia e critiche dei colleghi, vittime del solito snobismo provinciale per cui la cultura dovrebbe essere appannaggio solo di chi frequenta il più nobile liceo, mentre le lande desolate degli istituti tecnici dovrebbero servire solo a traghettare i ragazzi al mitico foglio di carta, offrendo una preparazione che già in partenza viene considerata di serie B.

Perché mai, si chiede e mi chiedo, chi frequenta un istituto turistico, un alberghiero, un professionale non dovrebbe essere messo in grado di leggere e apprezzare un poeta, di capire che cosa sia la poesia? Saper percepire la bellezza deve essere forse il privilegio di un’élite?

Tra le molte piaghe della scuola italiana, forse una delle più gravi è proprio quella dell’inossidabile mito del liceo. Si ingannano le famiglie facendo loro credere che esistano scuole di prima e di seconda scelta. Il liceo — scientifico, classico, linguistico — viene considerato automaticamente più nobile, in grado di aprire le porte dell’università.

Nel nostro Paese ci sono migliaia e migliaia di posti di lavoro vacanti per mancanza di persone tecnicamente preparate, a causa della carenza di veri percorsi professionali e formativi, e altrettante migliaia di liceali che camminano verso il nulla con il loro bel pezzo di carta in mano. Né agli uni né agli altri, a meno che non abbiano avuto la fortuna di incontrare un’insegnante entusiasta e coraggiosa come lei, è stata data la possibilità di accedere davvero alla cultura; dove cultura vuol dire curiosità, capacità di appassionarsi, di ragionare, mantenendo sempre la mente in una condizione di apertura.

Ho diversi amici che insegnano, come lei, negli istituti tecnici e i racconti che mi fanno sono per lo più desolanti. Malgrado l’impegno e l’amore che mettono nel loro lavoro, si sentono spesso circondati da un clima di fatale disfattismo. Una mia amica, scoprendo che gli studenti dell’ultimo anno giocavano a carte durante le sue lezioni, è andata a parlare col preside per capire come comportarsi. «Li lasci fare» si è sentita rispondere «tanto sono abituati così. E poi sono in quinta, quest’anno se ne andranno…». La solita tecnica dello scaricabarile: foglio di carta in mano e via. Non mi riguarda più.

Ma i ragazzi-peso, una volta scomparsi dall’orizzonte, dove vanno? Diventano per lo più ragazzi-zavorra. Zavorra buttata a mare. O meglio, ragazzi-risacca: si fanno trasportare dalla corrente perché nessuno ha mai dato loro importanza, e questa assenza di importanza — e dunque di peso — li rende incredibilmente leggeri. È una leggerezza ingannevole, la leggerezza del nulla saper fare, del nulla sperare, del nulla desiderare. Una leggerezza che, in breve, si trasformerà in una inesorabile pesantezza. Pesantezza sociale, pesantezza individuale.

Che cosa faranno, una volta diventati adulti, questi ragazzi da cui nessuno ha preteso niente, che nessuno ha mai davvero visto? A quali povertà li condanna la scuola del non-impegno e della promozione perpetua? La scuola che non ha mai messo davanti a loro gradini, ostacoli, asticelle da superare? Alla povertà economica, probabilmente, a quella sociale anche ma, più di ogni altra cosa, li condanna alla povertà umana, cioè alla totale sfiducia in loro stessi e nella propria capacità di affrontare e risolvere i problemi.

I dieci anni di scuola obbligatoria rimarranno, nella memoria dei più, come un lungo e grigio inverno di cui non aspettavano altro che la fine. Avranno messo crocette per anni, si saranno arrabattati confusamente tra le prove Invalsi, avranno imparato qualche data a memoria, per dimenticarla a interrogazione conclusa e, navigando con i motori al minimo, saranno andati avanti così, di anno in anno.

Certo, non si può ignorare l’irrompere tumultuoso della tecnologia nella vita delle nuove generazioni e nella nostra. Un irrompere che ha creato un mondo parallelo a quello reale, un mondo segnato dalla facilità e dall’immediatezza, dalla superficialità e da una fallace onniscienza. Nei primi anni di questa rivoluzione, mi è capitato di leggere tesine delle scuole medie o delle superiori e di restare ammirata per la quantità di nozioni esibite e per la complessità dello svolgimento. Nella mia ingenuità analogica, mi sperticavo in complimenti con chi le aveva scritte ma il mio stupore ammirato era sempre destinato a essere di breve durata. Parlando, infatti, dell’argomento che avevano esposto, mi rendevo presto conto che quello che c’era scritto non corrispondeva a quello che lo studente davvero aveva appreso. Era iniziata l’era del «copia e incolla» e io non me ne ero accorta.

È vero che la tecnologia porta una grande ricchezza nelle nostre vite ma, perché ricchezza davvero sia, bisogna imparare a usarla. Usarla e non esserne usati. Consentire gli smartphone in classe è pura follia, così come sostituire i libri di testo con l’uso del tablet. In molti Paesi europei, dove l’innamoramento per le tecnologie a scuola è arrivato prima che da noi, si stanno rivalutando la scrittura a mano e lo studio sui libri, anche come antidoto alle gravi dipendenze da schermo e da social che le nuove generazioni sviluppano in modo allarmante. Secondo una ricerca molto dettagliata del Miur basata sui test Pisa del 2015, gli studenti italiani con i migliori punteggi nella lettura digitale sono quelli bravi anche nella lettura cartacea e, viceversa, quelli con difficoltà nella lettura cartacea non capiscono nemmeno i testi digitali. Il nostro ministero, che in controtendenza si è lanciato con sventata allegria nella rincorsa alla modernità, senza approfondire i molti studi sulla negatività di certe scelte, non ha considerato che al limite le due vie — tecnologica e umanistica, diciamo — possono procedere parallele, arricchendosi una con l’altra. Ma così non è stato. Dato che il suo compito, da ormai troppo tempo, è quello di rendere le cose sempre più facili, di non creare ostacoli, di permettere a tutti di raggiungere l’agognato pezzo di carta — perché questa è la più alta e più perversa forma di democrazia — non poteva fare diversamente.

Non creare problemi, questa sembra l’unica preoccupazione della scuola-azienda, della scuola-centro commerciale, con vetrine sempre più sfavillanti per attirare i clienti. «Avremmo dovuto bocciare molti in quella classe, non ammetterli nemmeno alla maturità» mi ha confessato un giorno un’amica «ma non abbiamo potuto farlo. Siamo un piccolo istituto tecnico di provincia. Ogni allievo è prezioso per non chiudere e, se chiudiamo, perdiamo tutti il posto».

È questo il fine della scuola statale?

Rendere?

Ma promuovere gli ignoranti e i negligenti, le persone che si preparano per un mestiere per cui non avranno la minima competenza è davvero un rendimento, o è piuttosto un fallimento? Un rimandare la resa dei conti offrendo una colossale presa in giro dei ragazzi e delle loro famiglie? A quale efficienza mira questo sistema? Direi soltanto a quella delle statistiche. Tot iscritti, tot promossi. La scuola funziona!

Se si risvegliasse don Milani, che cosa direbbe della scuola di oggi? I «Gianni» che all’epoca venivano ripetutamente bocciati ora non incorrono più in quell’onta, in quello stigma sociale. Tutti promossi, ma con una promozione che ha l’effetto di un boomerang. Colpisce e torna indietro lasciando a terra il corpo inerte. La parte importante del suo metodo — il lavorare insieme creando un sapere che nasce dalle domande, dunque maieutico — è stata rapidamente archiviata. Travisato e manipolato, è rimasto soltanto il diktat: non bocciare i Gianni! Senza che nessuno abbia mai alzato la mano per dire che in questo sistema le vittime sono proprio loro, i Gianni, costretti a rimanere tali per sempre, mentre gli odiati «Pierini», i ricchi, i privilegiati, continuano imperterriti per la loro strada. Una strada fatta di sezioni migliori, di possibilità di ripetizioni, di scuole private, di soggiorni all’estero, di famiglie capaci di stimolarli, sottraendoli al giogo omogeneizzante imposto dai media.

Forse a questo punto si stupirà di sentirmi parlare con tanto fervore di scuola e di educazione, in fondo non dovrei occuparmi di letteratura? In realtà, prima di scrivere, per una parte importante della mia vita ho pensato che la mia vocazione fosse proprio l’insegnamento. Ho frequentato l’istituto magistrale — quello che ha formato le maestre che hanno alfabetizzato l’Italia — e, negli anni dei miei studi pedagogici, mi sono infiammata per Pestalozzi e Fröbel, per don Milani e Rousseau, per la Montessori e per tutte le teorie che, a quel tempo, aprivano nuovi orizzonti nel campo educativo.

Alla base della mia passione c’erano due forze che si completavano a vicenda: le grandi sofferenze patite sui banchi e la convinzione che occuparsi dell’ottimale sviluppo delle persone fosse il punto cardine di una società che vuole continuare a crescere nella luce della civiltà. Non avevo — e non ho — alcun dubbio sul fatto che abbandonare l’idea della centralità dell’educazione voglia dire spalancare la porta alle barbarie.

Riforma sostegno, Gruppi di Lavoro Operativo per l’inclusione: composizione e compiti

da Orizzontescuola

di redazione

Riforma sostegno: i Gruppi di Lavoro Operativo per l’inclusione.

Decreto

Pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto di revisione del D.lgs. 66/2017, attuativo della legge 107/2015.

Il decreto entrerà in vigore il prossimo 12 settembre. Mancano ancora i decreti attuativi. 

Composizione Gruppi di Lavoro Operativo per l’inclusione

I Gruppi di Lavoro Operativo per l’inclusione dei singoli alunni con disabilità sono costituiti a livello di istituzione scolastica.

I succitati gruppi sono composti dal team dei docenti contitolari o dal consiglio di classe, con la partecipazione di:

  • genitori dell’alunno o chi ne esercita la responsabilità genitoriale;
  • figure professionali specifiche, interne ed esterne alla scuola, che interagiscono con la classe e con l’alunno;

e con il supporto di:

  • unità di valutazione multidisciplinare

All’interno dei Gruppi di Lavoro Operativo per l’inclusione, inoltre, è assicurata la partecipazione attiva degli studenti con  disabilità in età evolutiva, ai fini dell’inclusione scolastica, nel rispetto del principio di autodeterminazione.

Compiti Gruppi di Lavoro Operativo per l’inclusione

I Gruppi di Lavoro Operativo per l’inclusione, tenuto conto del profilo di funzionamento, hanno i seguenti compiti:

  • definizione del PEI;
  • verifica del processo di inclusione;
  • proposta quantificazione ore di sostegno e delle altre misure di sostegno, tenuto conto del profilo di funzionamento.

Ai componenti dei Gruppi non spetta alcun compenso, indennità, gettone di presenza, rimborso spese o qualsiasi altro emolumento.

Decreto inclusione, il testo è in Gazzetta Ufficiale.

Entra in vigore il 12 settembre

Il testo a fronte predisposto dal Dott. Max Bruschi

Inizio anno scolastico, riunioni dipartimenti disciplinari: funzioni, competenze e decisioni

da Orizzontescuola

di Giovanna Onnis

I Dipartimenti disciplinari sono organismi collegiali che possono essere considerati delle articolazioni funzionali del Collegio dei Docenti e sono formati dai docenti che appartengono alla stessa disciplina o area disciplinare.

Organizzazione e articolazione

L’organizzazione e l’articolazione dei Dipartimenti disciplinari cambia a seconda dell’ordine e grado di istruzione e può essere stabilità in piena autonomia dalle singole istituzioni scolastiche, in sintonia con le Indicazioni Nazionali e con le Linee Guida stabilite dal MIUR per i diversi ordini e gradi d’istruzione.

Nella scuola secondaria di II grado  i Dipartimenti sono solitamente organizzati per Assi culturali:

    • Asse dei Linguaggi
    • Asse Storico-sociale
    • Asse Matematico
  • Asse Scientifico-Tecnologico

Il Dipartimento di Matematica si raccorda con il Dipartimento Scientifico-Tecnologico; all’interno del Dipartimento Scientifico -Tecnologico è possibile prevedere riunioni per sotto-dipartimenti.

Nella scuola Secondaria di II grado l’articolazione dei Dipartimenti varia a seconda della tipologia di istituto e a seconda dell’indirizzo. Sono Dipartimenti comuni a tutti gli indirizzi i seguenti:

    • Dipartimento Linguistico o Linguistico-sociale
    • Dipartimento Logico-Matematico
    • Dipartimento Tecnico-Scientifico
    • Ai quali si possono aggiungere:
    • Dipartimento Giuridico-Economico
  • Dipartimento Tecnico-Professionale

In tutte le scuole di ogni ordine e grado si può prevedere, inoltre, la costituzione del Dipartimento per le disabilità, del quale faranno parte integrante tutti gli insegnanti di sostegno dell’istituto scolastico

Funzioni e attività

I docenti, all’interno dei Dipartimenti disciplinari, hanno il compito di prendere decisioni comuni sulla didattica della disciplina o dell’area disciplinare stabilendo anche eventuali collegamenti e attività interdisciplinari.

I Dipartimenti hanno, quindi, l’importante funzione di supporto alla didattica e alla progettazione e hanno il compito di favorire un maggiore raccordo tra i vari ambiti disciplinari e facilitare la realizzazione di una programmazione basata sulla didattica per competenze, con la finalità di attuare la valutazione degli apprendimenti in termini di conoscenze, abilità e competenze.

Essi costituiscono, quindi, un efficace modello organizzativo per favorire un maggiore raccordo tra i vari ambiti disciplinari e per realizzare interventi sistematici in relazione alla didattica per competenze, all’orientamento e alla valutazione degli apprendimenti in termini di conoscenze (sapere) e capacità/abilità (saper fare), secondo le direttive del Trattato di Lisbona (sottoscritto dai capi di governo dei 27 Paesi dell’Unione il 13 dicembre 2007).

In sede di Dipartimento disciplinare, i docenti sono chiamati a:

    • concordare scelte comuni inerenti la programmazione didattico-disciplinare,
    • stabilire gli standard minimi di apprendimento, declinati in termini di conoscenze, abilità e competenze,
    • definire i contenuti imprescindibili delle discipline, coerentemente con le Indicazioni Nazionali
  • individuare le linee comuni dei piani di lavoro individuali.

Sempre in sede di Dipartimento i docenti possono, eventualmente, programmare le attività di formazione e di aggiornamento in servizio, comunicare ai colleghi le iniziative che vengono proposte dagli enti esterni e associazioni e programmare le attività extracurricolari e le varie uscite didattiche funzionali all’area disciplinare interessata.

In molte scuole i Dipartimenti hanno anche il compito di predisporre prove d’ingresso comuni a tutte le classi parallele, con l’obiettivo di pervenire alla valutazione dei pre-requisiti e dei livelli di partenza degli studenti al fine di attivare le strategie più adeguate per l’eventuale recupero delle lacune di base con la finalità di poter impostare in modo costruttivo la programmazione dell’anno in corso.

Ulteriori funzioni dei Dipartimenti sono anche:

    • la progettazione degli interventi di recupero
    • la valutazione delle proposte di adozione dei libri di testo
  • le proposte per acquisto di materiale utile per la didattica.

Riunioni e tempistica

E’ utile ricordare che le riunioni dei Dipartimenti Disciplinari devono rientrare nel Piano annuale delle attività così come deliberato dal Collegio dei Docenti su proposta del Dirigente scolastico

Generalmente, le riunioni di Dipartimento sono convocate almeno in quattro momenti distinti dell’anno scolastico:

  1. prima dell’inizio delle attività didattiche (settembre) per stabilire le linee generali della programmazione annuale alla quale dovranno riferirsi i singoli docenti nella stesura della propria programmazione individuale. In questa prima riunione viene solitamente analizzato quanto segue:
    • confronto sulle competenze in uscita: risultati attesi
    • analisi degli obiettivi da raggiungere, con la predisposizione di eventuali prove di verifica disciplinari comuni in ingresso e prove di verifica di competenza in uscita
    • scelte didattiche e proposte di percorsi disciplinari e pluridisciplinari
  • individuazione metodologie coerenti con le competenze da attivare
  1. all’inizio delle attività didattiche (fine settembre) per :
    • concordare l’organizzazione generale del Dipartimento (funzionamento dei laboratori e/o aule speciali, ruolo degli assistenti tecnici, acquisti vari…)
    • proporre progetti da inserire nel P.T.O.F. da realizzare e/o sostenere
    • discutere circa gli esiti delle prove d’ingresso
    • individuare le tipologie di prove e/o di attività adeguate alla verifica delle singole competenze
  • progettare interventi di recupero e sostegno didattico
    1. al termine del primo quadrimestre (inizio febbraio) per valutare e monitorare l’andamento delle varie attività e apportare eventuali elementi di correzione
    2. prima della scelta dei libri di testo (aprile-maggio) per dare indicazioni sulle proposte di adozione dei libri di testo. In questa quarta riunione si può prevedere inoltre una parziale verifica del lavoro svolto e il monitoraggio sullo sviluppo dei percorsi formativi e la valutazione degli esiti di apprendimento

E’ utile ricordare, infine, che le riunioni di Dipartimento non sono facoltative, infatti ciascun docente ha l’obbligo di partecipare alle riunioni di Dipartimento; in caso di assenza per motivi giustificati deve avvisare il coordinatore e giustificare l’assenza per iscritto al Dirigente scolastico. Le riunioni di Dipartimento rientrano nel computo delle 40 ore annuali comprensive delle convocazioni ordinarie e straordinarie del Collegio dei Docenti

Ata, concorso stop appalti di pulizia: sciopero 11 e 12 settembre

da Orizzontescuola

di Ilenia Culurgioni

La legge di bilancio 2019 ha previsto lo stop agli appalti di pulizia nelle scuole dal 1° gennaio 2020. I lavoratori attendono la pubblicazione del decreto per l’avvio al concorso, per questo è stato proclamato uno sciopero nazionale l’11 e 12 settembre.

Attesa dei lavoratori ex lsu e appalti storici per la pubblicazione del decreto interministeriale, riguardante il concorso teso all’internalizzazione dei servizi di pulizia nelle scuole. La legge di bilancio 2019 ha infatti stabilito che dal 1° gennaio 2020 ci sarà lo stop degli appalti di pulizia: i dipendenti delle ditte esterne verranno stabilizzati in qualità di collaboratori scolastici. Ma che fine ha fatto il decreto con il quale si può avviare la procedura concorsuale?

Dove si era rimasti

Il 1° agosto scorso si è tenuto al Miur l’incontro con le principali organizzazioni sindacali. Durante il tavolo tecnico erano emerse diverse problematiche sulla procedura concorsuale, prima fra tutte la discordanza tra numero di lavoratori e posti accantonati. Su questo e su altri punti critici si sarebbe dovuto discutere nelle ultime settimane, per poi arrivare alla pubblicazione del decreto a settembre, come riferito dall’Onorevole Luigi Gallo (M5S).
Nel frattempo il quadro politico del Paese è però cambiato, si attende di fatto la formazione di un nuovo esecutivo e sul concorso stop appalti di pulizia non si hanno certezze. Il nuovo Governo porterà a termine la stabilizzazione delle lavoratrici e dei lavoratori ex lsu e appalti storici?
Certo è che anche i tempi stringono: tra la pubblicazione del decreto, la presentazione e l’accoglimento delle domande, lo svolgimento del concorso, la valutazione dei candidati e il loro inserimento nelle graduatorie potrebbero infatti servire alcuni mesi.

Requisiti, posti e procedura concorso

I requisiti utili per partecipare al concorso, che dovrebbero essere confermati dal decreto, sono:

  • servizio per almeno 10 anni, anche non continuativi, compreso il 2018 e il 2019, presso le scuole statali, per lo svolgimento di servizi di pulizia e ausiliari;
  • assunzione in qualità di dipendente a tempo indeterminato di imprese titolari di contratti per lo svolgimento dei predetti servizi.
    Restano esclusi dalla procedura selettiva gli ex lsu di Palermo (articolo 1, comma 622, della legge n. 205 del 27 dicembre 2017).
    I posti sui quali verranno stabilizzati i lavoratori delle ditte di pulizia sono quelli accantonati (tabella E delle dotazioni organiche 2019/2022): in totale 11.507. Non dovrebbero invece essere intaccate le graduatorie Ata, proprio perché si tratta di posti accantonati.
    L’assunzione dei lavoratori avverrà dopo concorso per titoli e colloquio, al termine del quale si stilerà una graduatoria a livello provinciale. Si valuteranno i titoli culturali e di servizio. Per l’accesso dovrebbe essere sufficiente la licenza di scuola media. Il colloquio sarà incentrato sul CCNL 2016/2018, in particolare sulle figura del collaboratore scolastico (mansioni, orario, diritti e doveri).

Sciopero nazionale l’11 e 12 settembre

Proprio per chiedere la pubblicazione imminente del decreto interministeriale l’Usb ha indetto uno sciopero nazionale che coinvolga indistintamente tutti gli ex lsu/Ata e appalti storici, nella giornata dell’11 settembre, con manifestazione in Piazza Montecitorio a Roma.
Lo sciopero proseguirà anche durante tutta la giornata del 12 settembre con un presidio dinanzi al Ministero del Lavoro.
I lavoratori chiedono che venga posto l’ultimo tassello per la fine degli appalti di pulizia nelle scuole. Il decreto dovrebbe essere infatti soltanto firmato e pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Fino a quel momento non si daranno pace i migliaia di dipendenti delle ditte di pulizia coinvolti in questo lungo processo di stabilizzazione.

Sciopero nazionale ex lsu e appalti storici

Supplenze docenti religione cattolica: titoli, idoneità e durata contratti

da Orizzontescuola

di Nino Sabella

Supplenze docenti di religione cattolica: titoli necessari all’insegnamento e durata contratti.

Titoli insegnamento religione cattolica

Nella circolare n. 38905/2019, recante indicazioni sulle supplenze per l’a.s. 2019/20, il Miur ricorda che:

dal 1 settembre 2017 è entrato in vigore il sistema di qualificazione professionale stabilito dall’Intesa di cui al D.P.R. 175 del 20 agosto 2012 che prevede, tra l’altro, il possesso di titoli di studio ecclesiastici per poter accedere all’insegnamento della religione cattolica.

Di seguito i titoli di qualificazione professionale previsti dal succitato DPR 175/2012, richiesti a partire dal 2017/18 (nel DPR vi sono indicazioni particolari per chi già insegnava religione).

Scuola secondaria di primo e secondo grado:

a) titolo accademico (baccalaureato, licenza o dottorato) in teologia o nelle altre discipline ecclesiastiche, conferito da una facoltà approvata dalla Santa Sede;

b) attestato di compimento del regolare corso di studi teologici in un seminario maggiore;

c) laurea magistrale in scienze religiose conseguita presso un istituto superiore di scienze religiose approvato dalla Santa Sede.

Scuola dell’infanzia e primaria:

a) uno dei titoli di qualificazione sopra riportati per la secondaria;

b) sacerdoti, diaconi o religiosi in possesso di qualificazione riconosciuta dalla Conferenza episcopale italiana in attuazione del can. 804, par. 1, del Codice di diritto canonico e attestata dall’ordinario diocesano.

Nelle scuole dell’infanzia e primaria, inoltre, l’insegnamento della religione cattolica può essere impartito da insegnanti della sezione o della classe, che siano in possesso di uno specifico master di secondo livello per l’IRC approvato dalla Conferenza episcopale italiana.

Idoneità

Oltre ai succitati titoli, come leggiamo nel punto 4.1 dell’allegato al DPR summenzionato, gli insegnanti devono essere riconosciuti idonei dall’autorità ecclesiastica

Deroga al possesso dei titoli di qualificazione professionale

Nel caso in cui l’Ordinario diocesano non disponga di un numero sufficiente di docenti qualificati per soddisfare il fabbisogno orario nel territorio di sua competenza, è possibile ricorrere a docenti non ancora in possesso dei sopra riportati titoli, a condizione che gli stessi inseriti nei previsti percorsi formativi.

Durata contratti

Qualora si ricorra a docenti non ancora in possesso dei titoli di qualificazione professionale sopra indicati, inseriti comunque nei relativi percorsi formativi:

  • la durata del contratto sarà dal 1° settembre al termine delle lezioni, anche in caso di supplenza su posto vacante e disponibile;
  • nel caso il titolo di studio richiesto venga conseguito entro il 31 dicembre 2019, il contratto potrà essere trasformato in annuale, quindi sino al 31/08.
  • nel caso il titolo di studio richiesto venga conseguito  dopo il 31 dicembre 2019, il contratto rimarrà sino al termine delle lezioni (il titolo acquisito potrà essere fatto valere in termini contrattuali solo a far data dal 1° settembre 2020).

Supplenze, nuove funzioni per le convocazioni da graduatorie di istituto. Istruzioni per le segreterie

da Orizzontescuola

di redazione

Supplenze da graduatorie di istituto 2019/20: miglioramento applicazioni ai fini delle convocazioni.

Nota Miur

Il Miur, con nota n. 2135 del 29/08/2019, ha informato le scuole sui miglioramenti effettuati alle applicazioni informatiche ai fini delle convocazioni dei docenti  dalle graduatorie di istituto.

Nuove funzioni

Il percorso SIDI: Applicazioni -> SIDI-> Reclutamento->Convocazioni

Le nuove funzioni saranno disponibili da oggi 2 settembre.

Queste le novità apportate:

– le funzioni di acquisizione/aggiornamento posizione delle graduatorie d’istituto gestiscono la nuova informazione “domanda validata ai fini dell’assunzione”, visibile in fase di convocazione e coerente con l’ultima graduatoria prodotta. Al fine di consentire il tempestivo aggiornamento delle posizioni, nell’area “convocazioni”, è necessario che la scuola capofila, che emette o riceve un provvedimento di rettifica/conferma dei dati dell’aspirante, provveda con puntualità ad aggiornare le informazioni; inoltre, per garantire la legittimità delle posizioni assunte in graduatoria, in questa fase, occorre registrare tutti i provvedimenti intervenuti a dall’a.s. 2017/2018 per il personale docente e dall’a.s. 2018/2019 per il personale ATA;

– è possibile definire il numero di aspiranti da visualizzare nell’elenco, fino ad un massimo di 75 unità;

– è stato incrementato a 20 il numero di aspiranti a cui è possibile mandare contemporaneamente l’e-mail di convocazione;

– è stato aggiunto il dato dell’indirizzo e-mail nel report excel degli aspiranti convocabili, per i casi in cui la lista viene utilizzata per convocare offline rispetto al processo standard;

– è stata aggiunta una nuova funzionalità per l’individuazione, in caso di graduatorie esaurite, della scuola “viciniore”; la funzionalità utilizza, per la ricerca delle scuole, due criteri da utilizzare in sequenza:

a) nell’ambito dello stesso “zonale” a cui appartiene la scuola oggetto di ricerca;

b) fuori dallo “zonale” suddetto, ma entro l’ambito della provincia; gli zonali sono ordinati secondo quanto già previsto per la mobilità e nell’ambito di ciascuno zonale l’ordinamento è alfabetico per codice scuola.

Convocazioni scuole viciniori

Una nuova funzione effettua la convocazione utilizzando la graduatoria della scuola “vinciniore” individuata, come sopra illustrato.

Ogni operazione effettuata viene tracciata e registrata nei report
dello storico affinché si possa sempre riconoscere chi ha effettuato la convocazione (proprietario della graduatoria o utilizzatore);

I report dello storico delle convocazioni sono stati modificati per:

  • consentire la ricerca anche per insegnamento e data di convocazione;
  • riportare in un prospetto riassuntivo le convocazioni ottenute in risposta dalla selezione effettuata;
  • produrre un elenco degli aspiranti convocati da scuola viciniore.

Ricalcolo posizione

Una nuova funzione, infine, ricalcola la posizione in graduatoria nel caso di una modifica intervenuta sulla funzione di acquisizione/aggiornamento posizione della domanda.

Dopo la rettifica del punteggio attribuito o delle preferenze, o anche a seguito di cancellazione, sarà sufficiente accedere alle funzionalità di convocazione e impostare, nella funzione predisposta per il ricalcolo, il codice fiscale dell’aspirante interessato alla modifica.

La nuova funzione effettua, in relazione ai soggetti coinvolti, le seguenti operazioni:

– per i docenti ricalcolerà online la nuova posizione o effettuerà la cancellazione, in base a quanto riscontrato sulla base informativa;

– per il personale ATA effettuerà una prenotazione e sarà una procedura in differita ad effettuare il ricalcolo nelle successive 24 ore.

L’operazione di ricalcolo viene notificata via e-mail a tutte le scuole interessate e sarà visibile la prima volta che si accede dalla funzione di convocazioni alla graduatoria oggetto di modifica.

L’aggiornamento intervenuto sulle graduatorie sarà disponibile anche dalle funzioni polis di consultazione delle graduatorie.

Per garantire l’esito positivo delle operazioni descritte, le Istituzioni Scolastiche sono invitate ad inserire tempestivamente i provvedimenti di rettifica punteggio e/o cancellazione delle domande.

Il Miur invita gli utenti a prendere visione degli appositi manuali aggiornati.

Bullismo e Cyberbullismo, progetto Generazioni Connesse: iscrizioni dal 2 ottobre 2019

da La Tecnica della Scuola

Giunge alla sua quarta edizione il progetto Generazioni Connesse, un’importante iniziativa del Miur per l’educazione alla sicurezza in rete e la promozione di un uso consapevole di internet e delle nuove tecnologie.

I docenti degli istituti che si iscriveranno all’iniziativa potranno seguire percorsi di formazione e proposte di attività didattiche nell’ambito di un processo guidato di autovalutazione, identificazione di bisogni e dotazione progressiva di strumenti.

Al termine del percorso ogni Istituto potrà dotarsi di una E-policy interna (o aggiornarla nel caso di Istituto già iscritti al Progetto) che preveda:

  1. Misure di prevenzione e di gestione di situazioni problematiche relative all’uso di Internet e delle tecnologie digitali;
  2. Assunzione di misure atte a facilitare e promuovere l’utilizzo delle TIC nella didattica.

La piattaforma supporta i docenti in ogni fase del percorso condiviso, fino alla restituzione della Epolicy, un documento fondamentale per programmare e/o aggiornare attività di educazione digitale, oltre che utile ad individuare azioni di prevenzione ai fenomeni di bullismo e cyberbullismo da prevedere nel PTOF.

Le iscrizioni saranno attive dal 2 ottobre 2019.

PER TUTTE LE INFO: www.generazioniconnesse.it

Supplenze, rinuncia del posto e abbandono del servizio

da La Tecnica della Scuola

Come abbiamo visto, è stata pubblicata la circolare annuale sulle supplenze 2019/2020, che ricalca il regolamento sulle supplenze del 2007, per esattezza il D.M. n. 131 del 13 giugno 2007.

A tal proposito, arrivano in redazione alcuni quesiti in vista delle nomine di supplenze scuola. Ad esempio: “Cosa accade in caso di rinuncia del posto e abbandono del servizio?”

Supplenze conferite dalle GaE

Per quanto riguarda le supplenze conferite dalle Graduatorie ad esaurimento (GaE), possiamo dire subito quali sono le conseguenze a seguito dell’esito negativo alla proposta:

– la rinuncia ad una proposta di assunzione o l’assenza alla convocazione comportano la perdita della possibilità di conseguire supplenze, per l’intero anno scolastico, sulla base delle graduatorie ad esaurimento per il medesimo insegnamento;

– la mancata assunzione di servizio dopo l’accettazione, attuatasi anche mediante la presentazione preventiva di delega, comporta la perdita della possibilità di conseguire supplenze, sia sulla base delle graduatorie ad esaurimento che di quelle di circolo e di istituto, per il medesimo insegnamento;

– l’abbandono del servizio comporta la perdita della possibilità di conseguire supplenze, sia sulla base delle graduatorie ad esaurimento che di quelle di circolo e di istituto, per tutte le graduatorie di insegnamento.

Supplenze dalle Graduatorie di Istituto

Per quanto riguarda le supplenze scuola conferite da graduatorie di istituto, specifichiamo che:

– la rinuncia ad una proposta contrattuale o alla sua proroga o conferma ripetuta per due volte nella medesima scuola comporta, esclusivamente per gli aspiranti totalmente inoccupati al momento dell’offerta di supplenza, la collocazione in coda alla relativa graduatoria di terza fascia;

– la mancata assunzione in servizio dopo l’accettazione comporta la perdita della possibilità di conseguire supplenze per il medesimo insegnamento in tutte le scuole in cui si è inclusi nelle relative graduatorie;

– l’abbandono del servizio comporta la perdita della possibilità di conseguire supplenze, conferite sulla base delle graduatorie di circolo e di istituto, per tutte le graduatorie di insegnamento.

Supplenze brevi fino a 10 giorni Scuola primaria e infanzia

Per le supplenze brevi fino a 10 giorni nella scuola primaria e dell’infanzia:

– la mancata accettazione di una proposta di assunzione formulata secondo le specifiche modalità stabilite con apposito provvedimento ministeriale comporta la cancellazione dell’aspirante, relativamente alla scuola interessata, dall’elenco di coloro che devono essere interpellati con priorità per tali tipologie di supplenze ai sensi dell’articolo 7, comma 7.
Tale sanzione si applica solo agli aspiranti che abbiano esplicitamente richiesto l’attribuzione di tale tipologie di supplenze e che, all’atto dell’interpello, risultino non titolari di altro rapporto di supplenza o non aver già fornito accettazione per altra proposta di assunzione; per gli aspiranti parzialmente occupati aventi titolo al completamento d’orario, la rinuncia non dà luogo ad alcuna sanzione.

– la mancata assunzione in servizio dopo l’accettazione comporta la perdita della possibilità di conseguire supplenze per il medesimo insegnamento in tutte le scuole in cui si è inclusi nelle relative graduatorie

– l’abbandono della supplenza comporta la perdita della possibilità di conseguire supplenze, conferite sulla base delle graduatorie di circolo e di istituto, per tutte le graduatorie di insegnamento.

Inoltre, bisogna sottolineare che il personale che non sia già in servizio per supplenze di durata sino al termine delle lezioni od oltre ha facoltà, nel periodo dell’anno scolastico che va fino al 30 di aprile, di risolvere anticipatamente il proprio rapporto di lavoro per accettarne un altro di durata sino al termine delle lezioni od oltre.

Inoltre, il personale in servizio per supplenza conferita sulla base delle graduatorie di istituto ha comunque facoltà di lasciare tale supplenza per accettarne altra attribuita sulla base delle graduatorie ad esaurimento.

Infine, bisogna ricordare che le sanzioni che si riferiscono al comma 1 non si applicano o vengono revocate nel momento in cui i previsti comportamenti sanzionabili siano “dovuti a giustificati motivi suffragati da obiettiva documentazione da far pervenire alla scuola”.

La circolare sulle supplenze 2019/2020 (CLICCA QUI)


IL REGOLAMENTO DELLE SUPPLENZE (CLICCA QUI)

Ricostruzione di carriera, domande dal 1° settembre al 31 dicembre

da La Tecnica della Scuola

Dopo la conferma in ruolo, si può presentare domanda di ricostruzione di carriera, per poter godere dei maggiori benefici economici che derivano dal nuovo inquadramento economico risultante dalla maggiore anzianità di servizio derivante dal computo di tutti i servizi effettuati negli anni precedenti.

È perciò consigliabile presentare le pratiche per la ricostruzione subito dopo aver superato il periodo di prova.

A tale proposito, si fa presente che, ai sensi dell’art. 1, comma 209, della legge 107/2015 “le domande per il riconoscimento dei servizi agli effetti della carriera del personale scolastico sono presentate al dirigente scolastico nel periodo compreso tra il 1° settembre e il 31 dicembre di ciascun anno, ferma restando la disciplina vigente per l’esercizio del diritto al riconoscimento dei servizi agli effetti della carriera. Entro il successivo 28 febbraio, ai fini di una corretta programmazione della spesa, il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca comunica al Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato le risultanze dei dati relativi alle istanze per il riconoscimento dei servizi agli effetti della carriera del personale scolastico”.

A decorrere dall’anno scolastico 2017/2018 sono state realizzate nuove funzioni per la presentazione tramite il Portale delle Istanze on Line (Polis) della domanda di ricostruzione carriera e la presentazione dell’elenco dei servizi utili.

La funzione “Richiesta di Ricostruzione Carriera” consente così al personale docente, agli insegnanti di religione cattolica, al personale educativo e ATA, di inoltrare la domanda di ricostruzione di carriera alla propria istituzione scolastica di titolarità o sede di incarico triennale.

Inoltre, con un’altra apposita funzione (“Dichiarazione Servizi”), il personale potrà inviare alla scuola di titolarità o sede di incarico triennale l’elenco dei servizi utili ai fini della ricostruzione, validando quelli già inseriti a sistema o inserendo quelli che eventualmente non vi risultano, quelli svolti presso istituzioni scolastiche non statali o presso altre Amministrazioni.

La scuola alla quale viene indirizzato l’elenco dei servizi provvederà, entro il 28 febbraio dell’anno successivo, alla verifica dei medesimi presso le altre istituzioni scolastiche o presso le Amministrazioni citate, avvalendosi anch’essa delle funzioni appositamente attivate a SIDI ed emetterà il relativo decreto di ricostruzione, se si tratta della scuola di titolarità o di incarico triennale del docente.

Concorso DS: la sentenza definitiva slitta dal 17 ottobre al 12 marzo 2020

da Tuttoscuola

Slitta la sentenza del Consiglio di Stato: il merito, che avrebbe dovuto essere discusso il prossimo 17 ottobre, sarà invece discusso il 12 marzo 2020.Ad essere stati informati dai loro legali sono stati i ricorrenti che, chiaramente, sperano ora in una sentenza a loro favorevole. Di seguito ricordiamo i motivi della sospensiva dello scorso luglio.

Dall’ordinanza n. 5765 con cui la Sesta Sezione del Consiglio di Stato ha accolto la richiesta di sospensiva della sentenza del TAR Lazio di annullamento della prova scritta del concorso DS si rilevano le motivazioni di accoglimento: “sulla base di un bilanciamento di tutti gli interessi in conflitto ed alla luce di una valutazione comparativa degli effetti scaturenti dall’esecuzione dell’appellata sentenza nelle more del giudizio di merito, con particolare riguardo all’incidenza sull’assetto organizzativo dell’amministrazione della scuola in prossimità dell’inizio del nuovo anno scolastico, deve ritenersi preminente l’interesse pubblico alla tempestiva conclusione della procedura concorsuale, anche tenuto conto della tempistica prevista per la procedura di immissione in ruolo dei candidati vincitori e per l’affidamento degli incarichi di dirigenza scolastica con decorrenza dal 1° settembre 2019″.

I giudici non sono entrati nel merito della sentenza del TAR: “a prescindere dal merito delle questioni devolute in appello e da ogni valutazione sull’effettiva portata invalidante dei vizi dedotti (segnatamente dei vizi riscontrati dal primo giudice)”.