Il Ministro vuole abolire il bonus merito

Fioramonti vuole abolire il bonus merito. USB Scuola: sarebbe anche ora!

Il ministro dell’istruzione Fioramonti ha dichiarato in un’intervista a radio Capital che il bonus merito andrebbe abolito, perché avrebbe addirittura l’effetto opposto rispetto a quello auspicato. Non servirebbe, secondo il nuovo responsabile di Viale Trastevere, incentivare quello che è già parte del dovere di ogni singolo docente, per ottenere dalla classe docente l’impegno dovuto.

Noi non possiamo che ribadire la correttezza delle nostre posizioni, mantenute ferme sin dall’introduzione della “Buona Scuola” nel 2015. Lanciammo allora una campagna intitolata “A tutti o non lo vogliamo” e da allora abbiamo sempre rifiutato il bonus premiale.

Lo abbiamo fatto perché non crediamo nella logica del merito e vale solo la pena sottolineare come sia ben difficile definire il merito in un contesto così complesso come quello dell’insegnamento/apprendimento. Quando è meritevole un insegnante? Se tutti i suoi allievi diventano persone di successo? Se hanno buoni risultati negli studi successivi? Se hanno una vita felice? E tutto questo accade grazie alla scuola? Grazie a quali docenti? O nonostante quali di essi? Se il docente in questione è disponibile a fare ore e ore di lavoro aggiuntivo, di tipo organizzativo e burocratico? Bastano queste poche domande retoriche per capire che stiamo parlando di qualcosa che non è misurabile con facilità, o forse non lo è per nulla, e tanto meno lo è da parte di un dirigente che non ha gli strumenti né la distanza necessaria per valutare il merito dei docenti con cui convive sotto lo stesso tetto per quasi tutto l’anno. D’altronde, come abbiamo sempre sostenuto, la scuola non è un’azienda: ha logiche completamente diverse.

La realtà è che il primo modo per motivare la classe docente è retribuirla in modo dignitoso e riconoscerle il fondamentale ruolo sociale di essere strumento di costruzione del futuro di un paese, di cui forma le nuove generazioni, consentendole di lavorare in contesti sicuri, attrezzati e accoglienti, con classi non troppo numerose e condizioni di lavoro stabili.

Non abbiamo mai creduto che la contrattazione del bonus, che i sindacati concertativi hanno sbandierato come una vittoria, possa e rappresentare una soluzione. Prima di tutto vengono contrattati solo i criteri di assegnazione, contrattazione che si scontra spesso con la necessità che i Dirigenti Scolastici hanno di “premiare” i loro collaboratori oberati di lavoro (quasi tutti i dirigenti hanno reggenze e sono dunque meno presenti di quello che dovrebbero su istituti sovradimensionati, spesso su più sedi o plessi, con numeri di alunni che ormai superano facilmente le 1000 unità). Tale contrattazione può, se le RSU non sono più che vigili e consapevoli, degenerare in un mercanteggiare in cui ciascuno porta a casa qualcosa per sé o per il gruppo di docenti cui è maggiormente legato, secondo una logica clientelare intollerabile. Infine, negli istituti dove i Dirigenti hanno imposto la loro visione, spesso il bonus ha creato inaccettabili distanze tra la retribuzione base e quella di chi si rende disponibile alle richieste della dirigenza, più o meno sensate che siano, più o meno essenziali per la scuola.

Saremo dunque ben contenti se il ministro Fioramonti abolirà il bonus merito, che abbiamo sempre rifiutato e continueremo a rifiutare, tanto più che anno dopo anno, taglio dopo taglio, i fondi per il merito si sono ridotti sempre più e oggi rappresentano davvero una presa in giro per il corpo docente. Benissimo se verranno redistribuiti sugli stipendi di tutti i docenti, nella consapevolezza che, data la loro scarsa consistenza, essi non possono bastare per un aumento degno di questo nome.

USB Scuola conferma il suo rifiuto del bonus merito e la richiesta di aumenti credibili e dignitosi, per il rinnovo di un contratto scaduto da quasi due anni, un aumento di almeno di 300 € mensili per tutti i lavoratori della scuola, per recuperare quanto perduto nei dieci anni di blocco contrattuale e neanche minimamente recuperato con lo scorso scellerato rinnovo.

Primo incontro dei sindacati con il Ministro

Primo incontro dei sindacati con il Ministro Fioramonti

Nell’incontro di martedì pomeriggio 17 settembre 2019 con il Ministro dell’Istruzione Università e Ricerca, Lorenzo Fioramonti, la FLC CGIL, con la sua delegazione guidata dal segretario generale Francesco Sinopoli, ha avuto modo di presentare al nuovo ministro le urgenze e le priorità che vanno da subito affrontate per garantire la qualità del servizio di istruzione, coniugato alla tutela e valorizzazione del personale. Consegnati anche due dossier preceduti da una premessa:

  • Una scuola di tutti e di ciascuno
  • Un decreto legge urgente per uscire dall’emergenza precariato

Il Ministro Fioramonti ha esordito ricordando che la scuola, con tutte le sue componenti, svolge la missione costituzionale più importante, quella di garantire a tutti un’istruzione e gli strumenti del sapere civile. Per questo intende dare al suo mandato un’impronta di discontinuità rispetto al passato, recente e più remoto: la scuola è fra le priorità strategiche del Paese, pertanto merita investimenti adeguati. Bisogna pensare ad una strategia a lunghissimo termine che dia però degli effetti concreti immediati. Per innovare e per fare una didattica innovativa, oggi la scuola non ha a disposizione risorse sufficienti. Nel suo mandato il ministro ha intenzione di ridare importanza al lavoro collegiale ed alla didattica cooperativa, ma intende anche rilanciare la figura degli insegnanti che oggi come oggi sono degli eroi civili. Inoltre ha sottolineato che della dimensione cooperativa fa parte anche il personale ATA, che svolge un servizio essenziale all’interno della comunità scolastica. Per questo è necessario risolvere al più presto questioni concrete perché la scuola ed i docenti possano svolgere al meglio la loro missione istituzionale. Il ministro ha richiesto 2 miliardi di investimento sulla scuola ed 1 miliardo per l’università, coinvolgendo in questa operazione anche il Capo dello Stato.

Un percorso (possibile) su Cittadinanza e Costituzione

Un percorso (possibile) su Cittadinanza e Costituzione

di Pier Gavino Sechi

Non s’insegna affatto agli uomini ad essere onest’uomini,
si insegna loro  tutto il resto. (B. Pascal)

Premessa.

A conclusione del primo quinquennio del Liceo Sportivo, che ha coinciso, come noto, con l’introduzione della riforma dell’esame di Stato e con un ruolo di rilievo assegnato alle tematiche di Cittadinanza e Costituzione e a pochi giorni dall’ inizio del nuovo anno scolastico, si può fare una prima serie di osservazioni, se non proprio un bilancio, su come gli allievi si sono preparati per  questa novità, ed in particolare per quella del colloquio in cui bisogna dimostrare il possesso delle competenze di Cittadinanza.

Il presente contributo cercherà, a tal fine, di dare conto del taglio dato, in una classe quinta del liceo scientifico sportivo presso il Convitto Nazionale Vittorio Emanuele II di Cagliari, ai diversi contenuti richiamati dalla formula Cittadinanza e Costituzione, secondo il punto di vista dell’insegnante di diritto, data quantomeno l’assonanza tra quella formula e i contenuti curriculari della propria materia di insegnamento.

Così, pur nella pluralità di percorsi possibili, dando risalto al termine Cittadinanza presente nella formula, si è deciso di assumere come fulcro le cosiddette life-skills.

Si è partiti dalla seguente loro formulazione risalente al 2006, per il vantaggio che offre, rispetto a quella della Raccomandazione UE del 2018, di mettere in correlazione le competenze con le discipline didattiche, fotografando più nitidamente, ad avviso di chi scrive, la situazione attuale dei programmi di insegnamento:

  1. Comunicazione nella madrelingua.
  2. Comunicazione nelle lingue straniere.
  3. Competenza matematica e competenze di base in scienza e tecnologia.
  4. Competenza digitale.
  5. Imparare ad imparare.
  6. Competenze sociali e civiche.
  7. Spirito di iniziativa e imprenditorialità
  8. Consapevolezza ed espressione culturale.

Poiché alcune competenze coincidono con gli obiettivi specifici di talune materie ma altre ne prescindono, come l’imparare ad imparare che abbiamo inteso collegato al problem solving, per cui la sua trattazione richiede quella santa alleanza tra ambiti disciplinari auspicata da Edgar Morin nella sua opera La testa ben fatta, 2000, abbiamo scelto di metterlo alla base del nostro lavoro, in vista, appunto, del nuovo esame di stato.

I contenuti trattati nel corso dell’anno scolastico vengono di seguito esposti come un unico filo logico che attraversa le singole discipline nell’intento di tracciare un percorso che possa unificarle al fine di dotare gli alunni dell’ormai classica valigetta degli attrezzi con cui affrontare da cittadini consapevoli i problemi del domani.

FILOSOFIA

L’uomo deve apprendere (costantemente?) che bisogna comportarsi con rettitudine, a causa della sua debolezza originaria rispetto alle altre specie viventi, accresciuta in seguito dall’eliocentrismo, dal darwinismo, dalle teorie di Freud (per cui l’uomo non può nemmeno più dirsi padrone…in casa propria) e da ultimo dall’”artificialità” della sostituzione dei risultati della tecnica alla natura.

Di fronte a tutto ciò, per progettare l’agire, può essere utile individuare tre livelli di azione frutto del pensiero medievale: quello personale, quello sociale e quello planetario.

BIOLOGIA

A tale condizione di debolezza la specie umana ha reagito producendo quello che Rita Levi Montalcini ha chiamato “errore evolutivo”, dato dal formarsi nell’uomo di un cervello più giovane innestato in quello più antico, sede degli impulsi rettiliani. Si tratta di “due cervelli” non ancora ben coordinati fra loro, con effetti legati alla lotta tra razionalità e irrazionalità. Le acquisizioni delle neuroscienze sulla conformazione del cervello della millennial generation sono utili, in particolare, per capire l’adeguatezza e la necessità di cambiamento delle condizioni in cui avviene il dialogo educativo a scuola

DIRITTO

Poiché altra forma di reazione alla debolezza è stata l’istituzionalizzazione dei rapporti sociali, si è elaborato un regolamento all’interno del gruppo classe, volto a disciplinare i comportamenti di ciascuno in vista del perseguimento di un obiettivo che, secondo l’approccio win-win, giovi simultaneamente al singolo e al gruppo come il benessere e il coinvolgimento di tutti. Ciò permette di trattare attivamente il tema delle regole dell’interpretazione, con cenni all’ermeneutica e alle fallacie logiche.

MATEMATICA

La costruzione della società è vista come l’applicazione della teoria dei giochi con riferimento alla categoria dei “giochi” a somma diversa da zero in contrapposizione di quella dei giochi a somma zero (win-lose).

ITALIANO

Il gioco in cui, pur senza rendercene conto siamo costantemente impegnati è quello della comunicazione umana. Si tratta, a ben vedere, di un gioco la cui competenza si da per scontata tanto che poche sono le occasioni per un insegnamento-apprendimento effettivo anche solo a partire dai suoi assiomi e dai suoi effetti pragmatici, in quanto la comunicazione è innanzitutto comportamento, secondo gli insegnamenti tratti dal filone di opere della cosiddetta scuola di Palo Alto (fondata in USA nel 1959)  guidata da Gregory Bateson. Ciò che si pratica invece è una pura “trasmissione” di informazioni e, a scuola, di saperi, secondo l’approccio depositario secondo cui il maestro avrebbe il compito di riempire i vasi, di diversa capacità, costituiti dai propri allievi. Interessante in tal senso il testo di Daniele Novara  L’ascolto si impara. Domande legittime per una pedagogia dell’ascolto, 1997.

DIRITTO

Un collegamento tra la competenza del comunicare a livello personale e  quella da impiegare in chiave sociale, è costituita dai temi della presa delle decisioni, dei rapporti tra maggioranza (nelle sue diverse forme: semplice, assoluta e qualificata) e minoranza con un ritorno, opportuno, al piano individuale grazie alla trattazione sia della concezione non monolitica del potere di G. Sharp, e dell’assertività (alla base della cittadinanza attiva) intesa come il possesso di competenze connesse al saper chiedere, al saper opporre un rifiuto, al saper formulare e  ricevere una critica. Tutte sottocompetenze su cui è possibile effettuare in sede laboratoriale un’osservazione, stabilire un percorso di miglioramento e osservarne gli esiti in un arco temporale dato. Tale tema lo abbiamo visto legato a quelli del carisma e della reputazione considerate fondamentali sul piano economico. Il saper chiedere può essere inteso come saper esercitare i propri diritti e dunque saper soddisfare le proprie legittime aspettative. Così come il saper dire di no può essere inteso come sapersi opporre a richieste illegittime sino alle diverse forme di resistenza. Dal canto loro, infine, il saper fare le critiche vuol dire anche saper manifestare la propria opinione, esercitare il potere di critica, e il saper ricevere le critiche può senz’altro corrispondere al saper cogliere i feedback nella lettura dei contesti sociali e presupposto per il problem posing e il problem solving a livello sociale.

A partire dai giochi a somma diversa da zero, l’assertivo viene identificato come chi, pur partendo da una posizione di accerchiamento da parte di altre “posizioni esistenziali” (il prevaricatore e il remissivo, in primis, ma anche il distruttivo, nella misura in cui non rappresenta una fonte di risorse su cui poter contare) è in grado di stabilire una strategia cooperativa grazie all’esercizio del “dilemma del prigioniero” per come descritto nel testo Enrico Euli, Antonello Soriga, Pier Gavino Sechi e Stefano Puddu Crespellani, Percorsi di formazione alla nonviolenza, 1992.

MATEMATICA

A tale “gioco”, Robert Axelrod ha dedicato il fondamentale testo Giochi di reciprocità, 1984, che indica come strategia vincente quella Tit for Tat, “colpo su colpo”, che ha il pregio di basare la sua efficacia non tanto su considerazioni morali, quanto su “conti alla mano”.

FILOSOFIA

Ciò permette di ridefinire in chiave positiva l’egoismo secondo le indicazioni del testo di Vittorio Hösle, Filosofia della crisi ecologica, 1997. La suddetta strategia colpo su colpo viene praticata nel contesto di una serie di presupposti morali, che, come per il detto “occhio per occhio…”, cercano di garantire la proporzione della reazione rispetto al torto subito. Essi sono fondamentalmente tre: 1)-cooperare sempre fino a che non si subisce l’azione opportunistica; 2)-reagire ma entro la stessa misura nei confronti dell’opportunista (qualcosa di non dissimile dal concetto di difesa legittima); 3)-riprendere a cooperare con l’opportunista sino a che eventualmente non se ne subisca nuovamente la prevaricazione: l’obbligo morale insito in ciò consiste nel divieto della cosiddetta vendetta irreversibile e smisurata (cosiddetta defezione ad oltranza). Ci si può (deve) difendere, dunque, senza cessare di essere cooperativi, poichè la “cooperazione ad oltranza”, per quanto significativa a livello di morale individuale, lascia campo libero alle strategie distruttive. In altri termini l’imperativo categorico non è solo quello di essere cooperativi, ma anche quello di fare in modo che la relativa strategia sappia conservarsi e (persino) diffondersi.

BIOLOGIA

Rispetto a questo secondo obiettivo, però, viene in evidenza la problematicità del rapporto tra livello sociale (quello mediano accennato all’inizio) e livello planetario, nella misura in cui dallo stesso dilemma del prigioniero ricaviamo la necessità che, perché si affermi la cooperazione, è necessaria la presenza in misura sufficiente del fattore tempo. Elemento questo invece assai ridotto, per stare alle attuali condizioni del nostro pianeta. Da questo punto di vista un approfondimento sulla necessità di superare gli attuali  modelli di produzione e consumo non può trascurare le opere di un autore come Jeremy Rifkin.

ECONOMIA

Tale consapevolezza sostiene un diverso approccio rispetto alla realtà, poiché spinge a focalizzare un aspetto della Cittadinanza che è rappresentato dalla propria versione attiva, al fine di riprogettare l’uso delle risorse proprie e del contesto secondo la metafora della macchina del tempo o dell’astronave usata dagli scienziati per richiamare l’attenzione sulla finitezza delle risorse e sul decadimento delle condizioni di vita (entropia secondo gli insegnamenti di Georgescu-Roegen)

ARTE ED ESPRESSIONE CULTURALE

A partire dalle immagini ambivalenti sino ad esercizi proposti dalla Gestalt per poi proseguire anche con semplici esercizi di logica è possibile operare un collegamento col problem solving e col pensiero laterale con un cenno all’importante fenomeno della serendipità dato il suo ruolo anche in campo scientifico.

Il problem solving viene assunto come l’elemento fondante dell’approccio critico in grado di cogliere l’ambivalenza sempre presente negli accadimenti i quali devono essere sempre spiegati col ricorso non solo alla logica lineare ma pure, secondo l’indicazione della legge economica della parsimonia, alla logica circolare specie per spiegare il comportamento umano e gli effetti della comunicazione (cosiddetta, come detto, pragmatica).

FILOSOFIA

Tenere tale tipo di approccio implica resilienza secondo i suggerimenti forniti dal testo di Martin Seligman, Imparare l’ottimismo, 2010, che propone la saldatura con il filone che va dalla maieutica di Socrate, sino, attraverso i contributi di Carl Rogers, alle proposte della maieutica reciproca di Danilo Dolci. Ad esse si connettono personali contributi utili per mantenere “in esercizio” il senso critico, educando gli alunni   a ricercare le cause di ciò che loro accade in fattori sui quali possano esercitare una effettiva influenza (dal mondo sportivo si possono prendere le metafore del coaching e dello sparring partner…).

STORIA E LETTERATURA

Una scelta in tal senso può permettere il collegamento ad una materia, come la storia, dalla quale mutuare esempi di soluzioni a problemi e difficoltà per analizzare le ragioni dei successi o delle sconfitte di personaggi storici. Non molto diversamente dalla letteratura in cui i personaggi delle opere possono prestarsi ad essere analizzati dal punto di vista delle soluzioni e delle strategie che adoperano per affrontare le proprie difficoltà esistenziali. A proposito invece delle strategie per i cambiamenti “messianici” vale la pena fare un riferimento ai testi di Serge Latouche e di Cornelius Castoriadis quest’ultimo assai critico nei riguardi dei grandi ma terribili tentativi storici di operare trasformazioni secondo paradigmi meccanicistici e rigidi, rei, aggiungiamo noi, come tipicamente tentato dai dittatori, di applicare forzosamente ai contesti sociali analisi e regole tipiche dei contesti personali. Ritorna così il riferimento a Vittorio Hösle sull’uso, ma in questo caso distorto, dell’egoismo. Per quanto concerne la storia il suggerimento iniziale potrebbe essere quello di trarre spunto dall’opera di Ervin Laszlo, Evoluzione, 1986 per un approccio al fenomeno storico che incrocia i parametri sia della sostenibilità ambientale che delle forme di energia che hanno alimentato e determinato il succedersi delle diverse civiltà.

In chiusura va sottolineato come sia indispensabile perché quello appena descritto o gli innumerevoli altri percorsi possibili siano efficaci, che i docenti del consiglio di classe condividano a loro volta uno spirito cooperativo, sappiano operare in team e sappiano prendere decisioni appropriate man mano che si sviluppa il percorso. In una parola siano a loro volta “esperti” nell’uso delle competenze che si ratta di mostrare agli alunni. Perché, a ben vedere, non c’è nulla di davvero decisivo per “sabotare” un percorso sulla carta pure estremamente interessante che questo: pretendere che i nostri allievi pensino, operino e maturino ciò che noi stessi per primi non conosciamo. Ma ciò richiederebbe una riflessione sui temi dell’aggiornamento in servizio  sia sulle competenze organizzative (che non sono altro che competenze di cittadinanza di cui dotare, stavolta i docenti), indispensabili nella conduzione delle fasi di lavoro in cui condividere decisioni programmatiche, sia su quelle didattiche, con una conoscenza, almeno per grandi linee, delle principali teorie che in campo psicologico e didattico non devono mancare nella valigia di un insegnante che si concepisce come professionista autoriflessivo, secondo le indicazioni di Donald Schön. Perché in fondo, il docente, agli occhi degli alunni,  non è altro che un modello di scelta, tra quelle anche per loro   possibili.

Di qui il fascino e al contempo la (dolce) responsabilità che rende unico il nostro lavoro.

Pasto da casa a scuola, il Tar Lazio rimette in discussione il no della Cassazione

da Il Sole 24 Ore

di Amedeo Di Filippo

Sembrava che con la sentenza 20504 del 30 luglio scorso le sezioni unite della Corte di cassazione avessero messo fine alla contesa circa la possibilità di riconoscere il diritto degli studenti di portare il pasto da casa, vista anche l’autorevolezza della fonte. Ma così non è: con l’ordinanza 6011 del 13 settembre il Tar Lazio ha concesso la sospensiva sul divieto posto da un istituto scolastico a consumare il proprio pasto, forte della contraria posizione assunta l’anno scorso dal Consiglio di Stato.

La cronaca
La vicenda ha origine in un ricorso proposto da alcuni genitori affinché venisse accertato il loro diritto di scegliere tra la refezione scolastica e il pasto domestico, consentendo ai minori la possibilità di consumare il secondo all’interno dei locali adibiti a mensa della scuola nell’orario destinato alla refezione. Ricorso rigettato dal Tribunale di Torino ma accolto in appello, sulla base della constatazione che anche il “tempo mensa” è diventato un diritto soggettivo perfetto perché è compenetrato al diritto all’istruzione, talché la consumazione del pasto alternativo deve avvenire a scuola, anche se al di fuori della refezione scolastica.
Agli orientamenti del giudice ordinario si è conformato il Miur con la nota 348 del 3 marzo 2017; così anche il Tar Campania con la sentenza 1566 del 13 marzo 2018, secondo cui nei locali in cui si svolge il servizio di refezione scolastica non è consentito consumare cibi diversi da quelli forniti dalla ditta appaltatrice e il consumo di pasti confezionati a domicilio potrebbe rappresentare un comportamento non corretto dal punto di vista nutrizionale, oltre che una possibile fonte di rischio igienico-sanitario. Posizione ribaltata dal Consiglio di Stato con la sentenza 5156 del 3 settembre 2018 che ha messo in evidenza l’incompetenza assoluta del comune nell’imporre prescrizioni ai dirigenti scolastici limitando la loro autonomia con vincoli in ordine all’uso della struttura scolastica e alla gestione del servizio mensa.

La Cassazione
La vicenda è stata esaminata dalla prima sezione civile della Suprema Corte che, con l’ordinanza 6972 dell’11 marzo 2019, ha rimesso alle sezioni unite la questione di massima se sia configurabile un diritto soggettivo perfetto dei genitori degli alunni di scegliere per i propri figli tra la refezione scolastica e il pasto portato da casa o confezionato autonomamente e di consumarlo nei locali della scuola e comunque nell’orario destinato alla refezione scolastica. Con la sentenza 20504 le sezioni unite hanno negato l’esistenza di un diritto soggettivo perfetto, perché le istituzioni scolastiche sono del tutto libere di decidere se istituire o meno il servizio; perché sistemare gli alunni al di fuori del refettorio mina lo stesso obiettivo di fondo della refezione scolastica che è quello della socializzazione e della condivisione; perché l’obbligo per la scuola di garantire la presenza degli alunni nel refettorio col pasto portato da casa a fianco degli altri con pasto fornito dal servizio mensa comporta una impropria ingerenza dei privati nella gestione di un servizio del tutto volontario.

Il Tar Lazio
Con l’ordinanza 6011 del 13 settembre il Tar Lazio si è espresso sulla medesima questione, ossia sul riconoscimento del diritto soggettivo perfetto di una minore ad essere ammessa a consumare i propri pranzi di preparazione domestica nel refettorio scolastico, unitamente e contemporaneamente ai compagni di classe, sotto la vigilanza e con l’assistenza educativa dei propri docenti, per condividere i contenuti educativi connessi al tempo mensa.
I ricorrenti hanno chiesto la condanna dell’istituto scolastico ad adottare tutte le misure e gli accorgimenti atti a disciplinare la coesistenza nel medesimo refettorio di pasti di preparazione domestica e di pasti forniti dalla ditta comunale di ristorazione collettiva. I giudici sono stati anche chiamati in causa per l’eventuale risarcimento dei danni nei confronti della famiglia, che nel frattempo ha proposto la domanda di sospensione dell’esecuzione del provvedimento.
I giudici capitolini accolgono la domanda e sospendono i provvedimenti di mancata ammissione, mettendo in evidenza che il ricorso è “assistito da elementi di fumus boni iuris avuto riguardo al precedente giurisprudenziale (Consiglio di Stato 5156/2018) che ha riconosciuto il diritto degli alunni di consumare presso il locale refettorio della scuola il cibo portato da casa nelle scuole nelle quali è istituto il servizio di refezione scolastica”. Di certo la posizione del Tar Lazio non è definitiva, avendo rinviato la trattazione di merito del ricorso al prossimo 19 novembre, ma dando per buona la posizione espressa dal giudice amministrativo e ignorando quella espressa dalla Cassazione prefigura chiaramente la propria scelta interpretativa, creando così un serio conflitto che a questo punto potrà essere composto solo dal legislatore.

In arrivo detrazione da 250 euro per le famiglie che utilizzano scuolabus «green»

da Il Sole 24 Ore

di Eugenio Bruno

Il green new deal annunciato dal governo giallorosso interesserà anche le scuole. In arrivo nel decreto sul clima annunciato per il prossimo Consiglio dei ministri un fondo da 10 milioni per gli istituti che si doteranno di servizi di scuolabus con un basso livello di emissioni e una detrazione fino a 250 euro per le famiglie che ne usufruiranno.

Il fondo del ministero dell’Ambiente
«Al fine di promuovere il trasporto scolastico per gli studenti della scuola dell’obbligo e limitare le emissioni inquinanti in atmosfera – si legge all’articolo 2, comma 1, della bozza di decreto legge – presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare è istituito un fondo in favore del servizio di scuola bus a ridotte emissioni» dalla dotazione di 10 milioni di euro. Risorse che trovano copertura – precisa la relazione tecnica – «nella quota destinata al medesimo Ministero relativa ai proventi delle aste per i diritti di emissioni inquinanti in atmosfera, ai sensi dell’articolo 19, comma 6, del decreto legislativo 13 marzo 2013, n. 30». A poterne beneficiare saranno le scuole dell’infanzia, primarie e secondarie di primo grado, comunali e statali ricadenti in «una delle Città metropolitane nelle zone interessate dalle procedure di infrazione comunitaria n. 2014/2147 del 10 luglio 2014 e n. 2015/2043 del 28 maggio 2015 per la non ottemperanza dell’Italia agli obblighi previsti dalla Direttiva 2008/50/CE sulla qualità dell’aria».

Detrazione fino a 250 euro
Ma le novità non finiscono qua. L’articolo 2, comma 4, dello stesso provvedimento punta a introdurre una detrazione fiscale al 19% per le spese sostenute per il servizio di scuola bus a ridotte emissioni per la frequenza di scuole dell’infanzia del primo ciclo di istruzione e della scuola secondaria di primo grado del sistema nazionale di istruzione. Fissando a 250 euro il tetto massimo per la detrazione.

Resta il nodo della spesa dei comuni
Sempre a proposito di scuolabus resta ancora insoluta la questione cofinanziamento no/cofinanziamento sì da parte dei Comuni dopo le pronunce contrastanti della Corte dei conti intervenute nei mesi scorsi . Un nuovo appello a sciogliere il nodo prima della prossima legge di bilancio è stato ieri il presidente dell’Unione comunità montane (Uncem), Marco Bussone: «Uncem ha ripetuto ai Comuni di andare avanti, di sfidare la norma e anche le sentenze contrastanti e difficilmente conciliabili delle Corte dei Conti regionali italiane. Adesso però – ha sottolineato – siano Governo e Parlamento a intervenire con una legge chiara. Lo scuolabus deve poter essere (co)finanziato. È indispensabile per i Comuni piccoli. È fondamentale per gli studenti delle scuole nelle aree interne e montane. Dunque gli enti territoriali possano organizzarlo e finanziarlo come vogliono, anche regalarlo alle famiglie. Lo vogliamo leggere – ha concluso – in una legge chiara, prima possibile».

Oxfam: i bambini poveri 7 volte in meno probabilità finire la scuola

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

Nel mondo in media i bambini nati in famiglie povere hanno 7 volte meno probabilità di terminare la scuola rispetto ai loro coetanei nati in famiglie ricche o benestanti. È l’allarme lanciato da Oxfam attraverso un nuovo rapporto pubblicato ieri. L’Italia è il fanalino di coda in Europa per investimenti in istruzione pubblica.

L’abbandono scolastico è al 14,5% nel 2018, tra i più alti nel Vecchio Continente. L’organizzazione lancia un appello al nuovo Governo per una netta inversione di marcia. Il dossier mette in luce un quadro preoccupante in tema di disparità nell’accesso alle opportunità formative. Una disuguaglianza che non risparmia neppure chi ha avuto la fortuna di nascere nei paesi più ricchi, dove solo il 75% dei ragazzi nati in famiglie con reddito basso termina le superiori contro il 90% dei figli delle famiglie più ricche. Una situazione che in tutti i paesi – e in particolare in quelli in via di sviluppo – è strettamente correlata a investimenti inadeguati nell’istruzione pubblica e gratuita. Basti citare il caso del
Pakistan – uno dei paesi più disuguali al mondo e con livelli bassissimi in spesa pubblica per l’istruzione – dove oltre 24 milioni di bambini non vanno a scuola.

«I governi mettono a repentaglio il futuro dei bambini di tutto il mondo non investendo in un’istruzione pubblica di qualità gratuita. Ogni bambino dovrebbe avere le stesse possibilità di realizzare il proprio potenziale, non solo chi ha genitori che possono permettersi di pagare – ha detto Areta Sobieraj, responsabile dell’ufficio educazione di Oxfam Italia,- Tantissimi ragazzi e ragazze partono svantaggiati nei paesi poveri perché devono fare i conti con la malnutrizione cronica, che pregiudica il loro sviluppo e la loro capacità di studiare, mentre la spesa pubblica per l’istruzione si concentra nelle aree ricche a discapito di quelle povere, dove le scuole sono sovraffollate, prive di insegnanti qualificati, libri scolastici
e anche semplicemente di servizi igienici. L’investimento in istruzione pubblica di qualità ha dimostrato invece di essere la leva più efficace per ridurre le disuguaglianze e costruire società più eque che sfruttano al massimo i talenti e il potenziale di tutti i bambini».

Anche in Italia il tasso di dispersione scolastica ha ripreso a crescere dopo anni di riduzione e evidenzia livelli più alti nelle regioni più povere del Mezzogiorno. Secondo gli ultimi dati Eurostat l’abbandono precoce degli studi in Italia è aumentato nell’anno scolastico 2017/2018, con il 14,5% dei ragazzi tra 15 e i 24 anni in possesso della sola licenza media. Un dato in crescita dello 0,7% su media nazionale rispetto all’anno precedente, con una forbice che va da un tasso di dispersione dell’11,7% nel nord-ovest al 18,5% nel Sud del Paese, e che ci porta a essere il quarto paese per abbandoni precoci in Europa, dopo Malta, Spagna e Romania, ben al di sopra della media europea del 10%.

A fronte di tale emergenza, l’Italia è da alcuni anni un paese con uno dei più bassi investimenti in istruzione in rapporto al Pil: secondo il rapporto Asvis 2018, l’Italia investe appena il 4% del Pil in educazione rispetto alla media europea del 4,9% e, in termini di quota sulla spesa pubblica, l’Italia è passata dal 9,1% del 2008 al 7,9% del 2015, a fronte di valori del 9,6% della Germania e della Francia e del 9,3% della Spagna: un dato che ci pone dietro alla gran parte dei paesi Ue. Un quadro che fa sì che nel nostro paese il 26% dei ragazzi e delle ragazze tra i 15 e i 29 anni (e addirittura il 37% delle ragazze tra i 25 e i 29 anni) non studi e non lavori rispetto a una media del 13% dei paesi dell’area Ocse.

L’Italia è, insieme alla Grecia, il paese nel quale più della metà della popolazione dei 18-24enni è rimasta senza lavoro per almeno un anno. «E’ fondamentale che il nuovo Governo – aggiunge Sobieraj – ponga al centro della propria azione maggiori e più efficaci investimenti nell’istruzione pubblica con l’obiettivo di contrastare la dispersione scolastica e la povertà educativa, le disuguaglianze tra regioni ricche e povere, includendo un sempre più alto numero di ragazzi che sono tagliati fuori – Accogliamo con favore le prime dichiarazioni del nuovo ministro dell’Istruzione rispetto alla necessità di aumentare l’investimento in ambito educativo».

Manifestazione Clima 27 settembre, appoggio di Fioramonti: lezione importante per studenti

da Orizzontescuola

di redazione

Pieno appoggio del Ministro Fioramonti e del Miur alla partecipazione degli studenti italiani al terzo “Global Strike for Future”, che si terrà il prossimo 27 settembre.

Mobilitazione mondiale

Il 27 settembre, ricordiamolo, è il giorno scelto dal movimento “Fridays for future” in Italia per partecipare alla mobilitazione mondiale “Climate Action Week” con uno sciopero a livello nazionale, il terzo “Global Strike for Future”.

Miur

Il Ministro ha dichiarato che il 27 settembre saluterà gli studenti che prenderanno parte alla manifestazione, in quanto si tratta della più importante lezione che gli stessi (studenti) possano frequentare.

Come Ministero – ha proseguito Fioramonti – lanceremo un banner che verrà messo sulla facciata del Ministero per raccontare la nostra dedizione alla lotta contro i cambiamenti climatici e anche quindi utilizzare la scuola, l’università e la ricerca per una mission; una missione collettiva di collaborazione contro i cambiamenti climatici e poi ospiteremo numerose scuole all’interno del Ministero per raccontare i loro progetti di transizione ecologica, i loro progetti di efficientamento energetico. Tutti quei progetti che le scuole realizzano e che hanno a che vedere con la tutela e la salvaguardia dell’ambiente.