Conte consulta le organizzazioni delle persone con disabilità

Conte consulta le organizzazioni delle persone con disabilità

Il professor Giuseppe Conte, incaricato alla formazione del nuovo Governo, ha incontrato questa mattina una delegazione della FISH – Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap e altre organizzazioni di persone con disabilità, consultazione ufficiale che si è conclusa da pochi minuti.

In questo gesto – primo nel suo genere – vogliamo intravedere un segnale importante, non solo e tanto nei confronti delle istanze di cui siamo latori, quanto della comprensione profonda delle indicazioni della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità laddove prevede non solo il coinvolgimento dei diretti interessati nelle decisioni che li riguardano, ma la considerazione della disabilità in ogni politica che riguardi tutti i Cittadini.” Così commenta, a margine della consultazione, Vincenzo Falabella, Presidente della FISH.

Durante l’incontro FISH ha sintetizzato le principali istanze ed emergenze già espresse in questi anni e che non hanno ancora ottenuto adeguate e complessive risposte, ma ha voluto ribadire la necessità di una profonda revisione delle strategie complessive prima ancora di confrontarsi sui temi.

Al professor Conte abbiamo riportato come l’esperienza di questi anni ci porti ad affermare che per giungere alla reale attuazione della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità siano necessari da un lato una forte volontà politica e dall’altro un assetto strategico e istituzionale chiaro, senza dimenticare la necessità di un intervento di coordinamento e innovazione della normativa vigente e di adeguate risorse. Una regia, in sintesi, che va ricondotta alla Presidenza del Consiglio.”

In tal senso la FISH, come ribadisce nella sua memoria resa disponibile nel proprio sito, ritiene che la Presidenza del Consiglio dei Ministri sia l’attore più forte e migliore per assumere quelle competenze istituzionali, ricomporre l’improduttiva frammentazione politica ed amministrativa a cui fino ad oggi abbiamo assistito, attuare sistematicamente la Convenzione ONU, innovare le politiche nel nostro Paese superando l’assistenzialismo e le risposte settoriali, promuovere l’inclusione e garantire il diritto di cittadinanza a tutti.

Spetterà al nuovo Esecutivo – prosegue Falabella – valutare se debba essere un dipartimento specifico o un’altra struttura ad occuparsi, in modo non ancillare, di disabilità. Di certo riteniamo che questo attore, oltre ad essere incardinato nelle più elevate competenze istituzionali, debba disporre di deleghe ampie, forti, chiare e di adeguate risorse per poter operare al meglio. In questo scenario il movimento delle persone con disabilità non mancherà di esprimere con responsabilità e determinazione il ruolo cui è eticamente chiamato.”

Da parte sua il Presidente incaricato ha confermato ed evidenziato che l’ufficialità della consultazione deriva dalla volontà di includere con priorità nell’agenda di Governo i temi della disabilità per elaborare e realizzare politiche inclusive che garantiscano dignità e diritti ai Cittadini con disabilità e ai loro familiari, impegni che presuppongono, come sottolineato da Conte, un confronto diretto con i diretti interessati e chi li rappresenta.

Messa a disposizione: Miur emani regolamento

USB Scuola: Messa a disposizione: Miur emani regolamento, No alla chiamata diretta

Si avvia oggi l’anno scolastico. Un anno che vedrà un’esplosione di supplenze per le quali, soprattutto nel nord Italia, non basteranno i docenti inseriti nelle terze fasce delle Graduatorie d’Istituto.

La circolare annuale sulle supplenze emanata dal MIUR, per la prima volta affronta la questione aperta delle “messe a disposizione” (MaD), chiedendo ai dirigenti scolastici, per trasparenza, la pubblicazione degli elenchi degli aspiranti e l’effettuazione di una “procedura comparativa” ai fini della stipula del contratto. Nessuna indicazione, invece, su modalità e tempistiche di presentazione delle istanze, totalmente affidate alla discrezionalità di ogni singola istituzione e alla buona volontà degli aspiranti – che spesso si rivolgono a servizi online più o meno efficaci, ma comunque a pagamento – o su criteri oggettivi per la convocazione dell’uno o dell’altro aspirante.

Naturalmente l’Associazione Nazionale Presidi si mostra non disponibile a questa blanda regolamentazione, sostenendo che non sia possibile applicare alle MaD le disposizioni del DM 131/07, che la pubblicazione degli elenchi delle MaD sia solo un aggravio di lavoro per le segreterie e, soprattutto, non condivide la procedura comparativa.

Per quanto le segreterie siano oggettivamente sovraccariche di lavoro – argomento che USB Scuola ha sempre sostenuto, richiedendo costantemente un aumento del personale – il punto è chiaramente strumentalizzato dall’ANP, così come l’intera disposizione contenuta nella circolare, con il palese intento di ripristinare, almeno a questo livello, la chiamata diretta, totalmente discrezionale, dei supplenti sulla base delle preferenze di ciascun DS.

USB Scuola evidenzia come già il personale precario delle Graduatorie d’Istituto sia vittima di continui soprusi, per cui ogni anno bisogna intervenire per ripristinare il legittimo diritto al lavoro di insegnanti “scavalcati” da chi, in posizione successiva, viene convocato e incaricato. Sulle MaD i Dirigenti Scolastici pretendono mano libera, chiamando chi più gli aggrada, senza bisogno di giustificare le proprie scelte e senza necessità di rendere pubbliche le procedure.

Nella Scuola, nella Pubblica Amministrazione tutta, un simile atteggiamento è del tutto insostenibile.

La soggezione alla discrezionalità del dirigente di turno rende il lavoratore ricattabile, timoroso nella rivendicazione dei propri diritti (a partire da quello alla retribuzione, che per i supplenti è estremamente spinoso, e alla libertà di insegnamento), restio ad avanzare richieste e ad opporsi a possibili prevaricazioni.

USB Scuola chiede pertanto che il MIUR si affretti a fornire indicazioni puntuali e precise sul reclutamento tramite MaD, emanando un apposito regolamento che garantisca trasparenza e rispetto dei diritti per tutti i lavoratori, fornendo indicazioni valide su tutto il territorio nazionale.

USB Scuola chiede inoltre un incontro a tutti i dirigenti degli USR regionali, affinché spingano il Miur ad emanare apposito regolamento che metta fine all’arbitrio dei Dirigenti Scolastici e garantisca vera trasparenza nelle procedure.

La scuola riapre: tanti supplenti, pochi reggenti

da Il Sole 24 Ore

di Eugenio Bruno e Claudio Tucci

Ancora poche ore e sentiremo il suono della prima campanella. Apripista, giovedì 5 la Provincia autonoma di Bolzano, seguita lunedì 9 dal Piemonte e via via da tutte le altre regioni fino alla Puglia il 18. A quel punto tutti gli 8,5 milioni di studenti italiani avranno preso posto tra i banchi. Ma difficilmente lo stesso accadrà per gli oltre 850mila insegnanti attesi in cattedra. Tra graduatorie esaurite, prof che non si trovano, precari appesi a un filo ed escalation di supplenti, l’anno scolastico 2019/2020 inizierà – complice la crisi “agostana” di governo – tra tante (vecchie) ombre e poche (nuove) luci. Come il drastico calo degli istituti senza preside grazie alle immissioni in ruolo di 2mila dirigenti scolastici freschi vincitori di concorso.

Partiamo dalle novità per i ragazzi. Alle superiori il 2019/2020 coincide con la revisione del’alternanza scuola-lavoro, ora ridenominata percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento, che vede scendere il numero minimo di ore obbligatorie “on the job” (ma le scuole possono aumentarle, pescando anche da fondi Ue o regionali, secondo le linee guida del governo uscente che sono state però bocciate dal Cspi).

Alle elementari debutta il patto di corresponsabilità, con la cancellazione delle sanzioni previste in un regio decreto del 1928: d’ora in avanti saranno le scuole, anche coinvolgendo le famiglie, a individuare le eventuali mancanze disciplinari degli alunni e le relative “punizioni”. Sempre alla primaria sono attesi 2mila maestri in più per aumentare il tempo pieno al Sud (oggi, in tutta Italia, le classi funzionanti a 40 ore settimanali sono il 33,6%, ma con forti disuguaglianze territoriali).

Sul fronte inclusione, poi, partono le nuove regole, che fanno perno sul «piano didattico individualizzato», e rivoluzionano le certificazioni mediche (qui è in corso un’interlocuzione con il ministero della Salute per semplificare gli adempimenti richiesti alle famiglie).In rampa di lancio poi le «équipe territoriali»: 120 docenti deputati alla creazione di ambienti digitali con metodologie innovative e sostenibili.

Più critico appare il rientro per gli insegnanti. Per gli oltre 750mila prof di ruolo e altri 100mila dell’organico di fatto il 2019/2020 si apre nell’attesa del nuovo Ccnl: il ministro dell’Istruzione uscente, il leghista Marco Bussetti, aveva garantito aumenti «a tre cifre». A oggi però è tutto fermo, in attesa di capire quante risorse il nuovo esecutivo riuscirà a inserire in legge di Bilancio. In base ai primi calcoli del Miur, per assicurare ai circa 850mila insegnanti italiani i 100 euro e gli 11,50 di elemento perequativo di incremento medio mensile, servivano intorno ai 2,2 miliardi di euro. Di questi 800 milioni sono stati già previsti dalla manovra 2019 e sono pertanto disponibili. Restavano (e restano) da trovare i restanti 1,4 miliardi.

Senza contare lo stallo che attanaglia i nuovi concorsi, più volte annunciati e poi fermati dalla crisi di governo: quest’anno tra cattedre stabili vuote (anche per Quota 100) e supplenze più o meno lunghe, secondo stime ministeriali, ci saranno almeno 120mila supplenti da nominare. Ma, stando ai sindacati, gli incarichi a tempo determinato potrebbero anche essere 170mila. In un quadro del genere è facile prevedere, specie al Nord, il solito “carosello” di insegnanti. Con buona pace della continuità didattica per i ragazzi.

Una riapertura serena attende invece i presidi. Grazie a un drastico ridimensionamento del fenomeno delle “reggenze” che negli anni scorsi erano arrivate a sfiorare le 2mila unità. Grazie all’assunzione in queste settimane di 2mila dirigenti scolastici vincitori di concorso gli istituti senza un “capo” sono circa 600, tra sedi vacanti e distacchi. Oltre ai nuovi ingressi, i presidi iniziano il 2019/2020 con un’altra buona notizia: è arrivato in busta paga il maxi-aumento di circa 450 euro netti al mese per effetto del Ccnl 2016-2018. Una serenità che non si respira all’interno delle segreterie, ingolfate di lavoro e povere di personale. A causa dei ritardi nella selezione dei 2.004 direttori dei servizi generali e amministrativi. E non è un caso che l’Anquap abbia proclamato proprio per oggi, che di fatto segna l’avvio dell’anno scolastico 2019/2020, un giorno di sciopero di Dgsa (titolari o facenti funzioni) e Ata. Nella speranza di ottenere dal governo entrante più attenzione alla categoria rispetto a quello uscente. Anche perché – come spiega il presidente dell’Associazione nazionale presidi (Anp), Antonello Giannelli, – «in queste condizioni il regolare funzionamento amministrativo delle scuole è gravemente compromesso».


L’educazione civica avrà un voto

da Il Sole 24 Ore

di Cl. T.

Le 33 ore di educazione civica, che l’esecutivo uscente punta a far debuttare quest’anno come «sperimentazione nazionale» nelle scuole del primo e secondo ciclo, vanno declinate nel piano triennale dell’offerta formativa; e si dovrà valorizzare la conoscenza della Costituzione, «da approfondire in base all’età degli alunni».

La nuova materia è un insegnamento «che compete a tutto il gruppo docente» (e quindi va sviluppata in modo coerente nel curriculo) e coinvolge più ambiti disciplinari: ad esempio, educazione ambientale, sviluppo sostenibile e la stessa Agenda 2030 «trovano naturale interconnesione con le scienze naturali e la geografia», mentre educazione alla legalità e al contrasto della mafie «si innerva» con gli elementi fondamentali del diritto, ma anche con gli ambiti storico, filosofico e letterario.

Al Cspi, il consiglio superiore della pubblica istruzione, oltre al decreto firmato da Marco Bussetti per avviare la sperimentazione, sono arrivate anche le linee guida alle scuole per attuare la nuova legge, pubblicata in Gazzetta ufficiale lo scorso 21 agosto, che ha reintrodotto in classe l’educazione civica.E una pronuncia è attesa l’11 settembre.

Nelle quattro pagine di indicazioni, il Miur conferma che le 33 ore annue sono all’«interno dei quadri orari ordinamentali vigenti»; e suggerire poi di prevedere, nell’ambito del piano annuale delle attività, «momenti di programmazione interdisciplinare», anche per individuare le modalità di coordinamento attribuite al docente designato dal dirigente scolastico. Le scuole del secondo ciclo dovranno affidare l’educazione civica ai docenti abilitati nelle discipline giuridiche ed economiche, se presenti nell’organico dell’autonomia (l’insegnamento dovrà comunque essere trasversale).

L’educazione civica avrà un voto espresso in decimi dal docente coordinatore.

Tutto ciò ammesso che il Cspi dia parere favorevole e che il nuovo governo non decida di disfare quanto fatto da quello precedente.

Il trasporto scolastico è un rebus

da Il Sole 24 Ore

di Eu. B.

Il futuro del trasporto scolastico resta un rebus. Complice la crisi di governo che ha bloccato l’iter del decreto precari e che avrebbe assicurato ai Comuni di avere un ombrello legislativo per continuare a erogare il servizio senza farlo pagare interamente agli utenti.

Il caos sui servizi di scuolabus è scoppiato in piena estate. A sollevare il tema è stata l’associazione dei Comuni italiani con una lettera ai ministeri competenti (Istruzione e Trasporti). Nel richiamare una recente sentenza della Corte dei Conti Piemonte – che ha definito il trasporto scolastico un servizio pubblico locale anziché a domanda individuale, vietando di fatto agli enti locali di ridurre o azzerare la quota di partecipazione delle famiglie – l’Anci ha chiesto una norma chiarificatrice. Che in realtà era arrivata. L’articolo 5 del Dl ”precari” consentiva agli enti locali di aiutare le famiglie rispettando l’equilibrio finanziario. Ma il decreto non è mai arrivato in Gazzetta Ufficiale e l’anno scolastico è ormai. Nel frattempo una nuova pronuncia della Corte dei conti, stavolta della Puglia, ha stabilito un principio differente: gli enti possono supportare l’utenza purché con risorse «reperite nel rispetto della clausola d’invarianza finanziaria espressa nel divieto dei nuovi e maggiori oneri».

Che il tema sia rilevante lo dicono anche i numeri. Il Comune di Bologna spende complessivamente per il servizio circa 530 mila euro annui a fronte di entrate dagli utenti per circa 270 mila annui, con una copertura di fatto del 50 per cento. Che a Milano scende addirittura al 5% (53mila euro di introiti – destinati quest’anno a salire a 100mila – a fronte di un milione di costo). Ma a pagare il prezzo dell’incertezza sono soprattutto i piccoli comuni, specie montani, che a volte hanno un unico plesso scolastico per servire varie frazioni distanti tra loro parecchi chilometri. A invocare «una parola definitiva di chiarezza» è il presidente dell’Uncem, Marco Bussone, che ha chiesto a tutti i Comuni di approvare un ordine del giorno che impegni governo e Parlamento a legiferare sul tema. Se possibile al più presto.

Carta bonus 500 euro, piattaforma sospesa. Data registrazione neoassunti

da Orizzontescuola

di redazione

Carta docente bonus 500 euro: applicazione sospesa per qualche giorno. Quando sarà riattivata per nuove registrazioni. Ad essere interessati in particolare i docenti della scuola statale neoassunti.

Sospensione applicazione

Avviso Miur:

L’applicazione, dunque, come già comunicato, è sospesa ai fini della gestione del cambio dell’anno scolastico.

Nuove iscrizioni

L’avviso, diversamente dal precedente, fornisce un’ulteriore informazione relativa alle nuove iscrizioni, che riguardano prevalentemente i neoassunti.

L’apertura delle funzioni per le iscrizioni, come sopra riportato, avverrà nell’arco della seconda settimana di settembre (alle nuove iscrizioni dedicheremo un’apposita guida, che sarà pubblicata nella giornata di domani).

Educazione Civica: linee guida. Ecco la bozza

da Orizzontescuola

di redazione

Pubblichiamo integralmente la bozza al momento trasmessa al Consiglio Superiore della PUbblica Istruzione da parte del Ministero per il parere sull’avvio della sperimentazione dell’educazione alla convivenza civile. Ricordiamo che si tratta di una bozza non ancora definitiva che potrebbe subire delle modifiche.

Premessa

Il presente allegato fornisce indicazioni applicative per la sperimentazione didattica nazionale di cui al presente decreto, nel rispetto della centralità dell’autonomia delle istituzioni scolastiche, intesa come libero sviluppo dell’efficacia della ricerca e dell’azione didattica nel quadro generale degli indirizzi disegnati dallo Stato.

A seguito del primo avvio dell’insegnamento dell’educazione civica, le esperienze delle istituzioni scolastiche e il necessario coinvolgimento degli stakeholder potranno essere di stimolo per l’aggiornamento e/o integrazione delle Indicazioni nazionali e delle linee guida vigenti entro l’anno scolastico 2019/2020.

Occorre ribadire alcuni caratteri essenziali dell’educazione civica, il cui insegnamento è trasversale, anche in ragione della pluralità di competenze attese e di obiettivi di apprendimento, non ascrivibili a una singola disciplina. Se l’educazione civica è un insegnamento che compete a tutto il gruppo docente, è necessario che sia sviluppato in modo coerente nel curricolo, in modo da interessare e coinvolgere tutte le discipline e trovare spazio in tutte le attività, già a partire dalla scuola dell’ infanzia.

Nell’affermare la necessità che le istituzioni scolastiche promuovano, in armonia con le famiglie, comportamenti improntati a una cittadinanza consapevole non solo dei diritti, dei doveri e delle regole di convivenza di una comunità, ma anche delle sfide del presente e dell’immediato futuro, due tra le leve utilizzabili a tale scopo assumono particolare rilievo.

a. La promozione dell’educazione alla cittadinanza trova un terreno di esercizio concreto nella quotidianità della vita scolastica: i regolamenti di istituto, l’integrazione eventuale del Patto educativo di corresponsabilità, esteso ai percorsi di scuola primaria, la costruzione di ambienti di apprendimento atti a valorizzare la relazione educativa e l’inclusione di ciascun allievo, l’adozione di comportamenti consoni, la promozione di buone pratiche e la valorizzazione delle migliori esperienze, contribuiscono a sviluppare la capacità di agire da cittadini responsabili e di partecipare pienamente e consapevolmente alla vita civica, culturale e sociale della comunità. Non va dimenticato che l’incontro con l’istituzione scolastica rappresenta, per la generalità degli alunni, il primo luogo di socializzazione formalizzata al di fuori dell’ambito familiare e il primo contatto con lo Stato. Le regole, i comportamenti, le relazioni che si instaurano all’interno della comunità educante sono elementi imprescindibili per la maturazione del senso di cittadinanza.

b. L’aggiornamento del curricolo di istituto e l’attività di progettazione didattica nel primo e nel secondo ciclo di istruzione consentono di sviluppare la conoscenza e la comprensione delle strutture e dei profili sociali, economici, giuridici, civici e ambientali della società. Non si tratta, comunque, di agire per sovrapposizioni o giustapposizioni rispetto a quanto presente nelle Indicazioni nazionali e nelle Linee guida, ma di concretizzarle, in maniera compiuta, verso la missione tradizionale della scuola: la formazione globale del cittadino. In tal senso, l’educazione civica si pone come punto di riferimento di tutte le discipline che, per i vari ordini e gradi di istruzione, concorrono a definire il curricolo. E inoltre essenziale che tutte le ‘educazioni’ diffuse nella pratica didattica spesso sotto forma di ‘progetti’, il più delle volte episodici e frammentari e non sempre coerenti con il cunicolo di istituto, vengano ricondotte all’educazione civica intesa come educazione della persona e del cittadino autonomo e responsabile. Si tratta, peraltro, di una tradizione da rinnovare e aggiornare alla luce delle esigenze della società del terzo millennio, a partire non solo dal paradigma inclusivo, ma anche dalle sfide connesse alla cittadinanza digitale, che rappresenta un terreno nuovo nell’ambito delle educazioni.

L’educazione civica nella scuola dell’autonomia

Le istituzioni scolastiche sono già chiamate, ai sensi dell’articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 275/1999 (Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche) a determinare, nel Piano triennale dell’offerta formativa, ‘il curricolo obbligatorio per i propri alunni’.

Nel corso dell’anno scolastico 2019/2020 le istituzioni scolastiche potranno rileggere e ricalibrare, se necessario, il curricolo già adottato nel modo più appropriato a perseguire le finalità del presente decreto.

La revisione del curriculo di istituto consentirà di ricomprendervi le tematiche indicate all’articolo 2, compiutamente delineate nel seguente elenco, tenendo a riferimento le diverse età degli alunni e i diversi gradi di istruzione ed evitando la stesura di curricoli autonomi:

  1. Costituzione, istituzioni dello Stato italiano, dell’Unione europea e degli organismi internazionali; storia della bandiera e dell’inno nazionale;
  2. Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 25 settembre 2015;
  3. educazione alla cittadinanza digitale;
  4. elementi fondamentali di diritto, con particolare riguardo al diritto del lavoro;
  5. educazione ambientale, sviluppo ecosostenibile e tutela del patrimonio ambientale, delle identità, delle produzioni e delle eccellenze territoriali e agroalimentari;
  6. educazione alla legalità e al contrasto delle mafie;
  7. educazione al rispetto e alla valorizzazione del patrimonio culturale e dei beni pubblici comuni;
  8. formazione di base in materia di protezione civile.

L’afferenza degli obiettivi specifici di apprendimento alle tematiche sopra elencate può, del resto, essere opportunamente evidenziata all’interno del Piano triennale dell’offerta formativa, ferma restando per il secondo ciclo di istruzione, la necessità di mantenere la specificità di ciascun percorso dell’istruzione liceale, tecnica e professionale, anche ai fini dello svolgimento dell’esame di Stato.

Il Piano triennale dell’offerta formativa è altresì chiamato a declinare, nello specifico, il monte ore annuale previsto per l’educazione civica, pari a 33 ore, anche avvalendosi delle quote di autonomia, nonché a definire le attività di potenziamento dell’offerta formativa e le attività progettuali.

Il Piano triennale assume una particolare rilevanza per realizzare l’interconnessione tra l’educazione civica e le educazioni non del tutto riconducibili a specifiche discipline (educazione stradale, alla salute e al benessere, al volontariato e alla cittadinanza attiva).

Particolare attenzione dovrà essere posta al tema dell’educazione alla cittadinanza digitale. Le abilità e conoscenze previste si distinguono tra generali (il confronto delle informazioni, le regole per una corretta comunicazione e interlocuzione, il rispetto dell’altro, …) e specifiche (l’identità digitale, il grande tema dei dati, …): si tratta di un terreno nuovo, che pure non poche istituzioni scolastiche hanno iniziato ad esplorare, pur nella consapevolezza delle differenze generazionali e della necessità di approcci differenziati nell’utilizzo, qualitativo e quantitativo, delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione nella quotidianità scolastica.

Costituzione e cittadinanza

Come precisato dall’articolo 4 della Legge, la Costituzione, la sua origine e la sua evoluzione, costituiscono il fondamento dell’educazione civica, poiché consentono di ‘sviluppare competenze ispirate ai valori della responsabilità, della legalità, della partecipazione e della solidarietà’.

La conoscenza della Carta costituzionale nei suoi principi e contenuti è prioritaria per acquisire consapevolezza delle principali nonne che governano la quotidiana convivenza, i diritti e i doveri delle persone e dei cittadini, le organizzazioni sociali e le istituzioni.

A partire da tale conoscenza, da approfondire in base all’età degli alunni, si potrà avviare la necessaria riflessione sui concetti di democrazia, legalità, senso di responsabilità. In questa prospettiva, l’educazione civica concorre allo sviluppo delle competenze di cittadinanza così come previste dalla recente Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 22 maggio 2018 sulle competenze chiave per l’apprendimento permanente:

«La competenza in materia di cittadinanza si riferisce alla capacità di agire da cittadini responsabili e di partecipare pienamente alla vita civica e sociale, in base alla comprensione delle strutture e dei concetti sociali, economici, giuridici e politici oltre che dell’evoluzione a livello globale e della sostenibilità.»

Aspetti organizzativi

Il decreto dispone che all’insegnamento dell’educazione civica sia dedicato un monte ore di 33 ore annue, all’interno dei quadri orari ordinamentali vigenti per ciascun percorso di studi, anche attraverso l’utilizzo della quota di autonomia. Se nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria non sono previste a livello nazionale quote orarie specifiche da riservare, rispettivamente, ai campi di esperienza e alle discipline, per la scuola secondaria di primo e secondo grado occorrerà ricalibrare gli orari disciplinari per ricomprendere e ripartire le attività di educazione civica.

Non si tratta, beninteso, di un contenitore rigido, ma di una indicazione funzionale a un raccordo consapevole degli apprendimenti maturati nei vari settori disciplinari.

La cittadinanza infatti si sviluppa, innanzitutto, dalla consapevolezza culturale di ciascun individuo in rapporto con il contesto di appartenenza e in relazione e interscambio con altri contesti.

Ogni disciplina è, di per sé, parte integrante dell’educazione civica. Sia le Indicazioni nazionali per il primo ciclo di istruzione e per i percorsi liceali che le Linee guida per i percorsi di istruzione tecnica e professionale possono agevolare l’approccio ai contenuti dell’educazione civica come individuati dalla legge in quanto strumenti aperti che le istituzioni scolastiche sono chiamate a declinare all’interno del proprio curricolo.

Per fare solo alcuni esempi, l’educazione ambientale, lo sviluppo ecosostenibile e tutela del patrimonio ambientale, delle identità, delle produzioni e delle eccellenze territoriali e agroalimentari e la stessa Agenda 2030 trovano una naturale interconnessione con le scienze naturali e con la geografia; l’educazione alla legalità e al contrasto delle mafie si innerva non solo della conoscenza del dettato e dei valori costituzionali e degli elementi fondamentali del diritto, ma anche della consapevolezza dei diritti inalienabili dell’uomo e del cittadino, nel loro progredire storico, filosofico e letterario; l’educazione alla salute e al benessere si avvale delle conoscenze e delle competenze disciplinari maturate nell’ambito delle scienze naturali e motorie.

Si tratta, dunque, di far emergere elementi già presenti negli attuali documenti programmatici e di rendere evidente e consapevole la loro interconnessione.

Il docente cui sono affidati i compiti di coordinamento di cui all’articolo 3 comma 3 del decreto avrà cura di favorire l’opportuno lavoro preparatorio di équipe nei consigli di interclasse e di classe.

I docenti per l’educazione civica

Appare opportuno suggerire che, nell’ambito del piano annuale delle attività, siano previsti specifici momenti di programmazione interdisciplinare, sia per le scuole del primo ciclo che per quelle del secondo ciclo, non solo ai fini della definizione degli obiettivi connessi all’educazione civica, ma anche per l’individuazione delle modalità di coordinamento attribuite al docente di cui all’articolo 3 comma 3 del decreto, ferma restando la competenza del dirigente scolastico in merito alla sua effettiva designazione.

Le istituzioni scolastiche del secondo ciclo hanno, peraltro, il vincolo di affidare l’educazione civica, ove disponibili nell’organico dell’autonomia, ai docenti abilitati all’insegnamento delle discipline giuridiche ed economiche.

Anche in questo caso, alle istituzioni scolastiche è lasciata la più ampia facoltà in merito alle specifiche modalità di insegnamento dell’educazione civica (moduli, co-presenze, inserimento nel percorso curricolare), senza che però sfugga la dimensione comunque trasversale di tale insegnamento, i cui temi non sono limitati al solo diritto.

Ciò premesso, è opportuno che gli specifici temi che le istituzioni scolastiche decideranno di sviluppare siano esplicitamente inseriti nel piano triennale dell’offerta formativa e condivisi con le famiglie.

Valutazione

Il decreto prevede, all’articolo 3 comma 4, che l’insegnamento dell’educazione civica sia oggetto di valutazioni periodiche e finali con l’attribuzione di un voto in decimi.

Il docente cui sono stati affidati compiti di coordinamento acquisisce dai docenti del team o del consiglio di classe gli elementi conoscitivi; tali elementi possono essere desunti sia da prove già previste, sia attraverso la valutazione della partecipazione alle attività progettuali e di potenziamento dell’offerta formativa. Sulla base di tali informazioni, il docente propone il voto in decimi da assegnare all’insegnamento di educazione civica.

Concorso funzionari Miur: altri ricorsi in arrivo

da La Tecnica della Scuola

Il clamore per le presunte irregolarità del concorso per dirigenti scolastici non si è ancora affievolito e già si sta aprendo un nuovo fronte.
Nell’occhio del ciclone sta per entrare il concorso per l’assunzione di 253 funzionari presso il Miur.
Secondo quanto ci è stato segnalato da alcuni candidati le stranezze sarebbero più di una, a partire dalla mancata nomina delle sottocommissioni con il risultato che i tre componenti dell’unica commissione ha dovuto lavorare per ben 7 mesi per correggere più di 4000 compiti.
Ma c’è chi ha da ridire anche sulla qualifica dei commissari (nessuno di loro sarebbe esperto in materie giuridiche e non ci sarebbe nessun avvocato dello Stato e nessun magistrato) e sui voti assegnati alle due prove scritte (chi ha esaminato i punteggi sostiene che la distribuzione sfida ogni legge della statistica; per esempio, non esistono casi in cui un candidato abbia raggiunto la sufficienza in una prova e un’insufficienza nell’altra).

E in molti segnalano gravi irregolarità durante lo svolgimento delle prove scritte durante le quali il servizio di vigilanza sarebbe stato spesso piuttosto inadeguato tanto da comportare non pochi casi  di candidati “regolarmente” muniti di libri, manuali, appunti e smartphone.
Inizialmente il bando prevedeva come titolo di studio solamente la laurea magistrale, ma con un provvedimento successivo la partecipazione è stata aperta anche ai candidati con qualsiasi laurea triennale.

E anche la prosecuzione dopo le prove scritte non è stata priva di stranezze: il calendario delle prove orali è molto sintetico, contiene date e orari delle convocazioni ma non i nominativi dei diversi candidati da esaminare in ciascuna seduta.

Alle prove scritte hanno partecipato circa 4mila candidati anche se la regola vorrebbe che a questa fase dovrebbe prendere parte un numero di concorrenti pari al triplo dei posti messi a concorso.
L’8 agosto sono stati pubblicati gli esiti degli scritti: li hanno superati in 537 che dovranno ora  cimentarsi con la prova orale.
Per la verità si sa già che ai 253 posti messi a concorso ne verranno aggiunti altrettanti e quindi, in pratica, chi è arrivato fino a qui ha ormai la “vittoria” quasi in tasca.

Permessi retribuiti docenti, sono nove giorni oppure solo tre?

da La Tecnica della Scuola

Il punto che riguarda i permessi retribuiti dei docenti con contratto a tempo indeterminato è molto dibattuto. Toccherebbero nove giorni, ma molti Dirigenti scolastici, soprattutto dopo la nota ARAN n. 2664 del 4 aprile 2019, sostengono che spettano solo tre giorni.

Normativa sui permessi retribuiti

La normativa di riferimento, per quanto riguarda i permessi retribuiti, è il Contratto collettivo nazionale della scuola. A tal riguardo l’art.15, comma 2, del CCNL scuola 2006-2009, rimasto in vigore ai sensi dell’art.1, comma 10, del CCNL scuola 2016-2018, dispone per i docenti di ruolo il diritto a fruire tre giorni di permesso retribuito per motivi familiari o personali, inoltre estende questo diritto, per gli stessi motivi, alla fruizione di sei giorni di ferie.

Nella norma è scritto: “Il dipendente, inoltre, ha diritto, a domanda, nell’anno scolastico, a tre giorni di permesso retribuito per motivi personali o familiari documentati anche mediante autocertificazione. Per gli stessi motivi e con le stesse modalità, vengono fruiti i sei giorni di ferie durante i periodi di attività didattica di cui all’art. 13, comma 9, prescindendo dalle condizioni previste in tale norma”.

È utile leggere con attenzione l’ultimo periodo del comma 2 dell’art.15 del CCNL scuola 2006/2009, in cui si chiarisce senza ombra di dubbio che è possibile fruire, dopo i tre giorni di permessi retribuiti, anche dei sei giorni di ferie, che verrebbero fruiti anziché come semplici ferie, allo stesso modo dei tre giorni come permessi retribuiti. Quindi, in ragione di quanto suddetto, i giorni di permesso retribuito, la cui fruizione sfugge alla possibile discrezionalità del Dirigente scolastico, sono fino ad un massimo di nove.

A tal riguardo c’è una nota ARAN che conferma quanto suddetto. Stiamo parlando della nota prot. n. 17637 del 18/12/2014 dell’ARAN in cui è scritto, con assoluta chiarezza, che se i 6 giorni di ferie a disposizione durante le attività didattiche saranno fruiti come “permessi personali o familiari” il docente con contratto a tempo indeterminato avrà in totale 9 giorni (3+6) sottratti alla discrezionalità del dirigente, naturalmente se documentati anche con autocertificazione.

Poi c’è stata un’altra nota ARAN, quella che riporta il numero 2664 del 4 aprile 2019, che contraddice la precedente e indica un’interpretazione restrittiva dell’art.15 del CCNL scuola 2006/2009, che regola i permessi per motivi personali. Tale nota riduce l’effettiva fruizione dei permessi retribuiti per motivi personali e familiari a soli 3 giorni.

Permessi retribuiti tra ARAN e Sindacati

I sindacati firmatari del CCNL scuola 2016-2018 hanno chiesto all’ARAN una rettifica immediata della nota n. 2664 del 4 aprile 2019, anche perché, affermano i sindacati, il comma 54 della Legge n.228 del 24 dicembre 2012 non fa mutare la possibilità di fruizione dei 6 giorni di ferie durante i periodi lavorativi. La suddetta legge interviene esclusivamente e tassativamente sulla questione della monetizzazione delle ferie, non interviene sul tema contrattuale dei permessi retribuiti fruibili dai docenti a tempo indeterminato.

Per cui la normativa sulla fruizione dei permessi retribuiti per motivi familiari e personali è sospesa tra il parere dei sindacati, che ne rivendicano la totale applicazione della normativa contrattuale e la tesi dell’ARAN, che nell’ultima nota tende a limitarne l’efficacia ai soli tre giorni per anno scolastico. Con l’avvio dell’anno scolastico 2019/2020 si attende un chiarimento definitivo sulla questione intricata dei permessi retribuiti previsti all’art.15, comma2, del CCNL scuola 2006/2009.