8 marzo

Percorsi formativi di potenziamento e di orientamento verso le discipline STEM (Science, Technology, Engineering, and Mathematics), realizzati con particolare riferimento alle studentesse, finanziati con 600 mln di risorse PNRR; ricostituzione del Comitato Unico di Garanzia per le pari opportunità (CUG); nuova edizione per il 2023 del concorso “STEM femminile plurale”. Queste le novità annunciate dal Ministro Giuseppe Valditara nel corso dell’incontro tenuto oggi al Ministero dell’Istruzione e del Merito, in occasione della Giornata Internazionale della Donna.

In rappresentanza della componente femminile, nettamente prevalente nel mondo della scuola – oltre 700mila donne su un totale di oltre 900mila lavoratori -, all’incontro di oggi sono intervenute: la dott.ssa Antonietta Capone, dirigente dell’Istituto Comprensivo “Virginio Muzio” di Bergamo, scuola della Rete nazionale Montessori, che dedica particolare attenzione alla promozione delle STEM fra le bambine e le ragazze; la prof.ssa Anna Rita Petrillo, docente di Matematica e Fisica del Liceo “Peano” di Monterotondo (RM), impegnata dal 2014 nel progetto “Coding Girls” per diffondere il coding (o pensiero computazionale) e le discipline scientifiche tra le ragazze, attraverso un approccio basato sulla interdisciplinarità e la logica; la dott.ssa Antonietta Mangiaracina, direttrice generale dei servizi amministrativi dell’Educandato Statale “Maria Adelaide” di Palermo, i cui 60 posti in convitto ospitano studentesse che provengono dalla provincia e dalle isole, garantendo loro la possibilità di studiare senza dover affrontare pesanti spostamenti e con l’opportunità di fruire di tutti i servizi necessari a una condizione di serenità e benessere.

All’incontro di oggi, tenuto di fronte a una platea femminile di rappresentanti dell’amministrazione del MIM, hanno partecipato in videocollegamento le scuole vincitrici dell’edizione 2022 del concorso “STEM femminile plurale”: l’Istituto Comprensivo “Lombardo Radice” di Patti (ME); l’IC “Salvatore Pincherle” di Roma; l’IIS “Corinaldesi-Padovano” di Senigallia (AN); l’IC “Giuseppe Ungaretti” di Lucca; l’”English Primary School” di Lucca; l’IIS “Vittorio Emanuele II” di Lanciano (CH).

Per le STEM 600 mln di risorse dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR)
Tra le discipline curricolari, verranno integrate attività, metodologie e contenuti finalizzati a sviluppare e rafforzare le competenze STEM e le discipline scientifiche, digitali e di innovazione, per tutti i cicli scolastici, con particolare attenzione alle studentesse. L’intervento mira a garantire le pari opportunità nello studio e nell’orientamento lavorativo verso le discipline STEM e verrà finanziato con 600 mln di euro di risorse PNRR.

Concorso scolastico nazionale “STEM: femminile plurale”, edizione 2023
Anche quest’anno, nell’ambito delle iniziative del Mese delle STEM, il MIM lancia il Concorso “STEM: femminile plurale” per le scuole di ogni grado, per sensibilizzare i giovani sul significativo impatto dell’avanzamento delle discipline STEM, a prescindere dall’appartenenza di genere. Quest’anno viene proposta la realizzazione di un progetto a scelta tra due aree tematiche: “Entra nel gioco” e “Essere o non essere”. La presentazione degli elaborati, tramite la piattaforma https://www.noisiamopari.it/, dovrà avvenire entro il 9 maggio 2023.

Comitato Unico di Garanzia per le pari opportunità (CUG)
È stato ufficialmente ricostituito il Comitato Unico di Garanzia per le pari opportunità (CUG), il cui ultimo rinnovo risale al 2019. Il comitato ha funzione consultiva, propositiva e di verifica sulle pari opportunità e sul benessere organizzativo del lavoro pubblico. Un organismo che potrà contribuire attivamente nel promuovere azioni a sostegno della presenza femminile negli uffici del MIM e contro ogni forma di discriminazione. La presidenza sarà affidata a una donna.


Nota 8 marzo 2023, AOODGSIP 1048

8 marzo, Giornata internazionale della donna – Il mese delle STEM

Mobilità interregionale dirigenti scolastici

Mobilità interregionale per dirigenti scolastici: per l’ANP un’emergenza da risolvere

L’ANP ha costantemente affrontato la questione della mobilità interregionale per i vincitori del concorso a dirigente scolastico bandito nel 2017 e per quelli del concorso, più lontano nel tempo, bandito nel 2011. All’approssimarsi delle relative operazioni, l’ANP ritiene che non si possa attendere oltre e che debba essere trovata, con la massima tempestività, un’efficace soluzione a questa che è una vera emergenza.

Purtroppo sta circolando, in questi giorni, una bizzarra narrazione sulla presunta necessità di disdettare il CCNL di area del 2016/18 per adattare a tale emergenza le regole della interregionalità

Nulla di più falso. 

È vero che il CCNL 2016/18 fa riferimento a un triennio ormai decorso. È parimenti vero che è trascorso anche il successivo triennio 2019/21 senza che l’Amministrazione abbia avviato le trattative. Sul punto, abbiamo ripetutamente chiesto la sollecita definizione dell’atto di indirizzo necessario per aprire il tavolo contrattuale ma – come ben sanno tutte le organizzazioni sindacali – nessun Governo rinnoverebbe un CCNL dirigenziale prima di quelli dei comparti. 

Cosa che, infatti, non si è mai verificata

Diciamolo apertamente: l’emergenza della mobilità, per la sua gravità, merita approcci di ben altra serietà e non di mera propaganda. La strada contrattuale, nonostante ci sia chi insiste per far credere il contrario, è caratterizzata da tempistiche non compatibili con l’urgenza del ritorno a casa dei colleghi.  

Un anno fa, data la necessità di agire anche allora in tempi brevi, l’ANP propose l’unica via realisticamente percorribile, ovvero quella di incrementare per legge dal 30% al 100% la disponibilità di sedi per la mobilità interregionale. Alla fine, ottenemmo l’incremento al 60%, raddoppiando così la percentuale di posti riservata alla mobilità interregionale e riuscendo a far rientrare nella regione di residenza o a far avvicinare ad essa un primo – molto numeroso – gruppo di colleghi, nonostante le limitazioni poste da alcuni USR. È sufficiente rileggere i nostri comunicati di quel periodo per verificare come fossimo gli unici a sostenere la via legislativa, anziché una improbabile e intempestiva sequenza contrattuale, e per constatare come sia stata proprio l’ANP l’artefice di un risultato per il quale tanti iscritti ci ringraziano ancora oggi.

Ma veniamo alla prossima mobilità.  

Sebbene l’incremento al 60% sia valido anche per essa, intendiamo chiedere all’Amministrazione di rendere disponibile il 100% delle sedi – comprese le scuole normodimensionate annuali – e di consentire a tutti i dirigenti fuori regione la partecipazione alle operazioni di mobilità. 

Siamo e resteremo accanto ai nostri iscritti, con la serietà e la forza che ci contraddistinguono, anche in questa emergenza.

C’era una volta il direttore didattico

C’era una volta il direttore didattico

di Nicola Puttilli

In una dichiarazione rilasciata qualche tempo fa al Corriere delle Sera sul previsto ulteriore taglio di autonomie scolastiche disposto dall’ultima legge di bilancio, il presidente di ANP Antonello Giannelli sottolinea il rischio di ingestibilità amministrativa degli istituti sovradimensionati. Giannelli ha ragione da vendere, anche in considerazione della condizione di perenne emergenza in cui da troppo tempo versano gli uffici amministrativi delle scuole fra carenze, precarietà e inadeguata formazione del personale. Mi ha tuttavia colpito l’assenza di argomentazioni circa la “gestibilità” didattica di tali strutture peraltro comprendenti, come nel caso degli istituti comprensivi, diversi ordini di scuole. Sarà che ho trascorso poco più di una decina di anni nel ruolo di dirigente scolastico mentre una ventina circa in quello di direttore didattico, ma sempre mi ha guidato la convinzione che una buona amministrazione e organizzazione non avessero altra finalità se non l’innalzamento della qualità del progetto formativo e della didattica.

ll passaggio alla dirigenza scolastica è stata una logica conseguenza dell’attribuzione dell’autonomia. Non che prima ci fossero sostanziali differenze fra il ruolo di preside e di direttore didattico, entrambi inquadrati nel IX livello del contratto di lavoro dividevano analoghe condizioni retributive e di stato giuridico, mentre diverse erano, di fatto, le modalità di reclutamento: sempre attraverso regolare concorso, molto selettivo, nel caso dei direttori didattici, spesso con concorso riservato, decisamente più abbordabile, nel caso dei presidi. Diversa, inoltre, la formazione di provenienza: quasi sempre laurea di natura disciplinare per i presidi, non sempre, ma molto spesso, laurea in pedagogia per i direttori didattici, provenienti dall’istituto magistrale, dove un po’ di pedagogia e di psicologia l’avevano pur masticata, e dalla facoltà di magistero.

A Torino, dove ho sempre lavorato, c’era una grande tradizione associativa dei direttori didattici attiva già dal dopoguerra, raccoglieva una massiccia partecipazione e nei primi anni ’80 diede vita alla “Conferenza dei direttori didattici”, riconosciuta con atto formale e autorizzata a riunirsi in orario di servizio dall’allora provveditore agli studi. Nulla di simile esisteva per i presidi.

L’attenzione per i temi pedagogici e didattici era molto alta tra i direttori didattici e nel confronto interno alla  loro associazione (successivamente e quasi per intero confluita nell’ANDIS), ampiamente prevalenti rispetto a quelli più propriamente gestionali e amministrativi.

L’avvento dell’autonomia e della dirigenza, nonchè la formazione comune di 300 ore tra direttori didattici e presidi che l’hanno accompagnata, ha comportato, com’era logico che fosse, un radicale cambiamento di prospettiva. Per quanto il nuovo assetto normativo non prevedesse in alcun modo una diminuzione delle competenze e delle responsabilità del nuovo dirigente scolastico in campo pedagogico e didattico, l’enfasi si è di fatto spostata, quasi inconsapevolmente, sugli aspetti gestionali e organizzativi con preciso riferimento, rispetto alla specificità del ruolo, alle teorie sul management allora prevalenti. Non è un caso, del resto, se in Piemonte, rispetto alle 300 ore di formazione, la scelta era limitata a due agenzie formative: ISVOR, che faceva capo alla FIAT ed ELEA agenzia formativa di Olivetti. Le teorie di riferimento erano ovviamente quelle più recenti di derivazione anglosassone che, rispetto al settore pubblico, istruzione compresa, si ispiravano prevalentemente al modello allora definito del “quasi privato”.

Certo esigenze di svecchiamento non erano più rinviabili. Come ci spiegava Enrico Autieri, direttore di ISVOR, si trattava di passare da un modello burocratico-artigianale, da sempre imperante nella nostra pubblica amministrazione, a un modello a gestione professionale, di chiara derivazione aziendale, fondato su variabili di progetto: pianificazione, problem solving, misurazione, rendicontazione.

La strada era segnata ma forse sarebbe stato necessario modularla fin da subito secondo le esigenze prioritarie della nostra scuola: innalzamento qualitativo dei processi di insegnamento/apprendimento, superamento delle ineguaglianze e della dispersione scolastica, inclusione e benessere psicofisico degli studenti. Da subito doveva essere chiarito il nesso fra qualità dell’organizzazione e fini istituzionali, da questo e per questo era nata fondamentalmente l’autonomia scolastica. L’enfasi sugli aspetti organizzativi e “manageriali” ha fatto invece premio, nella percezione del ruolo del dirigente scolastico in particolare, su quelli più strettamente pedagogici e didattici. Credo che anche a tale distorsione si debba il sovradimensionamento, nelle regioni del nord principalmente, di molte istituzioni scolastiche che arrivano a contare più di 2000 studenti senza, peraltro, che siano state create le condizioni normative e organizzative per gestire situazioni di tale complessità (middle management, leadership diffusa, ecc.).

Ricordo ancora le difficoltà che incontrai, da parte delle insegnanti della scuola dell’infanzia, quando decisi di unificare il loro collegio dei docenti con quello della scuola elementare. Nei collegi della scuola dell’infanzia si ponevano in discussione tutti gli aspetti della vita scolastica, compresi quelli apparentemente più irrilevanti: cosa fare con i bambini che non volevano dormire al pomeriggio, le problematiche presentate dalla mensa o dai momenti di gioco, le dinamiche relazionali tra i bambini ecc., tutti quegli elementi di attenzione e di cura così cari, mi  piace citarla, all’amica Cinzia Mion.  Avevano ragione le maestre della scuola dell’infanzia, nel collegio unificato di queste cose non si è più parlato, né si sono trovati altri spazi per poterlo fare, figurarsi in istituti comprensivi con 1800 alunni e tre ordini di scuola.

E’ ovvio che non si sta auspicando un ritorno agli anni ’90, ma ad oltre vent’anni dall’istituzione dell’autonomia e della dirigenza scolastica sarebbero maturi i tempi per una rinnovata riflessione. Anche la ricerca di una giusta dimensione per le istituzioni scolastiche (da 700 a non oltre, tassativamente, 1200 alunni?) e una struttura organizzativa (middle management adeguatamente riconosciuto e formato?) idonea a presidiare gli spazi non solo amministrativi e gestionali ma anche più propriamente psicopedagogici e relazionali, potrebbero aiutare non poco a far ritrovare senso ed equilibrio ad organizzazioni fin troppo complesse e a un ruolo ormai reso indistinto e pletorico come quello del dirigente scolastico.

Anche nel linguaggio comune non si sente più parlare di direttore didattico, poco usata anche la corretta definizione di dirigente scolastico, evidentemente troppo fredda e burocratica, è rimasto il preside a rappresentare tutti. In una delle sue ultime riflessioni un altro caro amico, Giancarlo Cerini, così si esprimeva, con la consueta lucidità: “Si ha spesso l’impressione che la nuova generazione di dirigenti scolastici sia troppo preoccupata delle correttezza delle procedure formali e molto meno della guida di una comunità educativa”. Cinzia e Giancarlo, non a caso due direttori didattici.

Maturità 2023, via libera del CSPI all’ordinanza ministeriale: si tenga conto del percorso e delle difficoltà affrontati nel triennio pandemico

da OrizzonteScuola

Di redazione

L’ordinanza ministeriale sottoposta al parere del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione (CSPI) prevede il ritorno alla procedura standard per l’esame di Stato del secondo ciclo per l’anno scolastico 2022/2023, in conformità con il Decreto Legislativo 62/2017.

Il CSPI sottolinea l’importanza dell’esame di Stato come momento cruciale nell’esperienza scolastica, in cui non solo vengono valutate le conoscenze, abilità e competenze acquisite, ma anche il percorso formativo e la crescita personale degli studenti.

A causa dell’emergenza epidemiologica negli ultimi tre anni scolastici, il normale svolgimento delle attività didattiche è stato profondamente influenzato, causando difficoltà nell’insegnamento-apprendimento e modifiche alla procedura di esame di Stato. Il CSPI auspica quindi che nella preparazione delle prove scritte e nello svolgimento del colloquio di esame si tenga conto del percorso e delle difficoltà affrontate dai giovani e che la valenza orientativa del colloquio venga valorizzata.

In questo anno scolastico, gli studenti e i docenti degli Istituti Professionali affronteranno per la prima volta la nuova modalità di svolgimento della seconda prova scritta, che sarà predisposta dalla commissione in base al percorso formativo seguito dalla scuola e alla cornice nazionale trasmessa dal Ministero. Il CSPI auspicherebbe l’adozione di adeguate misure di supporto, come FAQ, tutorial video, per rendere chiaro il processo di preparazione della prova e organizzare simulazioni a livello nazionale per questa importante innovazione didattico-pedagogica.

PARERE [PDF]

La prima prova

La prima prova accerta sia la padronanza della lingua italiana (o della diversa lingua nella quale avviene l’insegnamento) sia le capacità espressive, logico-linguistiche e critiche degli studenti.
Si svolge mercoledì 21 giugno 2023 alle 8:30 con modalità identiche in tutti gli istituti e ha una durata massima di sei ore. I candidati possono scegliere tra tipologie e tematiche diverse: il Ministero mette a disposizione per tutti gli indirizzi di studio sette tracce che fanno riferimento agli ambiti artistico, letterario, storico, filosofico, scientifico, tecnologico, economico, sociale. Gli studenti possono scegliere, tra le sette tracce, quella che pensano sia più adatta alla loro preparazione e ai loro interessi.

La seconda prova

La seconda prova riguarda una o più delle discipline che caratterizzano il corso di studi. Negli istituti professionali di nuovo ordinamento, invece, la prova verte su competenze e nuclei tematici fondamentali di indirizzo e non su discipline. Quest’anno torna ad essere una prova nazionale (mentre lo scorso anno le tracce erano state elaborate dalle singole commissioni d’esame).
Il Ministero, con un apposito decreto, ha definito le discipline oggetto di questa seconda prova.
Per conoscere le discipline oggetto della seconda prova e quelle affidate ai commissari esterni è disponibile un apposito motore di ricerca.

Terza prova solo in alcuni casi particolari

Per le sezioni ESABAC, ESABAC techno, sezioni con opzione internazionale, per le scuole della Regione autonoma Valle d’Aosta e della Provincia autonoma di Bolzano, per le scuole con lingua d’insegnamento slovena e con insegnamento bilingue sloveno/italiano del Friuli Venezia Giulia, è presente una terza prova scritta.

Il colloquio

Il colloquio si svolge dopo gli scritti e riguarda anche l’insegnamento trasversale dell’educazione civica.
Si tratta di un colloquio in chiave multi e interdisciplinare: in poche parole, la commissione valuta sia la capacità del candidato di cogliere i collegamenti tra le conoscenze acquisite sia il profilo educativo, culturale e professionale dello studente. La commissione propone al candidato l’analisi di testi, documenti, esperienze, progetti, problemi per verificare che abbia acquisito contenuti e metodi propri delle singole discipline, la capacità di utilizzare le conoscenze e collegarle per argomentare in maniera critica e personale utilizzando anche la lingua straniera.
Nell’ambito del colloquio il candidato espone, mediante una breve relazione e/o un elaborato multimediale, l’esperienza PCTO (percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento) svolta nel percorso degli studi.

Esame di Stato 2023 conclusivo del secondo ciclo di istruzione. Nota informativa

Più soldi ai docenti che lavorano nelle aree disagiate e un anno europeo dedicato agli insegnanti. La proposta del ministro Valditara

da OrizzonteScuola

Di redazione

Il Ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, ha esortato a rimuovere gli investimenti in istruzione e ricerca dal Patto di Stabilità nel caso in cui i vincoli di Maastricht dovessero ritornare l’anno prossimo.

Valditara ha espresso questo pensiero durante il Consiglio dei ministri dell’Educazione che si è tenuto a Bruxelles. Inoltre, ha suggerito di organizzare una conferenza fra i ministri delle Finanze e i ministri dell’Istruzione per porre la questione del finanziamento scolastico anche a livello europeo.

Per Valditara, la scuola rappresenta il futuro delle società e l’economia futura sarà sempre più basata sull’istruzione e la ricerca. Inoltre, la crescita personale dei giovani e le loro prospettive occupazionali dipendono dalla scuola. Per questo motivo, il ministro ha dichiarato che la centralità della scuola è un tema prioritario.

Valditara ha spiegato che la riforma dell’istruzione mira a condividere la visione per attrarre e mantenere docenti e formatori qualificati. La figura del docente deve essere valorizzata socialmente, sottolineando l’autorevolezza e la dignità della professione. Inoltre, è necessario semplificare il lavoro dei docenti e prevenire il burnout.

Valditara ha anche proposto incentivi per i docenti che lavorano in aree disagiate o dove il costo della vita è più elevato, nonché un tavolo tecnico per studiare come mettere al centro la figura dell’insegnante.

Infine, Valditara ha espresso il suo pieno appoggio alla proposta del ministro tedesco di dedicare un anno europeo alla figura del docente, definendola un’iniziativa fantastica per dare visibilità sociale e forza alla professione.

Elenchi aggiuntivi GPS, parere favorevole del CSPI

da La Tecnica della Scuola

Di Lara La Gatta

Nella seduta del 7 marzo, il Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione ha espresso parere favorevole sullo schema di decreto ministeriale recante «Costituzione degli elenchi aggiuntivi alle graduatorie provinciali per le supplenze del personale docente ed educativo, in applicazione dell’articolo 10 dell’Ordinanza del Ministro dell’istruzione 6 maggio 2022, n. 112, e disposizioni concernenti gli elenchi dei docenti della scuola primaria e dell’infanzia per l’attribuzione di contratti di supplenza presso i percorsi a metodo Montessori, Pizzigoni, Agazzi».

Il CSPI valuta in maniera positiva il riconoscimento a un accesso prioritario alle supplenze per chi si abilita o si specializza.

Gli aspiranti, nelle more della ricostituzione delle graduatorie provinciali per le supplenze e delle correlate graduatorie di istituto, possono richiedere l’inserimento in un elenco aggiuntivo alle GPS di prima fascia e alla corrispondente seconda fascia delle graduatorie di istituto cui si attinge, prioritariamente, rispetto alle GPS di seconda fascia e alle graduatorie di istituto di terza fascia.

Il CSPI rileva, inoltre, che si tratta di una procedura che contribuisce a dare priorità all’accesso nel sistema scolastico di personale qualificato che ha conseguito l’abilitazione per i posti comuni, la specializzazione per il sostegno e la specializzazione didattica Montessori, Pizzigoni e Agazzi.

A tal proposito auspica che il Ministero dell’Istruzione e del Merito possa intervenire presso il Ministero dell’Università e della Ricerca affinchè solleciti le Università al fine di consentire l’espletamento delle sessioni di laurea in Scienze della Formazione Primaria in tempi utili rispetto alla scadenza dei termini per l’inserimento in GPS previsti dalla presente ordinanza, ovvero entro il 30 giugno 2023, onde evitare eventuale disparità tra gli aspiranti.

Al fine di evitare, inoltre, difformità di trattamento tra province che prevedono l’esclusione di tali aspiranti dalle graduatorie GPS e province che invece non prevedono tale sanzione, il CSPI propone che, a conclusione della individuazione da bando, le Istituzioni Scolastiche comunichino al sistema gli aspiranti individuati in modo che l’amministrazione non proceda alla loro esclusione.

Il CSPI, infine, rispetto all’utilizzo delle procedure informatiche, segnala la necessità di un monitoraggio per prevenire eventuali disfunzioni, soprattutto a seguito dello scioglimento delle riserve.

IL PARERE

8 marzo, rapporto Unicef: donne denutrite e dimenticate

da La Tecnica della Scuola

Di Pasquale Almirante

Pubblicato il  nuovo rapporto dell’Unicef “Denutrite e dimenticate: una crisi nutrizionale globale per le ragazze adolescenti e le donne”, diramato  occasione della Giornata internazionale della donna in cui emerge che le crisi in corso, “inasprite dalla persistente disuguaglianza di genere, stanno aggravando una crisi nutrizionale tra le ragazze adolescenti e le donne che aveva già mostrato scarsi miglioramenti negli ultimi due decenni”.  Infatti, secondo i rapporto, il numero di ragazze adolescenti e donne in gravidanza e allattamento che soffrono di malnutrizione acuta è salito dal 2020 da 5,5 milioni a 6,9 milioni, con un amento del 25%, nei 12 Paesi più colpiti dalla crisi alimentare e nutrizionale globale.

Afghanistan, Burkina Faso, Ciad, Etiopia, Kenya, Mali, Niger, Nigeria, Somalia, Sud Sudan, Sudan e Yemen rappresentano l’epicentro di una crisi nutrizionale globale che è stata esacerbata dalla guerra in Ucraina e dalla siccità, dai conflitti e dall’instabilità in corso in alcuni Paesi.

A livello globale 51 milioni di bambini sotto i 2 anni , secondo l’Unicef, soffrono di malnutrizione cronica, ovvero sono troppo bassi per la loro età a causa della malnutrizione. Di questi, circa la metà ne viene colpito durante la gravidanza e i primi sei mesi di vita, il periodo di 500 giorni in cui un bambino dipende completamente dall’alimentazione materna, secondo una nuova analisi contenuta nel rapporto.

L’Asia meridionale e l’Africa sub-sahariana rimangono l’epicentro della crisi nutrizionale tra le donne adolescenti e le ragazze, con 2 ragazze adolescenti e donne su 3 sottopeso a livello globale e 3 ragazze adolescenti e donne su 5 con anemia. Le crisi globali continuano a compromettere in modo sproporzionato – conclude l’Unicef – l’accesso delle donne al cibo nutriente.

Pensioni, chiarimenti INPS su opzione donna per le lavoratrici della scuola

da La Tecnica della Scuola

Di Lara La Gatta

L’articolo 1, comma 292, della Legge di Bilancio 2023 ha introdotto alcune novità in materia di accesso alla pensione anticipata c.d. opzione donna.

In particolare, la lettera a) del citato comma 292, aggiunge, dopo il comma 1 dell’articolo 16 del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, il comma 1-bis, secondo il quale: “Il diritto al trattamento pensionistico di cui al comma 1 si applica nei confronti delle lavoratrici che entro il 31 dicembre 2022 hanno maturato un’anzianità contributiva pari o superiore a trentacinque anni e un’età anagrafica di almeno sessanta anni, ridotta di un anno per ogni figlio nel limite massimo di due anni, e che si trovano in una delle seguenti condizioni:

a) assistono, al momento della richiesta e da almeno sei mesi, il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero un parente o un affine di secondo grado convivente qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i settanta anni di età oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti;

b) hanno una riduzione della capacità lavorativa, accertata dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell’invalidità civile, superiore o uguale al 74 per cento;

c) sono lavoratrici licenziate o dipendenti da imprese per le quali è attivo un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale presso la struttura per la crisi d’impresa di cui all’articolo 1, comma 852, della legge 27 dicembre 2006, n. 296. Per le lavoratrici di cui alla presente lettera la riduzione massima di due anni del requisito anagrafico di sessanta anni di cui all’alinea del presente comma si applica a prescindere dal numero di figli.

Destinatari

La norma si applica alle lavoratrici che, entro il 31 dicembre 2022, abbiano maturato un’anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni e un’età anagrafica di almeno 60 anni, e che si trovino in una delle condizioni indicate nella stessa norma.

Il requisito anagrafico di 60 anni è ridotto di un anno per figlio nel limite massimo di due anni. La riduzione massima di due anni si applica in favore della categoria di lavoratrici di cui alla lettera c) del comma 1-bis dell’articolo 16 del decreto-legge n. 4/2019, introdotto dalla norma in esame, anche in assenza di figli.

Pertanto, le lavoratrici di cui alla lettera c) in argomento possono accedere alla pensione c.d. opzione donna, con 58 anni di età e 35 anni di contribuzione, maturati entro il 31 dicembre 2022.

Le lavoratrici, in possesso dei prescritti requisiti anagrafico e contributivo, possono accedere alla pensione anticipata c.d. opzione donna ove si trovino in almeno una delle seguenti condizioni:

a)   assistono, alla data di presentazione della domanda di pensione e da almeno sei mesi, il coniuge o la parte dell’unione civile o un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, o un parente o un affine di secondo grado convivente qualora i genitori, il coniuge o l’unito civilmente della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i settanta anni di età oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti oppure siano deceduti o mancanti;

b)   hanno una riduzione della capacità lavorativa, accertata dalle competenti Commissioni per il riconoscimento dell’invalidità civile, superiore o uguale al 74 per cento;

c)   sono lavoratrici dipendenti o licenziate da imprese per le quali è attivo un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale presso la struttura per la crisi d’impresa di cui all’articolo 1, comma 852, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (cfr. il successivo paragrafo 2.2).

Le condizioni sopra specificate, anche con riferimento al personale appartenente al comparto scuola o quello dell’Alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM), devono sussistere alla data di presentazione della domanda di pensione e non devono essere oggetto di ulteriore verifica alla decorrenza del trattamento pensionistico.

Decorrenza del trattamento pensionistico

Con riferimento alla decorrenza del trattamento pensionistico per le lavoratrici del comparto scuola e AFAM trovano applicazione le disposizioni di cui all’articolo 59, comma 9, della legge 27 dicembre 1997, n. 449. Pertanto, al ricorrere dei prescritti requisiti e condizioni, le stesse possono conseguire il trattamento pensionistico rispettivamente a decorrere dal 1° settembre 2023 e dal 1° novembre 2023.

Il trattamento pensionistico in esame può essere conseguito anche successivamente alla prima decorrenza utile, fermo restando la maturazione dei requisiti anagrafico e contributivo entro il 31 dicembre 2022 e la sussistenza delle condizioni illustrate nei precedenti paragrafi alla data di presentazione della domanda.

PER ULTERIORI INFO: CIRCOLARE INPS N. 25 DEL 6 MARZO 2023

Giornata degli Autori Europei, si celebrerà il 27 marzo: tra le iniziative la lettura nelle scuole

da La Tecnica della Scuola

Di Lara La Gatta

Il Ministero dell’Istruzione e del Merito promuove la celebrazione della Giornata degli Autori Europei, una nuova azione indetta dalla Commissione Europea, per promuovere la letteratura europea e incoraggiarne la lettura nelle giovani generazioni.

La prima edizione si svolgerà il 27 marzo 2023 e l’iniziativa si ripeterà annualmente, con l’intento di avvicinare un numero sempre maggiore di studenti europei alla scoperta della ricchezza della cultura europea e al riconoscimento del valore della diversità della letteratura proveniente dai Paesi europei per la costruzione di una cittadinanza europea responsabile, libera e aperta alle sfide del mondo contemporaneo.

Sono tre le attività che si svolgeranno contemporaneamente il 27 marzo 2023:

Lettura nelle scuole
Le scuole secondarie di tutta l’Unione Europea sono invitate a organizzare momenti di lettura con autori, anche attraverso la Comunità eTwinning.

Tour degli autori europei
La Commissione Europea organizzerà un tour di autori europei che visiteranno scuole e altri luoghi, come biblioteche e librerie.

Conferenza sulla promozione della lettura
La conferenza si svolgerà a Sofia il 27 marzo con i rappresentanti dei ministeri dell’Istruzione e della Cultura degli Stati membri dell’UE per condividere esperienze e pratiche di promozione della lettura e contribuire allo sviluppo di una dimensione europea più forte e consapevole.

La Giornata è anche l’occasione per sottolineare l’importanza di programmi – in particolare Erasmus+ ed Europa creativa – e di numerose iniziative per la promozione della lettura attuate dalle singole istituzioni scolastiche.

TFA sostegno, le prove di accesso saranno tre: preselettiva, scritta e orale

da La Tecnica della Scuola

Di Lara La Gatta

Attualmente è in svolgimento il VII ciclo del corso di formazione per il conseguimento della specializzazione per le attività di sostegno didattico agli alunni con disabilità della scuola dell’infanzia, della scuola primaria e della scuola secondaria di primo e secondo grado (cd. TFA sostegno). I cosi sono arttivati presso le Università che hanno ottenuto l’autorizzazione del MUR e la loro conclusione è prevista per il 30 giugno 2023.

Per l’VIII ciclo si è in attesa del nuovo decreto, che definirà i posti da autorizzare ai singoli Atenei che attiveranno i percorsi.

Come si accede al percorso formativo

L’accesso al corso si articola in un test preselettivo, una prova scritta, una prova orale.

La tre prove sono volte a verificare, unitamente alla capacità di argomentazione e al corretto uso della lingua, il possesso da parte del candidato di:

a) competenze didattiche diversificate in funzione del grado di scuola;
b) competenze su empatia e intelligenza emotiva;
c) competenze su creatività e pensiero divergente;
d) competenze organizzative e giuridiche correlate al regime di autonomia delle istituzioni scolastiche.

Le tre prove di accesso riguardano:

a) competenze socio-psico-pedagogiche, diversificate per ordine e grado di scuola;
b) competenze su intelligenza emotiva: riconoscimento e comprensione di emozioni, stati d’animo e sentimenti dell’alunno; aiuto all’alunno per un’espressione e regolazione adeguata dei principali stati affettivi; capacità di autoanalisi delle proprie dimensioni emotive nella relazione educativa e didattica;
c) competenze su creatività e pensiero divergente, riferite cioè al saper generare strategie innovative ed originali tanto in ambito verbale linguistico e logico matematico quanto attraverso i linguaggi visivo, motorio e non verbale;
d) competenze organizzative in riferimento all’organizzazione scolastica e agli aspetti giuridici concernenti l’autonomia scolastica: il piano dell’offerta formativa, l’autonomia didattica, l’autonomia organizzativa, l’autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo, le reti di scuole; le modalità di autoanalisi e le proposte di auto-miglioramento di istituto; la documentazione; gli organi collegiali: compiti e ruolo del Consiglio di istituto, del Collegio dei docenti e del Consiglio di classe o team docenti, del Consiglio interclasse; forme di collaborazione interistituzionale, di attivazione delle risorse del territorio, di informazione e coinvolgimento delle famiglie. Compito e ruolo delle famiglie.

Il test preselettivo

Il test preselettivo della durata di 2 ore (120 minuti) sarà costituito da 60 (sessanta) quesiti, a risposta chiusa, formulati con 5 (cinque) opzioni di risposta, una sola delle quali corretta. Almeno 20 dei predetti quesiti sono volti a verificare le competenze linguistiche e la comprensione dei test in lingua italiana.

La valutazione del test sarà espressa in trentesimi: a ciascuna risposta corretta saranno attribuiti 0,5 punti; alle risposte non date o alle risposte errate saranno attribuiti 0 punti.

La prova scritta

La prova scritta, suddivisa per ordine e grado di scuola, verterà su una o più tematiche socio-psico-pedagogiche previste per il test preselettivo e non prevedrà domande a risposta chiusa. La sua valutazione verrà espressa in trentesimi.

Per essere ammesso alla prova orale, il candidato deve conseguire nella prova scritta una votazione non inferiore a 21/30.

La prova orale

La prova orale si svolgerà per tutti i candidati secondo il calendario che sarà reso noto contestualmente alla pubblicazione dell’elenco degli ammessi.

La prova orale verterà sui contenuti della prova scritta e su questioni motivazionali.

La valutazione verrà espressa in trentesimi.

La prova è superata se il candidato riporta una votazione non inferiore a 21/30.

Concorso DS: il Milleproroghe salva-bocciati censurato da Mattarella

da Tuttoscuola

La legge 14/2023 di conversione del decreto-legge 198/2022 “Milleproroghe” – che comprende anche l’emendamento che ha rimesso in pista i bocciati dell’ultimo concorso DS – si porta dietro una serie di critiche di merito e di metodo come da tempo non succedeva. Le osservazioni e le riserve del Presidente della Repubblica che hanno accompagnato la promulgazione della legge è sperabile possano segnare una svolta sia nell’abuso della decretazione d’urgenza sia nel frequente stravolgimento dei decreti-legge che il Parlamento trasforma con disinvoltura in provvedimenti omnibus che quasi sempre non hanno la natura di urgenza e straordinarietà richiesti dalla Costituzione. Il caso del salva-bocciati al concorso DS ne è una prova eloquente.

Mattarella ha stigmatizzato “l’abuso della decretazione di urgenza e la circostanza che i decreti-legge da tempo divenuti lo strumento di gran lunga prevalente attraverso i quali i governi esercitano l’iniziativa legislativa”, ma bacchetta anche il Parlamento evidenziando “il carattere frammentario, confuso e precario della normativa prodotta attraverso gli emendamenti ai decreti-legge e come questa produca difficoltà interpretative e applicative”.

Il Presidente ha segnalato che ai 149 commi contenuti nel DL iniziale “Milleproroghe” il Parlamento ne ha aggiunti altri 205 (!) in sede di conversione.

A proposito del DL “Milleproroghe”, diventato da troppo tempo l’appuntamento di fine anno (forse unico caso in Europa, se non nel mondo) con il quale molti parlamentari della maggioranza di turno attraverso gli emendamenti cercano visibilità per i loro elettori, va detto con franchezza che rappresenta, da una parte, una specie di ammissione (inconsapevole) di colpa del Parlamento stesso per avere varato norme troppo complesse e/o di non facile e immediata applicazione che hanno bisogno di extra-time per essere varate e, dall’altra, una sorta di ciambella di salvataggio per la Pubblica Amministrazione che, però, suona anche come sollecitazione e accusa per la sua scarsa efficienza.

Sempre a proposito di efficienza, in tutta fretta – comunque entro due mesi – il ministero dell’istruzione e del merito dovrà predisporre il corso intensivo di formazione dei candidati che avevano impugnato la loro bocciatura al concorso DS (infatti la maggioranza parlamentare ha voluto premiare di fatto solo chi ha presentato ricorso, creando le premesse per una “istigazione” a fare ricorso sempre e comunque in qualsiasi concorso pubblico, per la gioia degli studi legali e a danno della Pubblica Amministrazione che li dovrà gestire).

Su quell’emendamento (comma 11-quinquies) di salvataggio dei candidati bocciati sembra che il ministero, chiamato ad esprimere parere, non abbia avanzato riserve, anche se quel recupero, oltre a non avere indubbiamente natura di necessità e urgenza, non poteva essere considerato come valorizzazione del merito.

La scuola italiana è sempre più rosa: oltre 8 insegnanti su 10 sono donne

da Tuttoscuola

Le insegnanti donne sono l’83%. Nel 2001 erano il 78%. Nel primo ciclo è donna quasi la totalità dei docenti. Anche l’ultima roccaforte per i docenti uomini, le superiori, sta cedendo: oggi sono solo il 34%, venti anni fa erano il 41%.
Dal punto di vista geografico il tasso di femminilizzazione è più alto al Centro-Nord rispetto al Sud (circa 2-3 punti percentuali in più). Gli insegnanti uomini da Roma in su sono praticamente in via di estinzione: uno su 20 alle elementari, uno su 5 alle medie, uno su 3 alle superiori.

Uomini in fuga dalla scuola. Secondo le ultime rilevazioni registrate sul Portale dati del Ministero dell’Istruzione e del Merito, su 700mila docenti di ruolo in cattedra, 580mila sono donne. E’ stata così raggiunta l’anno scorso, nell’A.S. 2021/22, la percentuale complessiva più elevata di insegnanti donne nelle scuole statali: ben 83 su 100. Nel 2001, 22 anni fa, le donne tra le insegnanti di ruolo erano solo il 78%, ben 4 punti in percentuale in meno. In 14 anni il trend è cresciuto velocemente per poi rallentare: nel 2015 le docenti donne erano l’82%, solo un punto in percentuale in meno rispetto a oggi, a distanza di sette anni.

Certo, la crescente presenza di donne nella scuola italiana, soprattutto nel primo ciclo, non è una sorpresa: da anni all’Infanzia e alla Primaria le percentuali di insegnanti donne si sono stabilizzate quasi al massimo, sopra il 99% nelle prime e oltre il 96% nelle seconde. Quello che colpisce è invece l’abbandono della scuola da parte delle quote blu anche lì dove c’è sempre stato equilibro tra uomini e donne: il secondo ciclo. La presenza delle prof donne alle medie ha infatti superato il 78% (contro il 75% di venti anni fa) e quella delle colleghe degli istituti superiori è arrivata al 67%, pari a 2 donne su 3 in cattedra (contro il 59% del 2001).

A livello territoriale, la Regione che ha il più alto tasso di femminilizzazione è il Lazio con l’85% di docenti donne, seguita dalla Liguria con l’84,6% e dalla Lombardia con l’84,2%. Al contrario, il Molise ha il 79,7% di presenza femminile in cattedra, preceduto dalla Basilicata con l’80% e dalla Sardegna con l’80,3%. Nel complesso sono le regioni del Centro Italia ad avere il più elevato tasso di femminilizzazione con l’84,2%, mentre le Isole registrano il tasso più basso con l’80%.

In occasione della Giornata Internazionale della donna di domani, 8 marzo, Tuttoscuola ha messo a confronto i dati di vent’anni fa con quelli più recenti, in modo da capire come la scuola italiana sia andata, nel corso degli anni, colorandosi sempre più di rosa.  

Le donne nella scuola dell’infanzia

La scuola statale dell’infanzia ha sempre avuto una presenza massiccia di insegnanti donne, tanto che nella sua prima istituzione nel 1968, oltre ad essere denominata “materna” in riferimento alle madri, la legge 444 aveva disposto che tutto il personale fosse femminile, prima che la Corte costituzionale ne decretasse l’illegittimità.

Nonostante la liberalizzazione di genere, la presenza maschile non ha mai raggiunto l’1% (salvo qualche caso locale), e anche nel corso degli ultimi vent’anni la percentuale di donne è sempre stata sopra il 99%. Rispetto al 2000/2001, è stata registrata l’anno scorso un’impercettibile flessione (-0,4 punti in percentuale), generalizzata in tutte le aree con la sola eccezione minima delle Isole. Oggi dunque le insegnanti donne nella scuola dell’infanzia sono mediamente più del 99% del totale (99,2%), una percentuale pressoché immutata sostanzialmente negli anni.

Presenza femminile nella scuola dell’Infanzia 
aree 2000-01 2021-22 variazione
Nord Ovest 99,54 99,39 -0,15
Nord Est 99,56 99,38 -0,18
Centro 99,70 99,31 -0,39
Sud 99,64 99,26 -0,38
Isole 99,57 99,73 0,16
Totale 99,62 99,24 -0,38

Le donne nella scuola primaria

La scuola primaria è andata gradualmente femminilizzandosi, soprattutto nelle aree del Mezzogiorno dove ancora nel 2000/2001 era un po’ più marcata la presenza maschile. La situazione di genere si è poi gradualmente livellata intorno al 96%, attestandosi attualmente al 96,3% di media nazionale di presenza femminile, con le regioni del Sud che sono cresciute di quasi 3 punti in percentuale.

Presenza femminile nella scuola Primaria
aree 2000-01 2021-22 variazione
Nord Ovest 95,67 95,91 0,24
Nord Est 95,16 96,16 1,00
Centro 96,03 96,90 0,87
Sud 94,04 96,83 2,79
Isole 94,43 95,48 1,05
Totale 95,00 96,34 1,34

Le donne nella scuola secondaria di I grado

Nel corso degli ultimi vent’anni la presenza femminile tra i docenti della scuola secondaria di I grado è andata sensibilmente aumentando, facendo registrare un incremento medio nazionale di oltre 4 punti in percentuale, con punte superiori nelle regioni del Nord Est e del Sud.

Attualmente la presenza femminile supera mediamente il 78%, ma registra ancora un certo divario tra le regioni centro-settentrionali e quelle meridionali; in queste ultime, in ragione forse di particolari situazioni sociali e culturali, la presenza maschile resiste più che altrove.

Presenza femminile nella scuola secondaria

di I grado

aree 2000-01 2021-22 variazioni
Nord Ovest 76,43 80,01 3,58
Nord Est 73,88 79,32 5,44
Centro 76,44 79,53 3,09
Sud 71,77 76,78 5,01
Isole 72,72 75,18 2,46
Totale 73,97 78,14 4,17

Le donne nella scuola secondaria di II grado

Tra tutti i settori scolastici, la secondaria di II grado è indubbiamente quella che più di altri ha registrato un aumento di insegnanti donne.

Insieme alla secondaria di I grado è il settore che registra una decrescente presenza di uomini che ha favorito una marcata femminilizzazione, segno dei cambiamenti culturali e occupazionali.

Nel periodo considerato, la presenza femminile tra i professori degli istituti superiori è aumentata mediamente di oltre 8,5 punti, passando dal 58% al 66,5%, con la situazione particolarmente significativa delle regioni del Sud che hanno registrato un incremento di oltre 11 punti in percentuale, attestandosi ai livelli degli altri territori.

Anche le regioni del Nord Est hanno registrato significative variazioni di genere.

Presenza femminile negli istituti secondari

di II grado

aree 2000-01 2021-22 variazione
Nord Ovest 60,14 67,03 6,89
Nord Est 57,45 65,84 8,39
Centro 61,09 68,31 7,22
Sud 55,25 66,72 11,47
Isole 57,10 63,66 6,56
Totale 58,00 66,54 8,54

Oggi, relativamente ai docenti di ruolo delle scuole statali, sono complessivamente circa 580mila le insegnanti donne su un totale di circa 700mila, pari all’83%.

Scuola italiana sempre più rosa: alle superiori 2 prof su 3 sono donne

da Tuttoscuola

Il Portale scuola del Ministero dell’Istruzione e del Merito riporta per l’anno scolastico 2021-22 molti dati del personale scolastico, tra cui anche quelli riferiti al genere. Relativamente ai docenti di ruolo delle scuole statali sono complessivamente circa 580mila le insegnanti donne su un totale di circa 700mila, pari all’83%. La situazione tra le regioni nell’insieme di tutti settori non è omogenea. La regione che ha il più alto tasso di femminilizzazione è il Lazio con l’85%, seguita dalla Liguria con l’84,6% e dalla Lombardia con l’84,2%. Al contrario, il Molise ha il 79,7%, preceduto dalla Basilicata con l’80% e dalla Sardegna con l’80,3%. Nel complesso sono le regioni del Centro Italia ad avere il più elevato tasso di femminilizzazione con l’84,2%, mentre le isole registrano il tasso più basso con l’80%.

Docenti di ruolo scuole statali – 21/22

Aree Totale di cui Donne
Centro 131.363 110.648 84,2%
Nord Ovest 151.609 127.683 84,2%
Sud 192.220 159.744 83,1%
totale 698.896 579.330 82,9%
Nord Est 106.847 87.811 82,2%
Isole 116.857 93.444 80,0%

Le insegnanti donne nella scuola dell’infanzia sono mediamente più del 99% del totale (99,2%), una percentuale pressoché immutata sostanzialmente negli anni. Le variazioni territoriali sono minime e vanno dal 99,7% del Molise al 98,7% della Sicilia.

La scuola primaria sembra essere destinata a ridurre il divario tra i docenti dei due generi, assumendo quasi le caratteristiche della scuola dell’infanzia. Il range nella scuola primaria è abbastanza contenuto, rispetto al tasso medio nazionale del 96,3%, e va dal tasso massimo di femminilizzazione del 97,4% in Abruzzo al tasso minimo del 95,4% della Sicilia.

È ben diversa invece la situazione della scuola secondaria sia del primo che del secondo grado dove la forbice è piuttosto ampia. Per la secondaria di I grado il tasso medio nazionale di femminilizzazione si avvicina all’80% (otto donne ogni dieci), già raggiunto e superato dalla Liguria (80,9%), dal Lazio (80,3%), dal Piemonte ed Emilia R. (30,1%) e dall’Umbria (80%). Anche il Nord Ovest ha raggiunto il tasso dell’80%. Sono, invece, con tassi notevolmente inferiori alla media nazionale il Molise (71,2%), la Basilicata (72,9%), la Calabria e la Sicilia entrambe al 75%. Nel Mezzogiorno la presenza maschile, in forza anche di una tradizione culturale, frena l’avanzata delle donne in cattedra, il cui tasso resta sotto il 77%.

 Docenti di ruolo secondaria I gr. – 21/22

Aree Totale di cui donne
Nord Ovest 31.681 25.348 80,0%
Centro 26.978 21.455 79,5%
Nord Est 21.524 17.072 79,3%
Totale 145.426 113.634 78,1%
Sud 44.168 33.914 76,8%
Isole 21.075 15.845 75,2%

Nella scuola secondaria di II grado il tasso medio nazionale di femminilizzazione è del 66,5%, corrispondente a due docenti su tre. Rispetto a questo tasso medio, le regioni con la percentuale più elevata di donne in cattedra sono il Lazio (70,1%), la Liguria (69,2%), l’Emilia R. e l’Umbria con il 68,1%. Registrano, invece, un tasso inferiore la Sardegna (62,2%), il Friuli VG (63,4%), il Molise e la Sicilia (64,1%).

Docenti di ruolo secondaria II gr. – 21/22

Aree Totale di cui donne
Centro 31.695 46.400 68,3%
Nord Ovest 32.325 48.227 67,0%
Sud 48.192 72.226 66,7%
totale 156.287 234.863 66,5%
Nord Est 23.547 35.763 65,8%
Isole 20.528 32.247 63,7%

La situazione in Europa

La tendenza alla maggiore femminilizzazione non è peraltro un fenomeno solo italiano. In testa alla classifica europea, secondo Eurostat (dati 2019), si trovano i Paesi dell’ex blocco sovietico. Nell’ordine Lettonia (87%), Lituania (85%), Bulgaria (84%).

Ma l’Italia con il suo 83% (dati 2021-22) si è portata a ridosso di questo gruppo, del quale fanno parte anche la Slovacchia e l’Ungheria. Il Paese europeo che nel 2019 aveva il minor tasso di femminilizzazione era la Danimarca (62%), seguita da Lussemburgo (65%) e Spagna (66%), ma anche la Francia, la Svezia e la Germania stanno sotto la media europea.

Formazione Erasmus+ ed eTwinning

a cura di Lorenzo Mentuccia

Un 2023 all’insegna della formazione sulle opportunità europee per la scuola, con l’avvio di un ciclo seminari regionali Erasmus+ ed eTwinning rivolti agli insegnanti in tutte le regioni d’Italia!

Fino a dicembre sono già in svolgimento gli appuntamenti gratuiti attivati a livello regionale in modalità online e in presenza, per diffondere le opportunità Erasmus+ ed eTwinning. Gli incontri hanno inoltre l’obiettivo di fornire agli insegnanti consigli per intraprendere un nuovo modo di fare didattica in Europa, grazie alle mobilità, partenariati e progetti collaborativi a distanza del settore istruzione scolastica previsti dal Programma.

I seminari, organizzati dall’Agenzia nazionale Erasmus+ Indire in collaborazione con gli Uffici Scolastici Regionali (USR) e la rete degli Ambasciatori Erasmus+ Scuola, sono rivolti a dirigenti scolastici, docenti e personale scolastico di ogni ordine e grado e sono tutti ad accesso libero.

Calendari degli incontri e come partecipare

Per avere informazioni sul calendario degli appuntamenti previsti e sulle modalità di partecipazione è necessario accedere alle pagine regionali della mappa presente sul sito Erasmusplus.it, quindi accedere al link “Formazione regionale USR” relativo che riporta al calendario degli eventi di formazione in programma. Oppure è possibile contattare i Referenti USR Erasmus+, sempre attraverso le schede regionali accessibili nella mappa a questo link:

>> Consulta la mappa con i calendari di formazione regionali