Un Miur nuovo per Fioramonti

da ItaliaOggi

Alessandra Ricciardi

È stata una gestazione lunga, quella della riorganizzazione del ministero dell’istruzione, università e ricerca, che è approdata con le nomine sulle direzioni generali alla Corte dei conti solo agli inizi di agosto, alla vigilia della crisi di governo. E che ora risulta ancora bloccata alla Corte per il controllo di legittimità. Sono dunque bloccati i decreti di nomina dei direttori scolastici, sia centrali che regionali. E al Miur, in attesa di conoscere eventuali rilievi, si dà ormai per scontato, salvo sorprese, che saranno tutti rivisti e ridefiniti dal nuovo ministro dell’istruzione e università e ricerca, Lorenzo Fioramonti. Del resto, conosce bene uomini e macchina del ministero di cui è stato fino alla scorsa settimana viceministro. La discontinuità che ha promesso sul suo ministero potrà dunque misurarsi anche sulle posizioni apicali centrali che regionali. Certamente riguarderà il gabinetto, con un nuovo capo al posto di Giuseppe Chinè, consigliere di stato, con un’ampia esperienza alle spalle (capo di gabinetto con Giulio Tremonti al ministero dell’Economia, dove è rimasto anche con Mario Monti, dal 2013 alla Salute al fianco di Beatrice Lorenzin). Nuovi anche i sottosegretari in arrivo: tramontata la conferma del pentastellato Salvatore Giuliano, in pole sono dati Anna Ascani, giovane deputata del Pd, insegnante, che ha competenze trasversali a scuola e università ed è considerata vicina a Matteo Renzi. Sul fronte pentastellato, dovrebbe spuntarla Lucia Azzolina, deputata della commissione cultura, anch’essa docente che conosce il mondo del precariato. Ancora in campo Francesco D’Uva, capogruppo M5s alla camera.

Al primo consiglio dei ministri, Fioramonti ha annunciato che riprenderà l’iter del decreto sui precari della scuola, dove si riapre il fronte dei test di ingresso per Pas e concorso riservato. I sindacati avevano concordato con la Lega che non ci sarebbero stati sbarramenti in ingresso. Pd e M5s invece concordano sulla necessità di una maggiore selezione che premi il merito più che l’anzianità di servizio. Il nuovo testo dirà il tasso di discontinuità del governo giallorosso rispetto al gialloverde.

Un segnale è atteso anche sui precari della ricerca, a cui Fioramonti ha promesso un percorso di stabilizzazione.

E poi c’è il dossier spinoso del contratto, essenziale per la valorizzazione della professione docente e Ata e che è uno dei punti chiave dell’intesa sottoscritta in primavera dai sindacati con il premier Giuseppe Conte. Intesa di cui ora le sigle chiedono l’attuazione e il rispetto. Decisiva la partita finanziaria.

Fioramonti ha annunciato battaglia per reperire almeno 2 miliardi di euro per la scuola e 1 per l’università e ricerca: la sede sarà la prossima legge di Bilancio. «Servono delle micro tasse di scopo«, ha detto al suo insediamento il ministro, «una tassa sulle merendine, una sulle bevande zuccherate, un’altra sui biglietti aerei. Sono attività o dannose per la salute, le prime due o inquinanti. Con i soldi che lo stato ricava si fanno interventi per la ricerca o la scuola. Abbiamo calcolato che solo da questi interventi si possono ricavare 2,5 miliardi».

Chiamata diretta nel guado

da ItaliaOggi

Carlo Forte

Cancellazione della chiamata diretta in mezzo al guado. Il varo del nuovo governo, che prevede una nuova maggioranza composta dal Movimento 5 Stelle e dal Partito democratico, mette a rischio l’approvazione del disegno di legge Granato (S 763), già licenziato in prima lettura dal senato e assegnato alla camera dal 26 luglio scorso con il numero C. 2005. Il provvedimento si intitola: «Modifiche alla legge 13 luglio 2015, n. 107, in materia di ambiti territoriali e chiamata diretta dei docenti». E il Pd, finora, ha sempre votato contro, in tutte le fasi della discussione parlamentare: sia in commissione che in aula.

È probabile che la diversità di vedute venga ricomposta. Ma il provvedimento, che viaggiava spedito verso l’approvazione, potrebbe essere rinegoziato e subire dei ritardi. Le coordinate di riferimento, infatti, non sono più quelle stabilite nel contratto di governo a suo tempo stipulato con la Lega, che prevedeva espressamente la cancellazione di questo istituto introdotto dal governo Renzi con la legge 107/2015. Nel contratto di governo, al paragrafo 2.2. (pag. 42) si leggeva, infatti, che: «Un altro dei fallimenti della cosiddetta Buona Scuola» determinato «dalla possibilità della chiamata diretta dei docenti da parte del dirigente scolastico».

Tant’è che Il Movimento 5 Stelle e la Lega si erano impegnati a «superare questo strumento» si legge nel contratto « tanto inutile quanto dannoso». Una cosa è certa però: il Movimento 5 stelle non ha cambiato idea. E durante il «Conte 1» è stata già introdotta nell’ordinamento una norma che vieta l’assegnazione dei docenti agli ambiti sia in sede di assunzione che di mobilità. Si tratta del comma 796 dell’articolo 1 della legge di bilancio, il quale dispone che: «A decorrere dall’anno scolastico 2019/2020, le procedure di reclutamento del personale docente e quelle di mobilità territoriale e professionale del medesimo personale non possono comportare che ai docenti sia attribuita la titolarità su ambito territoriale». Ma non prevede l’abrogazione delle norme della legge 107/2015, che istituiscono e regolano gli ambiti territoriali e la chiamata diretta. Di qui la necessità di un provvedimento legislativo che lo preveda espressamente, mettendo in sicurezza anche le pattuizioni contenute nel contratto sulla mobilità. Che hanno dato attuazione al divieto. Ma in un contesto del tutto anomalo.

Da una parte esiste una norma che prevede espressamente la chiamata diretta (che nella legge 1097 è denominata chiamata per competenze). E da un’altra parte c’è una norma che, pur non cancellando gli ambiti e la chiamata diretta, vieta espressamente che la chiamata diretta possa essere attuata. E a questo provvede il disegno di legge Granato. Che abroga le norme specifiche della legge 107/2015 e introduce anche delle modifiche che legittimano il contenuto delle norme contrattuali. Il disegno di legge dispone l’abrogazione espressa dei commi 18, 80, 81 e 82 dell’articolo 1 della legge 107/2015. Vale a dire, delle norme che istituiscono gli ambiti territoriali e la cosiddetta chiamata per competenze. Gli ambiti territoriali sono estensioni geografiche pari all’ampiezza di circa due distretti scolastici nei quali è stato suddiviso il territorio nazionale. Ad ogni ambito è assegnata una dotazione organica di docenti. E i docenti non titolari, perché senza sede o in esubero, e i docenti neoassunti vengono assoggettati ad un sistema di assegnazione della sede che avviene per chiamata diretta da parte dei dirigenti scolastici.

I docenti interessati stipulano con il dirigente scolastico un contratto di durata triennale e, secondo la legge 107/2015, non assumono mai la titolarità della sede. In particolare, il disegno di legge, oltre a prevedere l’abrogazione delle norme istitutive di ambiti e chiamata diretta, dispone che il personale docente titolare su ambito territoriale alla data del 1° settembre 2018 assuma la titolarità presso l’istituzione scolastica che gli abbia conferito l’incarico triennale. E ciò modifica definitivamente lo stato giuridico dei titolari di incarico triennale, disponendo l’attribuzione della titolarità sulla scuola. In più prevede che i vincitori di concorso, all’atto dell’assunzione, debbano esprimere, secondo l’ordine di graduatoria, la preferenza per l’istituzione scolastica di assunzione, all’interno della regione per cui hanno concorso.

Mentre, per gli aventi titolo all’assunzione a tempo indeterminato tramite lo scorrimento delle graduatorie a esaurimento, prevede che esprimano, secondo l’ordine delle rispettive graduatorie, la preferenza per l’istituzione scolastica ricompresa fra quelle della provincia in cui sono iscritti. Il disegno di legge non prevede, in questo caso, l’assunzione della titolarità sulla scuola scelta. Perché i docenti neoassunti sono soggetti al periodo di prova e assumono la titolarità solo dall’anno scolastico successivo all’esito della mobilità a domanda.

Decreto salvaprecari, tutto da rifare In bilico Pas e concorsi riservati

da ItaliaOggi

Marco Nobilio

Decreto salvaprecari da rifare. Il provvedimento del primo governo Conte, approvato in consiglio dei ministri il 7 agosto scorso, non è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 28 agosto, dopo la crisi di governo ingenerata dalla Lega. E adesso l’iter dovrà ricominciare da capo. Il decreto, peraltro, era stato approvato apponendo la formula salvo intese. Perché il Movimento 5 stelle non aveva raggiunto l’accordo con la Lega sul testo proposto dall’allora ministro Marco Bussetti. E ora dovrà essere necessariamente rinegoziato nell’ambito della nuova maggioranza M5s-Pd sulla quale si regge il governo Conte II. Il neo ministro Lorenzo Fioramonti ha annunciato che lavorerà a una soluzione, ma più attenta al merito. La soluzione sulla quale la maggioranza del governo Conte I stava ragionando era quella di ammettere i precari triennalisti al concorso ordinario esonerandoli dalle prove preselettive e, al tempo stesso, prevedendo una quota di riserva, sempre destinata ai triennalisti, nell’ordine del 35% circa. «Una sanatoria», aveva attaccato il Movimento5stelle, che invece si era battuto per inserire test in ingresso, bloccando di fatto il varo finale del provvedimento.

Oltretutto, il decreto del 7 agosto recepiva l’accordo sottoscritto dal governo con i sindacati il 23 aprile scorso. Accordo con cui era stata concordata la stabilizzazione dei docenti precari tramite l’istituzione di «percorsi abilitanti e selettivi riservati al personale docente», si legge nel testo dell’intessa, «che abbia una pregressa esperienza di servizio pari ad almeno 36 mesi finalizzati all’immissione in ruolo».

Ecco cosa diceva il testo dell’ipotesi del decreto legge rimasto solo sulla carta.

Entro quest’anno si prevedeva di bandire un concorso riservato ai docenti precari delle secondarie di I e II grado, che avessero prestato servizio nelle istituzioni scolastiche o educative statali almeno tre anni nel periodo compreso tra il 2011/12 e il 2018/19. Ogni anno di servizio, per essere considerato valido ai fini dell’accesso al concorso, avrebbe dovuto essere stato prestato per almeno 180 giorni, anche frazionatamente. Idem se il servizio fosse stato prestato ininterrottamente dal 1° febbraio fino al termine dello scrutinio finale. Non sarebbe stato considerato valido, invece, il servizio prestato presso le scuole private paritarie. Al concorso riservato sarebbe stato assegnato un contingente pari al 50% dei posti utili per le immissioni in ruolo del concorso ordinario.

Pertanto, se i posti disponibili per le immissioni in ruolo in una classe di concorso fossero stati 100, 25 posti sarebbero ai vincitori del concorso ordinario, 25 ai vincitori del concorso riservato e 50 posti agli aventi titolo all’assunzione tratti dallo scorrimento delle graduatorie a esaurimento. Nel caso in cui nella classe di concorso di riferimento fosse risultata esaurita la graduatoria a esaurimento provinciale, i 100 posti disponibili per le immissioni in ruolo sarebbero stati assegnati equamente tra concorso ordinario e concorso riservato: 50 all’ordinario e 50 al riservato.

Con il decreto-legge si intendeva anche prorogare di un altro anno le graduatorie del concorso indetto per effetto del comma 114, dell’articolo 1, della legge 107/2015. Che erano già state prorogate di un anno con il comma 603 della legge 205/2017. E adesso sarebbero state valide fino al 2019/2020. Il differimento della data di decadenza degli elenchi di merito era stata ritenuta necessaria a causa della carenza di personale docente nella scuola secondaria. E per garantire la continuità didattica il governo intendeva prorogare di un anno anche la disciplina speciale prevista per i diplomati magistrali che saranno licenziati quest’anno all’esito delle sentenze di merito relative ai contenziosi ancora pendenti: chi era stato immesso in ruolo avrebbe subito la conversione del contratto da tempo indeterminato a tempo determinati fino al 31 agosto; chi era stato assunto con supplenza fino al 31 agosto, avrebbe subito la modifica del termine al 30 giugno.

Il governo M5s-Lega intendeva anche istituire un percorso formativo abilitante straordinario (Pas) universitario per sopperire alla mancanza di docenti abilitati nelle scuole statali e paritarie. Al corso avrebbero avuto accesso tutti gli aspiranti in possesso di almeno tre anni di servizio prestato nel periodo compreso tra il 2011/12 e il 2018/19. Ogni anno di servizio, per essere considerato valido ai fini dell’accesso al concorso, avrebbe dovuto essere stato prestato per almeno 180 giorni, anche frazionatamente. Idem se il servizio fosse stato prestato ininterrottamente dal 1° febbraio fino al termine dello scrutinio finale. Sarebbero stati considerati validi i servizi prestati, indifferentemente, nelle scuole statali, private paritarie e nei percorsi di istruzione e formazione professionale. I tre anni di servizio non sarebbero stati richiesti agli aspiranti in possesso del titolo di dottore di ricerca. Il triennio di dottorato, dunque, sarebbe stato equiparato al requisito del triennio di servizio.

Sarebbero stati ammessi ai Pas senza la necessità di far valere il triennio di servizio anche i soggetti che fossero stati ammessi precedentemente a un percorso abilitante a qualsiasi titolo (per esempio al Fit) e che non avessero potuto frequentarlo fino alla fine per gravidanza o motivi di salute.

Maturità, arriva il restyling di Fioramonti

da ItaliaOggi

Emanuela Micucci

«Per cinque anni non si tocca». È l’impegno sulla maturità del nuovo ministro dell’istruzione Lorenzo Fioramonti che, all’indomani della sua nomina, conferma anche il ruolo delle prove Invalsi. «Necessarie», spiega, «per misurare lo stato dell’apprendimento, devono diventare più leggere e moderne». Nessuna novità, dunque, per i circa 500 mila studenti di V superiore che il prossimo 17 giugno saranno alle prese con l’esame di Stato. Di fatto, così arriverà a compimento la riforma della maturità targata Buona Scuola del governo Renzi. Iniziando proprio dalle prove Invalsi e dall’alternanza scuola-lavoro: entrambe saranno vincolanti per l’ammissione all’esame così come previsto dalla riforma del Pd.

La possibilità di sostenere l’esame senza averle svolte, come è accaduto lo scorso anno scolastico, infatti, era una norma solo provvisoria del governo M5S-Lega, che nel Milleproroghe aveva prorogato questi requisiti di ammissione di un anno, a giugno 2020. Un tentativo di renderla definitiva per l’Invalsi e di rendere facoltative le prove Invalsi in III media era stato tentato nel Decreto Scuola, ma la norma fu stralciata all’ultimo momento. Le dichiarazioni di Fioramonti adesso sembrano una pietra tombale.

Così come resteranno le nuova modalità dello scritto di italiano alla maturità, con buona pace di chi avrebbe voluto il ritorno della traccia specifica di storia. E la seconda prova mista, con latino e greco al classico e matematica e fisica allo scientifico. Mentre debutterà nel 2019/20 il curriculum dello studente allegato al diploma di maturità, così come definito dalla legge 107/2015 e normato dal decreto legislativo 62/2017.

Il documento, che inizialmente sarebbe dovuto essere rilasciato già nel 2019, darà conto della carriera scolastica dello studente: dalle discipline studiate ai livelli di apprendimento nella prova Invalsi, passando per le competenze in lingua inglese e ai percorsi di alternanza, fino alle attività extra scolastiche culturali, artistiche e di pratiche musicali, sportive e di volontariato. Manca solo un decreto ministeriale, che sarebbe dovuto arrivare entro marzo, ma che è stato rinviato a questo anno scolastico.

Legge sulle impronte digitali Fioramonti: va abrogata

da ItaliaOggi

Emanuela Micucci

«Chiederò di abrogare la legge» che impone le impronte digitali all’ingresso per i presidi. È uno dei primi provvedimenti annunciati dal neo ministro dell’istruzione Lorenzo Fioramonti, che incassa il favore immediato di presidi e Ata, il personale scolastico soggetto ai controlli biometrici voluti dal’ex ministro della pubblica amministrazione Giulia Bongiorno con la legge Concretezza (n.56/2019), entrata formalmente in vigore lo scorso 7 luglio. Anche se per la sua applicazione necessita di uno specifico decreto attuativo, che era previsto entro settembre, e soprattutto dell’installazione in tutte le oltre 45 mila sedi scolastiche delle costose apparecchiature per il riconoscimento delle impronte digitali. Misura da cui, secondo la norma, sono esclusi i docenti. Nelle intenzioni di Fioramonti, però, la legge dovrà essere abrogata «al secondo Consiglio dei ministri».Notizia appresa «con estrema soddisfazione» dall’Anp, l’associazione nazionale presidi, pronta a proporre immediato ricorso alla Consulta Costituzionale se i controlli fossero diventati realtà. Il dirigente scolastico, evidenzia l’Anp, non ha un orario fisso di lavoro. Infine, i costi: 200-300 milioni di euro secondo i calcoli dell’Anp.

Nei prossimi 10 anni 400mila docenti in pensione, ma si perderà un milione di studenti

da Orizzontescuola

di redazione

Se da un lato la scuola italiana, come riporta l’OCSE, perderà un milione di studenti, saranno molti i docenti che lasceranno il lavoro e dovranno essere rimpiazzati dalle  nuove leve.

400 mila pensionamenti in 10 anni

Il corpo docente in Italia è il più anziano tra i Paesi dell’OCSE e l’Italia ha la quota maggiore di docenti ultra 50enni. Sebbene questo rapporto sia notevolmente diminuito nella scuola primaria e secondaria, dal 64% nel 2015 al 59% nel 2017 con le recenti campagne di assunzioni, l’Italia dovrà sostituire circa la metà degli attuali docenti entro i prossimi dieci anni. Infatti, si attendono circa 400mila pensionamenti in 10 anni. Anche se la richiesta di docenti dovrà fare i conti con il calo demografico e la diminuzione di studenti.

Età degli insegnanti

Per quanto riguarda l’età dei docenti italiani, il tasso di insegnanti tra i 25 e i 34 anni è il più basso dei paesi OCSE, mentre l’età che presenta maggiore presenza è quello tra i 50 e i 59. I dati sono stati forniti oggi in occasione della presentazione del Rapporto “Uno sguardo sull’educazione”, presentato dall’analista Giovanni Maria Semeraro, oggi a Parigi.

Forte presenza femminile

La scuola italiana continua, inoltre, ad avere una presenza femminile con il 93% di donne laureate in Scienze della Formazione primaria, anche se la quota di giovani insegnanti laureate non supera il 4%.

Anche se Scienze della formazione non è l’unico percorso che conduce alla professione di docente, la quota elevata di donne si rileva anche in tutto il corpo docente: il 78% dei docenti è di genere femminile in tutti i livelli di insegnamento. L’indagine Teaching and Learning International Survey (TALIS), che si concentra sulle scuole secondarie inferiori, ha rilevato che in Italia la percentuale di donne tra i dirigenti scolastici nelle scuole medie (69%) è inferiore rispetto alla percentuale delle donne tra gli insegnanti a questo stesso livello.

Pensioni, prescrizione contributi: tutte le date di scadenza. Circolare INPS

da Orizzontescuola

di redazione

Pensioni: termini di prescrizione dei contributi dovuti dalle amministrazioni pubbliche. Circolare INPS di chiarimenti e date di scadenza.

Normativa di riferimento

Il cosiddetto decreto quota 100 (decreto legge n. 4/2019 convertito in legge 26/2019) ha dettato delle misure relativamente ai contributi dovuti dalle amministrazioni pubbliche.

Il citato decreto ha modificato la legge 8 agosto 1995, n. 335, prevedendo la sospensione dei termini di prescrizione della contribuzione obbligatoria, per i periodi di competenza fino al 31 dicembre 2014, con riferimento alle contribuzioni dovute dalle amministrazioni pubbliche per le gestioni previdenziali esclusive amministrate dall’INPS.

Il termine di sospensione dell’applicazione dei termini di prescrizione è fissato al 31 dicembre 2021.

Ambito di applicazione

La sospensione dei termini di prescrizione si applica alle amministrazioni pubbliche, di cui al D.lgs. 165/01:

  1. le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative. Sono da comprendere nell’ambito degli istituti e scuole di ogni ordine e grado le Accademie e i Conservatori statali;
  2. le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo;
  3. le Regioni, le Province, i Comuni, le Unioni dei Comuni, le Comunità montane e loro consorzi e associazioni;
  4. le istituzioni universitarie;
  5. gli Istituti autonomi case popolari;
  6. le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni;
  7. gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali; in essi rientrano tutti gli enti indicati nella legge 20 marzo 1975, n. 70, gli ordini e i collegi professionali e le relative federazioni, i consigli e collegi nazionali, gli enti di ricerca e sperimentazione anche se non compresi nella legge n. 70/1975;
  8. le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale;
  9. l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN);
  10. le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.

Sospensione termini prescrizione

La sospensione dei termini si applica alla sola contribuzione dovuta alle gestioni previdenziali esclusive amministrate dall’INPS e, quindi, esclusivamente alla contribuzione riguardante:

  • la Cassa per le pensioni dei dipendenti degli enti locali (CPDEL);
  • la Cassa per le pensioni agli insegnanti di asilo e di scuole elementari parificate (CPI);
  • la Cassa per le pensioni dei sanitari (CPS);
  • la Cassa per gli ufficiali giudiziari (CPUG);
  • la Cassa per i trattamenti pensionistici dei dipendenti civili e militari dello Stato (CTPS).

Sono escluse invece escluse le contribuzioni pertinenti a:

  • fondo pensioni lavoratori dipendenti (FPLD)
  • fondi esonerativi e sostitutivi della Assicurazione generale obbligatoria;
  • fondi per l’erogazione dei trattamenti di previdenza (TFR/TFS) ai dipendenti pubblici (fondo ex INADEL ed ex ENPAS).

La sospensione non opera sugli effetti dei provvedimenti giurisdizionali passati in giudicato.

Periodi retributivi che decorrono dal 1° gennaio 2015

La contribuzione riguardante i periodi retributivi, che decorrono dal 1° gennaio 2015, è esclusa dall’ambito di applicazione della suddetta sospensione ed è soggetta agli ordinari termini prescrizionali indicati dalla legge n. 335/1995.

In particolare, i versamenti afferenti ai periodi retributivi del 2015 devono essere effettuati nel rispetto dei relativi termini prescrizionali entro l’anno 2020, fatta eccezione per quelli afferenti a dicembre 2015, che potranno essere effettuati secondo gli ordinari termini di prescrizione, entro il 18 gennaio 2021. Questo perché il termine di prescrizione decorre dalla data in cui il diritto può essere fatto valere (art. 2935 c.c.) e il termine di decorrenza coincide con il giorno in cui l’Istituto può esigere la contribuzione, ossia con la data di scadenza del termine per effettuare il versamento (il 16 del mese successivo a quello al quale la contribuzione si riferisce).

Circolare 169/2017

La circolare n. 117/08 ha differito al 1° gennaio 2020 il termine dal quale, secondo le indicazioni fornite con la circolare n. 169/2017, si pone a carico dei datori di lavoro iscritti alle casse pensionistiche della Gestione pubblica l’onere del trattamento di quiescenza spettante per i periodi di servizio utili ai fini della prestazione non assistiti dal corrispondente versamento di contribuzione.

Per i dipendenti iscritti alla CPI, secondo le indicazioni della citata circolare n. 169/2017, l’utilità dei periodi prescritti e non coperti da contribuzione è subordinata al pagamento dell’onere della rendita vitalizia.

Le pubbliche amministrazioni, per le quali si applica la sospensione suddetta, potranno regolarizzare la contribuzione dovuta alle casse pensionistiche della Gestione pubblica, compresa la CPI, entro il termine del 31 dicembre 2021, per i periodi retributivi fino al 31 dicembre 2014 e, entro i termini di prescrizione quinquennale, per i periodi retributivi che decorrono dal 1° gennaio 2015.

Conclusioni

  • Contribuzione obbligatoria per i periodi di competenza fino al 31 dicembre 2014, con riferimento alle contribuzioni dovute dalle amministrazioni pubbliche per le gestioni previdenziali esclusive amministrate dall’INPS:  i termini di prescrizione sono sospesi sino al 31/12/2021
  • Versamenti afferenti ai periodi retributivi del 2015 devono essere effettuati entro l’anno 2020 (prescrizione quinquennale)
  • Versamenti afferenti a dicembre 2015 potranno essere effettuati secondo gli ordinari termini di prescrizione, entro il 18 gennaio 2021

Circolare Inps

Maturità per cinque anni non si tocca ma Invalsi e alternanza obbligatorie

da Orizzontescuola

di redazione

“Per cinque anni non si tocca”, così il Ministro Fioramonti al suo esordio dopo l’incarico nel secondo Governo Conte si è espresso in riferimento agli esami di Stato della secondaria di II grado.

Cosa non cambia nella Maturità 2020

Non cambierà dunque la nuova impostazione della prova di Italiano (7 tracce), la seconda prova mista, il colloquio orale in 4 parti, a partire dall’estrazione della busta.

Non verrà modificata l’attribuzione dei crediti del triennio scolastico.

Non verranno modificate le modalità di composizione delle commissioni (tre docenti esterni, tre interni).

Cosa potrà cambiare

Lo svolgimento della prova Invalsi e le attività di alternanza scuola lavoro potrebbero tornare ad essere vincolanti ai fini dell’ammissione all’esame di Stato.

Lo scorso anno infatti, con il Decreto Milleproroghe, l’obbligatorietà fu rimandata al 2020.

Requisiti d’accesso all’esame di maturità, a partire dal 2019/20 dovrebbero dunque essere:

a) frequenza per almeno tre quarti del monte ore annuale personalizzato;

b) partecipazione, durante l’ultimo anno di corso, alla prova Invalsi;

c) svolgimento dell’attività di alternanza scuola-lavoro secondo quanto previsto dall’indirizzo di studio nel secondo biennio e nell’ultimo anno di corso;

d) aver conseguito la sufficienza (6) in tutte le discipline, fatta salva la possibilità per il Consiglio di classe di ammettere, con adeguata motivazione, chi ha un voto inferiore a sei in una disciplina (o in un gruppo di discipline che insieme esprimono un voto).

e) aver conseguito la sufficienza in condotta.

L’ammissione con l’insufficienza in una disciplina o gruppo di discipline, che insieme esprimono un solo voto, incide sull’attribuzione del credito scolastico.

L’insufficienza nella condotta determina, invece, la non ammissione all’esame.

Dovrebbe debuttare nel 2019 anche il Curriculum dello studente. Si tratta di un documento allegato al diploma rilasciato dalla scuola, previsto dalla Legge 107/2015 e dal conseguente decreto attuativo n. 62/2017.

Il documento riporta:

  • le discipline studiate
  • i livelli di apprendimento conseguiti nelle prove Invalsi (italiano, matematica e inglese)
  • la certificazione sulle abilità di comprensione e uso della lingua inglese.
  • le competenze, le conoscenze e le abilità anche professionali acquisite;
  • le attività culturali, artistiche, di pratiche musicali, sportive e di volontariato, svolte in ambito extra scolastico;
  • le attività di alternanza scuola-lavoro;
  • altre eventuali certificazioni conseguite

Il modello di diploma e curriculum avrebbe dovuto essere elaborato dal Miur con apposito decreto ma poi lo scorso anno si derogò anche su questo. Quest’anno potrebbe essere l’anno buono per avviare in toto la riforma degli esami di Stato.

Sarebbe opportuno, dato che siamo all’esordio del nuovo anno scolastico, sapere se tali novità faranno parte o meno dell’esame di stato 2020.

La prova di Italiano è prevista per il 17 giugno 2020.

Scuola, avanti c’è posto: entro dieci anni 400 mila docenti in pensione

da La Tecnica della Scuola

Nel prossimo decennio la scuola pubblica perderà un milione di studenti e circa 400 mila docenti: il doppio dato tendenziale è contenuto nel Rapporto Ocse ‘Education at a Glance 2019’, nel quale si evidenzia che nei dieci anni che verranno la scuola perderà oltre un milione di studenti e circa metà degli attuali docenti andranno in pensione. Un dato, quest’ultimo che preannuncia un turn over progressivo non indifferente, con tantissimi docenti nuovi a subentrare.pensiona

Record di over 50

Lo studio sottolinea anche che l’Italia ha la quota maggiore di docenti ultra 50enni dell’area Ocse (ben il 59%) e per questo motivo dovrà sostituirne così tanti entro i prossimi dieci anni.

Sempre l’Italia vanta il record, stavolta negativo, di insegnanti nella fascia d’età tra i 25 e i 34 anni

Inoltre, per due docenti su tre la vera emergenza sono i compensi inadeguati che lo stato italiano gli conferisce: il 68% degli insegnanti ha dichiarato che migliorare i salari dei docenti dovrebbe essere una priorità.

Più laureati, ma il gap rimane

In compenso, aumentano ai laureati tra i 25 e 34 anni, passati dal 19% del 2007 al 28% in assoluto e al 34% tra le giovani donne. Mentre nella fascia 25-64 anni appena il 19% ha il titolo terziario: il gap rispetto alla media dei Paesi Ocse, che è del 37%, rimane altissimo.

Eppure, i laureati guadagnano il 39% in più rispetto agli adulti con un titolo di scuola secondaria superiore. Tra i disincentivi a finire l’Università, ci sono anche le tasse universitarie, che in Italia risultano magigori rispetto a molti altri Paesi del vecchio Continente e si collocano al livello di quelle di Paesi Bassi e Spagna, pur inferiori a quelle di Lettonia e Regno Unito.

La spesa per studente rimane modesta

Altro tasto dolente è quello della spesa per l’istruzione rispetto al Pil, che si colloca tra i bassifondi della graduatoria dei Paesi Ocse: in Italia i finanziamenti per tutto il settore formativo statale, dalla scuola primaria sino alla formazione terziaria, si fermano al 3,9% del prodotto interno lordo.

Contro una media della classifica Ocse pari al 5% del Pil. Questo significa che nella nostra Penisola si investono appena 8.300 dollari in media per studente, mente la media Ocse sfiora i 10 mila (9.800 euro).

A soffrire più di tutti è l’Università italiana, per la quale lo Stato spende l’1% per cento del Pil. Il record di Neet, rispetto alla media Ocse del 14%. – il 26% dei giovani di età compresa tra 18 e 24 anni – non è un caso.

Una vita da social, al via la campagna educativa di Miur e Polizia postale

da La Tecnica della Scuola

Torna anche quest’anno “Una vita da social”, la campagna educativa itinerante promossa dalla Polizia postale e delle Comunicazioni e dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, nell’ambito del progetto Safer Internet Centre – Generazioni Connesse.

Giunta alla sua settima edizione, l’iniziativa si pone anche quest’anno l’obiettivo di promuovere un uso responsabile dei social network al fine di prevenire comportamenti a rischio, affinché i giovani possano sfruttare le opportunità che la rete offre ed essere consapevoli dei pericoli.

La campagna prevede il coinvolgimento delle scuole primarie, secondarie di primo e secondo grado di oltre 50 città italiane sull’intero territorio nazionale. Nel corso di ogni tappa, personale specializzato della Polizia Postale incontrerà docenti, studenti e genitori sui temi relativi alla sicurezza in rete, con l’obiettivo di incentivare gli utenti ad un uso responsabile delle nuove tecnologie.

Le scuole interessate all’eventuale partecipazione del proprio istituto potranno segnalare tale richiesta a progettoscuola.poliziapostale@interno.it compatibilmente con le tappe previste dal tour.

Le tappe

  • L’AQUILA 16 settembre 2019
  • TERAMO 17 settembre 2019
  • TERMOLI 18 settembre 2019
  • FOGGIA (sosta zona San Benedetto del Tronto) 19 settembre 2019
  • CIVITELLA DEL TRONTO 26 settembre 2019
  • L’AQUILA (sosta in sede) 27 settembre 2019
  • PADOVA 1 ottobre 2019
  • TREVISO 2 ottobre 2019
  • UDINE 3 ottobre 2019
  • TRIESTE (sosta Trieste) 4 ottobre 2019
  • SKOPJE MACEDONIA DEL NORD Dal 12 al 17 ottobre 2019
  • SAN DONA’ DI PIAVE (VENETO) (sosta in sede) Dal 22 al 25 ottobre 2019
  • CITTANOVA (CALABRIA) (sosta Lamezia Terme) Dal 5 al 8 novembre 2019
  • MONTORO (AV) 12 novembre 2019
  • AVELLINO 13 novembre 2019
  • TEANO (CE) 14 novembre 2019
  • GIUGLIANO (NA) (sosta Napoli) 15 novembre 2019
  • CANDELA (FG) 26 novembre 2019
  • MODUGNO 27 novembre 2019
  • BRINDISI 28 novembre 2019
  • PULSANO (TA) (sosta Lamezia Terme) 29 novembre 2019
  • COSENZA (CALABRIA) (sosta Palermo) Dal 3 al 7 dicembre 2019
  • PALERMO (SICILIA) (sosta Palermo) Dal 10 al 13 dicembre 2019
  • FESTIVAL DI SANREMO Dal 3 al 8 febbraio 2020
  • GENOVA 18 e 19 febbraio 2020
  • ASTI (sosta Torino) 20 febbraio 2020
  • MONCALIERI (TO) 3 marzo 2020
  • COURMAYER (AO) 4 marzo 2020
  • NOVARA (sosta Novara) 5 marzo 2020
  • COMO 24 marzo 2020
  • BUSTO ARSIZIO 25 marzo 2020
  • MONZA (sosta Milano) 26 marzo 2020
  • PAVIA 31 marzo 2020
  • PIACENZA 1 aprile 2020
  • TRENTO 2 aprile 2020
  • BOLZANO (sosta Ferrara – ferie Pasqua) 3 aprile 2020
  • FERRARA 21 aprile 2020
  • CESENATICO 22 aprile 2020
  • BOLOGNA (sosta sede) 23 aprile 2020
  • LUCCA 28 aprile 2020
  • PISA 29 aprile 2020
  • LIVORNO (sosta sede) 30 aprile 2020
  • PORTOFERRAIO (traghetto da Livorno/Olbia) 4 maggio 2020
  • OLBIA 5 maggio 2020
  • NUORO 6 maggio 2020
  • ORISTANO 7 maggio 2020
  • CAGLIARI (traghetto 09/05 x Palermo e sosta) 8 maggio 2020
  • CEFALU’ 11 maggio 2020
  • MESSINA (traghetto x Salerno e sosta Napoli) 12 maggio 2020
  • CISTERNA DI LATINA 19 maggio 2020
  • VITERBO 20 maggio 2020
  • RIETI 21 maggio 2020
  • GROSSETO (fine Tour) 22 maggio 2020

Contributi dovuti dalle P.A., slitta al 2021 il termine di prescrizione

da La Tecnica della Scuola

La Legge n. 26 del 28 marzo 2019, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, recante disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni, all’art. 19 ha aggiunto all’articolo 3 della legge 8 agosto 1995, n. 335, il comma 10-bis, che dispone la sospensione dei termini di prescrizione della contribuzione obbligatoria, come regolati ai commi 9 e 10 del medesimo articolo 3 della legge n. 335/1995, per i periodi di competenza fino al 31 dicembre 2014, con riferimento alle contribuzioni dovute dalle amministrazioni pubbliche per le gestioni previdenziali esclusive amministrate dall’INPS.

Il termine di sospensione dell’applicazione dei termini di prescrizione è fissato ora al 31 dicembre 2021.

Come spiegato dall’INPS, con circolare n. 122 del 6 settembre 2019, la sospensione dei termini di prescrizione si applica alle sole amministrazioni pubbliche di cui al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, quindi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative. Sono interessati anche le Accademie e i Conservatori statali.

L’INPS spiega inoltre che ai fini dell’applicazione omogenea della sospensione legale dei termini di prescrizione si distingue tra:

  • Periodi retributivi fino al 31 dicembre 2014: la contribuzione dovuta alle casse pensionistiche sopra individuate, afferente ai periodi retributivi fino al 31 dicembre 2014, può essere versata fino al 31 dicembre 2021.
  • Periodi retributivi che decorrono dal 1° gennaio 2015: la contribuzione afferente ai periodi retributivi che decorrono dal 1° gennaio 2015, esclusa dall’ambito di applicazione della norma, soggiace agli ordinari termini prescrizionali indicati al comma 9 del medesimo articolo 3 della legge n. 335/1995. In particolare, considerato che il termine di prescrizione decorre dalla data in cui il diritto può essere fatto valere (art. 2935 c.c.) e il termine di decorrenza coincide con il giorno in cui l’Istituto può esigere la contribuzione, ossia con la data di scadenza del termine per effettuare il versamento (il 16 del mese successivo a quello al quale la contribuzione si riferisce), i versamenti afferenti ai periodi retributivi del 2015 devono essere effettuati nel rispetto dei relativi termini prescrizionali entro l’anno 2020, fatta eccezione per quelli afferenti a dicembre 2015, che potranno essere effettuati secondo gli ordinari termini di prescrizione, entro il 18 gennaio 2021.

Ocse: i ritardi della scuola italiana

da Tuttoscuola

E’ stato presentato oggi il rapporto annuale dell’Ocse sull’istruzione. I dati riguardano generalmente il 2017. Il rapporto, come sempre, offre molti dati comparativi, ma contiene anche schede di approfondimento per ciascun Paese oggetto dell’indagine. Per quanto riguarda l’Italia il rapporto di quest’anno mette in evidenza che i giovani italiani avrebbero bisogno di ulteriori incentivi per iscriversi all’università e per laurearsi. Il ritardo dell’Italia è infatti tuttora notevole.

Solo il 19% dei 25-64enni ha un’istruzione terziaria (media OCSE: 37%). La quota di giovani adulti (di età compresa tra i 25 e i 34 anni) che hanno una laurea è più elevata ma non ha superato il 28% nel 2018 (34% per le giovani donne).

Gli Istituti Tecnici Superiori (ITS) sono ancora relativamente nuovi in Italia: solo l’1,7% delle matricole iscritte per la prima volta nel 2017 si è iscritto a un ITS, malgrado le istituzioni italiane stiano fortemente promuovendo questi percorsi professionali a livello terziario per facilitare l’ingresso dei giovani nel mercato del lavoro.

In Italia, gli adulti con un titolo di studio dell’istruzione terziaria in alcuni degli ambiti relativi a scienze, tecnologia, ingegneria e matematica (note come discipline STEM) registrano tassi di occupazione prossimi alla media OCSE: questo è il caso per le tecnologie dell’informazione e della comunicazione (87%), ingegneria, industria manifatturiera ed edilizia (85%). La quota di adulti con un’istruzione terziaria in ingegneria, industria manifatturiera ed edilizia è comparativamente bassa (15%), sebbene sia leggermente più alta tra i neo-laureati (17%). Il tasso di occupazione è inferiore per gli adulti laureati nelle discipline artistiche (72%) o umanistiche (78%), analogamente ad altre discipline STEM (scienze naturali, matematica e statistica, 78%).

In Italia, gli adulti con un’istruzione terziaria guadagnano il 39% in più rispetto agli adulti con un livello d’istruzione secondario superiore, rispetto al 57% in più, in media, nei diversi Paesi dell’OCSE

Le tasse universitarie in Italia sono più elevate rispetto a molti altri Paesi europei ed economie e sono simili al livello delle tasse universitarie dei Paesi Bassi e della Spagna, ma inferiori a quelle dell’Inghilterra (Regno Unito) e della Lettonia. Nell’ultimo decennio, le tasse universitarie al primo livello sono aumentate meno che in altri Paesi OCSE e la quota di studenti che ricevono aiuti finanziari in forma di esenzione totale dalle tasse universitarie è aumentata dal 17% al 39%.

Sebbene in Italia i titolari di un dottorato registrino un più ampio vantaggio occupazionale rispetto ai titolari di una laurea di secondo livello, solo lo 0,5% degli adulti hanno conseguito un dottorato (rispetto alla media OCSE dell’1,2%).

L’Italia registra la terza quota più elevata di giovani che non lavora, non studia e non frequenta un corsodi formazione (NEET) tra i Paesi dell’OCSE: il 26% dei giovani di età compresa tra 18 e 24 anni è NEET, rispetto alla media OCSE del 14%. Circa l’11% dei 15-19enni sono NEET, ma questa quota triplica per i 20-24enni, raggiungendo il 29% per le donne e il 28% per gli uomini nella classe d’età in cui inizia la transizione verso l’istruzione terziaria e il mercato del lavoro. Sebbene il livello d’istruzione sia più alto tra le donne, il tasso di giovani NEET aumenta fino al 37% per le donne di età compresa tra i 25 e i 29 anni e scende al 26% per gli uomini della stessa coorte.

Il gruppo NEET comprende sia i giovani inattivi (che non cercano lavoro in modo attivo) sia i disoccupati. L’Italia e la Colombia sono gli unici due Paesi dell’OCSE con tassi superiori al 10% per le due categorie (inattivi e disoccupati) tra i 18-24enni. Inoltre la Grecia e l’Italia sono gli unici Paesi in cui più della metà dei 18-24enni è rimasta senza lavoro almeno per un anno.

Il rapporto si occupa anche della professionale di insegnante osservando che la sua attrattività in Italia dovrebbe essere migliorata.

L’Italia ha la quota maggiore di docenti ultra 50enni (59%) e dovrà sostituire circa la metà degli attuali docenti entro i prossimi dieci anni. Il rapporto tra salario più alto e salario iniziale è di 1,5 nelle scuole al livello da pre-primario (scuola dell’infanzia) a secondario inferiore, rispetto a una media OCSE di 1,7 (1,6 a livello pre-primario) e i salari statutari di inizio carriera sono leggermente inferiori alla media OCSE (dal 91% nella scuola secondaria superiore di indirizzo generale al 97% nella scuola dell’infanzia). In Italia, il 68% degli insegnanti ha dichiarato che migliorare i salari degli insegnanti dovrebbe essere un’alta priorità di spesa (TALIS, 2019).

Gli istituti tecnici e professionali possono essere un percorso efficace per l’ingresso nel mercato del lavoro costituendo secondo l’Ocse  una vera alternativa ai programmi secondari superiori di indirizzo generale. In Italia i giovani adulti con un livello d’istruzione secondario superiore o post-secondario non terziario tecnico-professionale hanno, in media, prospettive occupazionali (68% per i 25-34enni) simili rispetto ai laureati (67%), a differenza della maggior parte degli altri Paesi dell’OCSE dove il tasso di occupazione è superiore per i giovani adulti laureati.

Oltre all’istruzione tecnico-professionale e superiore gli adulti possono continuare a sviluppare nuove competenze nell’istruzione formale e informale nel corso della loro carriera. In Italia il 42% dei 25-64enni hanno partecipato a programmi di studio formali o informali nei precedenti 12 mesi, rispetto alla media del 47% nei Paesi per i quali sono disponibili dati. Il divario tra l’Italia e la media OCSE si osserva principalmente tra gli adulti che non hanno un’istruzione secondaria superiore e per le donne.

Il tasso di piena scolarizzazione nella scuola dell’infanzia è raggiunto in Italia già all’età di tre anni. L’istruzione nella scuola dell’infanzia è principalmente erogata dal settore pubblico, con il 72% dei bambini iscritti presso istituti pubblici. Il tasso d’iscrizione scolastica dei bambini di età compresa tra i 3 e i 5 anni è del 94%, un valore superiore alla media OCSE.

La spesa per studente aumenta a livelli più alti d’istruzione ma meno rapidamente rispetto ad altri Paesi dell’OCSE.

L’Italia spende circa il 3,6% del suo PIL per l’istruzione dalla scuola primaria all’università, una quota inferiore alla media OCSE del 5% e uno dei livelli più bassi di spesa tra i Paesi dell’OCSE. La spesa è diminuita del 9% tra il 2010 e il 2016 sia per la scuola che per l’università, più rapidamente rispetto al calo registrato nel numero di studenti, che è diminuito dell’8% nelle istituzioni dell’istruzione terziaria e dell’1% nelle istituzioni dall’istruzione primaria fino all’istruzione post-secondaria non terziaria.

Parere CSPI (11.9.19)

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione
Direzione generale per gli ordinamenti scolastici e la valutazione del sistema nazionale di istruzione
Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione

Espressione di parere sullo schema di decreto relativo alla sperimentazione nazionale in merito all’insegnamento trasversale dell’educazione civica in tutte le scuole del primo e secondo ciclo di istruzione del sistema nazionale di istruzione.

Approvato nella seduta plenaria n. 31 dell’11/09/2019

Sordocecità

Vita.it del 10.09.2019

Sordocecita’: cosi’ a Osimo l’eccellenza dei servizi e’ diventata green

Più ospiti, meno consumo energetico: siamo entrati nel nuovo Centro nazionale della Lega del Filo d’Oro. «Un sogno che si realizza: sentivamo la necessità di accorpare in un unico luogo tutte le attività dislocate in diversi edifici, per consentire agli ospiti di essere più autonomi ed evitare i disagi degli spostamenti». sottolinea il presidente Rossano Bartoli. 

Quando ti trovi all’ingresso del nuovo Centro nazionale della Lega del Filo d’Oro, ad Osimo (Ancona), non puoi non pensare a Sabina Santilli.

Chissà che emozione proverebbe di fronte a questa splendida costruzione, quella visionaria donna abruzzese che, rimasta cieca e sorda all’età di sette anni, nel 1924, a causa di una meningite, decide di dedicare la sua vita ad aiutare le persone sordocieche come lei.

Sabina, da ragazza, riesce ad imparare cinque lingue, oltre alle tecniche di comunicazione dei ciechi e dei sordi e alla dattilografa. Capisce quindi che il potenziale di un essere umano è sempre superiore a quanto si pensi, e lotta affinché chi si trova nella sua stessa condizione venga stimolato a lavorare sulle sua abilità residue, per essere il più possibile autonomo e integrarsi nella società.

Per portare avanti questa missione, nel 1964, aiutata da don Dino Marabini e da un gruppo di volontari, fonda la Lega del Filo d’Oro e ne diventa presidente. Senza udito, senza vista e pure donna (in un’epoca in cui le donne non hanno voce) Sabina combatte per quello in cui crede. Sono passati 55 anni da quel momento.

Oggi la Lega è presente in 8 regioni, con 5 centri residenziali e 3 sedi territoriali. I dipendenti sono 608 e i volontari 677. Nel 2018, gli assistiti (persone sordocieche e pluriminorate psicosensoriali) sono stati 911. E, sempre nel 2018, ha iniziato appunto la sua attività anche il nuovo Centro nazionale di Osimo.

Samuela e il suo Agostino.
«Questo Centro è un sogno che si realizza», spiega Rossano Bartoli, il presidente dell’associazione. «Sentivamo la necessità di accorpare in un unico luogo tutte le attività dislocate in diversi edifici, per consentire agli ospiti di essere più autonomi ed evitare i disagi degli spostamenti. Questa struttura si estende su una superficie di 5,6 ettari, di cui circa 2,4 sono spazi verdi. Al momento stiamo utilizzando solo il primo lotto, nel giro di tre anni finiremo anche il secondo. Quando la sede sarà completata, incrementeremo i posti letto per il ricovero a tempo pieno da 56 (quali erano nella vecchia sede) a 80 e quelli per la degenza diurna da 15 a 20. Raddoppieremo poi i posti del centro diagnostico da 4 a 8 e dimezzeremo i tempi di attesa per la valutazione iniziale».
Grande attenzione è stata data al risparmio energetico e all’ambiente: per il riscaldamento si è puntato su geotermia e fotovoltaico, mentre per il raffreddamento estivo si è optato per la tecnica del natural cooling (prelievo di acqua direttamente dal sottosuolo). Si sono privilegiati materiali ecocompatibili. La costruzione ha seguito criteri antisismici.
Nel nuovo Centro incontriamo Samuela, che vive a Casteldardo. Agostino, il suo bambino, otto anni fa è nato con la sindrome di Charge, patologia rara, riconosciuta come una delle maggiori cause di sordità e cecità. «Agostino ha vissuto in ospedale per i primi otto mesi. Era quasi sempre a letto, sdraiato, trattato come un malato», racconta.
«Una volta dimesso, l’abbiamo portato alla Lega del Filo d’Oro e qui hanno iniziato a considerarlo un bambino e a stimolare le sue capacità residue. Così si è capito che, diversamente da quanto si credeva, da un occhio ci vede abbastanza bene. Pian piano Agostino è riuscito a sedersi. Oggi sta in piedi e cammina. E poi comunica. Con sé ha sempre un album con immagini di oggetti, luoghi e persone: indicandole, esprime quello che desidera. Per noi la Lega del Filo d’Oro ha significato tutto. È una seconda famiglia».
Agostino frequenta le elementari, supportato da insegnanti di sostegno. Un’educatrice va regolarmente a domicilio per aiutarlo dal punto di vista cognitivo. Due volte a settimana, poi, Samuela lo accompagna nella sede di Osimo per i suoi incontri di fisioterapia, logopedia e musicoterapia.
I servizi educativo-riabilitativi e sanitari rappresentano infatti le principali attività del Centro nazionale di Osimo. Per ogni ospite, in collaborazione con la famiglia, viene elaborata una terapia riabilitativa personalizzata, grazie al lavoro di un team interdisciplinare di professionisti che comprende operatori educativo riabilitativi, fisioterapisti, psicologi, logopedisti, assistenti socia li e medici… 
Fondamentale il ruolo delle tecnologie assistive: da oltre 40 anni, il centro di ricerca lavora per sviluppare strumenti e ausili che facilitino la vita dei pazienti. Nella nuova sede di Osimo è attivo anche il Centro Diagnostico, dove si valutano i pazienti che si rivolgono per la prima volta all’associazione. Nel secondo lotto del Centro, troveranno spazio le residenze per gli ospiti a tempo pieno e la foresteria per le famiglie. E poi, piscine, palestre, lavanderia, mensa e in ne il Museo con la storia dell’associazione e il centro didattico.

Una legge da riformare.
Oltre a prendersi cura dei pazienti, la Lega del Filo d’Oro continua a combattere per il loro diritti, come sa bene Francesco Mercurio, 37 anni, presidente del Comitato delle persone sordocieche (organo interno alla Lega del Filo d’Oro).
Nato cieco, Francesco diventa sordo all’età di dieci anni e nel 2008 riesce a laurearsi in legge con 110 e lode: basta parlargli due minuti, per capire che tutti gli ostacoli sono crollati sotto la forza della sua caparbietà e dell’irresistibile ironia napoletana.
«Oggi il nostro obiettivo è migliorare la 107 del 2010», spiega, «La legge definisce sordocieche le persone cui siano riconosciute entrambe le minorazioni. Per la legislazione vigente, però, si è considerati sordi civili solo se lo si diventa prima dei 12 anni. Noi vogliamo che la 107 si applichi a tutte le persone che realmente sono sordocieche, quindi anche a coloro che perdono l’udito dai 13 anni».
«A me la Lega del Filo d’Oro ha dato tanto. È stata quel lo di Arianna che mi ha permesso di non perdermi nel labirinto della sordocecità. Con il mio lavoro vorrei poter porgere questo lo alle tante persone che ne hanno bisogno», conclude Mercurio.

di Diletta Grella