EDUCAZIONE DI GENERE

EDUCAZIONE DI GENERE: LESIVI DEL DIRITTO COSTITUZIONALE ALL’EDUCAZIONE I DISEGNI
DI LEGGE PRESENTATI OGGI ALLA CAMERA

Questa l’opinione espressa in un documento presentato dal Vice presidente
dell’Associazione dei genitori di scuola cattolica Giancarlo Frare all’audizione
presso la Commissione Cultura, Scienza e Istruzione della Camera, per l’esame
delle proposte di legge n. 1230 e abbinate.  Gli 8 disegni di legge per
l’introduzione dell’educazione di genere nella didattica, sono stati stroncati
dai genitori di scuola pubblica paritaria che Agesc rappresenta per buona parte.
I dettami contenuti negli artt. 30 e 31 della Costituzione impongono infatti
alla famiglia di istruire ed educare i figli e alla Repubblica di agevolare  la
famiglia nell’adempimento dei compiti relativi. Agesc ha evidenziato il pericolo
insito nella volontà  di intervenire sull’educazione emotivo-sentimentale, che
non rappresenta il compito principale per il quale la famiglia affida alle
scuole del sistema nazionale di istruzione i propri figli. Alla Scuola, oltre
che alla famiglia, compete l’istruzione delle giovani generazioni e il Ministero
dell’Istruzione deve rimanere estraneo all’ambito affettivo sentimentale di
competenza esclusiva della famiglia. L’Agesc ritiene estremamente pericoloso
introdurre l’insegnamento curriculare dell’educazione sentimentale attraverso la
coercitiva modifica dei piani di studio, privando di fatto le scuole
dell’autonomia, che rappresenta una ricchezza di pluralità culturale per il
Paese, e le famiglie di qualsiasi possibilità di esprimere il proprio consenso
informato: una volta scelta la scuola, si accettano tout court insegnamenti e
libri di testo sconosciuti ai genitori.
“Favorire lo sviluppo  dell’identità di genere e rimuovere gli stereotipi
presenti” mediante  l’applicazione del progetto POLITE, potrebbe indurre
condizionamento, o peggio censura, verso autori ‘non allineati’ e la progressiva
scomparsa del pluralismo educativo, soppiantato dall’uniformità garantita dalla
centralizzazione scolastica. E’ forte per Agesc anche il timore che, anziché
favorire lo sviluppo di una società pluralista e multiculturale con la crescita
del rispetto della figura femminile, del suo ruolo e della sua importanza nella
società, si introducano elementi potenzialmente distruttivi dell’istituto
familiare, così come concepito dai fondatori della Repubblica e previsto dalla
Carta Costituzionale.
Il Vice presidente Frare ha concluso confermando la disponibilità di Agesc a
formulare proposte ed emendamenti per adeguare il DDL della Commissione con
strumenti che realmente combattano le diseguaglianze sociali ancora esistenti
nel nostro Paese.

Progetto nazionale Dislessia Amica

Lovaglio Vicepresidente Finas ” Bene progetto nazionale Dislessia Amica, voluto dall’Associazione Italiana Dislessia e da Fondazione TIM d’intesa con il MIUR”

“Il progetto nazionale Dislessia Amica, voluto dall’Associazione Italiana Dislessia e da Fondazione TIM d’intesa con il MIUR permetterà a migliaia di studenti di poter apprendere grazie a docenti preparati in grado di realizzare una didattica adeguata agli studenti con DSA nel rispetto della legge 170/2010. Finalmente un’azione concreta di tutela degli studenti  e del loro percorso formativo, con il progetto formativo di e-learning “Dislessia Amica” si garantisce un’accesso al servizio libero così da formare il maggior numero di insegnanti su scala nazionale.  Anche questo è diritto allo studio! ”

Antonio Lovaglio
Vicepresidente FINAS

Concorso, il 17% delle procedure non è chiuso, assunzioni rinviate

da ItaliaOggi

Concorso, il 17% delle procedure non è chiuso, assunzioni rinviate

Il dato all’esame del ministro. Già fuori infanzia e primaria

Alessandra Ricciardi

La proiezione a disposizione del ministro dell’istruzione, Stefania Giannini, parla chiaro: l’83% delle procedure concorsuali sarà ultimato entro il 12 settembre. Il resto non ce la fa a restituire le graduatorie in tempo utile perché i vincitori possano salire in cattedra per quest’anno. I casi più diffusi per classi di concorso come matematica e lingue, ma la realtà è molto diversificata soprattutto a livello territoriale. Regioni come Abruzzo, Molise, Calabria e Piemonte, per esempio, salvo infanzia e primaria, hanno praticamente chiuso. Più a rilento grandi regioni, come Lazio e Lombardia. Lì dove le procedure andranno avanti oltre il 15 settembre, i vincitori dovranno aspettare un altro anno prima di entrare in ruolo, così come del resto i candidati di infanzia e primaria. I posti disponibili andranno ai docenti delle graduatorie ad esaurimento, incrementando la quota di assunzione del 50% prevista dalla legge. Gli incrementi a favore delle Gae saranno recuperati l’anno successivo. Nel caso in cui le graduatorie dovessero essere esaurite, si ricorrerà alle supplenze assegnandole ai docenti precari della seconda fascia delle graduatorie di istituto.

Quale sarà lo stato di precarietà della nuova scuola, lo si potrà capire solo dopo aver avuto il riparto delle 32 mila nuove assunzioni e dopo averlo incrociato con gli esiti del concorso. Ma, tra commissioni che non hanno concluso i lavori e candidati che non hanno superato le prove, la carica dei precari è garantita

Formazione, ai prof gli oneri

da ItaliaOggi

Formazione, ai prof gli oneri

Il nuovo piano scatta da quest’anno: 125 ore in più, nessun compenso. Sindacati critici

Marco Nobilio

Docenti, più lavoro e stessi soldi. Nel prossimo triennio i docenti dovranno sottoporsi obbligatoriamente ad almeno 125 ore di formazione, per la quale non riceveranno alcun compenso aggiuntivo. Lo ha messo nero su bianco il ministro dell’istruzione, Stefania Giannini, nel piano di formazione presentato ai sindacati rappresentativi della scuola, Cigl, Cisl, Uil, Snals e Gilda in un incontro che si è tenuto a viale Trastevere il 1° settembre, in occasione dell’apertura del nuovo anno.

Il primo modulo di formazione sarà di 25 ore, delle quali, 9 saranno in presenza e le rimanenti via web.

L’amministrazione ha spiegato che i docenti dovranno redigere anche un portfolio, che costituirà il presupposto sul quale i dirigenti effettueranno la chiamata diretta. In pratica, ogni docente, oltre all’onere aggiuntivo della formazione, per la quale dovrà sostenere i relativi oneri economici per il collegamento a internet e per la manutenzione e l’ordinario funzionamento del computer, dovrà anche curare la tenuta di un vero fascicolo personale. Fascicolo nel quale dovrà inserire tutte le attestazioni e le certificazioni necessarie a documentare la propria frequenza ai corsi di formazione. Dalle quali, peraltro, dipenderà la possibilità di piacere ai presidi ed essere scelti con la chiamata diretta.

Il piano di formazione è stato ideato dal ministero dell’istruzione per dare attuazione alla legge 107/2015, che qualifica la formazione come obbligo. Ed è stato duramente contestato dai sindacati.La legge non pone un numero minimo di ore da dedicare a tale scopo. E soprattutto non qualifica tale obbligo alla stregua di prestazione a titolo gratuito. Il rischio che si corre è che il varo del piano di formazione possa ingenerare l’ennesimo contenzioso seriale. Che troverebbe agevole fondamento proprio sull’assenza di retribuzione.

Anche nella improbabile ipotesi che i sindacati dovessero stipulare un accordo in tal senso. In quest’ultimo caso, infatti, l’accordo potrebbe essere impugnato e dichiarato invalido. Perché l’articolo 2113 del codice civile sanziona con l’invalidità le rinunzie e le transazioni. In pratica l’accordo risulterebbe invalido sia nel caso in cui le parti si mettessero d’accordo per la gratuità (rinunzia), sia qualora pattuissero un compenso inferiore a quello ordinario (transazione). Se invece la materia non dovesse essere fatta oggetto di alcun passaggio al tavolo negoziale e l’amministrazione scegliesse di procedere, unilateralmente, con un provvedimento amministrativo, la via giudiziale risulterebbe ancora più agevole.

Il potenziale ricorrente, infatti, potrebbe adire il Tar, contando sulla possibilità di un provvedimento di annullamento che avrebbe valore per tutti. E in quella sede potrebbe sollevare un’eccezione di costituzionalità. La legge 107/2015, infatti, qualora dovesse essere intesa nel senso dell’obbligatorietà della formazione in assenza di retribuzione, potrebbe risultare in conflitto perlomeno con l’articolo 36 della Costituzione: la norma che vincola la retribuzione in proporzione alla quantità e alla qualità della prestazione. La questione è di difficile soluzione in assenza di fondi ad hoc da destinare a questa materia per retribuire i maggiori oneri a carico dei docenti.

Trattandosi di una prestazione obbligatoria e uguale per tutti, la formazione non può essere retribuita con un compenso accessorio. Questa tipologia di compenso, infatti, è destinata alla retribuzione del lavoro straordinario o supplementare: due tipologie di lavoro non obbligatorio, che possono essere svolte solo previo consenso del lavoratore interessato (Corte di giustizia europea 8.2.2001, quinta sezione, procedimento C-350/99).

L’unica strada a prova di contenzioso è quella di contrattualizzare la materia, magari con un provvedimento legislativo ad hoc, ampliando la prestazione e, conseguentemente, incrementando l’importo della retribuzione fondamentale. Il provvedimento legislativo, per risultare risolutivo, dovrebbe prevedere la possibilità per la contrattazione collettiva di derogare le norme di legge su questa materia.

In tal caso la deroga potrebbe sopravvivere indenne al vaglio dei giudici del lavoro e si eviterebbe il rischio di un annullamento da parte del giudice amministrativo. Che non ha giurisdizione nelle materie contrattuali di tipo privatistico come quelle regolate dai contratti collettivi. Resta da vedere, però, quale potrà essere l’atteggiamento dei sindacati in vista della riapertura dei tavoli di contrattazione del pubblico impiego.

Rispetto al passato, infatti, sono state introdotte diverse novità che rendono più deboli i sindacati di settore, costretti a convivere con quelli prima appartenenti ad altri comparti. I comparti, infatti, sono stati ridotti per legge a 4 ambiti in tutto. I sindacati della scuola, dunque, dovranno sedersi allo stesso tavolo con le federazioni dell’università e dei conservatori. E non sarà facile fare la sintesi di istituti contrattuali complessi, attualmente diversificati da comparto a comparto. La strada, dunque, è tutta in salita e le nuove regole tutte ancora da scrivere

ORGANICO DELL’AUTONOMIA

ORGANICO DELL’AUTONOMIA – Quando e in che modo contestare gli abusi dei dirigenti scolastici

L’attuale organico dell’autonomia, definito dalla legge 107/15, a seguito delle devastanti procedure della mobilità che hanno frantumato il fronte dei lavoratori della scuola in tante fasi e profili differenti, è normato da alcuni articoli che non possono che riconoscere la titolarità di cattedra a quei docenti che non sono stati soggetti alla mobilità coatta o che pur facendo ricorso alla mobilità volontaria, se assunti prima dell’approvazione di questa assurda legge, hanno trovato posto nell’organico di diritto. Per tutti gli altri la “buona scuola” ha aperto le porte in qualche modo alla privatizzazione del rapporto di lavoro per cui nella scelta della sede di servizio tutti gli altri docenti sono stati soggetti alla vergognosa chiamata diretta. Dopo bandi di selezione ai limiti della surrealtà e la gestione senza alcun titolo da parte di dirigenti scolastici che non avevano alcuna competenza per discriminare e scegliere i docenti della propria scuola, ad oggi l’organico di potenziamento e l’organico di diritto non esistono più. Esiste il famigerato organico dell’autonomia.
È bene ricordare, però, che la legge 107 non ha soppresso gli organi collegiali nelle nostre scuole ed è bene ricordare che, sebbene sia il dirigente scolastico a dover assegnare le cattedre a inizio anno scolastico gestendo l’organico interno alla propria scuola, i criteri stabiliti dai consigli di istituto rispetto per esempio alla continuità didattica con l’anno precedente non sono stati eliminati né passano in subordine rispetto alla decisionalità dirigenziale che la legge 107 incoraggia.
Altra cosa che occorre ricordare rispetto alla composizione delle cattedre di inizio d’anno scolastico da parte dei dirigenti è il principio, riconosciuto in passato da diverse sentenze, per cui ogni dirigente scolastico debba in piena trasparenza esplicitare i criteri adottati e renderli pubblici, nonché tener conto dei criteri degli organi collegiali e garantire la propria imparzialità nelle decisioni prese in piena parità di trattamento.
Pertanto se da un lato secondo il criterio della continuità didattica il preside non può, salvo gravi e comprovate situazioni di difficoltà, scalzare un docente dalle proprie classi, dall’altro lato è anche vero che un docente neoarrivato nella nuova scuola, che abbia titolarità di scuola o titolarità su ambito, non può subire un trattamento totalmente diverso rispetto agli altri docenti della stessa scuola e ritrovarsi ad esempio con una cattedra di sole classi prime o con una cattedra con un numero eccessivo di ore a disposizione.
Riteniamo che, in modo solidale e unitario e senza cedere alla logica del divide et impera finalizzata all’unico obiettivo di rendere ancora una volta tutti maggiormente ricattabili e asserviti, tutti i docenti debbano protestare vivamente contro qualunque tentativo di lesione di quanto deliberato dagli organi collegiali della propria scuola, non accettare in alcun modo azioni unilaterali dei dirigenti scolastici e far ricorso al sindacato tempestivamente in tutti quei casi in cui si ritiene di essere vittime di abusi quali il demansionamento, decisioni parziali e mancata pubblicizzazione dei criteri di composizione delle cattedre.
USB P.I. Scuola è disponibile a procedere con eventuali vertenze per sostenere i lavoratori della scuola in lotta contro la legge 107.
Come sindacato e come lavoratori della scuola invitiamo tutti i docenti a non cedere mai alla lotta di tutti contro tutti, a non scoraggiarsi e a non smettere di lottare. Possiamo combattere insieme lo svilimento della nostra professionalità docente e lottare per aumentare gli organici allineandoli alle reali necessità delle scuole e diminuire il numero di alunni per classe.
Solo lottando insieme per una scuola democratica e di qualità la nostra lotta potrà avere successo. Partiamo dalle nostre scuole e dimostriamolo anche in piazza difendendo la scuola della costituzione repubblicana nello sciopero generale che animerà le nostre ragioni al NO alla riforma costituzionale.

Comitato nazionale per l’apprendimento pratico della musica a scuola

Musica a Scuola, insediato il Comitato di esperti per la sua diffusione

Si è insediato questa mattina al Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca il Comitato nazionale per l’apprendimento pratico della musica di recente rinnovato con Decreto del Ministro Stefania Giannini. Il Comitato proseguirà nelle sue attività di promozione e diffusione della cultura e della pratica musicale nella scuola.
Con il Decreto firmato dal Ministro Giannini, il Comitato – presieduto da Luigi Berlinguer – si arricchisce del contributo di personalità provenienti dal mondo artistico e musicale a livello nazionale. Rimarrà in carica tre anni scolastici, fino al 2019.
“Il sapere artistico deve essere garantito agli alunni e agli studenti come cultura universale – ha sostenuto il presidente Berlinguer salutando i componenti del Comitato nella riunione di insediamento -. Ora è tutta un’altra musica, abbiamo ben altra realtà nelle nostre scuole, ben altre competenze ed esperienze che dieci anni fa, quando ci siamo insediati per la prima volta, non avremmo potuto immaginare. Adesso siamo ad una fase nuova e dobbiamo incrementare il nostro lavoro. Dalla nostra abbiamo anche una legge, quella de La Buona Scuola, che riconosce la musica, e la pratica musicale, come componente essenziale per la formazione dei nostri alunni”.
Il Comitato vuole favorire la creazione di un sistema integrato per l’implementazione della pratica musicale e la dimensione estetica e storica della musica, in tutti gli ordini di scuola. Ha compiti di supporto, consulenza, progettazione, coordinamento, monitoraggio e proposta per la realizzazione di percorsi formativi incentrati sullo sviluppo delle competenze musicali degli alunni, anche in riferimento alla pratica vocale e strumentale.
Tra gli obiettivi del Comitato, quello di dare supporto all’attuazione della normativa, in particolare per quanto previsto da La Buona Scuola. Ma anche quello di innalzare la qualità degli interventi formativi musicali nelle aule. E ancora: di ampliare il numero delle scuole che svolgano, organizzino e progettino, nei Piani triennali dell’Offerta formativa, percorsi in favore dell’apprendimento pratico della musica per tutti gli studenti; di proporre percorsi di formazione del personale docente e dei dirigenti scolastici; di coinvolgere gli Enti locali e i privati per promuovere politiche educative a favore del patrimonio musicale. E, sempre tra gli obiettivi, il coinvolgimento degli artisti e delle personalità che lavorano in ambito musicale per sostenere percorsi di ricerca e azioni da attuare.

La convenzione Onu sulla disabilita’? L’Italia non l’ha ancora digerita

Vita.it del 07-09-2016

La convenzione Onu sulla disabilita’? L’Italia non l’ha ancora digerita

di Sara De Carli

La Commissione dell’Onu ha appena stilato le sue osservazioni sulla situazione italiana. Per Giampiero Griffo serve più concretezza, perché l’impatto della Convenzione Onu in Italia, a dieci anni dalla sua approvazione, è ancora troppo limitato. «A Firenze trasformiamo il programma d’azione in piano d’azione. Programma significa indicazioni generali, un piano invece contiene impegni precisi», afferma.

Pochi giorni fa il Committee on the Rights of Persons with Disabilities (CRPD), il comitato dell’Onu che monitora Paese per Paese l’attuazione della Convenzione Onu sulle persone con disabilità, ha pubblicato le sue osservazioni rispetto al report presentato dall’Italia (qui e in allegato il testo). Giampiero Griffo è stato membro della delegazione italiana ai tempi dei lavori per la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità (accompagnò il governo italiano alla firma a New York) ed è uno dei rappresentanti del Forum Italiano sulla Disabilità, che nei mesi scorsi ha presentato al Comitato Onu lo Shadow Report sull’attuazione della Convenzione in Italia. A lui abbiamo chiesto un commento.

Che valutazione ha dato all’Italia il comitato dell’Onu?
Intanto non è una pagella né una valutazione: quello fra il Comitato Onu e l’Italia – e ogni altro Paese che ha scelto di ratificare la Convenzione Onu sui Diritti delle persone con disabilità – è un dialogo costruttivo. Purtroppo il problema è che l’Italia non si è presentata con questo spirito, ma con un atteggiamento difensivo che il comitato ha colto… Infatti le raccomandazioni per l’Italia sono particolarmente impegnative, basta confrontare il report con quello di un qualsiasi altro paese grande, paragonabile all’Italia: solitamente il Comitato resta sui temi generali, con l’Italia invece è entrato molto nel dettaglio. La cosa fondamentale è che l’approccio “diritti umani” è volontario, gli impegni che derivano dalla ratifica di una Convenzioni sui diritti sono volontariamente assunti dal Paese che la firma, dialogo costruttivo significa questo, lavorare insieme per un obiettivo, non pensare che il Comitato sia lì per dire se siamo bravi o no. Peraltro nella delegazione italiana non c’era nemmeno un politico, è segno di una sottovalutazione del tema.

“Purtroppo il problema è che l’Italia non si è presentata con questo spirito, ma con un atteggiamento difensivo che il comitato ha colto… Infatti le raccomandazioni per l’Italia sono particolarmente impegnative, basta confrontare il report con quello di un qualsiasi altro paese grande, paragonabile all’Italia: solitamente il Comitato resta sui temi generali, con l’Italia invece è entrato molto nel dettaglio.

Quali sono le azioni indicate dal Comitato quindi?
È difficile sintetizzare, sono almeno una quarantina! Ci sono due ordini di raccomandazioni, alcune addirittura da realizzare nel giro di dodici mesi: riguardano l’introduzione di una definizione di accomodamento ragionevole (significa che quando c’è una discriminazione dei diritti umani legata alla disabilità va immediatamente messo in atto una soluzione pratica per superarla, ndr) e l’avvio immediato di un meccanismo di monitoraggio indipendente per la raccolta di dati in particolare sui minori con disabilità fra gli 0 e i 5 anni. Si parla poi anche di un rapporto immediato sulla situazione delle istituzioni segreganti. Tutto il resto è un insieme di indicazioni che vanno nella direzione di dare risposte sui temi più disparati, dall’ accessibilità ai Lea e ai Liveas. Un elemento essenziale è la disparità di condizione tra territori, che deriva da una definizione di disabilità non uniforme e purtroppo non ancora derivante dalla Convenzione. La sostanza è questa: l’implementazione della Convenzione richiede politiche, che non ci sono. In questo periodo il Governo ha reso pubblico un programma d’azione per il prossimo biennio, ma non lo ha finanziato: le riforme non si fanno con i fichi secchi. E poi qual è peso che ha la popolazione con disabilità ha nelle politiche generali italiane? L’Istat 2013 dice che se usiamo gli standard internazionali il 25% della popolazione italiana convive con una qualche disabilità, anche lieve: la disabilità non è un piccolo target e soprattutto nel corso della vita riguarderà tutti – il bambino, l’anziano, chi ha un incidente – queste sono politiche generali, non settoriali o di nicchia… Nelle osservazioni del Comitato è sottolineato con forza come questo mainstreaming sistematico ancora in Italia non c’è, tutto si riduce a politiche sociali e sanitarie. Ad esempio si fa più volte riferimento ai Sustainable Development Goals, è un’altra delle coerenze politiche, siamo nell’ambito mainstreaming, è un altro approccio.

“Nelle osservazioni del Comitato è sottolineato con forza come questo mainstreaming sistematico ancora in Italia non c’è, tutto si riduce ancora solo a politiche sociali e sanitarie.

Tutto questo come ricadrà nel programma d’azione che verrà discusso a Firenze la settimana prossima?
L’opinione del movimento delle persone con disabilità è che il nostro programma d’azione debba essere rivisto alla luce di queste osservazioni. L’Italia dovrà inviare il prossimo report entro l’11 maggio 2023, accorpando tre relazioni intermedie, però questi temi devono essere immediatamente inseriti e affrontati. La nostra richiesta peraltro è che si passi da un Programma a un Piano d’azione, perché programma significa indicazioni generali, un piano invece contiene impegni e si presuppone finanziamenti. Ad esempio il precedente programma d’azione aveva al suo interno un piano del MAE sulla cooperazione internazionale, è una linea che ha avuto molta concretezza, più di tante altre linee.

Quanto del primo programma d’azione è stato realizzato?
Siamo ancora ai temi generali. Si doveva fare una definizione nuova di disabilità, non è stata fatta. Sulla vita indipendente si è fatta una sperimentazione, è uno dei pochi punti su cui c’è stato un investimento, ma ancora non è stato definito cosa della speriemntazione diventa ordinario: questo però è fondamentale, l’indipendenza è il punto di partenza, implica un riformulare le politiche, che spesso non sono indirizzate alla vita indipendente ma alla protezione, all’assistenza a volte al parcheggio delle persone con disabilità. Sulla scuola si è parlato molto ma ad oggi è stato fatto troppo poco. Su lavoro anche, la disoccupazione fra persone con disabilità supera l’80 %, in questi anni abbiamo perso tantissimi posti di lavoro, la legge 68 se applicata potrebbe dare risposte al 6-7% degli attuali disabili disoccupati, ma non è applicata: non c’è coerenza, non c’è sostegno, non c’è monitoraggio degli inadempienti. Noi siamo un movimento propositivo: andiamo a Firenze chiedendo queste cose, che dalla discussione generale si entri nel merito, che il Governo prenda alcuni impegni che producano un miglioramento delle condizioni delle persone con disabilità.

“La Convenzione Onu in Italia non è stata ancora digerita: né dal Governo, né dagli enti locali, né – me lo lasci dire – dal movimento stesso delle persone con disabilità.

Dieci anni dopo l’approvazione della Convenzione cosa è cambiato in Italia sulla disabilità?
La Convenzione Onu in Italia non è stata ancora digerita: né dal Governo, né dagli enti locali, né – me lo lasci dire – dal movimento stesso delle persone con disabilità. È il meccanismo, la logica, che è tutta diversa, si devono dare a tutti le stesse opportunità, invece siamo rimasti ancora nella logica delle risorse. Noi scegliemmo l’approccio dei diritti umani proprio perché i diritti umani sono immediatamente esigibili, gli altri sono condizionati alla disponibilità di risorse. Ecco, diciamo che l’impatto non è stato quello che ci auspicavamo.

Miur non rispetta i principi di imparzialità e trasparenza

Scuola, Mascolo (Ugl): “Miur non rispetta i principi di imparzialità e trasparenza”

“Il ministero dell’Istruzione sta dimostrando di violare i principi di imparzialità e trasparenza che dovrebbero caratterizzare il suo operato, confermando l’impressione che, nella pubblica amministrazione, a pagare siano sempre i più deboli”.
La denuncia è del segretario generale dell’Ugl Scuola, Giuseppe Mascolo, a seguito delle numerose segnalazioni pervenute dai lavoratori, soprattutto nella provincia di Milano, che lamentano una pessima gestione dell’iter delle conciliazioni attuato dal ministero, per tentare di sanare gli errori nelle procedure di mobilità del personale.
“I dirigenti degli Uffici scolastici territoriali – prosegue – hanno disposto di non mostrare gli elenchi dei tentativi di conciliazione in corso, che non risultano consultabili neanche in seguito a sollecitazioni scritte, senza fornire spiegazioni in merito”.
“Questo – aggiunge – ci fa riflettere sull’ operato dell’amministrazione e ci conferma che, in caso di errori, a rimetterci non sono mai coloro che operano ‘ai piani alti’”.
“Crediamo – conclude – che il ministero non stia adempiendo correttamente al compito di vigilare sull’operato dei propri uffici periferici, tardando nell’adottare misure che snelliscano una serie di procedure insormontabili per i singoli utenti”.

BONUS MERITO, DIRIGENTI RISPETTINO PRINCIPIO DI TRASPARENZA

BONUS MERITO, DIRIGENTI RISPETTINO PRINCIPIO DI TRASPARENZA

“Il fondo destinato al merito dei docenti è costituito da soldi dello Stato e, dunque, i dirigenti scolastici devono rispettare il principio di trasparenza e pubblicare nei siti delle scuole non soltanto i criteri stabiliti dal Comitato di valutazione per individuare i destinatari del bonus, ma anche le cifre assegnate ai singoli insegnanti e le motivazioni”. A chiederlo è la Gilda degli Insegnanti che prosegue così la sua battaglia per la trasparenza dopo aver chiesto, nelle scorse settimane, l’accesso agli atti per conoscere l’algoritmo utilizzato per la mobilità.

“Stiamo ricevendo da tutta Italia numerose segnalazioni di nostri iscritti – spiega Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda – che denunciano casi di scarsa trasparenza da parte di dirigenti scolastici che si oppongono alla richiesta di rendere noti i nomi dei ‘premiati’ e le somme ricevute. Inoltre ci risulta che i fondi stanziati non siano ancora stati accreditati ai singoli istituti”.

“Ricordiamo ai presidi – sottolinea Di Meglio – che sono pubblici ufficiali e, in quanto tali, sono tenuti al rispetto delle norme che regolano la trasparenza amministrativa. Nel caso in cui continuassero a rifiutarsi di pubblicare i dati richiesti – conclude Di Meglio – sarebbe opportuno un intervento da parte del Miur”.

Bonus docenti e contratto

Il Presidente del Consiglio parla di bonus docenti e di contratto. Ma sul primo si confonde e sul secondo fa solo promesse. Nessuna parola sul difficile inizio dell’anno scolastico.

Il Presidente del Consiglio “conferma” il bonus docenti anche per quest’anno perché è “un contributo per formarsi”. E sul Contratto si impegna a lavorare in finanziaria per un adeguamento salariale.

Il fatto è che il bonus non è un contributo da confermare di anno in anno secondo i voleri del Presidente del Consiglio. È legge e non spetta a lui elargire il bonus o meno. E poi il bonus non è funzionale alla formazione perché per questo vi è la cosiddetta “carta” del docente. Anch’essa è legge e non una concessione del Governo. Invece sul difficile inizio dell’anno scolastico non abbiamo ascoltato nemmeno una parola mentre regnano incertezza, tantissime criticità e rabbia di docenti e personale ATA per l’assenza di risposte alla violazione sistematica dei loro diritti. Ci sarebbe piaciuto ascoltare un bilancio della legge 107 del 2015 che è la responsabile di tutto questo. Sul Contratto, è ora che il Presidente del Consiglio esca dal generico,
Il suo Governo finora ha stanziato 300 milioni di euro per 3 milioni di statali. L’Avvocatura dello stato ha calcolato una somma necessaria che ammonta a 7 miliardi di euro.
Il Presidente può uscire dal generico? Basterebbe un tweet. Ma deve essere chiaro che rivendichiamo un contratto nazionale vero che garantisca incrementi retributivi per tutti, superi la legge Brunetta, valorizzi le professionalità e ristabilisca regole esigibili nei rapporti di lavoro e nella contrattazione.

Geografie diseguali. L’educazione geografica per l’inclusione

ASSOCIAZIONE ITALIANA INSEGNANTI DI GEOGRAFIA

59° Convegno nazionale AIIG:

“Geografie diseguali. L’educazione geografica per l’inclusione”.

 

ROMA – Nell’Aula di Geografia della Facoltà di Lettere e Filosofia della Sapienza Università di Roma, il Comitato Ordinatore ha presentato ufficialmente il logo del 59° Convegno dell’Associazione Italiana Insegnanti di Geografia (con inizio giovedì 29 settembre 2016), che ha per titolo “Geografie diseguali. L’educazione geografica per l’inclusione”.

Il Convegno si rivolge agli insegnanti, agli studiosi e ai cultori della materia, che hanno tempo per iscriversi online e partecipare ai lavori fino al prossimo 30 giugno (www.aiig.it). Gli insegnanti potranno utilizzare il Buono Scuola per coprire i costi d’iscrizione al Convegno, riconosciuto dal MIUR come Corso di Formazione e sperimentazione didattica, e alle Officine didattiche.

Le questioni che saranno affrontate nel corso dei lavori sono di attualità e di grande rilevanza per il mondo della scuola; tra i temi principali, infatti, vi sono quelli relativi all’ambiente, considerato elemento di equità e di giustizia economico-sociale. Le crisi ambientali danneggiano tutti i Paesi (compresi quelli più ricchi e industrializzati), ma gli effetti sono molto più gravi per le popolazioni più deboli, per le comunità vittime di discriminazione e per le minoranze etniche.

Le società – in particolare le nuove generazioni e coloro che si occupano della loro formazione – dovrebbero dotarsi degli strumenti necessari per sventare il rischio di definizioni assolutistiche, generalizzanti e in definitiva miopi, che impediscono di riconoscere le specificità e le peculiarità dei singoli gruppi e soggetti nel loro essere “preziosamente” diversi. “L’obiettivo di fondo – ha ricordato il prof. Gino De Vecchis presidente del Comitato ordinatore – è quello di promuovere attente letture interpretative che possano favorire processi didattico-educativi volti all’inclusione attiva, al rispetto e alla valorizzazione delle differenze culturali, focalizzando anche l’apporto dei media nella diffusione di un nuovo modello di sviluppo solidale e responsabile.”

Il Convegno ha avuto il patrocinio dell’Unicef-Italia, del WWF e dell’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza.

DSA: le nuove sfide di AID

Modena – 24 e 25 settembre 2016

“DSA: le nuove sfide di AID” iscrizioni aperte per il XVI congresso nazionale

Sabato 24 settembre 2016 l’Associazione Italiana Dislessia inaugura a Modena, presso il Centro Servizi Didattici del Policlinico Universitario, il suo XVI congresso nazionale: un’importante occasione di confronto sulle questioni ancora irrisolte in campo scolastico, sanitario, sociale e lavorativo, relativamente ai DSA,  e sulla valorizzazione delle buone prassi già esistenti.

A sei anni dalla promulgazione della Legge 170/2010 e dall’ultima Consensus Conference, nuove sfide attendono AID, per garantire alle persone con DSA pari opportunità, successo formativo e pieno accesso al mondo del lavoro, con la possibilità di esprimere le proprie potenzialità.

Quest’anno Il convegno nazionale si apre con un’importante finestra sull’Europa: la mattina di sabato sarà infatti in sessione comune con la “All European Dyslexia Conference”, convegno internazionale organizzata dall’European Dyslexia Association e dall’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, dal 21 al 24 settembre.

Maggiori informazioni sulla convention di EDA e sulle modalità di partecipazione alla sessione comune sono disponibili a questo link.

Il congresso nazionale proseguirà nelle giornate di sabato 24 e domenica 25 settembre con una sessione plenaria, seguita da cinque sessioni parallelle su ambiti rilevanti per i DSA: salute, scuola, famiglia, e giovani.

In ambito sanitario, il focus sarà sulle raccomandazioni cliniche emerse dai documenti delle Consensus Conference (la loro effettiva applicazione, i nodi critici, il possibile aggiornamento) e sulla presa in carico riabilitativa delle persone con DSA.

Sul tema Scuola, gli interventi si concentreranno su come garantire l’effettivo successo formativo dello studente con DSA, dalla scuola primaria all’università, con particolare attenzione all’insegnamento delle lingue straniere.

Sabato 24 un workshop organizzato in collaborazione con l’Università di San Marino, metterà a confronto varie esperienze di doposcuola specializzati per DSA. Domenica 25 verrà presentato Dislessia Amica, il progetto di formazione e-learning per docenti sviluppato con Fondazione TIM e finalizzato a costruire una scuola più inclusiva per gli studenti con DSA.

Altro tema centrale sarà l’inserimento nel mondo del lavoro delle persone con DSA: verranno approfondite le buone prassi che consentono alle aziende di valutare e valorizzare le capacità e il talento delle persone con dislessia, favorendo la loro crescita professionale.

Il programma completo del convegno nazionale e l’elenco dei relatori è disponibile a questo link.

COME RAGGIUNGERCI

La sede che ospiterà il XVI congresso nazionale AID è il Centro Servizi Didattici del Policlinico Universitario, via del Pozzo 71, Modena.

Per maggiori informazioni sul programma e le modalità di partecipazione scrivere a: congresso@aiditalia.org

IL GRANDE CAOS DELLA RENDICONTAZIONE DEL BONUS DOCENTI

IL GRANDE CAOS DELLA RENDICONTAZIONE DEL BONUS DOCENTI

Il bonus di 500,00 euro assegnato a ciascun docente da spendere per la formazione e l’aggiornamento ha provocato il caos ed ha mandato in tilt le nostre segreterie; ciò è avvenuto per colpa dei Dirigenti del M.I.U.R che non hanno fornito alcun chiarimento o indicazione sulle modalità di rendicontazione delle spese effettuate dai docenti i quali avrebbero dovuto presentare i loro importi spesi entro il 31 agosto 2016 ma, vista la situazione di totale confusione e disorganizzazione, ora il termine è stato prorogato al 15 ottobre 2016.
Inoltre, visto che per mesi e mesi i “Signori” Funzionari del M.I.U.R, molto impegnati in altre “loro faccende” ed ignorando o meglio “fregandosene” dei problemi di noi ATA, hanno taciuto sulle modalità di rendicontazione delle spese, durante l’estate la stragrande maggioranza dei Colleghi Direttori S.G.A ha provveduto ad improvvisare modelli propri per poter rispettare la scadenza della rendicontazione del 31 agosto 2016; infine il 29 Agosto 2016, si sono finalmente ricordati della imminente scadenza della rendicontazione del bonus docenti, stabilita appunto per il 31 Agosto 2016, ed hanno emanato un provvedimento con le modalità di rendicontazione delle spese, prorogandolo al 31 Ottobre 2016.
Dovrebbero vergognarsi per simili atteggiamenti di non rispetto per il lavoro del Personale ATA, in questo caso verso i Colleghi Direttori S.G.A, i quali, pur di rispettare tutte le scadenze estive, spesso hanno sacrificato qualche loro giornata di ferie.
Non ci sono parole per commentare la situazione gravissima di disagio lavorativo di tutto il Personale ATA, e non c’è un grande interesse da parte del nostro Governo di investire nella nostra Scuola pubblica, perché è un tipo di investimento che dà frutti a lunga scadenza e la nostra è una cultura dell’immediato, dell’apparenza; i nostri Politici credono di risolvere ciò che è un problema in questo momento, con riforme e “riformine aggiustative spesso ridicole e anche dannose”, come i tagli selvaggi del Personale ATA.
Occorre urgentemente da parte della Politica italiana innanzitutto una stabilità concettuale su tutta la Scuola pubblica, che la Politica, o forse “questa Politica attuale” non è in grado di offrire e i risultati “distruttivi” li abbiamo davanti i nostri occhi in tutte le Scuole d’Italia.