Una valutazione possibile degli insegnanti

Una valutazione possibile degli insegnanti italiani sulla base delle esperienze straniere

di Francesco Scoppetta

Nel nostro paese il SNV (Servizio nazionale di valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione) è stato istituito dall’art. 1 del d. lgs. 286/2004, con l’obiettivo di valutare l’efficienza e l’efficacia dello stesso sistema, ai fini del progressivo miglioramento e dell’armonizzazione della qualità. Si è proceduto, attraverso varie sperimentazioni, ad instaurare la valutazione dei dirigenti scolastici ma senza finora collegarla alla “retribuzione di risultato” (per cui l’unico effetto positivo si è rinvenuto soltanto sul piano culturale) ma nessun ministro, nessuna forza politica sono persuaso si spingerà mai sino a voler valutare gli insegnanti. Il tono può sembrare “apocalittico” ma è il confronto con gli altri paesi occidentali che è impietoso e che lascia interdetti per il ritardo. A voler essere “realisti”, immaginando che prima o poi in Italia anche gli insegnanti verranno valutati così come i dirigenti scolastici, lo faremo almeno un quarto di secolo (o di più) dopo gli altri. Ma su questo come su tanti altri argomenti noi seguiamo il precetto che nessuno ci deve insegnare nulla e che la famosa gita a Chiasso di Arbasino la fanno gli stupidi perchè da noi è troppo bello. La valutazione del merito, hanno scritto Boeri e Perotti, “è un problema che può essere affrontato, e anche se non è una scienza esatta, una valutazione buona ma necessariamente imperfetta è meglio di nessuna valutazione”.

Valutare il merito sembra una di quelle imprese titaniche ma anche impopolari e inutili che non è esagerato definirla come un vero tabù per la politica italiana. Non il solo, perché il lavoro nero o l’evasione fiscale sono problematiche altrettanto impossibili da risolvere. Nella nostra società, paragonata a quella di paesi europei dove la valutazione degli insegnanti è pienamente operante da decenni, esiste una forte proibizione a toccare l’argomento, per cui è come se la questione fosse diventata per la politica “sacra e proibita”. Sette insegnanti su 10 sono contrari ma non è questo dato a sorprendere. Quel che dovrebbe interessare è che i contrari considerino la valutazione in una scala che va da inutile a ripugnante.

Dagli anni novanta (in cui si è sviluppata l’autonomia scolastica) in poi la valutazione dell’operato degli insegnanti è stata sviluppata in molti paesi europei nonostante l’opposizione degli interessati. Sono stati introdotti vari modelli di accountability, che vanno dalla tradizionale ispezione esterna individuale basata sui processi alla valutazione individuale interna effettuata dal capo di istituto oppure all’autovalutazione della scuola, che include la valutazione standardizzata degli apprendimenti degli alunni.

Non esiste in Europa un modello omogeneo di valutazione dei docenti e non esiste neppure un modello prevalente.

Il fatto più rilevante però è “che le diverse modalità di valutazione tendono sempre più ad intrecciarsi tra loro per cui la valutazione in diversi paesi è diventata una rete che mette assieme valutazioni interne ed esterne, individuali e collettive. Dal 2005 in poi la tendenza vede le valutazioni individuali prevalere su quelle collettive, perché si procede lungo la differenziazione delle carriere e le promozioni stipendiali. Prima la valutazione individuale si imponeva soprattutto come controllo dei processi. Oggi, le nuove modalità di valutazione pongono più l’accento sui risultati.

Invece di esaminare paese per paese le diverse modalità, forse è più suggestivo immaginare subito un modello italiano che possa mettere assieme esperienze differenti, un patchwork politicamente accettabile. La premessa del discorso che faremo è riassumibile ne  “il meglio è nemico del bene”: piuttosto che non far nulla come in Italia, vediamo di cominciare a fare qualcosa (prendendo spunto da esperienze estere) che sia politicamente accettabile da una maggioranza, mettendo nel conto i No-Valut che nessuno potrà convincere mai in nessuna parte del mondo terrestre,

  1. Una prima modalità consigliabile per l’Italia è la Valutazione individuale svolta da ispettori, cioè da un corpo di specialisti esterni all’istituto che dipendono dalle autorità nazionali, come in Francia, o sono sotto la tutela delle autorità regionali incaricate dell’istruzione, come in Germania, Spagna o Austria,

In Francia, per esempio, gli ispettori del Ministero (Inspecteur de l’Education Nationale – IEN) valutano gli insegnanti che vengono ispezionati ogni 4 anni circa. Spesso sono gli stessi insegnanti che chiedono di essere valutati per far progredire la loro carriera. L’ispettore attribuisce all’insegnante un voto basato su criteri sia didattici che amministrativi.

In Spagna, le autorità educative delle singole Comunità Autonome sono responsabili della creazione di piani per la valutazione dell’insegnamento nel settore pubblico. Questi piani, che devono essere resi pubblici, definiscono gli obiettivi e i criteri di valutazione, così come le modalità con cui gli insegnanti, la comunità scolastica e le autorità educative stesse partecipano al processo di valutazione. Le autorità educative, assimilabili a corpi ispettivi, promuovono pertanto anche la valutazione degli insegnanti su base volontaria e sono responsabili per la definizione delle modalità della valutazione stessa.

  • La valutazione esterna (e didattica) degli insegnanti svolta dagli ispettori sarebbe utile che venisse integrata da una valutazione interna (però amministrativa) svolta dal capo di istituto.

Il modello più efficace è quello della Francia dove nei collèges (secondario inferiore) e nei lycées (secondario superiore), gli insegnanti sono valutati ogni 6/7 anni, anche se si tenta di ridurre il tempo tra una valutazione e l’altra, dagli ispettori pedagogici regionali (Inspecteurs Pédagogiques Régionaux). L’ispezione si svolge sul campo, mentre l’insegnante tiene la sua lezione, e consta di un’osservazione di una sequenza didattica, seguita da un colloquio individuale con l’insegnante. La valutazione degli insegnanti si articola attorno a una doppia votazione: una “didattica” (su 60 punti), effettuata dall’ispettore competente ogni 6/7 anni, l’altra “amministrativa” (su 40 punti), effettuata ogni anno dal capo di istituto in base a criteri quali l’assiduità, la puntualità, l’autorità e l’ascendente sugli alunni e sui colleghi. La votazione didattica è oggetto di un’armonizzazione annuale da parte di un collegio di esperti valutatori appartenente al corpo superiore del personale ispettivo. Questa armonizzazione permette di equilibrare le scale di votazione tra i diversi valutatori e di aggiornare le votazioni didattiche più vecchie. La votazione amministrativa può variare a seconda delle diverse académies (sorta di USR). Di conseguenza, una perequazione del voto amministrativo va a compensare gli scarti di voti tra insegnanti posti in una stessa situazione (stesso scaglione, stessa posizione amministrativa) da un’académie all’altra. L’aggregazione finale di due votazioni produce il voto globale su 100 punti che misura il valore professionale di ciascun insegnante e gli permette di far valere i suoi diritti in materia di avanzamento di scaglione. Di fatto, le diverse tappe della progressione di carriera degli insegnanti (promozione di scaglione, di grado, o di corpo) si basano tutte, più o meno in larga misura, su questo voto.

Anche in Germania, gli insegnanti vengono valutati dagli Ispettori scolastici (Schulaufsichtsbeambten) del Land e dal capo di istituto.

In base alle linee guida sulla valutazione degli insegnanti delle scuole del settore pubblico, predisposte dai Ministeri dell’educazione dei Länder, la valutazione deve basarsi su: colloqui con l’insegnante; rapporti sul suo rendimento predisposti dal capo di istituto; ispezioni durante le lezioni da parte del capo di istituto e degli ispettori scolastici, e valutazione dei risultati degli alunni. La valutazione si conclude con un rapporto finale che include solitamente una proposta relativa alla futura carriera.

Il discorso potrebbe finire qui perché già questa procedura che mette assieme ispettori e capi d’istituto in Italia sarebbe facilmente attuabile purchè il corpo degli ispettori venisse adeguatamente rinforzato. Per la scuola italiana sarebbe una vera rivoluzione in quanto il docente che non funziona sarebbe presto individuato, aiutato con ulteriore formazione quando è possibile oppure accompagnato alla porta nei casi più impossibili. Si instaurerebbe una carriera docente con aumenti per i migliori e i sindacati che hanno fatto dell’appiattimento salariale e corporativo la bandiera dell’arruolamento cambierebbero prospettiva e cultura.

  • La Valutazione individuale svolta dal capo di istituto sulla performance professionale degli insegnanti come avviene in Polonia non appare politicamente praticabile in Italia. Colà per tutti i livelli di istruzione si svolge su sua iniziativa, o su richiesta dell’insegnante, dell’autorità educativa regionale, del consiglio di istituto o su richiesta del consiglio dei genitori.

Però dalla Polonia si potrebbe importare nel nostro sistema la valutazione descrittiva, che si conclude con una valutazione generale (Eccellente, Buono, Negativo). Tre semplici fasce che renderebbero il corpo insegnante intellegibile dall’utenza differenziando di conseguenza carriera e stipendi. Nel caso di una valutazione negativa, l’insegnante ha il diritto di richiedere una revisione della valutazione all’ente di supervisione pedagogica entro 14 giorni dal ricevimento del rapporto di valutazione. Il capo di istituto è obbligato a valutare la performance degli insegnanti entro 3 mesi dalla data della richiesta. Nel caso in cui questa risulti negativa, è possibile effettuare un’altra valutazione solo se l’insegnante segue una formazione aggiuntiva della durata di nove mesi (su richiesta dell’insegnante e con il consenso del capo di istituto).

In Olanda, in cui gli istituti scolastici godono di una forte autonomia, gli insegnanti sono nominati dal consiglio di istituto, che è responsabile del personale, e anche del reclutamento, della formazione e della valutazione del suo staff educativo. Quindi sarebbe corretto dire che gli organi di valutazione degli insegnanti sono le scuole stesse.

4) Un altro modello impraticabile in Italia è la valutazione delle scuole (autovalutazione) anziché dei singoli docenti

Ciò perché è un modello dei paesi del Nord in cui la selezione (accurata) di qualità sui docenti avviene già a priori al momento dell’assunzione che viene fatta dalla municipalità o dalla scuola stessa. Successivamente, le scuole definiscono i compiti dei docenti in una programmazione annuale, e poi rendicontano dei propri esiti alla municipalità e questa, a sua volta, allo Stato. Si osservi come in Finlandia non esiste neppure un corpo ispettivo e gli insegnanti non vengono valutati come tali. Tuttavia, molte scuole hanno un sistema di qualità, che prevede colloqui annuali di sviluppo tra docenti e capi di istituto. Questi colloqui sono organizzati per valutare il raggiungimento degli obiettivi fissati nel precedente anno e gli obiettivi dello staff educativo o i bisogni individuati per l’anno successivo. Anche nel caso della Svezia, la valutazione degli insegnanti non è regolamentata dalla legge. Tuttavia, tutto il personale della scuola ha regolari colloqui individuali con il capo di istituto sulla base degli obiettivi stabiliti annualmente a livello di scuola.

  • Infine cosa potrebbe suggerirci il modello inglese. Essocostituisce un modello a sé in quanto paese che più si è spinto verso un modello di gestione delle scuole di tipo manageriale e privatistico. Gli organi responsabili della valutazione degli insegnanti sono:

– Capo di istituto + consulente esterno nominato dallo school governing body + 2 o 3 membri di quest’ultimo.

– Teacher’s team leader1: insieme al capo di istituto svolge la review (revisione della performance).

La performance degli insegnanti deve essere verificata annualmente. La normativa prevede che le scuole sviluppino una politica di gestione degli stipendi e della performance (pay and performance management) che:
· stabilisca quali sono i risultati attesi e come devono essere misurati;
· mostri come le disposizioni della scuola per la gestione delle performance degli
insegnanti siano collegate a quelle per il miglioramento della scuola, per
l’autovalutazione di istituto e per il piano di sviluppo scolastico;
· mostri come la scuola cercherà di applicare coerenza di trattamento ed equità tra  gli insegnanti con esperienza o livelli di responsabilità simili;
· stabilisca la tempistica del ciclo di valutazione;
· includa un protocollo di osservazione in classe;
· fornisca la necessaria formazione in caso di bisogno;

Seguendo l’Inghilterra potrebbe il nostro parlamentostabilirecon legge standard professionali che definiscano compiti, conoscenze e competenze degli insegnanti ad ogni tappa della loro carriera. In Spagna esistono i piani per la valutazione dell’insegnamento nel settore pubblico. Confrontando tali piani e gli standard inglesi con le generiche formule adoprate nei contratti collettivi di lavoro italiani circa la funzione docente, è facile capire come un sistema scolastico debba stabilire precisamente in cosa consiste la professionalità docente. Le libere soggettive interpretazioni del ruolo degli insegnanti italiani abituati a considerare ancora la lezione frontale come unica modalità di trasmissione delle nozioni, la cultura dell’”ho sempre fatto così e mi sono trovato bene”, non vanno correlate tout court ad una mitica esigenza dell’innovazione ma per l’appunto inserite in un confronto internazionale perché non è che l’Italia sia la patria della libertà di insegnamento e gli altri paesi non la riconoscono, come spesso si crede.

NOTA: cit. da: MODELLI DI VALUTAZIONE INSEGNANTI IN UE (INDIRE Unita’ italiana Di Eurydice) nov. 2009