Il volto gesuitico dei voti

Il volto gesuitico dei voti

di Giovanni Fioravanti

Era facilmente prevedibile che l’attenzione dal merito scivolasse sui voti. È stato sufficiente  il lancio di stampa che al liceo Morgagni di Roma si sperimenta la scuola senza voti  che l’italico qualunquismo pedagogico si scatenasse, come se una scuola senza voti fosse destinata all’estinzione. Del resto, se questo governo ritiene che l’istruzione deve essere sorretta dalla stampella del merito, è evidente che una scuola senza voti è una pugnalata alla schiena. Il merito per essere tale necessita di una graduatoria, appunto la graduatoria di merito, e a scuola le graduatorie (come tante altre cose) dai tempi della gesuitica ratio studiorum si fanno con la scala ordinale dei voti in numeri o in lettere come nei paesi anglosassoni. 

Quando l’idraulico viene a casa ad aggiustarmi la doccia che non funziona, al termine del suo lavoro non gli do un voto, lo pago sulla base della fattura che mi rilascia. O ha riparato la doccia o non l’ha riparata, è abile o non è abile, è competente o non è competente. In definitiva funziona una logica binaria.

Tutta la nostra vita poggia sull’aperto/chiuso, dentro/fuori, sopra/sotto, negativo o positivo.

A scuola no. La logica è quantitativa, il sapere va a peso. Domina la domanda che la figlia fa al padre in un famoso metalogo di Gregory Batison: “Papà, quante cose sai?”

E siccome il sapere non si può pesare e neppure misurare è compito degli insegnanti impilarlo nella scala decimale, ne va del loro ruolo, della loro autorità, del loro prestigio sociale. 

Il voto è un potente ricatto, una punizione morale double face che fa dello studente un somaro come un secchione. È comunque l’anima del profitto scolastico, l’incentivo a studiare. 

Sui voti a scuola si potrebbero scrivere pagine di luoghi comuni e a leggere certe giudizi che definiscono la sperimentazione del Morgagni “un’idea scellerata” si ha l’impressione  che se a qualcuno gli togli dalla scuola il registro e le pagelle gli crolli un intero mondo di certezze addosso. La sociologia ci insegna che la resistenza alle scuole senza voti è dovuta tanto al peso dell’abitudine quanto al conforto che la loro comunicazione fornisce.

Il fatto è che le ragioni dei sostenitori del sistema dei voti non hanno nulla a che vedere con le pratiche di valutazione fondamentali per dar forma all’insegnamento e all’apprendimento.

I voti da 1 a 6 delle scuole gestite dai gesuiti nel secolo XVI° facevano parte di una didattica fondata sulla ripetizione come metodo per assimilare le materie di studio. Pratica ancora in auge nei nostri istituti secondari in cui prevale la didattica della ripetizione: lezioni ex cathedra, interrogazioni e quindi voti sul registro. Ma si tratta di scuole che sono fuori dal tempo, dove ancora si misurano le nozioni anziché i processi per acquisire quelle competenze che pure sono dettagliate dalle Indicazioni nazionali. Le competenze non si misurano né con la scala decimale né con quella pentenaria. Le competenze o sono possedute o non sono possedute. Ciò che è necessario valutare è lo stato del processo per acquisirle pienamente, che richiede due forme di autovalutazione quella del sistema per individuare come sostenere lo studente nel suo processo di apprendimento e quella dello studente stesso, per essere consapevole di sé, per conoscere come procedere, cosa ha acquisito e cosa ancora gli manca.

L’assurdo dei voti numerici è che per essere comunicabili e compresi hanno bisogno di descrittori, vale a dire di narrazioni, grande conquista democratica rispetto ai tempi andati quando il voto dell’insegnante era una cifra e niente più, se non un “non si impegna”, “si deve impegnare di più”. Ma se i voti si devono narrare che senso hanno i numeri, se non per fare delle graduatorie di merito o di demerito?

È che poi le narrazioni dei voti sollevano il velo su una scuola che non è poi tanto diversa dalle istituzioni gesuitiche nonostante i secoli che ci separano. Sulle competenze che neppure sono prese in considerazione prevale la ripetizione. 

Non cito la fonte, prendo “una griglia di descrizione del valore numerico dei voti” da un liceo a caso:

10. Eccellente: conoscenze complete e approfondite, elaborate in modo personale e critico anche operando collegamenti interdisciplinari. Uso competente della lingua italiana/ straniera e delle terminologie specifiche. Esposizione brillante.

9. Ottimo: conoscenze complete e approfondite, sostenute da capacità argomentativa e di collegamento tra discipline. Fluidità ed organicità espositiva, uso appropriato della lingua italiana/ straniera e delle terminologie specifiche.

5. Insufficiente: conoscenze incomplete e superficiali dei contenuti. Difficoltà nel coordinamento logico. Uso improprio della lingua italiana/ straniera e delle terminologie specifiche.

Già la descrizione del valore numerico dei voti è inquietante per una mente normale, ma passiamo oltre. Il valore quantitativo del numero è trasposto in un aggettivo qualificativo, tanto vale usare direttamente gli aggettivi, ma questo lasciamolo ai tanti misteri gloriosi del nostro sistema scolastico.

La cosa che colpisce è la narrazione che si fa del sapere, delle conoscenze la cui padronanza è evidentemente misurata sulla ripetizione e sulla retorica, sull’oratoria: “esposizione brillante”, ne più ne meno di quanto accadeva nei collegi della ratio studiorum. Le conoscenze non sono competenze, nulla di applicativo che emerga da queste narrazioni, fatto salvo per quella linguistica, che ci sta con la scuola della retorica. Prevale la nozione, la quale in quantità incompleta produce l’insufficienza.

Senza voti come si fa a motivare gli studenti, ottenere il loro impegno nello studio? Se manca la pratica del bastone e della carota nessuno più si impegnerà a scuola e il risultato sarà una società di ignoranti e di incompetenti. 

No. Abbiamo la necessità che a scuola si affermi una cultura differente. 

Una scuola capace di trasmettere la passione per lo studio, per la sua forza attrattiva, dove l’apprendimento è un follow up individualizzato. Una scuola senza voti rende più facile apprezzare lo studio per se stesso e il pensiero critico, rompendo con la pratica della strumentalizzazione del sapere in funzione del voto, costringendo alla massima attenzione  verso i  fattori motivazionali degli studenti e la psicologia dell’apprendimento.

La scuola senza voto richiede  insegnanti preparati nelle pratiche di valutazione verso approcci sempre più formativi nell’ottica di una progressiva ottimizzazione degli apprendimenti e delle competenze.

La sperimentazione del liceo Morgagni di Roma è sulla lunghezza d’onda di tutto questo e  delle tante scuole che dalla Francia agli Stati Uniti stanno sperimentando come passare dal sistema di valutazione della scuola delle nozioni al sistema di valutazione della scuola dell’apprendimento basato sulla padronanza e sulla competenza.

Moheeb Kaied frequenta la seconda alla Scuola Media 442 di Brooklyn, una mattina ha detto: “Vediamo. Posso trovare l’area e il perimetro di un poligono. Riesco a risolvere problemi matematici e del mondo reale utilizzando un piano di coordinate. Devo ancora migliorare nella divisione di numeri a più cifre, il che significa che probabilmente dovrei esercitarmi di più”. Moheeb fa parte di un nuovo programma che sta sfidando il modo in cui insegnanti e studenti pensano ai risultati dell’apprendimento,  la sua scuola è una delle centinaia che hanno eliminato i tradizionali voti in lettere all’interno delle loro classi.  

Alla Scuola Media 442, gli studenti sono incoraggiati a concentrarsi invece sulla padronanza delle competenze. Non c’è fallimento. L’unico obiettivo è apprendere il materiale da padroneggiare, prima o poi.

Per gli studenti in difficoltà c’è molto tempo per esercitarsi finché non sono acquisite le capacità. Per coloro che afferrano rapidamente i concetti c’è l’opportunità di andare avanti rapidamente. La strategia sembra diversa da classe a classe, così come il materiale che gli studenti devono padroneggiare. Ma in generale, gli studenti lavorano secondo i propri ritmi attraverso fogli di lavoro, lezioni online e discussioni in piccoli gruppi con gli insegnanti. Ricevono frequenti aggiornamenti sulle competenze apprese e su quelle che devono ancora acquisire.

Anche qui niente di nuovo, nulla da inventare che non sia già stato sperimentato. Chi ha familiarità con la storia della pedagogia ricorderà certo il Piano Dalton dal nome della cittadina del Massachussets dove agli inizi del secolo scorso Helen Parkhurst sperimentò il suo metodo.

Nella scuola senza voti, senza registri e pagelle cessano di esistere le continue bugie che i numeri e le lettere raccontano sull’apprendimento. Gli albi d’onore e di merito scompaiono. Scompare di conseguenza anche il ministero dell’istruzione e del merito, per tornare Ministero della Pubblica Istruzione come impegno della Scuola dello Stato ancora prima che degli studenti. 

Gli insegnanti imparano a valutare efficacemente i risultati scolastici e gli studenti diventano studenti indipendenti, spinti dalla curiosità e dall’ispirazione piuttosto che dalla vuota promessa di un voto “buono” o dalla minaccia di uno “cattivo”.

Ora, questa può sembrare solo un’idea grande, forse persino irrealistica. Ma la scuola senza voti esiste già nelle scuole di tutto il mondo, basta guardarsi attorno e, naturalmente, studiare.

Divari territoriali, valutazione senza voti, bocciature

Divari territoriali, valutazione senza voti, bocciature

di Stefano Stefanel

            In questa fase della scuola italiana, che coincide con l’avvio del PNRR, sulla scuola si stanno abbattendo alcuni dibattiti solo apparentemente distanti tra loro, che ruotano tutti attorno ad un’unica “ragione sociale”: selezionare o includere. Tutto quanto viene discusso, però, lo è in maniera un po’ convulsa e non sempre gli obiettivi del sistema sembrano essere chiari a tutti.

            Per i così detti divari territoriali un congruo numero di scuole ha ricevuto complessivamente 500 milioni di euro dallo stato (circa 250.000 euro a scuola), con uno stanziamento comunicato a giugno, quasi come un fulmine a ciel sereno, visto che le scuole nulla avevano chiesto. Anche i parametri indicati dal Ministero, per decidere il finanziamento, hanno individuato situazioni di criticità non ritenute critiche da molte scuole e hanno fatto pervenire cospicui finanziamenti per sanare situazioni problematiche che alcune scuole non ritenevano di essere tali. In attesa delle Linee guide sull’argomento sono però già trascorsi quasi cinque mesi dall’invio della comunicazione e l’anno scolastico 2022/23 ha già percorso un tratto della sua strada. In questo clima e con il passaggio del ministero alla destra si sta sviluppando anche un dibattito sul voto numerico e la sua eliminazione, sul concetto di valutazione formativa in contrapposizione a quella sommativa. La valutazione attraverso voto numerico e il concetto stesso di bocciatura (ripetere nell’anno successivo tutto quello che si è fatto nell’anno precedente) vanno nella direzione di aumentare i divari territoriali e la dispersione e dunque un ragionamento sulla valutazione sta in stretto rapporto con gli elementi da introdurre per recuperare questi divari.

            L’impostazione solo numerica della valutazione nella scuola secondaria italiana aiuta a combattere la dispersione o la genera? Su questa domanda sono sorte varie teorie ed opinioni, a partire da quelle che nasce nella scuola primaria a seguito della trasformazione della valutazione numerica in valutazione i obiettivi – e non di materie – attraverso livelli e non voti.

            Un altro elemento interessante da analizzare è quello relativo alla possibilità che i divari territoriali si sanino con un maggior numero di bocciature e di studenti insufficienti, cioè se i 500 milioni di euro possano servire per mettere in sicurezza una parte degli studenti non curandosi degli altri. Questo potrebbe portare ad una sorta di corso di recupero generalizzato e di massa che supporti gli studenti che si collocano a vario titolo nell’ambito della dispersione, attraverso un tentativo generico di risollevare il sistema dell’istruzione con metodi tradizionali.

            Tutto questo, però, ruota attorno all’idea che il numero sia l’unico modo per valutare e che le verifiche tradizionali (compiti in classe e interrogazioni) ancora svolgano la loro funzione pedagogica e formativa. Non credo che, in questa fase, sia utile addentrarsi troppo in considerazioni di pedagogia generale, perché alla fine il PNRR porterà a valutazione dei risultai raggiunti non da parte del sistema scolastico italiano, ma da parte dell’Unione Europea. Se i soldi spesi per recuperare i divari territoriali non li avranno recuperati ci sarà stato solo un travaso di risorse su venditori ed almanacchi per un tentativo (a quel punto non riuscito) di raggiungere l’obiettivo della diminuzione della dispersione. Non credo che questa sia una strada realisticamente percorribile. Non potrà restare tutto così com’è, questo almeno dovrebbe essere chiaro.

            Allora resta solo la messa in atto di strumenti, strutture e didattiche che puntino a rafforzare gli elementi positivi degli studenti deboli, per far salire il rendimento generale attraverso una modifica strutturale della didattica di fascia bassa. Credo sia necessario cancellare dalla scuola italiana l’idea che possa esistere una scuola attraverso cui si forniscono conoscenze, abilità e competenze uguali per tutti gli studenti e che questi poi vengano sottoposti ad una semplice fotografia in cui alcuni hanno raggiunto risultati soddisfacenti e altri no, quasi che il ruolo dell’insegnante sia solo quello di trasmettere e misurare.

            Un piano che vada a coprire i divari territoriali deve porsi dalla parte dei più deboli per vedere come può farli diventare più forti, partendo dall’idea preliminare che non sempre il più debole è in grado di mettere in campo strumenti personali e sociali utili a costituire una solida base di apprendimento. Detto in termini “western spaghetti” molto spesso il ragazzo debole, che studia poco, è disinteressato e demotivato non è “buono”, ma è proprio “brutto e cattivo”. Se, però, vogliamo eliminare i divari territoriali dobbiamo addentrarci tra i “brutti e cattivi” dove è difficile produrre grandi cambiamenti, ma può essere interessante cementare apprendimenti (anche tecnici e pratici e non solo teorici).

            Nell’immediato la strada più semplice ed efficace mi pare quella che procede attraverso quattro passaggi:

  • analisi dei (pochi) punti di forza e dei (molti) punti di debolezza degli studenti deboli o in dispersione;
  • predisposizione di Piani di apprendimento personalizzati (quindi percorsi totalmente autonomi ed individuali, non un abbassamento dei livelli o degli obiettivi) che rafforzino i punti di forza e semplicemente presidino in forma essenziale i punti di debolezza
  • valutazione dell’anno scolastico centrata sui punti di forza e non sulla situazione generale dello studente
  • azione orientativa per l’uscita dal primo ciclo dell’istruzione o per l’uscita dal sistema dell’istruzione verso il mondo del lavoro.

            Si tratta di agire su base sociale e pedagogica per avviare lente modifiche in parti complesse del sistema, con l’idea che il cambiamento della didattica impone un’idea pedagogica e non disciplinare di apprendimento. Su questo, però, le associazioni culturali e professionali sono chiare: oltre un certo limite non si può e non si deve scendere, perché altrimenti non si insegna più la disciplina, ma si fanno azioni pedagogiche e formative generiche. Ecco che allora diventa necessario verificare con attenzione se tutto quello che si insegna nella scuola secondaria deve essere necessariamente imparato da tutti: perché se è così quelli che impareranno tutto diminuiranno sempre di più e quelli che impareranno poco o niente aumenteranno sempre di più.

            Parafrasando potremmo dire “che cento latini fioriscano, che cento matematiche gareggiano”, cioè che si vada verso la didattica di discipline che raggiungono una parte di popolazione in maniera profonda e approfondita e una parte di popolazione semplicemente con una infarinatura culturale. Nella vita degli adolescenti e dei ragazzi si deve fare strada un rispetto per il generalismo e al tempo stesso una possibile apertura verso il disciplinare di medio e alto livello. Proviamo a declinare un paio di domande e un paio di risposte:

  • quante matematiche si devono sviluppare in una classe dunque?
  • quante servono
  • quante matematiche sono possibili?
  • infinite

Tutto questo è possibile? Con il Piano Rigenerazione scuola, il PNRR- Futura, il Piano Nazionale Scuola Digitale sì, ma per farlo bisogna rispettare il passato, non trattarlo da presente, perché non c’è più. Quindi le scuole davanti al problema di come ridurre i divari territoriali dovranno scegliere se prendere la strada della pedagogia o quella delle discipline. Davanti all’obiezione: come si può fare pedagogia senza discipline? la risposta è molto semplice: la pedagogia è pedagogia di discipline, ma le precede, non può semplicemente essere uno stratagemma per definire il concetto di recupero.

Qui sta l’elemento più difficile da progettare e attivare: slegare il concetto di corso o attività di recupero a quello di azione per il recupero dei divari territoriali. I divari sono una cosa seria, il recupero fatto dalle nostre scuole spesso non lo è. E non lo è non per carenza di mezzi, impegno, passione, interesse per gli alunni, ma per carenza di pedagogia, quasi che un argomento spiegato al pomeriggio diventi più semplice da comprendere dello stesso argomento spiegato al mattino. Qui forse è il caso di entrare nel merito del concetto di “spiegato”. Spiegare vuol dire ampliare, cioè collocare la meta-conoscenza (spiegazione) sulla conoscenza, quasi che la seconda sia per sua natura più semplice e comprensibile della prima. Quindi lo spiegare amplia e produce i risultati che tutti consociamo: ottimi su alcuni alunni, medi o mediocri su altri, pessimi su una parte sempre crescente di alunni. Agire pedagogicamente significa saper scegliere e selezionare cosa “spiegare” cosa “piegare”, cioè cosa trasmettere per sintesi e cosa per estensione, cosa è essenziale e cosa non lo è, cosa serve a chi tende al massimo e cosa serve a chi non tende da nessuna parte.

Credo che le scuole farebbero bene a lavorare in rete e a costruire solidi team progettuali con la consulenza di esperti esterni in linea con il progetto della scuola. Serve, penso, un po’ di umiltà e capire che chi è finito in un divario territoriale farà bene a non cercare di chi è la colpa (la scuola tende comunque a dire degli studenti che non studiano come si deve, delle famiglie che non fanno più il loro dovere, del digitale imperante), ma a capire con chi allearsi.

Concludo indicando il luogo dove trovare la linea per comprendere come eliminare i divari territoriali, l’Obiettivo 4 dell’Agenda 2030: “Obiettivo 4: Fornire un’educazione di qualità, equa ed inclusiva, e opportunità di apprendimento per tutti”.  In questa splendida definizione non c’è la parola uguaglianza (che piace tanto alla nostra scuola a livello di enunciazione ma non di fatti) ma ci sono altre parole chiave:

  • Educazione di Qualità (don Lorenzo Milani: “non c’è ingiustizia più grande che far parti uguali tra diversi”)
  • Educazione Equa (il Maestro Antonio Manzi: “quello che può fa, quello che non può non fa”)
  • Educazione Inclusiva (Edgar Morin: “servono teste ben fatte, non teste ben piene”)
  • Opportunità di apprendimento per tutti (John Dewey: “Una società consiste di un certo numero di individui tenuti insieme dal fatto di lavorare in una stessa direzione in uno spirito comune, e di perseguire mire comuni “).

Garanzia provvisoria e definitiva nelle procedure d’appalto

Garanzia provvisoria e definitiva nelle procedure d’appalto

di Leon Zingales

Il punti di riferimento relativo alle procedure d’appalto è il D.Lgs. n.50/2016 così come modificato e novellato dal D.Lgs. n.56/2017 Correttivo Codice Appalti, per l’acquisizione di beni e servizi.

  1. Garanzia provvisoria

Ai sensi dell’art. 93 del D.Lgs. 50/2016 l’offerta dell’operatore economico deve essere corredata da una garanzia fideiussoria denominata “garanzia provvisoria” pari, generalmente, al 2% del prezzo base indicato nel bando di gara, sotto forma di cauzione o fideiussione. Tutto ciò a garanzia di eventuale mancata sottoscrizione del contratto dopo l’aggiudicazione da parte all’affidatario ovvero all’adozione di informazione antimafia interdittiva emessa ai sensi degli artt. 84 e 91 del D.Lgs. n. 159 del 06 settembre 2011.

Art. 93 D.Lgs. 50/2016 Garanzie per la partecipazione alla procedura 1. L’offerta è corredata da una garanzia fideiussoria, denominata “garanzia provvisoria” pari al 2 per cento del prezzo base indicato nel bando o nell’invito, sotto forma di cauzione o di fideiussione, a scelta dell’offerente. Al fine di rendere l’importo della garanzia proporzionato e adeguato alla natura delle prestazioni oggetto del contratto e al grado di rischio ad esso connesso, la stazione appaltante può motivatamente ridurre l’importo della cauzione sino all’1 per cento ovvero incrementarlo sino al 4 per cento. Nel caso di procedure di gara realizzate in forma aggregata da centrali di committenza, l’importo della garanzia è fissato nel bando o nell’invito nella misura massima del 2 per cento del prezzo base. In caso di partecipazione alla gara di un raggruppamento temporaneo di imprese, la garanzia fideiussoria deve riguardare tutte le imprese del raggruppamento medesimo. Nei casi di cui all’articolo 36, comma 2, lettera a), è facoltà della stazione appaltante non richiedere le garanzie di cui al presente articolo. 2. La cauzione è costituita presso l’istituto incaricato del servizio di tesoreria o presso le aziende autorizzate, a titolo di pegno a favore dell’amministrazione aggiudicatrice, esclusivamente con bonifico o con altri strumenti e canali di pagamento elettronici previsti dall’ordinamento vigente. Si applica il comma 8 e, quanto allo svincolo, il comma 9. (comma così sostituito dall’art. 29, comma 1, della legge n. 122 del 2022) 3. La garanzia fideiussoria di cui al comma 1 a scelta dell’appaltatore può essere rilasciata da imprese bancarie o assicurative che rispondano ai requisiti di solvibilità previsti dalle leggi che ne disciplinano le rispettive attività o rilasciata dagli intermediari finanziari iscritti nell’albo di cui all’articolo 106 del decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385, che svolgono in via esclusiva o prevalente attività di rilascio di garanzie e che sono sottoposti a revisione contabile da parte di una società di revisione iscritta nell’albo previsto dall’articolo 161 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 e che abbiano i requisiti minimi di solvibilità richiesti dalla vigente normativa bancaria assicurativa. 4. La garanzia deve prevedere espressamente la rinuncia al beneficio della preventiva escussione del debitore principale, la rinuncia all’eccezione di cui all’articolo 1957, secondo comma, del codice civile nonché l’operatività della garanzia medesima entro quindici giorni, a semplice richiesta scritta della stazione appaltante. 5. La garanzia deve avere efficacia per almeno centottanta giorni dalla data di presentazione dell’offerta. Il bando o l’invito possono richiedere una garanzia con termine di validità maggiore o minore, in relazione alla durata presumibile del procedimento, e possono altresì prescrivere che l’offerta sia corredata dall’impegno del garante a rinnovare la garanzia, su richiesta della stazione appaltante nel corso della procedura, per la durata indicata nel bando, nel caso in cui al momento della sua scadenza non sia ancora intervenuta l’aggiudicazione. 6. La garanzia copre la mancata sottoscrizione del contratto dopo l’aggiudicazione dovuta ad ogni fatto riconducibile all’affidatario o all’adozione di informazione antimafia interdittiva emessa ai sensi degli articoli 84 e 91 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159; la garanzia è svincolata automaticamente al momento della sottoscrizione del contratto. 7. L’importo della garanzia, e del suo eventuale rinnovo, è ridotto del 50 per cento per gli operatori economici ai quali venga rilasciata, da organismi accreditati, ai sensi delle norme europee della serie UNI CEI EN 45000 e della serie UNI CEI EN ISO/IEC 17000, la certificazione del sistema di qualità conforme alle norme europee della serie UNI CEI ISO9000. …..(comma così modificato dall’art. 34, comma 1, lettera a), della legge n. 79 del 2022) 8. L’offerta è altresì corredata, a pena di esclusione, dall’impegno di un fideiussore, anche diverso da quello che ha rilasciato la garanzia provvisoria, a rilasciare la garanzia fideiussoria per l’esecuzione del contratto, di cui agli articoli 103 e 104, qualora l’offerente risultasse affidatario. Il presente comma non si applica alle microimprese, piccole e medie imprese e ai raggruppamenti temporanei o consorzi ordinari costituiti esclusivamente da microimprese, piccole e medie imprese. 8-bis. Le garanzie fideiussorie devono essere conformi allo schema tipo di cui all’articolo 103, comma 9. 9. La stazione appaltante, nell’atto con cui comunica l’aggiudicazione ai non aggiudicatari, provvede contestualmente, nei loro confronti, allo svincolo della garanzia di cui al comma 1, tempestivamente e comunque entro un termine non superiore a trenta giorni dall’aggiudicazione, anche quando non sia ancora scaduto il termine di efficacia della garanzia. 10. Il presente articolo non si applica agli appalti di servizi aventi a oggetto la redazione della progettazione e del piano di sicurezza e coordinamento e ai compiti di supporto alle attività del responsabile unico del procedimento.

L’ANAC, con parere n. 140/2019, in virtù del combinato disposto dell’art.36 comma 2 lettera a), dell’art.103 comma 11 del D.lgs.50/2016, ha sottolineato che le stazioni appaltanti sono tenute a richiedere la garanzia provvisoria di cui all’articolo 93, comma 1 nei casi di contratti di importo inferiore a 40.000 euro assegnati mediante procedure diverse dall’affidamento diretto (escludendo, quindi, le procedure assegnate attraverso la procedura dell’affidamento diretto).

La Deliberazione è precedente alla normativa emergenziale di cui al D.L.76/2020, e dunque non va applicata fino al 30 giugno 2023. Infatti, ai sensi dell’art. 1, comma quarto, D.L. 76/2020 come convertito e modificato dalla legge n.120 dell’11 settembre 2020, la garanzia provvisoria non è richiesta, in generale, fino al 30 giugno 2023.

Art. 1 c.4 Legge n.120/2020 Per le modalità di affidamento di cui al presente articolo la stazione appaltante non richiede le garanzie provvisorie di cui all’articolo 93 del decreto legislativo n. 50 del 2016, salvo che, in considerazione della tipologia e specificità della singola procedura, ricorrano particolari esigenze che ne giustifichino la richiesta, che la stazione appaltante indica nell’avviso di indizione della gara o in altro atto equivalente. Nel caso in cui sia richiesta la garanzia provvisoria, il relativo ammontare è dimezzato rispetto a quello previsto dal medesimo articolo 93.
  • Garanzia definitiva

Ai sensi dell’art. 103 del D.Lgs. n. 50/2016 l’appaltatore, per la sottoscrizione del contratto deve costituire una garanzia denominata “garanzia definitiva” sotto forma di cauzione o fideiussione pari al 10% dell’importo contrattuale, e che tale cauzione è prestata a garanzia dell’adempimento di tutte le obbligazioni derivanti dal contratto e del risarcimento dei danni derivanti dall’inadempimento delle obbligazioni stesse, fatta salva comunque la risarcibilità del maggior danno verso l’appaltatore.

Art. 103 Legge n.50/2016 (Garanzie definitive)   1. L’appaltatore per la sottoscrizione del contratto deve costituire una garanzia, denominata “garanzia definitiva” a sua scelta sotto forma di cauzione o fideiussione con le modalità di cui all’articolo 93, commi 2 e 3, pari al 10 per cento dell’importo contrattuale e tale obbligazione è indicata negli atti e documenti a base di affidamento di lavori, di servizi e di forniture. … 2. Le stazioni appaltanti hanno il diritto di valersi della cauzione, nei limiti dell’importo massimo garantito, per l’eventuale maggiore spesa sostenuta per il completamento dei lavori, servizi o forniture nel caso di risoluzione del contratto disposta in danno dell’esecutore e hanno il diritto di valersi della cauzione per provvedere al pagamento di quanto dovuto dall’esecutore per le inadempienze derivanti dalla inosservanza di norme e prescrizioni dei contratti collettivi, delle leggi e dei regolamenti sulla tutela, protezione, assicurazione, assistenza e sicurezza fisica dei lavoratori comunque presenti in cantiere o nei luoghi dove viene prestato il servizio nei casi di appalti di servizi. Le stazioni appaltanti possono incamerare la garanzia per provvedere al pagamento di quanto dovuto dal soggetto aggiudicatario per le inadempienze derivanti dalla inosservanza di norme e prescrizioni dei contratti collettivi, delle leggi e dei regolamenti sulla tutela, protezione, assicurazione, assistenza e sicurezza fisica dei lavoratori addetti all’esecuzione dell’appalto. 3. La mancata costituzione della garanzia di cui al comma 1 determina la decadenza dell’affidamento e l’acquisizione della cauzione provvisoria presentata in sede di offerta da parte della stazione appaltante, che aggiudica l’appalto o la concessione al concorrente che segue nella graduatoria. 4. La garanzia fideiussoria di cui al comma 1 a scelta dell’appaltatore può essere rilasciata dai soggetti di cui all’articolo 93, comma 3. La garanzia deve prevedere espressamente la rinuncia al beneficio della preventiva escussione del debitore principale, la rinuncia all’eccezione di cui all’articolo 1957, secondo comma, del codice civile, nonché l’operatività della garanzia medesima entro quindici giorni, a semplice richiesta scritta della stazione appaltante. 5. La garanzia di cui al comma 1 è progressivamente svincolata a misura dell’avanzamento dell’esecuzione, nel limite massimo dell’80 per cento dell’iniziale importo garantito. … 6. Il pagamento della rata di saldo è subordinato alla costituzione di una cauzione o di una garanzia fideiussoria bancaria o assicurativa pari all’importo della medesima rata di saldo maggiorato del tasso di interesse legale applicato per il periodo intercorrente tra la data di emissione del certificato di collaudo o della verifica di conformità nel caso di appalti di servizi o forniture e l’assunzione del carattere di definitività dei medesimi. 7. L’esecutore dei lavori è obbligato a costituire e consegnare alla stazione appaltante almeno dieci giorni prima della consegna dei lavori anche una polizza di assicurazione che copra i danni subiti dalle stazioni appaltanti a causa del danneggiamento o della distruzione totale o parziale di impianti ed opere, anche preesistenti, verificatisi nel corso dell’esecuzione dei lavori. Nei documenti e negli atti a base di gara o di affidamento è stabilito l’importo della somma da assicurare che, di norma, corrisponde all’importo del contratto stesso qualora non sussistano motivate particolari circostanze che impongano un importo da assicurare superiore. La polizza del presente comma deve assicurare la stazione appaltante contro la responsabilità civile per danni causati a terzi nel corso dell’esecuzione dei lavori il cui massimale è pari al cinque per cento della somma assicurata per le opere con un minimo di 500.000 euro ed un massimo di 5.000.000 di euro. La copertura assicurativa decorre dalla data di consegna dei lavori e cessa alla data di emissione del certificato di collaudo provvisorio o del certificato di regolare esecuzione o comunque decorsi dodici mesi dalla data di ultimazione dei lavori risultante dal relativo certificato. Qualora sia previsto un periodo di garanzia, la polizza assicurativa è sostituita da una polizza che tenga indenni le stazioni appaltanti da tutti i rischi connessi all’utilizzo delle lavorazioni in garanzia o agli interventi per la loro eventuale sostituzione o rifacimento. L’omesso o il ritardato pagamento delle somme dovute a titolo di premio o di commissione da parte dell’esecutore non comporta l’inefficacia della garanzia nei confronti della stazione appaltante. 8. Per i lavori di importo superiore al doppio della soglia di cui all’articolo 35, il titolare del contratto per la liquidazione della rata di saldo è obbligato a stipulare, con decorrenza dalla data di emissione del certificato di collaudo provvisorio o del certificato di regolare esecuzione o comunque decorsi dodici mesi dalla data di ultimazione dei lavori risultante dal relativo certificato, una polizza indennitaria decennale a copertura dei rischi di rovina totale o parziale dell’opera, ovvero dei rischi derivanti da gravi difetti costruttivi… 9. Le garanzie fideiussorie e le polizze assicurative previste dal presente codice sono conformi agli schemi tipo approvati con decreto del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e previamente concordato con le banche e le assicurazioni o loro rappresentanze. (si veda il d.m. 19 gennaio 2018, n. 31) 10. In caso di raggruppamenti temporanei le garanzie fideiussorie e le garanzie assicurative sono presentate, su mandato irrevocabile, dalla mandataria in nome e per conto di tutti i concorrenti ferma restando la responsabilità solidale tra le imprese. 11. E’ facoltà dell’amministrazione in casi specifici non richiedere una garanzia per gli appalti di cui all’articolo 36, comma 2, lettera a), nonché per gli appalti da eseguirsi da operatori economici di comprovata solidità nonché per le forniture di beni che per la loro natura, o per l’uso speciale cui sono destinati, debbano essere acquistati nel luogo di produzione o forniti direttamente dai produttori o di prodotti d’arte, macchinari, strumenti e lavori di precisione l’esecuzione dei quali deve essere affidata a operatori specializzati. L’esonero dalla prestazione della garanzia deve essere adeguatamente motivato ed è subordinato ad un miglioramento del prezzo di aggiudicazione.

Per quanto concerne l’interpretazione  dell’art. 103, comma 11 del Codice dei contratti, il Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili (MIMS) con il parere 22 ottobre 2021, n. 1075  si è espresso sulla possibilità di esonero della cauzione definitiva e della richiesta di miglioramento del prezzo negli affidamenti diretti di importo inferiore a € 40.000. In tale parere ha chiarito che, fermo restando la previa motivazione, nonché un miglioramento del prezzo, la Stazione Appaltante può non richiedere la garanzia definitiva unicamente nei seguenti casi:

  • per i contratti di importo inferiore ai 40.000 euro affidati tramite affidamento diretto;
  • nonché per gli appalti da eseguirsi da operatori economici di comprovata solidità nonché per le forniture di beni che per la loro natura, o per l’uso speciale cui sono destinati, debbano essere acquistati nel luogo di produzione o forniti direttamente dai produttori o di prodotti d’arte, macchinari, strumenti e lavori di precisione l’esecuzione dei quali deve essere affidata a operatori specializzati.
Approfondimento: Faq C) Autorità di Gestione  PON (considerato aggiornamento del 24 maggio 2022) Condizioni richieste per procedere all’esonero della garanzia definitiva nelle casistiche previste dall’art. 103, comma 11, D.Lgs. 50/2016 Ai fini dell’esonero della prestazione della garanzia definitiva, ai sensi dell’art. 103, comma 11, ultimo periodo, D.Lgs. 50/2016, è necessario che sussistano entrambi i seguenti presupposti: adeguata motivazione; miglioramento del prezzo di aggiudicazione. Con riferimento al requisito sub (i), ossia la motivazione, questa deve essere formalizzata dall’Istituto in apposito documento, da allegare agli atti del procedimento, e può riguardare diverse ipotesi che, in via esemplificativa, secondo prassi delle Stazioni Appaltanti, possono così sintetizzarsi: pagamento del corrispettivo in unica soluzione a prestazione ultimata; natura della prestazione da affidare, tale da non far percepire rischi di un inadempimento dell’appaltatore; pregressi rapporti contrattuali intercorsi tra la Stazione Appaltante e l’operatore economico affidatario, che dimostrano la solidità, serietà e professionalità, tali da non ritenere ravvisabili margini di rischio di inadempimento; importo esiguo dell’affidamento. Per ciò che concerne il requisito sub (ii), si segnala sul tema una recente FAQ A.N.AC. (relativa all’interpretazione delle Linee Guida n. 4), in forza della quale le Stazioni Appaltanti determinano tale miglioria sentito l’affidatario e tenendo conto del: valore del contratto; margine d’utile stimato; costo che l’affidatario sosterrebbe per l’acquisizione della garanzia definitiva, allo scopo di soddisfare la reciproca esigenza delle parti al contenimento dei costi. Sulla scorta di quanto sopra, il “miglioramento” può essere definito attraverso l’avvio di una trattativa con l’aggiudicatario. Ad esempio, nel caso di un acquisto a catalogo su Me.PA., tale miglioramento potrebbe conseguirsi attraverso l’invio preliminare di una comunicazione all’impresa in cui viene chiesto alla medesima, in alternativa al deposito della cauzione definitiva, di proporre un miglioramento del prezzo e la successiva applicazione dello sconto (i.e. uno sconto rispetto all’offerta presente in catalogo).

Con il successivo parere 1299 del 27-04-2022 (Applicabilità art. 103, co. 11, D.Lgs. n. 50/2016 agli affidamenti diretti ex art. 1,co. 2, lett. a), L. n. 120/2020), il MIMS ha chiarito la facoltà di non richiedere la garanzia in questione in caso di affidamento diretto per lavori di importo inferiore a 150.000 euro e per servizi e forniture, ivi compresi i servizi di ingegneria e architettura e l’attività di progettazione, di importo inferiore a 139.000 euro, come sempre possibilità in ogni caso subordinata alla previa motivazione nonché ad un miglioramento del prezzo.

Approfondimento: Parere MIMS 1299 del 27-04-2022  Applicabilità art. 103, co. 11, D.Lgs. n. 50/2016 agli affidamenti diretti ex art. 1,co. 2, lett. a), L. n. 120/2020 .. con la Delibera n. 140 del 27 febbraio 2019,ha chiarito che “l’articolo 103, comma 11, del Codice dei contratti pubblici nel definire i casi in cui la stazione appaltante può non richiedere la garanzia definitiva non fa riferimento ad una soglia di importo ma a tipologie specifiche di appalti, tra cui, in primis, quella degli appalti di cui all’articolo 36, comma 2, lettera a) del Codice dei contratti pubblici, ossia degli «affidamenti di importo inferiore a 40.000euro» affidati «mediante affidamento diretto anche senza previa consultazione di due o più operatori economici», per i quali è, quindi, richiesta la doppia condizione di importo inferiore a 40.000 euro e di affidamento diretto”. Infine, si rappresenta che, come già chiarito con il parere n. 777 del 2/11/2020, la garanzia definitiva non è derogata dalla L. 120/2020.Tanto premesso, occorre tener presente che la disciplina prevista dall’art. 1 del Decreto Semplificazioni, convertito con legge n. 120/2020,prevede delle disposizioni volte ad incentivare gli investimenti pubblici nel settore delle infrastrutture e dei servizi pubblici e a far fronte alle ricadute economiche negative a seguito delle misure di contenimento e dell’emergenza sanitaria globale delCOVID-19. Le indicate nuove modalità di affidamento previste per gli appalti sotto soglia sono volte, da un lato, ad accelerare le attività della SA e, dall’altro, a ridurre gli oneri per gli operatori economici. In tale ottica, in assenza nel Decreto Semplificazioni di un chiaro riferimento normativo alla garanzia definitiva ed atteso il chiaro intento semplificatore delle indicate disposizioni, si ritiene che la facoltà dell’amministrazione di non richiedere la garanzia definitiva prevista ai sensi dell’art.103, co. 11, D.Lgs. n. 50/2016 per gli appalti di cui all’articolo 36, comma 2 lettera a)del Codice, alla luce delle nuove modalità di affidamento previste dal DL 76/2020 es.m.i. determini la facoltà di non richiedere la garanzia in questione in caso di affidamento diretto per lavori di importo inferiore a 150.000 euro e per servizi e forniture, ivi compresi i servizi di ingegneria e architettura e l’attività di progettazione, di importo inferiore a 139.000 euro, possibilità in ogni caso subordinata alla previa motivazione nonché ad un miglioramento del prezzo. Resta inteso che la stazione appaltante avrà comunque la facoltà, sempre subordinatamente alla previa motivazione e ad un miglioramento del prezzo, di non richiedere la garanzia di cui all’art. 103 del Codice in caso di appalti da eseguirsi da operatori economici di comprovata solidità nonché per le forniture di beni che per la loro natura, o per l’uso speciale cui sono destinati, debbano essere acquistati nel luogo di produzione o forniti direttamente dai produttori o di prodotti d’arte, macchinari, strumenti e lavori di precisione l’esecuzione dei quali deve essere affidata a operatori specializzati.

Ovviamente tale parere risulta essere valido, poiché dipendente dall’art.1 c.1 della legge n.120/2020 qualora la determina a contrarre o altro atto di avvio del procedimento equivalente sia adottato entro il 30 giugno 2023. 

Approfondimento: Validità dei pareri Mims 1075/2021 e 1299/2022 nel caso di affidamento diretto mediato La sentenza n. 2725 del 13 dicembre 2021  del Tar Campania che con la sentenza ha affermato che “..la procedura negoziata rappresenta, a tutti gli effetti, un procedimento selettivo tramite gara (salvo che nei casi in cui sussistano le condizioni per derogarvi, v. ad es., art.63, co.2, lett. b) del Codice), con tutto ciò che ne consegue in termini di struttura del meccanismo selettivo, nell’affidamento diretto la scelta è operata “direttamente” (a monte) dalla stazione appaltante, sia pure nel rispetto dei criteri, quali-quantitativi, di selezione degli operatori economici, previsti dalla legge (rif. art.36, co.2, lett. a) post novella)”. Inoltre si è evidenziato che “..”Nell’affidamento diretto puro, ossia senza consultazione di più operatori economici, la stazione appaltante contratta con l’unico operatore interpellato; nell’affidamento diretto comparativo la scelta consegue all’interpello di più operatori. Come detto, l’affidamento diretto (anche se comparativo) non attiva un meccanismo di gara, né allo stesso possono essere automaticamente estese le disposizioni sulla procedura negoziata recate dall’art.63 D.Lgs.n.50/2016 o dall’art.36, laddove tale norma rinvia, non a caso, all’art.63 (v., in tal senso, art.36, co.2, lett. b) versione post novella del 2020)..” Di conseguenza i pareri Mims 1075/2021 e 1299/2022  rimangono validi anche se la stazione appaltante ha deciso di non attivare un affidamento diretto “puro”, ma ha scelto di valutare più preventivi.
Approfondimento: Cosa fare se si è dimenticato di richiedere la garanzia definitiva? Si fa presente che, a prescindere da tutto, il mancato rilascio della garanzia è disciplinato dal comma terzo dell’art. 103 D.Lgs. 50/2016, che prevede: “La mancata costituzione della garanzia di cui al comma 1 determina la decadenza dell’affidamento e l’acquisizione della cauzione provvisoria presentata in sede di offerta da parte della stazione appaltante, che aggiudica l’appalto o la concessione al concorrente che segue nella graduatoria”. Di conseguenza, la richiesta può essere presentata anche nell’ipotesi di contratto già stipulato, poiché la Stazione Appaltante non subisce nessuna perdita in caso di garanzia rilasciata tardivamente. Anche nel caso di problematiche occorse nel periodo intercorrente fra la stipulazione ed il rilascio della garanzia, la garanzia può essere rilasciata a copertura retroattiva, azzerando del tutto il rischio. Non a caso, la FAQ E) da parte dell’Autorità di Gestione  PON, considerato aggiornamento del 24 maggio 2022, da parte dell’Autorità di Gestione precisa che nell’ottica di un adeguamento delle procedure già indette, al fine di garantire l’operatività degli affidamenti PON e la corretta ripartizione delle risorse pubbliche, evitando ipotesi di decadenza e revoca dell’aggiudicazione, laddove la garanzia definitiva non fosse stata richiesta appare necessario acquisirla quanto prima presso il singolo Fornitore, mediante una comunicazione formale in cui si enunci, per il caso di mancato rilascio, la revoca dell’aggiudicazione o, in caso di intervenuta stipula contrattuale, la risoluzione dello stesso.

A prescindere dalla garanzia definitiva, l’Istituzione Scolastica, nel caso di inadempimento del contratto, sin dalla data della scadenza del termine contrattuale deve intimare alla ditta ad adempiere l’obbligazione. Ai sensi dell’art. 1454 del Codice Civile, il termine non può essere inferiore a quindici giorni, salvo diversa pattuizione delle parti o salvo che, per la natura del contratto o secondo gli usi, risulti congruo un termine minore. Qualora la Ditta non avesse adempiuto secondo i termini della diffida, il contratto sarebbe stato risolto di diritto, fermo restando la possibilità di richiedere anche il risarcimento del danno.

Considerato il danno che l’amministrazione subisce con la risoluzione, danno che coincide con la perdita del finanziamento per fornitura dei beni/servizi, la stessa, per il tramite dell’Avvocatura dello Stato, potrà far valere in sede giudiziale le proprie ragioni nei confronti dell’operatore economico inadempiente, al fine di ottenere un risarcimento danni a ristoro di quanto perso in termini economici e di immagine.

Bibliografia

  • D.Lgs. n.50/2016;
  • D.Lgs. n.56/2017;
  • legge n. 122 del 2022;
  • D.Lgs. n. 159/2011;
  • Parere Anac n. 140/2019;
  • D.L. 76/2020
  • Legge n.120/2020;
  • Faq Autorità di Gestione;
  • Parere Mims n.1075/2021;
  • Parere Mims 1299/2022;
  • Sentenza n.2725 del 13-12-2021 Tar Campania;
  • Art.1454 c.c.

Giornata Mondiale dell’Infanzia e dell’Adolescenza

Il 20 novembre si celebra la Giornata mondiale dell’Infanzia e dell’adolescenza in ricordo della data in cui l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, a New York, approvo’ la Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia (20 novembre 1989).


LE INIZIATIVE DELL’UNICEF su GIORNATA MONDIALE DELL’INFANZIA E DELL’ADOLESCENZA  (20 novembre) 

“La Convenzione ONU è il trattato sui diritti umani maggiormente ratificato al mondo e in oltre trent’anni è stata determinante nel migliorare la vita di bambini e adolescenti. Ha ispirato i Governi e i Parlamenti ad adottare nuove leggi, politiche e stanziare fondi per aumentare l’accesso delle persone di minore età ai servizi e godere dei propri diritti. Ha contribuito a cambiare la percezione sull’infanzia e l’adolescenza, garantendo ai più piccoli un nuovo protagonismo e il loro diritto ad essere ascoltati”, ha dichiarato la Presidente dell’UNICEF Italia Carmela Pace.  

Quest’anno l’UNICEF Italia ha voluto dedicare questa giornata ad un tema particolarmente significativo nella fase post pandemica che bambini e adolescenti stanno affrontando e che risulta essere una priorità per la tutela del loro diritto alla salute: la salute mentale e il benessere psicosociale. Si tratta di un ambito fondamentale per contrastare gli effetti della pandemia, ripensare ad un futuro migliore e garantire la base della capacità umana di pensare, provare sensazioni, imparare, lavorare e instaurare relazioni profonde e significative.  

Queste le iniziative promosse dall’UNICEF Italia in questa settimana:  

Per la Giornata è stata elaborata la proposta “QUESTə SONO IO”, rivolta alle Scuole di ogni ordine e grado, in cui i protagonisti sono gli AUTORITRATTI realizzati dagli alunni. Le bambine, i bambini, i ragazzi e le ragazze, guidati dai loro insegnanti, hanno partecipato a laboratori sulla percezione e la conoscenza di sé stessi finalizzato alla realizzazione dei propri AUTORITRATTI. Le scuole che hanno aderito all’iniziativa hanno scattato una foto degli elaborati che saranno pubblicati sulla galleria Flickr dell’UNICEF Italia dedicata.  

20/11, Evento UNICEF: dalle ore 10.00, presso la sede dell’UNICEF Italia, a Roma, in Via Palestro 68, si terrà un evento dedicato all’esposizione degli elaborati artistici realizzati da alcune Scuole di Roma nell’ambito del progetto “QUESTə SONO IO”; alle 10:30 si svolgerà la lettura per bambini de“L’isola degli smemorati” di Bianca Pitzorno a cura di Valentina Marziali; alle 11.30 ci sarà l’inaugurazione del murale del maestro Lorenzo Terranera dedicato a tutti i bambini del mondo. 

18/11, Milano: “Io marcio per i diritti”: per celebrare la Giornata si terrà a Milano la XXI ed. della Marcia per i Diritti, organizzata dal Comitato UNICEF di Milano in collaborazione con il Castello Sforzesco e il Comune di Milano.  La marcia – con partenza da Piazza Conciliazione -a cui hanno aderito circa 1000 studenti di 40 classi – vedrà all’arrivo, presso il Castello Sforzesco, la consegna al Vicesindaco di Milano Anna Scavuzzo, di alcuni ritratti realizzati nell’ambito dell’iniziativa “QUESTə SONO IO” e di una serie di suggerimenti le “Regole dello Star Bene” per la promozione della salute mentale e del benessere psicosociale. 

Parco Archeologico del Colosseo – L’iniziativa “QUESTə SONO IO” è stata sostenuta anche dal Parco Archeologico del Colosseo nell’ambito del programma dell’UNICEF Italia “Baby Pit Stop”, attraverso laboratori dedicati realizzati presso il Parco Archeologico. Il 20 novembre i ritratti realizzati saranno esposti nel Baby Pit Stop dell’Anfiteatro Flavio e caricati in una galleria online. 

Prosegue anche quest’anno la collaborazione con RAIKIDS –Sulla facciata del palazzo della sede di RAIKIDS di Roma in Borgo Sant’Angelo 23 sono stati affissi striscioni dedicati alla Giornata Internazionale dei Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza, con in evidenza parole come: diritti, gioco, amicizia, amore, istruzione, libertà, nazionalità, informazione, crescita, educazione, protezione, pace. Negli striscioni- oltre ai loghi di RAI Kids, RAI Yoyo e RAI Gulp – anche quelli di AGIA e UNICEF. 

Bolzano: il 20 novembre alle ore 21.00 presso il teatro Cristallo di Bolzano, il Portavoce dell’UNCEF Italia Andrea Iacomini parteciperà al dibattito Bambine e bambini in fuga con il giornalista Ezio Mauro sul tema dei bambini in fuga dalle emergenze. Al termine del dibattito sarà proiettato il Film di animazione di Maurizio Forestieri “La Custodia” (distribuzione RAI e Rai PLAY), patrocinato dall’UNICEF. 

Nella rete di ospedali, Comunità Amiche e Corsi di laurea dei bambini del Progetto UNICEF “Insieme per l’allattamento” verrà esposto il poster “Investire nella salute mentale infantile significa investire nel futuro”: il contatto pelle a pelle, un ambiente facilitante per l’allattamento e la genitorialità responsiva favoriscono esiti positivi per tutta la vita.

Formigine (Modena): Il Portavoce dell’UNICEF Italia Andrea Iacomini partecipa alla cerimonia di conferimento della cittadinanza onoraria ai bambini di origine straniera nati in Italia e residenti nella città e organizzata dal Comune di Formigine. 

Inoltre, per tutta la settimana, rappresentanti dell’UNICEF e volontari dei comitati locali saranno coinvolti in numerose iniziative dedicate all’anniversario della Convenzione sui diritti dell’infanzia, con incontri nelle scuole, laboratori, convegni, mostre, letture animate, proiezioni di film, attività ludiche e sportive in diverse città, tra cui: Bari, Triggiano (BA), Molfetta (BA), Mantova, Pisa, Marina di Pisa, Codevigo (PD), Padova, Sovizzo (Vicenza), Genova, Bologna, Imola, Foggia, Napoli, Frosinone, Varese, Isernia, Avezzano, Pavia, Cagliari, Ravenna, Cosenza, Pesaro, Trento. 

Trova l’iniziativa più vicina a te: https://www.unicef.it/media/20-novembre-2022-celebriamo-la-giornata-mondiale-dell-infanzia-tema-salute-mentale/


UNICEF su GIORNATA MONDIALE dell’INFANZIA e dell’ADOLESCENZA (20 novembre) 

L’UNICEF Italia dedica la giornata al tema della salute mentale e del benessere psicosociale dei bambini e degli adolescenti. 

  • Nel mondo quasi 46.000 adolescenti muoiono a causa di suicidio ogni anno – più di uno ogni 11 minuti.  
  • Resi noti i risultati del sondaggio U-Report: il 50% dei rispondenti si sente triste, o preoccupato, o angosciato, o frustrato.  La salute mentale e il benessere psicosociale dei bambini e degli adolescenti è una delle priorità individuate dall’UNICEF Italia nell’Agenda per l’Infanzia 2022-2027 proposta al Governo e al Parlamento.  
  • La petizione lanciata dall’UNICEF sulla “SALUTE PER LA MENTE DI BAMBINI E ADOLESCENTI” ha raggiunto le 13mila adesioni.  

L’UNICEF Italia dedica la Giornata Mondiale dell’Infanzia e dell’Adolescenza (20/11), al tema della salute mentale e del benessere psicosociale e ricorda che nel mondo 1 adolescente su 7 fra i 10 e i 19 anni soffre di problemi legati alla salute mentale. 

Nel mondo, la maggior parte delle 800.000 persone che muoiono per suicidio ogni anno sono giovani: il suicidio è la quinta causa di morte per i giovani tra i 15 e i 19 anni, la seconda causa in Europa. Nel mondo quasi 46.000 adolescenti muoiono a causa di suicidio ogni anno – più di uno ogni 11 minuti.  

Quasi la metà di tutte le problematiche legate alla salute mentale inizia entro i 14 anni di età e il 75% di tutte le problematiche legate alla salute mentale si sviluppano entro i 24 anni, ma la maggior parte dei casi non viene individuata e non viene presa in carico. 

Gli effetti della pandemia da Covid-19 hanno peggiorato la situazione. In Italia, prima della pandemia, la prevalenza dei problemi di salute mentale si collocava intorno al 18-20% della popolazione, ovvero tra 1.800.000 e i 2 milioni di persone minorenni. Nel 2019, si stimava che il 16,6% dei ragazzi e delle ragazze fra i 10 e i 19 anni, circa 956.000, soffrissero di problemi di salute mentale, con una prevalenza in questa fascia d’età maggiore nelle ragazze (17,2%, pari a 478.554) rispetto ai ragazzi (16,1%, pari a 477.518) e con una incidenza in aumento con l’età. Nonostante l’elevata prevalenza di problemi di salute mentale fra gli adolescenti, nel nostro paese i servizi di prevenzione e cura rimangono inadeguati. Prima della pandemia, nel 2019, solo 30 su 100 persone minorenni con un disturbo neuropsichico riuscivano ad accedere ad un servizio territoriale specialistico e solo 15 su 100 riuscivano ad avere risposte terapeutico-riabilitative appropriate. 

IL SONDAGGIO– Sul tema l’UNICEF Italia ha lanciato un sondaggio, realizzato sulla piattaforma digitale indipendente U-Report sostenuta dall’UNICEF, al fine di rilevare la percezione di benessere psicosociale e salute mentale fra un campione di adolescenti di età compresa fra i 10 e i 19 anni; su 194 rispondenti: il 28% si sente ottimista; il 12% triste; il 14% preoccupato; il 14% angosciato; ed il 10% frustrato. Fra le circostanze che causano apprensione le difficoltà economiche personali e/o della famiglia (17%), il senso di isolamento (19%), la distanza dalla famiglia e dagli affetti (8%), i litigi e tensioni all’interno della famiglia (7%), emergono come i fattori più preponderanti; Tuttavia, il 41% degli adolescenti afferma di non aver richiesto aiuto a nessuno, il 22% di aver cercato aiuto da coetanei ed amici e l’11% ai familiari. L’11% dichiara di essersi rivolto presso psicologi presenti nelle scuole e nelle comunità ed il 7% presso i servizi sociali e sanitari. Fra le ragioni per non aver richiesto aiuto, il 22% afferma di non ritenerlo necessario, il 10% di non sapere a chi rivolgersi, il 10% di temere di richiedere aiuto, e l’8% di avere timore del giudizio negativo degli altri. L’indagine rivela che gli adolescenti vorrebbero sentire parlare più spesso di salute mentale e benessere psicosociale dalle istituzioni (34%), dalle scuole (31%), dai famigliari (7%) e dai media (7%). 

LE COSE DA FARE: L’AGENDA PER L’INFANZIA E L’ADOLESCENZA 2022-2027 – La salute mentale e il benessere psicosociale dei bambini e degli adolescenti è una delle priorità individuate dall’UNICEF Italia, sulle quali si chiede al Governo e al Parlamento di concentrare i propri sforzi, insieme alla povertà, all’educazione di qualità e al cambiamento climatico. L’Agenda è stata condivisa in questi giorni con tutti i Ministri e i Parlamentari competenti in materia, le loro azioni verranno annualmente monitorate. 

LA PETIZIONE – L’UNICEF Italia ha lanciato la petizione “SALUTE PER LA MENTE DI BAMBINI E ADOLESCENTI”, che ha raccolto oltre 13.000 adesioni. L’obiettivo è quello di mobilitare l’opinione pubblica affinché sostenga le raccomandazioni che l’UNICEF rivolge ai Ministri competenti in materia per garantire investimenti e azioni di qualità volte a supportare e proteggere la salute mentale di ogni bambina, bambino e adolescente.  Puoi firmare la petizione all’indirizzo: www.unicef.it/petizioni 

L’UNICEF in Italia chiede di: aumentare significativamente gli investimenti a lungo termine nei servizi di salute mentale e benessere psicosociale dal momento che, in base ai più recenti dati OCSE, in Italia la spesa pubblica per questo settore è tra le più basse d’Europa; garantire un sistema uniforme e integrato di servizi di assistenza neuropsichiatrica infantile e adolescenziale; promuovere su tutto il territorio nazionale interventi a sostegno della genitorialità consapevole rispetto al tema del benessere mentale; permettere a tutte le bambine, i bambini e gli adolescenti di beneficiare di un supporto per la salute mentale nelle scuole e nelle comunità; garantire, consolidandone la diffusione, i servizi di prevenzione e sostegno psicologico nei contesti educativi e comunitari. 

Nel celebrare la Giornata Mondiale dell’Infanzia e dell’Adolescenza l’UNICEF Italia ricorda la collega Chiara Curto, recentemente scomparsa. Chiara ha dedicato i suoi studi e tanti anni di lavoro ai Diritti dell’infanzia e dell’Adolescenza. Attraverso la sua grande professionalità e passione è riuscita a fare concretamente la differenza nella vita di tanti bambini, bambine e adolescenti che in Italia hanno potuto beneficiare del suo prezioso contributo.  L’UNICEF Italia si stringe attorno alla sua famiglia. Ciao Chiara, non ti dimenticheremo.