Sentenza della Ue: “Riassumeteli”. Caos sui precari della scuola

da la Repubblica

Sentenza della Ue: “Riassumeteli”. Caos sui precari della scuola

Dal giudice europeo parere positivo al ricorso dei sindacati che chiede l’assunzione oltre i 36 mesi: “Non si combatte l’abuso dei contratti a tempo determinato”

di SALVO INTRAVAIA

Notizie contraddittorie sui precari storici della scuola. Mentre il governo medita di cancellare le graduatorie d’istituto  –  che annoverano quasi 300mila supplenti  –  il giudice europeo dà parere positivo al ricorso dei sindacati che  –  appellandosi alla normativa europea in materia di precariato  –  chiede l’assunzione di tutti i supplenti che hanno prestato servizio ininterrotto per almeno 36 mesi. Secondo le stime sindacali, si tratterebbe di un numero di soggetti variabile tra 100mila e 140mila, che fra qualche mese potrebbero coronare ope legis il sogno della cattedra fissa. E niente più andirivieni da una scuola all’altra ancora per chissà quanti anni. La questione è stata sollevata per prima dall’Anief che ha patrocinato diversi ricorsi al giudice del lavoro per l’applicazione della direttiva europea sul divieto di abuso dei contratti a tempo determinato nella scuola.

A richiedere l’intervento della Corte di giustizia europea sul presunto abuso da parte del governo italiano del contratto a termine per i supplenti della scuola e stato il giudice del lavoro di Napoli, seguito da altri colleghi e dalla stessa Corte costituzionale. Al centro della querelle l’interpretazione della cosiddetta clausola numero 5: quella sulle “misure di prevenzione degli abusi” per i contratti a tempo determinato. In merito, il parere dell’Avvocato generale della corte di giustizia europea, Maciej Szpunar, è piuttosto tranchant. E lascia intravedere un giudizio di merito, che dovrebbe arrivare a settembre o al massimo ad ottobre, in linea con l’idea che si è fatto mister Szpunar.

“Alla luce delle considerazioni” effettuate sul caso in questione “una normativa nazionale”, come quella italiana che autorizza ad assumere a tempo determinato in attesa che si svolgano i concorsi, “senza che vi sia la benché minima certezza  –  scrive Szpunar  –  sulla data in cui tali procedure si concluderanno (…) senza definire criteri obiettivi e trasparenti che consentano di verificare se il rinnovo di tali contratti risponda effettivamente ad un’esigenza reale e (…) non prevede alcuna misura per prevenire e sanzionare il ricorso abusivo alla successione di contratti di lavoro a tempo determinato nel settore scolastico, non può essere considerata come giustificata da ragioni obiettive”.

In altre parole, la normativa italiana non combatterebbe adeguatamente l’abuso dei contratti a tempo determinato nella scuola. Una questione di cui si erano accorti i sindacati che hanno avviato il procedimento. Per i rappresentanti dei lavoratori non ci sarebbe nessuna ragione obiettiva perché ogni anno migliaia di supplenti vengano assunti a tempo determinato, nonostante la cattedra loro assegnata sia vacante. Cioè senza un titolare. Perché non assumere a tempo indeterminato il docente se il posto è libero?, si chiedono i rappresentanti dei lavoratori. La normativa europea stabilisce che, a meno di ragioni particolari, i contratti a tempo determinato non possono essere sine die. E nel 2001 l’Italia si è uniformata, con una disposizione di legge, a questa direttiva.

Ma, poi, ha continuato ad assegnare ad ogni inizio d’anno migliaia di supplenze fino al 31 agosto. E, alla luce del parere espresso ieri, 125mila precari storici  –  100mila insegnanti e 25mila Ata  –  sperano nel miracolo. Per l’Anief, “siamo alla resa dei conti”. “Per l’avvocato generale della Corte di giustizia europea  –  dichiara Marcello Pacifico  –  assegnare più di 100mile supplenze l’anno su posti liberi è inaccettabile”. Secondo Sergio Galleano, legale dell’Anief a Lussemburgo, “il tono delle conclusioni depositate non sembra lasciare molto spazio ad una soluzione diversa”. “Il governo  –  dice Domenico Pantaleo, della Flc Cgil  –  non ha più alibi per rinviare o centellinare le immissioni in ruolo su tutti posti disponibili della scuola”. Per la Gilda degli insegnanti, “anche grazie alla Federazione Gilda-Unams, si preannuncia una vittoria”. E per i governo si preannuncia un’altra grana.

Scuola, tempo determinato elusivo

da Il Sole 24 Ore

Scuola, tempo determinato elusivo

Flessibilità. Italia nel mirino della Corte Ue per la successione di contratti senza indicazioni certe sulla conclusione

La successione di contratti a termine, nel settore della scuola, senza indicazioni certe sulla data di conclusione va bocciata. A queste conclusioni, depositate ieri, approda l’avvocato generale della Corte di giustizia Ue nel procedimento relativo a una pluralità di controversie avviate in Italia (cause riunite C 22/13, da C 61/13 a C 63/13 e C 418/13). A sollecitare l’intervento dei giudici europei era stata anche la Corte costituzionale, oltre al tribunale di Napoli, ed è la seconda volta in assoluto che avviene (il precedente è costituito dalla richiesta sulla tassa sul lusso in Sardegna). In discussione c’è la compatibilità con la disciplina europea della normativa nazionale, che autorizza il rinnovo di contratti a tempo determinato per provvedere alla copertura di posti vacanti d’insegnamento e di personale amministrativo, tecnico ed ausiliario delle scuole pubbliche, in attesa dello svolgimento dei concorsi per l’assunzione di personale di ruolo. Per l’avvocato generale è da censurare il fatto che non ci sia la benché minima certezza sulla data in cui tali procedure si concluderanno e, pertanto, che non siano stati definiti criteri obiettivi e trasparenti che consentano di verificare se il rinnovo di tali contratti risponde ad un’esigenza reale. Inoltre, la teoria di contratti a termine non dà certezza sul raggiungimento dell’obiettivo perseguito e non prevede alcuna misura per prevenire e sanzionare il ricorso abusivo. L’avvocato generale valorizza il fatto che non sia stato fissato alcun termine preciso per lo svolgimento dei concorsi pubblici, che sono stati sospesi per più di dieci anni; il che «comporta un’incertezza totale quanto al momento dello svolgimento di tali concorsi e dimostra che contratti a tempo determinato sono stati utilizzati per rispondere ad esigenze permanenti e durevoli dell’amministrazione di cui trattasi, ciò che spetta ai giudici del rinvio valutare». Ancora, le restrízíoní finanziarie recentemente imposte da numerose disposizioni italiane nel settore scolastico, per le conclusioni, non possano giustificare il ricorso abusivo alla successione di contratti a tempo determinato. Spetta però ai giudici italiani valutare se queste restrizioni finanziarie imposte ad un’amministrazione pubblica da numerose disposizioni hanno una forza tale da rappresentare una giustificazione sufficientemente concreta per l’utilizzo di contratti a tempo determinato, quale imposta dalla giurisprudenza della Corte. Il Governo italiano poi non è stato convincente, sottolinea l’avvocato generale, nel portare elementi di giustificazione per norme che si sono stratificate nel tempo: l’uso dei contratti a termine anzi emerge come necessario per rispondere ad esigenze strutturali di personale docente. «Tali esigenze strutturali affermano le conclusioni risultano dalla quantità considerevole di personale che è stato collocato in una situazione professionale precaria per più di dieci anni, e ciò senza che sia stato previsto alcun limite né quanto al numero di rinnovi dei contratti né quanto alla durata massima dei suddetti contratti. A mio avviso, una buona parte di tali posti avrebbe potuto essere coperta in modo permanente tramite contratti a tempo indeterminato pur conservando la necessaria flessibilità giustamente considerata dalla Corte costituzionale».

Scuola, scure sugli organici: niente incarico per 600 precari siciliani

da la Repubblica

Scuola, scure sugli organici: niente incarico per 600 precari siciliani

Prevista la contrazione di 504 cattedre e 113 posti di personale Ata (amministrativi, tecnici e ausiliari) dovuta al calo della popolazione scolastica

Salvo Intravaia

Da settembre oltre 600 precari della scuola siciliana rimarranno a casa per effetto dell’ennesimo taglio agli organici operato dal ministero dell’Istruzione sulle cattedre e sui posti di personale non docente dell’Isola. Una piccola goccia nel mare della disoccupazione che dal 2008 avvicina la Sicilia alla Grecia. E, questa volta, quelli che si perderanno saranno posti veri  –  in organico di fatto  –  e non teorici, come quelli dell’organico di diritto. In altre parole, il calo degli organici della scuola nostrana si trasformerà in altrettanti licenziamenti. I tagli alla pianta organica colpiscono infatti i supplenti, giacché il personale di ruolo non viene licenziato ma, al massimo, trasferito in qualche sede più scomoda di quella precedente.

Saranno quindi i supplenti a pagare il prezzo della contrazione dei posti nelle scuole delle province siciliane. Tagli, che per questi ultimi si trasformano in dramma: quello di perdere posto e stipendio e doversi inventare una vita nuova, quando possibile. Spesso dopo anni di supplenze e speranze in una stabilizzazione che non è mai arrivata. I segnali di una nuova stretta erano emersi qualche settimana fa dopo i trasferimenti della scuola materna e della scuola elementare. Quando, dopo i cosiddetti movimenti, in Sicilia, sono rimasti pochissimi posti vacanti per le assunzioni o le lunghe supplenze. Ma anche qualche mese prima si era avuto sentore di un possibile taglio, allorché nel mese di marzo il ministero fece le previsione della popolazione scolastica per il 2014/2015. Accreditando la Sicilia di un preoccupante segno rosso, pari a 5.409 alunni in meno rispetto a quelli effettivamente frequentanti nel 2013/2014. Metà del quale nella scuola primaria ed il resto equamente diviso tra scuola media e superiore.

Ed ecco il conto che occorrerà pagare fra poche settimane: 504 cattedre e 113 posti di personale Ata (amministrativi, tecnici e ausiliari) in meno. Il taglio di 617 posti complessivi è da attribuire esclusivamente al calo della popolazione scolastica e agli organici che non è possibile dilatare, anche di fronte a situazioni come quella siciliana in cui la dispersione scolastica e la povertà consiglierebbero di allentare col calcolo ragionieristico: tanti alunni in meno, tante cattedre in meno.

L’organico di fatto del personale docente a livello nazionale a settembre sarà identico  –  628.067 posti  –  a quello dell’anno appena concluso. E siccome nelle regioni settentrionali gli alunni sono in aumento, occorre tagliare al sud, dove calano inesorabilmente da anni. Nessuna eccezione. Anzi. La Sicilia, tra le regioni del meridione dove si registra un calo degli alunni, sarà la più penalizzata. Ma basta fare due conti per comprendere che, per ogni manciata di

alunni in meno, qualcuno  –  docente, bidello o personale tecnico e amministrativo  –  rischia il posto. Se infatti il taglio di 613 posti che attende la Sicilia è figlio dei 5.409 alunni in meno, ogni 9 alunni si perderà un posto. Una mezza tragedia per L’Isola.

Precari, l’avvocato generale della Corte europea gli dà ragione: vanno assunti dopo 36 mesi di servizio

da La Tecnica della Scuola

Precari, l’avvocato generale della Corte europea gli dà ragione: vanno assunti dopo 36 mesi di servizio

Maciej Szpunar ha reputato legittime le ragioni di migliaia di docenti e Ata ricorrenti che chiedono di essere assunti sulla base dalla direttiva UE 1999/70 che impone agli stati membri di evitare l’abuso dei contratti a termine: è una pratica che “non può essere considerata come giustificata da ragioni obiettive”. In autunno la sentenza definitiva, che per i sindacati sembra ormai segnata. Anief: se sarà positiva, come pensiamo, i giudici del lavoro non potranno che adeguarsi e lo Stato italiano la finirà di lasciare al palo 125mila supplenti l’anno. Flc-Cgil: il governo non ha più alibi per rinviare o centellinare le immissioni in ruolo su tutti posti disponibili.

Starebbe sul punto esplodere il “pentolone” dove da diversi lustri vengono tenuti i precari della scuola italiana: l’avvocato generale della Corte di Giustizia Europea, tale Maciej Szpunar, ha dato piena alle ragioni di migliaia di docenti e Ata ricorrenti che chiedono di essere assunti sulla base di un’anzianità di servizio superiore ai tre anni, come già previsto dalla direttiva UE 1999/70 che impone agli stati membri l’adozione di misure preventive per evitare l’abuso dei contratti a termine. Ebbene, secondo l’avvocato generale questa pratica “non può essere considerata come giustificata da ragioni obiettive”: Szpunar argomenta la sua posizione, sul procedimento Mascolo C-22/13 ed altri, avviato a seguito delle quattro ordinanze di rimessione del Tribunale di Napoli nel gennaio 2013 e dell’ordinanza della Corte costituzionale 207/2013 del luglio 2013, sostenendo che non è corretto, come si fa abitualmente in Italia, assegnare supplenze su posti disponibili “senza definire criteri obiettivi e trasparenti che consentano di verificare se il rinnovo di tali contratti risponda effettivamente ad un’esigenza reale”; ancora di più perchè “non prevede alcuna misura per prevenire e sanzionare il ricorso abusivo alla successione di contratti di lavoro a tempo determinato nel settore scolastico”.

Spetterà, ora, “ai giudici del rinvio, tenuto conto delle considerazioni che precedono, che spetterà valutare se ricorrano tali circostanze nell’ambito dei procedimenti principali”, conclude l’avvocato generale.

Esultano i legali che difendano i ricorrenti italiani. Ma anche i sindacati che sono costituiti in giudizio, tra cui Flc-Cgil, Gilda e Conitp. A dare la notizia, però, non poteva che essere l’Anief, l’associazione sindacale che si è rivolta alla Corte Ue già ad inizio 2010 e che ha già ottenuto presso diversi tribunali del lavoro sentenze positive in primo grado in tema di stabilizzazione o risarcimenti danni: dopo aver definito la posizione dell’avvocato generale della Corte UE “davvero incoraggiante”, e premesso che “l’ultima parola spetterà alla Corte Giustizia europea”, il presidente Anief, Marcello Pacifico, ha detto che “sulla questione precariato, per il Governo e il Miur siamo orami alla resa dei conti: negli stessi giorni in cui alcuni rappresentanti del Governo ammettono la volontà di eliminare le graduatorie d’istituto, con i quasi 500mila supplenti che vi sono dentro, e nelle stesse ore in cui il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan prefigura un “contratto unico con forme di tutela progressiva” e da Viale Trastevere non giungono risposte alla richiesta dell’Anief diimmettere in ruolo 100mila docenti e 25mila Ata precari, dall’Europa arrivano indicazioni sempre più cogenti per portare alla loro assunzione tramite il tribunale”.

E lo Stato italiano non potrà che darne seguito: qualora continui a lasciare al palo così tanti precari della scuola pubblica, incorrerebbe in sanzioni salatissime. Che potrebbero raggiungere miliardi di euro. Il cui pagamento andrebbero tra l’altro a carico dell’erario e – conclude Pacifico – dei cittadini onesti che pagano le tasse”.

Dello stessa lunghezza d’onda sono le parole del segretario generale della Flc-CGIL, Domenico Pantaleo, dopo aver letto le conclusioni dell’Avvocato della Corte di Giustizia Europea: “il governo non ha più alibi per rinviare o centellinare le immissioni in ruolo su tutti posti disponibili della scuola”. Anche per i lavoratori della Conoscenza, “emerge chiaramente l’abuso commesso dallo Stato italiano nell’utilizzo di tali contratti al fine di sopperire ad esigenze permanenti del settore scolastico e in violazione delle normative europee, così come viene messa in risalto la circostanza che la normativa italiana applicata al settore scolastico non limita né la stipulazione né tantomeno il rinnovo dei contratti a termine per il conferimento delle supplenze”.

Ora è attesa la sentenza definitiva della Corte di Giustizia Europea “che si prefigura e si auspica sia coerente con quanto affermato e sostenuto dall’Avvocato Generale”, continua la Flc-Cgil. Questo va a beneficio delle legittime aspettative dei tanti precari della scuola (e non solo) che da tempo aspettano il riconoscimento dei propri diritti, ma ha ricadute positive anche sulla qualità della didattica e del servizio scolastico. A tal proposito, Pantaleo ricorda al governo che “le memorie della Corte non lasciano scampo al governo italiano e lo mettono in mora davanti al mondo della scuola che adesso deve recuperare in fretta il ritardo cumulato nell’approvazione del piano di assunzioni, visto che l’inizio dell’anno scolastico è ormai alle porte”.

Il riferimento del sindacalista Cgil è ai timori che quest’anno le immissioni in ruolo coprano appena il turn-over: la sentenza autunnale della Corte Ue potrebbe però moltiplicarle.

Nuove immissioni in ruolo. Dopo i proclami rimangono i dubbi…

da La Tecnica della Scuola

Nuove immissioni in ruolo. Dopo i proclami rimangono i dubbi…

Al di là dei dati (generosi), restano parecchie questioni aperte: non è che, un po’ troppo alla leggera, si son fatti i conti senza l’oste? La parola finale la dovrà dire il MEF e allora sì che saran numeri…

 

Le parole del sottosegretario del Miur Gabriele Toccafondi di qualche giorno fa sembrano non lasciare spazio a dubbi: “A partire dall’anno scolastico 2014-2015 si assisterà a 29mila nuove immissioni a ruolo, con docenti che saranno assunti sia dalle graduatorie ad esaurimento sia dai vincitori senza cattedra del concorso 2012”.

 

Dunque le nuove assunzioni, strettamente legate al turn over (o a quel che ne resta dopo la Fornero), riguarderanno i celeberrimi precari storici, in attesa da decenni e probabilmente con un altro decennio davanti di attesa per il loro riassorbimento totale, e i vincitori dell’ultimo concorsone 2012. D’altronde tali assunzioni rientrano a più ampio spettro del piano triennale di immissioni in ruolo, previsto dal DL 104/2013 per un totale di 63mila posti così distribuiti: le prime 29.000 immissioni in ruolo nell’a.s.2014/15, 14mila copriranno il turnover, ovvero i posti lasciati liberi da coloro che andranno in pensione, che verranno occupati da 7mila vincitori del concorso del 2012 e 7 mila dalle graduatorie a esaurimento. Gli altri 15mila posti invece sono le assunzioni sul sostegno programmate dal ministro Carrozza nel 2013 e 4000 ulteriori posti potrebbero crearsi col pensionamento sbloccato dei quota 96.

 

Nell’a.s.2015/16 le immissioni in ruolo dovrebbero essere 22mila, di cui 14.000 derivanti dai pensionamenti e 8.000 di sostegno, già previsti dal decreto della Carrozza, di questi 7.000 destinati agli idonei del concorso 2012.
Infine nell’a.s. 2016/17 12.000 sono i posti previsti di cui il 50% spetterà ai vincitori del concorso, che il ministro Giannini ha confermato sarà bandito per la primavera del 2015, che darà la possibilità d’inclusione agli abilitati del II ciclo TFA, le cui prove preselettive si stanno svolgendo in questi giorni, e il 50% dalle solite inossidabili Graduatorie ad esaurimento.

 

Al di là di questi (apparentemente?) generosi numeri restano però parecchie questioni aperte. Innanzitutto il problema degli idonei non vincitori del concorso a cattedra, che guardano con una certa angoscia al bando del nuovo concorso nel 2015, che potrebbe giocare loro l’assunzione, se non avverrà tempestivamente, in quanto verrebbero invalidate le graduatorie del concorso 2012. Essi infatti sperano nell’efficacia del  decreto ministeriale n. 356 del 23 maggio, composto da un solo articolo che penalizza le graduatorie ad esaurimento a vantaggio dei docenti idonei, ma non vincitori, del concorso bandito con D.D.G. n. 82 del 2012. Ricordiamo che nel provvedimento c’è scritto che i candidati inseriti a pieno titolo nelle graduatorie di merito del concorso ordinario per il reclutamento di personale docente bandito con il decreto del Direttore generale per il personale scolastico 24 settembre 2012 n.82, ma non collocati in posizione utile tale da risultare vincitori, hanno titolo, a decorrere dall’anno scolastico 2014/15 ad essere destinatari di contratto individuale di lavoro a tempo indeterminato, in subordine ai vincitori, fermo restando il vincolo della procedura autorizzatoria di cui all’art. 39, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, nei limiti del 50 per cento dei posti previsti per il concorso ai sensi dell’articolo 399, comma 1, del decreto legislativo n. 297 del 1994 e fermo restando quanto previsto dell’articolo 400 del suddetto decreto legislativo”.

 

Inoltre la Flcgil in un comunicato stampa sottolinea che, “mentre si introducono con lo strumento del decreto sempre più divisioni tra i precari della scuola, i cui numeri crescono a dismisura, è bloccato il piano triennale per coprire i posti vacanti previsto dal decreto 104 del 2013. È probabile che per quest’anno non si avviino le procedure e le assunzioni rischiano di avvenire solo sui numeri del turn over, peraltro ridotti dagli effetti della legge Fornero che sta lasciando al lavoro personale ormai grande di età e sta impedendo quel ricambio generazionale tanto sbandierato dai governi che si sono succeduti in questi anni.” Inoltre le immissioni in ruolo previste dovranno, secondo il decreto n.104 del 2013, avvenire  ad “invarianza finanziaria”, che per diverso tempo bloccherà le buste paga dei nuovi assunti a circa 1.200 euro al mese, senza progressione di carriera. Perciò il sindacato chiede al Governo “l’immediato sblocco delle procedure di stabilizzazione senza chiedere riduzione dei diritti e dei salari per i precari.”

 

Infine, in questo panorama confuso, un maligno pensiero si insinua: non è che, un po’ troppo alla leggera, si son fatti i conti senza l’oste? La parola finale la dovrà dire il MEF e allora sì che saran numeri…

… e se fossero i prof a scegliersi il preside?

da La Tecnica della Scuola

… e se fossero i prof a scegliersi il preside?

Da qualche tempo serpeggia l’idea di affidare ai dirigenti, non solo la possibilità di valutare gli insegnanti, ma anche quella di scegliersi i docenti, attingendo magari da una graduatoria regionale. E se si invertisse l’ottica?

Si è aperto un ampio dibattito sul nostro sito Fb relativamente alle ventila ipotesi di assegnare ai dirigenti la possibilità di scegliersi i docenti, attingendo magari da una graduatoria regionale, in conformità del resto con quanto prevedeva la proposta di legge della ex sottosegretaria all’istruzione, e ora assessore alla regione Lombardia, Valentina Aprea. Cambiare ottica, veniva detto: non più i professori che si scelgono la scuola, ma la scuola che si sceglie i prof più adatti alle proprie esigenze e al proprio progetto didattico.
E all’interno del dibattito sulla nostra pagina Facebook sono stati tanti i docenti che hanno scritto: e perché non dovrebbero essere gli insegnanti a scegliersi il preside?
E perché no, aggiungiamo, così come avviene all’università col rettore e i presidi di facoltà; ma anche come avviene nei comuni. Dove starebbe infatti l’anomalia, o il vulnus tra donne e uomini di cultura, come sono i docenti, visto pure che con gli istituti comprensivi e gli accorpamenti si sono per lo più costituite vere e proprie cittadelle dell’istruzione? In un sol colpo fra l’altro si toglierebbe di mezzo, non solo questa idea sempre più meno sotterranea di affidare al dirigente la scelta dei prof, più funzionali e flessibili magari alle sue “ambizioni”, ma anche la ventilata ipotesi di essere lui il valutatore e il giudice dei suoi ex colleghi.
Ma sarebbe anche un modo per implementare una forma straordinaria di democrazia diretta nella scuola dell’autonomia didattica e amministrativa, anche perché l’attuale ordinamento degli organi collegiali dovrebbe essere riscritto in funzione proprio di una riacquistata forma partecipativa alle decisioni della Istituzione scolastica. Ma non solo! Volete mettere l’inganno di sorbirsi un dirigente, magari preparato ma imbroglione e schizofrenico, a vita, piuttosto che un preside, unus inter pares, a tempo? Se poi si riflette sui risparmi di soldi e di stress per avviare i concorsi, sempre dall’esito incerto, nonché sulle eliminazioni degli incarichi, ci si rende conto che si può a maggior ragione fare, mentre basta una semplice legge per scorporare la dirigenza della scuola dal resto della pubblica amministrazione.
E poi, torniamo a dire, se lo fanno all’università, perché non si può fare a scuola? In più vogliamo ricordare che la Gilda degli insegnanti, qualche decennio fa, sostenne con passione che lo stipendio dei “docenti medi” dovesse essere equiparato agli universitari, capendo bene la fragile separazione fra le due funzioni e i due ruoli. E allora, considerato che dovunque si parla di riforme, si riformi la governance della scuola dando al personale la formidabile possibilità di eleggersi il suo “rettore” che se non è magnifico alla prossima tornata elettorale si rimanda in classe.

Bastico: “Maturi i tempi per una riforma organica della scuola”

da La Tecnica della Scuola

Bastico: “Maturi i tempi per una riforma organica della scuola”

Superare l’eccesso di frammentazione disciplinare, definire l’organico funzionale, realizzare dipartimenti all’interno delle scuole, evitare la figura monocratica del dirigente scolastico, puntare sulle innovazioni didattiche. Ecco la ricetta dell’ex sottosegretario all’Istruzione

Mariangela Bastico in queste ore torna a sottolineare la caoticità e la mancata chiarezza delle ultime dichiarazioni del Miur sulle innovazioni da introdurre attraverso il “piano scuola”.

Sono molti i punti sui quali, secondo l’ex sottosegretario della P.I., c’è da discutere e capire. Innanzitutto le supplenze brevi: si parla di utilizzare per le supplenze brevi (quali sono? Fino a che durata possono essere definite brevi? Sono certamente escluse quelle annuali e per maternità) un monte ore, una “banca delle ore”(?), messe a disposizione dai docenti di ruolo per tali supplenze.

Ambiguo anche il discorso di risparmi e costi: da un lato si vocifera del risparmio di 800 milioni di euro, dall’altro non si capisce bene come verranno utilizzati questi fondi, se confluiranno nella spending review o saranno lasciati alle scuole per altre finalità.

Ma se gli insegnanti di ruolo debbono essere pagati per queste ore di insegnamento, eccedenti le 18, come potrà esserci riduzione di spesa? E che ruolo avranno i precari nella definizione dell’organico funzionale, di cui si parla da anni e ancora non c’è traccia?

In effetti questa politica che si fa a colpi di dichiarazioni e smentite convince poco. Sa di idee per nulla chiare, di voglia di sensazionalismo e del generale antico pressapochismo che da anni nutre le decisioni prese nel settore più importante per la crescita del nostro Paese.

Ma forse il vero problema è il metter prima ciò che dovrebbe venir dopo e viceversa.

La Bastico, che ha partecipato alla tre giorni di Terrasini, ritiene a tal proposito maturi i tempi per una riforma organica del sistema nazionale di istruzione, che, a suo parere, dovrà fondarsi, “ben prima di ogni ragionamento sull’orario di lavoro degli insegnanti, sulla definizione degli obiettivi di apprendimento, intermini di conoscenze e di competenze, che devono essere conseguiti da tutti i ragazzi nelle varie fasi del percorso scolastico. Si tratta degli obiettivi essenziali, da raggiungere in quinta elementare, al termine della scuola media, nei due anni di istruzione superiore obbligatoria, suddivisi per aree di apprendimento, quali l’area linguistica, l’area logico-matematica, l’area storico-geografica, l’area delle scienze naturali.”

Secondo l’ex sottosegretario “definire gli obiettivi d’istruzione significa stabilire gli innovati compiti della scuola nell’attuale società della conoscenza, caratterizzata dalla diffusione delle nuove tecnologie e da una grande frammentazione e diversificazione. È un percorso che deve essere accompagnato da un ampio dibattito nazionale, con il contributo importante delle Università, degli intellettuali, del mondo della cultura.”

Superare l’eccesso di frammentazione disciplinare, definire l’organico funzionale, realizzare dipartimenti all’interno delle scuole, evitare la figura monocratica del dirigente scolastico, puntare sulle innovazioni didattiche.

E’ questo il punto: puntare sulle innovazioni didattiche, svecchiare la scuola.

E in Italia, invece, si pensa alle 18, 24, 36 ore per i docenti ovvero come menare il can per l’aia…

103 milioni per i libri di testo agli alunni meno abbienti

da La Tecnica della Scuola

103 milioni per i libri di testo agli alunni meno abbienti

P.A.

Con il Dm Istruzione del 14 luglio 2014 è stata stabilita la ripartizione dei fondi tra le Regioni

E’ di 103 milioni di euro la somma stanziata per la fornitura gratuita di libri di testo agli alunni meno abbienti delle scuole dell’obbligo e secondarie superiori per l’anno scolastico 2014/2015.
L’anno scorso il finanziamento non fu erogato in un’unica tranche: di questi tempi fu messa a disposizione la metà della somma (a causa di un accantonamento) e successivamente si recuperò il resto. Quest’anno, invece, parte tutto subito a vantaggio di famiglie e regioni che così potranno mettere in circolo subito i soldi. A usufruire dei fondi per acquisto o comodato d’uso dei libri di testo per la scuola media e la scuola superiore (per le scuole primarie i testi scolastici sono gratuiti per tutti) saranno tutti quei ragazzi le cui famiglie hanno un reddito inferiore a 15.493 euro annui. 
Secondo le stime del Miur si tratta di 212.827 ragazzi delle superiori e 434.805 tra medie e biennio dell’obbligo. Le famiglie potranno rivolgersi alle singole scuole per conoscere i dettagli della procedura e ricevere i finanziamenti. Secondo i dati ministeriali le famiglie con un reddito netto inferiore ai circa 15mila euro previsti dal decreto sono concentrate soprattutto nelle regioni del Sud: in Sicilia avranno diritto ai finanziamenti il 30% delle famiglie, in Basilicata il 26% e in Campania il 25%. Tra le regioni con meno famiglie in difficoltà spicca l’Emilia Romagna con un 7% circa. (Il Sole 24 Ore)

Skills shortage e mismatch: difetti di fabbrica degli istituti professionali

da La Tecnica della Scuola

Skills shortage e mismatch: difetti di fabbrica degli istituti professionali

 

Quasi la metà dell’elevata disoccupazione giovanile italiana è figlia di skills shortage (letteralmente “carenza di abilità”) e del mismatch tra percorsi formativi seguiti e offerte di lavoro da parte delle imprese.

In un articolo pubblicato su Avvenire.it dal titolo “Aprire veri cantieri per cambiare la scuola” si scrive: “Per gli istituti professionali occorrerebbe una riforma radicale: così non va. Un’ipotesi potrebbe essere farli confluire nell’istruzione tecnica dotandoli di uno statuto speciale: più ore di laboratorio, contratti per docenti specialisti provenienti dai settori produttivi, flessibilità e personalizzazione dei percorsi, diploma in alternanza scuola lavoro e in apprendistato. Una strada che dovrebbe andare di pari passo con il potenziamento e la messa a regime della formazione professionale che in alcune regioni da ottimi risultati”.

 

A tal proposito si ricorda che oggi in teoria, dopo l’ultima riforma, l’identità degli istituti professionali si caratterizza per una solida base di istruzione generale e tecnico-professionale, che consente agli studenti di sviluppare, in una dimensione operativa, saperi e competenze necessari per rispondere alle esigenze formative del settore produttivo di riferimento, considerato nella sua dimensione sistemica per un rapido inserimento nel mondo del lavoro e per l’accesso all’università e all’istruzione e formazione tecnica superiore. Però nella realtà alcuni dati statistici ci dicono che quasi la metà dell’elevata disoccupazione giovanile italiana è figlia di skills shortage (letteralmente “carenza di abilità”) e del mismatch tra percorsi formativi seguiti e offerte di lavoro da parte delle imprese.

 

Quindi si propongono ricette risolutive del problema occupazione basate su un ripensamento generale del sistema formativo: più istruzione tecnica di modello tedesco, più lauree brevi professionalizzanti, più lauree magistrali tecniche, più autonomia degli istituti e delle università a ogni livello, più diretta compartecipazione nei modelli formativi e di affiancamento al lavoro tra istituzioni della formazione e imprese. Saranno le giuste soluzioni? Vedremo, però una cosa è certa, ridurre il monte ore delle lezioni (passare da 5 a 4 anni di scuola secondaria di secondo grado ) non farà bene a conoscenze e competenze applicative degli istituti professionali.

Vietati i nominativi dei disabili nelle graduatorie dei concorsi

da La Tecnica della Scuola

Vietati i nominativi dei disabili nelle graduatorie dei concorsi

L.L.

Un nuovo intervento del Garante vieta la pubblicazione sui siti istituzionali di dati personali idonei a rivelare lo stato di salute dei concorrenti presenti nelle graduatorie

No alla pubblicazione delle graduatorie dei concorsi riservati ai disabili sui siti istituzionali.

Ancora una volta il Garante per la protezione dei dati personali si è visto costretto ad intervenire per l’illecito trattamento dei dati effettuato da un sito regionale e ha vietato l’ulteriore diffusione in Internet dei dati personali idonei a rivelare lo stato di salute dei concorrenti presenti nelle graduatorie.

Il tutto è partito da una segnalazione di una candidata ad un concorso regionale, con la quale è stata lamentata la pubblicazione di dati personali relativi alla condizione di invalidità della segnalante sul sito istituzionale della Regione Abruzzo agevolmente raggiungibili mediante i comuni motori di ricerca.

In effetti, da alcuni accertamenti del Garante, era risultato che all’interno della sezione “concorsi in atto” del sito web regionale erano contenuti gli elenchi dei candidati ammessi e non ammessi alle prove concorsuali per un profilo professionale riservato esclusivamente alle categorie dei disabili. Gli elenchi pubblicati recavano alcune centinaia di nominativi, tra cui anche quello della segnalante, nonché la data e il luogo di nascita degli interessati e la specifica indicazione “ammesso/non ammesso”. Ma non solo: i nominativi erano immediatamente visibili in rete tramite l’inserimento delle rispettive generalità nei più diffusi  motori di ricerca generalisti.

Per il Garante, la pubblicazione di questi elenchi – recanti in chiaro i dati identificativi degli interessati nell’ambito di una procedura selettiva pubblica, riservata ai soggetti disabili di cui alla legge n. 68/1999 –, per di più caratterizzata dall’immediata reperibilità nel web dei nominativi dei destinatari mediante i più diffusi motori di ricerca, ha causato una diffusione illecita di dati sensibili in quanto idonei a rivelare lo stato di salute degli interessati, in ragione dell’espresso riferimento allo status di disabile degli interessati nonché dell’espresso richiamo alla legge n. 68/1999, normativa concernente appunto le “Norme per il diritto al lavoro dei disabili”.

Per tali ragioni, l’Autorità ha vietato l’ulteriore diffusione in Internet di tali informazioni ed ha prescritto di conformare per il futuro la pubblicazione di atti e documenti in Internet alle disposizioni contenute nel Codice in materia di protezione dei dati personali e nelle Linee guida in materia di trattamento di dati personali (doc web n. 3134436), di recente adozione, rispettando in particolare il divieto di diffusione dei dati idonei a rivelare lo stato di salute degli interessati. L’Autorità si è riservata di valutare, con separato provvedimento, gli estremi per contestare alla Regione la violazione amministrativa prevista per l’infrazione del Codice.

 

Flc Cgil: il governo sblocchi le procedure di stabilizzazione

da La Tecnica della Scuola

Flc Cgil: il governo sblocchi le procedure di stabilizzazione

“La Flc-Cgil è preoccupata del blocco del piano triennale per coprire i posti vacanti previsto dal decreto 104 del 2013”: lo afferma Mimmo Pantaleo, segretario generale Flc Cgil

“E’ sempre più probabile che per questo anno non si avvieranno le procedure per le assunzioni che rischiano di avvenire solo sui numeri del turn over, peraltro ridotti dagli effetti della legge Fornero che ritarda di molti anni il collocamento in pensione dei lavoratori e sta impedendo quel ricambio generazionale nelle pubbliche amministrazioni più volte annunciato dalla Ministra Madia”, continua Pantaleo

“Se non fosse per i 15000 posti di sostegno (peraltro ancora non autorizzati) – si legge – il turn over per l’anno scolastico 2014/2015 prevede 13.000 pensionamenti di docenti a fronte di 350.000 precari. Gli alunni aumentano di 33 mila unità ma l’organico diminuisce mettendo sempre più a rischio la qualità del servizio”.

“Chiediamo al Governo – conclude Pantaleo – l’immediato sblocco delle procedure di stabilizzazione senza chiedere riduzione dei diritti e dei salari per i precari. E’ necessario affrontare complessivamente le politiche di organici e reclutamento garantendo stabilizzazioni dei precari e ingresso delle nuove generazioni nel mondo della scuola”.

Personale redistribuito in base agli iscritti

da tuttoscuola.com

Personale redistribuito in base agli iscritti

Negli ultimi due anni si è verificato a livello nazionale un aumento progressivo degli iscritti, e ciò con un organico“, per quanto riguarda il personale scolastico, “invariato e non suscettibile di incremento. Conseguentemente, il ministero ha proceduto a una redistribuzione dei posti tra le varie regioni, attribuendo un maggior numero di posti a quelle che hanno registrato un maggior numero di alunni rispetto all’anno precedente, recuperati dalle regioni che invece hanno subito un decremento“. Lo ha detto il sottosegretario all’Istruzione, Angela D’Onghia, rispondendo in commissione Cultura alla Camera a un’interrogazione di Umberto D’Ottavio, parlamentare piemontese del Pd.

L’interrogazione citava una situazione specifica verificatasi in Piemonte, ma la risposta ha fatto chiarezza sulle ragioni di carattere generale della redistribuzione, che ha suscitato proteste anche in altre Regioni.

Tuttavia, ha aggiunto il sottosegretario, il responsabile dell’ufficio scolastico del Piemonte ha garantito che se in conseguenza della redistribuzione dei posti dovessero “persistere situazioni di criticità in ordine alla composizione delle classi e all’offerta formativa, si procederà ad autorizzarne lo sdoppiamento in modo che l’utenza non dovrà subire disagi e potrà iniziare l’anno scolastico in condizioni adeguate“. Insomma, qualche margine di flessibilità sussiste anche in presenza di una normativa sugli organici resa più rigida dalle leggi finanziarie degli ultimi anni.

 

Docenti precari, dalla Corte Europea è in arrivo una sentenza favorevole?

da tuttoscuola.com

Docenti precari, dalla Corte Europea è in arrivo una sentenza favorevole?

E’ un rincorrersi di commenti di soddisfazione quello di molti sindacati (nella fattispecie Flc-Cgil, Gilda e Anief) a fronte delle conclusioni dell’avvocato Maciej Szpunar, pubblicate ieri 17 luglio 2014, a seguito della udienza tenuta a Lussemburgo lo scorso 27 marzo 2014 in merito alle questioni rimesse alla Corte di Giustizia Europea dal tribunale di Napoli e dalla Corte Costituzionale riguardanti la stabilizzazione dei precari della scuola.

Anche se “le conclusioni dell’avvocato generale non vincolano la Corte di giustizia” (per questo a nostro avviso il commento della Flc Cgil parla – più cautamente rispetto alle altre sigle sindacali – di “segnali positivi”), e che, anche in caso di pronunciamento favorevole, “la Corte non risolve la controversia nazionale”, ma demanda al giudice nazionale la soluzione della “causa conformemente alla decisione della Corte”, in effetti nelle sue conclusioni l’avvocato generale si mostra in tutto solidale con i ricorrenti, cominciando col ricordare che “il rinnovo di contratti a tempo determinato non è giustificato quando è finalizzato a soddisfare esigenze a carattere permanente e durevole” e che “le autorità nazionali devono esaminare di volta in volta tutte le circostanze del caso concreto al fine di escludere che contratti a tempo determinato, sebbene palesemente stipulati per delle sostituzioni, siano utilizzati in modo abusivo”.

L’avvocato generale osserva che “la normativa italiana non prevede né il numero di contratti successivi che possono essere stipulati né la loro durata massima”, “che è formulata in maniera generale e astratta, senza un legame tangibile né con il contenuto specifico né con le concrete condizioni di esercizio dell’attività. Inoltre, non consente di fissare criteri obiettivi e trasparenti che consentano di verificare l’esistenza di un’esigenza di sostituzione temporanea reale. Infine, non pone limiti né alla stipulazione né al rinnovo dei contratti con personale supplente in sostituzione del personale temporaneamente assente“, e che le sostituzioni annuali del comparto scuola hanno “come obiettivo quello di far fronte a esigenze di personale permanenti e durevoli”.

Maciej Szpunar spiega anche che “il governo italiano giustifica la normativa in questione adducendo la necessità di una flessibilità molto alta (dovuta allo stretto rapporto tra l’esigenza di trovare supplenti e la variazione ciclica e imprevedibile della popolazione scolastica) e ragioni di ordine finanziario. Tuttavia, secondo l’avvocato generale, le restrizioni finanziarie nel settore scolastico non giustificano il ricorso abusivo alla successione di contratti a tempo determinato. I contratti a tempo determinato possono essere giustificati soltanto dalla particolare natura delle mansioni da svolgere o dal perseguimento di una legittima finalità di politica sociale (come la tutela della gravidanza e della maternità o la conciliazione degli obblighi professionali e familiari)”.

Szpunar conclude ritenendo “che la normativa italiana non presenti misure sufficienti né a prevenire né a sanzionare il ricorso abusivo alla successione di contratti a tempo determinato e che tale privazione di tutela dei lavoratori nel settore scolastico sia contraria all’accordo quadro” del 18 marzo 1999.

In sede di commento, va notato che il quadro congiunturale cui fa continuamente riferimento Maciej Szpunar è quello dell’assenza di concorsi tra il 1999 e il 2011, e che questo quadro è mutato a seguito del concorso 2012.

Il secondo commento che ci sentiamo di fare è che, se i segnali derivanti dalle considerazioni dell’avvocato generale saranno confermati, gli esiti (i cui contorni sono tutti da valutare) potranno sì essere entusiasmanti per i precari pluriennali della scuola e di altri settori, ma essere altrettanto ferali per i vincitori e gli idonei dell’ultimo concorso che potrebbero vedere dilatata la loro immissione in ruolo di diversi anni, più di quanto stia accadendo per le errate previsioni dei fabbisogni e i ritardi nei rilasci delle graduatorie di merito.

La terza considerazione concerne l’insipienza della nostra amministrazione, che, dando precedenza nell’accesso alle supplenze annuali agli abilitati (secondo percorsi piuttosto diversificati, quali meritocratici, quali no) rispetto ai futuri insegnanti (non necessariamente abilitati) rappresentati da chi ha superato il concorso 2012, crea scientificamente le condizioni per cui si continueranno ad avere nuovi insegnanti precari, ricorrenti, vincitori di ricorsi e non necessariamente selezionati, e insegnanti selezionati, vincitori di concorsi, e costretti ad attendere per insegnare.

Insomma, più utile vincere i ricorsi che i concorsi.

 

Libri scolastici, il Miur stanzia 103 milioni per i meno abbienti

da tuttoscuola.com

Libri scolastici, il Miur stanzia 103 milioni per i meno abbienti

Dal ministero arrivano i fondi per la fornitura gratuita dei libri di testo agli alunni meno abbienti delle scuole dell’obbligo e secondarie superiori: 103 milioni.

L’anno scorso il finanziamento non fu erogato in un’unica tranche: di questi tempi fu messa a disposizione la metà della somma (a causa di un accantonamento) e successivamente si recupero’ il resto. Quest’anno, invece, parte tutto subito a vantaggio di famiglie e regioni che cosi’ potranno mettere in circolo subito i soldi.

Un decreto del dipartimento per l’Istruzione ripartisce la somma tra le Regioni. A usufruire dei fondi per acquisto o comodato d’uso dei libri di testo per la scuola media e la scuola superiore (per le scuole primarie i testi scolastici sono gratuiti per tutti) saranno tutti quei ragazzi le cui famiglie hanno un reddito inferiore a 15.493 euro annui. Secondo le stime del Miur si tratta di 212.827 ragazzi delle superiori e 434.805 tra medie e biennio dell’obbligo.

Le famiglie potranno rivolgersi alle singole scuole per conoscere i dettagli della procedura e ricevere i finanziamenti.

Secondo i dati ministeriali le famiglie con un reddito netto inferiore ai circa 15mila euro previsti dal decreto sono concentrate soprattutto nelle regioni del Sud: in Sicilia avranno diritto ai finanziamenti il 30% delle famiglie, in Basilicata il 26% e in Campania il 25%. Tra le regioni con meno famiglie in difficoltà spicca l’Emilia Romagna con un 7% circa.

 

Interpellanza del M5S su proposte scolastiche presentate

da tuttoscuola.com

Interpellanza del M5S su proposte scolastiche presentate

Rendere attuative le disposizioni che il MoVimento 5 Stelle ha introdotto nel decreto legge Carrozza volte a tutelare la salute nelle scuole e la formazione tecnologica degli studenti”. Questo il tema dell’interpellanza urgente presentata dal deputato del Movimento 5 Stelle, Luigi Gallo indirizzata al Ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca.

Il parlamentare pentastellato in una nota enumera i provvedimenti promossi dal movimento: “Norme atte a garantire una corretta e sana alimentazione nelle scuole al fine di tutelare il diritto alla salute degli alunni eliminando il cibo spazzatura dalle scuole; favorire il consumo consapevole dei prodotti ortofrutticoli locali, stagionali e biologici nelle mense scolastiche; elaborazione di appositi programmi di educazione alimentare”.

Secondo Gallo, tutti questi interventi ed altri come quello della “promozione del plurilinguismo nelle scuole dell’infanzia attraverso l’acquisizione dei primi elementi della lingua inglese”, non hanno trovato vere linee attuative. Il M5S ha perciò presentato una lunga interrogazione che tratta anche il tema della divulgazione dei libri digitali in cui si chiede al Ministro di “intervenire velocemente e rendere attuative quelle disposizioni che il M5S ha introdotto nel decreto Carrozza”.

Discorso a parte, conclude Gallo, meritano le risorse stanziate dal Governo per la “formazione dei docenti” che, in mancanza di un decreto attuativo, rischiano di ritornare nella disponibilità del bilancio Statale. “Tutto ciò a dimostrazione della contraddizione di un Governo che afferma di volere investire, anche per il futuro, sulla formazione ma che non riesce a dare attuazione all’erogazione delle risorse stanziate l’anno precedente”.