Un’altra scuola è possibile

da la Repubblica

Andrea Gavosto

Dopo mesi di chiacchiere su plexiglas e banchi a rotelle e dopo una faticosissima riapertura a settembre, con un numero mai visto di cattedre ancora da riempire, gran parte della scuola sta per tornare in lockdown. Solo infanzia e primarie continuano in presenza: speriamo il più a lungo possibile, dato che le analisi recenti confermano la poca efficacia dell’apprendimento online per i più piccoli. Nelle regioni più a rischio, medie (dalla seconda classe) e superiori faranno solo didattica a distanza.

Si poteva evitare una nuova chiusura così estesa? Sì, anche se non era facile: dalle simulazioni dell’Istituto superiore di sanità dello scorso aprile si sa che scuole e università, creando assembramenti, specie sui trasporti, sono il singolo maggior fattore di propagazione del virus.

Si doveva agire su tre fronti, modulandoli a seconda delle esigenze dei diversi gradi di scuola: ridurre il numero di studenti per classe, creando “bolle” stabili di 10-12 allievi, con minore rischio di contagio; organizzare turni, a distanza e in presenza, al mattino e al pomeriggio, per diminuire l’affollamento dentro gli istituti — per molte ore in luoghi poco aerati — e sui mezzi pubblici; scaglionare le entrate e diminuire la capienza di bus, tram e metro, evitando la commedia dell’assurdo recitata a fine agosto da molte Regioni e una ministra per aumentarla. Purtroppo, il ministero dell’Istruzione ha scelto una strada diversa, puntando a un rientro a settembre nelle medesime condizioni di febbraio: stessi orari, stessi spazi, stesse regole per l’assegnazione delle cattedre (a parte 50 mila supplenti in più per l’emergenza), ma complicate da una nuova procedura online, causa di molti guai.

Nonostante tutto, la strategia avrebbe potuto avere successo, a condizione che funzionasse la procedura dei tamponi, con risultati veloci e tracciamento efficace. Invece, per la lentezza delle sanità regionali sui tamponi, si è stati costretti a mandare sempre più docenti e studenti in quarantena: il sistema scolastico, specie alle superiori, stava andando in lockdown per conto suo, anche prima del Dpcm.

Per evitare ai ragazzi un’altra lunga fase di mancanza di scuola, con danni permanenti agli apprendimenti e alle competenze sociali ed emotive, la strada è quella tracciata: prepararsi a riprendere a gennaio con un’organizzazione diversa, con piccoli gruppi stabili, turni e maggiore scaglionamento di ingressi e uscite. Certo, per farlo occorre tenere le scuole aperte tutto il giorno, chiedendo ai docenti di lavorare più ore, ovviamente retribuite. Forse non tutti i sindacati saranno d’accordo, ma perché il ministero non prova a proporlo?

Servirebbero poi due altri interventi per i periodi di lockdown. Il primo — coraggioso e innovativo — sarebbe concentrare l’insegnamento online sulle materie chiave ( in primis italiano, matematica, inglese), dove il costo di restare indietro è più elevato. Il secondo — obbligato oggi e per il futuro — è formare i docenti alla didattica a distanza. Quanto tempo si è perso, limitandosi a rinominarla didattica integrata digitale, come se ciò ne cambiasse la sostanza. Negli scorsi mesi, dopo che molti docenti per la prima volta si sono avvicinati all’insegnamento online, si sarebbero dovuti creare moduli obbligatori e dare loro gli strumenti adatti, superando la semplice riproposizione in video delle lezioni trasmissive. La didattica online non potrà mai sostituire del tutto quella in presenza, ma può aiutare a predisporre un nuovo rientro a scuola meno pasticciato. A marzo eravamo impreparati, oggi sarebbe imperdonabile non prepararsi.

L’autore è direttore della Fondazione Agnelli

Legge di Bilancio, fondi per scuolabus, digitalizzazione ed edilizia scolastica. 25mila assunzioni per il sostegno entro il 2024

da OrizzonteScuola

Di redazione

Incentivi per l’occupazione giovanile con una decontribuzione per chi assume gli under 35, proroga dell’ape sociale e dei bonus energetici, congedo di paternità, bonus bebè, Fondo vaccini, lotteria degli scontrini e programma cashback, stop all’imposta sul money transfer, norme sul whistleblowing e sui giochi d’azzardo.

Sono questi alcuni dei temi contenuti in una bozza di legge di Bilancio. La bozza contiene al momento 243 articoli.

La messa a punto della manovra richiederà ancora un paio di giorni, riferiscono le stesse fonti, per questo si ipotizza che la pubblicazione in Gazzetta non avverrà prima di domenica, forse lunedì. In ogni caso, si punta a discutere il testo prima con i capi delegazione e, poi, forse in pre-Cdm per mettere a punto gli ultimi ritocchi tecnici.

Cosa si prevede per la scuola? Per il momento, in base a quanto raccolto, ci sarebbe il via libera per l’assunzione di 25mila docenti di sostegno entro il 202450 milioni di euro sarebbero previsti per l’organizzazione dell’attività sportiva di base sui territori come attività di prevenzione alla dispersione scolastica.  Fondi anche contro la dispersione scolastica, la digitalizzazione e l’edilizia scolastica. Misure anche a sostegno delle università e per l’Afam con assunzioni e un fondo per il funzionamento amministrativo. In arrivo anche 350 milioni per potenziare i servizi di trasporto scolastico di Comuni e Regioni: si stanziano 200 milioni per aumentare i bus per gli studenti e 150 milioni per consentire agli scuolabus di effettuare il servizio nel rispetto delle norme anti-Covid.

Docenti e Ata Covid, ritardo stipendi: il ministero sollecita NoiPA per risolvere problemi

da OrizzonteScuola

Di redazione

Si è svolto oggi 13 novembre l’incontro tra sindacati e ministero dell’istruzione sulla questione riguardante i contratti Covid del personale docente e Ata. Sul ritardo degli stipendi il ministero ha rassicurato le Organizzazioni sindacali.

Sono stati segnalati nei giorni scorsi importanti ritardi nel pagamento degli stipendi per le supplenze Covid.

Dall’incontro, riferisce la Cisl, “è emerso che l’elaborazione del cedolino prodotto da NoiPA supera di circa 150 euro gli importi indicati nella tabella allegata al decreto interministeriale”, per questo alcuni Usr hanno sospeso la stipula di nuovi contratti.

Il ministero durante la riunione ha evidenziato che non tutto lo stanziamento risulta ad oggi impegnato e che ci sono risorse ancora disponibili.

Nelle prossime ore verrà emanata una nota con la quale gli uffici saranno invitati a colmare il fabbisogno delle scuole che registrano un’eccedenza nelle spese, di modo che si possano recuperare le risorse per le altre scuole.

Quanto al ritardo nel pagamento degli stipendi, il Ministero ha disposto l’assegnazione delle risorse sui POS delle scuole, ma le scuole non le visualizzano per un ritardo nella procedura informatica. Il ministero ha sollecitato NoiPA perché risolva al più presto.

Gilda: i nostri segnali di allarme erano fondati

“I fatti stanno dimostrando che, anche sul pagamento delle supplenze Covid, purtroppo i nostri segnali di allarme erano fondati. Dalla verifica effettuata dopo l’emanazione del decreto firmato dai ministri Azzolina e Gualtieri per lo stanziamento delle risorse con cui retribuire gli incarichi relativi all’organico Covid, emerge che è stato sottostimato il costo degli stipendi sia degli insegnanti, sia del personale non-docente. Un errore, dovuto al disallineamento delle informazioni tra i due dicasteri, che ritarda gravemente il pagamento degli stipendi dei supplenti Covid nei casi in cui le scuole abbiano già impiegato l’intera somma assegnata dall’Ufficio scolastico regionale e, dunque, adesso non abbiano i fondi sufficienti. Si renderanno, dunque, necessarie forme di compensazione tra le risorse assegnate alle scuole”. Ad affermarlo è la Gilda degli Insegnanti che questa mattina ha partecipato alla riunione.

“Sulla base del monitoraggio effettuato – spiega il sindacato – ad oggi risulta che circa 1.800 scuole hanno speso tutte le somme assegnate e, quindi, sforato per circa 14,1 milioni di euro il budget destinato alle supplenze del personale Covid”.

“Già in estate – sottolinea la Gilda – avevamo chiesto informazioni al ministero in merito alle risorse economiche perché nutrivamo dubbi sulle cifre indicate nel decreto interministeriale. Il ritardo nelle verifiche ha fatto sì che alcuni USR abbiano perfino sospeso le nomine del personale in attesa delle decisioni del ministero, provocando confusione e incertezza nelle scuole”.

“Come da impegni dell’Amministrazione – conclude il sindacato – attendiamo di essere convocati a breve per risolvere il grave problema della mancata retribuzione dei supplenti Covid, in molti casi in servizio da settembre senza stipendio”.

Contratto su didattica a distanza: Uil Scuola propone un referendum

da La Tecnica della Scuola

Il tema del contratto sulla didattica digitale integrata continua ad essere al centro del dibattito sindacale.
L’accordo come si ricorderà è stato sottoscritto da Cisl, Cgil e Anief mentre Uil, Snals e Gilda non lo hanno firmato.

Nelle ultime ore la Uil Scuola ha diffuso un comunicato che riporta la proposta dell’esecutivo nazionale. Pino Turi, segretario generale del sindacato spiega di che si tratta:  “Chiediamo un referendum sull’ipotesi di contratto sulla didattica a distanza che, superando le distinzioni, e rispettando le diverse posizioni, offra ai lavoratori la forza di una scelta basata sul consenso, sulla condivisione, su regole certe, su diritti che abbiano fondamenta solide, non su palafitte dondolanti sull’onda dell’emergenza e dia una risposta di partecipazione democratica, l’unica che ci può mettere insieme per combattere il pericoloso nemico pandemico”.

“Quando un insegnante fa lezione a distanza, fa lezione a casa delle persone” spiega Turi che aggiunge: “L’insegnante non sa quali sono le condizioni, chi è all’ascolto, se la lezione viene registrata; può accadere che si venga interrogati e la valutazione venga contestata, come può succedere che la lezione, frutto di ingegno personale, professionalità maturata negli anni, venga riprodotta e diffusa in barba ad ogni copyright intellettuale”.

Secondo il segretario nazionale “non ci si può affidare a provvedimenti ammnistrativi per materie così delicate e che cambiano i fondamentali rapporti sociali, i diritti e doveri contrattuali, senza considerare le prerogative costituzionali della libertà di insegnamento, solo declamate e non garantite”.
Vanno ridisegnati diritti e opportunità – conclude Turi – non basta un atto amministrativo; serve un vero contratto professionale se non proprio una legge quadro che introduca la DID nelle scuole”.

La proposta di promuovere un referendum è già stata inviata alle altre organizzazioni sindacali dalle quali, adesso, si aspetta una risposta.

Supplenze Covid, ritardi nei pagamenti per errori di calcolo

da La Tecnica della Scuola

Nella mattinata di oggi, 13 novembre, si è svolto un incontro in videoconferenza riguardante le problematiche relative al cd. Organico Covid.

Si stanno riscontrando dei notevoli ritardi nel pagamento dei supplenti assunti in quest’anno scolastico, dovuti ad errori di calcolo.

Come riporta la FLC CGIL, il problema principale della gestione degli attuali contratti è legato agli errori nei calcoli delle tabelle di costo del personale, che mancavano di alcuni voci di spesa (dalle ferie agli assegni per il nucleo familiare).

Sulla base del monitoraggio effettuato – spiega anche la Gilda – ad oggi risulta che circa 1.800 scuole hanno speso tutte le somme assegnate e, quindi, sforato per circa 14,1 milioni di euro il budget destinato alle supplenze del personale Covid.

I Sindacati hanno chiesto il pagamento immediato dei contratti già attivati. “Non è accettabile – scrive la FLC CGIL – che a distanza di due mesi dalla data dell’attivazione dei contratti covid NoiPa debba ancora mettere a punto le procedure tecniche per liquidare gli stipendi. Si rende perciò necessario un impegno politico della Ministra Azzolina nei confronti del Mef al fine di superare in tempi strettissimi le difficoltà tecniche (i soldi ci sono) che si frappongono al regolare pagamento degli stipendi dei supplenti“.

Pcto nel tempo della pandemia: impostare i percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento

da La Tecnica della Scuola

 

L’incertezza per il futuro e il timore per il presente rendono quest’anno scolastico non facile da sostenere con l’entusiasmo che sarebbe necessario per guidare e sostenere i nostri studenti dall’infanzia fino al termine della secondaria di secondo grado. A tutto questo si aggiunge anche la complessità dell’organizzazione della didattica a distanza, specialmente di quelle attività e iniziative che sono ormai parte integrante del curricolo di istituto, come ad esempio l’organizzazione dei Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento (PCTO).

La pandemia impone la necessità del distanziamento fisico, per cui non è possibile, fin quando almeno purtroppo permane il problema, effettuare attività presso enti partner con i quali le scuole hanno stipulato convenzioni, ma è necessario rivedere l’impostazione dei Percorsi, che, comunque, non possono essere elusi.

Per rendere più agevole il lavoro dei docenti e dei dirigenti La Tecnica della Scuola mette a disposizione gratuitamente il contributo pubblicato sulla piattaforma dedicata Progettare una scuola nuova.

 

Il contributo di Fiorenza Rizzo, Impostare i Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento, offre spunti e suggerimenti utili alla progettazione dei PCTO nel tempo della pandemia. Offre ancora un supporto agli Organi Collegiali per la riformulazione dei PCTO anche con le tematiche di Educazione Civica e illustra possibili tipologie di Percorsi in riferimento agli indirizzi di studio.

Un’occasione da non perdere!

Docenti neossunti, cosa c’è da sapere per l’anno di formazione e prova

da La Tecnica della Scuola

Da stamattina è disponibile l’ambiente Indire riservato ai docenti neoassunti e con passaggio di ruolo e ai docenti in percorso annuale FIT a.s. 2020/2021 per lo svolgimento dell’anno di formazione e prova.

Al portale si può accedere utilizzando le credenziali SPID o SIDI.

L’attività on-line corrisponde forfettariamente a 20 ore di impegno.

Tutte le indicazioni per lo svolgimento dell’anno di formazione e prova sono quest’anno contenute nella nota n.28730 del 21settembre 2020, la quale incomincia con un inevitabile cenno all’emergenza Coronavirus, ricordando che “nel nuovo anno scolastico, il diritto allo studio sarà assicurato secondo ciò che prevedono le misure di sicurezza per il Sars-Cov-2. Ciò significa che i docenti neoassunti dovranno essere in grado, da subito, di avere piena conoscenza delle misure previste nonché degli strumenti e delle metodologie per la Didattica Digitale Integrata (DDI), in modo da garantire la continuità didattica e il diritto allo studio in qualsiasi condizione“.

Chi deve svolgere il periodo di prova e di formazione

Sono tenuti al periodo di formazione e prova tutti i docenti:

  • neoassunti a tempo indeterminato al primo anno di servizio;
  • assunti a tempo indeterminato negli anni precedenti per i quali sia stata richiesta la proroga del periodo di formazione e prova o che non abbiano potuto completarlo;
  • che, in caso di valutazione negativa, ripetano il periodo di formazione e prova;
  • che abbiano ottenuto il passaggio di ruolo.

I docenti, assunti con contratto a tempo determinato nell’a.s. 2018/2019 da DDG 85/2018 e per i quali sia stato prorogato il periodo di prova o in caso di valutazione negativa, dovranno svolgere o ripetere il periodo di formazione e prova secondo quanto previsto dalla nota AOODGPER prot. n. 41693 del 21/09/2018 – percorso annuale FIT.

Chi non deve svolgerlo

Non devono invece svolgere il periodo di prova i docenti:

  • che abbiano già svolto il periodo di formazione e prova o il percorso FIT ex DDG 85/2018 nello stesso grado di nuova immissione in ruolo;
  • che abbiano ottenuto il rientro in un precedente ruolo nel quale abbiano già svolto il periodo di formazione e prova o il percorso FIT ex DDG 85/2018;
  • già immessi in ruolo con riserva, che abbiano superato positivamente l’anno di formazione e di prova o il percorso FIT ex DDG 85/2018 e siano nuovamente assunti per il medesimo grado;
  • che abbiano ottenuto il trasferimento da posto comune a sostegno e viceversa nell’ambito del medesimo grado.

Confermato il modello di formazione degli scorsi anni

Il MI ha deciso di onfermare anche per l’anno scolastico 2020-2021 le
caratteristiche salienti del modello formativo previsto dal DM 850/2015, con alcune piccole varianti.

E’ comunque confermata la durata complessiva del percorso, quantificato in 50 ore di impegno, considerando sia le attività formative in presenza, l’osservazione in classe, la rielaborazione professionale, che si avvale degli strumenti del “bilancio di competenze”, del “portfolio professionale” e del patto per lo sviluppo formativo, secondo i modelli che saranno forniti da INDIRE su supporto digitale on line.

Struttura del modello formativo

Il percorso di formazione si svilupperà nei seguenti momenti:

a) Incontri iniziali e di restituzione finale: a partire dal mese di ottobre 2020 con modalità on-line

b) Laboratori formativi: in presenza o on-line, per 12 ore di formazione.

c) Attività di peer to peer, tutoraggio e ruolo dei tutor e dei dirigenti scolastici: per ciò che concerne l’osservazione in classe rimane confermato quanto previsto dall’articolo 9 del DM 850/2015, considerate, in questo particolare momento di rientro alla normalità, le necessarie misure di sicurezza. L’attività da svolgere a scuola è pari a 12 ore.

Tutor

Ad ogni docente in periodo di prova è assegnato un tutor di riferimento, preferibilmente della stessa disciplina, area disciplinare o tipologia di cattedra ed operante nello stesso plesso.

Video in auto-formazione

L’ambiente Indire contiene già diversi materiali utili ai docenti, quali i video in auto-formazione dedicati al tema della Didattica Digitale Integrata (DDI).

I video sono finalizzati a dare un inquadramento alle metodologie per la DDI e costituiscono un percorso di formazione online asincrono. Ciascun video vede anche la partecipazione di esperti del settore (dirigenti scolastici, docenti, etc.), al fine di dare concretezza alle principali problematiche didattiche che sono emerse, in situazione di emergenza, nelle istituzioni scolastiche. L’obiettivo è di diffondere negli insegnanti spunti di riflessione su metodologie didattiche che sappiano coniugare gli ambienti di apprendimento e le infrastrutture tecnologiche con la programmazione di attività integrate in presenza e a distanza avendo cura di descrivere anche gli strumenti e i metodi di una didattica che favorisca accessibilità e inclusione.

Rapporto UE. Lettura, Matematica e Scienze: preoccupa il livello di competenza raggiunto dai 15enni italiani

da Tuttoscuola

A cura della Commissione Europea è stato pubblicato l’annuale rapporto, Education and Training Monitor 2020, sulla situazione dell’istruzione nei 27 Paesi dell’Unione Europea. Il rapporto mette a confronto i nuovi dati (2019) con quelli di dieci anni prima (2009) e fa il punto sugli obiettivi di Lisbona, i benchmark che i Paesi sono impegnati a conseguire. Per disporre di maggiori elementi di valutazione, oltre al confronto dei dati del 2009 con quelli nuovi del 2019, aggiungiamo anche i dati dell’anno scorso (2018).

Esaminiamo innanzitutto i livelli di competenza raggiunti dai nostri 15enni in lettura, matematica e scienze, dove il rapporto rileva le situazioni di scarsa competenza raggiunta (livello 1 o meno) dai 15enni rispetto all’obiettivo europeo fissato al 15%.

In lettura nel 2009 i nostri ragazzi erano fermi al 21%, la stessa percentuale dell’anno scorso; nel 2019 hanno peggiorato risalendo al 23,3%. In matematica nel 2009 erano al 25%; l’anno scorso erano scesi al 23,3%, ma nel 2019 sono risaliti al 23,8%. È andata peggio in scienze: nel 2009 la percentuale era del 20,6%, peggiorata l’anno scorso al 23,2%. Ma nel 2019 la situazione è ulteriormente peggiorata attestandosi al 25,9%.

Il dato complessivo per certi aspetti è preoccupante, anche perché in tutte e tre le competenze dei 15enni l’Italia registra livelli superiori (cioè peggiori) alla media dei Paesi dell’Unione.

Notizia invece quasi positiva per i dati dei giovani che abbandonano prematuramente l’istruzione e la formazione (rilevazione della fascia di età 18-24 anni) per i quali l’obiettivo fissato da Lisbona è del 10%: nel 2009 in Italia erano al 19,1%, nel 2018 al 14% e nel 2019 al 13,5%. Il dato, se pur confortante, resta comunque al di sopra della media europea (10,2%).

Su questo dato è interessante rilevare la notevole differenza tra nativi italiani (11,3%) e stranieri (32,3%).

Se pur in netto miglioramento rispetto a dieci anni fa, non può certamente consolarci la percentuale di giovani italiani (fascia di età 30-34 anni) con un livello di istruzione terziaria (università) per i quali l’Europa ha fissato l’obiettivo al 40%: nel 2009 erano al 19%, nel 2018 la percentuale era salita al 26,9%, nel 2019 aveva fatto un altro piccolo passo avanti salendo al 27,6%, una percentuale ancora ben lontana dall’obiettivo fissato dall’Europa e dalla stessa media dei Paesi dell’Unione attestata al 40,3%.

Il divario con l’Europa non può non preoccupare.

Per la scolarizzazione dei bambini di 4 anni l’Italia scende per la prima volta sotto l’obiettivo fissato del 95%, fermandosi nel 2019 al 94,9%; l’anno prima era al 96,1% e nel 2009 al 99,8%.

Rapporto UE: spesa Italia su Istruzione tra le più basse in Europa

da Tuttoscuola

L’Italia investe poco nell’educazione, il digitale va così così. e il tasso di dispersione scolastica resta ancora preoccupante. I dati che arrivano dall’annuale rapporto di monitoraggio sull’educazione e la formazione, realizzato dalla Commissione europea, dal titolo Education and training monitor 2020, fotografano un Paese, l’Italia, che ha le potenzialità, ma che non si applica.

Per la precisione, nel 2020 i sistemi di istruzione e formazione dell’UE si sono trovati ad affrontare circostanze e difficoltà eccezionali. La chiusura quasi totale delle scuole durata circa due mesi e iniziata a metà marzo a causa della pandemia di Covid 19, ha coinvolto oltre 95 milioni di studenti e 8 milioni di docenti di tutti i settori e livelli dell’istruzione in tutta l’UE. Grazie agli enormi sforzi compiuti dal settore dell’istruzione, gli Stati membri dell’UE sono tuttavia riusciti a garantire la continuità dell’istruzione introducendo rapidamente l’apprendimento a distanza, spesso nell’arco di pochi giorni o settimane. Nell’autunno 2020 la stragrande maggioranza degli Stati membri ha reintrodotto l’insegnamento in presenza, nella maggior parte dei casi imponendo rigorose norme di sicurezza e prevedendo casi d’emergenza, il che ha reso il rientro difficile dal punto di vista sia pedagogico sia organizzativo. I principali problemi hanno riguardato le disparità di accesso all’apprendimento a distanza, la sua qualità, e il benessere psicofisico degli studenti.

Non si conosce ancora l’impatto della chiusura delle scuole sull’apprendimento. Poiché il ciclo di prove nazionali INVALSI del 2020 è stato annullato, in assenza di altre indagini le prime indicazioni saranno disponibili solo dopo il prossimo ciclo di prove, attualmente previsto per maggio 2021.

Leggi il report completo

Digitale

Secondo quanto si apprende dal focus, le scuole italiane sono dotate di strumenti digitali in linea con gli altri paesi dell’UE, ma sono in ritardo per quanto riguarda il livello e la velocità di connessione. Sebbene praticamente tutte dispongano di un collegamento Internet (95,4%, MIUR), solo il 26,9 % ha una connessione ad alta velocità, ben al di sotto della media UE (47 %). Il 43% dei dirigenti scolastici segnala un accesso insufficiente a Internet (OCSE, TALIS 2019) (UE-22 23,8 %). La fiducia degli studenti nelle proprie competenze digitali è paragonabile alla media UE, così come la percentuale di studenti che utilizzano settimanalmente il computer a scuola. Per contro, la percentuale di docenti che si sentono ben preparati o molto preparati a utilizzare le TIC per l’insegnamento è inferiore alla media UE-22 (il 35,6% contro il 37,5%) (OCSE, TALIS 2019). La crisi COVID-19 ha indotto il governo a incrementare gli investimenti nella digitalizzazione delle scuole. Il limitato progresso dell’innovazione digitale nell’insegnamento è in parte legato all’età media avanzata e alle scarse competenze digitali del corpo docente.

Il passaggio alla didattica a distanza dovuto al COVID-19 ha evidenziato la necessità di garantire parità di accesso a tutti i discenti, in particolare a quelli provenienti da contesti svantaggiati e già a rischio di esclusione. Da un’indagine condotta a livello nazionale dal ministero dell’Istruzione è emerso che praticamente tutte le scuole sono riuscite a realizzare attività di didattica digitale, e che solo il 2,6% degli studenti non aveva accesso ad alcuna forma di apprendimento a distanza. Tuttavia, secondo l’Istituto nazionale di statistica, nel 2019 oltre il 12% dei bambini tra i 6 e i 17 anni viveva in famiglie senza PC o tablet (e al sud la cifra saliva fino a quasi un quinto) e solo il 6% in famiglie con almeno un PC per persona. Quattro bambini su 10 vivevano inoltre in condizioni di sovraffollamento (Istat 2020). Il Consiglio dell’Unione europea ha adottato, nell’ambito del semestre europeo 2020, una raccomandazione specifica per paese destinata all’Italia per “rafforzare l’apprendimento a distanza e il miglioramento delle competenze, comprese quelle digitali” (Consiglio dell’Unione europea, 2020).

Investimenti nell’Istruzione

Nonostante un leggero aumento nel 2018, la spesa per l’istruzione in Italia rimane tra le più basse nell’UE. Nel 2018 la spesa pubblica per l’istruzione è aumentata dell’1% in termini reali rispetto all’anno precedente, ma resta ben al di sotto della media UE, sia in percentuale del PIL (il 4 % contro il 4,6 %) sia in percentuale della spesa pubblica totale, che all’8,2%, è la più bassa dell’UE (9,9%). Mentre la quota di PIL assegnata all’educazione pre-primaria, primaria e secondaria è sostanzialmente in linea con gli standard europei, la spesa per l’istruzione terziaria è la più bassa dell’UE, sia in percentuale del PIL (lo 0,3% contro lo 0,8%) sia in percentuale della spesa pubblica per l’istruzione (il 7,7 % contro il 16,4 %). È opportuno notare che, mentre la spesa pubblica per l’istruzione è diminuita complessivamente del 7 % nel periodo 2010-2018, nello stesso periodo la spesa per l’istruzione superiore è stata ridotta del 19%.

La percentuale maggiore della spesa per l’istruzione è destinata agli stipendi dei docenti. Nel 2018 oltre tre quarti del bilancio destinato all’istruzione (76%) sono stati spesi per la retribuzione dei dipendenti (contro una media UE del 65%), mentre la spesa relativa ai consumi intermedi e agli investimenti lordi si è attestata ben al di sotto della media UE (rispettivamente 10% e 3%; UE 13% e 7%).

Dispersione scolastica

Il tasso di abbandono scolastico è nuovamente in calo, ma resta tra i più alti dell’UE, soprattutto al sud e tra i giovani nati all’estero. La percentuale di giovani nella fascia di età compresa tra i 18 e i 24 anni che abbandonano precocemente l’istruzione e la formazione è stata del 13,5% nel 2019, con un calo rispetto al 14,5% dell’anno precedente che conferma la tendenza al ribasso dell’ultimo decennio. Pur essendo al di sotto dell’obiettivo nazionale del 16%, il tasso di abbandono scolastico resta ben al di sopra della media UE del 10,2% e si situa a notevole distanza dal parametro di riferimento UE 2020 del 10%. Tra le regioni i tassi variano in modo considerevole, dal 9,6% nel nord-est al 16,7% nel sud. I ragazzi hanno più probabilità delle ragazze di abbandonare la scuola prima del tempo (il 15,4% contro l’11,3%). Attestandosi al 32,5%, il tasso di abbandono scolastico per i giovani tra 18 e 24 anni nati all’estero è quasi il triplo rispetto a quello di chi è nato in Italia (11,3%) ed è notevolmente superiore alla media UE del 22,2%.

Scuola chiuse: l’84% degli studenti comincia risentirne

da Tuttoscuola

Oggi sono milioni i ragazzi che frequentano le lezioni da casa: ma come stanno vivendo gli studenti le nuove chiusure e il ritorno della didattica a distanza (DAD)? Com’è il loro umore e cosa pensano delle lezioni da casa? Studenti.it lo ha chiesto attraverso un’indagine sul sito, a cui hanno partecipato più di 30.000 studenti delle scuole superiori.   Dalla survey emerge come i ragazzi si sentano “vittime” di un sistema che – nonostante le promesse – non è stato in grado di garantire il ritorno tra i banchi. Ecco i principali highlights dell’indagine:

NUOVE CHIUSURE: L’84% DEGLI STUDENTI COMINCIA A RISENTIRNE, IL 22% SI DEFINISCE DEPRESSO 

L’84% degli intervistati da Studenti.it ammette di risentire negativamente delle nuove misure: in particolare, di questi, il 20% dei rispondenti dichiara di stare molto male psicologicamente (si definisce addirittura “depresso”), il 30% sta “male” e il 34% ha risposto “così e così. Solo il 16% degli intervistati vive bene questa situazione perché “la sua vita non è cambiata più di tanto”.

LA DAD? UNA SOLUZIONE TROVATA PER EVITARE L’AFFOLLAMENTO DEI MEZZI PUBBLICI

Gli studenti sentono di fare le spese di una cattiva organizzazione che, nonostante i mesi a disposizione e le promesse fatte, non ha consentito loro di tornare davvero a scuola. Per il 35% la didattica a distanza è solo una trovata per evitare l’affollamento dei mezzi pubblici; il 27% la giudica un modo poco efficace di far proseguire l’insegnamento, mentre per il 25% è una necessità. Solo il 13% dei rispondenti vorrebbe che questa misura proseguisse anche dopo la fine dell’emergenza.

DIDATTICA A DISTANZA: LA PERCEZIONE PEGGIORA

Il 57% degli intervistati ritiene che non ci sia nessun lato positivo nella didattica a distanza. Di questi, il 26% racconta come sia difficile mantenere l’attenzione durante le lezioni, mentre il 9% dichiara che in questa modalità i professori sono più esigenti. Il restante 43% degli studenti salva invece la DAD perché “dà meno ansia delle lezioni in presenza” (21%), “consente di non perdere tempo negli spostamenti” (20%) e trova che sia migliore perché i “prof sono meno esigenti” (2%).

DA MARZO A OGGI È CAMBIATO IL MODO DI STUDIARE 

 Il 36% degli studenti dichiara di usare di più le risorse digitali. Dall’indagine inoltre emerge che il 25% dei ragazzi ritiene di studiare meno rispetto a prima, per il 20% l’impegno non è cambiato, mentre il 19% dichiara di aver aumentato le ore di studio.

LE RISORSE DIGITALI PIÙ USATE

il 28% usa soprattutto gli appunti trovati in rete, il 17% attinge a video didattici, il 16% alle mappe concettuali e il 4% si avvale dei podcastIl 35% degli intervistati dichiara di usare tutte queste risorse insieme.

DELLA SCUOLA IN PRESENZA MANCA SOPRATTUTTO IL RAPPORTO UMANO

Il 36% degli studenti dichiara che della didattica in presenza gli manca tuttoil 39% sente soprattutto la mancanza del rapporto umano con professori e compagni e l’11% ha nostalgia della normale routine del periodo pre lockdown. Solo al 14%, invece, non manca nulla.