Diritti e Tutele in caso di malattie oncologiche


Invalidità e disabilità oncologica: una guida alle agevolazioni e tutele previste

da Disabili.com del 11/11/2020

Dai permessi e assenze per malattia, alle prestazioni pensionistiche e previdenziali a quelle economiche legate all’invalidità civile, una sintesi dalla guida INPS dedicata a diritti e tutele per malati oncologici

In caso di malattia oncologica la legge garantisce una serie di tutele, aiuti e agevolazioni che hanno l’obiettivo di supportare la persona e la sua famiglia, alleviando in parte le numerose incombenze quotidiane.
I malati oncologici, ad esempio, in base alla gravità della loro condizione, possono avere diritto ai benefici correlati al riconoscimento della Legge 104, all’invalidità e ai sostegni ad essa correlati sopra una certa percentuale di invalidità, all’esenzione del ticket e alle spese dei farmaci, all’iscrizione alle liste del collocamento mirato, al contrassegno auto per disabili.

Invitandovi anche alla lettura del nostro articolo dedicato alla disabilità oncologica, qui di seguito facciamo una veloce carrellata, sintetizzando i contenuti della nuova guida INPS su diritti e tutele per malati oncologici, pubblicata ad ottobre 2020.

PERMESSI, ASSENZE E MALATTIA
Assenze
I lavoratori che si assentano dal lavoro per malattia oncologica hanno diritto alla conservazione del posto di lavoro per il periodo di comporto; in alcuni casi, in particolare nel lavoro pubblico, i giorni di assenza per sottoporsi alle cure possono essere esclusi dal computo dei giorni di assenza per malattia.

Permessi
Se al lavoratore è stata riconosciuta la Legge 104 (art. 3 comma 3), ha diritto a:
– 3 giorni di permesso mensile, frazionabili in ore;
-2 ore al giorno di permesso (1, se l’orario di lavoro è inferiore a 6 ore)
La lavoratrice o il lavoratore che presta assistenza ha diritto a 3 giorni di permesso mensile, frazionabili in ore.

Congedo retribuito
Se al lavoratore è stata riconosciuta l’invalidità civile con riduzione della capacità lavorativa superiore al 50% può beneficiare, anche in maniera non continuativa, di un congedo per cure per un periodo non superiore a 30 giorni nel corso dell’anno.

Congedo non retribuito di 2 anni
La legge n. 53/2000 ha introdotto la possibilità di usufruire di un congedo di due anni, continuativo o frazionato, per “gravi motivi familiari” (decessi, malattie gravi di familiari). Il congedo garantisce al dipendente la conservazione del posto di lavoro senza retribuzione. Inoltre tale periodo non è computato nell’anzianità di servizio né ai fini previdenziali.

Congedo retribuito di 2 anni
I familiari di persone con handicap grave (art. 3 comma 3 della Legge 104/92) possono usufruire del congedo retribuito di due anni per assistere il congiunto. Lo prevede l’articolo 42, comma5 del D.Lgs 151/2001.

PRESTAZIONI PENSIONISTICHE E PREVIDENZIALI

Assegno ordinario di invalidità
I lavoratori dipendenti, autonomi (artigiani, commercianti, coltivatori diretti, coloni e mezzadri) o iscritti alla gestione separata con capacità lavorativa ridotta a meno di un terzo a causa di infermità fisica o mentale possono richiedere l’assegno ordinario di invalidità. E’ necessario aver maturato almeno 260 contributi settimanali (5 anni) di cui 156 (3 anni) nei 5 anni precedenti la domanda.

Pensione di inabilità
1. per i dipendenti pubblici (legge 335/1995)
I dipendenti pubblici iscritti alle forme di previdenza esclusive dell’Assicurazione Generale Obbligatoria (AGO) che, in seguito alla visita da parte della competente commissione medica siano stati riconosciuti «nell’assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa». Hanno diritto alla pensione d’inabilità, in presenza di questi altri requisiti:
• anzianità contributiva di cinque annidi cui almeno tre nel quinquennio precedente la decorrenza del trattamento pensionistico;
• risoluzione del rapporto di lavoro per infermità non dipendente da causa di servizio.

2. per i dipendenti privati e per i lavoratori autonomi iscritti all’Inps
La pensione di inabilità spetta, a domanda, all’assicurato o al titolare di assegno di invalidità che, a causa di infermità o difetto fisico o mentale, si trovi nell’assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa. Anche qui è necessario aver maturato almeno 260 contributi settimanali (5 anni) di cui 156 (3 anni) nei 5 anni precedenti la domanda.

Pensione di inabilità ordinaria per i dipendenti pubblici (art. 42 del DPR n. 1092/1973 e art. 7 legge n. 379/1955
La pensione di inabilità è riconosciuta ai dipendenti pubblici iscritti alle forme di previdenza esclusive dell’As-sicurazione Generale Obbligatoria (AGO)che, in seguito alla visita da parte della Commissione Medica competente (ASL, CMV, CMO) siano stati riconosciuti “inabili assoluti e permanenti a qualsiasi proficuo lavoro ovvero alle mansioni svolte” e che abbiano:
• riconoscimento dello stato di “assoluta e permanente impossibilità a svolgere qualsiasi proficuo lavoro ovvero alle mansioni svolte”.
• anzianità contributiva di almeno 19 anni, 11 mesi e 16 giorni se il giudizio del verbale di visita medica è limitato alle “mansioni svolte”;
• anzianità contributiva di 14 anni, 11 mesi e 16 giorni nel casoin cui l’inabilità sia “assoluta e permanente a qualsiasi proficuo lavoro”.

RICONOSCIMENTO DELL’INVALIDITÀ CIVILE

Ci sono una serie di prestazioni economiche erogate dall’INPS legate alla percentuale di invalidità che viene attribuita alle persona ammalata: scattano a partire dal 74% di invalidità in su.

Con percentuali inferiori è possibile accedere a prestazioni di natura non economica (protesi ed ausili ortopedici, esenzione dal ticket sanitario) per le quali sono competenti enti diversi (ASL, Agenzia delle Entrate).
Per dare avvio al processo di accertamento dello stato di invalidità civile occorre recarsi dal proprio medico di base e chiedere il rilascio del certificato medico introduttivo che attesti la natura delle patologie invalidanti: tale certificato viene inviato telematicamente dal medico alla struttura territoriale Inps in cui l’interessato ha la residenza.Una volta ottenuto il certificato medico, è possibile presentare la domanda di riconoscimento di invalidità civile all’Inps entro 90 giorni, cui seguirà visita.In caso di malattia oncologica, la legge prevede un iter accelerato per l’accertamento dell’invalidità civile e dell’handicap (legge 80/2006).mLa visita deve infatti effettuarsi entro 15 giorni dalla domanda e gli esiti sono immediatamente produttivi dei benefici che da essi conseguono.
Le domande di accertamento presentate dai malati oncologici, se complete della documentazione sanitaria necessaria, possono essere validate agli atti dalla competente Commissione medico legale, senza necessità di effettuare l’accertamento sanitario in presenza.

Prestazioni economiche legate all’invalidità civile

Assegno mensile
Le persone tra i 18 e i 67 anni, con percentuale di invalidità compresa tra il 74% e il 99%, che abbiano un reddito inferiore alle soglie previste annualmente dalla legge, hanno diritto all’assegno mensile. Per il 2020 l’importo dell’assegno è di 286,81 euro per 13 mensilità. Il limite di reddito personale annuo è pari a 4.926,35 euro.

Pensione di inabilità per invalidi civili
Le persone tra i 18 e i 67 anni in stato di bisogno economico e con una inabilità lavorativa totale (100%) e permanente (invalidi totali), possono presentare domanda di pensione di inabilità, che per il 2020 è di 286,81 euro per 13 mensilità con un limite di reddito personale annuo pari a 16.982,49 euro.
Dalla rata di novembre 2020 per coloro che hanno una soglia di reddito annuo personale pari a 8.469,63 euro (che sale a 14.447,42 euro, cumulato con il coniuge, nel caso in cui il soggetto sia coniugato).
scatta il diritto alla maggiorazione, che può incremento fino a 651,51 euro per 13 mensilità (si vedano i nostri articoli dedicati).

Indennità di accompagnamento
Per chi è stato riconosciuto totalmente inabile (100%) per minorazioni fisiche o psichiche, ed è impossibilitato a deambulare autonomamente senza l’aiuto permanente di un accompagnatore oppure a compiere gli atti quotidiani della vita senza un’assistenza continua c’è la possibilità di presentare domanda di indennità di accompagnamento. Viene erogata indipendentemente dal reddito, e per il 2020 è di 520,29 euro.

Prestazioni non economiche legate all’invalidità civile e all’handicap

Assistenza sanitaria
I malati oncologici hanno diritto all’esenzione totale dal ticket per le prestazioni sanitarie necessarie al monitoraggio delle loro patologie, nonché per visite specialistiche, esami di laboratorio, strumentali o diagnostici e per l’acquisto di farmaci.
Se riconosciuti invalidi al 100% hanno diritto all’esenzione totale dal pagamento per farmaci e visite per qualunque patologia.

Collocamento obbligatorio
Le persone con un’invalidità superiore al 45% hanno diritto all’iscrizione nelle liste speciali del collocamento

Inoltre, se espressamente previsto nel verbale sanitario di riconoscimento dell’invalidità o handicap (Legge 104), possono avere diritto a:
– contrassegno disabili rilasciato dalla ASL
– detrazioni per figli a carico
– detrazioni per le spese mediche
assistenza personale per chi non è autosufficiente;
Iva agevolata su ausili tecnici e informatici;
– agevolazioni per non vedenti;
agevolazioni sulle ristrutturazioni per eliminare barriere architettoni-che;
agevolazioni sull’acquisto dell’auto;
– calcolo dell’imposta di successione e donazioni con aliquote differenti

Invalidità civile, Legge 104 e diritti dei malati rari: online la guida gratuita dello Sportello Legale OMaR 

Osservatorio Malattie Rare del 11/11/2020

Ho una malattia rara, ho diritto all’invalidità civile? In che percentuale? E se ho un tumore raro? Ho diritto a una pensione? Posso assentarmi dal lavoro per assistere mio figlio? Ho diritto a fare ricorso? Per rispondere a queste e molte altre domande, è nata la prima pubblicazione della collana “Dalla Parte dei Rari” intitolata “Invalidità civile e Legge 104, tutti i diritti dei malati rari”, frutto del lavoro del team dello Sportello Legale di Osservatorio Malattie Rare. La Guida, realizzata grazie al contributo incondizionato di Alexion, Alnylam, Amicus, Pfizer e Sobi, è scaricabile gratuitamente in formato pdf, stampabile ad uso domestico.

La Guida è tarata specificamente sulle difficoltà che più frequentemente i malati rari incontrano quando si tratta di ottenere i propri diritti: invalidità civile non riconosciuta a causa di una patologia poco nota, con conseguente mancata erogazione delle prestazioni economiche di diritto; difficoltà di ottenimento di diritti sul fronte lavorativo (soprattutto per i caregiver e i pazienti oncologici) e scolastico (specie in questo delicatissimo momento storico), legati alla Legge 104. Ma anche difficoltà di accesso alle esenzioni e agevolazioni fiscali.

La pubblicazione, curata da Ilaria Vacca, vuole fornire risposte chiare alle domande dei pazienti affetti da malattie e tumori rari e delle loro famiglie. I testi, redatti con la collaborazione di Alessandra Babetto, Valentina Lemma e Roberta Venturi, illustrano analiticamente tutte le fasi dell’ottenimento dei diritti esigibili.

La Guida “Invalidità civile e legge 104, tutti i diritti dei malati rari” è il primo volume della neonata collana “Dalla Parte dei Rari”, frutto del lavoro del team dello Sportello Legale OMaR, attivato nel 2018, che fino ad oggi ha erogato più di 200 consulenze personalizzate ma ha anche risposto a migliaia di domande legate all’emergenza Covid. In questi mesi caratterizzati dalla pandemia il team dello Sportello, sotto la responsabilità dell’avvocato Roberta Venturi, ha anche gestito migliaia di richieste pervenute da persone in condizione di fragilità, malati rari e non solo.

Il volume, scaricabile gratuitamente a questo link e a cui ha collaborato ANFFAS – Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale – nella sezione dedicata ai diritti scolastici, è dunque aggiornato anche con i temi dell’attualità. Si tratta, però, di una normativa emergenziale e quindi per sua natura in perenne evoluzione. Le informazioni più importanti sono state raccolte nella guida, ma suggeriamo caldamente l’iscrizione alla nostra newsletter settimanale per ulteriori aggiornamenti.

La Guida è stampabile per uso domestico e scaricabile unicamente dal portale di OMaR. Ogni uso diverso della stessa dovrà essere preventivamente approvato. La Guida è disponibile anche in formato per la stampa tipografica. Eventuali richieste possono essere indirizzate alla mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Scuole chiuse!

È il momento della responsabilità e delle decisioni: scuole chiuse!

Di fronte all’incontrollato aumento dei contagi da Coronavirus e alle immani difficoltà sanitarie, non possiamo nascondere che la scuola sia uno degli elementi critici sul quale fare opportune e concrete valutazioni.

Noi riteniamo – e scandisce bene le parole Ornella Cuzzupi, Segretario Nazionale UGL Scuola- il valore della didattica e dell’insegnamento un bene principe e fondamento della società. Il rapporto diretto alunno-docente è senza dubbio una ricchezza da preservare, ma questo non può, né deve, essere il motivo per offrire alibi a chi si rifiuta di vedere i drammatici risvoltiche la pandemia da covid19 sta procurando al Paese.”

Occorre prendere atto che, nonostante il grande senso di responsabilità mostrato da Dirigenti Scolastici, studenti e personale tutto, il distanziamento completo a scuola è, e resta, una chimera. L’uso dei servizi igienici, la mensa, la ricreazione sono momenti e luoghi che non possono essere resi del tutto asettici e scevri da rischio. Senza parlare del “fuori scuola”, dell’utilizzo forzato delle mascherine e della limitazione del rapporto umano con gli insegnanti che per i più piccoli rappresenta, questo sì, un trauma.

Il Governo stesso con i suoi provvedimenti “a metà” ha ammesso il rischio che si corre pur arrampicandosi sugli specchi per giustificare decisioni che nascondono altre necessità che poco hanno a che vedere con l’importanza della didattica e del mezzo educazionale.

Dunque, fermo restando le problematiche legate ai trasporti, resta del tutto incomprensibile come l’esigenza di procedere con la didattica a distanza non debba essere avvertita nei riguardi degli altri ordini di scuola che, per proprie peculiarità, sono forse più soggette a facili contagi.

“La verità è che si è investito poco o nulla negli strumenti necessari alla didattica a distanza e che si teme una crisi sociale ancor più violenta non essendo stati in grado di prevenire una simile situazione d’emergenza, ma questa incapacità e inefficienza non può ricadere su studenti e personale. Se le scuole resteranno ancora aperte – continua Ornella Cuzzupi –  è facile ipotizzare un tracollo di presenze tra alunni e docenti, che inevitabilmente porterà alla paralisi del sistema senza che ne sia stato tratto il pur minimo beneficio, anzi con un ulteriore aumento dei contagi. È quindi il momento che Premier e Ministri competenti la smettano di nascondersi dietro a posizioni opportunistiche e pensino al bene del Paese assumendosi le necessarie responsabilità.”

 Federazione Nazionale UGL Scuola    

 Il Segretario Nazionale

 Ornella Cuzzupi

NECESSARIO FOCUS ISS SU SCUOLA

COVID, DI MEGLIO: SERVONO DATI COMPLETI, NECESSARIO FOCUS ISS SU SCUOLA

Grande partecipazione all’assemblea online che si è svolta questa mattina: 5.000 i docenti collegati in videoconferenza da tutta Italia

“Sui numeri dei contagi nelle scuole continua a mancare chiarezza. La ministra Azzolina riferisce percentuali che non aiutano a comprendere l’effettiva portata del contagio negli ambienti scolastici. Occorrono dati completi, non parcellizzati, in grado di fotografare con la massima precisione possibile la reale situazione epidemiologica, così da poter assumere, sulla base di dati scientifici autorevoli, le decisioni che servono per tutelare e conciliare il diritto alla salute con quello all’istruzione, entrambi sanciti costituzionalmente. Chiediamo, perciò, all’Istituto Superiore di Sanità, che settimanalmente redige e pubblica un rapporto complessivo, di realizzare quanto prima un focus specifico sulla scuola e di renderne noti i risultati”. Così Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti, commenta le dichiarazioni della titolare di viale Trastevere alla trasmissione Radio Anch’io.

“Sarebbe poi interessante capire – aggiunge Di Meglio partecipando all’assemblea online indetta dalla Gilda di Bologna, alla quale hanno preso parte in videoconferenza 5.000 docenti collegati da tutta Italia, – cosa emerge dal monitoraggio avviato oltre un mese fa dal ministero dell’Istruzione attraverso i questionari che ogni settimana i dirigenti scolastici devono compilare sul portale Sidi per segnalare le criticità delle scuole. Non vorremmo che questa operazione si risolvesse come quella del famoso cruscotto informativo, decantato come strumento utilissimo e di cui, però, si sono perse le tracce”.

Forte la preoccupazione, espressa dagli insegnanti che hanno preso parte all’assemblea, per l’assenza di idonee misure di sicurezza. A levare un grido di aiuto, soprattutto i docenti della scuola dell’infanzia. C’è chi segnala che, in deroga al distanziamento sociale, è costretto a lavorare in classi di 30 persone in ambienti angusti e che l’aria dopo mezz’ora non è più respirabile. ​Numerose le critiche rivolte ai banchi a rotelle, in molti casi accatastati e non usati perché con superfici troppo piccole per ospitare libri e quaderni. E poi si registrano casi dove i banchi con le rotelle sono stati sistemati nelle prime due file, mentre il resto dell’aula è occupato dai banchi standard. “Ma che senso ha a livello didattico? E per il distanziamento?”, si domandano i docenti.

​Gli insegnanti hanno fatto sentire la loro voce anche sul fronte contrattuale in riferimento al CCNI sulla DDI, evidenziando casi di scuole dove si definiscono unità orarie di 45 minuti per un massimo di 20 ore settimanali per le classi finali in DDI e invece se ne fanno 30. “Per chi insegna in più classi si pone il problema di una DaD infinita con orari massacranti”, lamentano in molti.

Stretta sulle lezioni online dei prof: l’orario settimanale va garantito al 100%

da Il Sole 24 Ore

di Eugenio Bruno

A quattro giorni dall’avvio in tutte le scuole italiane della didattica a distanza al 100% arrivano nuovi “paletti” del ministero dell’Istruzione alle lezioni online dei prof. A cominciare dall’obbligo di rispettare lo stesso orario di lavoro settimanale previsto per l’attività in presenza. E passando poi per la precisazione che con l’isolamento fiduciario si lavora (chiaramente da casa) mentre con la positività certificata no. A disporlo è una nuova circolare ministeriale che riconosce il diritto alla “pausa” per gli alunni, anche in presenza di moduli orari inferiori ai 60 minuti.

Le nuove istruzioni di Viale Trastevere
L’antefatto è politico e merita di essere raccontato. Dopo un braccio di ferro durato un paio di settimane è stato raggiunto l’accordo sul contratto integrativo per la didattica digitale integrata (la cosiddetta “Ddi” che ha sostituito anche nel nome la Dad). Dopo la firma della Cisl Scuola e dell’Anief nei giorni scorsi è arrivata anche quella della Flc Cgil. Il Ccnl disciplina le modalità di lavoro “ a distanza” dei docenti finché perdura lo stato d’emrgenza dichiarato dal governo. Recependo ampiamente le indicazioni che il ministero aveva fornito ad agosto con delle linee guida e che costituiscono l’oggetto di una nuova circolare ministeriale.

L’obbligo di rispettare l’orario settimanale
Una prima precisazione riguarda l’orario di lavoro. Le linee guida – che ogni scuola ha dovuto seguire nell’emanazione a inizio anno scolastico del piano per la didattica digitale integrata (Piano Ddi) da adottare in caso di lockdown locale o nazionale – fissavano un monte orario minimo di lezioni: 10 in prima elementare, 15 dalla seconda primaria alla terza media, 20 alle superiori. Ma adesso arriva la precisazione che tutti i docenti devono svolgere il loro orario settimanale completo. Quindi, il programma delle lezioni resta lo stesso di quando si era tutti in classe.
A tal proposito la nota ministeriale specifica «che il personale docente è tenuto al rispetto del proprio orario di servizio, anche nel caso in cui siano state adottate unità orarie inferiori a 60 minuti, con gli eventuali recuperi, e alle prestazioni connesse all’esercizio della professione docente, nelle modalità previste dal Piano Ddi». In pratica, ogni docente, da un alto, «assicura le prestazioni in modalità sincrona (in diretta, ndr) al gruppo classe o a gruppi circoscritti di alunni della classe» e, dall’altro, integra tali attività in modalità asincrona» (in differita, ndr) a completamento dell’orario settimanale di servizio». Utilizzando – ed è un altro chiarimento – il registro elettronico per rilevare le presenze.

Stop alle lezioni solo con positività certificata
All’interno del documento c’è un altro passaggio molto atteso dagli insegnanti. E riguarda il luogo dove svolgere le lezioni. Non per forza dovranno recarsi a scuola: toccherà infatti al dirigente scolastico decidere caso per caso, eventualmente «autorizzando l’attività non in presenza, e garantendo che la prestazione lavorativa sia comunque erogata». E sempre il preside dovrà verificare che tutto il personale docente abbia uno strumento digitale con cui fare lezione. Con un occhio di riguardo per i supplenti che, in quanto tali, non percepiscono il bonus formazione da 500 euro con cui molti insegnanti hanno acquistato un Pc o un tablet. E che, dunque, potrebbero avere bisogno di un computer in comodato d’uso.
Molto attesa era anche la precisazione sul caso in cui si è tenuti comunque a lavorare da casa. Ebbene, con la semplice quarantena o isolamento fiduciario la prestazione lavorativa va resa. Con la positività certificata invece no.

Il diritto alla pausa per gli alunni
Nel ribadire che anche nelle modalità a distanza i prof mantengono il diritto alle assemblee sindacali durante l’orario di lavoro, la circolare ricorda che le riunioni degli organi collegiali devono svolgersi da remoto. E si sofferma poi sugli alunni. Per sottolineare che hanno diritto a una pausa per valorizzare la loro capacità di attenzione. Una possibilità da riconoscere – si legge ancora – «anche nel caso siano state adottate unità orarie inferiori a 60 minuti».

La scuola teme lo stop. Intanto il ministero presenta ricorso contro la Puglia e la Basilicata pensa di chiudere tutto

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

Mentre altre quattro Regioni (Emilia, Campania, Friuli e Veneto) sono in bilico si comincia a ragionare cosa fare della scuola nel caso malaugurato sia necessario prevedere un nuovo lockdown generalizzato. La ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina, che dopo aver organizzato il rientro in classe tutta l’estate, ha difeso in queste settimane con le unghie e con i denti la presenza dei ragazzi a scuola – dovendosi arrendere in alcune realtà come la Campania dove il presidente De Luca con varie ordinanze ha stabilito la didattica a distanza per tutti – è prevedibile che continui a chiedere che i ragazzi fino alla prima media possano frequentare gli istituti, come avviene attualmente anche nelle cosiddette zone rosse (Lombardia, Piemonte e Calabria). Dalla sua parte è il premier Giuseppe Conte, ma l’ala più rigida del Pd con il ministro della Cultura Franceschini e il ministro della Salute Speranza chiederanno molto probabilmente la chiusura anche delle scuole, come avvenne nel marzo scorso.

Si vedrà a quel punto cosa deciderà il Consiglio dei ministri, tenendo conto che Italia Viva è da sempre contraria alla chiusura delle scuole e che all’estero la gran parte dei Paesi europei, pur prevedendo lockdown più o meno rigidi, hanno lasciato aperte scuole, università e perfino le biblioteche.

Ieri intanto anche il presidente della Regione Basilicata, Vito Bardi, ha detto che sta valutando l’introduzione della didattica a distanza per tutti gli studenti, anche quelli delle elementari e delle medie, mentre continua la battaglia tra il ministero dell’Istruzione e la Regione Puglia: il primo si è costituito nel giudizio in corso dinanzi al Tar Puglia sull’ordinanza regionale che da fine ottobre ha disposto la didattica a distanza anche nelle scuole elementari e medie. Il procedimento nasce dal ricorso del Codacons Lecce e di alcuni genitori di figli in età scolare che hanno chiesto l’annullamento della delibera regionale ottenendone la sospensione.

Dopo la sospensione decisa dal Tar venerdì scorso, il governatore Emiliano ha emesso una nuova ordinanza che, in sostanza, consente alle famiglie di scegliere se mandare i figli a scuola o far seguire loro le lezioni da casa.

«Sulle scuole il governo è tutt’altro che pilatesco – ha detto ieri la viceministra dell’istruzione, Anna Ascani – E’ vero il contrario, noi abbiamo già forzato la mano con un decreto del presidente del Consiglio molto chiaro. Ci sono solo due regioni nelle quali i presidenti ritengono che queste misure non siano sufficientemente strette per contenere la pandemia, è questa la ragione per cui intervengono».

Scuola e Covid19: Emilia Romagna, Lombardia e Toscana regioni con più alta densità di alunni per classe

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

A fronte di una media nazionale di 20,34 alunni per classe (dati ministero dell’Istruzione), l’Emilia-Romagna è la regione con la più alta densità di alunni (21,86) seguita da Lombardia (21,44) e Toscana (21,24) mentre le classi meno “affollate” si trovano in Molise (17,73), Basilicata (18,06) e Calabria (18,13). È quanto emerge da un’analisi condotta da Das(gruppo Generali), compagnia specializzata nella tutela legale che sta registrando in questo periodo una crescita di richieste per Difesa Scuola, copertura rivolta a dirigenti scolastici, personale docente e non docente ma anche ad allievi e genitori che svolgono il ruolo di membri di diritto degli organi collegiali.

«In tempo di Covid – afferma Roberto Grasso, director & general manager di Das – la necessità di rispettare le distanze di sicurezza nelle scuole per contenere i contagi, ha aumentato notevolmente le responsabilità e i rischi per i dirigenti scolastici e per tutte le figure professionali che sono la colonna portante del sistema educativo e che devono poter svolgere la propria attività con serenità garantendo lo svolgimento delle lezioni in sicurezza. Da sempre – prosegue Grasso – siamo molto vicini al mondo della scuola e alle dinamiche che lo riguardano. Oggi più che mai offrire una tutela ai dirigenti e non solo, è un presupposto essenziale per garantire un buon funzionamento delle attività scolastiche e un sano percorso formativo alle nuove generazioni».

In un contesto come quello attuale, condizionato dalla pandemia, Difesa Scuola di Das tutela dal punto di vista legale dirigenti scolastici, personale docente e non docente, allievi e genitori, sia in casi di procedimento penale, sia per far valere le proprie ragioni in caso di danni subiti per fatto illecito di terze parti, o ancora per presentare ricorso contro una sanzione amministrativa ritenuta ingiusta.

Sia all’interno, sia all’esterno degli istituti scolastici, è richiesto, per tutti, di agire nel pieno rispetto di quanto disposto dai Dpcm relativamente alla sanificazione e igienizzazione degli ambienti, all’uso dei dispositivi di protezione, alla misurazione della temperatura, al distanziamento durante l’ingresso negli edifici, sugli scuolabus, e in aula.In ambito civile, le garanzie previste da Difesa Scuola sono attive anche per quanto riguarda la circolazione stradale, in caso di vertenze scaturite nel tragitto da casa a scuola e viceversa e nei trasferimenti in gruppo, in occasione di viaggi di istruzione e di visite e uscite didattiche in genere, seppur attualmente sospese dall’ultimo decreto emanato.

Difesa Scuola garantisce anche un servizio di consulenza telefonica, tramite numero verde, per avere il parere immediato ed esperto di avvocati specializzati in caso di dubbi di natura legale.

Il “Movimento avanguardie educative” di Indire compie sei anni

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

Il “Movimento avanguardie educative” di Indire festeggia sei anni di attività nelle scuole italiane. Nato il 6 novembre nel 2014 a Genova su iniziativa di Indire e di un primo gruppo di 22 scuole italiane, oggi il Movimento conta 1.175 istituti scolastici, di cui 322 al Nord, 276 al Centro e 577 al Sud.

L’obiettivo principale di Avanguardie educative è di individuare, diffondere e portare a sistema pratiche e modelli educativi, già attivi o sperimentati, consentendo agli istituti scolastici che fanno parte della rete di intraprendere un percorso di trasformazione dell’organizzazione della didattica, del tempo e dello spazio del fare scuola.

Le scuole che aderiscono al Movimento sperimentano una o più tra le 18 idee presenti nella “Galleria delle Idee per l’Innovazione”, un luogo dove sono raccolte esperienze verificate direttamente nelle scuole italiane e che sono oggetto di ricerca continua per Indire.

L’innovazione si realizza attraverso pratiche e modelli educativi che provengono dagli istituti scolastici, trasferibili e sostenibili in altri contesti.

«Avanguardie educative è una sfida lanciata nel 2014 dall’Istituto – dichiara Giovanni Biondi, presidente di Indire – in un momento in cui era necessario ripensare il modello scolastico. Il Movimento nasce dall’iniziativa di Indire e di 22 istituti scolastici, tra i più innovativi in Italia, promotori di una spinta ‘dal basso’ per portare a sistema pratiche e modelli educativi per ripensare l’organizzazione della didattica, del tempo e dello spazio del fare scuola. In soli sei anni, sono 1.175 le scuole che hanno aderito al “Manifesto”, avviando forme di collaborazione tra gli istituti. La rete delle Avanguardie educative, in collaborazione con il Movimento piccole scuole ed eTwinning, ha fornito il suo contributo al ministero dell’Istruzione durante l’emergenza sanitaria, avviando in poco tempo oltre 200 webinar formativi rivolti agli insegnanti e ai dirigenti scolastici per fornire soluzioni efficaci per la didattica a distanza e per gli aspetti organizzativi della scuola. Questa esperienza – conclude Biondi – ha permesso a oltre 45.000 docenti di formarsi e ad altri 85.000 di accedere alle registrazioni nelle settimane successive».

Da un progetto di ricerca-azione nato nelle e con le scuole, Avanguardie educative si è trasformato nel tempo in un Movimento aperto a tutti gli istituti scolastici italiani. Dal 2016, è inserito tra le attività per il supporto ai processi di innovazione della scuola sostenute dai Fondi Strutturali Europei 2014-2020 ed è stato selezionato come buona pratica di “ecosystem” nella Conferenza internazionale annuale promossa da European Schoolnet.

Sempre da European Schoolnet, in occasione del suo 20° anniversario, è stato pubblicato l’Open Book of Educational Innovation, un documento nel quale sono state raccolte le iniziative più significative a livello di stati membri a sostegno dei processi d’innovazione e di trasformazione dell’educazione e fra queste anche quella del Movimento «Avanguardie educative».

La natura dinamica del Movimento, che richiede una costante rimodulazione delle azioni di supporto alle scuole che fanno parte della Rete, ha portato nel 2019 alla nomina di 27 scuole polo regionali (quest’anno sono 38) che costituiscono il punto di riferimento sui territori locali per la governance e la diffusione dell’innovazione.

Nel 2020 le prime tre pubblicazioni sono dedicate ai risultati della ricerca sulle Idee di innovazione promosse dal Movimento: “Dialogo euristico”, “Mltv – Rendere visibile pensiero e apprendimento”, “Dentro e Fuori la Scuola – Service learning”, per l’editore Carocci.

Puglia, quando è il Tar a decidere chi va a scuola

da ItaliaOggi

Roberto Ciccarelli

Al tempo del Covid andare o non andare a scuola, fare didattica a distanza o in presenza, lo decide il Tribunale amministrativo regionale (Tar), ultima istanza a cui si rimettono il governo e le regioni. È questa l’ultima stazione di un conflitto che sta contrapponendo da piùdi una settimana la regione Puglia governata da Michele Emiliano (Pd) e la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina (M5S) e quello degli Affari regionali Francesco Boccia (Pd).

Dopo avere ceduto al Tar di Bari che ha dato ragione al «Dpcm» del governo che impone la presenza in classe fino alle scuole medie nelle regioni «arancioni» come la Puglia, Emiliano ha emesso un’ordinanza in cui autorizza il ritorno in aula ma consiglia ai genitori di tenere a casa i figli. E ha chiesto al Tar di anticipare al 18 novembre l’udienza in cui tornerà a esprimersi su un’ordinanza precedente che ha chiuso le scuole.

A sostegno della legittimità di questo atto ieri Emiliano ha citato la sentenza di un’altra sezione del Tar pugliese, quella di Lecce, e la sentenza del Tar di Napoli che ha confermato la decisione del presidente campano Vincenzo De Luca di chiudere le scuole anche se la regione è «gialla». Nelle ultime ore la ministra Azzolina ha adombrato la possibilità di impugnare le decisioni di Emiliano. Dove? Davanti al Tar. Sempre che nel frattempo non sarà stato dichiarato il lockdown totale, si tratterà a quel punto di capire a quale giurisprudenza sarà data ragione: al Tar di Bari, di Lecce, di Napoli, oppure? In ogni caso, fanno sapere dal Ministero, «verrà formalizzata una richiesta di ritiro o revisione dell’ordinanza regionale che tenga conto di quanto previsto dal Dpcm».

In questo corto circuito politico-amministrativo le responsabilità del governo e delle regioni sono scaricate sulle spalle dei presidi e dei genitori. Se a quest’ultimi spetta la decisione di mandare, o meno, i figli alla scuola dell’obbligo, ai primi spetta il compito di garantire a quelli che non vanno a scuola la didattica a distanza(«Dad»). Non è escluso nemmeno un conflitto di tutti contro tutti. Ieri Emiliano ha detto che i genitori «hanno il pieno diritto di pretendere la Dad» e che in mancanza «potranno segnalare le omissioni al prefetto, all’Ufficio scolastico regionale e a me». In questo modo si rischia di scaricare sui presidi i problemi infrastrutturali che hanno reso inaccessibile la «Dad» a molti studenti.

La scuola non è più sicura, in un mese oltre 73 mila ragazzi contagiati

da ItaliaOggi

Emanuela Micucci

Il virus corre tra i banchi. Nell’ultimo mese 73.489 ragazzi tra 0 e 18 anni di età sono risultati positivi al covid-19. Questa fascia di età, la stessa della popolazione scolastica, infatti, rappresenta il 14,4% dei 510.347 nuovi casi in Italia negli ultimi 30 giorni. È quanto emerge dai dati epidemiologici dell’istituto superiore di sanità (Iss). In particolare, analizzando i report settimanali dell’Iss sulla situazione in Italia, si nota come l’aumento dei contagi tra i minorenni sia costante. Con un balzo ben del 496,6% tra il 25 agosto e il 27 ottobre, 4 volte superiore all’incremento medio di tutte le età. In particolare, nell’ultimo rapporto disponibile al momento in cui chiudiamo questo numero di ItaliaOggi, relativo ai casi diagnosticati tra il 12 e il 25 ottobre, ben 27.131 positivi sono bambini e ragazzi di età scolare, il 16,1% di tutti i 168.518 casi del periodo. Percentuale che era il 12,8% tra il 17 e il 30 agosto, cioè 1.826 casi dei 14.268 contagi totali. Per aumentare al 13,5% nel periodo 7-20 settembre, quando le scuole hanno iniziato a riaprire, pari a 2.553 casi dei 18.915 totali. Mentre era salita al 17,3% nel periodo 5-18 ottobre, cioè 15.235 positivi nella fascia di età scolare dei totali 88.066 casi. Tanto che ormai Alberto Villani, presidente della Società italiana di pediatria e membro del Cts, ammette che, aumentata da metà settembre, «adesso la percentuale dei contagi tra bambini e ragazzi in età evolutiva (0-18 anni) è in linea con quella dell’età generale della popolazione». Non solo. Secondo le elaborazioni di ItaliaOggi sui dati di Epicentro.iss.it nell’ultima settimana i contagiati tra 0 e 18 anni sarebbero ben 25.741, pari a ben il 35,03% di tutti i casi in quella fascia di età negli ultimi 30 giorni: in media 18.372 contagiati a settimana nell’ultimo mese, +6.435 rispetto alla media settimanale negli ultimi 3 giorni del 2 novembre.I report dell’Iss contengono anche una tabella con la distribuzione dei casi e dei decessi per fascia di età e sesso.

I ragazzi di età scolare sono divisi in due gruppi. 0-9 anni, corrispondente agli alunni di nidi, materna e (quasi tutta la) primaria, e 10-19 anni, la popolazione studentesca di medie e superiori. A fine agosto i bambini tra 0 e 9 anni positivi dall’inizio della pandemia erano 3.434, a fine ottobre 17.115: +13.681, pari a un aumento del 398,4%.

I ragazzi contagiati tra 10 e 19 anni a fine agosto erano 7.495, a fine ottobre 39.862: ben +32.367, pari al +431,8%. Rispettivamente, quindi, risultano positivi al covid-19 lo 0.35% dei 4.952.716 bambini fino a 9 anni, e il 0,69% dei 5.766.988 ragazzi tra i 10 e i 19 anni. In totale, quindi, dall’inizio dell’emergenza sanitaria in Italia sono risultati positivi 56.977 minorenni, lo 0.53% dei ragazzi tra 0 e 19 anni. A cui andrebbero aggiunti quelli stimati dell’ultima settimana, raggiungendo così quota 82.718 ragazzi in età scolare, lo 0,77% dei minorenni italiani.

Non tutti frequenteranno la scuola, ma la netta maggioranza è costituita da alunni, considerando l’obbligo scolastico fino 16 anni (dalla primaria alle II superiore) e la totalità di bambini che frequenta la materna (3-5 anni). Non tutti saranno stati infettati dentro la scuola, ma i ragazzi sono vettori di contagio. Spesso inconsapevoli, perché sono per lo più asintomatici o con pochissimi sintomi. Tuttavia, ricorda Villani, si contagiano tra di loro e diffondo il virus in famiglia. «La scuola non è affatto il posto più sicuro. In questo momento è un luogo come un altro», insiste il biologo molecolare Franco Bucci, professore presso la Temple University di Filadelfia, smentendo la ministra dell’istruzione Lucia Azzolina e il commissario all’emergenza Domenico Arcuri. Forte di uno studio sui contagi nelle prime 5 settimane di avvio dell’anno scolastico, recentemente pubblicato con l’immunologa dell’Università di Padova Antonella Viola per il Patto Trasversale per la Scienza. Uno studio che ha dovuto difficoltà nel reperire i dati necessari, tanto che si sono potuti utilizzare solo quelli sui positivi nel tempo riscontrati nelle scuole delle province di Milano e Bergamo e della regione Lazio. «I dati considerati, se non supportano un ruolo delle scuole come “moltiplicatore” di infezioni», spiega Viola, «mostrano che le scuole non sono più protette del resto della comunità». Il tasso di infezione scolastica, infatti, appare seguire quello della comunità circostante. In pratica, osserva Bucci, «la probabilità di infezione in una scuola non è significativamente diversa da quella della società nel suo complesso». Contagi a scuola come quelli di un’azienda o una banca, in cui si passano ore al chiuso, si va a mensa dove si incontrano colleghi di altri uffici o reparti. «Nella scuola si è fatto né più né meno di quello che si è fatto all’esterno della scuola. Nulla di più», prosegue Bucci.

Gli scienziati indicano, però, come proteggere la scuola dal diffondersi del contagio. Innanzitutto, abbandonare la disparità di indicazioni da regione a regione, in favore di una procedura unica. Poi, la diagnostica in ambio scolastico deve essere anche essa uniformata e potenziata, attraverso l’introduzione di test rapidi antigenici e la procedura di pooling. Infine, utilizzare sempre tutti le mascherine.

Ata anti-Covid non licenziabili

da ItaliaOggi

Marco Nobilio

Ata anti-Covid salvi per un pelo. Il ministero dell’istruzione ha bloccato in zona Cesarini i licenziamenti che i dirigenti scolastici stavano effettuando a causa del lockdown. A circa un mese di distanza dall’entrata in vigore delle nuove disposizioni, che non prevedono più il licenziamento per giusta causa dei supplenti assunti sul cosiddetto organico Covid, in caso di sospensione dell’attività didattica in presenza, il dicastero guidato da Lucia Azzolina ha finalmente preso atto di questa modifica ed ha provveduto a comunicarla ai dirigenti scolastici con la nota 1990 del 5 novembre scorso: «I contratti già sottoscritti ai sensi dell’articolo 231-bis del decreto-legge n. 34 del 2020 (si tratta dei cosiddetti “posti Covid-19”) non devono essere risolti, né nel caso dei docenti né in quello degli Ata».

La precisazione si è resa necessaria perché l’amministrazione centrale aveva creato un clima di incertezza nelle scuole a causa di un avviso pubblicato il 28 ottobre scorso. Sebbene le nuove disposizioni fossero entrate in vigore già da 14 giorni, il ministero aveva comunicato alle istituzioni scolastiche, tramite il Sidi, che la cancellazione dai contratti di supplenza della clausola risolutiva espressa, che prevedeva il licenziamento per giusta causa in caso di sospensione dell’attività didattica in presenza, era stata effettuata solo per i contratti di supplenza dei docenti e degli educatori e non per il personale Ata.

Pertanto, a fronte della previsione della sospensione della didattica in presenza adottata da diversi presidenti di regione e, infine, anche dal presidente del consiglio con il decreto del 3 novembre, i dirigenti scolastici stavano licenziando i supplenti Ata assunti sull’organico Covid. E se il ministero non fosse intervenuto tempestivamente, ciò avrebbe esposto l’amministrazione al rischio di migliaia di soccombenze in giudizio con probabile danno erariale per le eventuali condanne al pagamento delle spese. Il dicastero di viale Trastevere, quindi, ha dovuto rimediare con un chiarimento in extremis incluso nella nota del 5 novembre.

Ma si tratta di un rimedio atipico. Perché sebbene la norma di legge sia mutata, il recepimento della novella deve necessariamente avvenire modificando l’ordinanza ministeriale 83/2020, la quale ancora dispone al comma 2, dell’articolo 3, che: «In caso di sospensione delle attività didattiche in presenza, i contratti di lavoro attivati si intendono risolti per giusta causa, senza diritto ad alcun indennizzo».

L’ordinanza, che è ancora in vigore, fa riferimento al vecchio testo dell’articolo 231-bis, ricalcandone testualmente le relative disposizioni. Tale testo è stato abrogato e sostituito in sede di conversione in legge da una nuova norma che così dispone: «In caso di sospensione delle attività didattiche in presenza a seguito dell’emergenza epidemiologica il personale di cui al periodo precedente (docenti e Ata anti-Covid n.d.r.) assicura le prestazioni con le modalità del lavoro agile». La modifica è l’effetto dell’approvazione dell’emendamento 32.9 (testo 2), prima firmataria Loredana De Petris, senatrice di Liberi e Uguali, approvato in sede di conversione del decreto «agosto». E rimuove un vero e proprio errore contenuto nell’articolo 231-bis dovuto, probabilmente, a quello che la dottrina chiama «abbaglio dei sensi».

La giusta causa di licenziamento, infatti, secondo l’insegnamento della Suprema corte, costituisce la più grave delle sanzioni applicabili al lavoratore e può considerarsi legittima solo quando la mancanza di cui il dipendente si è reso responsabile rivesta una gravità tale che qualsiasi altra sanzione risulti insufficiente a tutelare l’interesse del datore di lavoro (Cassazione 27/10/95 n. 11163). Vale a dire nei casi in cui la risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro avviene all’esito di un procedimento disciplinare. E cioè quando l’inadempimento degli obblighi di fonte contrattuale in capo al docente sono talmente gravi da far cessare totalmente e senza rimedio il necessario rapporto fiduciario tra l’amministrazione e il docente interessato.

Situazione che si verifica, sempre secondo la Cassazione, solo nel caso in cui i fatti di cui si sia reso colpevole il docente risultino connotati «per il loro grave disvalore disciplinare morale e sociale» (sentenza n. 209 del 09/01/2017). Va detto, inoltre, che il licenziamento per giusta causa preclude al licenziato anche la possibilità di stipulare ulteriori contratti di lavoro con la pubblica amministrazione, proprio in forza della cessazione del rapporto fiduciario.

Tant’è che le domande di partecipazione ai concorsi e, da ultimo, di inclusione nelle Gps, recano, quale requisito indefettibile dell’istante, la previa dichiarazione «di non essere stato licenziato per giusta causa o giustificato motivo soggettivo ovvero di non essere incorso nella sanzione disciplinare dell’esclusione definitiva dall’insegnamento».

Riunioni collegiali ed elezioni tornano a distanza

da ItaliaOggi

Carlo Forte

È vietato svolgere in presenza le riunioni dei consigli di classe, di interclasse e di istituto e i collegi docenti. La modalità tassativa per lo svolgimento delle riunioni è quella a distanza. Il divieto vale anche per le elezioni per il rinnovo degli organi collegiali delle istituzioni scolastiche. Che dovrà avvenire secondo modalità a distanza nel rispetto dei principi di segretezza e libertà nella partecipazione alle elezioni. Lo prevede l’articolo 1, comma 9, lettera s) del decreto del presidente del consiglio dei ministri del 3 novembre scorso. E il ministero dell’istruzione lo ha ricordato ai dirigenti scolastici con la nota 1990 del 5 novembre.

Il provvedimento non reca alcuna indicazione operativa per quanto riguarda la formazione degli atti deliberativi degli organi collegiali. Ad ogni buon conto, per quanto riguarda lo svolgimento e la registrazione delle votazioni, può essere utile fare riferimento alle disposizioni contenute nella nota 8464 del 28 maggio scorso. Con la quale l’amministrazione ha fornito indicazioni riguardanti la valutazione e esami, che possono essere applicate anche ad altre situazioni. Relativamente alla firma degli atti nel caso di effettuazione delle attività e delle riunioni con modalità a distanza, secondo l’amministrazione centrale, è necessario utilizzare procedure che consentano di acquisire e conservare traccia della presenza e del consenso dei docenti eventualmente connessi.

Ciò tramite la registrazione della fase di approvazione delle delibere (utilizzando la condivisione dello schermo e l’acquisizione del consenso espresso dei docenti con chiamata nominale). In ogni caso il dirigente scolastico potrà procedere, a seconda dei casi, a firmare (con firma elettronica o con firma autografa) a nome dell’organo collegiale e dei docenti connessi in remoto.

Più problematica, invece, è la questione delle votazioni quando si faccia questione di persone. Situazione per la quale è necessaria la segretezza del voto. Ciò riguarda sia le situazioni che insorgano all’interno degli organi collegiali che le elezioni dei membri elettivi di tali organi. Tanto più che l’amministrazione non ha fornito alcuna indicazione al riguardo. Tra le varie possibilità è utile segnalare quella suggerita dall’ufficio scolastico regionale per il Veneto in risposta ad una Faq (reperibile sul sito: https://istruzioneveneto.gov.it/wp-content/uploads/2020/09/FAQ-sulla-sicurezza-12-9-2020.pdf).

Secondo la direzione generale: «Nell’effettuazione delle elezioni a distanza una possibilità è fornita dal sistema dei moduli Google (https://www.google.it/intl/it/forms/about/), che hanno il pregio di garantire l’anonimato di chi lo compila. In questo caso si suggerisce di costruire i moduli con alcuni accorgimenti tesi ad evitare, per quanto possibile, errori, quali la doppia votazione da parte della stessa persona, o votazione da parte di una persona che non ha titolo a farlo».

Va detto subito che la norma contenuta nel decreto Conte non prevede alcun rinvio a provvedimenti di natura regolamentare. Dunque è immediatamente esecutiva. Allo stato attuale la modalità di voto a distanza è espressamente prevista dalla legge 27 dicembre 2001, n. 459 (cosiddetta legge Tremaglia) solo per i cittadini italiani residenti all’estero, ai quali viene inviata la scheda elettorale per posta e che, dopo avere votato, hanno titolo a rispedire la scheda in busta chiusa per corrispondenza. Tale modalità è consentita anche ai cittadini italiani momentaneamente residenti all’estero. Resta il fatto, però, che l’articolo 12, comma 2, delle disposizioni sulla legge in generale (cosiddette preleggi) anteposte al codice civile dispone che: « Se una controversia non può essere decisa con una precisa disposizione, si ha riguardo alle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe».

Il principio dell’analogia dovrebbe essere applicabile anche a questa situazione, atteso che il divieto di interpretazione analogica vale solo per il diritto punitivo. E cioè per tutti gli istituti giuridici che prevedono sanzioni penali, civili, amministrative o disciplinari. Va detto, inoltre, che secondo il costante orientamento della Suprema corte le norme speciali sono insuscettibili di interpretazione analogica. Ma l’unica forma di elezione a distanza prevista dal nostro ordinamento è quella per corrispondenza. E se ciò non fosse consentito in questa particolare congiuntura, la norma del decreto Conte che prevede le elezioni a distanza rimarrebbe priva di effetti.

Ata in smart working Orari scaglionati in presenza

da ItaliaOggi

Carlo Forte

Il personale Ata deve svolgere il proprio lavoro prevalentemente in smart working. Lo ha stabilito il governo con il decreto del presidente del consiglio dei ministri emanato il 3 novembre scorso. E il ministero dell’istruzione ha emanato le prime disposizioni ai dirigenti scolastici per darvi attuazione con la nota 1990 del 5 novembre scorso. Citando l’articolo 5, comma 4, lettera a), del decreto, l’amministrazione ha spiegato che il personale assistente amministrativo dovrà svolgere la propria attività lavorativa, per quanto possibile, in modalità agile. In particolare, i dirigenti scolastici dovranno organizzare l’ufficio assicurando, su base giornaliera, settimanale o plurisettimanale, lo svolgimento del lavoro agile nella percentuale più elevata possibile.

Gli assistenti tecnici, invece, dovranno svolgere la loro attività lavorativa a supporto della didattica digitale integrata, della didattica di laboratorio e degli adempimenti connessi alla consegna di materiale tecnologico. L’amministrazione ha raccomandato, inoltre, di differenziare gli orari di ingresso e uscita del personale amministrativo che dovrà svolgere la prestazione in presenza. Così come previsto dall’articolo 5, comma 5, del decreto, il quale dispone che «le pubbliche amministrazioni dispongono una differenziazione dell’orario di ingresso e di uscita del personale».

Il personale collaboratore scolastico che non possa svolgere la propria attività a distanza, continuerà a prestare servizio in presenza. Fermo restando l’applicazione nelle «zone rosse» dell’articolo 3, comma 4, lettera i) del decreto del 3 novembre, il quale dispone che «i datori di lavoro pubblici limitano la presenza del personale nei luoghi di lavoro per assicurare esclusivamente le attività che ritengono indifferibili e che richiedono necessariamente tale presenza, anche in ragione della gestione dell’emergenza». Tale norma, peraltro, recepisce le disposizioni contenute nel comma 1, lettera a) dell’articolo 87, del decreto-legge 18/2020. La stessa norma, al comma 3, prevede inoltre che, qualora non sia possibile ricorrere al lavoro agile, le pubbliche amministrazioni (dunque anche la scuola) devono imporre ai dipendenti la fruizione delle assenze tipiche contrattualmente previste e, una volta esaurite tali assenze, possono esentare il personale dipendente dal servizio. Il periodo di esenzione costituisce servizio prestato a tutti gli effetti.

Scuole in difficoltà con le Asl

da ItaliaOggi

Emanuela Micucci

Difficoltà di coordinamento con le Asl nella gestione dei casi di positività e dei provvedimenti di quarantena. Pesanti ritardi nei tracciamenti, che stanno paralizzando il lavoro delle scuole. Protocolli diversificati da parte dei diversi presìdi sanitari del territorio, a cui fanno capo gli alunni di una stessa scuola. Queste alcune delle criticità segnalate dalle scuole nel rapporto con il sistema sanitario locale per la gestione dei casi di positività al Covid-19 emerse, venerdì, al Tavolo nazionale permanente sulla sicurezza delle scuole, previsto dal Protocollo del 6 agosto 2020 ma solo alla sua seconda seduta. Criticità che producono, sottolineano i presidi dell’Anp, «conseguenti difficoltà gestionali dei dirigenti scolastici impegnati prevalentemente nel cercare di contattare Asl e poi dipendenti e studenti, compiti non di competenza delle scuole e che sottraggono ai colleghi forze e risorse che vanno invece finalizzate a garantire l’esercizio del diritto allo studio». «Situazioni particolarmente complesse», denuncia la Cisl Scuola, «nelle regioni Sardegna e Calabria, anche per la difficoltà di intervento da parte delle Asl».

Ma a mancare è anche il raccordo con i medici di base e i pediatri di libera scelta nella gestione delle certificazioni per il rientro dopo la malattia. Così come, aggiunge la Fcl-Cgil, «la mancata attivazione o inefficacia di molti dei tavoli regionali per la sicurezza, che avrebbero dovuto monitorare le situazioni territoriali, dando risposte alle problematiche evidenziate dalle scuole». Accogliendo alcune delle segnalazioni dei sindacati, il ministero della salute sta provvedendo all’aggiornamento del Rapporto Iss Covid-19 n. 58/2020, nel quale saranno precisate le disposizioni per le attestazioni di riammissione a scuola. Dall’Inail, invece, l’annuncio della pubblicazione di ulteriori indicazioni sul ruolo del medico competente Rispetto alle misure necessarie per il contrasto del contagio, invece, Sergio Iavicoli dell’Inail ha sottolineato che per la corretta sanificazione dei locali, dopo la quarantena, è sufficiente l’utilizzo di ipoclorito di socio e alcol, sconsigliando altre soluzioni troppo costose e ritenute persino pericolose per la salute. Il coordinatore del Cts, Agostino Miozzo ha puntualizzato che i Dpi a scuola possono anche essere di classe superiore a quelli previsti dai protocolli, ma l’uso deve essere preceduto da una formazione specifica.

«È necessario», insiste la Uil Scuola, «conoscere i dati relativi all’incidenza epidemiologica all’interno delle scuola e fornire una comunicazione chiara e trasparente, quale presupposto necessario per avere una gestione efficiente della situazione che si rappresenta più grave e seria del previsto». Prossimo appuntamento venerdì sul trasporto scolastico.

Iscrizioni scuola 2021/22, bozza circolare: domande online dal 4 al 22 gennaio 2021

da OrizzonteScuola

Di redazione

Si è svolto il 10 novembre 2020 l’incontro di informativa sulla circolare delle iscrizioni per l’anno scolastico 2021/2022 tra il ministero e le Organizzazioni sindacali. Consegnata la bozza della circolare.

Le famiglie potranno presentare le domande di iscrizione dal 4 al 22 gennaio 2021, in modalità online per tutte le classi iniziali delle scuole statali.

Anche le iscrizioni alle classi iniziali dei corsi di studio delle scuole paritarie saranno in modalità telematica, ma solo per quelle che aderiranno a questa modalità.

L’iscrizione alle sezioni di scuola dell’infanzia continuerà ad effettuarsi con una domanda da presentare alla scuola scelta.