Scuola alla deriva

Cuzzupi: con l’Azzolina e De Micheli scuola alla deriva, corbellerie al posto dei fatti!

Ormai abbiamo appurato che, con questo esecutivo, al peggio non c’è mai fine. Di fronte alla situazione drammatica che sta vivendo il nostro Paese con oltre decine di migliaia di contagi al giorno e un numero di vittime raccapricciante, si continua, per un mero disegno opportunistico e scellerato, a voler aprire le scuole ad ogni costo ignorando del tutto la salute pubblica. Docenti, Personale ATA, addetti che vivono il mondo della scuola, i ragazzi stessi e le loro famiglie non possono essere vittime di stupidaggini che ci stanno spingendo verso il baratro.”

Il Segretario Nazionale UGL Scuola, Ornella Cuzzupi, è profondamente indignata dagli ultimi risvolti del “caso scuola”.

Adesso, qualche altro genio, presumibilmente per non apparire seconda a nessuno, ha ipotizzato la nefanda ipotesi di apertura degli istituti scolastici anche il sabato pomeriggio e la domenica. Una follia allo stato puro! Un vero ritenere la scuola un laboratorio per carne da macello, cancellando, con la scusa del coronavirus, anche le più elementari forme di logica e diritto. Tra l’altro l’istituzione scuola, tanto per ricordarlo, ha l’alta funzione di educare e istruire e non di mero parcheggio per i ragazzi. i problemi di chi lavora, si riconducano nell’alveo naturale e si risolvano senza che sia la scuola a pagarne le conseguenze in termine di contagi, vittime e perdita di diritti”.

L’UGL Scuola dunque rimane irremovibile sulla posizione di una riapertura delle scuole solo ed unicamente quando sarà concretizzato un calo di contagi tali che fornisca ampia garanzia sulla gestione di eventuali nuove emergenze e quando le strutture scolastiche saranno messe oggettivamente e strutturalmente in grado di limitare i fattori di rischio.

Questi due elementi – continua Ornella Cuzzupi – non possono essere aggirati da trovate estemporanee come l’assurda presunzione di immunità delle aule scolastiche o dall’aprire le classi anche il sabato pomeriggio e la domenica. Invece di cominciare a lavorare seriamente per garantire la sicurezza delle scuole e dei trasporti e, nel frattempo, migliorare al massimo la didattica a distanza ci si lascia andare a queste sciaguratezze per non ammettere la propria, totale, inadeguatezza a coprire ruoli fondamentali per un qualsiasi Paese civile. Da parte nostra saremo al fianco di tutto il personale scolastico e delle famiglie che si opporranno a queste assurdità governative”.

Federazione Nazionale UGL Scuola       

Il Segretario Nazionale

Ornella Cuzzupi

Edifici vecchi di mezzo secolo e fuori norma

Scuola. Edifici vecchi di mezzo secolo e fuori norma: Fondazione Architetti lancia l’allarme

“In Italia l’edilizia scolastica versa in una situazione disastrosa, le strutture hanno un’età media di 52 anni e non garantiscono la sicurezza né dal punto di vista sismico né da quello della prevenzione del contagio da Covid-19, e nemmeno nel rispetto delle misure antincendio. Partendo da queste priorità, è urgente ripensare a una nuova idea di scuola come spazio polifunzionale, hub di servizi sostenibile, con aree reversibili e riutilizzabili. E’ il progetto futuro dell’architettura, che lancia l’allarme scuola e si propone come strumento di coordinamento per i prossimi decenni, in una integrazione strategica nella gestione delle risorse economiche con l’incontro tra il pubblico e il capitale privato, in sinergia con i fondi strutturali europei”.

E’ quanto emerso dalla ricerca dal titolo ‘Scuola Social Impact’condotta dallo studio internazionale Atelier(s) dell’architetto Alfonso Femia, con sedi a Parigi, Milano e Genova e curata dall’amministratore delegato della società di consulenza Iniziativa, Ivo Allegro.

Lo studio è stato presentato in un webinar organizzato dalla Fondazione per l’Architettura e dall’Ordine degli Architetti di Torino, con gli interventi di esponenti delle istituzioni, delle Fondazioni “Agnelli”, “Scuola della Compagnia di San Paolo” e “Architettura”, oltre a professionisti del settore energetico.

dati del Miur, sui quali si è focalizzato il dibattito dei relatori, offrono una panoramica desolante: degli oltre 40mila edifici scolastici presenti in Italia più di 3mila sono inattivi e 34 a causa di calamità; quasi 22mila non hanno il certificato di agibilità e più di 23mila quello di prevenzione incendi; 35mila sono fuori regola antisismica; oltre 15mila sono privi del collaudo statico; circa 8mila non possiedono il documento di valutazione rischi.

“E’ evidente che serve una riqualificazione economicamente sostenibile delle strutture scolastiche – ha sottolineato Allegro – per cui bisogna modificare le logiche gestionali attivando l’energia imprenditoriale e le risorse finanziarie dei privati mediante Partenariato Pubblico-Privato (PPP) e strumenti di ingegneria finanziaria”.

“Occorre trasformare la scuola nel motore infrastrutturale, funzionale, economico della rigenerazione urbana” ha evidenziato Alfonso Femia, precisando che “la scuola è città e deve essere ripensata come luogo che integri alla dimensione spaziale quella temporale, analizzando le esigenze complessive della comunità nel breve e nel medio periodo e l’osservazione dell’andamento demografico, in un’ottica di flessibilità e trasformabilità dell’edificio”.

“E’ necessario affrancarsi da una concezione ormai datata di edilizia scolastica. La scuola deve uscire dall’emergenza per accreditarsi come occasione di rilancio culturale ed economico del Paese, concretizzando il luogo in grado di abilitare lo “sviluppo della persona umana” costituzionalmente garantito ma spesso, nei fatti, negato” ha concluso l’ad di Iniziativa, Allegro.

#LaScuolaPerMe

Molti ne parlano, tanti ne sottolineano il valore, per tutti deve essere una priorità. Per questo il Ministero dell’Istruzione ha deciso di rendere omaggio alla scuola e al ruolo che riveste nella vita di ciascuna e ciascuno con la campagna social #LaScuolaPerMe che raccoglierà le voci di studentesse, studenti, docenti, dirigenti, personale scolastico, famiglie, cittadini. Un racconto collettivo dedicato alla più importante Istituzione del Paese.

Si parte oggi.

“#LaScuolaPerMe è…”, i primi a raccontarlo sono Elena, Anna, Benedetta, Marco, Alex, Asia, Enrico, Nathalie, Beatrice, Rachele e Giorgia, studentesse, studenti, docenti, genitori che hanno collaborato alla realizzazione del video di lancio della campagna del Ministero.

Ma tutti potranno partecipare: basterà postare un video, una foto, utilizzando l’hashtag #LaScuolaPerMe e rispondere alla domanda “Cosa è per te la scuola?”, condividendo un pensiero, ma anche semplicemente un ricordo o un’emozione legati al periodo scolastico. Il Ministero raccoglierà e rilancerà sui propri canali i video e i messaggi che saranno diffusi sui social.

Da base ad avanzato: ecco i 4 giudizi che sostituiscono i voti alle elementari

da Il Sole 24 Ore

di Eu.B.

Era dalla legge Gelmini del 2008 che i voti alle elementari erano espressi in decimi. Ma da quest’anno si cambia. A prevederlo è il decreto scuola approvato l’estate scorsa che ha reintrodotto i giudizi descrittivi alla scuola primaria. E desso arriva anche l’ordinanza ministeriale che mette in pratica la novità. Sia negli scrutini di metà anno che in quelli finali ci saranno quattro livelli si partirà dal livello «in via di acquisizione» e si finirà ad «avanzato».

L’ordinanza ministeriale
Il testo, che è stata illustrato alle organizzazioni sindacali e che deve ottenere il parere del Consiglio superiore della pubblica istruzione prima di diventare operativa, introduce il giudizio descrittivo per ciascuna delle discipline previste dalle Indicazioni nazionali per il curricolo, Educazione civica compresa. Un cambiamento che – nelle intenzioni della ministra Lucia Azzolina – punta a rendere la valutazione degli alunni sempre più trasparente e coerente con il percorso di apprendimento di ciascuno. Nell’elaborare il giudizio descrittivo, infatti, si terrà conto del percorso fatto e della sua evoluzione.

I 4 livelli di giudizio
Al posto della vecchia numerazione in decimi, sia nella pagella del primo quadrimestre che in quella finale, le famiglie e i bambini potranno trovare quattro giudizi per ogni materia. Vediamoli nel dettaglio:
-Avanzato: l’alunno porta a termine compiti in situazioni note e non note, mobilitando una varietà di risorse sia fornite dal docente, sia reperite altrove, in modo autonomo e con continuità.
Intermedio: l’alunno porta a termine compiti in situazioni note in modo autonomo e continuo; risolve compiti in situazioni non note, utilizzando le risorse fornite dal docente o reperite altrove, anche se in modo discontinuo e non del tutto autonomo.
Base: l’alunno porta a termine compiti solo in situazioni note e utilizzando le risorse fornite dal docente, sia in modo autonomo ma discontinuo, sia in modo non autonomo, ma con continuità.
In via di prima acquisizione: l’alunno porta a termine compiti solo in situazioni note e unicamente con il supporto del docente e di risorse fornite appositamente.

Gli alunni con disabilità
La valutazione degli alunni con disabilità certificata sarà correlata agli obiettivi individuati nel Piano educativo individualizzato (Pei), mentre la valutazione degli alunni con disturbi specifici dell’apprendimento terrà conto del Piano didattico personalizzato (Pdp).

Confermato l’obbligo di mascherina
Restando alla scuola elementare va poi segnalata la sentenza di ieri del Consiglio di stato, che conferma l’obbligo di mascherina al banco e suggerisce di avviare un «monitoraggio ove possibile costante, e immediato per gli scolari che diano segno di affaticamento, del livello di ossigenazione individuale dopo l’uso prolungato della mascherina», mediante «apparecchi di misurazione di semplicissima utilizzabilità» in comune commercio.

Le regioni in coro: riapertura il 7 gennaio
Tutto ciò mentre proseguono gli incontri per individuare le modalità e i tempi più idonei alla riapertura «graduale» delle scuole, stavolta medie e superiori, invocata dalla ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, mercoledì. Se possibile passando prima da un tavolo nazionale, come invocato dalle autonomie locali durante il vertice sulle misure da prendere nel nuovo Dpcm (che non vedeva però la scuola tra gli ordini del giorno, ndr). Dal canto loro, i governatori frenano e individuano nel 7 gennaio la data giusta per il ritorno in classe. Una posizione espressa in mattinata da Luca Zaia (Veneto) e Giovanni Toti (Veneto) e fatta propria dall’interenza Conferenza delle regioni. I nodi sono sempre gli stessi: tracing, scaglionamento degli orari e trasporto pubblico. Temi rilanciati anche dai sindacati e dai presidi fermi nel motto “tornare in classe sì ma in sicurezza».
Ad Azzolina e al premier Giuseppe Conte il compito di fare, nei prossimi giorni, la sintesi. Nelle risposte via Instagram ai quesiti dei ragazzi, la responsabile dell’Istruzione si è limitata a confermare che sta lavorando per riportarli «quanto prima a scuola», pur riconoscendo che, per effetto del quadro epidemiologico, «dobbiamo essere cauti e fare delle scelte». Quali lo scopriremo presto. Anche perché il primo slot utile (il 9 dicembre) si avvicina.

Da marzo a oggi due docenti su tre si sono formati sul digitale

da Il Sole 24 Ore

di Eugenio Bruno

Zone rosse che scattano. Istituti scolastici che chiudono. Alunni che seguono le lezioni da casa. Visto con gli occhi della scuola, il film che il governo sta proiettando da metà ottobre sembra un remake di quello già offerto in primavera. In attesa di scoprire se anche il finale sarà lo stesso – con tutti gli studenti italiani costretti davanti uno schermo – un primo elemento di discontinuità nella sceneggiatura già si percepisce. E riguarda la preparazione digitale dei docenti. Che, complice lo stato di necessità indotto dalla pandemia, è aumentata rispetto al recente passato. Basti pensare che con i 5 milioni del decreto Cura Italia di marzo sono oltre 572mila i prof che hanno seguito almeno un corso sulla didattica a distanza (Dad). Più dei 2/3 del totale. E segnali analoghi arrivano sia dall’uso della piattaforma nazionale Sofia, sia dalle scelte di acquisto con la card da 500 euro.

A pensarla così è anche la ministra Lucia Azzolina. Nel sottolineare che «investire sulla formazione di tutto il personale, senza eccezioni, è indispensabile per rispondere in modo adeguato, attento e coerente alle esigenze che i tempi dell’innovazione digitale impongono», al Sole 24Ore di Lunedì 16 novembre la titolare dell’Istruzione ha sottolineato: «In questi mesi abbiamo affrontato l’emergenza sanitaria cercando di trarne anche delle opportunità». Per lei, «l’accelerazione degli investimenti su innovazione e formazione sul digitale ne sono una dimostrazione». In totale per connettività e device da marzo sono stati stanziati 414,9 milioni.

La pandemia come spartiacque

Per la formazione digitale dei insegnanti il Covid-19 è stato uno spartiacque. Complice un quadro normativo confuso, che rendeva la formazione in servizio obbligatoria per legge ma facoltativa per contratto, la situazione pre-emergenza non era delle migliori per passare dall’oggi al domani, come accaduto con il lockdown, dalle lezioni in aula al web. Dei 393mila prof iscritti alla piattaforma nazionale Sofia appena 145mila avevano seguito almeno un corso nell’anno scolastico 2018/19 e, di questi, solo il 32% aveva scelto l’innovazione. Poi è arrivato il coronavirus con gli effetti intercettati dai dati del 2019/20. Sebbene i docenti formatisi con Sofia siano scesi a 143mila – un calo così lieve che dal ministero lo considerano un successo visti i 6 mesi di scuole chiuse alle spalle – risulta comunque aumentata (al 39%) la quota di chi si è aggiornato sulla didattica digitale: unico settore in crescita insieme a cittadinanza e sostenibilità.

Le altre iniziative formative

Un’altra conferma dell’effetto pandemia arriva dai numeri sull’utilizzo dei 5 milioni per l’aggiormamento dei prof previsti dal Cura Italia di marzo. E dai 572.888 docenti che si sono formati sulla Dad (su 836mila in organico, pari al 68%) da allora a oggi. Più nel dettaglio, il 92,5% ha seguito un corso nella scuola organizzato dagli animatori digitali e dal team dell’innovazione, il 21,1% ha beneficiato delle attività delle équipe formative territoriali e il 12,3% si è rivolto all’Indire e alle avanguardie educative (1.175 istituti in tutta italia).

Il terzo indizio lo fornisce il programma “Formare al futuro”, che è stato lanciato nell’ambito del Piano nazionale scuola digitale e che può contare sulle risorse del Pon Istruzione. Nel primo semestre 2020 i Future labs nati al suo interno hanno formato 39.066 docenti in servizio sull’e-learning, sul cloud, sui contenuti digitali. Un’attività che è andata avanti anche a luglio e agosto come dimostrano gli 8.811 insegnanti distribuiti in 97 iniziative formative (dalle lezioni in 3D alla realtà al gaming). E che, in tutto l’anno scolastico 2020/21, dovrebbe riguardare 120mila prof. In attesa nella piattaforma online di “Formare il futuro”, data per imminente, che ospiterà tutte le lezioni registrate.

In ulteriore supporto giungono, infine, le statistiche sull’uso della card formazione da 500 euro che è finanziata annualmente con 380 milioni e che spetta ai soli prof di ruolo. Dei 350 milioni spesi dai docenti nel 2019/2020 il 68% (239,6 milioni) è andato all’hardware e un altro 1,6% al software. Per un totale di quasi il 70% contro il 66% dell’anno prima. Una dotazione digitale che è già tornata utile durante il lockdown e che, alla luce della formazione sul campo, si spera possa esserlo anche ora.

Chi non segue o disturba rischia anche la bocciatura

da Il Sole 24 Ore

di Laura Virli

Gli studenti delle superiori, in alcune regioni anche del primo ciclo, sono tornati a seguire le lezioni a distanza, almeno fino al 2 dicembre. I ragazzi dovranno quindi collegarsi da casa, e seguire le lezioni. Facciamo subito una premessa: la didattica digitale integrata è scuola a tutti gli effetti; questo significa che gli alunni dovranno rispettare le stesse regole previste in presenza.

Le scuole si sono attrezzate grazie all’applicazione del piano per la didattica digitale integrata inserito ad inizio anno nel Ptof e stilato sulla base delle linee guida ministeriali del 7 agosto 2020.

Patto educativo
di corresponsabilità

Se gli organi collegiali hanno stabilito regole precise per la realizzazione della didattica digitale integrata (Ddi), spetta agli studenti seguirle e ai genitori monitorare il percorso didattico a distanza dei propri figli e collaborare con i docenti per lo svolgimento regolare delle lezioni in modalità digitale, come previsto dal patto educativo di corresponsabilità, sottoscritto a inizio anno, opportunatamente integrato per rispondere alla pandemia.

Il rischio di bocciatura

In particolare, gli studenti sono tenuti a frequentare l’intero orario giornaliero previsto dal piano per la Ddi. Come detto, la didattica on line è scuola a tutti gli effetti. Se, per motivi di necessità, gli studenti non seguono le video lezioni giornaliere, le assenze devono essere giustificate. E devono esserlo anche gli ingressi in ritardo o le uscite in anticipo rispetto all’orario giornaliero.

Insomma, lo scorso anno, le scuole erano impreparate, ma quest’anno gli studenti devono seguire le attività programmate a distanza. Non può essere superata la soglia del 25% di ore d’assenza, salvo serie motivazioni, tra cui problemi di connessione da dimostrare. Per essere promossi è, infatti, necessario frequentare almeno il 75% delle ore previsto dal curricolo di studi. Altrimenti, si rischia la bocciatura.

Necessario scoraggiare la scelta di quali lezioni seguire nell’arco della mattinata. Qualche furbetto potrebbe provare a seguire la prima ora di italiano, ma poi “bucare” la seconda di matematica, e ricominciare in terza ora quando tocca a educazione fisica. Gli studenti sono invitati a tenere un comportamento corretto e rispettoso nei confronti dei docenti che faticano nella preparazione della lezione che richiede l’utilizzo di metodologie didattiche innovative.

Il voto di condotta

I comportamenti poco rispettosi assunti dagli studenti non potranno che pesare sia sulla valutazione delle competenze di cittadinanza attiva e digitale che sul voto di condotta e di profitto nelle varie materie. E quest’anno non si prevedono grossi sconti. La condotta fa media e, negli scrutini finali del triennio, concorre all’attribuzione del credito scolastico e del voto agli esami di Stato.

Il regolamento di istituto

Anche i regolamenti di istituto sono stati integrati in relazione alla didattica a distanza. L’inottemperanza alle prescrizioni previste è sanzionabile secondo vari gradi. Le sanzioni sono irrogate dal dirigente scolastico, dal singolo docente o dal consiglio di classe. Per comportamenti lievi si va da semplici ammonizioni (nota sul registro elettronico) e convocazioni dei genitori, alla sospensione di un giorno dalla lezione. Nei casi più gravi si può anche arrivare a 15 giorni di sospensione. Per sanzioni superiori a 15 giorni interviene il consiglio di istituto. In questi casi si rischia la bocciatura.

Le regole da seguire

Diverse le regole da seguire. Ci si prepara alle lezioni on line come se si stesse a scuola, con un abbigliamento consono e con il materiale necessario per lo svolgimento dell’attività. Si accede ai meeting con puntualità. Chi entra in ritardo, non deve scusarsi attivando il microfono per non interrompere l’attività in corso. Meglio usare lo spazio della chat per i saluti iniziali e per chiedere la parola o fare una domanda. Durante le pause si riposano gli occhi. Si evita, quindi, di rimanere incollati allo schermo, magari a giocare o a navigare sui social. Si partecipa alla lezione con la videocamera attivata qualora le condizioni di linea lo consentono e comunque attivandola ogni qualvolta si interagisca con il docente o con i compagni. È consigliato un primo piano per rispettare la privacy familiare ed evitare di inquadrare l’ambiente circostante. Il microfono è disattivato dopo l’ingresso on line. L’eventuale successiva attivazione del microfono è richiesta o consentita dall’insegnante al bisogno.

Attenzione al reato

È necessario accedere alle piattaforme per la didattica a distanza solo attraverso l’account della scuola. Questo per evitare nickname imbarazzanti o non facilmente riconducibili all’identità del proprietario. Divieto assoluto di condivisione del link di accesso al meeting con soggetti esterni alla classe o all’istituto. Si rischia l’ingresso di estranei disturbatori e malintenzionati. Gli studenti non sono, inoltre, autorizzati alla ripresa di video e foto della videoconferenza, salvo l’ok di tutti i partecipanti, in primo luogo del docente, per motivi didattici.

Educazione e rispetto devono essere presenti in classe sia scuola che a distanza. Qualche studente si permette di offendere il proprio docente impegnato a garantire la continuità didattica in questo momento di emergenza? Attenzione, perché gli insegnanti sono pubblici ufficiali. Si rischia di commettere un reato, soprattutto se lo studente ha superato i 14 anni. Il docente o il dirigente che ne venga a conoscenza ha l’obbligo di denunciare i fatti alle autorità (art. 361 cod. pen.). Da non sottovalutare neanche la “culpa in educando”: secondo il codice civile (art. 2048), a pagare i danni per i figli minorenni, sono i genitori.

La perdita per gli studenti va calcolata e recuperata

da Il Sole 24 Ore

di Roberto Ricci*

La perdita degli apprendimenti in seguito alla chiusura delle scuole non è un rischio, ma una certezza. Ciò che non è chiaro, ciò che non sappiamo, è l’entità di questa perdita. Studi recenti ci dicono che l’impatto negativo più rilevante che avrà effetti a lungo sarà causato dalla diffusa mancanza di competenze causata dalla chiusura delle scuole.

La tutela della salute pubblica è un valore fondamentale, ma va sottolineato che la chiusura di una scuola è grave per la società tanto quanto quella di un’attività produttiva e in questa prospettiva si dovrebbe valutare ogni sospensione dell’attività didattica.

Che cosa si può fare sul piano degli apprendimenti? In primo luogo si deve evitare di considerare la carenza di apprendimenti come colpa di qualcuno: le scuole hanno fatto e stanno facendo tantissimo, ma è necessario cercare di capire al più presto che cosa si è perso.

Gli apprendimenti non torneranno per magia ai livelli pre-Covid quando saremo di nuovo in una condizione di normalità. Con estrema lucidità e umiltà dovremo capire quanto abbiamo dovuto lasciare sul campo e come e quando cercare di recuperare quello che non si può lasciare indietro. Mai come in questo periodo si riconosce l’esigenza di aver dati precisi per la scuola. Per aiutare l’intero sistema ad agire presto e bene. Non servono chissà quali strumenti, ma bisogna agire con molta precisione.

Dobbiamo sapere per ogni scuola quanto gli studenti hanno perso rispetto ai traguardi delle Indicazioni nazionali, dobbiamo decidere da subito cosa possiamo recuperare e cosa possiamo permetterci di tralasciare e poi agire di conseguenza. In questa prospettiva Invalsi può aiutare molto il sistema. Lo sta già facendo offrendo video e strumenti di monitoraggio che, avendo identificato mediante i dati prodotti dalle prove gli errori più diffusi, propongono un’analisi dettagliata delle ragioni di difficoltà e proposte didattiche per superarle e monitorarle. Ma questo non basta, è importante non cadere nella trappola di pensare che una misura effettuata oggi sia inopportuna per le turbolenze gravi che stiamo attraversando; si tratta di aiutare tutti ad avere informazioni corrette sulla base delle quali avviare il recupero di ciò che si è perso.

Sul recupero degli apprendimenti persi si gioca la partita più importante per lo sviluppo socio-economico della società. Ogni giorno in più di scuola aperta è il miglior ristoro per garantirci un futuro, soprattutto per i più deboli e i più svantaggiati.

* Dirigente di ricerca e responsabile nazionale area prove Invalsi

Scuole superiori, il 60% degli studenti è molto strettato

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

Il 60% degli studenti delle superiori risulta essere molto stressato a causa dell’emergenza Covid, e in parte anche dalla didattica a distanza. È quanto emerge da alcuni studi condotti presso l’Università di Firenze, dalle professoresse Ersilia Menesini e Anna Laura Nocentini, su un campione di 200 studenti delle scuole superiori di Firenze. I dati sono stati illustrati, oltre che da Menesini anche dal presidente dell’ordine toscano degli psicologi Maria Antonietta Gulino, alla commissione istruzione, lavoro e formazione di Palazzo Vecchio.
Il 33% degli studenti riporta anche una percezione di peggioramento delle condizioni economiche della famiglia causa pandemia. Circa il 60% dei ragazzi si sono definiti nervosi perché non sono riusciti a gestire la propria vita: tra le ragioni figura il mancato apprezzamento della didattica a distanza. Durante la commissione è stato ricordato che lo scorso 6 agosto ministero dell’Istruzione e Consiglio nazionale dell’ordine degli psicologi hanno sottoscritto un protocollo che prevede il coordinamento tra gli uffici scolastici regionali e l’ordine degli psicologi (recepito in Toscana il 9 ottobre) e invita i dirigenti scolastici a attivare bandi – e dunque poi sportelli – per favorire l’ascolto dei bisogni degli studenti, delle famiglie e del personale docente. «La volontà di collaborare è massima – ha detto il presidente della commissione istruzione, lavoro e formazione di Palazzo Vecchio Laura Sparavigna (Pd) -. Partiamo dall’analisi della realtà per produrre strategie comuni per la ripresa».

Scuola, i sindaci incalzano Azzolina: test rapidi e più bus

da La Stampa

Niccolò Carratelli

roma

La parola chiave è «gradualmente». Un avverbio che Lucia Azzolina ha usato nelle poche righe di commento alla riunione con i sindaci delle città metropolitane. «Ho molto apprezzato lo spirito di collaborazione – ha detto la ministra dell’Istruzione -. Siamo tutti d’accordo che la scuola sia una priorità, lavoriamo insieme per riportare gradualmente gli studenti in classe». Quindi gradualmente, non tutti insieme e non tutti i giorni. Ma da quando? Nella riunione virtuale non si è parlato di date, «quella del 9 dicembre è solo un’ipotesi ovvia guardando il calendario – spiegano dal ministero – ma ancora non c’è una proposta definita, aspettiamo notizie dal prossimo monitoraggio epidemiologico. Dipenderà anche dal nuovo Dpcm».

Di certo Azzolina si aspetta che «se si decide un allentamento delle misure, dentro ci sia anche la scuola». Tradotto, non si può dare il via libera allo shopping e tenere a casa gli studenti. La sua linea sembra maggioritaria, sostenuta da autorevoli esponenti del Comitato tecnico-scientifico, come Miozzo a Locatelli, nella maggioranza ovviamente dal M5S e anche da Italia Viva. Oltre che dello stesso premier Giuseppe Conte, che ha ribadito: «Non appena riporteremo sotto controllo la curva dei contagi torneremo il più possibile con la didattica in presenza».

Obiettivo comune almeno a parole, ma durante la riunione virtuale con i sindaci non sono mancate le precisazioni e le frenate. C’è il comprensibile timore di ritrovarsi in breve tempo ad affrontare gli stessi problemi, irrisolti da mesi. «La nostra massima e unitaria disponibilità a collaborare – spiega il sindaco di Bari e presidente dell’Anci, Antonio Decaro – non può prescindere da alcuni nodi sui quali siamo tornati a sollecitare la ministra e l’intero governo». I sindaci hanno chiesto di fissare gli orari di ingresso e uscita davvero scaglionati, vogliono garanzie sull’incremento dei mezzi di trasporto, soprattutto extraurbani, per evitare affollamenti sui bus e alle fermate, sostengono la necessità di protocolli sanitari «univoci» per fissare le modalità di tracciamento, di quarantena e uso dei test rapidi.

Quest’ultimo è il vero tasto dolente, perché ci sono Regioni (come Lazio e Veneto) dove il sistema è avviato e altre in cui, invece, si è in forte ritardo, dove intere classi attendono giorni e giorni prima di poter fare un tampone. «Ci aspettiamo che, avendo potuto rifiatare per un mese, le Asl abbiano recuperato l’arretrato e siano riuscite a organizzarsi», dicono dallo staff della ministra. Perché la preoccupazione è riaprire e poi tornare subito in affanno. «È importante riaprire le scuole superiori, ma con risorse per il trasporto pubblico e garanzie precise a tutela della salute», avverte il sindaco di Firenze Dario Nardella. L’obiettivo di Azzolina, che nelle ultime settimane ha avuto più di uno scontro con alcuni governatori, è far fronte comune con i sindaci. «Aiutiamoci, lavoriamo insieme», ha ripetuto durante la videoconferenza. Perché, spiegano ancora dal ministero, «vogliamo essere sicuri che, una volta ottenuto il ritorno in classe nel confronto a Palazzo Chigi, poi non siano loro a richiudere le scuole». —

I bambini meno colpiti dal Covid. I pediatri: “Riaprire al più presto le scuole”

da la Repubblica

Sono stati 8 i decessi per Covid-19 registrati nei bambini e nei ragazzi da 0 a 19 anni dall’inizio dell’epidemia, a fronte degli oltre 52.000 decessi registrati tra gli adulti. Sempre dall’inizio della pandemia il numero comlessivo dei contagiati in questa fascia d’età è stato 149.219, pari al 12,2% del totale. A fare il punto, sulla base degli ultimi dati forniti dall’Istituto Superiore di Sanità e aggiornati al 18 novembre, è la Società Italiana di Pediatria (Sip), in occasione della conferenza stampa di presentazione del Congresso Straordinario Digitale “La Pediatria italiana e la Pandemia da Sars-CoV-2”.

In particolare, dall’inizio dell’epidemia, sono stati 43.841, pari al 3,6% del totale, i casi diagnosticati nella fascia di età da 0-9 anni e 105.378 quelli nella fascia 10-19, pari all’8,6%. Tra i bambini da zero o un anno, gli asintomatici sono più di 6 su 10 (64%), quelli con sintomi lievi 3 su 10 (32%) e solo il 3% manifesta sintomi severi. Nella fascia di età tra i 2 e i 19 anni gli asintomatici sono più di 7 su 10, la restante parte ha pochi sintomi, mentre marginali sono i sintomi severi (0,4%).

“Nei mesi del lockdown – ha spiegato Alberto Villani, presidente Sip – tra i bambini abbiamo avuto 4 decessi con pregresse patologie e un numero molto basso di contagi. Contagi che sono rimasti bassi nel periodo post lockdown ed estivo. Poi, da ottobre in poi, abbiamo visto un incremento della curva. Ma anche i nuovi numeri confermano che i bambini hanno forme meno gravi e che è rara, anche se non impossibile, la necessità di cure intensive”. Anche rispetto ai decessi, conclude Villani, “gli ultimi dati sono in linea con l’atteso, a conferma del fatto che i bambini corrono meno rischi diretti a causa dell’emergenza sanitaria ma hanno tutta una serie di rischi collaterali molto importanti, le cui conseguenze però non si manifestano oggi”.

“E’ urgente l’apertura delle scuole per evitare che alla crisi sanitaria ed economica se ne aggiunga una educativa e sociale dalle conseguenze pesanti per tutti i bambini”, sottolineano i pediatri. “Le infezioni da SARS-CoV-2 sono più basse nei bambini rispetto agli adulti e sembrano seguire la situazione piuttosto che guidarla”, spiega Rino Agostiniani, vicepresidente della Sip. “E’ più facile che sia un adulto a infettare un bambino che viceversa. Secondo gli ultimi dati del ministero dell’Istruzione, diffusi il 15 ottobre, gli studenti contagiati erano 5.793, lo 0,08 % del totale, i docenti 1.020, cioè lo 0,13, e il restante personale scolastico 283, cioè lo 0,14, a testimonianza che le scuole sono luoghi sicuri”.

Preoccupano invece gli esperti le crescenti evidenze sui danni provocati dall’isolamento come ansia, disturbi del sonno, disordini alimentari. “E’ urgente l’apertura delle scuole per evitare che alla crisi sanitaria ed economica se ne aggiunga una educativa e sociale dalle conseguenze pesanti per tutti i bambini. Lo Stato – dice Agostiniani – può intervenire con ristori economici, ma non può sostituire i benefici portati dalla frequenza scolastica; un bambino di 6 anni non avrà più 6 anni e ciò che perde in questi mesi lo avrà perso per sempre”.

Scuola, sindaci e Regioni frenano sulla riapertura il 9

da la Repubblica

Corrado Zunino

Questa volta la ministra Lucia Azzolina ha ascoltato. I sindaci delle quattordici città metropolitane del Paese le hanno spiegato necessità e problemi — alcuni davvero grandi — per ripartire con gli istituti superiori (e le seconde e le terze medie) già da dicembre. Il premier Conte insiste: «La scuola va riaperta appena possibile, non appena riporteremo sotto controllo i contagi». E così la ministra dell’Istruzione ha aperto video e microfoni alle città, da Milano a Messina, sapendo che dalle Regioni, detentrici dei veri poteri sulla scuola, già sale l’opposizione al rientro a breve. Azzolina ieri non ha indicato date: mercoledì 9 dicembre resta una possibilità per quello che continua a chiamare un «ritorno graduale», ma dall’altra parte — i primi cittadini — sono arrivate indicazioni che rendono l’appuntamento davvero molto ravvicinato.

Antonio Decaro, sindaco di Bari e presidente dell’associazione dei comuni Anci, così ha spiegato: «Servono scaglionamenti veri, trasporti sicuri, soprattutto extraurbani, protocolli sanitari univoci e adeguamenti tecnologici negli istituti». Un bel filotto di cose, ribadito da Merola (Bologna) e Nardella (Firenze) che non si sono fatte per la prima apertura del 14 settembre. I sindaci parlano di clima positivo, ma Marco Bucci (Genova) segnala: «È ancora in dubbio se apriremo le scuole prima o dopo Natale». Le questioni al Sud sono, al solito, più complesse. Giuseppe Falcomatà, sindaco di Reggio Calabria: «Ci sono tre-precondizioni per aprire, trasporti, orari sfalsati, tracciamento dei contagi. La vedo dura risolverle nelle due settimane che restano». Cateno De Luca, sindaco di Messina, gli istituti scolastici li ha chiusi. Fino a domani. «Da noi l’Azienda sanitaria provinciale non ha alcun controllo sui contagi, devo chiudere per legittima difesa».

Il ministero dei Trasporti fa sapere che anche con una forte immissione di mezzi pubblici in più non si risolverà il problema dell’assembramento a bordo: Milano e Roma sono congestionate e senza scaglionamento a scuola diversi bus viaggiano vuoti. Le aziende di trasporto metropolitane sono pronte a rafforzare il servizio il sabato e anche la domenica. Ecco, questa volta gli orari d’ingresso e d’uscita differenziati dovranno essere veri, radicali. Lo hanno detto tutti i sindaci.

I vertici del Pd — Zingaretti, poi Franceschini — non vogliono l’anticipo del rientro in presenza, ma diversi senatori del partito spingono per dicembre. Italia Viva e 5S premono. Oltre all’ostacolo della realtà scolastica italiana, però, c’è quello dei governatori. Luca Zaia (Veneto): «La data del 9 dicembre mi sembra leggenda metropolitana, io aprirei il 7 gennaio». Nella Campania che ritrova materne ed elementari, molte famiglie continuano a tenere gli alunni a casa. E i sindaci di Caserta, Salerno e Avellino, timorosi del Covid, hanno già firmato proroghe per le chiusure.

Docenti neoassunti, chi deve svolgere l’anno di prova e chi no. Chiarimenti

da OrizzonteScuola

Di redazione

L’Usr per la Toscana ha pubblicato una nota di chiarimento, la numero 15382, per i docenti neoassunti: chi deve svolgere l’anno di prova e chi no.

Devono svolgere l’anno di prova tutti i docenti:

  • neoassunti a tempo indeterminato al primo anno di servizio;
  • assunti a tempo indeterminato negli anni precedenti per i quali sia stata richiesta la proroga del periodo di formazione e prova o che non abbiano potuto completarlo;
  • che, in caso di valutazione negativa, ripetano il periodo di formazione e prova;
  • che abbiano ottenuto il passaggio di ruolo.

NON devono svolgere il periodo di prova i docenti:

  • che abbiano già svolto il periodo di formazione e prova o il percorso FIT ex DDG 85/2018 nello stesso grado di nuova immissione in ruolo;
  • che abbiano ottenuto il rientro in un precedente ruolo nel quale abbiano già svolto il periodo di formazione e prova o il percorso FIT ex DDG 85/2018;
  • già immessi in ruolo con riserva, che abbiano superato positivamente l’anno di formazione e di prova o il percorso FIT ex DDG 85/2018 e siano nuovamente assunti per il medesimo grado;
  • che abbiano ottenuto il trasferimento da posto comune a sostegno e viceversa nell’ambito del medesimo grado.

La nota 28730/2020

La nota dell’Usr Toscana

In classe dal 9 dicembre, ma scuola dalle 8 alle 20 inclusa la domenica. Regioni bocciano Azzolina e chiedono il 7 gennaio

da OrizzonteScuola

Di Ilenia Culurgioni

Prolungare la didattica a distanza per i licei fino a gennaio: è quanto hanno chiesto i presidenti di Regione al governo nella riunione con Boccia e Speranza. Una posizione più dialogante sarebbe stata espressa dal governatore della Toscana Eugenio Giani che si è detto favorevole alla riapertura almeno per le seconde e terze medie.

Da quanto si apprende dunque la data del 9 dicembre, proposta ieri dalla ministra Lucia Azzolina ai sindaci, sarebbe stata per ora “bocciata” dalle Regioni.

In ogni caso, il rientro del 9 dicembre sarebbe graduale. Qui le ipotesi.

A scuola fino alle 20

Il problema sostanziale riguarderebbe i trasporti. Oggi, una interessante intervista al Ministro dei trasporti, apparsa sul quotidiano “La Repubblica” a firma Corrado Zunino, delinea i contorni di quello che è il problema legato ai mezzi pubblici.

La Ministro De Micheli ha chiaramente affermato che la scuola non potrà aprire perché non ci sono abbastanza mezzi pubblici e che i 50mila bus promessi per le prossime settimane non basteranno, dato che si dovrà rispettare la capienza massima del 50%.

La via del rientro non potrà evitare una rimodulazione del tempo scuola, con uno scaglionamento degli ingressi e delle uscite che si dovrà spalmare su un arco di tempo che va dalle 8 alle 20, con la necessità di abbattere il tabu delle lezioni anche di sabato e domenica.

“Un’idea strampalata”

Totalmente contraria alla riapertura prima di Natale è la posizione di Luca Zaia, governatore della Regione Veneto, che in conferenza stampa ha detto: “Penso che sia rischioso aprire per chiudere subito dopo, si apre per una manciata di giorni, val la pena di rischiare per fare un flash pre natalizio?”. Per Zaia è preferibile concentrarsi al dopo Epifania.

E ancora contrario si è mostrato nelle scorse ore il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti, che reputa il rientro il 9 dicembre “un’idea strampalata” e spiega perché: “dovremmo riaprire le scuole superiori per sette, dico sette, giorni al netto del weekend, così da dover mettere in isolamento gli eventuali positivi proprio a Natale”.

“Le regioni unanimemente hanno ritenuto di suggerire al governo di procrastinare al 7 gennaio ogni riapertura della didattica in presenza per chi è ancora oggi in didattica a distanza”. Ha detto nel punto stampa quotidiano sul covid Toti dopo la riunione tra i ministri Boccia, Speranza e la conferenza regioni, l’Anci con Decaro e le province italiane. “In assenza di un programma di scaglionamento degli ingressi e in assenza di un servizio pubblico che oggi prevede capienza al 50% e andrebbe ritoccata”, ha spiegato il governatore.

In effetti, stando al calendario scolastico deliberato dalle Regioni, subito dopo il ponte dell’Immacolata ci sono le vacanze natalizie: per alcuni iniziano il 23 (Calabria, Campania, Lazio, Lombardia, Molise, Piemonte, Sardegna, Sicilia e Umbria), per altri il 24 (Abruzzo, Basilicata, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Marche, Trentino Alto Adige, Toscana, Valle d’Aosta e Veneto), per poi rientrare in aula direttamente dopo l’Epifania.

Chi riguarda il rientro a scuola

Il rientro a scuola, su cui è ora al lavoro il governo, riguarda i ragazzi delle scuole superiori di tutto il Paese più le seconde e terze medie delle zone rosse, ovvero Abruzzo, Calabria, Lombardia, Piemonte, Valle d’Aosta, la Provincia Autonoma di Bolzano, Campania, Toscana.

Verso il nuovo Dpcm

Prima della Conferenza Stato-Regioni, si è svolto a Palazzo Chigi il vertice che avrebbe dovuto decidere le misure in vista delle feste di Natale da varare con un nuovo Dpcm il 3 dicembre, alla scadenza di quello del 3 novembre attualmente in vigore. All’incontro hanno partecipato il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e i capi delegazione dei partiti al governo: Dario Franceschini per il Pd, Roberto Speranza per Leu, Teresa Bellanova per Italia Viva e Alfonso Bonafede per il M5s. Presente anche il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Riccardo Fraccaro.

Esame di Stato terza media e quinto anno superiori come lo scorso anno? Azzolina: è presto per rispondere

da OrizzonteScuola

Di redazione

Ancora nessuna risposta sugli Esami di Stato nei quali anche quest’anno sono impegnati gli studenti della terza classe della secondaria di I grado e quinta classe della secondaria di II grado. Alla domanda diretta degli studenti su Instagram, nonostante la rubrica abbia come titolo #Laministrarisponde, non arriva ancora nessuna indicazione.

Come già nelle scorse settimane il Ministro ha rassicurato sul loro coinvolgimento nelle decisioni che riguarderanno gli Esami di Stato.

“A me il modello dello scorso anno è piaciuto” 

Questo è quanto scrive uno studente su Instagram.

Lo scorso anno l’esame per la secondaria di II grado non ha previsto le prove scritte, sostituite solo da una prova orale distinta in cinque fasi

1) discussione di un elaborato concernente le discipline di indirizzo

2) discussione di un breve testo, già oggetto di studio nell’ambito dell’insegnamento di lingua e letteratura italiana durante il quinto anno e ricompreso nel documento del consiglio di classe.

3) analisi interdisciplinare, da parte del candidato, del materiale scelto dalla commissione

4) esposizione da parte del candidato, mediante una breve relazione ovvero un elaborato multimediale, dell’esperienza di PCTO svolta nel corso del percorso di studi

5) accertamento delle conoscenze e delle competenze maturate dal candidato nell’ambito delle attività relative a “Cittadinanza e Costituzione”.

Per la secondaria di I grado il consiglio di classe ha invece tenuto conto di un elaborato inviato prima del colloquio.

Sarà possibile ripetere le stesse condizioni? Gli esami avranno la struttura pre – Covid?

Ancora nulla dal ministero.