Pandemia e disabilità, “non tornino le classi differenziali”: lettera a Mattarella

Pandemia e disabilità, “non tornino le classi differenziali”: lettera a Mattarella

Redattore Sociale del 16/11/2020

Il comitato dei caregiver familiari Comma 255 si rivolge al presidente della Repubblica, ricordando le gravi difficoltà dovuta alla mancanza di supporti, servizi e percorsi sanitari dedicati. “Approfittare della nostra stanchezza per indurci ad accettare la scuola differenziale è aberrante. Ci aiuti a salvare questo baluardo italiano di democrazia, inclusione e pari opportunità”

ROMA. Il ritorno alle “classi differenziali” è un rischio “inaccettabile” e “aberrante”, che “approfitta della stanchezza e della solitudine dei caregiver familiari per indurli ad accettare nei fatti la scuola differenziale è aberrante. Una società civile non approfitta della condizione di precarietà dei suoi cittadini più fragili e soli”. La denuncia arriva dal comitato Caregiver familiari Comma 255, che si rivolge direttamente al presidente Mattarella, evidenziando in una lettera le tante e diverse problematiche che la pandemia fa gravare in modo particolare sulle loro spalle.
“Dal marzo scorso denunciamo la poca attenzione alla condizione delle persone con disabilità e dei loro caregiver familiari nel governare la crisi pandemica e sanitaria in atto – spiega Comma 255 nella nota che accompagna la lettera – L’allarme sul rischio di riaprire le ‘classi differenziali’ lo abbiamo dato fin dalla pubblicazione dell’ordinanza 82 della regione Campania. Alla pubblicazione del Dpcm del 3 novembre non ci è rimasta altra via che, assieme ad altri, rivolgerci al presidente della Repubblica, garante della Costituzione e dell’unità nazionale, per cercare di scongiurare che si ratifichi con i fatti un percorso differenziale per i nostri figli con disabilità, foriero di un inaccettabile ritorno al passato”. 
Il ritorno delle classi differenziali è solo, per così dire, la punta dell’iceberg di una disattenzione e mancanza di supporti che fin dall’inizio della pandemia pesa gravemente sulle spalle dei caregiver: “L’inesistenza di supporti economici ai caregiver familiari che lascia le nostre famiglie più povere abbandonate e sole, l’assenza di percorsi di ospedalizzazione covid 19 rispettosi dell’esigenza di accompagnamento dei nostri congiunti con disabilità che induce le famiglie a non denunciare la positività della persona con disabilità o del caregiver familiare; il mancato ripristino dei servizi già carenti “a regime” e la forte resistenza di enti erogatori, lavoratori ed enti locali a rimodularli in forma domiciliare, non sono bastati: assistiamo anche al ritorno alle classi differenziali, con l’avallo della società tutta. I caregiver familiari sono soli, abbandonati e stanchi. Approfittare di questo stato psicologico per indurli ad accettare nei fatti la scuola differenziale è aberrante – denunciano i caregiver – Una società civile non approfitta della condizione di precarietà dei suoi cittadini più fragili e soli”.
Ed ecco il testo della lettera indirizzata a Mattarella: “Nonostante il tempo burrascoso e le divisioni che attraversano la politica, Lei ha sempre indicato una strada comune e, come anche papa Francesco ricorda continuamente, ha sempre rifiutato la cultura degli ‘scarti’. Noi genitori di figli con disabilità, noi caregiver familiari, impariamo presto a riconoscere sulla nostra pelle questa sensazione di esclusione. La legislazione del nostro Paese rappresenta sicuramente una tutela essenziale ed un punto di partenza indispensabile per garantire ai nostri figli una vita meno faticosa ma, come Lei sa, non è ancora abbastanza”.
Ed ecco le ragioni della lettera: “Ci rivolgiamo a Lei con l’intenzione ferma di evidenziare che nella nostra penisola, a partire dalla Regione Campania, sta accadendo qualcosa di assolutamente inaccettabile. L’ordinanza numero 82 della Campania per prima, poi, seppur meno esplicite le ordinanze delle diverse regioni italiane, fino al Dpcm del 3 novembre, stabiliscono che la frequenza scolastica debba essere prevista per gli alunni con disabilità, senza assicurare loro la presenza del gruppo eterogeneo dei pari”.

Il ritorno delle classi differenziali
Nessuna garanzia per l’inclusione sarebbe contenuta dunque nell’ultimo Dpcm, secondo i caregiver familiari: e questo “in contraddizione con quanto indicato dalla ministra Azzolina il 5 novembre, che nella Nota 1990/2020 ha ribadito i principi già delineati nel decreto ministeriale 39 del 26/06/2020 e ripresi nel dm 89/2020, delineando come l’unica strada percorribile per la frequenza in presenza richieda di organizzare piccoli gruppi inclusivi”. Diversamente da quanto previsto dal ministero, tuttavia, “nella quotidianità, nelle nostre scuole, si stanno prefigurando inquietanti sperimentazioni di qualcosa che, nel 1977, era stato cancellato: le classi differenziali. La scuola italiana è, orgogliosamente, pioniera nella inclusione e nella solidarietà – ricordano i caregiver familiari – Quanto sta accadendo va esattamente nella direzione opposta: l’esclusione e l’isolamento per i nostri figli con disabilità. La presenza di una pandemia non può giustificare la creazione di percorsi in ‘classi differenziali di fatto’, ovvero la messa in atto di forme evidenti di discriminazione nei confronti dei nostri figli”, ribadiscono i caregiver familiari

Inclusione a distanza e in presenza: bello ma possibile?
Se realizzare quanto richiesto non è facile, va però detto che “sono differenti gli strumenti che governo ed enti locali hanno a disposizione per rispondere ai bisogni degli alunni con disabilità – ricorda Comma 255 – Stanti le condizioni di contesto, possono essere intrapresi percorsi in presenza con il gruppo eterogeneo dei pari, oppure la possibilità di prevedere il ricorso a figure professionali addette all’assistenza all’autonomia e alla comunicazione, che accompagnano, laddove assegnate, gli alunni con disabilità nel percorso scolastico: queste figure dovrebbero spostarsi al domicilio dell’alunno – affermano i caregiver familiari – per consentirgli la fruizione della didattica proposta in modalità remota dagli insegnanti a loro, a distanza, e al gruppo dei pari, a distanza o in presenza. Se l’emergenza sanitaria è tale da impedire la frequenza scolastica, la tutela precauzionale è diritto di tutti. Se consente la frequenza di piccoli gruppi, allora è un diritto che sia garantito a tutti gli allievi che per le più svariate ragioni necessitano di didattica in presenza, organizzando piccoli gruppi inclusivi. La scuola italiana è, per fortuna e per merito di donne e uomini che oltre 40 anni fa hanno costruito su valori comuni, la scuola di tutti. Lei ne è stato, da sempre, un attento testimone e autorevole protagonista – affermano i caregiver, rivolgendosi al presidente della Repubblica – Ci aiuti a farlo comprendere e attuare a chi ha il compito di prendere le decisioni, e ai quali, evidentemente, sfugge quanto stabilisce la normativa italiana in materia. Ci aiuti a salvare questo baluardo italiano di democrazia, inclusione e pari opportunità”. 

di Chiara Ludovisi 

EPIGENESI VIRALE 2

EPIGENESI VIRALE 2

di Paolo Manzelli

Abstract ; Recenti studi facendo riferimento alle ricerche di Frits Albert Popp hanno evidenziato che la emissione coerente di Biofotoni prodotti dal DNA generano un flusso di “Energia Ottica a bassa Intensita'” (Ei) che agiscono come indicatore dello stato di salute o di malattia di ogni essere vivente .
Il Flusso di Biofotoni elettro-ottici (tra 400 e 700 nm) produce una informazione regolatrice della Crescita e della Apoptosi (= morte programmata delle Cellule) , e pertanto influenza agendo come sistema di attivazione e di controllo, la attivita’ di produzione di anticorpi specifici ( IgA,IgM,IgG..) del “sistema immunitario” al fine di agire sulla prevenzione tesa a ristabilire il flusso Biofotonico necessario alla prevenzione della salute .
Ref 1.: https://www.edscuola.eu/wordpress/?p=134304.
Ref.2.: DNA.ANTENNA EPIGENETICA .https://dabpensiero.wordpress.com/…/morfogenesi-e…/

COMPRENDERE LA CIRCOLARITA DELLA AZIONE EPIGENETICA DEI VIRUS .
Innanzitutto e necessario comprendere che il sistema vivente si basa su un comportamento coerente del flusso ottico quantico di Biofotoni principalmente emessi dal DNA per la comunicazione tra le cellule necessaria a coordinare tutti i processi vitali con criteri di ottimizzazione del benessere e della salute .
Quando un elemento estraneo come un Virus produce le proprie proteine,allora la corrente Biofotonica viene modificata e tale alterazione prodotta dall’ambiente esterno ( antigene epigenetico) costringe il DNA a rimodulare la propria espressione genetica per creare gli “Anticorpi” prodotti dal sistema immunitario come le immunoglobuline IgA,IgM,IgG .
Gli Anticorpi si legano agli Antigeni ,così che gli elementi estranei (antigeni) segnalati dagli Anticorpi vengono fagocitati dal “Macrofagi“ , ovvero sono introdotti nel programma di “Apoptosi” dalle cellule NK ( Natural Killers).
Inoltre i Macrofagi per avvertire le altre cellule simili , normalmente adibite alla Fagicitosi delle cellule morte, producono molecole di allarme dette “Citochine”le quali producono infiammazione dei tessuti. Queste Citochine possono provocare una esagerata “Tempesta Infiammatoria” ,tale da impedire di riequilibrare il normale circuito Biofotonico , così che i Macrofagi non riescono più a distinguere gli Antigeni segnalati dagli Anticorpi e pertanto possono fagocitare anche cellule o parti di esse sane similmente a come avviene nelle malattie “Autoimmuni”.
Da questa breve descrizione della “Circolarita della relazione Epigenetica dei Virus”, vista della in relazione alla modulazione della espressione genetica del DNA che induce la produzione di Anticorpi IgA,IgM,IgG , mette in evidenza come tale Circolarità sia naturalmente finalizzata a riattivare la circolazione coerente di Biofotoni necessaria alla prevenzione della salute.
Da tale sintesi si deduce la importanza di agire immediatamente all’inizio della sintomatologia virale , con cure adatte a inibire la tempesta infiammatoria delle Citochine, bloccando la infiammazione acuta anziche attendere , nella sperenza di avere a disposizione come unica soluzione possibile la produzione di un Vaccino miracoloso, duraturo nel tempo anche nel caso probabile di una repentina mutazione del Virus

L’anomalo CCNI sulla didattica digitale

Francesco G. Nuzzaci

1. Inopinato esito di una fugace informativa ministeriale resa nell’ultima decade di ottobre, giusto a cinque mesi di distanza dalla previsione della legge n. 41 del 6 giugno 2020, di conversione del decreto legge 22/2020 con modifiche, si è proceduto alla stipula dell’ipotesi di Contratto collettivo nazionale integrativo, sottoscritta da CISL Scuola, ANIEF e successivamente da FLC CGIL, così superandosi la soglia del 50% di rappresentatività, ancorché esplicitamente prescritta solo per il CCNL. Pertanto può ragionevolmente supporsi il positivo controllo da parte dei competenti organi, pur residuando qualche dubbio sulla legittimazione dell’ANIEF perché non firmataria del CCNL, che costituisce il presupposto giuridico alla sottoscrizione di ogni accordo integrativo.

Dopo di che la didattica in remoto sarà contrattualmente esigibile nella formula di didattica digitale integrata (DDI), come definita nelle Linee guida allegate al D. M. n. 89 del 7 agosto 2020: sia che si affianchi alla didattica in presenza, sia che vi si debba ricorrere in esclusiva qualora quest’ultima dovesse sospendersi del tutto per l’aggravarsi della pandemia da coronavirus.

Il men che si può dire è che siamo in presenza di un contratto anomalo per la procedura seguita, oltre che obiettivamente riduttivo nei contenuti: un accordo a rate e da implementare in progress, secondo la UIL che non lo ha sottoscritto e propone un referendum per dare la parola ai lavoratori. Così come non lo hanno sottoscritto Gilda e SNALS.

E’ subito seguita una minuziosa nota – n. 1934 del 26 ottobre 2020 – del Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione, ma contestata prima da CISL perché ritenuta in parte difforme da quanto convenuto e poi da FLC CGIL;  quindi corretta con l’ulteriore nota operativa n. 2002 del 9 novembre 2020 e infine aggiungendovisi una Dichiarazione congiunta delle parti sulle misure straordinarie da assumere per sostenere le istituzioni scolastiche e il personale nell’emergenza sanitaria da Covid-19, “che non potevano trovare posto, per precisi vincoli normativi, nel testo contrattuale”: nella sostanza un’intesa politica, dunque scritta sulla cenere perché priva di qualsivoglia cogenza.

Quanto ai contenuti, essi – pur assemblando il combinato disposto del testo contrattuale, delle note ministeriali a un tempo interpretative e additive, le predette evanescenti dichiarazioni congiunte – non paiono avere colto il quid proprium della didattica digitale, restando fondamentalmente legati al paradigma delle prestazioni in presenza e nel contempo operando generici rinvii a leggi e regolamenti: in evidente contrasto con il consolidato principio che i contratti devono essere chiari, intelligibili, tendenzialmente autosufficienti e senza elementi di ambiguità interpretativa.

2. Negli otto articoli di cui il CCNI si compone e seguendone l’ordine, si legge che:

  • si può ricorrere alla DDI fino al perdurare dello stato di emergenza, in forma complementare o esclusiva, secondo le disposizioni delle inerenti Linee guida e nel rispetto della libertà d’insegnamento, delle competenze degli organi collegiali, dell’autonomia progettuale e organizzativa delle istituzioni scolastiche. Sarà svolta anche dal docente in quarantena o in isolamento fiduciario purché non in malattia certificata, esclusivamente per le proprie classi ove anch’esse poste in quarantena. Qualora invece possano esse svolgere attività in presenza, il docente renderà la sua prestazione da remoto se sarà possibile garantire nella classe la compresenza con altri docenti non impegnati nelle attività didattiche previste dai quadri orari ordinamentali, comunque nel rispetto delle ore d’insegnamento e delle attività inerenti la funzione definite dal CCNL;
  • il docente utilizzerà gli strumenti informatici o tecnologici, propri o messi a sua disposizione, nel rispetto di quanto previsto dalle Linee guida sulla DDI, di cui al D. M. 26 giugno 2020, n. 39;
  • appartiene all’autonomia professionale e progettuale del docente la ripartizione dell’orario di lavoro contrattualmente codificato e, in base all’apposito piano delle attività deliberato dal Collegio dei docenti, tra prestazioni in modalità sincrona o asincrona o in presenza nei confronti del gruppo classe ovvero di gruppi circoscritti di alunni della classe, salvo il suo diritto alla c.d. disconnessione;
  • nell’esercizio della DDI dovrà rispettare le disposizioni di legge sulla privacy, secondo le informazioni in materia fornitegli dall’istituzione scolastica ed estese a studenti e famiglie, e intendendosi qui integralmente richiamato il documento congiunto del Ministero dell’istruzione e del Garante concernente la “Didattica digitale integrata e tutela della privacy: indicazioni generali”;
  • la rilevazione delle presenze, del personale così come degli allievi, è assicurata dall’utilizzo del registro elettronico;
  • la prestazione di lavoro in modalità DDI deve svolgersi in piena conformità con le norme vigenti in materia di ambiente, sicurezza e salute dei lavoratori, che prevedono informazione e formazione ai sensi degli articoli 36 e 37 del D. Lgs. 81/2008;
  • le istituzioni scolastiche attivano la necessaria formazione al personale docente sulla DDI in conformità alle previsioni del CCNL, assicurando uno specifico modulo obbligatorio sull’uso degli strumenti tecnologici necessari al suo svolgimento;
  • ai docenti in DDI sono garantiti tutti i diritti sindacali figuranti nel CCNL e leggi che li richiamano o li integrano, compresi i diritti di assemblea con le stesse procedure con cui si svolgono le attività didattiche a distanza.

Fuori sacco – tramite il creativo strumento delle note interpretative per adesione, con le quali un Capodipartimento evidentemente ritiene che debbano condursi le moderne relazioni sindacali – si aggiunge:

  • nel corso della lezione in DDI il docente può introdurre momenti di pausa anche in funzione delle capacità attentive degli alunni, e che non vanno recuperati;
  • la prestazione lavorativa in remoto può avvenire in sede diversa da quella scolastica, quindi anche nel proprio domicilio, e assicurando l’informativa alle RSU;
  • il docente in quarantena o in isolamento fiduciario e non in malattia certificata potrà svolgere la DDI “compatibilmente con le (sue) difficoltà organizzative personali o familiari, di cui la scuola dovrà farsi carico”.

Alla Dichiarazione congiunta è poi affidato il compito di:

  • impegnare il Ministero nel supporto ai docenti a tempo determinato nell’erogazione della DID, tutelandone la professionalità e agevolando il proficuo svolgimento del lavoro. Prosaicamente, farli accedere alla card per l’acquisto della strumentazione tecnologica e/o dei servizi di connettività;
  • aprire subito un confronto sul lavoro svolto in modalità agile da parte del personale tecnico, amministrativo e – con più di un elemento di criticità – ausiliario, nel cui ambito dovranno inserirsi e armonizzarsi le disposizioni dell’articolo 87 del decreto legge 18/2020, laddove prescrivono che i dipendenti delle pubbliche amministrazione cui il lavoro agile non può applicarsi (ad es. i collaboratori scolastici) devono obbligatoriamente fruire delle assenze tipiche come da CCNL e, una volta esaurite, esentati dagli obblighi di servizio ma a valere come servizio prestato a tutti gli effetti.

3. Se l’Amministrazione non avesse sprecato cinque mesi e si fosse determinata a correttamente intendere e praticare il sistema delle relazioni sindacali, si sarebbe potuto negoziare, in tempi distesi, un adeguato contratto integrativo organico e autoconsistente, salva la consueta clausola di chiusura con il richiamo delle disposizioni di legge a carattere imperativo; che andasse anche oltre l’emergenza pandemica per regolare la didattica digitale come naturale supporto e/o ausilio all’ordinaria didattica in presenza, quando – si spera il più presto possibile – si potrà tornare alla normalità.

E, con gli opportuni correttivi, ben si sarebbe potuto assumere come ancoraggio normativo il più ampio telelavoro introdotto nelle istituzioni scolastiche, benché in via sperimentale e mai attivato, dagli articoli 139-144 del CCNL  2006-2009.

Come abbiamo avuto modo di annotare in questa rivista lo scorso agosto (Quali relazioni sindacali sulla didattica a distanza nel persistente tempo del coronavirus?), una vera sequenza contrattuale avrebbe potuto e dovuto:

  • definire un progetto di didattica in digitale con gl’inerenti obiettivi assegnati, cui conseguono l’autonomia e la responsabilità di una tipica obbligazione di risultato, a differenza delle obbligazioni di mezzi dei liberi professionisti ma anche dei molto più garantiti ruoli impiegatizi;
  • assicurare ai docenti una postazione di lavoro installata a domicilio e collaudata a spese dell’istituzione scolastica, inclusi i costi di manutenzione e di gestione, congiuntamente all’attuazione della normativa sulla sicurezza (e sugli infortuni sul lavoro: il proprio domicilio è luogo di lavoro), sulle malattie professionali, sulla tutela della salute in genere. Dunque, piattaforme affidabili anche a protezione della privacy, con predisposizione di puntuali protocolli, sì da non rimettere le responsabilità in via esclusiva al singolo docente e ai dirigenti scolastici;
  • prevedere la distribuzione dell’orario di lavoro nell’arco della giornata a discrezione del dipendente in base alle attività da svolgere e con diritto alla disconnessione, ma ferma restando la sua disponibilità per comunicazioni di servizio secondo concordate modalità;
  • puntualizzare che per effetto dell’autonoma distribuzione del tempo di lavoro non sono in radice configurabili prestazioni supplementari, straordinarie, notturne o festive, né permessi brevi o altri istituti che importino riduzioni di orario;
  • garantire specifiche iniziative di formazione in itinere sulle innovazioni tecnologiche e processi di informatizzazione, afferenti alle nuove modalità con cui la didattica a distanza deve essere direttamente erogata;
  • prevedere la sottoscrizione a favore del lavoratore di polizze assicurative per la copertura dei rischi concernenti i danni alle attrezzature telematiche in dotazione, con l’esclusione di quelli derivanti da dolo o colpa grave e i danni a cose o persone, compresi i familiari, rivenienti dall’uso delle stesse attrezzature;
  • verificare le condizioni di lavoro e l’idoneità dell’ambiente in cui è effettuato all’inizio dell’attività e periodicamente, concordando con l’interessato i tempi e i modi di accesso al suo domicilio;
  • non da ultimo, definire gli standard qualitativi della prestazione e i termini con cui essa è apprezzata.

Comunque un contratto c’è, e non è poca cosa. Perché, pur con tutti i suoi limiti, pone – e impone – le coordinate che dovrebbero fugare il rischio di un libero fai-da-te, proprio della prima fase emergenziale e con conseguenti diffide in serie rivolte ai dirigenti scolastici.

Coordinate che, a cascata, ridefiniranno altresì il perimetro delle relazioni sindacali d’istituto ed entro le quali ogni dirigente dovrà agire le proprie funzioni organizzative e di gestione del rapporto di lavoro.

Didattica digitale, da marzo formati due docenti su tre

da Il Sole 24 Ore

di Eugenio Bruno

Zone rosse che scattano. Istituti scolastici che chiudono. Alunni che seguono le lezioni da casa. Visto con gli occhi della scuola, il film che il governo sta proiettando da metà ottobre sembra un remake di quello già offerto in primavera. In attesa di scoprire se anche il finale sarà lo stesso – con tutti gli studenti italiani costretti davanti uno schermo – un primo elemento di discontinuità nella sceneggiatura già si percepisce. E riguarda la preparazione digitale dei docenti. Che, complice lo stato di necessità indotto dalla pandemia, è aumentata rispetto al recente passato. Basti pensare che con i 5 milioni del decreto Cura Italia di marzo sono oltre 572mila i prof che hanno seguito almeno un corso sulla didattica a distanza (Dad). Più dei ⅔ del totale. E segnali analoghi arrivano sia dall’uso della piattaforma nazionale Sofia, sia dalle scelte di acquisto con la card da 500 euro.

A pensarla così è anche la ministra Lucia Azzolina. Nel sottolineare che «investire sulla formazione di tutto il personale, senza eccezioni, è indispensabile per rispondere in modo adeguato, attento e coerente alle esigenze che i tempi dell’innovazione digitale impongono», al Sole 24Ore del Lunedì la titolare dell’Istruzione sottolinea: «In questi mesi abbiamo affrontato l’emergenza sanitaria cercando di trarne anche delle opportunità». Per lei, «l’accelerazione degli investimenti su innovazione e formazione sul digitale ne sono una dimostrazione». In totale per connettività e device da marzo sono stati stanziati 414,9 milioni.

La pandemia come spartiacque

Per la formazione digitale dei insegnanti il Covid-19 è stato uno spartiacque. Complice un quadro normativo confuso, che rendeva la formazione in servizio obbligatoria per legge ma facoltativa per contratto, la situazione pre-emergenza non era delle migliori per passare dall’oggi al domani, come accaduto con il lockdown, dalle lezioni in aula al web. Dei 393mila prof iscritti alla piattaforma nazionale Sofia appena 145mila avevano seguito almeno un corso nell’anno scolastico 2018/19 e, di questi, solo il 32% aveva scelto l’innovazione. Poi è arrivato il coronavirus con gli effetti intercettati dai dati del 2019/20. Sebbene i docenti formatisi con Sofia siano scesi a 143mila – un calo così lieve che dal ministero lo considerano un successo visti i 6 mesi di scuole chiuse alle spalle – risulta comunque aumentata (al 39%) la quota di chi si è aggiornato sulla didattica digitale: unico settore in crescita insieme a cittadinanza e sostenibilità.

Le altre iniziative formative

Un’altra conferma dell’effetto pandemia arriva dai numeri sull’utilizzo dei 5 milioni per l’aggiormamento dei prof previsti dal Cura Italia di marzo. E dai 572.888 docenti che si sono formati sulla Dad (su 836mila in organico, pari al 68%) da allora a oggi. Più nel dettaglio, il 92,5% ha seguito un corso nella scuola organizzato dagli animatori digitali e dal team dell’innovazione, il 21,1% ha beneficiato delle attività delle équipe formative territoriali e il 12,3% si è rivolto all’Indire e alle avanguardie educative (1.175 istituti in tutta italia).

Il terzo indizio lo fornisce il programma “Formare al futuro”, che è stato lanciato nell’ambito del Piano nazionale scuola digitale e che può contare sulle risorse del Pon Istruzione. Nel primo semestre 2020 i Future labs nati al suo interno hanno formato 39.066 docenti in servizio sull’e-learning, sul cloud, sui contenuti digitali. Un’attività che è andata avanti anche a luglio e agosto come dimostrano gli 8.811 insegnanti distribuiti in 97 iniziative formative (dalle lezioni in 3D alla realtà al gaming). E che, in tutto l’anno scolastico 2020/21, dovrebbe riguardare 120mila prof. In attesa nella piattaforma online di “Formare il futuro”, data per imminente, che ospiterà tutte le lezioni registrate.

In ulteriore supporto giungono, infine, le statistiche sull’uso della card formazione da 500 euro che è finanziata annualmente con 380 milioni e che spetta ai soli prof di ruolo. Dei 350 milioni spesi dai docenti nel 2019/2020 il 68% (239,6 milioni) è andato all’hardware e un altro 1,6% al software. Per un totale di quasi il 70% contro il 66% dell’anno prima. Una dotazione digitale che è già tornata utile durante il lockdown e che, alla luce della formazione sul campo, si spera possa esserlo anche ora.

Pronti 350 milioni per scuolabus. Fondi in più per il sistema duale

da Il Sole 24 Ore

di Cl. T.

In arrivo 350 milioni per potenziare i servizi di trasporto scolastico di Comuni e Regioni: nella bozza della manovra si stanziano 200 milioni per aumentare i bus per gli studenti e 150 milioni per consentire agli scuolabus di effettuare il servizio nel rispetto delle norme anti-Covid. Si tratta di finanziare, si legge nella relazione illustrativa alla norma sul Tpl regionale, servizi «aggiuntivi indispensabili per l’avvio dell’anno scolastico».

Bonus 18enni anche nel 2021
La bozza di manovra conferma poi anche per il 2021 la card cultura per i diciottenni, prevedendo uno stanziamento di 150 milioni contro i 190 milioni di euro stanziati per i 2020. Si tratta di una carta elettronica che può essere usata per acquistare biglietti per teatri, cinema, per comprare libri e giornali, per la musica e anche per entrare ai musei.

Al Sud stop contributi per 4 anni per under-35
Conferma anche per l’esonero contributivo del 100%, per massimo trentasei mesi e per un importo massimo di 6mila euro, per le assunzioni degli under 35. L’esonero è riconosciuto per un massimo di quarantotto mesi per le assunzioni in Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna. L’incentivo spetta ai datori di lavoro che non abbiano proceduto a licenziamenti nei sei mesi precedenti l’assunzione, né procedano nei nove mesi successivi. La norma, si legge ancora, è subordinata all’autorizzazione della Commissione europea.

50 milioni per il sistema duale
La bozza di manovra incrementa anche di 50 milioni per ciascuno degli anni 2021 e 2022 le risorse destinate all’integrazione della quota prevista per i percorsi formativi rivolti all’apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore e dei percorsi formativi rivolti alla alternanza scuola lavoro.

C. Lavermicocca, Freud, Allport e la religione

Carlo Lavermicocca, Freud, Allport e la religione. Percorsi di psicologia della religione

Tra psicologia e fede, storia ed epistemologia di una disciplina: una ricerca storico-teoretica

di Carlo De Nitti

Lo studio delle circostanze – storico-sociali e personali – e delle motivazioni psico-sociologiche che spingono l’uomo al credere, al sentimento religioso, alla religiosità, alla trascendenza verso un dio o verso Dio sono l’oggetto di una peculiare branca della psicologia, la psicologia della religione, che ha un suo statuto epistemologico ed un suo ambito di ricerca che si situa tra psicologia e sociologia.

CARLO LAVERMICOCCA, barese, sacerdote diocesano, docente e studioso impegnato da lungo tempo in ricerche su queste tematiche così pregnanti nel nostro tempo “liquido”, le sistematizza nel volume che qui si recensisce dal titolo Freud, Allport e la religione, edito nel luglio 2020 per i tipi di Diogene Edizioni, ottava uscita dell’interessante collana “Fides et ratio”, prefato dal sociologo PAOLO CONTINI, che individua l’alveo all’interno del quale si situa il volume: “dialogo tra le discipline e dialogo tra le sensibilità e le prospettive diverse, all’interno dei confini delle discipline stesse” (p. 11)

Nei nove capitoli che compongono il volume, corredato anche da un’ampia e documentata bibliografia, l’Autore raccoglie il frutto delle sue ricerche – sviluppate nel corso di un quindicennio – con il dichiarato scopo di “delineare a grandi linee la posizione attuale della psicologia della religione nel dibattito epistemologico contemporaneo, cioè chiarire come è intesa oggi la specificità di questa disciplina” (p. 14), cercando in esse possibili percorsi concettuali.

Attraverso i nove saggi – già autonomamente pubblicati sulla rivista “Odegitria”, edita dall’Istituto Superiore di Scienze Religiose ‘Odegitria’ di Bari – si palesa la duplice “dimensione” peculiare del volume, che è storiografica e teoretica insieme, delle ricerche di CARLO LAVERMICOCCA.

Il titolo del volume trae ispirazione dall’omonimo saggio del 2006 che costituisce il capitolo IV (pp. 83 – 101): ai due studiosi è dedicato anche il capitolo III (pp. 63 – 81) ed il capitolo VI (pp. 121 – 135) del 2011, ma le personalità di Sigmund Freud (1856 – 1939) e di Gordon Willard Allport (1897 – 1967) pervadono tutto il libro di CARLO LAVERMICOCCA.

Il medico psichiatra viennese fondatore della psicanalisi e lo psicologo umanista americano hanno un approccio tutt’affatto diverso al problema della religione.

Per Sigmund Freud, la religione è “nevrosi ossessiva”, ma anche “esito del complesso edipico” (Totem e tabù, 1913) ed, inoltre, “illusione” (L’avvenire di un’illusione, 1927, Il disagio della civiltà, 1930). Un itinerario concettuale che ha il suo epilogo nel volume L’uomo Mosè e la religione monoteistica (1939): “la religione per Freud è fondata sulla nostalgia di un padre consolatore e sarebbe un delirante sistema di dottrine e di processi che offre all’uomo un’interpretazione rasserenante del mondo, retto da una provvidenza benevola che tutto spiega e che a tutto viene incontro […] La religione però sarebbe un freno ed un ostacolo alla maturazione dell’individuo e della collettività, al progresso scientifico, allo sviluppo di un maturo senso critico, alla ricerca della felicità umana” (p. 70).

Per Gordon W Allport, ne L’individuo e la sua religione (1950), la religione si configura come il motivo unificante dell’esperienza umana, una forma di intenzionalità che le conferisce significato. “Il sentimento religioso è posto da desideri che sono conseguenze non solo di semplici impulsi, ma anche situazioni orientate (la tensione verso un mondo migliore, la perfezione personale, la relazione gratificante con il mondo), nelle quali confluiscono aspetti dell’intelletto e del pensiero” (pp. 71 – 72). Alla base della religione, per Allport, ci sono le necessità corporee, le componenti temperamentali, i suoi valori e la ricerca del significato. Il sentimento religioso ha motivazioni e manifestazioni diverse nei singoli individui perché unica è la personalità dio ogni uomo/donna.

CARLO LAVERMICOCCA mette a confronto le posizioni dei due Autori, rilevandone motivi di contrasto e di continuità, ovvero di integrazione reciproca (cfr. p. 79). “Ambedue gli approcci, se integrati tra di loro, possono concorrere in modi diversi a dare significato alla religione nell’uomo e, di conseguenza, a giustificare il recupero di essa nel processo di maturazione della persona (Allport) e il superamento di qualsiasi forma (infantile e/o patologica) inadeguata con cui viene espressa e vissuta (Freud)” (pp.100 – 101).

Le prospettive freudiana ed allportiana, ampiamente studiate dall’Autore, possono convergere nella misura in cui – egli argomenta – “un autore colma, per così dire, le ‘lacune’ dell’altro: Freud studia l’aspetto infantile e patologico e non considera quello della maturità, Allport dà spazio a quello della maturità e trascura le manifestazioni dei soggetti in età evolutiva e di quelli con disturbi psichici” (p. 101). Le posizioni dei due studiosi sono integrabili reciprocamente nella misura in cui “l’una e l’altra contribuiscono ad una più completa e profonda conoscenza dell’origine, natura ed espressione del sentimento religioso” (p. 101) in tutte le sue manifestazioni.

Nella prospettiva di CARLO LAVERMICOCCA l’approfondita disamina storiografica degli studi di Freud ed Allport attraverso i loro testi è funzionale alla prospettiva teoretica, che è affidata, a parere di chi scrive, ai tre capitoli finali (VII – VIII – IX) del volume (pp. 137 – 200), allorché discute di religiosità dei fanciulli nonché di educazione alla fede ed all’affettività.

In questa parte del volume, lo studioso di psicologia della religione si integra con l’uomo di fede, il sacerdote ed il docente con la sua azione pastorale e pedagogica per avviare e far crescere bambini, ragazzi, giovani, famiglie in un itinerario che conduce ad una fede matura. “La Chiesa traduce il concetto di itinerario (che è di estrazione pedagogica) con il processo storico-teologico denominato ‘Iniziazione cristiana’, esperienza globale della crescita nella fede dopo il primo annuncio e scelta personale di diventare credenti con la catechesi, i sacramenti, la testimonianza. Qui si gioca tutta la credibilità del cammino di fede: dono di Dio ricevuto con un annuncio cosciente; volontà personale di diventar fedeli nel cammino di fede; educazione come accompagnamento nelle scelte conseguenti di vita” (p. 197).

Il volume qui recensito si rivolge ad un pubblico non certamente “vergine” rispetto alla “materia” affrontata ma non necessariamente di specialisti (non lo è neppure l’autore di queste righe di recensione): è, come tutti i libri, per “curiosi”, ovvero chi cerca etimologicamente il “perché” ma anche il “come” … C’è da augurarsi che quelli che si lascino coinvolgere e desiderino approcciarsi alla lettura di questo interessante volume siano tanti. 

Per il prossimo anno scolastico iscrizioni dal 4 al 25 gennaio 2021

da Il Sole 24 Ore

di Claudio Tucci

Le iscrizioni al prossimo anno scolastico partono alle ore 8 del 4 gennaio 2021 e si chiudono alle ore 20 del 25 gennaio 2021. La procedura, dal 2012 interamente on line, interessa circa 1,4 milioni di famiglie e studenti, chiamati a segnarsi a tutte le prime classi di elementari, medie e superiori. L’iscrizione è cartacea per la scuola dell’infanzia. Per le paritarie l’adesione alla procedura on line è facoltativa (per i percorsi Iefp la procedura è telematica nelle Regioni che hanno aderito).

Il ministero dell’Istruzione ha inviato ieri alle scuole la circolare con tutte le indicazioni per iscriversi al prossimo anno scolastico, il 2021-2022. Il primo step per i genitori è la registrazione sul portale www.istruzione.it/iscrizionionline/, già a partire dalle ore 9 del 19 dicembre. Chi è possesso di un’identità digitale (Spid) accede al servizio utilizzando le credenziali del proprio gestore e senza effettuare altre registrazioni.

All’infanzia possono essere iscritti i bambini tra i 3 e i 5 anni compiuti entro il 31 dicembre 2021. Potranno essere iscritti anche i bambini che compiono il terzo anno di età entro il 30 aprile 2022. Sarà possibile scegliere tra tempo normale (40 ore settimanali), ridotto (25 ore) o esteso fino a 50 ore. Anche a primaria e medie, e sempre se l’organico lo consente, si potrà chiedere, rispettivamente, il tempo pieno (40 ore) o il tempo prolungato (36 ore elevabili fino a 40). Alle superiori si sceglie l’indirizzo di studio, indicando l’eventuale opzione rispetto ai diversi indirizzi attivati dall’istituto.

Oltre alla prima scuola prescelta, si possono indicare fino a un massimo di altri due istituti. Gli eventuali criteri di precedenza sono individuati dalla singola scuola (con delibera del consiglio d’istituto) e vanno pubblicati prima dell’acquisizione delle iscrizioni. Il ministero evidenzia che tali criteri debbono essere definiti in base a principi di ragionevolezza come la viciniorietà della residenza dell’alunno o particolari impegni lavorativi delle famiglie ( è da evitare il ricorso a eventuali test di valutazione come criterio di precedenza).

La circolare ricorda, infine, e opportunamente, che i contributi scolastici sono «assolutamente volontari» e distinti dalle tasse scolastiche che, al contrario, sono obbligatorie, ad eccezione degli esoneri previsti. In ogni caso le famiglie andranno informate sulla destinazione dei contributi in modo da conoscere le attività finanziate con gli stessi in coerenza con il Piano triennale dell’offerta formativa (Ptof).

Calabria, la Regione chiarisce: ordinanza sulla chiusura delle scuole non si applica a fascia 0-3 anni

da OrizzonteScuola

Di redazione

“L’ordinanza di sospensione delle attività delle scuole calabresi (n. 87 del 14 novembre) non si applica ai servizi educativi rivolti ai bambini da 0 a 3 anni”.

Lo chiarisce una nota firmata dal presidente facente funzioni della Regione Calabria, Nino Spirlì, e dal delegato del soggetto attuatore per l’emergenza covid, Antonio Belcastro.

“Si precisa – spiegano – che l’ordinanza n. 87 del 14 novembre 2020 non si applica ai servizi educativi 0-3 anni che, pertanto, possono regolarmente svolgersi nel rispetto delle misure fissate nell’ordinanza n. 63 del 21 agosto 2020 come integrate dall’ordinanza n. 65 dell’ 8 settembre. Si precisa, inoltre, che il riferimento all’ordinanza n. 80/2020 deve intendersi “ordinanza n.80 del 25 ottobre 2020”.

Lavoratori fragili, lavoro agile fino al 31 dicembre: cosa cambia con il Dpcm del 3 novembre. FAQ

da OrizzonteScuola

Di redazione

Cosa cambia per i lavoratori c.d. “fragili” con il DPCM 3 novembre 2020? I lavoratori possono usufruire della modalità agile di lavoro fino al 31 dicembre. Lo ricorda una FAQ pubblicata dall’Usr Veneto.

Con l’ampliamento della DDI al 100% nelle scuole del secondo ciclo, potrebbe venir meno la condizione che – a fronte di caratteristiche di fragilità riconosciute ad un lavoratore con conseguente attribuzione di inidoneità temporanea nella specifica funzione docente, in riferimento alla pandemia di COVID-19 – consentiva all’interessato di fruire dell’istituto giuridico dell’utilizzazione in altri compiti ovvero dell’assenza per malattia equiparata a ricovero ospedaliero (su queste caratteristiche e su tutta la procedura connessa ai lavoratori c.d. “fragili” si rinvia alla nota MI n. 15858 dell’11.09.2020).

Al riguardo va richiamato quanto previsto dall’art. 26, comma 1-bis, del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104 convertito nella legge 13 ottobre 2020, n. 126 il quale, modificando una disposizione del d.l. 18/2020, stabilisce che, dal 16 ottobre al 31 dicembre 2020, i lavoratori dipendenti pubblici e privati in possesso di certificazione rilasciata dai competenti organi medico-legali, attestante una condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita, ivi inclusi i lavoratori in possesso del riconoscimento di disabilità con connotazione di gravità ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, “svolgono di norma la prestazione lavorativa
in modalità agile, anche attraverso l’adibizione a diversa mansione ricompresa nella medesima categoria o area di inquadramento, come definite dai contratti collettivi vigenti […]”.

Di conseguenza, il Medico Competente potrà rivedere, se del caso, il giudizio di inidoneità e ai sensi dell’art. 5, c. 3, lettera b) del DPCM 3 novembre 2020 il dirigente scolastico potrà disporre il rientro in servizio in modalità agile e in DDI.

Quando finiscono le attività didattiche gli insegnanti sono a disposizione della scuola. Sentenza

da OrizzonteScuola

Di Avv. Marco Barone

Una interessante sentenza della Corte di Cassazione entra nel merito su come giuridicamente ed economicamente andrebbe considerato il periodo in cui finisce l’attività didattica, confermando quanto disposto dalla normativa contrattuale e dalla prassi, affermandosi dunque uno status di messa a disposizione del personale docente anche se non fisicamente a scuola.

Il fatto

La Corte d’Appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano, confermava l’accoglimento, pronunciato in primo grado dal Tribunale, della domanda con cui un docente aveva chiesto il pagamento dei giorni estivi non lavorati e non coperti dal periodo di ferie, maturato dalla medesima in misura ridotta, a causa del congedo parentale goduto nel corso dell’anno scolastico. La Corte territoriale richiamava la disciplina contrattuale della Provincia Autonoma, nonchè quella nazionale, per concluderne, in coerenza anche con la previgente normativa statale che, come in generale avveniva nei periodi estivi non destinati alle ferie, il docente restasse a disposizione della scuola, con obbligo di svolgere le prestazioni deliberate dagli organi scolastici, ma senza necessità di presenza a scuola indipendentemente dall’impegno in attività programmate.

I docenti quando finisce l’attività didattica sono da considerare in servizio

Nella sentenza della Cass. civ. Sez. lavoro, Ord., (ud. 22-07-2020) 29-10-2020, n. 23934 si legge che “secondo l’interpretazione data dalla Corte territoriale alla normativa collettiva provinciale, nei periodi estivi successivi al termine delle attività didattiche dell’anno scolastico, i docenti restano in servizio e devono svolgere le attività eventualmente programmate o stabilite dagli organi della scuola, e, nei periodi di tempo non coperti da tali incombenze, vanno considerati in servizio ed a disposizione del datore di lavoro, pur senza necessità di offrire esplicitamente la propria prestazione o presentarsi a scuola, sicchè la remunerazione è comunque dovuta; tale interpretazione si sovrappone senza contraddizioni, come giustamente rileva la stessa Corte territoriale, con il quadro delle regole sulle prestazioni di lavoro dei docenti di cui alla contrattazione collettiva nazionale del comparto (art. 28, comma 4 e 29 c.c.n.l. 2006-2009 del comparto scuola), oltre che con quello di cui alla previgente disciplina normativa (D.P.R. n. 417 del 1974, art. 88), norme che regolano in positivo l’attività, prevedendo in concreto prestazioni didattiche in senso stretto e prestazioni c.d. funzionali, sulla base, per quanto attiene al c.c.n.l., sulla base di una pianificazione annuale ad opera dei competenti organi scolastici”.

I docenti hanno diritto a ricevere la retribuzione anche se non si presentano a scuola ma sono in disponibilità

Continuano i giudici rilevando che “la Corte di merito si è riferita alla disciplina delle attività funzionali all’insegnamento ulteriori rispetto alla ordinaria attività didattica in senso stretto, propria dell’anno scolastico, concludendo che tali regole necessariamente si applichino a quei docenti che, per ragioni diverse abbiano maturato un numero di giorni di ferie inferiori a quelli degli altri insegnanti, sicchè i medesimi hanno diritto a ricevere la retribuzione anche per quei giorni in cui, non fruendo delle ferie perchè non maturate, essi non siano destinatari di incarichi specifici da svolgere a scuola e quindi non si presentino presso di essa ma siano da considerare, secondo il quadro complessivo della disciplina sopra detta, a disposizione, su tali premesse, è evidente che quelle così delineate non costituiscono, a differenza di quanto sostiene la Provincia ricorrente, regole derogatorie alla corrispettività propria dei rapporti di lavoro; infatti, oltre a non escludersi che sia doveroso svolgere presso la scuola eventuali attività in tal senso legittimamente programmate o stabilite per il periodo successivo alla fine dell’anno scolastico, secondo il regime loro proprio anche sotto il profilo economico, la disciplina non sta a significare che il docente non resti a disposizione della scuola pur in quei periodi, ma soltanto che tale disponibilità va considerata in re ipsa, senza necessità che gli insegnanti si presentino a scuola od offrano altrimenti in forme espresse la propria prestazione”.

I margini di autonomia del personale docente

“Si tratta di regime che è del tutto coerente con la peculiarità del sistema scolastico, ove lo svolgimento della didattica frontale generalizzata non è prevista in alcuni mesi estivi, nei quali le attività in presenza degli insegnanti subiscono una contrazione, senza peraltro doversi trascurare che il docente ha significativi margini di autonomia, anche spazio-temporale, rispetto ad altre attività doverose, come quelle di documentazione, aggiornamento e formazione personali, che non richiedono la presenza a scuola; pertanto, il sinallagma è conservato e soltanto la sua dinamica si adatta alla particolare situazione di fatto e diritto che si determina dopo la fine degli incombenti didattici ordinari e di quanto (collegi, scrutini, altre attività regolarmente deliberate o disposte) normalmente previsto”.

Il lavoratore legittimato a non presentarsi a scuola in mancanza di attività si trova in regime di disponibilità

Concludono i giudici riconoscendo che “d’altra parte, è evidente che il lavoratore legittimato a non presentarsi a scuola perchè non siano previste attività, si trova in un regime di disponibilità ben diverso rispetto a chi si trova in ferie; basti ad esempio pensare al principio di cui all’art. 2109 c.c., come da intendere a seguito di Corte Costituzionale 30 dicembre 1987 n. 1987, n. 616, secondo cui il sopravvenire della malattia sospende di regola il periodo feriale, se incompatibile con il riposo proprio di esso e consente quindi di conservare le giornate di ferie non godute, ipotesi che è del tutto estranea invece al regime di disponibilità dei periodi estivi non coperti dalle ferie, senza contare le possibili differenze nel regime di eccezionale rientro forzato dalla ferie (v. ad es. art. 13 c.c.n.l. scuola, secondo cui nel caso sia imposto il rientro delle ferie il lavoratore ha diritto al rimborso spese), rispetto ad uno stato di mera disponibilità in cui la convocazione a scuola non può nè dirsi così eccezionale, nè certamente soggetta a condizioni di rimborso spese”.

Covid, in Abruzzo arriva il lockdown ma con scuole chiuse a macchia di leopardo

da La Tecnica della Scuola

L’Abruzzo non può andare avanti con limitazioni contro il Covid-19 di tipo ordinario: l’impennata di contagi e di ricoveri dovuti al Coronavirus ha convinto il Comitato tecnico scientifico regionale a decidere per ulteriori misure restrittive. Ormai appare scontato che nel corso di lunedì 16 novembre si proclamerà il lockdown dal giorno dopo fino al 3 dicembre prossimo.

È in arrivo un’ordinanza che prevede, tra l’altro, la chiusura delle scuole di ogni ordine e grado ma solo delle zone più a rischio, più lo stop all’accesso ai centri commerciali e limitazioni agli spostamenti dei cittadini.

In arrivo l’ordinanza

A formalizzare la disposizione del lockdown sarà il governatore dell’Abruzzo, Marco Marsilio: prima della pubblicazione dell’atto, gli assessori incontreranno le parti sociali, i sindacati, le categorie produttive e l’Anci per illustrare la situazione.

Nello stesso tempo, l’ordinanza verrà anche condivisa con il Governo.

In base a quanto riporta l’agenzia Ansa, alla richiesta del Comitato tecnico scientifico regionale avrebbe fatto seguito l’assenso unanime della maggioranza della giunta regionale. Solo sul tema dello stop all’attività a scuola in presenza non vi sarebbe stata convergenza totale.

Chiudere dove serve

Alla fine, la Regione ha deciso di chiudere “dove serve” ha spiegato il presidente del Consiglio regionale dell’Abruzzo, Lorenzo Sospiri.

“Il Dpcm del Governo prevede in zona rossa che le scuole materne dell’infanzia fino alla prima media devono restare aperte e così deve essere; se ci sono zone dell’Abruzzo che hanno situazioni talmente emergenziali da non poter permettere neanche questo, si chiudano lì“, ha detto Sospiri.

Se per il Cts regionale ritiene che si debba procedere ad una chiusura totale, andando quindi oltre rispetto a quanto previsto dal Dpcm del 3 novembre, l’assessore regionale Guido Quintino Liris ha spiegato che “è in corso un’attenta valutazione. È possibile, però – afferma – che la Regione decida di operare una stretta decisa per contenere il contagio da coronavirus che oggi sta provocando grandi difficoltà a ospedali e sistema sanitario, integrando le disposizioni già previste dalle norme nazionali con altre di carattere locale”.

Serve per ripartire il prima possibile

“L’obiettivo della Regione – ha concluso l’assessore – è anticipare i tempi rispetto a scelte nazionali che oggi appaiono inevitabili, in modo tale da contribuire alla tutela della salute pubblica e provare a garantire una ripartenza quanto più ampia possibile, soprattutto in vista del periodo natalizio”.

La disposizione in arrivo arriva, comunque, a poche ore dal debutto delle nuove ‘zone rosse’ in Campania e in Toscana, e ‘arancio’ in Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna e Marche.

De Luca contro governo e sindaco di Napoli

E mentre pure la Calabria si arrende, si acuisce lo scontro tra il presidente della vicina Regione Campania Vincenzo De Luca e il governo.

“Non è tollerabile che un ministro si metta a fare sciacallaggio contro un uomo che parla chiaro, Di Maio – ha detto il governatore Vincenzo De Luca collegato a “Che tempo che fa” su Rai Tre – ha detto cose ignobili e il presidente del Consiglio Conte deve intervenire”.

Il governatore De Luca si è anche scagliato contro sindaco di Napoli, Luigi De Magistris. “Le immagini che abbiamo visto di Napoli sono di una città fuori controllo. La Regione Campania ha lavorato mentre ci sono sono nullità che pensano di farsi pubblicità attaccandomi”.

Didattica a distanza. Cisl Scuola: l’impegno orario è fissato dal CCNL

da La Tecnica della Scuola

Dalla Segreteria Nazionale della Cisl Scuola riceviamo una nota a commento di un recente video curato dal nostro collaboratore Dino Caudullo sul tema della didattica a distanza.

Abbiamo seguito con interesse il video dell’avvocato Caudullo a commento del CCNI sulla didattica a distanza.
Una lettura attenta e competente nella quale tuttavia non ci pare del tutto convincente un passaggio, quello che individua un presunto “punto oscuro” laddove il contratto non fisserebbe un tetto massimo agli impegni orari del docente. In realtà il contratto in questione rimanda su questo all’art. 28 del CCNL, senza nulla togliere o aggiungere allo stesso, salvo per quanto riguarda le possibili pause interne all’unità oraria, su cu peraltro hanno già fornito indicazioni sia le stesse Linee Guida sulla DDI che la nota di indicazioni operative n. 2002 emessa in data 9 novembre u.s. dal Capo Dipartimento Istruzione.
Per quanto riguarda le attività non riconducibili agli obblighi cosiddetti frontali, vale quanto già contenuto nel CCNL sulle attività connesse all’esercizio della funzione docente, non tutte quantificate né facilmente quantificabili in modo generalizzato, perché legate a variabili che determinano un ventaglio assai ampio di situazioni (a seconda della disciplina, del numero di classi e alunni affidati, ecc.).
Che la didattica svolta a distanza (poco importa se in tutto o in parte) possa risultare maggiormente onerosa per quanto riguarda le attività di preparazione e di verifica delle lezioni è senz’altro vero, così come lo è il
venir meno di altri oneri e costi (in primis quelli legati agli spostamenti per raggiungere o rientrare dal posto di lavoro), cui fa riscontro il possibile incremento di altri (connessioni, dispositivi, software).
Augurandoci che tutte queste problematiche possano essere quanto prima ridimensionate da un auspicabile ritorno alla normalità di una scuola in presenza, riteniamo che le stesse vadano in ogni caso tenuti presenti nel negoziato – che auspichiamo anch’esso imminente – sul rinnovo del CCNL. Nel 2018 nessuno immaginava che potesse rendersi necessario ricorrere a forme di “lavoro agile” nella misura che stiamo purtroppo sperimentando;
anche per questo non fu colta una sollecitazione fatta al riguardo dalla CISL Scuola, ritenendo si riferisse a una fattispecie marginale e trascurabile. Opinione che nel 2021 dovrà essere sicuramente riconsiderata.

Covid, Azzolina contro chi chiude le scuole con facilità: sull’istruzione niente regionalismi

da La Tecnica della Scuola

La scuola va tenuta aperta in tutte le regioni. A ribadirlo è stata la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina intervenendo domenica 15 novembre agli Stati generali del M5S, nel giorno in cui si sono registrati quasi 34 mila nuovi contagiati e 550 decessi dovuti al Coronavirus.

Niente baratti sulla scuola!

“La lotta per evitare le diseguaglianze non può essere barattata e tenere aperte le scuole significa anche questo”, ha detto la titolare del MI.

Secondo la ministra “grazie alla scuola alcuni studenti vengono sottratti alla strada e alla criminalità. Sulle scuole non può esserci regionalismo, tanto meno delle diseguaglianze”.

La “battaglia” ora passa al Tar

Lucia Azzolina, dunque, conferma la linea sulla necessità di mantenere la didattica in presenza per la scuola dell’infanzia, primaria e media.

A meno che non vi siano cause di forza maggiore, quindi imposizioni di carattere sanitario dovute al numero eccessivo di contagi e ricoveri dovuti al Coronavirus, la titolare del ministero di Viale Trastevere continua a mantenere il punto contro i governatori, come Vincenzo De Luca e Michele Emiliano, che decidono di procedere con la DaD per tutti i cicli scolastici dopo la fascia fino a 6 anni.

La diatriba in atto, che sta prendendo le sembianze di un vero e proprio scontro tra Stato e Regioni, non a caso si sta nel frattempo sempre più tramutando in una battaglia legale, con l’avvocatura di Stato posizionatasi a fianco dei genitori che chiedono a gran voce di tenere in vita la didattica in presenza.

Rivedere il Titolo V della Costituzione?

Il problema è sentito. A punto che il conflitto Stato-Regioni proprio in questi giorni ha fatto riemergere l’esigenza di andare a rivedere il Titolo V della Costituzione, con lo stesso Movimento 5 Stelle che ha ribadito (pure nel corso degli Stati generali svolti in questo week end) di essere favorevole ad aprire un dibattito sulle modifiche costituzionali.

Nel corso dell’intervento tenuto agli Stati generali dei grillini, Azzolina si è poi detta amareggiata, come già scritto in un altro nostro articolo, perché “il nostro paese non è mai stato per i giovani, spesso bistrattati: i giovani – ha sottolineato – devono essere messi al centro dell’agenda culturale, devono diventare protagonisti, senza dover fuggire all’estero”.

Serve un progetto culturale

Ecco perché, ha detto ancora Azzolina, “serve un serio progetto culturale”, perchè “amici miei, senza il coraggio la politica rischia di schiantarsi”.

La ministra ha concluso chiedendo di rafforzare una “identità che guardi al futuro, ai prossimi 10 anni”.

Una identità che poggia, quindi, verso anche una maggiore compattezza d’intenti: l’autonomia, sembra ancora volere dire la ministra, non può prevalere sul diritto allo studio.

L’intervento di Lucia Azzolina

E’ possibile rivedere l’intervento in diretta della ministra Lucia Azzolina nel corso della giornata conclusiva degli Stati generali del M5S

In Basilicata scuole di ogni ordine e grado chiuse fino al 3 dicembre

da Tuttoscuola

“A seguito di una lunga riunione dell’unità di crisi, si è deciso che, a partire dal 17 novembre e fino al 3 dicembre, chiuderanno le scuole primarie e secondarie di primo grado della Basilicata”. Lo rende noto il Presidente della Regione Basilicata, Vito Bardi, che ha appena firmato l’ordinanza numero 44 che dispone appunto la chiusura di tutte le scuole di ogni ordine e grado della regione.

“Abbiamo monitorato da subito i trend dei contagi derivanti dalla riapertura delle scuole – prosegue Bardi – e cercato fino all’ultimo di evitare queste ulteriori misure restrittive, sia perché siamo pienamente consapevoli che la didattica in presenza è di fondamentale importanza per la crescita di questi studenti, in un momento delicato della loro formazione, sia perché siamo consapevoli che la chiusura delle scuole comporta un notevole disagio ai genitori costretti a riorganizzarsi per rendere compatibile il lavoro con l’assistenza ai propri figli. Purtroppo la pandemia che non allenta la sua morsa in tutta Italia, ci impone di trasformare in misure restrittive tutti i trend su cui leggiamo possibili peggioramenti, nell’esclusiva necessità di tutelare la salute della nostra comunità. Tuttavia, abbiamo deciso la chiusura di queste scuole solo per due settimane, fino al 3 dicembre. Monitoreremo quotidianamente i dati e, se la situazione dovesse migliorare, potremo anche interrompere preventivamente la misura.

74mila docenti di sostegno ‘a distanza’: missione quasi impossibile

da Tuttoscuola

Passando dall’altro lato della cattedra (o del video), Tuttoscuola calcola che sono circa 74mila i docenti di sostegno che il DPCM 3 novembre e l’ordinanza del Ministero della Salute obbligano ad operare a distanza per i 117mila alunni con disabilità affidati, fatta salva la possibilità per questi di frequenza in presenza solo per loro. Rappresentano oltre il 43% dei 172 mila docenti di sostegno in servizio l’anno scorso nelle scuole statali.

Ci sono criticità purtroppo consolidate, a cominciare dal crescente incremento dei posti “in deroga” assegnati per legge a docenti precari. Alla situazione di precarietà dei posti in deroga va aggiunta quella di circa il 15-20% di posti di sostegno stabili vacanti in attesa della conclusione dei concorsi e assegnati a docenti con contratto annuale a tempo determinato.

Complessivamente secondo Tuttoscuola si può quindi ritenere che almeno la metà dei docenti di sostegno in servizio abbia un rapporto di lavoro a tempo determinato; tra i 74mila costretti ad operare a distanza non meno di 37 mila sono docenti precari. A quasi tutti sono stati affidati alunni diversi rispetto all’anno scorso, con i quali ora sarà ancora più difficile la relazione educativa nelle condizioni imposte dal contrasto al virus, mancando una reciproca conoscenza. È la prova che la continuità didattica a favore degli alunni con disabilità per il momento resta una chimera.

Un numero imprecisato di quei docenti di sostegno precari è anche privo di specializzazione.

Per ultimo va considerato il fatto che i docenti di sostegno in DAD vengono privati dell’interazione di gruppo con gli altri docenti della classe, indebolendo il lavoro in team, che è una delle condizioni per rendere efficace l’inclusione degli alunni affidati.

Insomma tutti questi fattori, alcuni endemici, altri dettati dalla pandemia fanno sì che sia in corso una vera e propria emergenza per gli alunni con disabilità, il cui apprendimento è a rischio.

In Campania, per effetto dell’ordinanza De Luca, sono in DAD tutti i 20.151 docenti di sostegno in servizio. Complessivamente le altre quattro regioni in fascia rossa superano i 24mila docenti di sostegno: in Lombardia 9.528, in Piemonte 5.701, Toscana 5.508 e in Calabria 6.827.

Sicilia e Lazio hanno rispettivamente 5.442 e 4.209 docenti di sostegno in DAD. La minore incidenza di insegnanti di sostegno in didattica a distanza si ha in Veneto, con il 23,5%.

Ecco i dati per Regione, elaborati da Tuttoscuola su dati del Ministero dell’istruzione.