Didattica a distanza, finanziate circa 5 mila scuole del primo ciclo per l’acquisto di pc, tablet e connessioni

da La Tecnica della Scuola

Sono quasi 5mila gli istituti del primo ciclo finanziati per l’acquisto dei tablet, pc e connessioni. Lo fa sapere il MI tramite un comunicato stampa il 29 aprile.

Sul sito del Ministero dell’Istruzione, sono presenti infatti le graduatorie relative al bando PON per l’acquisto di pc, tablet e dispositivi per la connessione internet destinati alle scuole del I ciclo, primaria e secondaria di I grado. Il bando è stato pubblicato lo scorso 17 aprile. Le domande potevano essere presentate dal 20 al 27 aprile.

Le scuole che hanno aderito sono state 4.905, pari all’87,2% dei 5.625 istituti che potevano partecipare, per un totale di finanziamenti che saranno assegnati pari a 63.679.174,05 euro.

Hanno partecipato con la totalità delle scuole del proprio territorio la Regione Molise e la Provincia Autonoma di Trento.

La Lombardia è la Regione a cui è stata assegnata la più alta quota di risorse, 8.172.708,71 euro. Seguono la Campania, con 8.159.729,49 euro, la Sicilia, che riceverà 7.012.685,56 euro, il Lazio, con 5.116.524,41 euro. Un particolare da sottolineare è che le risorse residue non assegnate verranno riutilizzate.

In particolare, il Ministero sta lavorando ad avvisi specifici per le scuole del secondo ciclo e per i Centri Provinciali per l’Istruzione degli Adulti (CPIA), sempre per le dotazioni tecnologiche.

“Abbiamo lavorato in tempi particolarmente rapidi perché siamo perfettamente consapevoli che le scuole hanno bisogno di queste risorse – ha dichiarato la Ministra Lucia Azzolina -. I primi dati che emergono dal secondo monitoraggio sulla didattica a distanza che abbiamo concluso in questi giorni ci dicono che ci stiamo avvicinando alla copertura totale di studenti che avevano bisogno di un tablet o di un pc. Questo grazie ai fondi stanziati con il decreto Cura Italia, 70 milioni erano destinati a questo scopo, alla consegna di device che si trovavano nei laboratori delle scuole e alla collaborazione degli Enti locali. Si tratta di uno straordinario lavoro fatto in sinergia nell’interesse dei ragazzi, affinché nessuno sia lasciato indietro”.

Ecco le graduatorie PON (CLICCA QUI)

La tabella regionale con le risorse assegnate

Regione Numero di

Scuole finanziate

Importo
ABRUZZO 124 1.610.310,34 €
BASILICATA 65 844.850,23 €
CALABRIA 227 2.949.186,71 €
CAMPANIA 628 8.159.729,49 €
EMILIA ROMAGNA 316 4.101.359,67 €
FRIULI VENEZIA GIULIA 96 1.243.992,74 €
LAZIO 394 5.116.524,41 €
LIGURIA 94 1.219.455,27 €
LOMBARDIA 630 8.172.708,71 €
MARCHE 134 1.737.800,19 €
MOLISE 36 467.032,32 €
PIEMONTE 332 4.309.391,97 €
PUGLIA 384 4.986.807,76 €
SARDEGNA 127 1.650.440,62 €
SICILIA 540 7.012.685,56 €
TOSCANA 272 3.530.817,55 €
UMBRIA 97 1.259.196,45 €
VENETO 340 4.412.153,83 €
Prov. autonoma Bolzano 19 246.460,94 €
Prov. autonoma Trento 50 648.269,29 €
Totale 4.905 63.679.174,05 €

Concorsi 24 mesi ATA, domande dal 5 maggio al 3 giugno 2020

da La Tecnica della Scuola

Con nota 10588 del 29 aprile 2020 il M.I. ha comunicato agli USR la riattivazione delle procedure in merito alla indizione dei concorsi per titoli per l’accesso ai ruoli provinciali, relativi ai profili
professionali dell’area A e B del personale ATA per le graduatorie a. s. 2020-21 (cd. 24 mesi ATA).

Le funzioni POLIS per trasmettere le domande saranno disponibili dalle ore 8 del 5 maggio al 3 giugno 2020.

Gli Uffici scolastici dovranno pubblicare sui propri siti internet i bandi di indizione dei concorsi entro e non oltre la data del 4 maggio.

Scrutini 2020, Azzolina: chi aveva 8 avrà 8, chi merita 4 avrà 4. E a settembre la resa dei conti

da La Tecnica della Scuola

Gli studenti non sottovalutino la didattica a distanza: è vero che per tutti è garantito il passaggio alla classe successiva, ma poi a settembre per chi ha conseguito valutazioni non sufficienti la strada sarà impervia. Lo ha fatto intendere, chiaramente, la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina rivolgendosi agli studenti durante una diretta svolta sul sito internet Skuola.net.

“Studiate oggi e non dovete studiare d’estate”

“Più si studia oggi, meno si deve recuperare domani – ha detto Azzolina -. Lo dicevo anche ai miei studenti: studiate oggi e non dovete studiare d’estate. La didattica a distanza ha avuto successo ma non dappertutto”.

Come abbiamo avuto modo di scrivere subito dopo l’approvazione definitiva del decreto “Cura Italia”, le valutazioni dell’intero anno scolastico in corso, quindi anche della didattica on line, si tradurranno alla fine in voti tradizionali: “chi aveva 8 avrà 8, chi merita 4 avrà 4 e il prossimo anno bisogna recuperarlo”, ha tagliato corto il ministro dell’Istruzione.

Quindi, in occasione degli scrutini di giugno i docenti saranno chiamati a verificare se lo studente avrà maturato “conoscenze e competenze. A inizio settembre chi deve recuperare delle competenze lo farà, altrimenti il prossimo anno scolastico sarà il più in salita possibile”.

Il test di settembre non sarà un pro forma

I primi giorni del nuovo anno scolastico saranno dedicati, quindi, proprio a verificare se gli studenti ammessi alla classe successiva con insufficienze avranno quindi recuperato nel corso dell’estate.

Chi non avrà “riparato” la lacuna, dunque, si ritroverà alle prese con una annualità scolastica, la 2020/21 molto difficile da recuperare.

Secondo la ministra dell’Istruzione “lo studio è sì un diritto ma anche un dovere che non si annulla ai tempi del Coronavirus. La scuola è per la costruzione del vostro futuro”.

Ero molto “secchiona”

Nel corso della trasmissione, Lucia Azzolina ha rivelato che da studentessa era studiosissima: “ero una secchiona, molto secchiona”, ha puntualizzato.

“Ho avuto la fortuna – ha quindi detto – di avere insegnanti eccezionali, senza i quali non sarei qui. I miei insegnanti sono nel mio cuore e lo saranno per sempre, un po’ oggi ripago tutto quello che ho avuto dalla scuola”.

“Penso sempre agli studenti, sto provando a fare del mio meglio affinchè il diritto all’Istruzione possa essere garantito, per certi versi è come se fossi ancora una docente solo ora ho 8,5 milioni di studenti; mi piacerebbe parlare di più con loro”, ha aggiunto.

“Gli studenti sono al centro del ministero, forza, non scoraggiatevi, è un periodo buio ma passerà, siate forti, siete e sarete i cittadini di domani, l’Italia ha bisogno di voi”, ha detto la titolare del Miur.

“Prima avevo tre classi, ora milioni di studenti”

Ad Azzolina è stato quindi chiesto cosa avrebbe risposta se solo avesse saputo di dover fare il ministro in questo periodo così difficile dovuto al Coronavirus.

“Ancora di più lo avrei accettato, è un lavoro difficilissimo fare il ministro, prima avevo una, due, tre classi, ora ho milioni di studenti, lo avrei accettato una, cento, mille volte”, ha concluso la ministra dell’Istruzione.

Concorso ordinario docenti, scuola infanzia e primaria: tutte le info

da La Tecnica della Scuola

Con Decreto n. 498 del 21 aprile 2020 il Ministero ha dato il via al nuovo concorso a posti comuni e di sostegno per il personale docente per la scuola dell’infanzia e primaria.

La procedura concorsuale ha carattere regionale ed è finalizzata alla copertura di complessivi 12.863 posti nelle scuole dell’infanzia e primaria, che si prevede si renderanno vacanti e disponibili per il biennio che comprende gli anni scolastici 2020/2021 e 2021/2022.

Nel dettaglio: 

Scuola dell’infanzia

  • Posti Comuni: 912
  • Posti sostegno: 1.014

Scuola primaria

  • Posti comuni: 104
  • Posti sostegno: 5.833

Tabelle con la ripartizione regionale dei posti comuni e su sostegno

Normativa di riferimento

Decreto Dipartimentale n. 498 del 21 aprile 2020 – Bando di concorso ordinario, per titoli ed esami, finalizzato al reclutamento del personale docente per i posti comuni e di sostegno della scuola dell’infanzia e primaria.

Decreto Ministeriale n. 200 del 20 aprile 2020 – Tabella dei titoli valutabili nei concorsi per titoli ed esami per l’accesso ai ruoli del personale docente nella scuola dell’infanzia e primaria su posto comune e di sostegno.

Decreto Ministeriale n. 327 del 9 aprile 2019 ​​​​​​​- Disposizioni concernenti il concorso per titoli ed esami per l’accesso ai ruoli del personale docente della scuola dell’infanzia e primaria su posto comune e di sostegno, le prove d’esame e i relativi programmi.

Decreto Ministeriale n. 329 del 9 aprile 2019 – Requisiti dei componenti delle commissioni giudicatrici dei concorsi per titoli ed esami per l’accesso ai ruoli del personale docente della scuola dell’infanzia e primaria su posto comune e di sostegno.

Ordinanza Ministeriale n. 330 del 9 aprile 2019  – Formazione delle commissioni giudicatrici dei concorsi, per titoli ed esami, finalizzati al reclutamento del personale docente nelle scuole dell’infanzia e primaria per i posti comuni e di sostegno.

Invio domanda

COME: L’aspirante docente deve presentare obbligatoriamente domanda online, sul sito POLIS Istanze OnLine del Ministero

QUANDO: a partire dalle ore 9.00 del 15 giugno 2020, fino alle ore 23.59 del 31 luglio 2020.

Come accedere a Istanze on-line

Si possono utilizzare le credenziali dell’area riservata del Portale ministeriale oppure una identità digitale SPID. In entrambi i casi occorre essere abilitati al servizio Istanze OnLine.

Per ottenere l’abilitazione al servizio: nella pagina dedicata sono disponibili le guide

Quante domande

Ogni candidato può presentare la domanda in una sola regione a eccezione della Valle d’Aosta e del Trentino Alto Adige, per una o più delle procedure concorsuali per le quali possegga i requisiti di cui all’articolo 3 del bando. 

Chi può partecipare

Sono ammessi a partecipare i candidati in possesso di uno dei seguenti titoli:

  1. in scienze della formazione primaria o analogo titolo conseguito all’estero e riconosciuto in Italia ai sensi della normativa vigente;
  2. diploma magistrale con valore di abilitazione e diploma sperimentale a indirizzo linguistico, conseguiti presso gli istituti magistrali, o analogo titolo di abilitazione conseguito all’estero e riconosciuto in Italia ai sensi della normativa vigente, conseguiti, comunque, entro l’anno scolastico 2001/2002.

Per quanto riguarda invece le procedure per i posti di sostegno su infanzia e primaria è richiesto inoltre il possesso dello specifico titolo di specializzazione sul sostegno conseguito ai sensi della normativa vigente o di analogo titolo di specializzazione conseguito all’estero e riconosciuto in Italia ai sensi della normativa.

Titoli valutabili

Per conoscere l’elenco degli ulteriori titoli valutabili è possibile consultare la tabella A del Decreto Ministeriale n. 200 del 20 aprile 2020.

Prove d’esame

Il concorso ordinario infanzia e primaria si articola in una prova scritta, in una prova orale e nella successiva valutazione dei titoli. Può essere prevista una prova preselettiva.

Prova preselettiva

Può essere previsto lo svolgimento di un test di preselezione computer-based, qualora a livello regionale e per ciascuna distinta procedura, il numero dei candidati sia a 250 unità e a quattro volte il numero dei posti messi a concorsoTale prova è finalizzata all’accertamento delle capacità logiche, di comprensione del testo, nonché di conoscenza della normativa scolastica.

La prova è costituita da 50 quesiti a risposta multipla con quattro opzioni di risposta, di cui una sola corretta, così ripartiti:

  • capacità logiche: 20 domande;
  • capacità di comprensione del testo: 20 domande;
  • conoscenza della normativa scolastica: 10 domande.

I quesiti saranno estratti da una banca dati resa nota tramite pubblicazione sul sito del Ministero almeno 20 giorni prima dell’avvio delle sessioni di preselezione.

DURATA: 50 minuti.

SUPERAMENTO DELLA PROVA: sono ammessi alla prova scritta un numero di candidati pari a tre volte il numero dei posti messi a concorso nella singola regione per ciascuna procedura. Sono inoltre ammessi coloro che, all’esito della prova preselettiva, abbiano conseguito il medesimo punteggio dell’ultimo degli ammessi, nonché i soggetti di cui all’art. 20, comma 2-bis della legge 5 febbraio 1992 n. 104.

Prova scritta

DURATA: 180 minuti

POSTI COMUNI: 2 quesiti a risposta aperta che prevedono la trattazione articolata di tematiche disciplinari, culturali e professionali, volti all’accertamento delle conoscenze e competenze didattico-metodologiche in relazione alle discipline oggetto di insegnamento nella scuola primaria e ai campi di esperienza nella scuola dell’infanzia.

POSTI DI SOSTEGNO: 2 quesiti a risposta aperta inerenti alle metodologie didattiche da applicarsi alle diverse tipologie di disabilità, finalizzati a valutare le conoscenze dei contenuti e delle procedure volte all’inclusione scolastica degli alunni con disabilità.

PER TUTTI: inoltre 1 quesito, articolato in 8 domande a risposta chiusa, volto alla verifica della comprensione di un testo in lingua inglese almeno al livello B2 del Quadro Comune Europeo di Riferimento per le lingue.

PUNTEGGIO MASSIMO: 40 punti.

Prova orale

POSTI COMUNI: è finalizzata all’accertamento della preparazione del candidato secondo quanto previsto dall’Allegato A del D.M. 9 aprile 2019, n. 327 e valuta la padronanza delle discipline, nonché la capacità di progettazione didattica efficace, anche con riferimento alle tecnologie dell’informatica e della comunicazione, finalizzate al raggiungimento degli obiettivi previsti dagli ordinamenti didattici vigenti.

POSTI DI SOSTEGNO: verte sul programma di cui al medesimo Allegato A e valuta la competenza del candidato nelle attività di sostegno all’alunno con disabilità volte alla definizione di ambienti di apprendimento, alla progettazione didattica e curricolare per garantire l’inclusione e il raggiungimento di obiettivi adeguati alle possibili potenzialità e alle differenti tipologie di disabilità, anche mediante l’impiego delle tecnologie dell’informatica e della comunicazione.

DURATA: 30 minuti

IN COSA CONSISTE: nella progettazione di una attività didattica, comprensiva dell’illustrazione delle scelte contenutistiche, idattiche, metodologiche compiute e di esempi di utilizzo pratico delle tecnologie dell’informatica e della comunicazione. La commissione interloquisce con il candidato e accerta inoltre la conoscenza della lingua inglese.

PUNTEGGIO MASSIMO: 40 punti. La prova è superata con un punteggio non inferiore a 28 punti. 

Cosa studiare

Il programma d’esame delle prove concorsuali è contenuto nell’allegato A al D.M. 327 del 9 aprile 2020 e consta in una parte generale e in altre parti differenziate per infanzia, primaria e sostegno.

La parte generale prevede anche la conoscenza delle principali norme scolastiche:

  • Costituzione della Repubblica italiana;
  • Legge 107/2015;
  • autonomia scolastica, con riferimento, in particolare, al dPR 275/1999, Norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche;
  • ordinamenti didattici del primo ciclo di istruzione e del segmento da zero a sei anni;
  • governance delle istituzioni scolastiche (Testo Unico, Titolo I capo I);
  • stato giuridico del docente, contratto di lavoro, disciplina del periodo di formazione e di prova (CCNL vigente; DM 850/2015 relativo all’anno di formazione e di prova per docenti neo-assunti);
  • compiti e finalità di Invalsi e Indire;
  • il sistema nazionale di valutazione (dPR 80/2013);
  • normativa generale per l’inclusione degli alunni con bisogni educativi speciali (disabili, con disturbi specifici di apprendimento e con BES non certificati)
  • Linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri (nota MIUR prot. n. 4233 del 19.02.2014);
  • Linee di indirizzo per favorire il diritto allo studio degli alunni adottati (nota MIUR prot. n. 7443 del 18.12.2014);
  • Linee di orientamento per azioni di prevenzione e di contrasto al bullismo e al cyberbullismo (nota MIUR prot. n. 2519 del 15.04.2015).

Concorso ordinario docenti, scuola secondaria di I e II grado: tutte le info

da La Tecnica della Scuola

Con Decreto Dipartimentale n. 499 del 21 aprile 2020 il Ministero ha dato il via al nuovo concorso a posti comuni e di sostegno per il personale docente della scuola secondaria di I e II grado.

La procedura concorsuale, bandita a livello nazionale e organizzata su base regionale, è finalizzata alla copertura di complessivi 25.000 posti comuni e di sostegno autorizzati nella scuola secondaria di primo e secondo grado, che si prevede si renderanno vacanti e disponibili per il biennio che comprende gli anni scolastici 2020/2021 e 2021/2022.

Nel dettaglio: 

  • Sostegno scuola secondaria di I grado: 3179
  • Sostegno scuola secondaria di II grado: 1176

Tabelle con la ripartizione regionale dei posti comuni e su sostegno

Normativa di riferimento

Decreto Dipartimentale n. 499 del 21 aprile 2020 – bando concorso ordinario, per titoli ed esami, finalizzato al reclutamento del personale docente per posti comuni e di sostegno nella scuola secondaria di primo e secondo grado.

Decreto Ministeriale n. 201 del 20 aprile 2020 – Decreto Ministeriale concernente le disposizioni per i concorsi ordinari per titoli ed esami per il reclutamento di personale docente per la scuola secondaria di primo e secondo grado su posto comune e di sostegno.

Invio domanda

COME: L’aspirante docente deve presentare obbligatoriamente domanda online, sul sito POLIS Istanze OnLine del Ministero

QUANDO: a partire dalle ore 9.00 del 15 giugno 2020, fino alle ore 23.59 del 31 luglio 2020.

Come accedere a Istanze on-line

Si possono utilizzare le credenziali dell’area riservata del Portale ministeriale oppure una identità digitale SPID. In entrambi i casi occorre essere abilitati al servizio Istanze OnLine.

Per ottenere l’abilitazione al servizio: nella pagina dedicata sono disponibili le guide

Quante domande

Ciascun candidato potrà concorrere in una sola regione e per una sola classe di concorso, distintamente per la scuola secondaria di primo e di secondo grado oltre che per le distinte e relative procedure sul sostegno. La richiesta di partecipazione a più procedure concorsuali dovrà essere effettuata mediante la presentazione di un’unica istanza con l’indicazione dei concorsi a cui si intenda partecipare.

Chi può partecipare

Potranno partecipare, per i posti comuni, i candidati in possesso, alla data di scadenza del termine per la presentazione della domanda, di uno dei seguenti titoli:

atitolo di abilitazione alla specifica classe di concorso o analogo titolo conseguito all’estero e riconosciuto in Italia ai sensi della normativa vigente;

btitolo di accesso alla specifica classe di concorso congiuntamente a titolo di abilitazione all’insegnamento per diverso grado o classe di concorso o analogo titolo conseguito all’estero e riconosciuto in Italia ai sensi della normativa vigente;

c. titolo di accesso alla specifica classe di concorso o analogo titolo conseguito all’estero e riconosciuto in Italia ai sensi della normativa vigente congiuntamente al possesso dei 24 CFU/CFA di cui all’articolo 1, comma 181, lettera b), numero 2.1 della Legge.

Per i posti Itp accedono i candidati i possesso del diploma e senza i 24 CFU, almeno fino all’anno scolastico 2024/2025.

Per i posti di sostegno del concorso ordinario secondaria sono ammessi a partecipare alle procedure distinte per la secondaria di primo o secondo grado, i candidati in possesso, alla data di scadenza del termine per la presentazione della domanda, oltre che ai requisiti precedenti, del titolo di specializzazione sul sostegno per lo specifico grado conseguito ai sensi della normativa vigente o analogo titolo di specializzazione sul sostegno conseguito all’estero e riconosciuto in Italia ai sensi della normativa vigente.

Sono ammessi con riserva coloro che, avendo conseguito all’estero i titoli abbiano comunque presentato la relativa domanda di riconoscimento ai sensi della normativa vigente, entro il termine per la presentazione delle istanze per la partecipazione alla procedura concorsuale.

I candidati iscritti ai percorsi di specializzazione sul sostegno avviati entro la data del 29 dicembre 2019 saranno ammessi con riserva. La riserva sarà sciolta positivamente solo se conseguiranno il titolo entro il 15 luglio prossimo.

Prove d’esame

Il concorso ordinario secondaria si articola in una prova scritta (posti di sostegno) o due prove scritte (posti comuni), in una prova orale e nella successiva valutazione dei titoli. Può essere prevista una prova preselettiva.

Prova preselettiva

Può essere previsto lo svolgimento di un test di preselezione computer-based, qualora a livello regionale e per ciascuna distinta procedura, il numero dei candidati sia a 250 unità e a quattro volte il numero dei posti messi a concorsoTale prova è finalizzata all’accertamento delle capacità logiche, di comprensione del testo, nonché di conoscenza della normativa scolastica.

La prova è costituita da 60 quesiti a risposta multipla con quattro opzioni di risposta, di cui una sola corretta, così ripartiti:

  • capacità logiche: 20 domande;
  • capacità di comprensione del testo: 20 domande;
  • conoscenza della normativa scolastica: 10 domande;
  • conoscenza della lingua inglese: 10 domande;

I quesiti saranno estratti da una banca dati resa nota tramite pubblicazione sul sito del Ministero almeno 20 giorni prima dell’avvio delle sessioni di preselezione.

DURATA: 60 minuti.

SUPERAMENTO DELLA PROVA: sono ammessi alla prova scritta un numero di candidati pari a tre volte il numero dei posti messi a concorso nella singola regione per ciascuna procedura. Sono inoltre ammessi coloro che, all’esito della prova preselettiva, abbiano conseguito il medesimo punteggio dell’ultimo degli ammessi, nonché i soggetti di cui all’art. 20, comma 2-bis della legge 5 febbraio 1992 n. 104.

Prima prova scritta – posti comuni

Distinta per ciascuna classe di concorso, è composta da uno a tre quesiti. Ha l’obiettivo di valutare il grado delle conoscenze e competenze del candidato sulle discipline afferenti alla classe di concorso stessa. Nel caso delle classi di concorso concernenti le lingue e culture straniere, la prova è svolta nella lingua oggetto di insegnamento.

DURATA: 120 minuti

PUNTEGGIO MASSIMO: 40 punti. La prova è superata conseguendo un punteggio minimo di 28 punti.

Seconda prova scritta – posti comuni

2 quesiti a risposta aperta volti, il primo, all’accertamento delle conoscenze e competenze antropo-psico-pedagogiche, il secondo, all’accertamento delle conoscenze e competenze didattico-metodologiche in relazione alle discipline oggetto di insegnamento di ciascuna classe di concorso.

DURATA: 60 minuti

PUNTEGGIO MASSIMO: 40 punti. La prova è superata conseguendo un punteggio minimo di 28 punti.

Prova orale – posti comuni

E’ finalizzata all’accertamento della preparazione del candidato e valuta la padronanza delle discipline, nonché la capacità di progettazione didattica efficace, anche con riferimento alle TIC.

DURATA: 45 minuti

IN COSA CONSISTE: nella progettazione di una attività didattica, comprensiva dell’illustrazione delle scelte contenutistiche, didattiche e metodologiche compiute e di esempi di utilizzo pratico delle TIC. Per le classi di concorso A-24 e A-25 la prova orale è condotta nella lingua straniera oggetto di insegnamento.

PUNTEGGIO MASSIMO: 40 punti. La prova è superata con un punteggio non inferiore a 28 punti. 

Prova scritta – posti di sostegno

La prova scritta, distinta per la scuola secondaria di primo e secondo grado, è articolata in due quesiti a risposta aperta inerenti alle metodologie didattiche da applicarsi alle diverse tipologie di disabilità, finalizzati a valutare le conoscenze dei contenuti e delle procedure volte all’inclusione scolastica degli alunni con disabilità.

DURATA: 120 minuti

PUNTEGGIO MASSIMO: 40 punti. La prova è superata conseguendo un punteggio minimo di 28 punti.

Prova orale – posti di sostegno

La prova orale per i posti di sostegno, i cui temi sono predisposti dalle commissioni giudicatrici, valuta la competenza del candidato nelle attività di sostegno all’alunno con disabilità volte alla definizione di ambienti di apprendimento, alla progettazione didattica e curricolare per garantire l’inclusione e il raggiungimento di obiettivi adeguati alle potenzialità e alle differenti tipologie di disabilità, anche mediante l’impiego delle TIC, e accerta la capacità di comprensione e conversazione in lingua inglese almeno al livello B2 del Quadro Comune Europeo di Riferimento per le lingue.

DURATA: 45 minuti

PUNTEGGIO MASSIMO: 40 punti. La prova è superata con un punteggio non inferiore a 28 punti. 

Cosa studiare

Il programma d’esame delle prove concorsuali è contenuto nell’Allegato A al Decreto Ministeriale n. 201 del 20 aprile 2020 e consta in una parte generale e in altre parti differenziate per secondaria di I e II grado, singole classi di concorso e sostegno.

La parte generale prevede anche la conoscenza delle principali norme scolastiche:

  • Costituzione della Repubblica italiana;
  • Legge 107/2015;
  • autonomia scolastica, con riferimento, in particolare, al dPR 275/1999, Norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche;
  • ordinamenti didattici del primo ciclo di istruzione e del segmento da zero a sei anni;
  • governance delle istituzioni scolastiche (Testo Unico, Titolo I capo I);
  • stato giuridico del docente, contratto di lavoro, disciplina del periodo di formazione e di prova (CCNL vigente; DM 850/2015 relativo all’anno di formazione e di prova per docenti neo-assunti);
  • compiti e finalità di Invalsi e Indire;
  • il sistema nazionale di valutazione (dPR 80/2013);
  • normativa generale per l’inclusione degli alunni con bisogni educativi speciali (disabili, con disturbi specifici di apprendimento e con BES non certificati)
  • Linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri (nota MIUR prot. n. 4233 del 19.02.2014);
  • Linee di indirizzo per favorire il diritto allo studio degli alunni adottati (nota MIUR prot. n. 7443 del 18.12.2014);
  • Linee di orientamento per azioni di prevenzione e di contrasto al bullismo e al cyberbullismo (nota MIUR prot. n. 2519 del 15.04.2015).

Ponte Morandi: lezione di speranza e metafora di innovazione

Ponte Morandi: lezione di speranza e metafora d’innovazione anche per la scuola

di Giuseppe Adernò

Le emozionanti immagini del Ponte Morandi di Genova, ricostruito in meno di due anni dopo il tragico crollo (14 agosto 2018), diventano una positiva lezione di speranza e di ripresa della bella Italia, un traguardo simbolico ed un costante monito per una sempre diligente manutenzione degli edifici e delle strutture del servizio pubblico.

L’opera, progettata dall’Architetto e Senatore Renzo Piano, lunga 1.067 metri, con 17.500 tonnellate di acciaio, è stata portata a compimento con l’elevazione e il varo della diciannovesimacampata in ancor meno di 20 mesi e a luglio sarà resa percorribile.

L’intreccio tra il ferro e il vento, il senso del silenzio e della memoria delle 43 vittime del tragico crollo, la linearità della “prua della nave”, che la notte diventa sorgente luminosa, sono tutte suggestioni che Renzo Piano ha trasmesso nella sua intervista, spiegando il significato dell’opera. “Costruire ponti è meglio checostruire muri, si mette in atto un’azione di dialogo, d’incontro, di collegamento”, di cui oggi abbiamo tanto bisogno.

La chiusura e il distanziamento sociale che la pandemia per il COVID-19 ha provocato, trova nella visione del ponte un simboloe un emblema di speranza.

L’evento, salutato come un “miracolo” per la brevità di tempo, nel rispetto delle norme di sicurezza e di efficienza, dimostra che “tanto si può fare. Basta volerlo”.

L’elefantiaca prassi burocratica delle procedure ha avuto un canaleprivilegiato di agevolazioni e di passaggi senza rallentamenti,superando anche il blocco della pandemia, che ha fermato le opere pubbliche e le attività ordinarie dell’intera Nazione, ma non l’impresa “PerGenova” formata da Fincantieri Infrastructure e Salini Impregilo, che ha operato per il ponte Morandi.

Il “modello Genova” costituisce un prototipo di sburocratizzazione delle procedure per gli appalti e un esempio di efficienza della pubblica amministrazione, nonché una prova documentale che le cose “se si vogliono fare, si possono fare”.

Apriamo gli occhi al futuro, alla ripresa, alla rinascita,all’innovazione, utilizzando i nuovi modelli organizzativi, anche nella scuola che non può continuare a riproporre i calchi di un passato ormai desueto e lontano dalla realtà tecnologica ed evoluta di oggi.

La ricostruzione del ponte diventa metafora del processo educativo e formativo che la scuola svolge, da paragonare ad una “grande opera” che vede in azione docenti educatori, progettisti, operatori, tecnici, amministrativi, com’è avvenuto per il nuovo ponte di Genova 

Quando un alunno “cresce”, ci si sente fieri dei positivi traguardi e delle innovazioni tecnologiche che aiutano la scuola italiana a percorrere il sentiero della qualità.

Quando, invece, un ragazzo si perde – “la scuola, purtroppo, conta gli alunni che perde”, diceva Don Milani, – è come se cadesse un pilone, una campata del ponte, e, dopo la caduta, si raccolgono soltanto le macerie.

Che cosa fa la scuola?  In certi casi un ragazzo che non frequenta viene considerato un peso in meno, una naturale selezione,trovando anche la giustificazione di un vantaggio per potersi dedicare meglio agli altri che rendono……

La coltre dell’ovvietà rischia, allora, di prevalere ed il qualunquismo tende ad avere il sopravvento.

Eppure la scuola pensata “di tutti”, unica, obbligatoria” a volte non riesce ad essere, come dovrebbe, “scuola per ciascuno”.

“Che io non perda nessuno di quelli che mi sono stati affidati” non è soltanto un auspicio, ma è un dovere professionale, di chi crede in quello che fa e con atto intenzionale educa, istruisce, forma, guida, stimola, accompagna e si prende cura degli alunni affidati.

Come per i ponti il cedimento di un solo elemento strutturale mette in pericolo tutta l’opera, così dovrebbe essere per la scuola ela perdita di un solo alunno dovrebbe mettere in crisi la Comunità scolastica che progetta piani di miglioramento e piani triennali di offerta formativa.

La medesima sollecitazione alla “manutenzione” ordinaria e straordinaria che si richiede per i ponti e le infrastrutture, dovrebbe essere rivolta anche all’edilizia scolastica, essendo ancora tanti edifici insicuri e inadeguati e, ancor più, all’impresa di “costruzione” della Persona, di cui la scuola è spazio privilegiato dove i docenti sono artefici, architetti, ingegneri, professionisti e validi “costruttori” di futuri cittadini e, quindi, della società del domani. 

La metafora del ponte mette in evidenza la differenza tra il crollo di un ponte, dove è immediato e visibile il danno provocato, e una cattiva educazione, un mancato servizio, una scarsa cura e limitata professionalità nell’arte di insegnare che provoca l’allontanamento di un ragazzo dalla scuola, mortifica il suo entusiasmo, gli fa “odiare” alcune materie per tutta la vita. 

Certi vuoti rimangono incolmabili e tante carenze sono irrecuperabili. I danni provocati da una mancanza di stile educativo, di attenzioni e di accoglienza durano negli anni e lasciano delle profonde cicatrici. 

Come avviene per i ponti che dopo cinquant’anni invecchiano, il calcestruzzo si deteriora e devono essere abbattuti e ricostruiti, utilizzando l’acciaio, è indispensabile che ciò avvenga per la scuola con un ricambio adeguato e una qualificata classe docente,che mette in pratica innovazioni strutturali e organizzative per rendere efficace ed efficiente l’azione educativa.

Una nuova sfida attende anche gli operatori della Scuola della “Nuova Era” segnata dal Coronavirus, che ci vede ancora brancolare nel buio dell’incertezza per la paura di sbagliare.

Un nuovo progetto di scuola rinnovata aprirà orizzonti di speranza e di futuro.

Maturità 2020, Azzolina: “60 crediti per il percorso di studi, 40 crediti per l’orale”

da La Tecnica della Scuola

Conto alla rovescia per la maturità 2020. La ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, interviene a Skuola.net per fare il punto sull’esame di Stato: “L’Esame di Stato non è un interrogatorio ma l’apice di un percorso non può riguardare quanto no è stato fatto. Momento fondamentale per ogni studente, segna il passaggio dell’età adolescenziale a quella adulta. Quest’anno sarà molto particolare, ma sarà svolto in piena sicurezza. Se quest’anno fosse stato possibile svolgere la prima prova degli esami di maturità come autore avrei proposto Pirandello”.

‘La Tecnica della Scuola’ lo aveva detto

Come è stato anticipato dalla nostra testata cinque giorni fa, vi saranno delle modifiche sulla valutazione dei crediti da assegnare alla maturità 2020, proprio a seguito della situazione particolare dovuta al Coronavirus e quindi all’introduzione obbligatoria della didattica a distanza.

“In tutti gli esami di maturità fino ad oggi – ha detto la ministra – la somma dei crediti è sempre stata 40 più 60. I primi si calcolavano in base a quanto ottenuto durante l’anno, i secondi in base alle singole prove dell’esame. Quest’anno le cifre saranno invertite: i ragazzi si presenteranno alla prova finale con un massimo di 60 crediti e potranno ottenerne ulteriori 40. Si partirà da un argomento concordato insieme ai professori sulle materie di indirizzo. Non sarà una tesina. Novità previste per la prossima settimana”.

“Valutazione? A breve sarà resa nota l’ordinanza, siamo a buon punto. Saranno i docenti a valutare gli studenti sulla base di quello che i ragazzi hanno potuto fare. La fiducia a scuola è un elemento imprescindibile”.

Terza media e rientro: tutto confermato

Sugli esami finali che sosterranno oltre mezzo milione di alunni della secondaria di primo grado, Azzolina ha confermato quanto enunciato nei giorni passati: per l’esame di terza media faremo preparare una tesina, i ragazzi lavoreranno con i docenti per la consegna e poi ci sarà lo scrutinio finale“.

Nessuna novità anche per il rientro nelle classi e la ripresa della didattica in presenza: “Il ritorno a scuola? Stiamo lavorando per un ritorno a settembre in piena sicurezza“, ha concluso la ministra dell’Istruzione.

La scuola del primo ciclo oggi e domani: una riflessione a più voci

da Tuttoscuola

L’emergenza del coronavirus ha destrutturato la quotidianità della nostra vita.  L’istituzione più colpita è stata senza dubbio la scuola, mantenuta in vita, grazie agli encomiabili sforzi dei docenti e dirigenti scolastici, quasi inventandosi molteplici forme di didattica a distanza. I componenti dell’ex Comitato Scientifico  Nazionale per l’accompagnamento delle Indicazioni nazionali della scuola dell’infanzia e del primo ciclo (2012) intervengono con una riflessione che si pone in continuità con il lavoro svolto durante i sei anni del loro incarico  e che desiderano condividere con i docenti, dirigenti della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione, ma che può risultare di interesse anche per i responsabili dell’Amministrazione e i decisori politici.

Tuttoscuola sarà lieta di accogliere reazioni e spunti originati dalla lettura di questo rilevante documento che pubblichiamo di seguito.

Oltre l’emergenza

L’emergenza sanitaria che sta sconvolgendo la vita di tutti noi impone un serio ripensamento del modo di fare e di essere scuola. Il contesto è radicalmente cambiato. La nostra immagine di scuola, costruita intorno ad alcuni schemi apparentemente intoccabili: la classe, la cattedra, la comunicazione verbale, le verifiche formali… risulta oggi superata. Si rende necessario un ripensamento profondo, a partire dal superamento della logica burocratico-amministrativa che si preoccupa di conservare, anche in queste condizioni di emergenza, le stesse routine (e la stessa mentalità) della scuola tradizionale: scadenze, orari, obblighi contrattuali, modalità di insegnamento e di verifica, adempimenti formali. Si comprende quanto sia difficile modificare la didattica sotto il peso dell’emergenza, nella parte finale di un anno scolastico che era stato avviato nei modi consueti, e che probabilmente dovrà chiudersi con qualche soluzione di inevitabile compromesso. Ma pensare di iniziare un nuovo anno ancora con le stesse formule sarebbe un errore, oltre che un’occasione perduta. E già fin d’ora è facile prevedere un avvio del prossimo anno scolastico con delle criticità. Ecco perché è importante utilizzare questo momento di prova e riflettere su di esso non solo
come un’emergenza da fronteggiare cercando la riduzione dei danni, ma come una sfida educativa e didattica capace di generare una scuola nuova. L’emergenza ha visto una grande mobilitazione di dirigenti e docenti, che cercano in vari modi di ricreare una relazione educativa e didattica significativa con gli allievi e di contrastare l’isolamento, le solitudini, le varie forme di nuova povertà che si stanno evidenziando. Una esperienza difficile, ma anche una risorsa preziosa da interrogare e valorizzare, per ripartire in modo nuovo. Rinnovare l’ambiente di apprendimento Nelle esperienze avviate in questi mesi di “distanziamento sociale” e di “didattica a distanza” si sono imposte scelte di massima flessibilità, che hanno messo e metteranno alla prova alcune rigidità tipiche del nostro sistema. Da un lato ci sono gli orari di insegnamento, che non possono coincidere con quelli istituzionali in cui l’insegnante è in relazione con l’intero gruppo classe: nella didattica a distanza si rendono necessarie soluzioni personalizzate che impongono una diversa distribuzione del tempo. Per esempio, risulta opportuno, ovunque, ma soprattutto nel primo ciclo, alternare momenti di lezioni a distanza, che coinvolgono l’intera classe, con altri in cui l’insegnante lavora in piccoli gruppi, avendo così modo di differenziare i suoi interventi, ascoltare le diverse reazioni, favorire l’interazione tra gli alunni. Organizzare parte del lavoro in piccoli gruppi favorisce anche gli alunni con bisogni educativi speciali, che soffrono maggiormente questa situazione di isolamento.

Dall’altro c’è la preoccupazione per la verifica degli apprendimenti, talvolta concentrata solo su modalità usuali (svolgimento di prove scritte e prove orali), sottovalutando il valore formativo e pro-attivo della valutazione, con la restituzione all’alunno di informazioni sul suo lavoro, indicazioni su come procedere per il miglioramento e soprattutto riflessione metacognitiva e autovalutativa dell’alunno sul proprio processo di apprendimento.

Al di là delle valutazioni finali, legate a scrutini ed esami che si dovranno svolgere in forme semplificate, si dovrà pensare per il futuro alla possibilità di riorganizzare la didattica su tempi lunghi e su periodizzazioni almeno biennali, che consentano di promuovere e di verificare – come è giusto che sia – la conquista di competenze complesse più che l’adempimento di un compito.

In ogni caso, la riorganizzazione dei tempi e degli spazi, anche virtuali, non deve far dimenticare il senso dell’esperienza educativa e l’importanza dell’ambiente di apprendimento come “contesto idoneo a promuovere apprendimenti significativi”. Tornano, in questo senso, utili i riferimenti delle Indicazioni nazionali per il curricolo del 2012, che, seppur declinati in modo diverso, ricordano l’importanza di valorizzare l’esperienza e le conoscenze degli alunni, attuare interventi adeguati nei riguardi delle diversità, favorire l’esplorazione e la scoperta, incoraggiare l’apprendimento collaborativo, promuovere la consapevolezza del proprio modo di apprendere, realizzare attività didattiche in forma di laboratorio.

Ripensare il curricolo e gli insegnamenti

Poiché non è possibile in alcun ciclo scolastico attuare e seguire i curricoli messi a punto prima della chiusura delle scuole, è importante mettere a fuoco, discutendo collegialmente, i contenuti imprescindibili delle discipline e individuare i nodi interdisciplinari da affrontare, proporre e approfondire, soprattutto qualora il rientro a scuola dovesse rendersi difficoltoso anche per il prossimo anno scolastico.

I contenuti strumentali e funzionali delle singole discipline non vanno certamente esclusi, ma acquistano efficacia se non rappresentano un carico eccessivo e soprattutto se sono riorganizzati in nuclei essenziali irrinunciabili in quanto riferiti allo statuto epistemologico delle discipline e propedeutici ad apprendimenti successivi. La selezione dei nuclei portanti è anche una conseguenza della contrazione dei tempi di apprendimento. Bisogna recuperare il concetto che non si insegnano le discipline, ma si insegna con le discipline.

Gli apprendimenti, comunque, sia a distanza che in presenza, risultano più efficaci se sono proposti in forma problematica, se si pongono interrogativi e problemi che richiedano agli alunni la ricerca delle informazioni necessarie ad avanzare ipotesi risolutive. Si tratta in fondo di fare maggiore ricorso a compiti di realtà (significativi, autentici) e alle esperienze, già avviate da molte istituzioni scolastiche, di flipped classroom. Occorre abbandonare, o perlomeno limitare, lo schema classico della lezione frontale. Nel nuovo contesto didattico sono preferibili testi brevi, schemi essenziali, esemplificazioni operative, semplici “istruzioni per l’uso”, anche se non sono da escludere, specie per gli alunni più grandi, eventuali lavori di ricerca, relazioni su compiti pratici, esperimenti, ecc., di respiro più ampio.

Non solo digitale

L’entusiasmo con cui ci si è affidati alle tecnologie per superare gli obblighi del reciproco isolamento non deve far dimenticare che si tratta di soluzioni praticabili per periodi limitati, anche per non ridurre tutta la vita dei più giovani, in particolare degli alunni della scuola primaria, al solo rapporto virtuale con uno schermo dal quale attendersi la soluzione di ogni problema. Inoltre, se nelle fasce d’età più alte si può presumere che gli studenti dispongano di attrezzature personali per collegarsi con gli insegnanti, man mano che si scende nei livelli inferiori di scolarità l’uso del pc/tablet e del collegamento internet rivela diverse criticità. L’intermediazione dei genitori diventa spesso indispensabile e si devono fare i conti con le loro disponibilità di tempo e con la presenza degli stessi strumenti informatici, che potrebbero servire agli adulti per il loro lavoro.

Nonostante ciò sia difficile, è opportuno, gravare il meno possibile su genitori, provati dalla prolungata coabitazione e da un futuro incerto, anche riguardo al lavoro. È auspicabile, specie con il protrarsi della necessità della didattica a distanza, che inizia a evidenziare disaffezione e stanchezza, proporre a bambine e bambini attività e compiti che possano svolgere il più possibile in autonomia, chiedendo alle famiglie di incoraggiarli verso una progressiva assunzione di iniziativa e responsabilità. La capacità degli alunni di organizzare il proprio lavoro in più o meno completa autonomia diventa, ora più che mai, una competenza fondamentale di cui tenere conto anche nel processo di valutazione.

Peraltro, educazione a distanza non è sinonimo di esclusiva educazione digitale e, quindi, molte attività si possono svolgere utilizzando diversi linguaggi e materiali: letture, scritture, disegni, audio, video, ma anche compiti pratici, manipolazione di oggetti, costruzione di manufatti legati a temi di studio, problemi in forma di gioco, tenuta di diari autobiografici… In sintesi, anche nella didattica a distanza è opportuno valorizzare e potenziare l’apprendimento attivo, la problematizzazione, la riflessione, la contestualizzazione nell’esperienza. Gli appuntamenti di lezione in sincrono, potranno servire a presentare, discutere, approfondire quanto fatto a casa e per avviare altri lavori,
nonché – cosa non trascurabile – per condividere con gli altri pensieri, vissuti, emozioni e sentimenti.

Ciò rappresenta anche un importante banco di prova per il futuro, poiché questi, che sono a tutti gli effetti esempi di “classe rovesciata”, andrebbero portati nella normalità della didattica usuale, così come le forme miste di impiego delle tecnologie tradizionali e di quelle digitali.

La ripresa del nuovo anno, probabilmente, ci costringerà a pensare a forme miste di didattica in presenza e a distanza, ad organizzazioni di gruppi variabili che operano a scuola, a casa, nel territorio e l’esperienza di questi mesi potrà essere estremamente utile.

La promozione di attività che sviluppino autonomia e responsabilità, di concerto con i genitori, può riguardare anche una progressiva assunzione di compiti che riguardano la cura della propria persona, delle proprie cose, degli spazi domestici, la partecipazione – secondo l’età – all’organizzazione familiare, la presa in carico degli animali, l’aiuto ai fratelli minori o a vicini che abbiano particolari necessità. Sono tutte attività che, accompagnate dall’opportuna riflessione e condivisione, costruiscono competenze diverse e necessarie alla vita personale, sociale e alla cittadinanza e che nell’ordinario sono spesso sottovalutate e finanche sottratte all’esperienza dei bambini e dei giovani.

Relazione educativa e “narrazione” dell’emergenza

La didattica a distanza non può consistere nella prosecuzione on line della didattica in presenza, limitata alla costruzione di conoscenze e abilità connesse alle discipline di studio. In questo periodo emergenziale si tratta, innanzitutto, di mantenere la relazione educativa con una attenzione particolare alla cura del vissuto individuale, così come sarebbe necessario fare anche a scuola.

Ciò è soprattutto necessario nella scuola dell’infanzia, dove le attività si realizzano attraverso il contatto diretto, la sperimentazione, l’esplorazione e il gioco. Con i bambini più piccoli la didattica a distanza risulta essere una contraddizione in termini, sostenibile solamente per un periodo di tempo limitato e nella misura in cui si realizza in forme di contatto indiretto, finalizzate a rassicurare, sostenere, incoraggiare.

Il mondo psicoaffettivo degli alunni richiede sempre l’attivazione di una “relazione calda” che si affidi, in modi diversi in relazione all’età, a narrazioni, interlocuzioni, scritture riflessive e diaristiche, tutte mirate ad aiutare gli allievi ad interpretare e attribuire significato a quanto sta accadendo in loro e intorno a loro. Sperimentare più linguaggi possibili per narrare e narrarsi, offrire riferimenti scientifici, storici e matematici, selezionando quei contenuti delle discipline che hanno maggiore “potere ermeneutico” anche sull’emergenza, è la grande scommessa culturale a cui la scuola non può sottrarsi. Si tratta del più gigantesco “compito di realtà” che docenti e allievi si trovano a
dover sperimentare.

Una valutazione formativa

In questa fase emergenziale la valutazione deve essere più che mai essenzialmente formativa, proattiva e autovalutativa. È importante che la valutazione fornisca agli alunni informazioni sul loro processo di apprendimento, indichi gli aspetti da potenziare e le modalità per ottenere il miglioramento, motivi l’alunno ad apprendere attraverso l’apprezzamento dei progressi effettuati, anche se piccoli. Vanno incoraggiate l’autovalutazione e la condivisione dei criteri di valutazione. Il senso del “valutare” interpella anche gli insegnanti e deve trasformarsi, a maggior ragione in questa situazione di forzata separazione, nel riconoscimento e nella restituzione agli allievi della qualità, del valore e del senso del lavoro svolto durante questo difficile percorso “scolastico”.

Il ruolo delle famiglie

I docenti si trovano nella condizione inedita di entrare per diverse ore nelle case dei propri allievi. E’ necessario farlo con discrezione e cautela, prestando la massima attenzione alle differenze e alle difficoltà che si stanno vivendo nelle famiglie. Del resto la presenza dei genitori (quando ci sono) diventa una variabile importantissima, da cui non si può prescindere e che impone nuove forme di corresponsabilità educativa e didattica.

Siamo in presenza di una radicale rimessa in discussione delle relazioni tra la scuola e le famiglie. Difficoltà e incomprensioni precedenti sembrano d’un tratto azzerarsi, di contro si manifestano nuovi bisogni ed esigenze che aprono spazio a forme di comunicazione collaborazione fino a poche settimane fa impensabili. I genitori sono chiamati in causa in un ruolo diverso, di supporto alla continuità della didattica, che li impegna a partecipare, come mai prima, alla complessità dei processi di apprendimento dei loro figli. Entrambi, famiglie e docenti, stanno cercando la strada per raccontarsi e per affrontare i limiti e le barriere personali, sociali e culturali che la quarantena può
aver esposto. Da un lato emergono i disagi e le insicurezze del docente nell’uso di metodologie innovative meno consolidate, dall’altro il senso di inadeguatezza e frustrazione del genitore di fronte alle richieste della scuola, che vanno crescendo con il perdurare della sospensione delle lezioni e ancor più con la progressiva riapertura delle attività lavorative. È fondamentale ricercare il confronto e la mediazione per conquistare il giusto equilibrio che scongiuri l’insorgere di nuove o latenti forme di allontanamento.

Si apre dunque la possibilità di stabilire nuovi patti educativi per una collaborazione attiva tra insegnanti e genitori, fondati sull’ascolto e sulla fiducia reciproca.

Evitare nuove forme di esclusione e disuguaglianza

Non vanno sottovalutate le condizioni particolari in cui si trovano molte famiglie, in particolare immigrate, a cui è bene che la scuola presti particolare attenzione perché i loro figli non rischino di restare emarginati. Ci sono, come già detto, le carenze, più a meno gravi, che stanno emergendo quotidianamente: pc e tablet inesistenti o vetusti, collegamenti assenti o incerti, competenze tecnologiche modeste o decisamente limitate (anche in tanti insegnanti).

Va anche considerata la disponibilità degli spazi fisici per svolgere contemporaneamente (e con comodità) attività diverse o anche le difficoltà che le famiglie culturalmente povere incontrano nel supportare i propri figli. È necessario sostenere, per il presente e per il futuro, il lavoro educativo di un grande numero di insegnanti impegnati nel tentativo di raggiungere e coinvolgere tutti gli allievi in pratiche di didattica a distanza attraverso diverse forme di contatto, anche informali e personalizzate, di assistenza a problemi di vario genere anche attraverso indagini discrete sui bisogni strumentali (devices, connessioni ecc.), relazionali, psicologici. I docenti hanno sperimentato in questo periodo, con la massima duttilità e senza preclusioni a priori, l’uso di diverse piattaforme, lezioni a distanza, messaggi scritti o vocali, comunicazioni whatsapp o telefoniche, considerando l’età dei bambini e ragazzi coinvolti, gli strumenti tecnologici di cui dispongono (spesso in comune con altri familiari), le condizioni abitative e le connessioni disponibili. D’altra parte, scelte o imposizioni rigide avrebbero rischiato di aumentare difficoltà ed esclusioni che non possiamo in alcun modo rinunciare a contrastare.

La medesima duttilità dovrà necessariamente essere impiegata anche per il futuro, poiché le ineguaglianze nelle opportunità non si potranno colmare in tempi brevi.

Una nuova comunità educante

Nelle singole scuole, negli istituti comprensivi o nelle piccole reti va sostenuta e potenziata al massimo la costituzione – già avviata in questo periodo – di gruppi orizzontali di cooperazione tra insegnanti di “mutuo soccorso tecnologico”, per mettere a disposizione le competenze dei più esperti per costruire e ricalibrare ogni proposta per la didattica a distanza, ma anche per forme miste. Il ruolo del Dirigente Scolastico diviene fondamentale per promuovere e favorire la massima creatività pedagogica per scelte innovative che si possono alimentare con i suggerimenti e la partecipazione di tutte le componenti della comunità professionale ed educativa.

Tutti dovranno essere coinvolti in questo processo di rinnovamento, comprese le strutture periferiche degli enti locali e delle associazioni che svolgono sostegno educativo extrascolastico nel territorio, specie in zone particolarmente a rischio, dove la collaborazione di tutta la comunità risulta determinante. Ciò sarà particolarmente necessario con la ripresa nel prossimo anno scolastico, se si dovranno garantire condizioni di sicurezza che dovranno ridurre il numero di alunni presenti contemporaneamente negli edifici scolastici. Tuttavia, le virtuose collaborazioni avviate potranno svolgere anche la funzione di laboratorio per la messa a punto di didattiche che vedano la possibilità di fruire ordinariamente di tutti gli spazi che il territorio può offrire per lo sviluppo di apprendimenti significativi.

La valutazione finale nel primo ciclo

Mentre dall’analisi del presente possono scaturire buone prospettive per la riapertura delle scuole a settembre, è ancora possibile compiere qualche posso per chiudere bene questo anno scolastico caratterizzato dall’emergenza. Il ministero si accinge ad emanare, ai sensi del decreto legge 8 aprile 2020 n. 82, l’ordinanza relativa agli scrutini ed esami nel primo ciclo di istruzione. In questo ordine di scuola esiste una collaudata tradizione pedagogica sul valore formativo della valutazione cui giustamente in questo periodo è stato dato rilievo attraverso il ricorso a strumenti poco formalizzati che vanno dall’ascolto attivo, al dialogo, alla verifica e al feed-back costruttivo, alla costruzione di un “sentimento di riuscita” e di consapevolezza. Questa delicatezza della valutazione è difficilmente rappresentata dall’espressione di voti numerici in decimi per ogni disciplina e quindi invita ad adottare, a maggior ragione nella straordinarietà della situazione di emergenza, una valutazione finale narrativa e descrittiva che dia valore alle conquiste e ai progressi negli apprendimenti effettuati dai bambini e dai ragazzi. Sarebbe quanto mai opportuno chiedere alle scuole un sobrio profilo che descriva, in termini pro-attivi, lo sviluppo degli apprendimenti e dei comportamenti (cognitivi, sociali, personali) da riportare nel documento di valutazione degli allievi, nell’apposito spazio già ora previsto per il giudizio globale, omettendo l’indicazione del voto finale sulle singole discipline.

L’esame di fine primo ciclo

Appare del tutto coerente con la situazione di emergenza richiedere agli allievi di fine primo ciclo la produzione di un elaborato (testo, ricerca, ipertesto, video, manufatto con istruzioni, produzione artistico-espressiva, ecc.) che presenti un tema di carattere pluridisciplinare, sviluppato attraverso l’apporto di diverse discipline e delle esperienze di apprendimento sviluppate anche a distanza (comma b, lettera 4 dell’art. 1 del decreto legge 22/2020). Lascia qualche perplessità la previsione del legislatore di eliminare, a differenza di quanto è stabilito per il secondo ciclo, un momento finale, di valore anche formativo e simbolico, in cui il candidato sostenga, sia pure in modalità telematica, un breve colloquio di fronte al consiglio di classe ed al dirigente scolastico. Senza appesantire le operazioni di fine anno scolastico, sia per gli allievi (e le loro famiglie), sia per i docenti, si suggeri- 6 sce di mantenere una forma di incontro – a distanza o, se le condizioni lo permettessero, in presenza – del candidato con il proprio consiglio di classe per presentare il lavoro predisposto, dare conto del significato delle attività svolte anche a distanza, consentire un saluto ed un dialogo sulle prospettive di impegno futuro dell’allievo. Questo breve colloquio avrebbe il significato di un impegno di responsabilità da assumere, anche in un periodo di emergenza, di fronte ai propri insegnanti, che oltretutto possono restituire valore al percorso formativo svolto.

Italo Fiorin, Maria Patrizia Bettini, Giancarlo Cerini, Sergio Cicatelli, Franca Da Re, Gisella Langè, Franco Lorenzoni, Elisabetta Nigris, Carlo Petracca, Franca Rossi, Maria Rosa Silvestro, Rosetta Zan. Collaborazione di Daniela Marrocchi

Adozione dei libri di testo. Conferma dei testi già adottati

da Tuttoscuola

Non ci saranno nuove adozioni dei libri di testo per il prossimo anno, ma saranno confermati quelli adottati l’anno scorso o già in uso. È questa la conseguenza della non riapertura delle scuole entro il 18 maggio – dichiarata ma non ancora formalizzata – dopo che il premier Conte ha annunciato la ripresa delle attività scolastiche da settembre, dando il via di conseguenza, tra l’altro, anche alla predisposizione degli esami di maturità mediante il solo colloquio.

Le decisioni sulle adozioni sono contenute nelle misure urgenti per l’ordinato avvio dell’anno scolastico 2020-21 previste dal decreto legge 22 sulla scuola, attualmente in fase di conversione in Parlamento.

L’articolo 2 del DL dispone la “conferma, al verificarsi della condizione di cui al comma 4 dell’articolo 1, per l’anno scolastico 2020/2021, dei libri di testo adottati per il corrente anno scolastico, in deroga a quanto previsto agli articoli 151, comma 1, e 188, comma 1, del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297″.

La condizione di cui al comma 4 dell’articolo 1 è quella della non riapertura delle scuole entro il 18 maggio.

Stando così le cose, non ci saranno consegne alle scuole dei libri in visione da parte dei rappresentanti delle case editrici, non ci sarà la consultazione dei testi da parte dei docenti e dei rappresentanti di classe (genitori e studenti), non ci sarà la proposta di adozione da parte dei consigli di classe, e nemmeno la delibera finale di adozione da parte del collegio dei docenti.

I libri adottati l’anno scorso saranno confermati.

Potrebbe essere opportuno, a suo tempo, un passaggio formale di conferma da parte del collegio in video conferenza oppure una formale comunicazione da parte del dirigente scolastico per la conferma d’ufficio dei testi.

La Maturità ai tempi del Coronavirus

da Tuttoscuola

di Teresa Madeo

Qualcuno riflette “Mi auguro che qualsiasi decisione verrà presa non intacchi il percorso fatto nell’arco dei cinque anni fatti”. C’è poi chi riflette su quanto l’emergenza Coronavirus stia cambiando un momento storico nella vita di tanti studenti: “l’esame”, come dicono tutti, lo ricorderemo per sempre. Non era di sicuro questa l’idea di maturità”. La maturità è uno di quei momenti che rimangono nei ricordi di ognuno di noi, è unpunto d’arrivo, un traguardo, una foto che seppur ingiallita dal tempo è sempre bella da rivedere. Chi c’è già passato lo ricorda ancora: gli ultimi giorni di scuola di un giugno particolarmente caldo, la notte prima degli esami passata con i compagni di percorso a condividere la paura e la voglia di scoprire cosa sarebbe accaduto in futuro insieme a  tante altre domande.Insomma, l’ultimo anno della scuola superiore di secondo grado e la sua conclusione sono esperienze fondamentali. Quest’anno, però, i maturandi 2020 si trovano di fronte ad uno scenario che nessuno di noi ha mai provato, negazione probabile di una partita fondamentale della loro vita, per la quale si sono allenati in cinque anni di sacrifici. L’ “Esame” è  conclusione aspettata di un percorso già scritto, è un passo fondamentale per poter intraprendere la strada del loro futuro, per imparare ad affrontare le sfide del mondo degli adulti. Inoltre, chi crede nella scuola meritocratica e nella vera verifica delle competenze, esso risulta la forma più chiara e auspicabile: con le giuste precauzioni, col social distancing e dispositivi di protezione individuale, la maturità può essere svolta di persona e in presenza. Credo che gli studenti abbiano una grande voglia di giocare la partita della maturità, si fidano dei loro insegnanti che li hanno accompagnati in questi anni e anche in questo periodo difficile di didattica a distanza. I maturandi chiedono non di “averla vinta a tavolino”uscendone tutti uguali, ma di mettere in campo il loro coraggio e affrontare con responsabilità e a viso aperto questa tappa della loro vita.

Ecco perché occorre ridare pieno valore a questo momento “esistenziale”, passando dalla considerazione dal valore solo legale, cioè formale e amministrativo, dei titoli di studio a quella del loro valore certificante competenze personali da dimostrare nella soluzione dei problemi anche inediti che ciascuno incontra nel corso del proprio percorso di crescita, nell’elaborazione di progetti che riguardano il futuro proprio e che non possono prescindere da quelli degli altri nell’ottica del confronto, nell’esecuzione a regola d’arte di compiti che abbiano significato per sé, ma anche per il contesto micro, meso e macro che li richiede. Se si trascurerà la presa in carico di questo “passaggio” sicuramente tutto quello che si investe nella scuola non potrà sortire gli effetti da tutti auspicati.

I ricordi che non si cancellano

Una prof. che si immedesima nei maturandi

di Marta Galietta*

Ci sono esperienze che ci caratterizzano fortemente, perché, a seconda di come le viviamo, influiscono sull’approccio a situazioni di pari o maggiore complessità. Il passaggio dall’infanzia all’età adulta attraverso il rito di passaggio biologico dell’adolescenza, il diciottesimo anno che a livello anagrafico stabilisce la responsabilità civile dell’individuo, la ratificazione della fine di un ciclo scolastico che attesta e certifica competenze necessarie per il prosieguo, orientato agli studi e/o al lavoro, sono tutte attribuzioni di responsabilità per precise fasce anagrafiche, a cui corrispondono precisi doveri, quindi gradi di maturità. Questi “stadi” ci mettono di fronte al nostro divenire, oggettivando a noi stessi progressivamente limiti e potenzialità delle nostre conquiste quotidiane, sottoponendoci inoltre al giudizio, alla dimostrazione di chi siamo e di cosa stiamo costruendo sulla nostra pelle.

A partire da questi primi banchi di prova, in maniera analoga o completamente altra, questi momenti forti restano impressi come dei veri e propri riferimenti che ci accompagnano per tutta la vita o almeno per buona parte di essa. Io stessa ricordo che, almeno fino alla metà del mio percorso di formazione universitaria, ogni “notte prima dell’esame” sognavo di dover sostenere di nuovo il mio “Esame di maturità”, sentendo in me quella stessa concitazione, quella stessa carica, quegli stessi timori. Si può dire che oggi, in una società che dichiara un “problema di maturità” derivante da una crisi per molti versi gerarchica, l’esame di Stato (fino a qualche anno fa Esame di maturità) «affrontato collettivamente e contemporaneamente da centinaia di migliaia di ragazzi in tutto il Paese», resti l’unico importante rito di passaggio alla vita matura del giovane; rito ancora vivente perché ancora funzionante la gerarchia (intesa in termini di autorevolezza e di guida) docente\discente nell’ambito dell’istruzione pubblica. I riti di passaggio richiedono una struttura solida, definita e poco negoziabile»: fondati su pubblici ed evidenti “punti cardinali”, «hanno il compito di rappresentarli e ribadirli». Il rito è strutturato su limiti, su soglie, che rendono evidenti il passaggio tra il prima e dopo, a livello temporale ma, soprattutto, in termini di consapevolezza. Allora, come affermerebbe M. Aime, che ho citato nei punti virgolettati (M. Aime, La fatica di diventare grande. La scomparsa dei riti di passaggio, in M. Aime, G. PietropolliCharmet, Einaudi, Torino, 2014), il problema della maturità è un problema di margine e la crisi del margine, del punto di passaggio, è anzitutto gerarchica.

In questo “caos antropologico”, con tutte le conseguenti ricadute sociali che non è il caso di approfondire in questa sede, la Scuola ancora una volta può stabilirsi come “soglia”, affermandosi nella sua stessa prima vocazione pedagogica e collettiva. Se davvero quest’anno l’Esame dovesse subire anche la decurtazione di un momento di presenza emblematico, quando, varcata la soglia di quell’Istituto con il quale si perde, da quel punto in poi la quotidianità, decretando la “sospensione della regola e della linea di sviluppo costante” del quinquennio, l’accoglienza della commissione non segnerà più la fine di un percorso, non si permetterà ai nostri alunni qualcosa di molto significativosia a livello umano che sociale, perché quel “rito”  evidenzia e “drammatizza” l’importanza del momento, ma allo stesso tempo attenua l’angoscia del nuovo, della sospensione, della trasformazione. Il fatto che poi tutto questo avvenga a livello nazionale negli stessi giorni per tutti i maturandi, permette che i soggetti non si sentano soli, ma che, al contrario si sentano parte della società. Lo sbigottimento, il senso di solitudine, la perdita di certezze, la paura, atteggiamenti tipici dell’adolescente e già implementati esponenzialmente dall’emergenza sanitaria, potrebbero avere, privati i nostri alunni anche di un’ancora così ferma(con tutte le aspettative e i timori che portava con sé) ricadute ancor più pesanti, una sorta di “danno permanente”.

“Prepararlo alla vita futura significa dargli la padronanza di se stesso” (J. Dewey)

*Prof.ssa IISS Calamandrei  Sesto Fiorentino FI–Teresa Madeo, Prof.ssa IIS Cellini FI, Docente utilizzata su Progetti Nazionali presso USR Toscana

Maturità 2020, Azzolina: ‘Al via dal 17 giugno’. Le risposte della Ministra agli studenti

da Tuttoscuola

L’emergenza Covid-19 ha messo in difficoltà tutti noi, ma il mondo della scuola non ha esitato a rialzarsi: nuove modalità didattiche e l’uso della tecnologia hanno permesso agli studenti e ai docenti di non fermarsi. L’anno scolastico è salvo, e si è arrivati a poche settimane dalla sua conclusione. Anche l’esame finale per le scuole superiori, la maturità 2020 è stato preservato e attende i maturandi il prossimo giugno. Certo, avrà una veste totalmente nuova rispetto al passato, data la situazione fuori dal comune.

La formula sarà quella, ormai confermata, del maxi orale, che la ministra dell’Istruzione vorrebbe si facesse in presenza, a scuola, davanti alla commissione interna ad eccezione del presidente esterno.

Per fornire maggiori chiarimenti Lucia Azzolina ha risposto alle domande della community di Skuola.net dopo queste settimane nevralgiche e importanti.

Il giorno della data dell’esame di maturità sarà il 17 giugno “e l’esame orale partirà da un argomento che non sarà una tesina ma un argomento da cui partiranno scelto con i loro prof. Si parte da un argomento di indirizzo”. Lo ha detto la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina a Skuola. net. “L’esame di stato non è un interrogatorio ma l’apice di un percorso non può riguardare quanto no è stato fatto”.

“L’esame rappresenta la conclusione di un percorso. Per questo i crediti prima della pandemia erano 40, poi c’erano gli altri 60 legati alle prove. Ora deve essere valorizzato il percorso di studi di più: quel 60 saranno i crediti dai quali gli studenti potranno partire e 40 la prova orale. Questo sarà un giusto riconoscimento all’impegno. Poi ci sarà la possibilità di far sì che l’esame orale partirà da un argomento che non sarà una tesina ma un argomento da cui partiranno scelto con i loro prof”. Lo ha detto la ministra Azzolina a Skuola.net.

Concorsi scuola, i sindacati: ‘Non si riparte con scuole precarie’

da Tuttoscuola

I sindacati più rappresentativi del settore (CISL Scuola, FLC CGIL, UIL Scuola RUA, SNALS Confsal, GILDA Unams) hanno diffuso al riguardo la seguente nota unitaria:

“La decisione della ministra Azzolina di procedere con la pubblicazione dei bandi concorsi scuola non è la scelta giusta per assicurare alla scuola le condizioni migliori per ripartire. Tutti sappiamo che sarà impossibile svolgere le procedure del concorso straordinario prima dell’inizio del nuovo anno scolastico, che a settembre gli attuali precari saranno ancora tali e le classi saranno ancora scoperte.
Nella fase in cui la riapertura richiederà stabilità delle cattedre e certezze, il ministero scarica sulle scuole l’onere di nominare quasi 200 mila supplenti, con graduatorie insufficienti e sovraccarico di lavoro sulle scuole che avranno ben altri problemi da gestire. Per questo abbiamo proposto procedure straordinarie e concordate più semplici, anche se altrettanto rigorose e trasparenti.
Serve un provvedimento legislativo che dia garanzie di fattibilità nell’ambito di un progetto complessivo (emendamento nella legge di conversione del D.L.22/2020). In particolare, proprio per cambiare il modo di selezione, è necessario che il concorso straordinario venga espletato per soli titoli al fine di garantire tempi e modi di immissione in ruolo già a settembre; il personale così assunto parteciperebbe ad una formazione in servizio pari a quella già prevista dalla legge e sarebbe confermato in ruolo al termine dello stesso, previa prova orale selettiva. Viceversa centinaia di migliaia di docenti saranno costretti a spostarsi nelle diverse regioni per sostenere l’inutile e costosa prova 
computer based.

La responsabilità della politica in questa fase complessa per tutto il Paese è quella di assumere tutte le scelte necessarie a garantire una ripresa in condizioni di sicurezza e definire risorse e condizioni concrete per gestire al meglio il funzionamento del sistema di istruzione.
Non è il momento delle impuntature ideologiche. Abbiamo già visto in passato crescere il divario tra la scuola e i decisori politici, ed è ancora più grave riproporre quello schema oggi, quando l’emergenza che attraversiamo richiede confronto e forte condivisione con le forze sociali, di fronte alla difficoltà di riorganizzare l’attività didattica in condizioni di sicurezza.
Sono molti i problemi che affliggono la scuola, non è proprio il caso di aggiungerne altri. Si apra subito, invece, il confronto per affrontarli e risolverli, perché il tempo stringe”.

Emergenza epidemiologica da COVID-19

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La scuola, un esercizio di libertà

Intervento del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per “#maestri”, nuovo programma di Rai Cultura in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione per #LaScuolaNonSiFerma in onda il 27 aprile alle 15:20 su Rai 3.


Fase Due a partire dal 4 maggio

Il 26 aprile, nel corso di una conferenza stampa, il Presidente del Consiglio annuncia l’avvio, dal 4 maggio, della Fase Due nei limiti previsti dal nuovo Decreto Presidente del Consiglio dei Ministri.
Ulteriori aperture sono previste per il 18 maggio ed il primo giugno. Prosegue la sospensione delle attività didattiche.

Video della Conferenza stampa


Risorse per la DaD

Il 17 aprile stanziati 80 milioni per l’acquisto di pc e tablet nelle scuole del primo ciclo. Al via un nuovo monitoraggio con lo scopo di raccogliere informazioni sull’andamento della didattica a distanza e, in particolare, di rilevare le necessità attuali di device e connessioni.


Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 10 aprile 2020

Prorogato il lockdown fino al 3 maggio 2020


DL “Cura Italia” in Senato

Il 9 aprile il Senato approva il DdL di conversione in legge del DL 17 marzo 2020, n. 18


Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.93 dell’8 aprile 2020 il testo del Decreto-Legge approvato il 6 aprile in Consiglio dei Ministri contenente “Misure urgenti sulla regolare conclusione e l’ordinato avvio dell’anno scolastico e sullo svolgimento degli esami di Stato”. Il provvedimento è in vigore dal 9 aprile 2020.

Esami ed Assunzioni nel Consiglio dei Ministri del 6 aprile 2020

Il Consiglio dei Ministri di lunedì 6 aprile a Palazzo Chigi approva un Decreto-Legge relativo a “Misure urgenti sulla regolare conclusione e l’ordinato avvio dell’anno scolastico e sullo svolgimento degli esami di Stato” ed un Decreto del Presidente della Repubblica recante l’autorizzazione al Ministero dell’istruzione ad assumere personale docente

Azzolina: “Via libera al decreto sugli Esami. La valutazione dell’anno sarà seria e coerente con quanto svolto”

Il Consiglio dei Ministri ha dato il via libera oggi al decreto legge che contiene le norme relative agli Esami di Stato e alla valutazione delle studentesse e degli studenti per l’anno scolastico 2019/2020. Provvedimenti che tengono conto dell’emergenza coronavirus.
La scuola ha affrontato questa emergenza con grande capacità di reazione, il Paese deve esserne fiero – sottolinea la Ministra Lucia Azzolina -. Ringrazio di nuovo tutto il personale, le famiglie, gli studenti. C’è stato uno sforzo importante da parte di tutti. La didattica a distanza ci ha aiutato a salvare l’anno scolastico. Non sostituisce e non potrà mai sostituire del tutto, ovviamente, la didattica in presenza. Ma era l’unica risposta possibile per non lasciare soli bambini e ragazzi e garantire loro il diritto allo studio previsto dalla Costituzione”. 
“I problemi non sono mancati e sarà necessario aprire presto una riflessione sullo stato di digitalizzazione del Paese e della scuola stessa, ma il Ministero è stato e resta al fianco delle scuole per risolverli – prosegue la Ministra -. Gli 85 milioni stanziati per supportare la didattica a distanza, messi subito a disposizione degli istituti che li stanno già utilizzando, ne sono una dimostrazione. Con il decreto approvato oggi facciamo un altro passo avanti e tracciamo la strada per accompagnare la scuola fino in fondo a questo anno scolastico e per cominciare a disegnare il prossimo, che ne rappresenterà una naturale prosecuzione”. 

Il decreto, che ora sarà pubblicato in Gazzetta Ufficiale, per poi essere convertito dal Parlamento, mette in sicurezza l’anno scolastico 2019/2020 e traghetta le scuole verso il 2020/2021. 

Tutto ciò che è stato fatto sarà valorizzato. Quel che non si è potuto fare per difficoltà oggettive sarà recuperato, nell’interesse degli studenti e dei bambini – conclude Azzolina -. Mettiamo al centro i diritti dei ragazzi. Nessuno sarà lasciato indietro. Ci sarà una valutazione seria e coerente con quanto svolto durante tutto l’anno”. 

Come si svolgeranno gli Esami di Stato

Scuola secondaria di I grado
Il decreto prevede che il Ministero possa, con provvedimento specifico, modificare l’impianto dell’Esame. Se sarà possibile farlo in presenza, potrà essere semplificato. Altrimenti si procederà con la valutazione finale da parte del Consiglio di classe, prevedendo la consegna anche di un elaborato da parte degli studenti. In ogni caso ci sarà una valutazione seria e corrispondente all’impegno degli alunni.

Scuola secondaria di II grado
Il 96% dei ragazzi viene ammesso, in media, ogni anno, all’Esame finale. Quest’anno tutti avranno la possibilità di sostenere le prove, tenuto conto del periodo dell’emergenza. Ma i crediti di accesso relativi alla classe V e il voto finale saranno comunque basati sull’impegno di tutto l’anno. Il decreto indica, poi, una doppia possibilità. Se i ragazzi potranno rientrare a scuola entro il 18 maggio, ci sarà un esame con commissione interna. La prima prova, Italiano, sarà preparata dal Ministero. La seconda, quella diversa per ciascun indirizzo, sarà predisposta dalle commissioni. Poi ci sarà l’orale. Se non si rientra a scuola, è previsto il solo colloquio orale. Resta ferma la necessità di raggiungere almeno il punteggio di 60/100 per ottenere il diploma.

Ammissione all’anno successivo

Il decreto prevede che tutti possano essere ammessi all’anno successivo, ma tutti saranno valutati, nel corso degli scrutini finali, secondo l’impegno reale.Non ci sarà ‘6 politico’. ‘Congelato’, per quest’anno, il meccanismo dei debiti alla secondaria di II grado. All’inizio di settembre, infatti, invece degli abituali corsi di recupero delle insufficienze, sarà possibile, per tutti i cicli di istruzione, dalla primaria fino alla classe quarta del secondo grado, recuperare e integrare gli apprendimenti: ciò che non è stato appreso, o appreso in parte quest’anno, potrà essere recuperato/approfondito all’inizio del prossimo. Ci sarà particolare attenzione ai ragazzi con disabilità e a quelli con bisogni educativi speciali.

Avvio del nuovo anno

Il decreto consente di lavorare, da subito, anche al nuovo anno scolasticodando al Ministero gli strumenti per operare con rapidità e di raccordarsi, ad esempio, con le Regioni per uniformare il calendario di avvio delle lezioni. 

Nel corso del Consiglio dei Ministri di oggi è stato anche approvato un provvedimento (DpR) che sblocca le assunzioni chieste dal Ministero dell’Istruzione per recuperare parte dei posti liberati, nell’estate del 2019, dai pensionamenti dovuti a ‘Quota 100’. Si attua, quindi, la norma inserita nel decreto scuola approvato in autunno, fortemente voluta dalla Ministra Lucia Azzolina. Si tratta di 4.500 posti che andranno ad altrettanti insegnanti, vincitori di concorso o presenti nelle Graduatorie ad esaurimento, che non avevano potuto occuparli lo scorso settembre perché non erano stati messi a disposizione. Con successivi provvedimenti saranno disposte le assunzioni relative all’anno scolastico 2020/2021.


Circolare Funzione Pubblica su lavoro agile ed altri istituti

(2 aprile 2020) L’utilizzo delle ferie pregresse, comprese quelle del 2019 non ancora fruite, non può rappresentare uno strumento per evitare la modalità del lavoro agile, ma al tempo stesso è legittimo che le amministrazioni ricorrano a questo istituto, magari a rotazione o intervallato con lo smart working, anche in ragione dei picchi di attività. Valgono in tal senso le disposizioni contenute nei diversi contratti collettivi nazionali di comparto che, nella generalità, pongono un limite alla discrezionalità del datore di lavoro, obbligandolo a consentire la fruizione delle ferie – non godute dal lavoratore nell’anno di maturazione per “indifferibili esigenze di servizio” – entro il primo semestre dell’anno successivo. È questo uno dei passaggi chiave della Circolare 2/2020 appena pubblicata sul sito della Funzione pubblica.

Il documento fornisce molteplici indicazioni organizzative e orientamenti applicativi alle amministrazioni in relazione alle disposizioni dell’articolo 87 del decreto legge 18/2020 (il “Cura Italia”). La Funzione pubblica ribadisce che il lavoro agile costituisce la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione fino alla cessazione dello stato di emergenza. E conferma che le amministrazioni sono chiamate a uno sforzo organizzativo e gestionale per garantire il pieno utilizzo dello smart working, accessibile in modo temporaneamente semplificato, così da ridurre al minimo gli spostamenti e la presenza dei dipendenti negli uffici, correlandola ai servizi indifferibili non erogabili da remoto.

Il “favor” verso l’attivazione più estesa possibile del lavoro agile non esclude naturalmente il ricorso, per motivate esigenze organizzative, agli altri istituti richiamati dalla norma, tra i quali ferie pregresse, congedo, banca ore, rotazione nel rispetto della contrattazione collettiva. Mentre l’esenzione del lavoratore dal pubblico servizio è una extrema ratio da motivare puntualmente. La circolare precisa però che qualora una Pa non individui le attività indifferibili da svolgere in presenza, ciò non significa che il dipendente sia automaticamente autorizzato a non presentarsi al lavoro.

Sul rapporto tra smart working ed erogazione dei buoni pasto, la Funzione pubblica specifica che il personale posto in lavoro agile non ha un automatico diritto al buono pasto e che ciascuna Pa assume le determinazioni di competenza, confrontandosi con le organizzazioni sindacali. Per quanto riguarda invece istituti quali gli straordinari, il lavoro notturno, festivo o nel feriale non lavorativo, che determinino maggiorazioni retributive oppure brevi permessi o altri istituti che comportino la riduzione dell’orario giornaliero di lavoro, la circolare precisa che essi appaiono difficilmente compatibili con la strutturazione del lavoro agile quale ordinaria modalità della prestazione. Si ritiene, di conseguenza, conforme alla normativa che una Pa non riconosca a chi si trova in modalità agile, ad esempio, prestazioni di lavoro straordinario.

Riguardo alla legge 104 e alle 12 giornate in più fruibili a marzo e aprile, la circolare precisa che l’incremento dei permessi segue le regole ordinarie. Quindi, se un dipendente assiste più di una persona disabile, ha diritto di sommare tanti incrementi quante sono le persone assistite. Non si ritiene, invece, possibile convertire in permessi per legge 104 le assenze già effettuate nel mese di marzo 2020. Rispetto, invece, alla possibilità di fruire a ore questi stessi permessi aggiuntivi, la Funzione pubblica, pur ritenendola astrattamente compatibile con il quadro regolativo, la giudica in controtendenza rispetto all’obiettivo prioritario di limitare gli spostamenti delle persone fisiche. Dunque, sarebbe auspicabile che le amministrazioni incentivassero, quanto più possibile, l’utilizzo a giornate dell’istituto, anche in modo continuativo.  

Infine, sui congedi parentali straordinari la circolare evidenzia la portata applicativa temporalmente limitata dell’istituto e chiarisce che per i dipendenti pubblici le modalità di fruizione dei permessi aggiuntivi sono a cura del datore di lavoro. La domanda non va quindi presentata all’Inps, ma alla propria amministrazione. Si ritiene inoltre che il lavoro agile di un genitore legittimi la fruizione del congedo Covid-19 da parte dell’altro genitore, in considerazione della circostanza che lo smart working non è un diverso tipo di contratto di lavoro, ma solo un modo differente di svolgere l’attività professionale.

La circolare della Funzione pubblica contiene anche indicazioni sulla sospensione dei concorsi pubblici e sulle altre misure a beneficio dei lavoratori con particolari condizioni di salute o in stato di disabilità grave.

La circolare è in corso di registrazione presso gli organi competenti.


L’1 aprile il Presidente del Consiglio firma il DPCM che proroga fino al 13 aprile 2020 le misure fin qui adottate per il contenimento del contagio epidemiologico da Covid-19


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La civiltà e il crepuscolo che avanza

La civiltà e il crepuscolo che avanza

di Carlo Ruta

Fino alla metà del febbraio 2020 tutto appariva normale, in Italia, in Europa, in altri continenti. L’infezione da Covid 19 sembrava una delle tante epidemie destinate a rimanere in larga misura mimetiche e territorializzate, controllabili senza impieghi straordinari di risorse. Già nel gennaio inoltrato, quando la marcia di avvicinamento del virus verso l’Europa progrediva giorno dopo giorno, si avvertiva in realtà, in profondo, qualcosa di anomalo. Ma la prima reazione fu meno che blanda: di fatto inesistente. È mancata in realtà la capacità di un’analisi fredda di quanto stava avvenendo. Mentre l’infezione ghermiva l’Italia, che diventava il focolaio più propriamente pandemico mentre quello cinese veniva spento velocemente con un numero contenuto di morti, ogni paese, semplicemente, si è rinserrato nei propri confini. Si è annichilita ogni forma di solidarietà civile. L’Unione Europea ha toccato platealmente il fondo, al punto che ha dovuto ammetterlo, con le scuse ufficiali presentate agli italiani un mese e mezzo dopo, quando il Paese era nel pieno del disastro e l’intero continente era ormai infettato. 

L’Europa più facoltosa, che svetta ogni anno nelle rilevazioni del Prodotto lordo mondiale, prima ha sottovalutato il fenomeno, poi, ghermita dal panico prima ancora che dal virus, è stata travolta da una curiosa paralisi. Nessun organismo di Stato, nel continente, è stato capace di far chiarezza, mentre l’Organizzazione Mondiale della Sanità prendeva tempo, finendo per perderne tanto, di prezioso. Sono entrati invece in scena, a partire dall’Italia, dei comitati tecnico-scientifici, che, estranei per formazione alle culture giuridiche e dello Stato, hanno varato un «canone», anomalo sul piano metodologico e assolutistico di fatto, retto da un’idea base, quella di chiudere a prescindere, quanto più è possibile, senza un’analisi disaggregata e territoriale del fenomeno, con logiche bensì rigide, estremamente semplificate, in un quadro epidemiologico e sociale che si è manifestato invece in forme sempre più complesse e disomogenee. 

Senza che si sia gridato sufficientemente allo scandalo, in Italia sono passate perciò in ultima fila e ammutolite, anche nelle province in cui il Covid 19 ha avuto un’incidenza modesta, tutte le altre emergenze sanitarie, che flagellano l’Italia in maniera endemica. Sono state abbattute economie fondamentali, che restano aperte invece in gran parte degli Stati che hanno adottato misure di isolamento sociale. Ciò è avvenuto con una uniformità piatta e priva di senso, dalla provincia di Bergamo che ha contato migliaia di morti a quella di Trapani che ne ha contati fino ad oggi appena 5. È stata sgretolata di fatto, senza alcun tentativo di differenziazione, l’industria dei beni culturali, riconosciuta in maniera unanime, anche da alti consessi sovranazionali, come la maggiore e la più stratificata della Terra. 

Rivelando una significativa fragilità politica, il ceto di governo italiano, invece di assumere in maniera piena il controllo della situazione, con acutezza e con un richiamo forte alle leggi fondamentali dello Stato, si è assoggettato, in sostanza, alle semplificazioni di codesti comitati, con effetti che si annunciano sempre più deleteri, al cospetto di un’Europa che, come lasciano avvertire numerosi segnali, non rinuncerà facilmente, malgrado le parole e gli impegni presi, ai propri egoismi e alle proprie tradizioni egemoniche. 

La situazione si fa in realtà sempre più preoccupante, ovunque. L’infezione pandemica, già gravissima in sé, sta mettendo in luce le debolezze, le tracotanze e le tentazioni che attraversano il mondo d’oggi. Alimenta i rischi di regressione, ponendo radicalmente in discussione quell’età dei diritti che veniva spiegata con meticolosità da Hans Kelsen e, in tempi più vicini, da Norberto Bobbio. Viene adoperata, in particolare, per sorreggere e tentare di legittimare progetti di tipo autoritario, come certifica un numero crescente di casi in questi mesi. È quello del presidente dell’Ungheria Victor Orbán che assume i pieni poteri per decreto e con il voto del Parlamento. È quello di un Brasile che rasenta il caos, dove masse scomposte inneggiano a Jair Bolsonaro esortandolo, in raduni improvvisati, all’assunzione dei pieni poteri. Ma è il caso anche della Polonia, dove la candidata delle opposizioni alla presidenza della Repubblica, Malgorzata Kidawa-Blonska, denuncia irregolarità importanti compiute dall’attuale presidente, Andrzej Duda, per radicalizzare la svolta autocratica già in atto. Sono i casi ancora del presidente delle Filippine Rodrigo Duerte che ordina alle forze armate di sparare a vista su chi viola la quarantena, e della Nigeria di Muhammadu Buhari, dove la Commissione nazionale dei diritti umani denuncia che, verso la metà di aprile, a fronte dei 12 morti causati dal Covid 19, l’esercito ha ucciso 18 persone per aver violato il «lockdown». Non serve proprio aggiungere altro. 

Seppure su un piano differente, appare preoccupante poi quanto avviene nei sistemi più solidi e stabilizzati, perfino nell’America di Donald Trump, in cui vengono allo scoperto impulsi non propriamente in linea con i principi democratici e civili di George Washington e di Thomas Jefferson, per dire dei padri storici della Federazione. La prima risposta alla pandemia in arrivo, animata soprattutto dai certi popolari e medi della West Coast, è stata infatti un’originale corsa agli armamenti, con prese d’assalto delle armerie, per munirsi di fucili e armi automatiche, nella logica folle che anche il virus sia riconducibile ad entità nemiche e aliene, da cui difendersi. 

La storia ammonisce che questo gorgoglio profondo può essere indice di passaggi traumatici. Il medievista olandese Johann Huizinga in un’opera del 1935, La crisi della civiltà, davvero presaga, denunciava, con lo sguardo all’Europa del tempo, un generale assopimento del raziocinio e il tramonto dello spirito critico, oltre che la decadenza delle norme morali e lo svilimento della scienza, malgrado le maggiori conoscenze consentite dall’istruzione diffusa, dalla radio, dai giornali e dal cinematografo. Era un allarme, lanciato quando l’Europa liberale interloquiva ancora, nonostante tutto, con l’Italia di Mussolini e la Germania di Hitler. Lo storico olandese, schieratosi in difesa della libertà della conoscenza scientifica, avrebbe conosciuto poi, durante l’occupazione nazista, l’esperienza della prigionia, da cui, come un altro importante medievista, il francese Marc Block, uscì morto. E alcune curiose simmetrie tra quel crepuscolo della razionalità e il nostro tempo, pur nelle profonde differenze di contesto e di prospettiva, cominciano ad apparire a questo punto impressionanti, come testimonia soprattutto il caso italiano, che presenta aspetti davvero istruttivi.

Non è la vicenda di un paese uscito «mutilato» da una guerra rovinosa, come era allora, ma è quella di un’Italia politicamente indebolita, logorata da quasi tre decenni di disunione profonda, di interminabili scontri, che hanno cancellato non soltanto ideologie ma identità, culture, tradizioni, patrimoni intellettuali, progetti di lungo respiro. In questa voragine civile si è aperta quindi la terra di nessuno delle demagogie ad ampio spettro, delle chiusure iper-identitarie, dei personalismi, dei Saint-Just e dei Robespierre di professione, che fanno, in buona misura la vita politica di questi anni, senza che si riesca a porre a tutto ciò veri argini. Gli esiti, proprio attraverso il dramma della pandemia, appaiono ancor più evidenti.   

Va consolidandosi, a ben vedere, un concetto dello Stato gelatinoso, per certi versi privatistico, che offende la tradizione di Sandro Pertini, di Piero Calamandrei, di Umberto Terracini, di Eugenio Curiel, di Benedetto Croce e di tutti coloro che si sono battuti per edificare e scrivere le leggi fondamentali della Repubblica. Altro che Resistenza. Altro che Liberazione. Altro che il 25 aprile festeggiato alcuni giorni fa, se al sistema dei diritti che ci ha accompagnato finora, anche quando abbiamo dissentito, da giovani temerari, si sostituisce la logica regressiva dello Stato paternalistico e «concedente», che esce fuori da ogni contesto di civiltà giuridica, mentre annichilisce principî base della Costituzione. Le grida, si badi, non arrivano solo dalla Confindustria. Provengono dal clero nazionale, dalla Corte Costituzionale della Repubblica, attraverso una chiara presa di posizione del presidente Marta Cartabia, da innumerevoli categorie sociali ed economiche, e perfino dall’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Michelle Bachelet. C’è altro ancora da aggiungere? 

È questo l’ambiente che ha sedimentato codesti comitati tecnici e task-force, entro cui si è arrivati a concepire, provenienti forse dalla Germania, idee distopiche come quella, davvero delirante, di segregare a tempo indeterminato gli anziani, cioè milioni di persone, perché «fragili» e attaccabili dal virus, sulla base di logiche «protettive» che se applicate sarebbero di gran lunga più nefande delle leggi razziali introdotte in Italia nel 1937-38. Il solo congetturare qualcosa del genere è un attentato allo Stato di diritto, ma se un simile proposito diventasse legge sarebbe la fine di ogni civiltà giuridica, lungo un piano regressivo misurabile in millenni. Gangli decisivi dei poteri nazionali, ormai è chiaro, sono finiti in mano ad un composto magmatico che, impostosi allo Stato di diritto attraverso i social e i talk show televisivi, sta causando un marasma. Sta collassando un mondo di garanzie, di risorse civili e di tradizioni produttive, mentre una furia iconoclasta, ancora attraverso i social, travolge la dignità del Paese. La strada che porta ad un declino inarrestabile, probabilmente, è stata già imboccata.