Proclamazione dello stato di agitazione della dirigenza scolastica

Al Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca
Gabinetto del Ministro
Ufficio Relazioni sindacali

Oggetto: Proclamazione dello stato di agitazione della dirigenza scolastica e richiesta di esperimento di tentativo di conciliazione ai sensi dell’art. 4 dell’allegato al CCNL/1998-2001 sottoscritto il 29 maggio 1999 in attuazione della legge 146/90.

Le scriventi OO.SS. proclamano lo stato di agitazione della dirigenza scolastica per rivendicare:

1.Firma definitiva ipotesi CCNL del 13 dicembre 2018 ferma da quattro mesi presso gli organi di controllo

2.Certificazione dei fondi spettanti ai dirigenti scolastici per le retribuzioni degli aa.ss. 2017/2018 e 2018/2019

3.Rinnovo del CCNL per il triennio 2019/2021 e salvaguardia della sua dimensione nazionale contro ogni ipotesi di regionalizzazione del sistema di istruzione

4.Modifica del disegno di legge che prevede il controllo biometrico delle presenze in servizio dei dirigenti scolastici

5.Ripresa immediata dell’iter legislativo del ddl di modifica del D.lvo 81/2008 relativamente alle responsabilità dei dirigenti in materia di sicurezza e modifica dell’art. 39 del Regolamento Contabile D.I. 129/2018 che impone alle scuole la manutenzione degli edifici scolastici, spettante per legge agli Enti Locali

6.Eliminazione di tutti i compiti impropri e delle molestie burocratiche che gravano sulle istituzioni scolastiche e appesantiscono il lavoro dei dirigenti scolastici e delle segreterie, distogliendoli dall’assolvimento delle loro funzioni primarie di assicurare il regolare funzionamento del servizio di istruzione.

Su tutte queste tematiche sinteticamente riassunte, si richiede di esperire il tentativo di conciliazione previsto dalla legge in oggetto e la convocazione dell’apposito organismo costituito con D. M. n. 127 del 20 aprile 2000.

FLC CGIL Francesco Sinopoli
CISL FSUR Maddalena Gissi
UIL Scuola RUA Giuseppe Turi
SNALS Confsal Elvira Serafini

Norme anti-bullismo, in arrivo la stretta per le scuole e il web

da Il Messaggero
Emilio Pucci

Dopo il codice rosso la prossima battaglia di M5S e Lega è contrastare bullismo e cyber bullismo. L’intenzione è quella di arrivare ad una stretta in tempi brevi con un pacchetto di norme. Il tema del resto fa parte del contratto di governo. Diverse le proposte della maggioranza presentate in questi giorni. I Cinquestelle innanzitutto puntano a rendere effettiva l’applicazione dell’articolo 612 bis del codice penale per i reati di bullismo. Già la Suprema Corte in diverse occasioni ha chiarito che «offendere, deridere, picchiare un compagno di classe è stalking» prevedendo anche la reclusione. I pentastellati vogliono inserire nello stesso articolo altre due aggravanti quando i fatti vengono commessi da tre o più persone oppure con finalità discriminatorie. E propongono allo stesso tempo misure di prevenzione.

I DIRIGENTI SCOLASTICI

I dirigenti scolastici dovranno inoltrare tempestivamente una segnalazione alla Procura della Repubblica presso il Tribunale dei minorenni per l’adozione di provvedimenti amministrativi e non penali. «Per far emergere ai primi sintomi sottolinea il deputato Dori, primo firmatario di una proposta di legge M5S un disagio personale che può implicare l’esigenza di un supporto educativo». Ma l’attenzione di M5S e Lega è concentrata soprattutto sulla necessità di modificare la legge del 2017 sulle forme di «aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione» realizzate «per via telematica in danno di minorenni».

«MAI PIÙ ZONE FRANCHE»

Secondo l’attuale normativa fino a quando non viene presentata la denuncia è previsto solo un ammonimento da parte del questore. «Non basta, serve agire in maniera più stringente», osserva la leghista Tateo che ha depositato una proposta di legge alla Camera in cui si punta a rendere il web non più «una zona franca», con l’aggiunta di sette articoli al codice penale. Si impone ai provider (istituendo un elenco presso il ministero dello Sviluppo) l’obbligo «di offrire a chiunque abbia un accesso ad internet (famiglie, educatori, scuole, aggregazioni giovanili, internet point, biblioteche) servizi di Navigazione Differenziata, secondo le tecnologie esistenti». La distinzione tra utente adulto ed utente minore all’atto della connessione ad Internet è già prevista nel codice di autoregolamentazione e permette di filtrare i contenuti online. L’obiettivo è mettere al riparo il minore «dai rischi e dai pericoli in cui incorre navigando». Si punisce «ai sensi dell’articolo 528 il fornitore di connettività alla rete Internet che non adempie all’ordine dell’Autorità giudiziaria di interrompere la trasmissione di scritti, disegni o immagini osceni». I provider che «violano e non rispettano quanto prescritto» incorrono in sanzioni amministrative (da 10 a 50mila euro). Una delle strade che viene valutata è quella di inserire le norme sul cyber bullismo nella legge sul ripristino dell’educazione civica nelle scuole che arriverà nell’Aula di Montecitorio a fine mese. Prevista anche l’educazione alla cittadinanza digitale. Il Movimento 5 stelle, invece, invita il presidente del Consiglio Conte ad emanare un decreto per istituire a Palazzo Chigi un tavolo tecnico e arrivare ad «un piano di azione integrato», prevedendo una spesa di 150 mila euro a decorrere da quest’anno. Una proposta di legge presentata dalla senatrice Donno e sottoscritta da circa 40 pentastellati mira, tra l’altro, a perseguire anche chi ha meno di 14 anni e ad includere «le famiglie nel percorso di educazione, recupero e rieducazione dei minorenni».

IL RUOLO DELLA FAMIGLIA

«I genitori si legge nel testo devono cambiare marcia, svegliandosi dall’immobilismo in cui spesso si trovano avvolti, incapaci di reagire davanti ai pericoli della rete che inducono sempre più spesso bambini, anche molto piccoli, ad essere vittime». Ed ancora: «I genitori non sono esenti da responsabilità né quando si trovano in casa un bullo, né quando hanno in casa una vittima».


Esame di Stato studenti con BES non certificati: no a misura dispensative, solo compensative contenute nel PDP

da Orizzontescuola

di redazione

Gli studenti con Bisogni Educativi Speciali (BES) non certificati e che non usufruiscono, quindi, delle tutele previste dalla Legge n. 104/1992 (disabili) e della legge n. 170/2010 (alunni con DSA) possono rientrare in categorie molto diversificate tra loro

In base alla Direttiva 2012 del MIUR , in relazione agli studenti con BES, si sottolinea che “L’area dello svantaggio scolastico è molto più ampia di quella riferibile esplicitamente alla presenza di deficit. In ogni classe ci sono alunni che presentano una richiesta di speciale attenzione per una varietà di ragioni: svantaggio sociale e culturale, disturbi specifici di apprendimento e/o disturbi evolutivi specifici, difficoltà derivanti dalla non conoscenza della cultura e della lingua italiana perché appartenenti a culture diverse

Quest’area dello svantaggio scolastico, che comprende problematiche diverse, viene indicata, nella Direttiva succitata, come area dei Bisogni Educativi Speciali. Vi sono comprese tre grandi sotto-categorie: quella della disabilità, quella dei disturbi evolutivi specifici e quella dello svantaggio socio-economico, linguistico, culturale.

Per “disturbi evolutivi specifici” si intendono, “oltre i disturbi specifici dell’apprendimento, anche i deficit del linguaggio, delle abilità non verbali, della coordinazione motoria, ricomprendendo anche quelli dell’attenzione e dell’iperattività, mentre il funzionamento intellettivo limite può essere considerato un caso di confine fra la disabilità e il disturbo specifico

Non tutte queste differenti problematiche, comprese nei disturbi evolutivi specifici, vengono certificate ai sensi della legge 104/92 o della legge 170/2010, ma, a discrezione del Consiglio di classe, possono determinare la necessità di predisporre un Piano Didattico Personalizzato (PDP) funzionale alle esigenze dello studente con BES

Studenti con BES e PDP

La predisposizione del PDP per gli studenti con BES non certificati o con certificazioni che non rientrano nei casi previsti dalla legge 104/92 (disabilità) o dalle legge 170/2010 (DSA), è a totale discrezione del Consiglio di classe.

Il MIUR con la nota 2563/2013 riconosce, infatti, massima autonomia di giudizio ai docenti che hanno il compito di stabilire autonomamente gli strumenti e le strategie di intervento che meglio rispondono alle esigenze dello studente.

Nella succitata nota il MIUR chiarisce che “soltanto quando i Consigli di classe o i team docenti siano unanimemente concordi nel valutare l´efficacia di ulteriori strumenti – in presenza di richieste dei genitori accompagnate da diagnosi che però non hanno dato diritto alla certificazione di disabilità o nel caso di difficoltà non meglio specificate – questo potrà indurre all´adozione di un piano personalizzato, con eventuali misure compensative e/o dispensative, e quindi alla compilazione di un PDP. Non è compito della scuola certificare gli alunni con bisogni educativi speciali, ma individuare quelli per i quali è opportuna e necessaria l´adozione di particolari strategie didattiche

Il Consiglio di classe è, quindi, autonomo nel decidere se formulare o non formulare un Piano Didattico

Personalizzato, avendo cura di verbalizzare le motivazioni della decisione.

Per questi studenti, quindi, sulla base delle decisioni assunte in sede di Consiglio di classe, è possibile predisporre il Piano Didattico Personalizzato (PDP) con l’obiettivo di attuare interventi didattico-educativi con modalità funzionali alle esigenze e caratteristiche dello studente, con la finalità di raggiungere gli obiettivi prefissati per ogni disciplina.

Come per gli studenti con DSA, anche per gli studenti con BES è possibile prevedere le stesse misure compensative in relazione alle specifiche esigenze

Esame di Stato per gli studenti con BES

In sede di esame di Stato per gli alunni con BES non sono previste modalità differenziate di verifica degli apprendimenti.

In base alla succitata Direttiva 2012 del MIUR, l’uso temporaneo di dispense, di compensazioni e di flessibilità didattica è utile al fine di porre lo studente nelle condizioni di sostenere l’esame di Stato con le stesse modalità ei medesimi tempi degli studenti che non vivono situazioni di BES

Se l’uso degli strumenti compensativi utilizzati nel corso dell’anno scolastico e previsti nel PDP, viene consentito anche nello svolgimento dell’esame di Stato, la stessa cosa non è valida per eventuali misure dispensative adottate in corso d’anno. L’uso di queste misure nel corso dell’anno scolastico deve avere come unico obiettivo quello di mettere lo studente nella condizione di superare eventuali ritardi o difficoltà legate l’apprendimento

Organizzazione e svolgimento esame per studenti con BES

Lo svolgimento dell’esame di Stato per gli studenti con BES individuati formalmente dal Consiglio di classe e per i quali è stato predisposto il PDP, come chiarisce l’art.21 comma 6 dell’OM n.205/2019, deve essere strutturato in base a quanto in esso previsto.

Il Consiglio di classe fornisce alla commissione d’esame opportune indicazioni per consentire a questi studenti di sostenere adeguatamente l’esame di Stato.

A tal fine il Consiglio di classe trasmette alla commissione d’esame l’eventuale Piano Didattico Personalizzato.

La commissione d’esame, esaminati gli elementi fomiti dal Consiglio di classe, tiene in debita considerazione le specifiche situazioni soggettive, relative ai candidati con BES.

Misure compensative e dispensative all’Esame di Stato

Per gli studenti con BES, come indicato nella succitata Ordinanza ministeriale, non è prevista alcuna misura dispensativa in sede di esame, mentre è possibile concedere strumenti compensativi, in analogia a quanto previsto per studenti con DSA, solo nel caso in cui siano già stati impiegati per le verifiche in corso d’anno o comunque siano ritenuti funzionali allo svolgimento dell’esame senza che venga pregiudicata la validità delle prove scritte.

Gli studenti che sostengono con esito positivo l’esame di Stato alle condizioni indicate conseguono il diploma conclusivo del secondo ciclo di istruzione.

Si attende nota ministeriale a completamento dell’OM n.205/2019

Con la nota n. 562 del 3 aprile 2019, prontamente segnalata da OrizzonteScuola, il MIUR mette in primo piano l’attenzione che si deve avere nei riguardi di questi studenti negli Esami di Stato e si comunica che con apposita nota, in corso di emanazione, saranno fornite utili precisazioni anche con riferimento agli alunni con Bisogni Educativi Speciali.

Tale prossima nota, come sottolinea il MIUR, deve essere considerata come completamento di quanto già scritto nell’art.21 dell’ OM n.205/2019 relativa agli esami di Stato per i percorsi di istruzione secondaria di secondo grado


Giorni di espulsione, si computano come assenze e incidono sulla validità dell’anno scolastico

da Orizzontescuola

di redazione

I giorni di sospensione attribuiti ad un allievo rientrano nel computo del monte ore che determina la possibilità o meno di scrutinarlo?

Rispondiamo al quesito ricordando dapprima a quale monte ore ci si riferisce.

Ammissione classe successi/esami: frequenza tre quarti del monte ore personalizzato

Ai fini della validità dell’anno scolastico, quindi per poter essere scrutinati, per l’ammissione sia alla classe successiva che agli esami di I e II grado, gli studenti della scuola secondaria devono aver frequentato per almeno tre quarti del monte ore annuale personalizzato, escluse le deroghe stabilite dal collegio docenti, fermo restando che il consiglio di classe sia in possesso degli elementi necessari alla valutazione.

Questi i riferimenti normativi:

  • articolo 5, commi 1 e 2 , del D.lgs. 62/2017 per l’ammissione alla classe successiva e agli esami di I grado;
  • articolo 13, comma 1, del decreto 62/2017 per l’ammissione all’esame di Maturità;
  • articolo 14, comma 7, del DPR 122/09 per l’ammissione alla classe successiva nella secondaria di secondo grado.

Ricordiamo che rientrano nel monte ore annuale personalizzato di ciascun alunno, come specificato dal succitato D.lgs. 62/2017, tutte le attività oggetto di valutazione periodica e finale da parte del consiglio di classe (così, ad esempio, in una scuola secondaria di primo grado ad indirizzo musicale, il monte ore sarà diverso per gli studenti che seguono le lezioni di strumento musicale rispetto a quelli che non hanno scelto di seguire tali lezioni).

Ammissione classe successi o esami: assenze per sospensione rientrano nel computo

Rispondendo al quesito di partenza, affermiamo che le assenze dovute alla sospensione dalle lezioni per motivi disciplinari si sommano a tutte le altre assenze e incidono sul computo relativo alla frequenza dei tre quarti del monte ore personalizzato.

Così leggiamo anche nella circolare Miur del 4 luglio del 2008, volta a fornire indicazioni sulle modifiche apportate allo “Statuto delle studentesse e degli studenti della scuola secondaria” dal D.P.R n. 235 del 21 novembre 2007:

Con riferimento alle sanzioni di cui ai punti C e D, occorrerà evitare che l’applicazione di tali sanzioni determini, quale effetto implicito, il superamento dell’orario minimo di frequenza richiesto per la validità dell’anno scolastico. Per questa ragione dovrà essere prestata una specifica e preventiva attenzione allo scopo di verificare che il periodo di giorni per i quali si vuole disporre l’allontanamento dello studente non comporti automaticamente, per gli effetti delle norme di carattere generale, il raggiungimento di un numero di assenze tale da compromettere comunque la possibilità per lo studente di essere valutato in sede di scrutinio.

Le sanzioni dei punti C e D della circolare riguardano l’allontanamento dalla comunità scolastica, ossia i provvedimenti di sospensione.

Flax Tax insegnanti: cedolare secca lezioni private, novità Agenzia delle Entrate

da Orizzontescuola

di Consulente Fiscale

La Flax Tax Insegnanti che istituisce un’aliquota a cedolare secca per gli importi derivanti da lezioni a domicilio non vale ai fini ISEE: ecco le novità.

Anche se la Flax Tax sulle lezioni private è stata proposta per prevedere una tassazione agevolata per gli insegnanti titolari di una cattedra che impartiscono lezioni private a domicilio la stessa non ha valenza ai fini ISEE.

Lo scopo era quello di introdurre un’imposta sostitutiva sui compensi deirvati dalle lezioni private per fare in modo che, scegliendo per questi compensi un prelievo a “cedolare secca” con aliquota fissa del 15% a prescindere dall’importo del reddito prodotto, tali redditi non si vanno a cumulare con quelli da lavoro dipendente poichè come specifica l’Agenzia delle Entrate le somme tassate con l’imposta sostitutiva non concorrono alla formazione del reddito complessivo né rilevano, in assenza di una specifica diversa disposizione, ai fini del riconoscimento e della determinazione di detrazioni, deduzioni e altre agevolazioni fiscali”.

Flax Tax ai fini ISEE

Con la circolare 8/E del 10 aprile, però, l’Agenzia delle Entrate fa presente che gli insegnanti che quest’anno per le lezioni private  opteranno per la cedolare secca, quindi, nel 730 del prossimo anno non dovranno inserire tali redditi nel calcolo del reddito complessivo ma gli stessi redditi saranno calcolati ai fini ISEE poichè I redditi soggetti a imposta sostitutiva rilevano, invece, ai fini della determinazione della situazione economica equivalente (ISEE) in quanto, in mancanza di una previsione normativa che ne escluda espressamente la rilevanza, restano applicabili le regole generali in base alle quali il reddito rilevante ai fini ISEE è ottenuto sommando anche i redditi assoggettati a imposta sostitutiva”.

Flax Tax: effetti nel 2020

In ogni caso, quindi, sia ch l’insegnante scelga (visto che resta un suo diritto farlo) di tassare le lezioni private con aliquota ordinaria del 23% sia che scelga la cedolare secca tassandole con aliquota agevolata al 15%, gli effetti della flax tax si vedranno solo nel 2020, quando si presenterà la dichiarazione dei redditi relativa al 2019.

Nella circolare l’Agenzia specifica che “Per il versamento in acconto e a saldo dell’imposta sostitutiva si applicano le disposizioni in materia di versamento in acconto e a saldo dell’imposta sul reddito delle persone fisiche”.

Per chi opterà per la cedolare secca con aliquota del 15% i codici tributo per il versamento di acconto e saldo saranno istituiti con apposita risoluzione.

Meno nascite e alunni, ma solo in Italia e Spagna: se non si sostiene la famiglia, la scuola crollerà

da La Tecnica della Scuola

Di Alessandro Giuliani

Il calo di nascite, anche tra gli stranieri, sta procurando effetti a cascata in tutta la società. Ad iniziare dalla scuola. In Italia, in un quinquennio sono stati persi solo nella primaria qualcosa come 42 mila alunni, l’8%, quasi un alunno ogni dieci. E la tendenza non si ferma: il prossimo anno scolastico, si aprirà con quasi 70 mila allievi in meno rispetto agli attuali. La proiezione, sui dieci anni, è di almeno 800 mila alunni in meno.

Le ripercussione pure sul personale

Le ripercussioni si avranno anche sugli organici della scuola: a meno che non si decida di cogliere l’occasione per ridurre il numero di alunni per classe, il sempre più probabile esubero del personale docente e Ata, costringerà molti lavoratori a cambiare sede, a causa della perdita della titolarità, oppure rimarranno in servizio a disposizione come soprannumerari.

Il pericolo incombe, insomma.

Oltre confine non va così, anzi

La rivista Tuttoscuola ha ricordato, però, uno studio della Fondazione Agnelli secondo il quale non in tutta Europa si assiste ad un calo degli iscritti a scuola. Prendendo come punto di riferimento i dati del 2015 e proiettandosi verso il 2030, si registreranno incrementi nel numero di alunni in Svezia, nel Regno Unito e in Germania, mentre in Francia la popolazione scolastica dovrebbe rimanere costante. In calo, con l’Italia, ci sarebbe invece la Spagna.

Sempre la rivista, ha chiesto misure urgenti e concrete, una sorta di ‘Piano Marshall’, per sostenere la natalità.

Le associazioni delle famiglie: serve un Patto per la Natalità

Una richiesta portata avanti da tempo dal Forum delle Associazioni Familiari: siamo di fronte ad “un’emergenza che – ha detto il Presidente nazionale del Forum Famiglie, Gigi De Palo – può essere affrontata solo con un Patto per la Natalità: quello che da tre anni il Forum Famiglie ha ripetuto e proposto a tutti i partiti politici e a tutte le realtà economiche e sociali che ha incontrato. Il tempo è scaduto”.

“Registriamo con soddisfazione l’attenzione del ministro Bussetti su questi temi. Urge un Piano Marshall che metta al centro il rilancio delle nascite, altrimenti a breve oltre alla scuola crolleranno anche la sanità pubblica, il Welfare e le pensioni”, conclude De Palo.

La posizione del ministro Marco Bussetti

In effetti, nei giorni scorsi, a Verona, in occasione del Congresso mondiale delle Famiglie, il ministro dell’Istruzione ha fornito un quadro degli effetti della denatalità.

Le parole di Marco Bussetti sono state riportate anche sulla pagina facebook dello stesso ministro: “Gli italiani non fanno più figli, l’Italia non è più un Paese per giovani: da qui al 2050 le stime parlano di un possibile calo demografico del 17%. È una tragedia. La denatalità ha ripercussioni fortissime anche sulla #scuola: lo abbiamo visto dai dati di questi ultimi anni che raccontano una diminuzione del numero degli studenti”.

“Sono consapevole, da padre, che le alte spese scolastiche, in particolare l’altissimo costo degli asili nido, incidono negativamente. I futuri #genitorisono preoccupati di non riuscire a garantire una vita dignitosa ai propri figli. Stiamo lavorando per rilanciare il sistema d’istruzione. Rafforzeremo il segmento 0-6 anni. Abbiamo già disposto in Legge di Bilancio – ha concluso Bussetti – un incremento di 10 milioni di euro”.

Supplenze, a settembre 100 mila posti da coprire. I vincitori dei concorsi assunti nel 2020

da La Tecnica della Scuola

Di Fabrizio De Angelis

E’ vero che a breve arriveranno i concorsi ordinari, quello relativo a infanzia e primaria che metterà a bando oltre 16 mila posti e quello per la secondaria, che invece ne metterà più di 48 mila. Ma le prove si svolgeranno in autunno e questo significa che le supplenze esploderanno il prossimo settembre, andando a toccare e probabilmente superare i 100 mila contratti a tempo determinato.

Supplenze: sarà boom a settembre

Nonostante per il prossimo anno scolastico siano previsti dei lievi aumenti di organico per i docenti, quest’anno, fra pensionamenti e mobilità, i numeri per le supplenze potrebbero davvero essere da capogiro: se a settembre 2018 l’anno scolastico è partito con 32.217 cattedre non assegnate ai ruoli, e con altri 56.564 posti liberi da assegnare a supplenza tra deroghe sul sostegno e organico di fatto, per quanto riguarda settembre 2019, in base alle stime sindacali, se ne dovrebbero aggiungere oltre 40.000 che si libereranno per effetto di ‘Quota100’. Tradotto nella pratica, ciò vuol dire che la continuità didattica sarà nuovamente a rischio.

I tempi dei concorsi non andranno a coincidere per ovvi motivi con le necessità del prossimo anno scolastico: le assunzioni dei quasi 70 mila posti delle procedure concorsuali saranno quindi previste a settembre 2020. Il quadro che ne viene fuori sarà il seguente: per l’anno prossimo si stringono i denti e si useranno tutti i precari disponibili. Ma dal 2020, con i neoassunti dei concorso scuola 2019, si intenderà dare una bella “batosta” al precariato. Almeno, queste potrebbero sembrare in estrema sintesi le tappe pensate a Viale Trastevere.
Certamente, avere la prospettiva di 100 mila supplenze non può essere sinonimo di soddisfazione, dato che, anche questo Governo, aveva proclamato di voler abbattere il precariato.

I precari di terza fascia ancora a supplenza. Poi il concorso scuola 2019

Pertanto, per quanto riguarda la scuola secondaria nello specifico, i precari di terza fascia, a cui il Governo sta pensando con un percorso più “agevolato” per il prossimo concorso in cui verrà dato valore al servizio, dovranno attendere ancora un’altro anno, almeno. Magari non attenderanno in panchina ma inizieranno l’ennesima stagione con contratti a termine.
Nel frattempo, come abbiamo anche scritto in precedenza, il Sole 24 Ore ha fornito qualche anticipazione: i posti principali saranno in Lombardia, Piemonte e Veneto, mentre le classi di concorso più gettonate sarebbero matematica e scienze (A028), italiano, storia, geografia (A022), discipline letterarie alle superiori (A012) e sostegno.
A proposito di sostegno, proprio nella giornata del 15 aprile sono partiti i test preliminari del Tfa sostegno, relativi alla scuola dell’infanzia e primaria. Bussetti ha fatto sapere anche che chi si specializzerà sul sostegno potrà partecipare al concorso, facendo intendere pertanto che al prossimo concorso scuola 2019, per i posti di sostegno, dovrebbero essere ammessi con riserva i corsisti che si specializzeranno entro febbraio 2020.

Maturità 2019, prova orale: ecco cosa non ci sarà nelle buste

da La Tecnica della Scuola

Di Andrea Carlino

In ottemperanza a quanto stabilito dal decreto legislativo n.62/2017, la prova orale della maturità subirà dei cambiamenti.

L’esame resta multidisciplinare, ma in mancanza della tesina le commissioni prepareranno un elenco di spunti sulla base del documento che sarà consegnato il 15 maggio dal Consiglio di classe.

Per garantire a tutti i candidati trasparenza e pari opportunità, la commissione predisporrà, per ogni classe, un numero di buste con i materiali di avvio del colloquio pari al numero dei candidati aumentato almeno di due unità, in modo da assicurare anche all’ultimo candidato di esercitare la facoltà di scelta fra tre buste.

Maturità 2019, cosa conterranno le buste

I materiali di partenza saranno predisposti dalle stesse commissioni, nei giorni che precedono l’orale, “tenendo conto del percorso didattico effettivamente svolto dagli studenti descritto nel documento che i Consigli di classe consegneranno come ogni anno in vista degli Esami”.

Ci saranno materiali che forniranno uno spunto per l’avvio del colloquio. Un testo poetico o in prosa, un quadro, una fotografia, un’immagine tratta da libri, un articolo di giornale, una tabella con dei dati da commentare, un grafico, uno spunto progettuale, una situazione problematica da affrontare.

I materiali delle buste già scelte dai candidati non potranno essere riproposti in successivi colloqui. La durata del colloquio?  Per i tecnici ministeriali non deve essere superficiale, ma non troppo lungo (massimo 60 minuti).

Maturità 2019, cosa non conterranno le buste

Cosa, invece, non potrà contenere? Secondo i tecnici del Miur non devono esserci domande, serie di domande, argomenti, riferimenti a discipline.

SCARICA IL PDF CON TUTTO SULL’ORALE elaborato dal Miur

Maturità 2019, le date da ricordare

La prima prova, Italiano, è messa in calendario per il 19 giugno, a partire dalle 8.30. il giorno dopo, giovedì 20 giugno, sempre alle 8.30, ci sarà la seconda prova, diversa per ciascun indirizzo di studi. L’ordinanza sull’esame di stato individua anche le date per le eventuali prove suppletive.

Concorso scuola secondaria, gli ITP possono partecipare col diploma

da La Tecnica della Scuola

Di Fabrizio De Angelis

Si attendono novità in merito al prossimo concorso scuola 2019 per la secondaria, che, come riferito dal Ministro Bussetti, metterà in palio 48.536 posti, di cui 8.491 sul sostegno.

Per quanto riguarda il bando, questo è atteso entro il mese di luglio, mentre le prove concorsuali inizierebbero in autunno.

Al prossimo concorso docenti 2019 potranno partecipare anche gli aspiranti insegnanti tecnico pratici (ITP) con il solo diploma. Ecco cosa è previsto a tal proposito.

Concorso scuola 2019: partecipano gli ITP

Potranno accedere alle procedure concorsuali con il solo requisito del diploma: “gli insegnanti tecnico-pratici sino al 2024/2025 potranno partecipare alle procedure concorsuali con il solo titolo di studio del diploma e senza l’obbligo del conseguimento dei 24 CFU”.

Tuttavia, dopo il 2024/2025, le cose cambieranno: infatti dopo l’anno scolastico 2024/2025, se non dovesse intervenire alcuna modifica, per gli ITP interessati a partecipare al concorso scuola secodnaria sarà richiesta la laurea oppure un diploma dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica di primo livello, o in alternativa, un titolo equipollente o equiparato, in coerenza con le classi di concorso vigenti al momento dell’indizione del concorso, oltre ad i 24 CFU nelle “discipline antropo-psico-pedagogiche e metodologie e tecnologie didattiche”.

Bisogna ricordare che gli ITP possono partecipare anche sui posti di sostegno, a patto che posseggano il titolo di specializzazione.
Infatti ci sarà la possibilità di concorrere in un’unica regione e per una sola classe di concorso “distintamente” per il primo e secondo grado e per i posti di sostegno.

In totale, ciascun candidato potrà partecipare fino a quattro procedure. Ciò vuol dire che si potrà fare domanda per:

– per una sola classe di concorso della scuola secondaria di primo grado

– per i posti di sostegno della scuola secondaria di primo grado

– per una sola classe di concorso della scuola secondaria di secondo grado

– per i posti di sostegno della scuola secondaria di secondo grado

Concorso scuola 2019: chi vince farà un anno di formazione e prova

I vincitori del concorso docenti 2019 per la secondaria, non saranno inseriti nel sistema di formazione iniziale adottato dal decreto Legislativo n. 59/2017, ovvero i tre anni di formazione iniziale e tirocinio che i vincitori di concorso dovevano sostenere prima di entrare in ruolo.

Infatti, in base alla legge di bilancio 2019, il termine FIT viene sostituito in “percorso annuale di formazione iniziale e prova“. Questo percorso sarà quindi annuale, cioè una volta vinto il concorso, il docente dovrà frequentare questo anno di “transizione” alla cattedra definitiva. Prima però sarà necessaria una valutazione finale.

Concorso scuola 2019: cosa fa l’ITP

Per chiarire la figura dell’ITP, ricordiamo che l’insegnante tecnico pratico è quel docente che lavora negli istituti tecnici e professionali italiani.

Il titolo di studio richiesto per insegnare è il diploma di Maturità di tipo tecnico o professionale oppure il diploma di Istituto Tecnico Superiore, titolo che viene rilasciato soltanto da alcuni istituti tecnici al termine di corsi biennali di formazione professionale altamente tecnologica post-diploma. Per accedere a questi corsi biennali, è sufficiente un qualsiasi diploma.

Capita non poche volte che la figura del docente ITP venga confusa con quella dell’assistente tecnico di laboratorio, ma le cose non stanno così: l’assistente si occupa della gestione del laboratorio e del supporto alle esercitazioni che vengono richieste proprio dal docente ITP, che svolge il ruolo di insegnante a tutti gli effetti: al momento, dobbiamo ricordare infatti, che gli ITP dal punto di vista professionale sono equiparatisecondo le normative vigentiai docenti laureati sia per quanto riguarda la valutazione sia per quanto riguarda il voto in sede di scrutinio. Essi sono perfettamente autonomi per quanto riguarda lo svolgimento delle attività didattiche.

Maturità 2019, percorsi in alternanza: come va fatta la relazione dello studente

da La Tecnica della Scuola

Di Anna Maria Bellesia

Una parte del colloquio d’esame prevede l’esposizione, da parte del candidato, di una breve relazione e/o elaborato multimediale sulle esperienze svolte nell’ambito dei percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento (ex alternanza scuola lavoro, ora PCTO).

Come va fatta questa relazione? Quali contenuti? Quale struttura?

Per dare indicazioni a studenti e studentesse delle classi quinte, c’è una guida dell’Usr del Veneto che offre utili e pratici suggerimenti.

Esami di stato 2019: La normativa per i percorsi di alternanza

Nell’ambito del colloquio, il candidato interno espone, mediante una breve relazione e/o un elaborato multimediale, le esperienze svolte nell’ambito dei percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento”, cioè l’ex alternanza scuola-lavoro.

Nella relazione e/o nell’elaborato, il candidato, oltre a illustrare natura e caratteristiche delle attività svolte e a correlarle alle competenze specifiche e trasversali acquisite, sviluppa una riflessione in un’ottica orientativa sulla significatività e sulla ricaduta di tali attività sulle opportunità di studio e/o di lavoro post-diploma” (DM 37/2019, articolo 2).

Esami di Stato 2019: quali contenuti inserire nella relazione

Prima di tutto bisogna specificare le caratteristiche della struttura ospitante e le competenze acquisite in ambiente lavorativo, collegandole alle competenze del profilo del percorso di studio e alle conoscenze delle discipline coinvolte. Le informazioni si trovano nella documentazione predisposta dalla scuola: progetto, patto formativo, diario di bordo, griglie di osservazione compilate dallo studente e dai tutor, certificazione delle competenze.

In secondo luogo, è importante presentare quanto appreso durante l’esperienza anche in un’ottica orientativa, con riferimento alle scelte future, i possibili sbocchi post diploma, di studio e/o lavorativi.

Il format

La relazione deve rispondere a precisi requisiti, in modo da costituire una base per l’esposizione orale o per l’elaborato multimediale. Dovrà essere “breve”, cioè non superare le 5 pagine o le 10 slides, con la sintesi del testo tramite parole chiave. Eventualmente si può allegare qualche documento rilevante ai fini della valutazione.

Esami di stato 2019: l’organizzazione dei contenuti dell’alternanza

La relazione necessita di informazioni chiare, precise, ben organizzate e distribuite in ordine logico. Bisogna prima raccogliere la documentazione e poi pianificare le fasi della scrittura, come si fa per qualunque produzione scritta.

Le fasi da seguire sono: progettazione e scaletta con l’elenco dei punti da sviluppare; produzione attraverso un’organizzazione per paragrafi nei quali si sviluppano i punti della scaletta; revisione e controllo (completezza delle informazioni, coerenza, correttezza nell’uso della lingua, lessico chiaro ma anche termini tecnici delle discipline d’indirizzo).

Nello svolgimento, non va mai perso di vista lo scopo che è di informare la commissione d’esame sull’esperienza svolta, ma anche di esprimere valutazioni, mettendo in relazione gli aspetti più significativi con le ricadute sul percorso formativo attuale e futuro.

Collegare l’esperienza fatta alle scelte future

La guida pratica dell’Usr Veneto indica dove si possono facilmente trovare le informazioni sui possibili sbocchi futuri, dai quali lo studente potrà scegliere e spiegare le sue motivazioni:

  • Supplemento Europass al Certificato, nella sezione riguardante gli sbocchi professionali collegati all’indirizzo di studio;
  • sito ISTAT , per la conoscenza delle caratteristiche delle professioni;
  • Atlante del Lavoro, per la conoscenza delle attività collegate;
  • sito Excelsior di Uniocamere, per la conoscenza delle professioni più richieste dal mercato del lavoro;
  • siti Veneto Lavoro e Regione Veneto dati;
  • Siti ITS-profili, per la conoscenza del profilo di chi consegue un diploma di Istruzione Tecnica Superiore;
  • Profili Almalaurea, per la conoscenza di profili in uscita da corsi di laurea;
  • AtlanteProfessioniUnito, per la conoscenza di sbocchi professionali legati a profili in uscita di corsi di laurea.

Impronte digitali presidi: “guerra fredda” tra dipendenti e Ministero

da La Tecnica della Scuola

Di Aldo Domenico Ficara

Tra telecamere nelle aule e rilevatori di impronte digitali agli ingressi, si prospetta un clima da “guerra fredda” tra dipendenti e ministero dove i rapporti saranno garantiti più da uno scambio tecnologico che non da un rapporto umano.

La storia documentata ci dice, purtroppo, che in tante situazioni la scaltrezza ha preso il posto della fiducia tra persone. Nel 2014, l’Autorità della Privacy ha pubblicato le “ Linee-guida in materia di riconoscimento biometrico e firma grafometrica”.

Il documento presenta un sicuro profilo di interesse, costituito dall’elencazione dei principi in base ai quali si può (deve) stabilire se è un trattamento di dati biometrici sia o meno realizzabile: Liceità, Necessità, Finalità e Proporzionalità. Il punto più tranciante è sicuramente quello della cd. “Necessità” del trattamento del dato biometrico.

L’Ordinamento, in estrema sintesi, vieta l’utilizzo dell’impronta digitale al posto del cd. “cartellino” oppure badge magnetico proprio perché tali metodi esistono e sono, in genere, seppur non ugualmente efficaci e precisi, sostanzialmente equiparabili allo strumento tecnologicamente più avanzato.

Oggi si prevede l’obbligo di sistemi di rilevazione biometrica delle presenze perché sono compatibili con la “legge sulla Privacy” (Il Garante della Privacy ha dato parere favorevole (provvedimento n.357 del 15 Settembre 2016) in merito all’installazione di un sistema di rilevazione presenze biometrico ( con impronte digitali) sul luogo di lavoro. In seguito all’istanza presentata da un’azienda ospedaliera del Sud, è stato riconosciuto legittimo l’installazione di un sistema di rilevazione presenze con impronta digtale, al fine di prevenire gli abusi (nel caso specifico “cedere il badge a un collega affinché timbri al suo posto”). È chiaro che questa nuova visione del controllo deve essere coerente con la complicance del General Data Protection Regulation (GDPR), dove la protezione dei dati personali è legata al profilo dei diritti e delle libertà fondamentali. Il trattamento di dati biometrici, secondo le indicazioni del Regolamento comunitario n. 679/2016 (ex art. 4, comma 1, punto 14): «dati biometrici»: i dati personali ottenuti da un trattamento tecnico specifico relativi alle caratteristiche fisiche, fisiologiche o comportamentali di una persona fisica che ne consentono o confermano l’identificazione univoca, quali l’immagine facciale o i dati dattiloscopici»), dovrebbero essere utilizzati a fronte di una esigenza “indilazionabile” di identificazione o autenticazione univoca di una persona fisica: in casi eccezionali e limitati.

Tali dati personali non dovrebbero essere oggetto di trattamento, a meno di una forte giustificazione motivazionale, coerente con il Regolamento comunitario, tenendo conto che l’acquisizione di tali dati dovrebbe essere legata ad un compito di interesse pubblico o per l’esercizio di pubblici poteri collegati ad “esigenze strategiche e di sicurezza nazionale”.

Come funzionano i procedimenti biometrici?

L’espressione biometria deriva dal greco e contiene le parole “bios” (vita) e “metron” (misura). La biometria è quindi la scienza che si occupa dell’applicazione di metodi matematico-statistici per la rilevazione di tratti peculiari fisici e comportamentali degli esseri viventi. A seconda di quale caratteristica viene presa in esame, varia il grado di precisione con cui la persona può essere identificata. Nella prassi, l’impronta digitale e la scansione dell’iride si sono dimostrate le caratteristiche più adatte ai sistemi biometrici. L’impronta digitale, secondo i sondaggi più recenti, gode del più alto consenso tra gli utenti. Indipendentemente dal procedimento, in un efficiente lettore biometrico viene prodotto un campione (template di referenza). A tale scopo, l’utente registra dapprima nel lettore la caratteristica biometrica, che viene poi trasformata in un codice binario e salvata. È possibile fin da subito l’uso del lettore, il quale mette a confronto la caratteristica biometrica e il campione. Se questi coincidono, viene consentito l’accesso.

La reazione dei presidi

Come prima ed immediata azione di protesta della categoria dei Dirigenti scolastici lancia l’hashtag #iocisono, invitando tutti i presidi ad inviare l’immagine di un’impronta digitale via twitter ai Presidenti della Commissione 7° e 11° del Senato Vengono comunicati inoltre ulteriori ampie iniziative di mobilitazione e di protesta, tra le quali un Presidio al Senato nei giorni in cui si discuterà il disegno di legge Concretezza e la proclamazione dello sciopero della dirigenza scolastica nella giornata del 17 maggio 2019, in cui è già previsto lo sciopero che coinvolgerà tutta la scuola.

Bongiorno: controllo biometrico per trasparenza

“Le critiche all’introduzione dei controlli biometrici ai dirigenti scolastici non solo si basano su una erronea lettura della norma, ma sono anche fuorvianti: non tengono conto del fatto che ancora non è stato emanato il decreto sulle modalità attuative”. Così il ministro della Pubblica amministrazione, Giulia Bongiorno, in una nota. L’obiettivo, spiega, è “rendere più trasparente la loro presenza in servizio”, anche per “ragioni di sicurezza”. Non si tratta dell’obbligo “di un orario settimanale di lavoro, ma l’utilizzo di strumenti di identificazione tecnologicamente avanzati.

In 5 anni spariti dai banchi di scuola un alunno su 10 nella scuola dell’infanzia e uno su 12 nella primaria

da Tuttoscuola

Meno bambini nascono, più aule scolastiche si svuotano. La natalità è in costante decremento e in una prospettiva che sembra irreversibile. Da alcuni anni, addirittura, sono stati registrati livelli minimi del numero di nascite inferiori a tutti quelli che vi sono stati dall’unità d’Italia in poi.  

Alle culle vuote di ieri e di oggi, corrispondono i banchi vuoti di oggi e di domani, i posti di lavoro non occupati di domani, la mancata ricchezza del futuro di un Paese che, invecchiando, disporrà sempre meno di risorse per contribuire al sostegno di una popolazione anziana. Tuttoscuola ha provato ad analizzare la situazione nei vari cicli di istruzione, dalla scuola dell’Infanzia al quella secondaria di secondo grado con riferimento a quanto avvenuto nelle scuole statali nell’ultimo quinquennio, dal 2014-15 al 2018-19.

Il ministro dell’istruzione Bussetti ha fornito un quadro preoccupante (ma apparentemente non troppo preoccupato) degli effetti della denatalità che sta investendo ormai i livelli di scolarità: a settembre saranno quasi 70 mila in meno gli alunni iscritti al primo anno del settore scelto.

In Campania negli ultimi quindici anni, ad esempio, il calo di nascite è stato costante, anno dopo anno, al ritmo di una media di 900-1000 nascite in meno all’anno: il numero dei nati è sceso dai 64.310 del 2003 ai 49.990 del 2017 (-22%). Un fenomeno che, grosso modo, nello stesso periodo ha riguardato tutta Italia. E se non ci fosse il contributo di nascite degli stranieri e degli italiani di seconda generazione, il calo sarebbe verticale.

I dati forniti riguardano i territori, ma non fanno riferimento ai settori scolastici interessati. L’analisi del decremento scolare dei diversi settori, dall’infanzia agli istituti di istruzione secondaria di II grado l’ha svolta Tuttoscuola.

La scuola dell’infanzia, che nel 2014-15 accoglieva 1.021.799 bambini, in questo anno scolastico ne ha accolti soltanto 918.299: ha perso 103.500 iscritti, pari ad oltre il 10%.

Quasi la metà si è registrata nel Mezzogiorno (51.637 iscritti in meno nel quinquennio) e poco meno di un terzo nelle scuole del Nord.

Per quanto riguarda il primo anno di iscrizione nella scuola primaria, nel quinquennio considerato si sono persi poco più di 42 mila alunni, pari all’8% degli iscritti al primo anno di corso.

Non ci sono territori che si sono salvati da questa onda di magra, anche se al Nord all’inizio del quinquennio si è registra una certa tenuta.

L’onda di magra della denatalità, come si vede, sta interessando i primi settori del sistema ma secondo l’analisi di Tuttoscuola, nei prossimi anni si estenderà ai settori scolastici successivi, che, comunque, se pur in forma ridotta, probabilmente per il mancato precedente apporto di alunni con cittadinanza non italiana che in parte stanno lasciando con le loro famiglie il nostro Paese.

Al termine del quinquennio considerato la secondaria di I grado ha registrato nel primo anno di scuola poco più di 11 mila alunni in meno (-2%), di cui quasi la metà nelle scuole del Sud.

Al termine del quinquennio 2014-18 nel primo anno delle superiori si sono registrati 22.600 studenti iscritti in meno, pari a -3,7%. Più della metà, ancora una volta, nelle regioni del Sud.

In un eventuale, auspicabile, piano strutturale di investimento per la natalità, particolari misure dovranno quindi essere riservate alle aree meridionali.

Rivolgendo lo sguardo al futuro, Fondazione Agnelli, sulla base dell’andamento demografico dei Paesi UE, ha elaborato l’evoluzione della popolazione scolastica europea di età compresa tra i sei e i sedici anni (fascia dell’obbligo scolastico) tra il 2015 e il 2030.

Assumendo a riferimento l’anno 2015, identificato con indice di base = a 100, i Paesi dell’Unione prevedono una evoluzione media pari a 99 nel 2030, cioè un andamento complessivamente stabile senza sostanziali variazioni. Ma il dato è meramente statistico, perché sono le situazioni evolutive dei singoli Paesi ad avere valore.

Il Paese che in vista del 2030 avrà la maggiore evoluzione è la Svezia, che passerà dal valore base = a 100 nel 2015 a 125 nel 2030.

Avranno una evoluzione positiva il Regno Unito e la Germania, per i quali la previsione per il 2030 è pari a 109.

La Francia dovrebbe attestarsi per il 2030 sullo stesso valore della media europea, pari a 99.

Lontana da quei valori la Spagna che per il 2030 dovrebbe avere una evoluzione negativa intorno a 93 punti.

E l’Italia? All’estremo in basso. La depressione demografica italiana, secondo le elaborazioni della Fondazione Agnelli, nel 2030 toccherà il valore più basso: 85 punti. A meno che nel frattempo interventi strutturali riescano a invertire il trend della denatalità.

Considerato che per la prima volta in Italia abbiamo un Ministero della famiglia, è legittimo aspettarsi un piano strutturale, condiviso dal Governo, che, al di là di suggestioni ideologiche, affronti in modo sistemico i nodi del problema, preveda interventi organici, pianifichi investimenti, sostenga con provvidenze mirate le giovani coppie, investa sui servizi per la prima infanzia. Dia, insomma, un futuro sicuro alla genitorialità delle coppie.

Potrebbe essere il piano Marshall della natalità per lo sviluppo del nostro Paese.

Nota 16 aprile 2019, AOODGRUF 8542

Ministero dell’Istruzione, dell’ Università e della Ricerca
Dipartimento per la programmazione  e la gestione delle risorse umane, finanziarie e strumentali
Direzione Generale per le risorse umane e finanziarie – Ufficio  IX

Alle Istituzioni Scolastiche ed Educative statali
e, p.c.
Agli Uffici Scolastici Regionali

Oggetto: Indicazioni relative all’iscrizione presso l’Anagrafe unica delle Stazioni Appaltanti (AUSA) da parte delle Istituzioni Scolastiche ed Educative, ai sensi dell’art. 33-ter del D.L. 179/2012, convertito nella legge 17 dicembre 2012, n. 221