Rai, sottotitolato l’88% dei programmi

Redattore Sociale del 04.04.2019

Rai, sottotitolato l’88% dei programmi. E arriva il disability manager

A viale Mazzini tavola rotonda “Nessuno escluso”, per fare il punto sull’accessibilità, a partire dal Contratto di servizio Rai 2018-2022. Foa: “Impegno che intendiamo onorare, con l’aiuto delle associazioni”. Salini: “Istituiremo disability manager, sul modello del Regno Unito e degli Stati Uniti, per ideare e monitorare qualità e accessibilità dei contenuti”.

ROMA. “Potenziare la fruibilità dell’offerta da parte delle persone con disabilità”: è uno degli obiettivi dichiarati nel Contratto di servizio Rai 2018-2022 (art. 2) e rilanciato ieri a viale Mazzini, durante il confronto “Nessuno escluso”, cui hanno preso parte rappresentanti dell’azienda e delle associazioni di tutela delle disabilità. Obiettivo: ragionare sull’accessibilità del servizio pubblico radiotelevisivo , sui risultati raggiunti e sui prossimi obiettivi, a partire naturalmente da quanto previsto dall’ultimo Contratto di servizio, che nell’articolo 10 – “Offerta dedicata alle persone con disabilità” – prevede “l’adozione di idonee misure di tutela delle persone portatrici di disabilità sensoriali” e “una particolare attenzione alla promozione culturale per l’integrazione delle persone disabili e per il superamento dell’handicap”. 

Da quanto emerso ieri durante l’incontro, pare che molta strada sia stata fatta, verso gli obiettivi fissati: “Nel 2018 abbiamo sottotitolato oltre 16 mila ore di programmi – ha riferito Fabrizio Salini, amministratore delegato della Rai – Per quanto riguarda la sottotitolazione delle edizioni principali dei tg, ad oggi non sottotitolate, il Tg1 delle 13.30, il Tg3 delle 19 e il Tg2 delle 20.30, mi prendo l’obbligo di provvedere”. Inoltre, rispetto “all’audio descrizione, l’attività è stata avviata in fase sperimentale sui canali tematici e progressivamente estesa anche agli altri. Nel 2018 la Rai ha audio-descritto il 76% dei programmi di prima serata”. 

Il presidente della Rai Marcello Foa, che con Salini ha voluto e promosso l’incontro di ieri, ha ricordato come “già l’88% della programmazione dalle sei a mezzanotte delle tre reti generaliste sia sottotitolata” e ha rammentato l’esistenza di “programmi dedicati a spettatori non udenti e non vedenti. Non è la perfezione – ha dichiarato – ma un impegno costante che intendiamo onorare. A tal fine ritengo fondamentale il confronto con le associazioni – ha aggiunto – che ci possono dare suggerimenti utilissimi”. 

L’incontro di ieri è stato anche l’occasione per annunciare un’importante novità in materia di accessibilità del servizio pubblico: “L’istituzione del disability manager – ha detto Salini – sul modello del Regno Unito e degli Stati Uniti. Una figura, una struttura, nel nuovo assetto organizzativo della Rai, in grado di dialogare, di intervenire, monitorare e essere presente anche nell’ideazione, nella creazione e nella qualità del contenuto”. 

Soddisfatto l’Ente nazionale sordi (ENS), dopo l’incontro a margine tra il presidente Petrucci e il presidente Rai Foa: “Abbiamo ribadito l’esigenza di migliorare la qualità della sottotitolazione dei programmi e di aumentare i programmi, telegiornali in primis, tradotti in Lingua dei segni italiana”, riferisce l’ENS, ricordando che “poche settimane fa, dopo una lunga attesa, il ministero dello Sviluppo Economico ha finalmente dato attuazione all’Articolo 23 del Contratto di Servizio e ha così istituito un tavolo di confronto permanente sulla Rai. Anche noi dell’ENS – insieme a FAND, FISH, Terre des Hommes, Consiglio Nazionale degli Utenti – facciamo parte di questo tavolo e nella prima riunione informale avevamo già avuto occasione di rinnovare le nostre richieste. Tra queste, la traduzione in LIS di almeno un’edizione integrale del telegiornale su Rai 1, Rai 2, Rai 3; il miglioramento della qualità dei sottotitoli, anche attraverso la redazione di linee guida per le società che effettuano il servizio; la sottotitolazione dei programmi su Rayplay; l’accessibilità e la produzione di programmi per bambini sordi su Rai yo yo. Continueremo a lavorare -conclude ENS – per rendere il servizio pubblico radiotelevisivo realmente accessibile e far rispettare così i diritti di cittadinanza di tutte le persone sorde”.

Le competenze di cittadinanza non si insegnano, si promuovono

Proposte di legge in materia di Educazione civica
ANDIS: Le competenze di cittadinanza non si insegnano, si promuovono

In audizione presso la Commissione Cultura della Camera l’ANDIS si dichiara contraria alla introduzione dell’Educazione civica come disciplina aggiuntiva.
Non si può pensare di affrontare il problema delle emergenze educative del nostro tempo aggiungendo al curricolo l’ora di Educazione civica – sostiene il Presidente Marotta.
I fenomeni di violenza, volgarità, discriminazione, bullismo, disagio sociale non si risolvono con spiegazioni, interrogazioni e voti. Vanno affrontati con più efficaci strumenti di analisi e di intervento non solo da parte delle scuole, ma anche da parte delle famiglie, delle istituzioni pubbliche, degli esperti di settore, delle associazioni del territorio.
Nella società complessa e globalizzata di oggi, l’istituzione scolastica deve far fronte a nuove e difficili sfide educative: i docenti non hanno più il monopolio delle informazioni e dei modi di apprendere; i ragazzi esprimono interessi, linguaggi, gusti, categorie culturali molto diversi da quelli degli adulti; si è progressivamente attenuata la capacità degli adulti di presidiare le regole e il senso del limite; sono sempre più evidenti i segni della fragilità emotiva e del disagio psicologico che affligge genitori e ragazzi; sono diventati più faticosi i processi di identificazione e differenziazione dei soggetti in età evolutiva; sono mutate le forme della socialità spontanea, dello stare insieme e del relazionarsi tra i ragazzi.
Per affrontare una emergenza di dimensioni così preoccupanti – prosegue Marotta – non è sufficiente richiamare con una nuova legge la responsabilità della scuola al compito istituzionale di educare gli studenti al rispetto delle regole della convivenza civile. Bisognerebbe, piuttosto, promuovere e sostenere una nuova e più solida alleanza educativa tra docenti, genitori e formazioni sociali, impegnandoli tutti in un patto di corresponsabilità che non si limiti ad intrattenere rapporti saltuari, ma si fondi piuttosto sull’assunzione di reciproci ruoli e responsabilità educative.
La scuola oggi è chiamata a sviluppare non solo le competenze culturali afferenti alle diverse discipline, ma anche le competenze metacognitive, metodologiche e sociali necessarie ad operare nel mondo e ad interagire con gli altri.
I docenti non hanno bisogno di una nuova disciplina perché, alla luce delle disposizioni e delle indicazioni programmatiche in vigore, sono già obbligati sia ad insegnare i tradizionali contenuti dell’Educazione civica che a progettare percorsi per lo sviluppo di competenze e comportamenti di cittadinanza.
La promozione delle competenze di cittadinanza nel quadro delle Raccomandazioni dell’Unione Europea non può essere ricondotta ad una specifica disciplina di insegnamento – sostiene con forza il Presidente – le competenze di cittadinanza non si insegnano, ma si promuovono. Sono competenze culturali complesse, apprendimenti strategici che chiamano in causa la formazione integrale della persona e del cittadino; vengono attivate in una varietà di contesti, non possono essere oggetto di trasmissione unidirezionale ma presuppongono un’azione pervasiva trasversale a tutte le discipline di studio.
L’insegnamento di Cittadinanza e Costituzione normato nel 2008 va adattato ai nuovi scenari sociali e culturali del nostro tempo, all’autonomia scolastica e alle Raccomandazioni UE del 2018.
Ed ecco la proposta: tenere distinti i percorsi di Promozione delle competenze di cittadinanza dall’insegnamento dei tradizionali contenuti disciplinari di educazione civica (che vanno mantenuti a carico delle aree storico-geografica / storico-sociale o giuridico-economica secondo la normativa vigente).
I percorsi di promozione della cittadinanza devono essere sviluppati da tutti i docenti contitolari della classe, secondo modalità definite da ciascuna istituzione scolastica nell’ambito della propria autonomia didattica.
La norma dovrà sancire l’obbligo per tutte le istituzioni scolastiche di programmare nel PTOF un curricolo verticale di cittadinanza, definendo i risultati attesi, gli obiettivi di apprendimento e le modalità di verifica e di valutazione degli stessi.
La legge – conclude il Presidente – dovrà lasciare in capo alle istituzioni scolastiche la facoltà di organizzare autonomamente i quadri orari dei percorsi e delle discipline, fissando un monte-ore minimo per l’insegnamento dei contenuti disciplinari di educazione civica pari ad almeno 33 ore all’anno. La norma dovrà finanziare con le poche risorse disponibili un piano di formazione sulle competenze di cittadinanza che coinvolga tutti i docenti in servizio.

Controllo biometrico della presenza in servizio

Controllo biometrico della presenza in servizio: Dirigenti e ATA vengano esclusi dall’obbligo

La VII Commissione della Camera, che sta affrontando l’esame del “Decreto concretezza”, nella seduta del 2 aprile scorso ha approvato un emendamento con il quale, in merito all’obbligo di introduzione nei luoghi di lavoro della Pubblica Amministrazione di sistemi di verifica biometrica dell’identità e di videosorveglianza degli accessi del personale, previsto dall’art. 2, si esclude opportunamente il personale docente delle istituzioni pubbliche dall’obbligo di sottoporsi al controllo biometrico della presenza in servizio.

Dalla lettura del resoconto dei lavori apprendiamo che la Commissione, pur motivando tale esclusione con il riconoscimento della specificità delle istituzioni scolastiche rispetto al resto del pubblico impiego, non estende la misura al personale ATA – che resterebbe quindi sottoposto agli stessi controlli previsti per il resto della PA – né ai dirigenti scolastici, per i quali si prevede che saranno sottoposti al controllo ai soli fini della “verifica dell’accesso”.

Riteniamo che l’emendamento approvato il 2 aprile sia totalmente irrazionale e contraddittorio rispetto alle motivazioni espresse in premessa e perciò inspiegabilmente penalizzante per il personale ATA, al quale non sono state applicate le stesse eccezioni con cui è stato escluso il personale docente, e altrettanto incomprensibile nei confronti dei dirigenti scolastici che, pur privi di contrattualizzazione dell’orario di lavoro e valutati, come si dice nel resoconto, non per il tempo passato a scuola ma per la qualità dei risultati raggiunti in riferimento agli obiettivi assegnati, saranno comunque sottoposti ad un controllo, peraltro di difficile realizzazione.

Per questi motivi come FLC CGIL chiediamo che l’emendamento venga immediatamente modificato e che alle motivazioni condivisibili del resoconto dei lavori, faccia seguito la totale esclusione dall’obbligo di verifica biometrica dell’identità di tutto il personale appartenente alla comunità educante: docenti, personale ATA e dirigenti scolastici.

Al Ministero del Lavoro nessuna risposta di merito

Al Ministero del Lavoro nessuna risposta di merito, sciopero generale il 17 maggio

Dall’incontro che si è svolto oggi al Ministero del Lavoro non sono emersi elementi che consentano di ritenere concluso positivamente il tentativo di conciliazione.

Nessuna risposta di merito è venuta alle richieste avanzate dalle OO. SS., non essendovi stata peraltro la possibilità di procedere ad un approfondito esame delle questioni oggetto della mobilitazione.

Le OO.SS. prendono atto dell’annunciata apertura, a partire da lunedì 8 aprile, di un tavolo di confronto al massimo livello politico del MIUR, proposta rispetto alla quale affermano piena disponibilità perché rispondentea un’esigenza da tempo rappresentata, ma confermano, in assenza di impegni puntualmente riscontrabili, la volontà di procedere alla proclamazione di iniziative di lotta articolate in astensione dalle attività non obbligatorie e in uno sciopero generale di tutti i lavoratori del comparto istruzione e ricerca per l’intera giornata del 17 maggio 2019.

Roma, 4 aprile 2019

Flc CGIL
Francesco Sinopoli

CISL FSUR
Maddalena Gissi

UIL Scuola Rua
Giuseppe Turi

SNALS Confsal
Elvira Serafini

Gilda UNAMS
Rino Di Meglio

Quale “tempo” nella scuola primaria

Quale “tempo” nella scuola primaria

di Rosaria Cetro

 Tornare a discutere  su quale tempo scuola  sia più favorevole all’apprendimento del  bambino nella primaria diventa più che mai necessario, data l’importanza che assume la variabile tempo nella costruzione di un buon ambiente di apprendimento.

La mia esperienza trentennale  di direzione  nella scuola primaria,  in provincia di Napoli,  ha visto il passaggio da due uniche modalità organizzative sul territorio nazionale, tempo pieno di 40 ore  e  tempo normale di 24 ore,  ai  diversi  modelli  nella scuola elementare rinnovata dai Programmi dell’’85 e dalla legge di Riforma  148/90. E,ancora, dalle riforme Moratti del 2003 e Gelmini del 2008.

La storia di quegli anni è di grande utilità per riflettere sul  presente.

Nei primi anni di applicazione della Riforma 148/90, le classi a tempo normale avevano un curricolo di 27 ore settimanali. Con la progressiva diffusione della lingua straniera e la disponibilità di 3 insegnanti su 2 classi, si arrivò a 32 ore settimanali, da  ripartire su cinque o sei mattinate, con tre o due prolungamenti/rientri pomeridiani. La Legge obbligava le scuole a   distribuire l’orario settimanale in antimeridiano e pomeridiano, al fine di “rispettare le esigenze complessive di benessere psico-fisico dei bambini e garantire le migliori condizioni per l’apprendimento”.

Anche con 27 ore settimanali, si  sottolineava il carattere eccezionale e del tutto transitorio dell’eventuale adozione di un orario antimeridiano continuato “che è improduttivo sotto il profilo didattico e crea affaticamento negli alunni”. La deroga ai prolungamenti o rientri era prevista solo per temporanei impedimenti: gravi carenze edilizie e doppi turni. L’assenza della mensa, invece, non costituiva un motivo valido a giustificare l’adozione automatica dell’orario antimeridiano.

Per molte scuole del Sud,  dove il tempo pieno era quasi del tutto assente e  gli Enti locali riuscivano a malapena ad assicurare la mensa alla scuola materna, la strada dei prolungamenti con servizio mensa non era realizzabile: non  furono trovate  alternative ai rientri.

In assenza di adeguati servizi, i rientri ponevano però diversi problemi alle famiglie e alla gestione della scuola. Chi ha  avuto la responsabilità di dirigere la scuola in quegli anni ricorderà come una sfida continua il dover assicurare le attività di pomeriggio, soprattutto d’inverno.

Con l’Autonomia organizzativa, contemplata dal Regolamento n. 275/99, si rimetteva alla determinazione delle singole scuole l’adattamento del calendario scolastico, ma non  l’organizzazione dell’attività didattica, che doveva essere comunque ripartita tra mattina e pomeriggio, al fine di garantire tempi di apprendimento distesi.

Fu la riforma Moratti ad allentare la necessità dei rientri, portando il  tempo scuola a 30 ore settimanali e distinguendo tra curricolo obbligatorio di 27 ore e curricolo facoltativo di 3 ore. Molte scuole adottarono così l’orario antimeridiano su sei giorni per il curricolo obbligatorio, riservando il pomeriggio alle attività del curricolo opzionale. Successivamente, con la riforma Gelmini, il monte ore delle classi di scuola primaria a tempo normale  si attestò definitivamente sulle 27 ore settimanali. E così, anche per effetto dei forti  tagli al personale docente e Ata, con conseguente difficoltà a gestire le attività pomeridiane, nonché dell’abrogazione dell’art.129 del T.U. 297/94 (ex art. 7 legge 148/90) con cui cadeva l’obbligo di ripartire  le attività didattiche  in orario antimeridiano e pomeridiano, per molte scuole arrivò il momento di dire addio ai rientri.

Con un curricolo ridotto a 27 ore settimanali si rese possibile l’adozione dell’orario antimeridiano continuato su sei giorni. Con opportuni accorgimenti, nella distribuzione delle compresenze e dei carichi disciplinari, si potevano rispettare le esigenze complessive di benessere psico-fisico dei bambini e garantire nel contempo le migliori condizioni per l’apprendimento .

Attualmente,  l’attenzione  alle esigenze del bambino, dettata dal forte “Credo pedagogicodegli anni ’70  e  richiamata con insistenza dalla Legge di Riforma e dalle norme ad essa collegate, sembra essersi affievolita. Altre istanze hanno preso il posto nelle scelte organizzative delle scuole.  In primo luogo quelle delle Amministrazioni locali che cercano di ridurre i costi dei servizi. Così, anche sulla spinta delle famiglie, sono sempre più numerose le scuole che scelgono di adottare la  cosiddetta “settimana corta. Ma, con quale articolazione oraria? Nel Nord Italia la maggior parte delle classi funzionanti a 27 ore su cinque giorni ha due prolungamenti con mensa .  Le scuole del Sud, invece, risultano essere ancora una volta  le più penalizzate  dall’assenza di servizi. In  molti casi, le 27 ore settimanali sono distribuite  tutte di mattina,  con quadri orario di oltre cinque ore al giorno.  Questa modalità si diffonde a macchia d’olio  e risulta tanto più  fattibile quante  più scuole l’adottano.

Ma non sempre le soluzioni più semplici sono le migliori. Con l’Autonomia, l’articolazione dell’orario settimanale  è divenuta  ormai  prerogativa delle singole scuole. E mentre la questione infiamma le famiglie, talvolta con strascichi  giudiziari ,   sembra essere del tutto scomparsa dal dibattito pedagogico nazionale. 

Vero è che l’Autonomia ha concesso alle scuole  ampi spazi di libertà organizzativa e didattica, ma ciò non esclude il dover progettare l’intervento educativo in modo “adeguato ai diversi contesti, alla domanda delle famiglie e alle caratteristiche specifiche dei soggetti coinvolti, al fine di garantire loro il successo formativo” (c.2 art.1 D.P.R. n.275/1999).

Le recenti ricerche del cronobiologo Yvan Touitou  ravvisano l’importanza di  adeguare le ore di lezione al ritmo dell’orologio biologico per potere ottenere attenzione e migliori risultati dagli studenti. In particolare, i bambini hanno bisogno di molte pause e di vacanze non troppo lunghe, per non dimenticare quanto appreso. In Francia le ricerche del professore Touitou  hanno stimolato il dibattito e ispirato una buona  riforma dei tempi scolastici.

 Anche per noi  sarebbe auspicabile un orientamento ministeriale a riguardo. Si potrebbero  trovare le risposte nel  vasto patrimonio della cultura pedagogica, costituito  in anni di studi e di ricerche,  che ha fatto sì che la scuola primaria italiana si affermasse tra le migliori del panorama internazionale .

Intanto, spetta alle scuole, ai dirigenti scolastici e ai docenti  riappropriarsi del loro ruolo di veri professionisti dell’educazione e,  senza cedere alle istanze incontrollate di famiglie e territorio, formulare la proposta tecnica più adatta a garantire la qualità del servizio scolastico nei modi e nei tempi previsti.

 Non si tratta di dire sì o no alla settimana corta, ma  di offrire al bambino un  tempo scuola adeguato ai suoi modi e ritmi  di apprendimento, cogliendo l’occasione per  rilanciare agli Enti locali richieste di risorse e servizi.  Occorrono nuovi investimenti nelle strutture, il potenziamento dei servizi, insieme a una  rinnovata attenzione  al bambino-scolaro da parte di famiglie e operatori scolastici, per garantire  migliori condizioni di apprendimento. In ultima analisi, una scuola di qualità, se pensiamo che una testa ben fatta  sia meglio  di una testa ben piena.

Le guerre ipocritamente dimenticate

Le guerre ipocritamente dimenticate

di Vincenzo Andraous

Sulle guerre si sprecano da sempre gli aggettivi, i sostantivi, le banalità,  gli estremisti di ogni sponda ammettono l’uso  della forza, accettano l’uso di una violenza che sana altra violenza, con la pretesa di non esagerare troppo. Gli altri che ancora non conoscono il colore del sangue, non stanno da nessuna parte, se non con l’utopia della creazione di un mondo perfetto. C’è davvero un grande spreco di intendimenti corrosi dagli inganni, quando invece i morti sono morti, la guerra è guerra, il potere è potere. Occorre chiamare le cose e le persone con il loro nome, avere il coraggio di indicare, sì, la strada maestra, ma dopo avere percorso per intero   le vie laterali, quelle che hanno prodotto il presente. Bombe invisibili e morti nascosti, paesi lontani e paure vicinissime, indipendentemente dalla ragione o dalla compassione, c’è dispendio di immagini e di proclami, ma il cratere è in attesa di anime vaganti, anime con in mano il Corano o con il Vangelo. E’ un cratere che s’allarga e vomita intolleranze, però senza alcun Dio a fare da giustificazione. Addirittura non c’è più neanche paura di ciò che non vediamo, di rumori in sottofondo, di boati  e di silenzi improvvisi. Regna incontrastata l’indifferenza che procede spedita sotto i cingoli di quelli che non ammettono cedimenti. Non udire il fremito della resa alla follia, significa rimanere davvero indifesi, non sapere reagire con giustizia agli accadimenti. Morti ammazzati innocenti di là, qualche centinaio di bimbi di qua, per confermare quanto poco giova la nostra tecnologia, i nostri sistemi di sicurezza, le nostre belle rassicurazioni, quando c’è l’imprevedibilità che non pone alcun annuncio. Ci rifugiamo nella giustizia che corre sull’analfabetismo emotivo  che ci coglie ogni qualvolta siamo chiamati a porvi rimedio. Ci stiamo abituando alla guerra vera, ai morti sul selciato, a quelli che ancora respirano ma sono ruderi ambulanti. E nonostante questo palcoscenico mondiale, che non è affatto un proscenio virtuale,  ma presente e futuro all’intorno, persiste la corruzione del linguaggio, l’autoipnosi della parola attraverso una reazione che non ha mediazione, perché l’angoscia e l’inquietudine albergano tra i nostri possedimenti, non certamente nella disperazione e nel dolore di quanti a brandelli saltano per aria su una mina o una bomba sganciata assieme agli inevitabili effetti collaterali. Forse è il caso di ridimensionare l’uso di una etimologia di tendenza, e affermare che le guerre possiedono l’abito mentale dell’assassino. Forse è il caso di curarci delle parole che contano per davvero, per indurci infine a curarci di più delle persone, anche quelle che solamente tolleriamo.

I presidi sorvegliati

I presidi sorvegliati

Premessa obbligata: a DIRIGENTISCUOLA riesce difficile decidere se, istintivamente, opporre una prorompente indignazione o un sorriso amaro. Di certo non resterà inerte, sino ad intraprendere, occorrendo, tutte le possibili vie legali.

Perché la misura contenuta nel disegno di legge c.d. concretezza, in discussione nelle competenti commissioni parlamentari – finora silente il sottosegretario Giuliano, attributario praticamente di tutte le deleghe sull’istruzione –  è una vera, autentica aberrazione, difficilmente frutto di una deprecabile improvvisazione se la promotrice ministra della Repubblica è una stimata, e professionalmente quotata, donna di legge. Resta così in piedi la – sola – seconda ipotesi: l’ennesimo spot politico che nutre l’ossessione securitaria del partito di appartenenza, che ha promesso ordine e disciplina anche nella scuola, ai cui ingressi installare dispositivi rilevatori delle impronte digitali e dell’iride per scovare i fannulloni o coloro che provassero a “fare sega”, secondo la pittoresca espressione nell’articolo che si legge oggi sul Corriere della sera.

Un’eccezione sembra poter essere concessa ai docenti  e, per una sorta di effetto di trascinamento, al personale ATA.

La motivazione formale: sarebbero gli stessi studenti a denunciare il fedifrago e comunque le presenze sono già tracciate dal registro elettronico.

La motivazione reale: non è opportuno irritare un milione e passa di elettori, agevolmente moltiplicabili per quattro o per cinque includendovi le rispettive cerchie familiari e amicali.

Mentre si può tranquillamente dare addosso al dirigente scolastico, oggetto di sfiducia preventiva o, peggio, di conclamata ostilità ; che nell’immaginario collettivo artatamente alimentato e nelle conseguenti proposte di legge dell’attuale compagine governativa è un satrapo arrogante e incompetente, da tenere costantemente sotto controllo: dopo l’avvenuto smantellamento della “chiamata per competenze” e l’irreggimentazione di quel che resta del “bonus premiale”, ora anche con l’introduzione  del ricorso gerarchico improprio – come nel disegno di legge della senatrice Granato – per impugnare le sue determine di formazione delle classi, della loro assegnazione ai docenti e su quant’altro ancora residui dei suoi poteri datoriali.

Nell’odierna temperie pare che l’essere legittimi rappresentanti del popolo sovrano esoneri finanche dalla fatica di una sia pur sommaria occhiata alle fonti normative, legali e contrattuali, che non prevedono per i dirigenti scolastici obblighi sull’orario di servizio, ma una specifica clausola sull’impegno di lavoro correlato al funzionamento dell’ufficio diretto (meglio, di una complessa “pubblica amministrazione” cui si è preposti in posizione apicale, legalmente rispondendone in via esclusiva) e considerato ai fini della valutazione del raggiungimento degli obiettivi assegnati, delle capacità organizzative dimostrate, del rispetto delle direttive impartite dai superiori livelli.

Al momento dovrebbe dunque verificarsi se il dirigente scolastico è entrato (quando e quante volte) in ufficio. E – a questo punto – solo per lui andranno impiantate  costose strumentazioni. Non solo nei quarantamila plessi scolastici, ma anche dove egli si rechi o voglia/debba recarsi per il compiuto svolgimento della funzione istituzionale: presso gli uffici scolastici regionali e/o ambiti territoriali provinciali, presso uffici vari, alle conferenze di servizio, presso aziende, associazioni culturali e territoriali, organizzazioni del volontariato, sindaci, parroci “et quibusdam aliis”. Oppure no?

National Geographic Festival delle Scienze

Auditorium Parco della Musica dall’8 al 14 Aprile 2019


Il modo migliore di prevedere il futuro è inventarlo. Torna il National Geographic #FestivaldelleScienze con una tematica che porta in sé tantissime domande: l’#Invenzione.

L’Invenzione, intesa come creazione e introduzione per la prima volta di un concetto, un’idea, una teoria, una tecnologia, è un aspetto fondamentale della scienza, della filosofia o dell’arte, e, insieme all’imitazione, all’innovazione e alla scoperta, costituisce il principale motore del progresso della conoscenza.

Cercheremo nei numerosi incontri di rispondere ad alcune grandi domande: come nasce un’idea e come può dare origine a un’invenzione? Quali sono le principali invenzioni che hanno cambiato la storia dell’umanità? Quali sono le invenzioni del futuro che possiamo immaginare? Le invenzioni possono nascere per caso?


Prodotto dalla Fondazione Musica per Roma, con la partnership progettuale di Codice Edizioni, il National Geographic Festival delle Scienze è realizzato insieme a National Geographic, MIUR Social – Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Assessorato alla Crescita Culturale di Roma, ASI ( Agenzia Spaziale Italiana ), INFN – Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, con la partecipazione delle Biblioteche Di Roma e dei partner scientifici Stampa Cnr – Consiglio Nazionale delle Ricerche, INGVcomunicazione – Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, INAF – Istituto Nazionale di Astrofisica e ISTITUTO ITALIANO DI TECNOLOGIA, ESA – European Space Agency, GSSI – Gran Sasso Science Institute.

Educational Partner è Leonardo SpA. Partner è Poste Italiane. Partner culturali sono Casa del Jazz, Fondazione Bioparco Di Roma Viale Del Giardino Zoologico, 20 00197 – Roma, MAXXI – Museo nazionale delle arti del XXI secolo, Teatro di Roma, Musei in Comune Roma, Sapienza Università di Roma, Università degli Studi di Roma Tor Vergata, Università degli Studi Roma Tre. Supporter è Fondazione Pirelli. Sponsor tecnici sono Topolino, Sekkei Sustainable Design e InformaSistemi S.p.A. communication & information technology. Sky, main media partner, proporrà all’interno del Festival una serie di iniziative, raccontando inoltre per tutta la settimana l’evento in diretta dall’Auditorium. Confermata la partnership con Radio3 Scienza, che – da venerdì 12 a domenica 14 – racconterà il Festival in diretta dal foyer. Inoltre, il Festival rientra nella programmazione delle attività promosse dal Comitato Nazionale per la celebrazione dei 500 anni dalla morte di Leonardo da Vinci.

L’iniziativa è parte del programma di EUREKA! Roma 2019 promosso da Roma Capitale – Assessorato alla Crescita culturale.

Olimpiadi di Italiano


Olimpiadi di Italiano, premiati i vincitori
Il Ministro Bussetti: “Una vittoria di tutta la scuola”

Sono stati proclamati questa mattina i vincitori della IX edizione delle Olimpiadi di Italiano, promosse dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, con la collaborazione dell’Accademia della Crusca. La premiazione si è tenuta nell’Auditorium ‘Vivaldi’ della Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino. I vincitori si sono distinti dopo una selezione impegnativa: quest’anno sono stati quasi 70.000 i ragazzi che hanno partecipato a tutte le fasi di selezione. Mai così tanti. Un numero record. E solo in 82 sono arrivati a Torino per la conquista del podio.

“Complimenti ai vincitori. E a tutti gli studenti che si sono sfidati sulla conoscenza della lingua italiana – ha detto il Ministro Marco Bussetti -. Queste Olimpiadi non sono una semplice competizione. Rappresentano una festa di tutta la scuola. Dimostrano che si può imparare divertendosi. Oggi a Torino sono stati premiati i nostri giovani più eccellenti. Ma eccellente è tutta la scuola quando vive la sua dimensione di comunità e si impegna con passione”.

Le Olimpiadi di Italiano sono gare individuali riservate a tutti gli studenti delle scuole secondarie di II grado. Per la prima volta, tra i vincitori assoluti di categoria risulta un alunno di un Istituto Tecnico. La competizione per la finale si è tenuta ieri, nell’Aula Magna del Liceo D’Azeglio. I ragazzi in corsa per il titolo, nelle quattro ore a disposizione, hanno dovuto dimostrare non solo una conoscenza approfondita dell’italiano, ma anche capacità di scrittura, di sintesi, di comprensione e di elaborazione del testo.

Oltre alle tradizionali medaglie, i vincitori delle Olimpiadi di Italiano riceveranno libri e soggiorni studio in Italia e all’estero offerti dai partner che sostengono l’iniziativa.

Il supporto organizzativo per l’intera manifestazione è del Liceo D’Azeglio di Torino.

I nomi dei ragazzi premiati:

CATEGORIA SENIOR
1.  Anna Tiso – Liceo Classico Trissino Valdagno (VI), classe 4^ SC
2.  Francesco Paronetto – Liceo Scientifico ‘Primo Levi’, Montebelluna (TV), classe 4^ ASC
3.  Caterina Moro – Liceo Classico ‘Leopardi Majorana’, Pordenone, classe 5^ CG

CATEGORIA JUNIOR
1.  Leonardo Deambrogio – Istituto Tecnico Economico ‘Leardi’, Casale Monferrato (AL), classe 2^ A
2.  Matthias Castlunger – Istituto Tecnico Economico, Bolzano, classe 1^ A
3.  Giulia Cerroni – Liceo Classico Musicale ‘B. Zucchi’, Monza, classe 2^ A

CATEGORIA SENIOR ESTERO
1.  Alessandro Borys – Liceo Italiano I.M.I., Istanbul, Turchia, classe 4^ A

CATEGORIA JUNIOR ESTERO
1.  Alessandro Poloniato – Istituto Italiano ‘Leonardo da Vinci’, Parigi, Francia, classe 1^

PREMI ‘DIDATTICI’

CATEGORIA SENIOR
Area liceale: Maria Alessia Di Maio – Liceo Classico Scientifico ‘Vittorio Imbriani’, Pomigliano d’Arco (NA), classe 5^ BS
Area tecnica: Enrico Miotto – Istituto di Istruzione Superiore ‘Viola-Marchesini’, Rovigo, classe 5^ C
Area professionale: Mariagrazia Losurdo – Istituto di Istruzione Superiore ‘N. Garrone’, Barletta, classe 4^ D

CATEGORIA JUNIOR
Area liceale: Gaia Volpe – Istituto di Istruzione Superiore ‘P.P. Parzanese’, Ariano Irpino (AV), classe 2^ A
Area tecnica: Eleonora Crabu – Istituto di Istruzione Superiore ‘Luigi Einaudi’, Senorbi (SU)
Area professionale: Valentina Pace – Istituto di Istruzione Superiore ‘Giovanni Giolitti’, Torino


A Torino la finale nazionale
Quasi 70.000 gli studenti iscritti alle selezioni: un nuovo record
In corsa per il podio 82 campioni
Il Ministro Bussetti: “È un’emozione vedere la passione dei ragazzi per la nostra lingua”

Al via il 4 aprile a Torino, con la cerimonia di apertura, le Olimpiadi di Italiano giunte alla nona edizione e promosse dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca con la collaborazione dell’Accademia della Crusca. A sfidarsi in gara, a partire dalle 9.00, nell’Aula Magna del Liceo D’Azeglio, saranno 82 studenti delle scuole di tutta Italia e delle scuole e sezioni italiane all’estero. Si tratta dei finalisti selezionati fra i quasi 70.000 ragazzi che hanno partecipato alle competizioni di istituto e regionali in questi mesi. Un nuovo record: i partecipanti non sono mai stati così tanti. Sabato la cerimonia di premiazione, alle 9.00, nell’Auditorium ‘Vivaldi’ della Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino. Ad accompagnare la competizione saranno le Giornate della Lingua Italiana: dibattiti, tavole rotonde e seminari con accademici, scrittori e linguisti.

“Queste Olimpiadi non sono solo una gara, ma una festa. E per me è un’emozione vedere tanti ragazzi che si appassionano alla nostra lingua. Ogni anno sempre di più: quando c’è tanto entusiasmo nelle nuove generazioni possiamo solo essere ottimisti. E noi adulti abbiamo la responsabilità di non deludere questa energia”. Così il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Marco Bussetti. Il Ministro ha oggi inviato un messaggio di saluto agli 82 finalisti.

Nona edizione da primato
Sono stati 69.254 gli studenti che hanno partecipato a tutte la fasi di selezione, da quelle di istituto alle regionali, fino ad arrivare alla sfida per il podio. Quasi 10.000 in più rispetto alla precedente edizione, quando a sfidarsi sono stati 60.300 alunni e tre volte in più rispetto a cinque anni fa (nel 2015 gli iscritti sono stati 24.920). I finalisti provengono in prevalenza da percorsi liceali. Ma continua ad aumentare la presenza degli iscritti a percorsi tecnici (10.024 contro gli 8.776 dell’anno precedente) e professionali (2.108 in gara rispetto ai 1.779 della passata edizione). Tra tutti gli iscritti le ragazze prevalgono sui ragazzi, rispettivamente sono 26.573 e 42.681. Una tendenza che si inverte nella gara per il podio: 43 i ragazzi e 39 le ragazze. Con 8.328 studenti la Campania è la regione più rappresentata. Seguono Puglia e Lombardia con 7.908 e 6.604 alunni. Piemonte (9 concorrenti), Lombardia (8) e Veneto (7) le più numerose in finale. In crescita anche il numero degli istituti scolastici che partecipano alle Olimpiadi: 1.202 (erano 1.154 nel 2016). E aumenta pure la partecipazione per le scuole e le sezioni italiane all’estero che quest’anno hanno contato 658 iscritti, cento in più guardando all’anno scorso. Quattro i finalisti. Provengono dalla Francia, dalla Germania, dalla Russia e dalla Turchia.

Tra logica e creatività: le gare
Nelle quattro ore a disposizione per la prova conclusiva, i ragazzi dovranno dimostrare non solo una conoscenza approfondita dell’italiano, ma anche capacità di scrittura, di sintesi, di comprensione e di elaborazione del testo.
Le Olimpiadi sono gare individuali per gli studenti delle scuole secondarie di II grado. Quattro le categorie della competizione: Junior e Senior per gli istituti italiani e Junior e Senior per le scuole e le sezioni italiane all’estero. La categoria Junior è riservata agli alunni del biennio. La Senior agli iscritti degli ultimi tre anni di corso. Le prove degli studenti saranno valutate da una giuria di esperti nominata dal Miur e composta da: Gian Luigi Beccaria (presidente onorario), Giuseppe Patota (presidente), Valeria Della Valle, Giovanna Frosini, Giorgio Graffi, Carla Marello, Gino Ruozzi, Sergio Scalise, Elettra Solignani, Silvia Tatti.

Dietro le gare: il ritratto di una generazione
Il racconto delle Olimpiadi è anche il racconto di una generazione. È il racconto dei sogni, delle ambizioni, delle realtà di questi ragazzi. “Il mio sogno è di cambiare il mondo in maniera tale da renderlo migliore”, confida Elena. Mentre Nicola aspira a “raggiungere la felicità personale”. “Vorrei rendere ogni giorno diverso dal precedente”, il desiderio di Veronica. Molti sperano di riuscire a diventare “bravo” dottore, o ambasciatore, o ricercatore, o insegnante. In tanti hanno già alle spalle una esperienza di studio all’estero perché “è importante andare oltre la propria cultura”. E tra un sogno e l’altro poi c’è il quotidiano della propria età. Che non è solo lo studio, la famiglia o gli amici. Ma è anche quella fatta dal volontariato, dal teatro, dallo sport, dalla cucina, o dalla musica (in tanti rivelano di ascoltare la classica e di suonare uno strumento).


Il saluto del Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca

Cari ragazzi,

è arrivato il momento: in questi giorni siete a Torino per partecipare alla finale delle Olimpiadi di Italiano, una competizione che il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca promuove e sostiene insieme all’Accademia della Crusca.
Siete partiti in 70.000, un numero record. E solo in 82 siete riusciti a superare le varie fasi della gara e vi contendete adesso il titolo di vincitore. Siete tra le menti più brillanti della nostra scuola: voglio complimentarmi con voi. Sono orgoglioso della vostra eccellenza. Purtroppo alcuni impegni istituzionali non mi consentono di essere presente, ma faccio il tifo per voi a distanza.
Grazie a questa iniziativa, che vede di anno in anno un coinvolgimento sempre maggiore di giovani, avete la possibilità di mettervi alla prova sfidandovi su regole grammaticali e sintattiche, su sfumature lessicali. Ma soprattutto di dimostrare il vostro amore per l’Italiano, patrimonio della nostra cultura e parte della nostra identità. E di condividerlo con esperti, studiosi e accademici che partecipano alle “Giornate della Lingua Italiana”, dedicate quest’anno a Leonardo da Vinci, in occasione del cinquecentenario della sua morte, e a Primo Levi, nel centenario della nascita.
Questa esperienza vi rimarrà nel cuore. Così come la vostra passione: è un bene prezioso che vi permetterà di fare grandi cose per il vostro futuro. Godetevi la sfida, mettetevi in gioco e date il meglio.

In bocca al lupo a tutti e vinca il migliore.

Marco Bussetti

Nota 4 aprile 2019, AOODGOSV 5772

Ai Direttori degli Uffici Scolastici Regionali
LORO SEDI
AI Sovrintendente scolastico per la Regione Valle D’Aosta
AOSTA
AI Sovrintendente scolastico per la scuola in lingua italiana
BOLZANO
All’Intendente scolastico per la scuola in lingua tedesca
BOLZANO
All’Intendente scolastico per la scuola delle località ladine
BOLZANO
AI Dirigente del Dipartimento istruzione per la Provincia di Trento
TRENTO
Ai Dirigenti scolastici delle Istituzioni scolastiche statali del primo ciclo di istruzione
LORO SEDI
Ai Coordinatori delle attività educative e didattiche delle scuole paritarie del primo ciclo di istruzione
LORO SEDI
e. p.c.
AI Capo di Gabinetto
AI Capo Dipartimento per la programmazione c la gestione delle risorse umane, finanziarie e strumentali
AI Capo Ufficio stampa
SEDE
AII’INVALSI

Oggetto: Indicazioni in merito allo svolgimento degli Esami di Stato nelle scuole del primo ciclo di istruzione e alla certificazione delle competenze. Anno scolastico 2018/2019.

Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 4 aprile 2019, n. 48

Regolamento concernente l’organizzazione degli Uffici di diretta collaborazione del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca. (19G00055)
(GU Serie Generale n.133 del 08-06-2019)