Mobilità 2020, domande ATA fino al 27 aprile: come revocarle

da La Tecnica della Scuola

Fino al 27 aprile il personale ATA può presentare domanda di mobilità, tramite Istanze on-line, per l’a.s. 2020/2021, così come previsto dalla Ordinanza Ministeriale 182 del 23 marzo 2020.

Le altre scadenze riportate nella O.M. sono:

  • 8 giugno per la conclusione degli adempimenti di competenza degli uffici periferici del Ministero
  • 2 luglio per la pubblicazione degli esiti della mobilità.

Revoca della domanda

Come per il personale docente, anche per gli ATA è consentita la revoca delle domande di movimento presentate o la regolarizzazione della documentazione allegata.

La richiesta di revoca della domanda può essere presentata dal personale ATA sino a 10 giorni prima del termine ultimo per la comunicazione al SIDI delle domande di mobilità.

Dopodiché la richiesta di revoca deve essere inviata per il tramite della scuola di servizio o presentata all’Ufficio territorialmente competente non oltre il quinto giorno utile prima del termine ultimo per la comunicazione al SIDI dei posti disponibili.

Indicazione delle preferenze

Il personale ATA di ruolo può chiedere il trasferimento ad altre sedi nell’ambito della provincia di titolarità o per sedi di una sola altra provincia (diversa da quella in cui è titolare) o congiuntamente per entrambe. Qualora intenda avvalersi di entrambe le facoltà, deve presentare congiuntamente le due domande. Non si terrà conto della domanda relativa alla provincia di titolarità qualora risulti accolta la domanda di trasferimento ad altra provincia.
Le preferenze, sia a livello di singola scuola come a livello di comune, distretto, provincia o
centro territoriale riorganizzato nei centri provinciali per l’istruzione degli adulti devono essere indicate trascrivendo l’esatta denominazione riportata negli elenchi ufficiali, comprensiva del codice meccanografico. Le preferenze vengono prese in esame nell’ordine espresso dall’aspirante.

Per le indicazioni del tipo sintetico – comune, distretto, provincia – è sufficiente riportare la denominazione, comprensiva del codice, contenuta in uno qualsiasi dei bollettini ufficiali escluso quello delle scuole dell’infanzia.

VAI AGLI ELENCHI UFFICIALI

Modulistica e autodichiarazioni

Il Ministero dell’Istruzione ha pubblicato i modelli di domanda per il personale ATA:

Sono disponibili anche le autodichiarazioni:

Come compilare la domanda

Si segnala che il Ministero ha reso disponibile la guida alla compilazione.

Concorso Infanzia e Primaria: i titoli di servizio

da Tuttoscuola

Il servizio prestato non è titolo richiesto per accedere al concorso.

Pertanto, i candidati che non hanno alcuna anzianità di servizio possono concorrere liberamente, a condizione di possedere il titolo di studio richiesto, come indicato nella sezione A della Tabella (Abilitazione specifica, diploma di istituto magistrale conseguito entro l’anno scolastico 2001/2002 o titolo di abilitazione conseguito all’estero e riconosciuto dal Miur).

La Tabella dei titoli, pubblicata con decreto n. 200 del 20 aprile 2020 è suddivisa in tre sezioni, l’ultima delle quali è la C, relativa al servizio prestato.

Titoli di servizio (lettera C1)
Servizio di insegnamento prestato sullo specifico posto per cui si procede alla valutazione, nelle scuole del sistema nazionale di istruzione (0,50 punti per ciascun anno di servizio.
L’insegnamento prestato su posti di sostegno agli alunni con disabilità è valutato solo nella specifica procedura concorsuale.
Il servizio prestato nei percorsi di istruzione dei Paesi UE è valutato ove riconducibile alla specificità del posto.
Il servizio a tempo determinato è valutato ai sensi dell’articolo 11, comma 14, della legge 3 maggio 1999, n. 124.

Vale il servizio prestato nello specifico posto per cui si concorre, cioè, ad esempio, nel concorso infanzia vale soltanto il servizio prestato per l’infanzia, per quello della primaria solo il servizio nella primaria, per il concorso di sostegno nella primaria soltanto il servizio prestato su posti di sostegno nella primaria.

A proposito del servizio prestato su posti di sostegno non è precisato se valga soltanto con il possesso del titolo di specializzazione. La non precisazione consente, pertanto, la valutazione del servizio per chi concorre per posti di sostegno, a condizione, però, che nel frattempo sia stata conseguita la specializzazione che costituisce requisito di accesso a quella tipologia di concorso.

Inoltre il riferimento alle scuole del sistema nazionale di istruzione è chiarificatore: valgono i servizi prestati sia nelle scuole statali che in quelle paritarie.

Infine la legge 124/1999 richiamata al termine del dispositivo ci ricorda che l’art. 11, comma 14 prevede “Il comma 1 dell’articolo 489 del testo unico è da intendere nel senso che il servizio di insegnamento non di ruolo prestato a decorrere dall’anno scolastico 1974-1975 è considerato come anno scolastico intero se ha avuto la durata di almeno 180 giorni oppure se il servizio sia stato prestato ininterrottamente dal 1o febbraio fino al termine delle operazioni di scrutinio finale”.

Didattica digitale: il problema non è la parola ‘distanza’

da Tuttoscuola

In tempi così difficili come quelli che stiamo vivendo tutto sembra amplificarsi e dilata. Si amplificano le notizie, che fino a qualche settimana fa ascoltavamo noiosamente mentre eravamo impegnati nella nostra preziosa quotidianità e, contemporaneamente, di dilatano i tempi, in una perenne attesa sperando di riuscire, faticosamente a creare nuove routine in grado di rassicurarci e accompagnarci giorno dopo giorno, nella faticosa impresa di rimanere ciò che siamo, uomini, donne, docenti, educatori, genitori, figli.

Mentre tutto si dilata e si amplifica l’attualità ci rimanda al bisogno che ha la scuola di non fermarsi nonostante tutto, perché la scuola è in primis educazione, crescita, speranza nel presente e nel futuro. Nel giro di poche ore docenti e dirigenti scolastici hanno dovuto reinventarsi e diventare esperti digitali, riuscendo a padroneggiare strumenti che fino a pochi giorni fa erano per lo più sconosciuti. Zoom, Skype, per i migliori Gsuite o la proposta iOS….simboli, acronimi di difficile comprensione, almeno per qualcuno.

Immediatamente è nata una polemica insanabile, come spesso accade nella scuola tra chi sostiene che non sia nostro dovere attivarsi verso l’organizzazione della didattica a distanza e chi invece crede sia giusto farlo. C’è chi ha iniziato a dare montagne di compiti e chi non si presenta nella classe virtuale. Chi ha preso una nota perché, pur non alzandosi dal proprio letto si è comportato male e chi ha progettato lezioni appassionanti, pur non potendo uscire dalla propria abitazione. Sono cambiate molte cose, ma, a pensarci bene non è cambiato il cuore del problema, cioè la dimensione della didattica. Ci siamo erroneamente concentrati sul problema della distanza, pensando che fosse necessario dotarsi di strumenti informatici, certamente indispensabili, e abbiamo dimenticato che il cuore della didattica è la relazione e il cuore della scuola è la didattica. E così chi dava molti compiti quando era in presenza non ha avuto problemi a caricare sul registro elettronico decide di pagine da studiare o esercizi su esercizi da svolgere. Chi si lamentava prima, lo farà ora. Chi aveva una modalità trasmissiva, l’avrà anche on line su Skype. Gli innovatori, coloro i quali sono alla ricerca di strumenti per promuovere una didattica sempre più su misura, non hanno certo smesso di esserlo ora, così come gli impavidi della sperimentazione didattica non saranno diventati, a causa del monitor di un pc, dei rassicuranti passacarte statali.

In tempi di Coronavirus, dove tutto si dilata e si amplifica, la didattica non fa differenza. Amplifichiamo di fatto le nostre capacità relazionali e comunicative e dilatiamo il nostro impegno per fronteggiare un’emergenza inattesa, ma rimaniamo quello che siamo. Dobbiamo dunque cercare di lavorare sul concetto di didattica, più che sulla dimensione digitale. Chiederci se siamo capaci di creare e mantenere rapporti anche in tempo di lezione via Skype o se, ancora una volta, ci trinceriamo dietro un registro, stravolta virtuale, per difendere e mantenere uno status che, giorno dopo giorno, non ci appartiene più.

La tempesta perfetta e l’Italia ripensata

La tempesta perfetta e l’Italia ripensata

di Carlo Ruta

C’è buio davanti. L’isolamento sociale prolungato, ad una sola velocità e in un solo senso, decretato per l’intero Paese malgrado le forti sproporzioni del contagio da regione a regione, ha fermato risorse ingenti, che invece potevano essere mobilitate per scongiurare il tracollo economico e sopperire in qualche misura ai vuoti produttivi delle zone più infettate. Poteva andare meglio in realtà, ma nel fuggi fuggi dell’Europa è sopravvenuto il caos. L’orgoglio di un Nord italiano che ha creduto troppo nel proprio ruolo-guida e nella sacralità del proprio sistema imprenditoriale, restio a recitare perciò la parte dell’infermo bisognoso d’aiuto al cospetto di un Centro-Sud meno colpito dall’infezione, probabilmente ha pesato sulle scelte e l’adozione dei paradigmi. Ma a creare disappunto non sono soltanto le supponenze dell’Italia più industriale e finanziaria. 

Malgrado si sia giunti verosimilmente al giro di boa, l’infezione tormenta ancora il Paese. I morti restano, in rapporto agli abitanti, tra i più numerosi al mondo, nonostante le rigide misure dell’isolamento sociale. Oggi, 23 aprile, superano i 25.000, e l’andamento della curva lascia prevedere, ad una stima prudente, che, alla chiusura di questa fase, possano superare i 30.000: qualcosa come 5 volte la somma dei morti di tutti i terremoti avvenuti nella penisola e nelle isole dal secondo dopoguerra. Non si tratta evidentemente di un trauma, ma di una voragine apertasi nella vita del Paese. E questa voragine morale e materiale sta allargandosi con l’emergere di nuovi disastri, economici in primo luogo, che, come dimostrano le stime di caduta possibile del Pil nel primo semestre, nell’ordine del 15% secondo gli analisti, graveranno sulla società italiana e in maniera dirompente sui ceti meno garantiti.

Adesso, davvero, è tutto più difficile, ed è curioso che, invece di correggere le rotte là dove è necessario, si insista a navigare a vista e a braccia. Solo condotte sicure sul campo, sostenute da politiche lungimiranti, perfettamente in linea con i principî fondamentali della Costituzione, possono aiutare il Paese a fuoriuscire dal disordine materiale e morale in cui è ridotto. Ma c’è ben poco di confortante quando si pensa, appunto, ai regionalismi boriosi che persistono, a dispetto dei tantissimi morti, e alla mancanza, ancora oggi, di un piano coeso sui dispositivi di protezione, che con regole precise di distanziamento sarebbero dovuti essere la base strategica del contrasto all’infezione, fin dal primo momento. 

L’Italia sta diventando più povera, gli analisti della fase sostengono che uscirà più colpita di altri paesi europei dell’Unione, e questo annuncia gap ulteriori, con erogatori di denaro che si porranno in campo con nuova lena per nuocere al Paese, ben al di là delle fenomenologie criminali dei «capibastone», di cui si parla in questi giorni. Si faranno avanti, è facile immaginarlo, le facoltose banche d’affari europee e globali, le lobby, le corporation, gli accaparratori di risorse primarie, di beni comuni e della comunicazione, i capitalismi asiatici, i colossi dell’e-commerce. Si annunciano, ad esempio, già tentacolari le mosse di Amazon, che cresce vorticosamente sulle ali del «lockdown» mentre si contraggono sempre più i commerci cittadini, che a lungo hanno garantito e stabilizzato le economie territoriali. 

La posta stavolta è davvero alta. Si può imboccare un percorso di rinascita civile e responsabile, con il concorso fondamentale delle comunità, o andare incontro a situazioni ibride, incerte, aperte ad ogni compromesso. Le povertà crescenti, gestibili ad hoc per alimentare nuove chiusure, impoveriscono il paese civile, e un paese impoverito è più soggetto all’attacco predatorio, esterno e interno, nemico e «amico». È difficile valutare, o solo immaginare, quanto le condotte politiche di questi tempi possano ipotecare il futuro di tutti, la vita sociale, la scuola, l’università, l’organizzazione del lavoro, l’industria, la sanità extra-covid, che è finita in queste settimane ai margini, pressoché implosa. Non è ancora tempo per comprendere appieno i danni che ne avranno le nuove generazioni e gli anziani, che rischiano di finire tra più fuochi. Sono tuttavia bene ipotizzabili i danni del patrimonio culturale, che, detenuto dallo Stato e amministrato da una pluralità di enti e articolazioni, costituisce una delle risorse più imponenti del Paese, perfino strategica sul piano globale. Ed è proprio il carattere strategico di questo comparto, colpito da decenni da tagli di spesa devastanti, a suggerire alcune considerazioni. 

In un Paese che finisce alle corde, rischi serissimi corrono i musei, i parchi, i siti archeologici, i centri storici d’arte, gli orti botanici, le pinacoteche, il patrimonio monumentale, i luoghi di culto, gli archivi, le biblioteche storiche. Forse non si arriverà a quel che abbiamo visto in questi decenni di guerre «morali», «giuste», «democratiche» e, perché no, «umanitarie». Penso ai tantissimi reperti provenienti dai musei dell’Iraq, della Siria e di altre aree mediorientali che sono finiti all’asta su Ebay, ceduti spesso, pensate un po’, per pochi dollari, o quelli che, dopo essere scomparsi, sono riapparsi quasi magicamente nelle collezioni private di miliardari, non soltanto americani. 

In un’Italia impoverita diventa sempre più elevato il rischio che opere d’arte si sgretolino fino a perdersi negli scantinati dei musei e può essere addirittura la fine per tante biblioteche, anche strategiche, in affanno già oggi per la carenza endemica di fondi. Possono crearsi allora spazi aggiuntivi per commerci opachi, sotterranei, per le svendite, mentre rischiano di saltare definitivamente i limiti posti finora alle cartolarizzazioni e alle privatizzazioni, fino a mortificare fino in fondo l’essenza pubblica e comune dei beni culturali. L’Italia ha perso la Fiat ed è rimasta sé stessa, ma se perde la pienezza di governo sui suoi beni culturali rischia di essere un paese moralmente finito, privo di anima, risucchiato dalle logiche della subalternità e dell’indifferentismo, del chi offre di più, alla maniera di quel «Franza o Spagna» di cui parlava, nel XVI secolo, Francesco Guicciardini.

Le culture possono essere ridotte in cenere. La biblioteca di Alessandria lo fu in vari momenti dell’età antica, per scomparire nel VII secolo definitivamente. I paesi civili possono collassare in un attimo, sotto la spinta di catastrofi, naturali, belliche, economiche. La civiltà minoica fu buttata giù da improvvisi disastri naturali, terremoti e maremoti. La Cartagine punica fu spazzata via, nel 146 a.C., dal puntiglio imperialistico di una parte dell’aristocrazia romana, sotto l’istigazione ideologica di Catone. Appare poi particolarmente istruttivo il messaggio dell’Atene classica, che dopo aver raggiunto vette decisive, nel V secolo a.C., nelle scienze, nelle lettere, nella filosofia, nel teatro e nelle arti plastiche, sprofonda nelle guerre, nella peste e nella tirannia, per toccare il fondo nel 399 a.C., quando, in una parvenza di regime democratico decreta nell’agorà cittadina la morte di Socrate. E tuttavia proprio l’esperienza greca dà conto di quanto la storia sia aperta nei suoi processi e nelle sue pieghe: alla decadenza succedette infatti una rimonta intellettuale epica, introdotta dall’aristotelismo e sparsa in tutte le aree mediterranee dall’ellenismo post-alessandrino.  

L’Italia può allora ripartire. La china può essere risalita. Esistono partite da giocare, e si può giocarle da protagonisti, non da subalterni. Si può organizzare un cammino aperto, ripensare il Paese, un civismo più a misura dei tempi, nel rispetto appunto dei principî del ’46. Si può, ma solo se lo si vuole, dare corso ad una grande svolta umanistica, facendo pace, anzitutto, con la natura. È tempo insomma di cambiare passo. Lo si è fatto nel passato, anche in tempi più tragici. Lo si può fare adesso.

Manuale Rinunce e Integrazioni (FSE e FESR)

Il presente documento contiene le indicazioni operative per l’utilizzo, da parte delle Istituzioni Scolastiche, delle funzionalità di Integrazioni del “Sistema Informativo Fondi – SIF 2020”, precedentemente descritte nel manuale che le raccoglieva, insieme alle Rinunce

Aggiornamento rinunce – 24 aprile 2020

Aggiornamento integrazioni – 24 aprile 2020

Formazione degli adulti 2 edizione: Manuale Operativo di Gestione

Il presente Manuale Operativo Gestione (MOG) è diretto ai Centri provinciali per l’istruzione degli adulti e le istituzioni scolastiche statali secondarie di secondo grado che hanno sedi di percorsi di secondo livello per l’istruzione degli adulti, ivi comprese le sedi carcerarie collegate che hanno ricevuto la lettera di autorizzazione per realizzare la proposta progettuale afferente l’Avviso pubblico FSE 10028 del 20-04-2018

Pubblicazione del 24 aprile 2020

DL “Cura Italia” alla Camera

L’Assemblea della Camera il 24 aprile approva in via definitiva il Decreto-Legge 17 marzo 2020, n. 18, Cura Italia, in seconda lettura con 229 voti favorevoli, 123 contrari, 2 astenuti.

Con 298 voti a favore, 142 contrari e 2 astenuti, nella seduta di giovedì 23 aprile, la Camera ha votato la fiducia posta dal governo, sul decreto recante misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per le famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da Covid-19, cosiddetto “Cura Italia”.

Il 9 aprile, con 142 voti favorevoli, 99 contrari e 4 astenuti, il Senato ha rinnovato la fiducia al Governo, approvando l’emendamento interamente sostitutivo del ddl di conversione in legge del Decreto-Legge 17 marzo 2020, n. 18, Cura Italia, sulla cui approvazione il Ministro per i rapporti con il Parlamento aveva posto, a nome del Governo, la questione di fiducia.

Legge 24 aprile 2020, n. 27

Ripubblicazione del testo del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, coordinato con la legge di conversione 24 aprile 2020, n. 27, recante: «Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19. Proroga dei termini per l’adozione di decreti legislativi», corredato delle relative note. (Testo coordinato pubblicato nel Supplemento ordinario n. 16/L alla Gazzetta Ufficiale – Serie generale – n. 110 del 29 aprile 2020). (20A02626)

(GU Serie Generale n.124 del 15-05-2020 – Suppl. Ordinario n. 19)


Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, recante misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19. Proroga dei termini per l’adozione di decreti legislativi. (20G00045)

(GU Serie Generale n.110 del 29-04-2020 – Suppl. Ordinario n. 16)

La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato;

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Promulga la seguente legge:

Art. 1

1. Il decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, recante misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19, e’ convertito in legge con le modificazioni riportate in allegato alla presente legge.

2. I decreti-legge 2 marzo 2020, n. 9, 8 marzo 2020, n. 11, e 9 marzo 2020, n. 14, sono abrogati. Restano validi gli atti ed i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base dei medesimi decreti-legge 2 marzo 2020, n. 9, 8 marzo 2020, n. 11, e 9 marzo 2020, n. 14.

3. In considerazione dello stato di emergenza sul territorio nazionale relativo al rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili, dichiarato con la delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 26 del 1° febbraio 2020, i termini per l’adozione di decreti legislativi con scadenza tra il 10 febbraio 2020 e il 31 agosto 2020, che non siano scaduti alla data di entrata in vigore della presente legge, sono prorogati di tre mesi, decorrenti dalla data di scadenza di ciascuno di essi. I decreti legislativi di cui al primo periodo, il cui termine di adozione sia scaduto alla data di entrata in vigore della presente legge, possono essere adottati entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, nel rispetto dei principi e criteri direttivi e delle procedure previsti dalle rispettive leggi di delega.

4. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sara’ inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana.

E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.

Data a Roma, addi’ 24 aprile 2020

MATTARELLA
Conte, Presidente del Consiglio dei ministri
Gualtieri, Ministro dell’economia e delle finanze
Visto, il Guardasigilli: Bonafede


Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19. (20G00034)

(GU Serie Generale n.70 del 17-03-2020)