Sentenza Consiglio di Stato 29 dicembre 2022, n. 22

LA ADUNANZA PLENARIA DEL CONSIGLIO DI STATO CON SENTENZA N°22 DEL 29 DICEMBRE 2022 RISTABILISCE IL RISPETTO DELLA DIR.UE N°36/2005, RICONOSCENDO IN VIA DEFINITIVA LA VALIDITA’ DEI TITOLI RUMENI E IL VALORE ABILITANTE AI FINI DELL’INSEGNAMENTO.

Di grande rilevanza la sentenza n°22 del 29 dicembre 2022 della adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con cui in via definitiva, all’ esito dell’ udienza del 16 novembre 2022 di discussione della controversia ad oggetto “ il riconoscimento della  validità del titolo di formazione professionale relativo al ciclo di studi post-secondari presso un’Università rumena, ai fini dell’esercizio della professione di docente conseguito in Romania ( denominato “Programului de studi psichopedagogice, Nivel I e Nivel II”)“,ha accolto la tesi difensiva propugnata dal Collegio difensivo degli appellati e dell’Avv. Maurizio Danza Prof. di Diritto Unione Europea Università Teseo.

Tale pronuncia che conferma la giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea, a far data dalla nota sentenza “ Morgenbesser” del 13 novembre 2003 C-313/2001 giunge finalmente  a ristabilire il rispetto dei principi della Direttiva Europea n°36/2005 , in materia di mobilità delle professioni ristabilendo il diritto alla libertà di circolazione e di stabilimento previsti dall’art.45 e 49 del Trattato fondativo dell’Unione Europea, dopo  centinaia di sentenze sia del TAR Lazio che del Consiglio di Stato di condanna del Ministero dell’Istruzione , in ricorsi patrocinati dall’Avv. Danza , che hanno contribuito a mutare l’orientamento giurisprudenziale italiano, in tema di riconoscimento delle abilitazioni all’insegnamento e sostegno ( sentenza n°5415/2021 prima in Italia nel suo genere) conseguite all’estero .

Qui di seguito i passaggi salienti della pronuncia della Adunanza Plenaria, commentati dall’Avv. Maurizio Danza.

1.IN ROMANIA AI FINI DELL’INSEGNAMENTO E’SUFFICIENTE PER I CITTADINI ITALIANI CONSEGUIRE IL NIVEL E NON E’NECESSARIO CONSEGUIRE LA LAUREA RUMENA COME AFFERMATO DAL MINISTERO ISTRUZIONE

Sconfutata infatti, la tesi del Ministero appellante, secondo cui a differenza di quanto accade in Italia, in cui per ottenere l’abilitazione all’insegnamento, è necessaria la laurea e un corso di formazione post universitaria (laurea+ corso postuniversitario), in Romania la laurea rumena è già di per sé titolo abilitante (purché conseguita sempre in Romania all’esito degli studi universitari ! ( cfr.p.4.1), e che  per un cittadino italiano che, una volta laureato, voglia abilitarsi all’insegnamento in Romania, non è sufficiente l’avere conseguito corsi di formazione psico-pedagogica (i c.d. “Programului de studii psihopedagogice, Nivelul I e Nivelul II”), ma deve avere svolto gli studi universitari in detto Paese (anche solo questi, visto che è la laurea rumena che abilita all’insegnamento) ( cfr.p.4.2)

Ed infatti, secondo l’adunanza Plenaria , i due presupposti fattuali, su cui si è basata la VII Sezione del Consiglio di Stato, rimettente – ad avviso della Adunanza Plenaria – non risultano condivisibili e cioè che:

a) nel diritto rumeno il solo possesso del titolo conseguibile all’esito della frequenza dei corsi per cui è causa non consentirebbe l’accesso alla professione di insegnante, qualora manchi la previa frequenza di corsi di studi superiori ed universitari in Romania;

b) a prescindere dalla compatibilità della disciplina nazionale rumena col diritto europeo, al certificato di conseguimento della formazione rilasciato all’esito dei corsi per cui è causa non sarebbe riconosciuto né il valore di “attestato di competenza”, né quello di “titolo di formazione” rilevanti ai fini del riconoscimento ai sensi dell’art. 13, paragrafo 1, della Direttiva 2005/36/CE.

Ad avviso della ordinanza di rimessione, quel certificato e quel titolo non avrebbero rilievo sulla base della Direttiva UE sul riconoscimento delle qualifiche professionale, sicché non si potrebbe ammettere che tale valore possa essere riconosciuto in Italia, non potendo il giudice italiano disapplicare la disposizione preclusiva dell’ordinamento rumeno.

Per la Settima Sezione, l’appellato non avrebbe conseguito l’abilitazione in Romania e non potrebbe ivi accedere alla professione di insegnante, perché non ha ottenuto la laurea in quel Paese, con la conseguenza che – valutando il titolo “programmuli” unitamente al diploma di laurea in Italia – se si seguisse l’orientamento della Sesta Sezione di questo Consiglio deriverebbe un ‘circolo vizioso’: il cittadino italiano – ottenendo l’abilitazione in Italia attraverso questo percorso – potrebbe poi insegnare anche in Romania, nonostante non abbia conseguito la laurea in quest’ultimo Paese, ciò che non sarebbe consentito dalla legge rumena ( cfr.p.8)

2. LE AUTORITÀ AMMINISTRATIVE RUMENE HANNO FORMALMENTE DICHIARATO CHE I LAUREATI IN ITALIA CHE HANNO COMPLETATO IL NIVEL I E NIVEL II IN ROMANIA POSSONO INSEGNARE IN ROMANIA, ANCHE SE NELL’ATTESTATO RILASCIATO ALL’ESITO DEL CORSOC.D. ADEVERINTA MANCA FORMALMENTE L’ESPRESSA DIZIONE “ABILITANTE”,

Infatti appare di particolare rilevanza , ad avviso dell’Avv. Maurizio Danza il passaggio motivazionale con cui “ l’Adunanza Plenaria osserva che questi presupposti di fatto – valutati dalla Settima Sezione – non trovano rispondenza negli atti depositati dal Ministero appellante e riguardanti l’organizzazione scolastica rumena, per come descritta dagli atti del Ministero rumeno”, sottolineando altresì che la questione è stata già esaminata dalla Sesta Sezione, la quale ha osservato come le argomentazioni del Ministero contrastino «con quanto attestato dalle autorità rumene, secondo cui deve riconoscersi il diritto di insegnare in Romania a livello di istruzione preuniversitaria in capo a coloro che, […] titolari di diploma/master conseguito in all’estero e riconosciuto in Romania, abbiano frequentato e superato appositi corsi di formazione psicopedagogica, complementari di diploma, in settori e specializzazioni conformi al curriculum dell’istruzione preuniversitaria» (v., ex plurimis Cons. St., sez. VI, 3 giugno 2021, n. 4227): si è anche formato il giudicato sull’illegittimità della nota ministeriale sopra citata n. 5636 del 2 aprile 2019. Come è stato già accertato in altri giudizi, le Autorità amministrative rumene non pongono in discussione il conseguimento dell’abilitazione all’insegnamento, da parte dei cittadini italiani, laureatisi in Italia, che siano in possesso del titolo rumeno in questione.

Le Autorità amministrative rumene hanno formalmente dichiarato che i laureati in Italia – che abbiano intrapreso e completato i corsi di formazione Nivel I e Nivel II in Romania – possano insegnare in Romania, anche se nell’attestato rilasciato all’esito del corso c.d. Adeverinta – manca formalmente l’espressa dizione “abilitante”, sol perché in quell’ordinamento essa viene annotata solo per chi abbia espletato l’intero corso di studi – superiori e universitari – in Romania.

3. L’AVVISO MIUR DEL 2 APRILE 2019 CHE HA POSTO IN DUBBIO LA VALIDITÀ DEI TITOLI CONSEGUITI IN ROMANIA SI È BASATO SU UN EQUIVOCO, DERIVANTE DA UNA INADEGUATA LETTURA DELLA NOTA N. 40527 DEL 26 NOVEMBRE 2018 DEL MINISTERO RUMENO

Ed infatti a tal riguardo appare di particolare rilevanza , ad avviso dell’Avv. Maurizio Danza il passaggio motivazionale con cui “ Osserva l’Adunanza Plenaria che “ Come ha chiarito più volte la Sesta Sezione, l’avviso di data 2 aprile 2019 – che ha posto in dubbio la validità dei titoli conseguiti in Romania – si è dunque basato su un equivoco, derivante da una inadeguata lettura della nota n. 40527 del 26 novembre 2018 del Ministero rumeno, ove si legge – a p. 2 – che «il Certificato di Conformità agli Studi ai sensi della Direttiva 2005/36/CE riguardante il riconoscimento delle qualifiche professionali ai cittadini che hanno studiato in Romania, per svolgere attività didattica all’estero, viene rilasciato al richiedente, solo se si è laureato in Romania, sia in studi superiori/post-secondari di profilo pedagogico, sia in studi universitari».

Tuttavia, il Ministero rumeno con note successive ha modificato e comunque chiarito tale affermazione, precisando che – per evitare una prassi rumena contrastante con i principi del diritto europeo e con la Direttiva – già dal 2016 era mutato il quadro normativo rumeno. (cfr.9.2)

9.3. Con la nota n. 30912 del 21 maggio 2019, il Ministero rumeno ha rilevato che «la legislazione nazionale ha trasposto correttamente ed interamente le disposizioni della direttiva 2005/36/CE riguardante il riconoscimento delle qualifiche professionali con le variazioni ed inserzioni successive» e che«la legge n. 200/2004 riguardante il riconoscimento dei diplomi e delle qualifiche professionali per le professioni regolamentate di Romania, con le variazioni ed inserzioni successive, ha creato il quadro affinché ogni cittadino di uno stato membro dell’Unione Europea, possa esercitare la professione di insegnante sul territorio della Romania».

Infatti, con l’ordinanza n. 5414 del 2016 del Ministero rumeno dell’educazione nazionale e della ricerca scientifica, è stata approvata la metodologia sul rilascio del certificato di conformità degli studi con le disposizioni della Direttiva 2005/36/CE riguardante il riconoscimento delle qualifiche professionali e del certificato riguardante la certificazione delle competenze per la professione di docente per i cittadini, indifferentemente dalla nazionalità.

9.4. In coerenza con tali ultimi atti, l’ordinanza del Ministero rumeno n. 5611 del 19 dicembre 2019 ha disposto che «il certificato relativo alla certificazione delle competenze per la professione di insegnante nell’istruzione pre-universitaria può essere richiesto dai cittadini di cui all’art. 1 [rumeni e dai cittadini degli stati membri dell’Unione Europea, n.d.r.], sulla base di un certificato di completamento del programma di formazione psicopedagogica, rilasciato da una scuola o da un istituto di formazione istruzione superiore accreditata, all’interno del sistema 4 educativo nazionale in Romania».

L’art. 3, lett. c), di tale ordinanza ha ribadito che per richiedere il certificato bisogna produrre copia del titolo di studio “sotteso” conseguito in Romania o «l’equivalenza dei diplomi, riguardante il riconoscimento del diploma di laurea triennale/laurea magistrale conseguito all’estero”.

4. BASTA L’ATESTAT RILASCIATO DAL CNRED E L’ADEVERINTA AI FINI DEL VALORE ABILITANTE DEL TITOLO ALL’INSEGNAMENTO DA CUI SCATURISCE L’OBBLIGO DI VALUTAZIONE DA PARTE DEL MINISTERO DELLA CORRISPONDENZA DEL CORSO DI STUDI EFFETTUATO.

Ed infatti a tal riguardo appare di particolare rilevanza , ad avviso dell’Avv. Maurizio Danza il passaggio motivazionale con cui osserva l’Adunanza Plenaria che “  Nell’ordinamento rumeno, il Ministero dell’educazione, a mezzo del c.d. Centro nazionale di riconoscimento ed equivalenza dei diplomi (CNRED), rilascia al docente che si abilita o si specializza in Romania il c.d. “atestat de recunoastere a studiilor”, cioè l’attestato di ‘riconoscimento degli studi’, e dei titoli esteri, rilevante in quell’ordinamento” ed ancora “Solo dopo il rilascio di tale certificazione di equipollenza e di validità del titolo italiano in Romania, i docenti sono stati ammessi ai programmi di formazione psicopedagogica dei docenti.( 9.5).

Ancora più chiaro il passaggio motivazionale  dell’Adunanza Plenaria secondo cui “ 10. Risulta, dunque, che in Romania:

– una laurea conseguita in Italia, e riconosciuta equivalente in Romania, sia un titolo che consente la frequenza dei percorsi di formazione degli insegnanti ed il conseguimento dei relativi titoli;

– a seguito di tale riconoscimento, del conseguimento del Nivel I e Nivel II e del rilascio del certificato Adeverinta, vi è la possibilità di insegnare.

Ciò risulta anche dagli “Adeverinta” (certificati) rilasciati dal Ministero rumeno al termine dei percorsi oggetto del presente contenzioso, nei quali si legge che «l’acquisizione di un minimo di 60 crediti dai moduli psicopedagogici nella specializzazione conseguita con il diploma di studi ed il diploma di laurea magistrale, riconosciuto con l’Attestato di riconoscimento degli studi registrato presso il Centro Nazionale per il Riconoscimento e l’Equipollenza degli Studi con n. […] e rilasciato il […], conferisce alla […], il diritto all’insegnamento nel campo [….], nella scuola preuniversitaria di Romania», ed ancora Se, dunque, il titolo di cui si discute consente l’insegnamento in Romania, non vi è ragione per ritenerlo non riconoscibile in Italia ai sensi della Direttiva 2005/36/CE ( p.11).

Rileva al riguardo l’articolo 13, comma 1, del d. lgs. n. 206 del 2007, attuativo della Direttiva 2005/36/CE, per il quale «se, in uno Stato Membro Ospitante, l’accesso ad una professione regolamentata o il suo esercizio sono subordinati al possesso di determinate qualifiche professionali, l’autorità competente di tale Stato Membro dà accesso alla professione e ne consente l’esercizio alle stesse condizioni dei suoi cittadini, ai richiedenti in possesso dell’attestato di competenza o del titolo di formazione di cui all’art. 11, prescritto da un altro Stato Membro per accedere alla stessa professione ed esercitarla sul suo territorio».

Tale disposizione indica, dunque, il procedimento da seguire e dispone che chi chiede il riconoscimento deve essere in possesso solo dell’attestato di competenza o del titolo di formazione di cui all’art. 11, previsto da un altro Stato Membro per accedere alla stessa professione ed esercitarla nel suo territorio.

Il competente Ministero italiano deve, dunque, valutare la corrispondenza del corso di studi effettuato, e dell’eventuale tirocinio, con quello italiano, e all’esito dell’istruttoria può disporre:

1) o il riconoscimento alle condizioni di cui all’art. 21 del d. lgs. 206 del 2007;

2) misure compensative (il tirocinio triennale o l’esame) di cui al successivo art. 22 del d. lgs. n. 206 del 2007.

12. Tale ricostruzione è stata espressamente considerata conforme all’ordinamento rumeno dal dirigente del Ministero rumeno Bogdan, responsabile per le professioni regolamentate, la quale ha dichiarato che «the italians that have an italian academic training (equaled by CNRED) and Romanian pedagogical training can teach in public schools in Romania» su sollecitazione dell’International market information system della Commissione Europea, attivato dalla richiesta di chiarimento n. 62278, presentata da un cittadino italiano.

13. Risulta inoltre dagli atti del giudizio che i docenti laureatisi in Italia, che abbiano ottenuto il titolo formativo rumeno, hanno partecipato alle tornate di reclutamento in Romania: ciò si evince dall’elenco dei candidati ammessi, tratto del sito istituzionale della procedura concorsuale http://ismb.edu.ro/index.php/ru/mru, come è stato rilevato dall’appellato e non è stato contestato dal Ministero appellante, nemmeno nella memoria di replica.

5.ANCHE LA COMMISSIONE EUROPEA SI E’ESPRESSA FAVOREVOLMENTE SUI NIVEL I E II SECONDO L’ADUNANZA PLENARIA CHE QUALIFICA L’ATTESTATO RILASCIATO DALLE AUTORITA’ROMENE QUALE ATTESTATO DI COMPETENZA AI SENSI DELL’ART.13 DELLA DIR.UE N°36/2005.

A tal riguardo appare di particolare rilevanza , ad avviso dell’Avv. Maurizio Danza il passaggio motivazionale dell’Adunanza Plenaria secondo cui “ Sulla rilevanza dei titoli c.d. “Nivel I” e “Nivel II”, ai fini dell’abilitazione all’insegnamento in Romania, si sono espressi del resto anche gli uffici della Commissione europea.

Con la nota GROW/E5/SW del 31 luglio 2019, la Commissione europea – Direzione generale Mercato Interno, Industria, Imprenditoria e PMI ha precisato la sua posizione e – nel ricostruire la disciplina sull’insegnamento come ‘professione regolamentata’ in Romania – ha osservato che:

– per essere un insegnante pienamente qualificato in Romania, vanno completate le tre fasi di studio di cui all’art. 236, paragrafo 1, della legge 1 del 5 gennaio 2011 e anche superare l’esame nazionale di cui all’art. 241, paragrafi 1 e 2, della stessa legge;

– l’art. 236, paragrafo 1, della legge rumena dispone che la formazione iniziale per ricoprire una posizione d’insegnamento comprende:

a) una formazione iniziale, teorica e specializzata, conseguita in ambito universitario nel quadro di programmi speciali accreditati in conformità della legislazione;

b) il completamento di un master in didattica della durata di due anni o di un programma di formazione di livello I e II offerto da un dipartimento specializzato di un istituto di istruzione superiore;

c) un tirocinio pratico della durata di un anno scolastico, condotto in un istituto d’istruzione, solitamente sotto il coordinamento di un insegnante mentore;

– l’art. 241, paragrafi 1 e 2, stabilisce che l’esame nazionale in materia di istruzione è organizzato dal Ministero, conformemente a una metodologia approvata con sua ordinanza e comprende:

a) una fase I, eliminatoria – organizzata dagli ispettorati scolastici nel corso dell’anno scolastico di tirocinio, la quale consiste nella valutazione dell’attività professionale a livello di struttura scolastica, del curriculum professionale e di almeno due ispezioni in classe;

b) una fase II, finale – organizzata al termine dell’anno scolastico di tirocinio, la quale consiste in un esame scritto basato su argomenti e testi approvati dal ministero dell’Istruzione, della ricerca, della gioventù e dello sport per ciascuna materia di specializzazione;

– ai candidati che superano l’esame per ottenere la certificazione di insegnante è rilasciato il titolo permanente di insegnante, che consente di esercitare la professione a livello di istruzione preuniversitaria;

– per diventare insegnanti pienamente qualificati in Romania, i candidati devono quindi completare le tre fasi descritte all’art. 236, paragrafo 1, e superare l’esame nazionale.

Nel rilevare che il programma di formazione di livello I e II (‘Nivel I’ e ‘Nivel II’) è soltanto una parte del programma formativo dell’abilitazione a insegnare, nella medesima nota del 31 luglio 2019 la Direzione Generale della Commissione europea ha concluso che «il cittadino italiano [che] non ha né completato il periodo di tirocinio né superato l’esame nazionale […] non è quindi pienamente qualificato ai sensi della direttiva 2005/36/CE e che […] la direttiva non è pertanto applicabile».

Osserva l’Adunanza Plenaria che questa osservazione della Commissione non va intesa nel senso che al certificato rilasciato dal Ministero rumeno – c.d. Adeverinta – non vada riconosciuta alcuna equipollenza in Italia.

Infatti, come ha sottolineato la nota della Commissione europea del 29 marzo 2019, non è necessaria l’identità tra i titoli confrontati, essendo sufficiente una mera equivalenza per far scaturire il dovere di riconoscere il titolo conseguito all’estero: il certificato va considerato non automaticamente, ma secondo il sistema generale di riconoscimento e confrontando le qualifiche professionali attestate da altri Stati membri con quelle richieste dalla normativa italiana e disponendo, se del caso, le misure compensative in applicazione dell’art. 14 della Direttiva 2005/36/CE.

Anche ai cittadini italiani o dell’Unione, che abbiano superato tutte queste fasi (e, in particolare, il tirocinio pratico) e l’esame nazionale, è comunque consentito insegnare in Romania.

Ed infine l’adunanza plenaria conclude cheIn considerazione delle sopra richiamate note del Ministero rumeno, non risulta condivisibile l’osservazione della Sezione remittente, per la quale sarebbe «pacifico che l’appellato non abbia il diritto all’abilitazione in Romania e che non possa ivi accedere alla professione di insegnante, secondo la legge ivi vigente, perché non ha ottenuto la laurea in quel Paese».

Al contrario, la certificazione rilasciata dall’Autorità rumena all’appellato va qualificata come attestato di competenza, rilevante per l’ordinamento italiano così come è rilevante in quello rumeno.

D’altra parte, tale certificazione va qualificata come ‘titolo assimilato’ ai sensi dell’art. 12 della Direttiva 2005/36/CE, per il quale «è assimilato a un titolo di formazione di cui all’articolo 11, anche per quanto riguarda il livello, ogni titolo di formazione o insieme di titoli di formazione rilasciato da un’autorità competente di uno Stato membro che sancisce il completamento con successo di una formazione acquisita nell’Unione, a tempo pieno o parziale, nell’ambito o al di fuori di programmi formali, che è riconosciuta da tale Stato membro come di livello equivalente, e che conferisce al titolare gli stessi diritti di accesso o di esercizio a una professione o prepara al relativo esercizio» ed «è altresì assimilata ad un titolo di formazione, alle stesse condizioni del primo comma, ogni qualifica professionale che, pur non rispondendo ai requisiti delle norme legislative, regolamentari o amministrative dello Stato membro d’origine per l’accesso a una professione o il suo esercizio, conferisce al suo titolare diritti acquisiti in virtù di tali disposizioni».( p.15)

16. Come ha già rilevato la Sesta Sezione, la medesima attestazione è riconducibile alla ‘attestazione di qualifica’ ai sensi dell’art. 13 della Direttiva 2005/36/Ce, perché rilasciata all’esito del percorso formativo previsto nel Paese d’origine per l’accesso alla professione, al quale l’appellato è stato ammesso a seguito del formale riconoscimento di equivalenza della laurea italiana a quella rumena da parte del CNRED.

Nel sistema rumeno, tali titoli accademici sono distinti unicamente per rilevare se vi è stato un iter ‘bifasico, ma omogeneo’ (quando i due segmenti formativi siano stati svolti in un solo Paese) e un iter ‘bifasico, ma misto’ (quando essi siano stati svolti in Paesi diversi).

Non si verifica pertanto l’incongruenza paventata dall’ordinanza di rimessione, secondo cui la conferma della sentenza appellata comporterebbe il riconoscimento in Italia di un titolo di formazione romeno, che in Romania avrebbe un rilievo inferiore ai fini dell’insegnamento.

6.LA ADUNANZA PLENARIA CONFERMA LA GIURISPRUDENZA DELLA VI SEZIONE DEL CONSIGLIO DI STATO RICHIAMANDO LA CORTE GIUSTIZIA UE, 13 NOVEMBRE 2003, IN CAUSA C-313/01, MORGENBESSER.

A tal riguardo appare di particolare rilevanza , ad avviso dell’Avv. Maurizio Danza il passaggio motivazionale dell’Adunanza Plenaria secondo cui Va pertanto condivisa e ribadita la giurisprudenza della Sesta Sezione di questo Consiglio, per la quale l’attestazione conseguita in Romania è valutabile, sicché risulta sproporzionata la determinazione del Ministero appellante di disporre quale misura compensativa il tirocinio biennale di adattamento (cfr., ex multis, Cons. St., sez. VII, 14 luglio 2022, n. 5983).

Anche per la parte appellata l’Amministrazione deve attenersi al proprio atto generale che, prendendo atto della giurisprudenza della Sesta Sezione, ha ridotto la durata dell’attività integrativa.

Il Ministero appellante deve dunque esaminare le istanze di riconoscimento del titolo formativo conseguito in Romania, tenendo conto dell’intero compendio di competenze, conoscenze e capacità acquisite, e verificando che «la durata complessiva, il livello e la qualità delle formazioni a tempo parziale non siano inferiori a quelli delle formazioni continue a tempo pieno».

Il Ministero valuterà dunque l’equipollenza dell’attestato di formazione, disponendo opportune e proporzionate misure compensative ai sensi dell’art. 14 sopra richiamato della Direttiva 2005/36/CE, come sta del resto già accadendo in analoghi casi già pervenuti all’attenzione di questo Consiglio di Stato in sede di ottemperanza.( p.17), ed ancora ( p.18) “ Del resto, anche laddove non si voglia riconoscere la piena o la diretta applicabilità della Direttiva 2005/36/CE, come assume la Commissione nel già citato parere del 31 luglio 2019, persiste l’obbligo per le autorità italiane, come sostiene la stessa Commissione, di valutare le domande pertinenti ai sensi delle disposizioni più generali del TFUE in vista di un eventuale riconoscimento della formazione seguita, per quanto in assenza delle garanzie e dei requisiti di cui alla direttiva 2005/36/CE, e non è precluso alle stesse autorità di adottare queste garanzie, in modo estensivo, anche alla vicenda qui controversa.

Peraltro, quand’anche la prassi dell’Amministrazione rumena fosse risultata quella poi da essa stessa superata, rileverebbe il principio già enunciato dalla Settima Sezione di questo Consiglio, per il quale l’autorità italiana deve comunque applicare la Direttiva europea ispirata alla parità di trattamento dei cittadini dell’Unione europea, e pertanto non deve considerare necessario che il diploma di laurea sia stato conseguito in Romania (Cons. St., sez. VII, 16 marzo 2022, n. 1850).

Rileva infatti il principio enunciato dalla Corte di Giustizia, per il quale «spetta all’autorità competente verificare, conformemente ai principi sanciti dalla Corte nelle […] sentenze Vlassopoulou e Fernandez de Bobadilla, se, e in quale misura, si debba ritenere che le conoscenze attestate dal diploma rilasciato in un altro Stato membro e le qualifiche o l’esperienza professionale ottenute in quest’ultimo, nonché l’esperienza ottenuta nello Stato membro in cui il candidato chiede di essere iscritto, soddisfino, anche parzialmente, le condizioni richieste per accedere all’attività di cui trattasi» (cfr. Corte Giustizia UE, 13 novembre 2003, in causa C-313/01, Morgenbesser).

7. LA PRONUNCIA DELLA ADUNANZA PLENARIA SUI TITOLI DI SPECIALIZZAZIONE SUL SOSTEGNO

A tal riguardo appare di particolare rilevanza , ad avviso dell’Avv. Maurizio Danza il passaggio motivazionale dell’Adunanza Plenaria secondo cui “ Con specifico riferimento agli insegnanti di sostegno, poi, si deve qui rilevare come la giurisprudenza di questo Consiglio (v., ad esempio, Cons. St., sez. IV, 6 novembre 2020, n. 6827) abbia già osservato, in modo del tutto condivisibile, come un analogo provvedimento di rigetto dell’istanza adottato dal Ministero sia illegittimo per difetto di motivazione in quanto si limita esclusivamente a richiamare, in astratto, le differenze che esisterebbero tra Romania e Italia nel quomodo dell’erogazione del servizio pubblico dell’insegnamento di sostegno ( P.19).

Ed ancora. “In Italia, difatti, l’insegnante di sostegno è un docente di classe a tutti gli effetti, previsto dalla l. n. 517 del 1977, che viene assegnato, in piena contitolarità con gli altri docenti, alla classe in cui è inserito il soggetto cui è destinata la sua attività per attuare forme di integrazione a favore degli alunni portatori di handicap e realizzare interventi individualizzati in relazione alle esigenze dei singoli alunni”.( 19.1)

Tale figura deve perciò conseguire una “specializzazione specifica”, nel senso di acquisire una professionalità ulteriore, tenuto conto delle esigenze speciali degli studenti per i quali l’attuazione del diritto allo studio richiede più intense modalità di assistenza.

Questi docenti, dopo aver visto riconosciuto in Romania il percorso di studi universitari svolto in Italia, conseguono l’abilitazione all’insegnamento sul sostegno in Romania all’esito di specifico corso di studi.

Costoro hanno, dunque, acquisito tutte quelle competenze e conoscenze didattiche e psico-pedagogiche richieste ai fini del conseguimento di quella professionalità ulteriore che deve caratterizzare la figura dell’insegnante di sostegno, in Romania come in Italia.

Si tratta di percorsi che comprendono la preparazione nelle materie afferenti alla specializzazione (a mero titolo esemplificativo: psicologia dell’educazione, dello sviluppo, tecnologia dell’informazione e delle comunicazioni nell’educazione inclusiva, psicologia delle persone con bisogni speciali, ecc.), nonché un’attività di tirocinio di 120 ore, sia presso istituti rumeni che rientrano nell’ambito delle scuole cd. “speciali” previste in Romania, e sia in scuole che prevedono, come in Italia, la scolarizzazione degli alunni disabili con la loro integrazione nell’istruzione ordinaria.( 19.2)

8. IL PRINCIPIO DI DIRITTO ESPRESSO DALL’ADUNANZA PLENARIA NELLA SENTENZA DI RIGETTO DELL’APPELLO DEL MINISTERO ISTRUZIONE

Per le ragioni che precedono, in continuità con la giurisprudenza della Sesta Sezione, si deve affermare il seguente principio di diritto: «spetta al Ministero competente verificare se, e in quale misura, si debba ritenere che le conoscenze attestate dal diploma rilasciato da altro Stato o la qualifica attestata da questo, nonché l’esperienza ottenuta nello Stato membro in cui il candidato chiede di essere iscritto, soddisfino, anche parzialmente, le condizioni per accedere all’insegnamento in Italia, salva l’adozione di opportune e proporzionate misure compensative ai sensi dell’art. 14 della Direttiva 2005/36/CE».( p.20)

L’enunciazione di tale principio comporta che l’appello va respinto, con la conferma della sentenza impugnata.

Legge di Bilancio 2023

Legge 29 dicembre 2022, n. 197
Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025


Nella seduta del 29 dicembre Il Senato con 107 voti favorevoli, 69 contrari e un’astensione, ha approvato definitivamente il ddl di bilancio 2023 (A.S. 442) dopo aver rinnovato la fiducia al Governo sull’approvazione dell’art.1, nel testo licenziato dalla Camera, con 109 voti favorevoli, 76 contrari e un’astensione.


Nella seduta di venerdì 23 dicembre la Camera con 221 voti favorevoli e 152 voti contrari ha votato la questione di fiducia posta dal Governo sull’approvazione senza emendamenti, subemendamenti ed articoli aggiuntivi dell’articolo 1 del disegno di legge: Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025, nel nuovo testo predisposto dalla Commissione a seguito del rinvio deliberato dall’Assemblea (A.C. 643-bis-A/R).
Successivamente la Camera ha approvato il disegno di legge: Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025, nel nuovo testo predisposto dalla Commissione a seguito del rinvio deliberato dall’Assemblea (A.C. 643-bis-A/R) e la Nota di variazioni al bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025.


Il Consiglio dei Ministri, nel corso della riunione del 21 novembre 2022, ha approvato il disegno di legge recante il bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e il bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025 e l’aggiornamento del Documento programmatico di bilancio (DPB).

I provvedimenti, che verranno trasmessi al Parlamento e alle autorità europee, prendono come riferimento il quadro programmatico definito nell’integrazione alla Nota di aggiornamento del documento di economia e finanza 2022 e quantificano l’ammontare del valore delle misure contenute nella manovra di bilancio in 35 miliardi di euro.

La manovra si basa su un approccio prudente e realista che tiene conto della situazione economica, anche in relazione allo scenario internazionale, e allo stesso tempo sostenibile per la finanza pubblica, concentrando gran parte delle risorse disponibili sugli interventi a sostegno di famiglie e imprese per contrastare il caro energia e l’aumento dell’inflazione.

Altre risorse sono stanziate per interventi di riduzione del cuneo fiscale e dell’Iva su alcuni prodotti, di aumento dell’assegno unico per le famiglie, per agevolazioni sulle assunzioni a tempo indeterminato per donne under 36 e per percettori di reddito di cittadinanza, per la proroga delle agevolazioni per l’acquisto della prima casa per i giovani.

In materia fiscale, si estende la flat tax fino a 85.000 euro per autonomi e partite Iva e si ampliano le misure per la detassazione ai premi dei dipendenti, oltre a intervenire con una “tregua fiscale” per cittadini e imprese che in questi ultimi anni si sono trovati in difficoltà economica anche a causa delle conseguenze del COVID-19 e dell’impennata dei costi energetici.

Sul fronte delle pensioni, oltre alla conferma di “opzione donna” rivisitata e “Ape sociale”, si attua l’indicizzazione delle pensioni al 120% e si introduce per l’anno 2023 un nuovo schema di anticipo pensionistico, che permette di uscire dal lavoro con 41 anni di contributi e 62 anni di età e prevede bonus per chi decide di restare al lavoro.

Misure contro il caro energia 

Le risorse destinate alle misure contro caro energia per i primi tre mesi del 2023 che consentiranno di aumentare gli aiuti a famiglie e imprese allargando anche la platea dei beneficiari ammontano a oltre 21 miliardi di euro. Nel dettaglio, confermata l’eliminazione degli oneri impropri delle bollette, rifinanziato fino al 30 marzo 2023 il credito d’imposta per l’acquisto di energia elettrica e gas naturale che per bar, ristoranti ed esercizi commerciali salirà dal 30% al 35% mentre per le imprese energivore e gasivore dal 40% al 45%.
Per il comparto sanità e per gli enti locali, compreso il trasporto pubblico locale, stanziati circa 3.1 miliardi. 

Pacchetto famiglia 

Bonus sociale bollette – Per le famiglie più fragili confermato e rafforzato il meccanismo che consente di ricevere il bonus sociale bollette, con un innalzamento della soglia Isee da 12.000 euro a 15.000 euro. 

Misure contro inflazione – Riduzione dell’Iva dal 10 al 5% per i prodotti per l’infanzia e per l’igiene intima femminile. Viene inoltre istituito un fondo di 500 milioni di euro destinato alla realizzazione di una “Carta Risparmio Spesa” per redditi bassi fino a 15mila gestita dai comuni e volta all’acquisto di beni di prima necessità. Si tratta di una sorta di “buoni spesa” da utilizzare presso punti vendita che aderiscono all’iniziativa con un’ulteriore proposta di sconto su un paniere di prodotti alimentari.

Assegno unico per le famiglie con 3 o più figli (610 milioni) – Per il 2023 sarà maggiorato del 50% per il primo anno, e di un ulteriore 50% per le famiglie composte da 3 o più figli. Confermato l’assegno per i disabili.

Premi di produttività detassati – Per i dipendenti aliquota al 5% per premi di produttività fino a 3.000 euro.

Agevolazioni assunzioni a tempo indeterminato – Agevolazioni alle assunzioni a tempo indeterminato con una soglia di contributi fino a 6 mila euro per chi ha già un contratto a tempo determinato e in particolare pe le donne under 36 e per i percettori del reddito di cittadinanza. 

Agevolazioni per acquisto prima casa – Proroga per il 2023 delle agevolazioni per acquisto prima casa per i giovani under 36 

Flat tax incrementale per i lavoratori al 15% – Introduzione per i lavoratori autonomi di una flat tax incrementale al 15% con una franchigia del 5% e un tetto massimo di 40.000 euro.

Scuole

Per le scuole partitarie è previsto il ripristino del contributo (70 mln) + trasporto disabili (24 mln)

Pensioni 

Si avvia un nuovo schema di anticipo pensionistico per il 2023 che consente di andare in pensione con 41 anni di contributi e 62 anni di età anagrafica (quota 103). Per chi decide di restare a lavoro decontribuzione del 10%. 

Opzione donna – Prorogata per il 2023 Opzione donna con modifiche: in pensione a 58 con due figli o più, 59 con un figlio, 60 altri casi.

Confermata anche Ape sociale per i lavori usuranti.

Reddito di cittadinanza

Dal 1° gennaio 2023 alle persone tra 18 e 59 anni (abili al lavoro ma che non abbiano nel nucleo disabili, minori o persone a carico con almeno 60 anni d’età) è riconosciuto il reddito nel limite massimo di 7/8 mensilità invece delle attuali 18 rinnovabili. E’ inoltre previsto un periodo di almeno sei mesi di partecipazione a un corso di formazione o riqualificazione professionale. In mancanza, decade il beneficio del reddito. Si decade anche nel caso in cui si rifiuti la prima offerta congrua.

Tetto al contante 

Dal 1° gennaio 2023 la soglia per l’uso del contante salirà da 1.000 a 5.000 euro.

Imprese

Sospensione plastic e sugar tax – Prevista la sospensione anche per il 2023 dell’entrata in vigore di plastic e sugar tax, le imposte sui prodotti in plastica monouso e sulle bevande zuccherate. 600mln

Fondo garanzia Pmi – Rifinanziato il fondo per 1 miliardo per il 2023. Il fondo garantisce tutte le operazioni finanziarie direttamente finalizzate all’attività d’impresa concesse da un soggetto finanziatore (banca o altro). Prorogato bonus Ipo (credito imposta per favorire la quotazione pmi in borsa)

Riattivazione società Ponte Stretto

Per riavviare il progetto di realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina prevista la riattivazione della società Stretto di Messina spa attualmente in liquidazione.

Linee guida per l’orientamento

Decreto Ministeriale 22 dicembre 2022, AOOGABMI 328
Adozione delle Linee guida per l’orientamento, relative alla riforma 1.4 “Riforma del sistema di orientamento”, nell’ambito della Missione 4 – Componente 1 – del Piano nazionale di ripresa e resilienza, finanziato dall’Unione europea – Next Generation EU

Legge 29 dicembre 2022, n. 197
Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025 (Orientamento – art. 1, cc. 555-556)

555. All’articolo 3 del decreto legislativo 14 gennaio 2008, n. 21, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 2, dopo la parola: « strutturalmente » sono inserite le seguenti: « nel primo biennio e», le parole: «nell’ultimo anno di corso» sono sostituite dalle seguenti: «nelle classi prime, seconde e terze » e sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: « , dal decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 61, e dai regolamenti di cui ai decreti del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 88 e n. 89, nonché specifici strumenti di supporto all’orientamento, individuati dalle linee guida adottate con decreto del Ministro dell’istruzione e del merito per potenziare le azioni nell’ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza. A partire dall’anno scolastico 2023/2024, nelle classi terze, quarte e quinte delle scuole secondarie di secondo grado, le attività di orientamento consistono in moduli curricolari anche superiori a trenta ore, nel limite delle risorse disponibili a legislazione vigente e nell’ambito del piano triennale dell’offerta formativa, da inserire anche nei percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento. Nel primo biennio delle scuole secondarie di secondo grado e in tutte le classi della scuola secondaria di primo grado, le attività di cui al secondo periodo consistono in moduli di trenta ore da svolgere in orario curricolare o extracurricolare, anche all’interno di progetti già in essere nell’istituzione scolastica »;
b) al comma 2-bis, secondo periodo, le parole: «nell’ultimo anno di corso» sono sostituite dalle seguenti: « nelle classi prime, seconde e terze », dopo le parole: « primo grado» sono inserite le seguenti: «e nel primo biennio » e la parola: « due » è sostituita dalla seguente: « tre ».

556. All’articolo 16-bis del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 59, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 4, dopo le parole: « Ministro dell’istruzione» sono inserite le seguenti: «, da adottare entro il 1° marzo 2023, »;
b) al comma 6, dopo le parole: « è nominato, » sono inserite le seguenti: « entro il 1° marzo 2023, »;
c) al comma 7, dopo le parole: « Ministro dell’istruzione» sono inserite le seguenti: «, da adottare entro il 1° marzo 2023, ».


Linee guida per l’orientamento

(Roma, 23.12.2022) Il Ministro ha firmato il decreto che approva le Linee guida per l’orientamento, riforma prevista dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Gli obiettivi sono: rafforzare il raccordo tra primo e secondo ciclo di istruzione e formazione, per consentire una scelta consapevole e ponderata a studentesse e studenti che valorizzi i loro talenti e le loro potenzialità; contrastare la dispersione scolastica; favorire l’accesso all’istruzione terziaria. Il nuovo orientamento deve garantire un processo di apprendimento e formazione permanente, destinato ad accompagnare un intero progetto di vita.
La riforma è stata approvata entro il termine previsto dal PNRR, fissato al 31 dicembre 2022, dopo aver consultato le Organizzazioni sindacali e avendo recepito la quasi totalità delle osservazioni formulate dal Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione (CSPI).

Questi i punti principali delle Linee guida:

I moduli curriculari di orientamento nella Scuola secondaria
Dall’a.s. 2023/2024 vengono introdotte per le Scuole secondarie di I grado e per il primo biennio delle Secondarie di II grado, per ogni anno scolastico 30 ore di orientamento, anche extra curriculari; per l’ultimo triennio delle Secondarie di II grado, 30 ore curriculari per ogni anno scolastico. In questo modo viene ulteriormente ampliata la riforma prevista dal PNRR, che stabiliva, invece, 30 ore curriculari solo per le classi quarte e quinte delle Secondarie di II grado.
Le 30 ore possono essere gestite in modo flessibile nel rispetto dell’autonomia scolastica e non devono essere necessariamente ripartite in ore settimanali prestabilite.

E-Portfolio
Ogni modulo di orientamento di almeno 30 ore prevede apprendimenti personalizzati che vengono registrati in un portfolio digitale – E-Portfolio – che integra il percorso scolastico in un quadro unitario, accompagna ragazzi e famiglie nella riflessione e nell’individuazione dei maggiori punti di forza dello studente all’interno del cammino formativo, ne evidenzia le competenze digitali e le conoscenze e le esperienze acquisite.

Docente tutor
Ogni istituzione scolastica e formativa individua i docenti di classe delle Scuole secondarie di I e II grado, chiamati a svolgere la funzione “tutor” di gruppi di studenti, in un dialogo costante con lo studente, la sua famiglia e i colleghi, svolgendo due attività:

  1. aiutare ogni studente a rivedere le parti fondamentali che contraddistinguono ogni E-Portfolio personale;
  2. costituirsi “consigliere” delle famiglie, nei momenti di scelta dei percorsi formativi e/o delle prospettive professionali.

La formazione dei docenti
Nei prossimi anni scolastici l’orientamento sarà una priorità strategica della formazione dei docenti di tutti i gradi d’istruzione, nell’anno di prova e in servizio. Per i docenti tutor delle Secondarie di I e II grado sono previste iniziative formative specifiche, anche coordinate da Nuclei di supporto istituiti presso ciascun Ufficio Scolastico Regionale.

Campus formativi
In via sperimentale, saranno attivati “campus formativi”, attraverso reti di coordinamento tra istituzioni scolastiche e formative, che offrano una panoramica completa di tutti i percorsi secondari, per ottimizzare l’accompagnamento personalizzato e i passaggi orizzontali fra percorsi diversi.

Piattaforma digitale unica per l’orientamento
Studenti e famiglie avranno a disposizione una piattaforma digitale contenente: informazioni e dati per una scelta consapevole nel passaggio dal primo al secondo ciclo d’istruzione, sulla base delle competenze chiave e degli interessi prevalenti dello studente; documentazione territoriale e nazionale sull’offerta formativa terziaria (corsi di laurea, ITS Academy, Istituzioni AFAM, ecc.); dati utili per la transizione scuola-lavoro, in relazione alle esigenze dei diversi territori; funzioni per l’utilizzo di E-Portfolio.

Job placement anche per la scuola
In tale contesto viene prevista anche una figura nell’ambito del quadro organizzativo di ogni istituzione scolastica che, sulla base dei dati sulle prospettive occupazionali trasmesse dal MIM, dialoghi con famiglie e studenti nell’ottica di agevolare la prosecuzione del percorso di studi o l’ingresso nel mondo del lavoro, al fine di favorire l’incontro tra le competenze degli studenti e la domanda di lavoro.

Le Risorse
Le scuole possono utilizzare le risorse offerte da piani e programmi nazionali ed europei a titolarità del MIM e da iniziative locali e nazionali promosse da regioni, atenei, enti locali, centri per l’impiego, associazioni datoriali, enti e organizzazioni territoriali.
Inoltre, il PNRR consente l’attivazione di molti percorsi e interventi per promuovere l’orientamento nell’ambito di diverse linee di investimento di titolarità del Ministero quali: Nuove competenze e nuovi linguaggi, Interventi per la riduzione dei divari e della dispersione scolastica, Didattica digitale integrata,Sviluppo del sistema di formazione terziaria degli ITS Academy.

Monitoraggio
Viene previsto apposito monitoraggio sull’attuazione delle Linee guida nonché la valutazione del loro impatto. In esito a tali processi si potrà procedere al loro aggiornamento per rafforzarne l’efficacia.

Dimensionamento scolastico

Inquadramento generale.

L’intervento normativo di riforma del sistema di dimensionamento della rete scolastica nazionale discende da una stringente indicazione europea, nell’ambito delle misure del PNRR, che mira ad adeguare la rete scolastica all’andamento anagrafico della popolazione studentesca.

In particolare, la riforma si pone l’obiettivo di armonizzare la distribuzione delle Istituzioni scolastiche a livello regionale con l’andamento della denatalità, considerando un arco temporale di dieci anni e superando il modello attuale. Come detto, tale analisi impatta inevitabilmente con il decrescere della popolazione studentesca nella fascia compresa tra i 3 e i 18 anni.

Le proiezioni dei dati demografici per i prossimi anni, infatti, rilevano una costante riduzione del numero della popolazione residente. Per individuare il tasso di diminuzione della popolazione scolastica, è stata calcolata l’incidenza media, riferita agli anni dal 2016 al 2021, degli alunni presenti nell’Anagrafe Nazionale Degli Studenti sulla popolazione 3-18 anni – fonte ISTAT (2023-2034).

La proposta tiene conto della riduzione degli studenti ma applica anche alcuni correttivi che tengono conto delle specifiche criticità di alcuni territori: comuni montani, piccole isole, minoranze linguistiche, cessazioni previste dei dirigenti scolastici, nuove immissioni in ruolo di dirigenti scolastici.

Finalità e punti di forza.

Il sistema introdotto dalla riforma si prefigge di ottenere:

  • L’armonizzazione delle reti scolastiche a livello regionale con il numero degli studenti nell’arco temporale di dieci anni, favorendo una migliore programmazione pluriennale della rete scolastica;
  • La riduzione progressiva delle reggenze (sino all’eliminazione) attribuite ai Dirigenti Scolastici e della prassi dei DSGA condivisi tra più scuole, con il miglioramento dell’efficienza amministrativa e gestionale;
  • L’attribuzione alle Regioni di un contingente di Istituzioni Scolastiche (ovvero un numero complessivo di dirigenti scolastici e DSGA) che ciascuna Regione potrà organizzare autonomamente senza i parametri legati al numero minino di alunni per Istituto 600/400;
  • La previsione di meccanismi compensativi in grado di attenuare la riduzione delle istituzioni scolastiche rispetto agli effetti della normativa vigente 600/400.

Questo modello consentirà anche di programmare per ogni triennio il numero di istituzioni scolastiche, con dirigente scolastico e DSGA. Tale circostanza permetterà alle Regioni di procedere a una pianificazione a livello locale adeguata alle esigenze del territorio e all’Amministrazione di programmare un piano di assunzioni sulla base dell’effettivo fabbisogno.

Inoltre, la disposizione esclude il verificarsi di situazioni di esubero di dirigenti scolastici, tenuto conto del personale attualmente in servizio e della stima delle cessazioni per i prossimi anni.

Risparmi di spesa.

Dall’applicazione della misura, a seguito della razionalizzazione della rete scolastica e del minor fabbisogno di dirigenti scolastici e di direttori dei servizi generali e amministrativi, si genereranno dei risparmi di spesa certificabili anno per anno.

I risparmi sono stati quantificati nei diversi anni secondo la misura riportata nella tabella seguente.

Punto qualificante dell’impianto complessivo è la possibilità di reinvestire in modo strutturale tali risorse a favore del sistema scolastico.

In particolare, la norma consente di riutilizzare per incrementare:

  • il Fondo di funzionamento delle istituzioni scolastiche;
  • il Fondo Unico Nazionale della dirigenza scolastica;
  • il Fondo integrativo di istituto, anche con riferimento alle indennità destinate ai direttori dei servizi generali ed amministrativi;
  • il Fondo “La Buona Scuola” per il miglioramento e la valorizzazione dell’istruzione scolastica di cui all’articolo 1, comma 202, della legge 13 luglio 2015, n. 107 nonché al pagamento delle supplenze brevi e saltuarie del personale scolastico.

In ogni caso, la scelta sulle specifiche destinazioni di tali risparmi sarà rimessa alla decisione del Ministro dell’Istruzione e del Merito, che con un proprio provvedimento determinerà la finalizzazione delle risorse e la loro distribuzione, tenendo in considerazione le esigenze connesse allo svolgimento delle funzioni dei dirigenti scolastici come soggetti direttamente coinvolti nel processo di riforma.

“Sul tema del dimensionamento scolastico vorrei precisare che le scelte del dicastero vanno nella doppia direzione di mitigare gli effetti delle normative precedenti e di osservare i vincoli dell’Europa in attuazione del PNRR: non si può essere europeisti a corrente alternata, solo quando non costa alcuno sforzo”, ha chiosato il Ministro per l’Istruzione e il Merito Giuseppe Valditara sulla questione del dimensionamento scolastico. “Le misure approvate dai ministri Azzolina e Bianchi hanno illuso il mondo della scuola, facendo credere che si potessero istituire nuove istituzioni scolastiche, ma facendosene carico per soli tre anni. Scaduta quella disciplina temporanea e transitoria (oggi in contrasto con il PNRR) se non fossimo intervenuti si sarebbe arrivati a una disciplina più penalizzante per ben 90 posizioni di dirigente scolastico e direttore amministrativo. È importante quindi uscire da un equivoco su cui troppi stanno giocando: la norma da noi proposta non prevede chiusure di plessi scolastici, ma l’efficientamento della presenza della dirigenza sul territorio, eliminando l’abuso della misura della “reggenza”, vero deficit organizzativo che abbiamo ereditato. Tra l’altro, la misura da noi voluta genera dei risparmi, che abbiamo ottenuto rimangano a beneficio del mondo della scuola e in particolare dei dirigenti scolastici. Questi sono fatti suffragati dall’analisi degli uffici tecnici del ministero”.


Legge 29 dicembre 2022, n. 197
Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025 (Sistema Rete scolastica – art. 1, cc. 557-558)

557. All’articolo 19 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n.111, dopo il comma 5-ter sono inseriti i seguenti:
« 5-quater. Al fine di dare attuazione alla riorganizzazione del sistema scolastico prevista nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, a decorrere dall’anno scolastico 2024/2025, i criteri per la definizione del contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi e la sua distribuzione tra le regioni, tenendo conto del parametro della popolazione scolastica regionale indicato per la riforma 1.3 prevista dalla missione 4, componente 1, del citato Piano nazionale di ripresa e resilienza, nonché della necessità di salvaguardare le specificità delle istituzioni scolastiche situate nei comuni montani, nelle piccole isole e nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche, anche prevedendo forme di compensazione interregionale, sono definiti, su base triennale con eventuali aggiornamenti annuali, con decreto del Ministro dell’istruzione e del merito, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previo accordo in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, da adottare entro il 31 maggio dell’anno so- lare precedente all’anno scolastico di riferimento. Ai fini del raggiungimento dell’accordo, lo schema del decreto è trasmesso dal Ministero dell’istruzione e del merito alla Conferenza unificata entro il 15 aprile. Le regioni, sulla base dei parametri individuati dal decreto di cui al primo periodo, provvedono autonomamente al dimensionamento della rete scolastica entro il 30 novembre di ogni anno, nei limiti del contingente annuale individuato dal medesimo decreto. Con deliberazione motivata della regione può essere determinato un differimento temporale di durata non superiore a trenta giorni. Gli uffici scolastici regionali, sentite le regioni, provvedono alla ripartizione del contingente dei dirigenti scolastici assegnato.
5quinquies. Decorso inutilmente il termine del 31 maggio di cui al primo periodo del comma 5-quater, il contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi e la sua distribuzione tra le regioni sono definiti con decreto del Ministro dell’istruzione e del merito, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro il 30 giugno, sulla base di un coefficiente indicato dal decreto medesimo, non inferiore a 900 e non superiore a 1000, e tenuto conto dei parametri, su base regionale, relativi al numero degli alunni iscritti nelle istituzioni scolasti- che statali e dell’organico di diritto del- l’anno scolastico di riferimento, integrato dal parametro della densità degli abitanti per chilometro quadrato, ferma restando la necessità di salvaguardare le specificità delle istituzioni scolastiche situate nei comuni montani, nelle piccole isole e nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche, nonché da un parametro perequativo, determinato in maniera da garantire a tutte le regioni, nell’anno scolastico 2024/2025, almeno il medesimo numero di istituzioni scolastiche calcolato sulla base del parametro di cui al comma 5 e comunque entro i limiti del contingente complessivo a livello nazionale individuato ai sensi del secondo periodo. Al fine di garantire una riduzione graduale del numero delle istituzioni scolastiche per ciascuno degli anni scolastici considerati si applica, per i primi sette anni scolastici, un correttivo non superiore al 2 per cento anche prevedendo forme di compensazione interregionale. Gli uffici scolastici regionali, sentite le regioni, provvedono alla ripartizione del contingente dei dirigenti scolastici assegnato.
5-sexies. In sede di prima applicazione, per l’anno scolastico 2023/2024, restano ferme le disposizioni dei commi 5, 5-bis e 5-ter del presente articolo, con i parametri indicati all’articolo 1, comma 978, della legge 30 dicembre 2020, n.178, e, per l’anno scolastico 2024/2025, il decreto di cui al comma 5-quater o quello di cui al comma 5-quinquies del presente articolo de- finisce un contingente organico comunque non superiore a quello determinato mediante l’applicazione dei commi 5 e 5-bis. A decorrere dall’anno scolastico 2025/2026, il decreto di cui al comma 5-quater o quello di cui al comma 5-quinquies definisce un con- tingente organico comunque non superiore a quello determinato sulla base dei criteri de- finiti nell’anno scolastico precedente. Eventuali situazioni di esubero trovano compensazione nell’ambito della definizione del contingente ».

558. I risparmi conseguiti mediante l’applicazione della disciplina di cui al comma 557 confluiscono, previo accertamento degli stessi, in un fondo istituito nello stato di previsione del Ministero dell’istruzione e del merito e possono essere destinati ad incrementare il Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche, di cui all’articolo 1, comma 601, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, il fondo unico nazionale per la dirigenza scolastica, il fondo integrativo di istituto, anche con riferimento alle indennità destinate ai direttori dei servizi generali e amministrativi, il fondo di cui all’articolo 1, comma 202, della legge 13 luglio 2015, n. 107, nonché al pagamento delle supplenze brevi e saltuarie del personale scolastico. Nel fondo istituito ai sensi del primo pe- riodo confluiscono le eventuali economie derivanti dall’applicazione dell’articolo 1, comma 978, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, previo accertamento operato con decreto del Ministro dell’istruzione e del merito, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. Le risorse del fondo istituito ai sensi del primo periodo sono ripartite annualmente con decreto del Ministro dell’istruzione e del merito, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. I risparmi accertati sono iscritti nel medesimo fondo con uno o più decreti di variazione compensativa adottati dal Ministro dell’economia e delle finanze.

Legge 29 dicembre 2022, n. 197

Ripubblicazione del testo della legge 29 dicembre 2022, n. 197, recante: «Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025», corredato delle relative note. (Legge pubblicata nel Supplemento ordinario n. 43/L alla Gazzetta Ufficiale – Serie generale – n. 303 del 29 dicembre 2022). (23A00141)

(GU Serie Generale n.12 del 16-01-2023 – Suppl. Ordinario n. 3)


Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025. (22G00211)

(GU Serie Generale n.303 del 29-12-2022 – Suppl. Ordinario n. 43)


Istruzione (art. 1, cc. 548 – 563)

548. Al fine di favorire nel sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita sino a sei anni un primo approccio ai sistemi simbolico-culturali relativi al mondo naturale e artificiale, di potenziare nel sistema di istruzione e formazione l’apprendimento delle discipline scientifiche, tecnologiche, ingegneristiche e matematiche (STEM), e di favorire l’accesso ai percorsi di istruzione e formazione terziaria in tali discipline, sostenendo l’eguaglianza tra i sessi, il Ministero dell’istruzione e del me- rito promuove specifiche iniziative di integrazione di attività, metodologie e contenuti, volti a sviluppare e rafforzare le competenze nelle discipline STEM, digitali e di innova- zione, secondo quanto previsto dalle disposizioni di cui ai commi 549, 550, 551 e 552.

549. All’articolo 1, comma 3, del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 59, dopo il secondo periodo è inserito il seguente: « Sono previste specifiche iniziative formative dedicate alle discipline scientifiche, tecnologiche, ingegneristiche e matematiche (STEM), nonché alle competenze digitali e alle metodologie didattiche innovative ».

550. All’articolo 9, comma 3, della legge 15 luglio 2022, n. 99, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo periodo, dopo le parole: « al fine di promuovere » sono inserite le seguenti: « , con particolare riferimento all’obiettivo di favorire l’equilibrio di genere »;

b) alla lettera a), le parole: « , favorendo l’equilibrio di genere nelle » sono sostituite dalle seguenti: « in relazione alle ».

551. All’articolo 3, comma 1, del decreto legislativo 14 gennaio 2008, n. 21, dopo la lettera c) è inserita la seguente:

«c-bis) conoscere le aree disciplinari relative alle materie scientifiche, tecnologi- che, ingegneristiche e matematiche (STEM) ».

552. Il Ministero dell’istruzione e del merito, anche in coerenza con la risoluzione del Parlamento europeo del 10 giugno 2021 sulla promozione della parità tra donne e uomini in materia di istruzione e occupa- zione nel campo della scienza, della tecno- logia, dell’ingegneria e della matematica (STEM), promuove le seguenti misure:

a) entro il 30 giugno 2023, definizione di linee guida per l’introduzione nel piano triennale dell’offerta formativa delle istituzioni scolastiche dell’infanzia, del primo e del secondo ciclo di istruzione e nella programmazione educativa dei servizi educativi per l’infanzia di azioni dedicate a rafforzare nei curricoli lo sviluppo delle competenze matematico-scientifico-tecnologiche e digitali legate agli specifici campi di esperienza e l’apprendimento delle discipline STEM, anche attraverso metodologie didattiche innovative;

b) azioni di informazione, sensibilizza- zione e formazione rivolte alle famiglie, in particolare in occasione della celebrazione nelle istituzioni scolastiche e educative della Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza, per incoraggiare la partecipazione ai percorsi di studio nelle discipline STEM, principalmente delle alunne e delle studentesse, superando gli stereotipi di genere;

c) creazione di reti di scuole e di alleanze educative per la promozione dello studio delle discipline STEM e delle competenze digitali, nonché per lo sviluppo di una didattica innovativa anche mediante la condivisione di buone pratiche;

d) iniziative, anche extrascolastiche, per gli alunni della scuola primaria e della scuola secondaria di primo grado volte a stimolare l’apprendimento delle discipline STEM e digitali, nell’ambito dell’autorizzazione di spesa relativa al Fondo di cui alla legge 18 dicembre 1997, n. 440;

e) stipulazione di protocolli di intesa con le regioni per il riconoscimento di borse di studio per gli studenti che decidono di intraprendere percorsi di studio e formazione nelle discipline STEM e nel campo del digitale;

f) iniziative volte a promuovere l’acquisizione di competenze nelle discipline STEM e digitali anche all’interno dei per- corsi di istruzione per gli adulti, per agevolarne il reinserimento nel mercato del lavoro, anche attraverso il ricorso a metodologie didattiche innovative, nell’ambito del- l’autorizzazione di spesa relativa al Fondo di cui alla legge 18 dicembre 1997, n. 440.

553. Le iniziative di cui al comma 552 sono attuate nell’ambito delle linee di investimento previste nella missione 4, componente 1 – Potenziamento dell’offerta dei servizi di istruzione: dagli asili nido alle università – investimenti 1.4, 1.5, 2.1 e 3.1 del Piano nazionale di ripresa e resilienza, nei limiti delle risorse previste per i citati singoli investimenti, dei fondi strutturali per l’istruzione 2021-2027 e delle ordinarie ri- sorse di bilancio del Ministero dell’istruzione e del merito.

554. Dall’attuazione dei commi da 548 a 553 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

555. All’articolo 3 del decreto legislativo 14 gennaio 2008, n. 21, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 2, dopo la parola: « strutturalmente » sono inserite le seguenti: « nel primo biennio e», le parole: «nell’ultimo anno di corso» sono sostituite dalle seguenti: «nelle classi prime, seconde e terze » e sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: « , dal decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 61, e dai regolamenti di cui ai decreti del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 88 e n. 89, nonché specifici strumenti di supporto all’orientamento, individuati dalle linee guida adottate con decreto del Ministro dell’istruzione e del merito per potenziare le azioni nell’ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza. A partire dall’anno scolastico 2023/2024, nelle classi terze, quarte e quinte delle scuole secondarie di secondo grado, le attività di orientamento consistono in moduli curricolari anche superiori a trenta ore, nel limite delle risorse disponibili a legislazione vigente e nell’ambito del piano triennale dell’offerta formativa, da inserire anche nei percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento. Nel primo biennio delle scuole secondarie di secondo grado e in tutte le classi della scuola secondaria di primo grado, le attività di cui al secondo periodo consistono in moduli di trenta ore da svolgere in orario curricolare o extracurricolare, anche all’interno di progetti già in essere nell’istituzione scolastica »;

b) al comma 2-bis, secondo periodo, le parole: «nell’ultimo anno di corso» sono sostituite dalle seguenti: « nelle classi prime, seconde e terze », dopo le parole: « primo grado» sono inserite le seguenti: «e nel primo biennio » e la parola: « due » è sostituita dalla seguente: « tre ».

556. All’articolo 16-bis del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 59, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 4, dopo le parole: « Ministro dell’istruzione» sono inserite le seguenti: «, da adottare entro il 1° marzo 2023, »;

b) al comma 6, dopo le parole: « è nominato, » sono inserite le seguenti: « entro il 1° marzo 2023, »;

c) al comma 7, dopo le parole: « Ministro dell’istruzione» sono inserite le seguenti: «, da adottare entro il 1° marzo 2023, ».

557. All’articolo 19 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modifica- zioni, dalla legge 15 luglio 2011, n.111, dopo il comma 5-ter sono inseriti i seguenti:

« 5-quater. Al fine di dare attuazione alla riorganizzazione del sistema scolastico prevista nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, a decorrere dall’anno scolastico 2024/2025, i criteri per la definizione del contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi e la sua distribuzione tra le regioni, tenendo conto del parametro della popolazione scolastica regionale indicato per la riforma 1.3 prevista dalla missione 4, componente 1, del citato Piano nazionale di ripresa e resilienza, nonché della necessità di salva- guardare le specificità delle istituzioni scolastiche situate nei comuni montani, nelle piccole isole e nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche, anche prevedendo forme di compensazione interregionale, sono definiti, su base triennale con eventuali aggiornamenti annuali, con decreto del Ministro dell’istruzione e del merito, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previo accordo in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, da adottare entro il 31 maggio dell’anno so- lare precedente all’anno scolastico di riferimento. Ai fini del raggiungimento dell’accordo, lo schema del decreto è trasmesso dal Ministero dell’istruzione e del merito alla Conferenza unificata entro il 15 aprile. Le regioni, sulla base dei parametri individuati dal decreto di cui al primo periodo, provvedono autonomamente al dimensionamento della rete scolastica entro il 30 novembre di ogni anno, nei limiti del contingente annuale individuato dal medesimo decreto. Con deliberazione motivata della regione può essere determinato un differimento temporale di durata non superiore a trenta giorni. Gli uffici scolastici regionali, sentite le regioni, provvedono alla ripartizione del contingente dei dirigenti scolastici assegnato.

5quinquies. Decorso inutilmente il termine del 31 maggio di cui al primo periodo del comma 5-quater, il contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei ser- vizi generali e amministrativi e la sua distribuzione tra le regioni sono definiti con decreto del Ministro dell’istruzione e del me- rito, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro il 30 giugno, sulla base di un coefficiente indicato dal decreto medesimo, non inferiore a 900 e non superiore a 1000, e tenuto conto dei parametri, su base regionale, relativi al numero degli alunni iscritti nelle istituzioni scolasti- che statali e dell’organico di diritto del- l’anno scolastico di riferimento, integrato dal parametro della densità degli abitanti per chilometro quadrato, ferma restando la necessità di salvaguardare le specificità delle istituzioni scolastiche situate nei comuni montani, nelle piccole isole e nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche, nonché da un parametro perequativo, determinato in maniera da garantire a tutte le regioni, nell’anno scolastico 2024/2025, almeno il medesimo numero di istituzioni scolastiche calcolato sulla base del parametro di cui al comma 5 e comunque entro i limiti del contingente complessivo a livello nazionale individuato ai sensi del secondo periodo. Al fine di garantire una riduzione graduale del numero delle istituzioni scolastiche per ciascuno degli anni scolastici considerati si applica, per i primi sette anni scolastici, un correttivo non superiore al 2 per cento anche prevedendo forme di compensazione interregionale. Gli uffici scolastici regionali, sentite le regioni, provvedono alla ripartizione del contingente dei dirigenti scolastici assegnato.

5-sexies. In sede di prima applicazione, per l’anno scolastico 2023/2024, restano ferme le disposizioni dei commi 5, 5-bis e 5-ter del presente articolo, con i parametri indicati all’articolo 1, comma 978, della legge 30 dicembre 2020, n.178, e, per l’anno scolastico 2024/2025, il decreto di cui al comma 5-quater o quello di cui al comma 5-quinquies del presente articolo de- finisce un contingente organico comunque non superiore a quello determinato mediante l’applicazione dei commi 5 e 5-bis. A decorrere dall’anno scolastico 2025/2026, il decreto di cui al comma 5-quater o quello di cui al comma 5-quinquies definisce un con- tingente organico comunque non superiore a quello determinato sulla base dei criteri de- finiti nell’anno scolastico precedente. Eventuali situazioni di esubero trovano compensazione nell’ambito della definizione del contingente ».

558. I risparmi conseguiti mediante l’applicazione della disciplina di cui al comma 557 confluiscono, previo accertamento degli stessi, in un fondo istituito nello stato di previsione del Ministero dell’istruzione e del merito e possono essere destinati ad incrementare il Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche, di cui all’articolo 1, comma 601, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, il fondo unico nazionale per la dirigenza scolastica, il fondo integrativo di istituto, anche con riferimento alle indennità destinate ai direttori dei servizi generali e amministrativi, il fondo di cui all’articolo 1, comma 202, della legge 13 luglio 2015, n. 107, nonché al pagamento delle supplenze brevi e saltuarie del personale scolastico. Nel fondo istituito ai sensi del primo pe- riodo confluiscono le eventuali economie derivanti dall’applicazione dell’articolo 1, comma 978, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, previo accertamento operato con decreto del Ministro dell’istruzione e del merito, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. Le risorse del fondo istituito ai sensi del primo periodo sono ripartite annualmente con decreto del Ministro dell’istruzione e del merito, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. I risparmi accertati sono iscritti nel medesimo fondo con uno o più decreti di variazione compensativa adottati dal Ministro dell’economia e delle finanze.

559. Le contrattazioni integrative regionali (CIR) per la definizione delle retribuzioni di posizione e di risultato dei dirigenti scolastici per gli anni scolastici 2020/2021 e 2021/2022, sottoscritte tra gli uffici scolastici regionali e le organizzazioni sindacali rappresentative, possono innalzare la percentuale delle risorse complessive del fondo unico nazionale per la dirigenza scolastica destinata alla retribuzione di posizione e ai compensi per gli incarichi di reggenza delle istituzioni sottodimensionate e prevista dall’articolo 42, comma 3, del contratto collettivo nazionale di lavoro relativo all’Area istruzione e ricerca, stipulato l’8 luglio 2019, esclusivamente al fine di evitare la ri- petizione di somme già erogate in favore dei dirigenti scolastici negli anni scolastici 2020/2021 e 2021/2022.

560. Al fine di assicurare il recupero e la riqualificazione del patrimonio edilizio scolastico già esistente, è stanziata la somma di 1 milione di euro, per l’anno 2023, per avviare attività di ricognizione e valutazione delle strutture scolastiche in dismissione, do- tate di apposito certificato di agibilità, presenti su tutto il territorio nazionale, da de- stinare allo svolgimento delle attività scolastiche per l’anno scolastico 2023/2024. Con decreto del Ministro dell’istruzione e del merito, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definiti i criteri e le modalità di ripartizione delle risorse di cui al presente comma.

561. Nello stato di previsione del Mini- stero dell’istruzione e del merito è istituito un fondo, con una dotazione iniziale di 150 milioni di euro per l’anno 2023, finalizzato alla valorizzazione del personale scolastico, con particolare riferimento alle attività di orientamento, di inclusione e di contrasto della dispersione scolastica, ivi comprese quelle volte a definire percorsi personalizzati per gli studenti, nonché di quelle svolte in attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Con decreto del Ministro dell’istruzione e del merito, sentite le organizza- zioni sindacali, da adottare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definiti i criteri di uti- lizzo delle risorse di cui al presente comma.

562. Le attribuzioni previste dall’articolo 14, comma 4, lettera g), del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, sono svolte, presso le istituzioni scolastiche, dai revisori dei conti. Una quota parte del Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche, di cui all’articolo 1, comma 601, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, come rifinanziato dalla presente legge, pari a 4,2 milioni di euro, è destinata, a decorrere dall’anno 2023, all’incremento dei compensi dei revisori dei conti delle istituzioni scolastiche di cui all’articolo 1, comma 616, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, da definire con decreto del Ministro dell’istruzione e del merito, di concerto con il Ministro dell’eco- nomia e delle finanze.

563. Ai fini dell’attuazione dei commi 561 e 562, il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con pro- pri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.


Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023

Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023

G. De Cataldo, Dolce vita, dolce morte

De Cataldo, tra la vita e la morte

di Antonio Stanca

  Di quest’anno è Dolce vita, dolce morte, un altro romanzo giallo di Giancarlo De Cataldo. È stato pubblicato da Rizzoli nella serie “Novelle Nere”. Molti romanzi ha scritto De Cataldo soprattutto di genere giallo. È anche giornalista, traduttore, saggista e autore di testi teatrali e per la televisione. Opere note sono Romanzo criminale del 2002, ridotto per il cinema e la televisione, e il suo seguito Nelle mani giuste del 2007. 

   Nato a Taranto nel 1956, De Cataldo vive a Roma dove svolge il lavoro di Magistrato. È in questa città dal 1957, da quando iniziò a frequentare la Facoltà di Giurisprudenza. Dal tribunale alla letteratura, da giudice a scrittore di romanzi polizieschi senza che la sua scrittura sia mai stata condizionata, determinata dal suo lavoro. Da questo gli sarà ispirata ma libera si mostrerà sempre da ogni influenza, capace di muoversi da sola, di cogliere ogni elemento delle vicende rappresentate, di riuscire chiara, facile in ogni circostanza. Così pure in Dolce vita, dolce morte, dove l’autore fa vedere in maniera completa, totale, quanto avveniva nella Roma degli anni ’60-’70, quella della “dolce vita”, dei famosi registi, attori e artisti del momento, quella di via Veneto e di tanti altri ritrovi, delle notti romane, delle tante persone che circolavano, delle tante attività che svolgevano, dei tanti sogni che nutrivano. Tra queste c’era stata la giovanissima, ventidue anni, e bella ragazza tedesca Greta venuta a Roma come tante altre allora in cerca di fama e di fortuna. Avrebbe voluto fare l’attrice, aveva intrattenuto rapporti con personaggi del cinema, della televisione, delle finanze, aveva creduto loro, era entrata nella “vita romana” finché non era stata trovata uccisa, accoltellata, sul pianerottolo dell’appartamento di una sua amica in un condominio nei pressi di via Veneto. Scatteranno le indagini della polizia, le notizie dei giornali più importanti della capitale. Da uno di questi sarà inviato il corrispondente Marcello Montecchi con l’incarico di far sapere della grave vicenda, delle cause, dei colpevoli. Sarà lui il vero protagonista del romanzo, sarà lui ad essere mostrato dal De Cataldo nei più riposti pensieri della mente. Era venuto a Roma dalla provincia e aveva pensato di diventare uno scrittore. Finora non gli era riuscito ed anche se non aveva abbandonato quell’idea si era adattato a scrivere per un giornale abbastanza importante. Era diventato noto negli ambienti intellettuali romani. Scriveva di arte, di cinema, di cultura, di costume, conosceva personaggi famosi. Aveva trent’anni e a Roma si era frequentato con donne dello spettacolo e no. Tra queste c’era stata Greta e dover adesso sapere, scrivere della sua morte così tragica lo faceva soffrire. È un tipo sensibile, partecipe, Marcello, non è freddo, distaccato. Tutto si riflette nella sua anima, nel suo spirito. Spesso è assalito da sensi di colpa, da pensieri che lo inquietano e che risalgono generalmente alla sua vita passata. Si fa carico di molti errori, crede di aver sbagliato molte cose, gli pesa non essere diventato uno scrittore, non essersi ancora sistemato, ordinato con una famiglia tutta sua.

    Greta è uno di quei pensieri, di quei ricordi che stenta a scomparire, che riaffiora sempre perché molto bella, molto dolce era stata per lui. Il caso della sua morte si complicherà al punto che le indagini saranno abbandonate e le persone sospettate assolte per insufficienza di prove. Marcello tornerà al suo lavoro presso il giornale, riprenderà con la “vita romana”: serate galanti, manifestazioni, rappresentazioni pubbliche o in ricche case private, amori fugaci, relazioni di breve durata che spesso lo faranno rientrare in sé stesso, in quella vita dello spirito che era la sua solita, in quei turbamenti che lo assillavano. Nonostante sia tanto il rumore intorno a lui, nonostante si svolga tanta vita in quella Roma, nonostante vi faccia parte, solo sembra Marcello, solo con i suoi pensieri. Ora si era aggiunto, era tornato quello di Greta e lo avrebbe inseguito per l’intero percorso dell’opera, in ogni situazione che gli si fosse presentata.  Succederà pure che improvvisamente, per caso capisca come è morta ma non servirà a nessuno perché molto tempo è passato. A lui soltanto servirà, a lenire la sua inquietudine.

    Tra l’uno e i molti, tra l’interno dell’anima e l’esterno della vita si è continuamente mosso il De Cataldo di questo romanzo. Molto abile, molto esperto si è dimostrato. Una vicenda tra le tante gli è bastata per far vedere di quanti volti si componesse la vita nella Roma di quei tempi, quant’altro ci fosse dietro quell’aria carica di promesse, di speranze, quanta rivalità, violenza, criminalità si agitasse oltre le apparenze.

   Completo è riuscito lo scrittore, finito il quadro che ha voluto comporre, esemplare il personaggio, Marcello, al quale lo ha fatto interpretare. Dei due elementi, del bene e del male, del piacere e del dolore della Roma di allora Marcello è diventato con De Cataldo l’esempio più vero, più naturale. Non è solo un romanzo giallo ma anche un romanzo di vita!

Concorso DS: per la preselettiva niente batteria dei quesiti, ma per lo scritto…

da Tuttoscuola

Il nuovo regolamento concorso DS, definito e sottoscritto dal ministro Bianchi il 13 ottobre, prima di lasciare l’incarico al suo successore, e pubblicato il 22 dicembre scorso, entrerà in vigore il 6 gennaio prossimo, e da quel momento è virtualmente già possibile la pubblicazione del bando. Bando che, tra l’altro, dovrà quantificare il numero dei posti da mettere a concorso, sulla base di quell risultanti già vacanti nel 2022-23 e di quelli che si prevedono vacanti e disponibili per il successivo biennio.

Probabilmente, per la quantificazione esatta dei posti concorso DS occorrerà fare i conti con l’impatto che il regolamento avrà con la nuova legge di bilancio 2023-26 che, nel definire nuovi criteri per il dimensionamento della rete scolastica, dispone la riduzione del numero delle istituzioni scolastiche con conseguente decremento dell’organico DS.

E proprio il numero esatto dei posti concorso DS avrà incidenza anche sulla predisposizione dei quesiti per la prova scritta, come prevede, inaspettatamente, l’art. 10 del regolamento.

Il Comitato Scientifico nazionale, nominato dal Ministro, ha diversi compiti tra cui: “predispone i quesiti, in numero pari a tre volte il numero dei candidati, da cui si estraggono a sorte i quesiti da somministrare il giorno dello svolgimento della prova scritta”.

Ma quanti quesiti dovrà definire? Il triplo del numero di candidati ammessi allo scritto!

Poiché dalla prova preselettiva sarà ammesso allo scritto concorso DS un numero di candidati pari a tre volte il numero dei posti a concorso, proviamo a calcolare numero di candidati e, a seguire, numero di questi da predisporre.

Supponendo che i posti a concorso siano soltanto mille (ma potrebbero essere di più perché nel triennio considerati i pensionamenti saranno non meno di 1.500), gli ammessi allo scritto sarebbero tremila, a cui dovrebbero aggiungersi anche i candidati che nella preselettiva ottengono un punteggio uguale all’ultimo ammesso (e potrebbero essere molti, considerata la ridotta quantità dei quesiti, 50). A questi si dovranno aggiungere i candidati con invalidità pari o superiore all’80%, come prevede l’art. 20, comma 2-bis della legge 104/1992. “La persona handicappata affetta da invalidità uguale o superiore all’80% non è tenuta a sostenere la prova preselettiva eventualmente prevista”.

Complessivamente, quindi i candidati concorso DS che potrebbero accedere allo scritto potrebbero essere non meno di 3.200.

Il Comitato Scientifico dovrebbe, pertanto predisporre almeno 9.600 quesiti concorso DS, da cui saranno estratti i cinque quesiti a risposta aperta per la prova scritta.

Poiché il Regolamento prevede che i quesiti “non devono avere ad oggetto tutti gli ambiti” del programma (dove gli ambiti sono nove), quella quantità incredibile di 9.600 quesiti renderà improbo (al limite delle possibilità) il lavoro del Comitato Scientifico.

La quantità di quesiti che il Comitato scientifico dovrà predisporre è pressoché uguale a quella della batteria di quesiti per la prova preselettiva del precedente concorso.

Ma quella batteria era stata resa pubblica preventivamente (nel nuovo concorso non sarà prevista la previa pubblicazione dei quesiti).

I quesiti predisposti per la prova scritta del futuro concorso non si prevede che siano pubblicati.

Ma se non saranno preventivamente pubblicati, a cosa servirà uno sforzo impegnativo del genere?

Assemblee sindacali, Aran: due al mese per ciascuna scuola e categoria (ATA e docenti)

da La Tecnica della Scuola

Di redazione

Ai sensi dell’art. 23, comma 2, del CCNL Istruzione e ricerca del 19.04.2018 quante assemblee possono essere tenute per ciascuna istituzione scolastica e per ciascuna categoria di personale (ATA e docenti)? Risponde l’Aran in un orientamento del 23 dicembre 2022.

L’art. 4 del CCNQ del 4.12.2007 è stato integrato dall’art. 23 del CCNL Istruzione e ricerca del 19.04.2018 che al comma 2 recita: “In ciascuna istituzione scolastica e per ciascuna categoria di personale (ATA e docenti) non possono essere tenute più di due assemblee al mese”

Si chiarisce inoltre che, essendo il limite delle due assemblee mensili finalizzato a contenere il disservizio che l’assemblea reca all’utenza sotto il profilo della continuità didattica, lo stesso interviene indipendentemente dal luogo ove l’assemblea si svolge (istituzione scolastica o ambito territoriale).

Concorso per dirigenti scolastici. Prove previste dal regolamento

da La Tecnica della Scuola

Di Salvatore Pappalardo

Il regolamento ministeriale, con il quale è stato annunciato il concorso per dirigenti scolastici, che dovrebbe svolgersi entro il 2023, prevede una procedura articolata in: una prova preselettiva soltanto se il numero degli aspiranti che abbiano presentato domanda sia complessivamente superiore a quattro volte il numero dei posti messi a concorso; una prova scritta, un’orale e la valutazione dei titoliRegolamento del concorso

Prova preselettiva

La prova preselettiva, unica per tutto il territorio nazionale, potrebbe essere svolta in più sessioni qualora il numero dei candidati lo dovesse richiedere; alla prova sono tenuti a partecipare tutti i candidati. La mancata presentazione alla suddetta prova comporta l’esclusione dal concorso. Sono esentati dalla prova preselettiva i candidati
che versano nelle ipotesi di cui all’articolo 20, comma 2-bis, della legge 5 febbraio 1992, n. 104.

struttura della prova

La prova preselettiva, il cui tempo di esecuzione sarà determinato nel bando, è strutturata in quesiti con risposte di cui solo una è corretta. A ogni risposta corretta sarà attribuito un punto, mentre alle risposte non date o sbagliate non sarà attribuito alcun punteggio.

Punteggio minimo per superare la prova preselettiva

Il regolamento non dice quale sia il punteggio minimo da conseguire per superare la prova preselettiva, ma afferma che saranno ammessi alla prova scritta, un numero di candidati pari a tre volte quello dei posti messi a concorso per ciascuna regione, ciò fa presumere che la graduatoria degli ammessi sarà fatta in relazione al punteggio; fermo restante che sono ammessi i candidati che abbiano conseguito il medesimo punteggio dell’ultimo degli ammessi e i soggetti in possesso dell’articolo 20, comma 2-bis, della legge 5 febbraio 1992, n. 104.

Prova scritta

cinque quesiti a risposta aperta sui seguenti argomenti: sistema educativo d’istruzione e di formazione in Italia, conduzione delle organizzazioni complesse e di gestione dei gruppi, processi di programmazione, gestione e valutazione delle istituzioni scolastiche, con particolare riferimento a (PTOF, RAV, PDM), organizzazione degli ambienti di apprendimento, organizzazione del lavoro e gestione del personale, valutazione e autovalutazione del personale, elementi di diritto civile e amministrativo, e penale, contabilità di Stato, sistemi educativi dei Paesi dell’Unione europea.

due quesiti in lingua inglese strutturati ognuno in cinque domande a risposta multipla volte a verificare la comprensione di un testo e verificare il possesso della conoscenza della lingua inglese almeno al livello B2. I due quesiti verteranno su una delle seguenti materie: Organizzazione degli ambienti di apprendimento, con particolare riferimento all’inclusione scolastica, all’innovazione digitale e ai processi d’innovazione nella didattica, all’interno di un’adeguata progettazione pedagogica, sistemi educativi dei Paesi dell’Unione europea.

Durata e valutazione prova scritta

La prova scritta, la cui durata sarà determinata dal bando, si svolge mediante l’ausilio di mezzi informatizzati. La mancata presentazione per l’espletamento della prova nel giorno, ora e sede stabiliti, per qualsiasi causa, anche se dovuta a forza maggiore, comporta l’esclusione dal concorso. Le commissioni hanno a disposizioni fino a un massimo di 100 punti da attribuire alla prova scritta che si considera superata con un punteggio minimo di 70/100.

Prova orale

La prova orale, la cui durata è definita dal bando di concorso, consiste in un colloquio sugli ambiti disciplinari della prova scritta ed è volta ad accertare la preparazione professionale del candidato sui suddetti ambiti verificando la capacità dei candidati:
di risolvere un caso riguardante la funzione del dirigente scolastico, di conoscere e saper utilizzare gli strumenti informatici e delle TIC, di verificare la conoscenza della lingua inglese al livello B2 del CEFR, attraverso la lettura e traduzione di un testo scelto dalla commissione esaminatrice e una conversazione in lingua inglese.

Valutazione prova orale

Le commissioni esaminatrici hanno a disposizione fino a un massimo di 100 punti da attribuire nel limite massimo di 82 per il colloquio, 6 per l’accertamento della conoscenza dell’informatica e 12 per la conoscenza della lingua inglese. La prova orale è superata dai candidati che conseguono il punteggio minimo 70/100 nell’ambito della prova orale.

Titoli valutabili

Le commissioni esaminatrici valutano i titoli sia culturali sia i titoli di servizio e professionali posseduti da ogni singolo candidato fino a un massimo di 30 punti secondo l’allegato A al regolamento.

Organico aggiuntivo docenti e Ata fino al 30 giugno 2023, il Governo Meloni come quello di Draghi: quei 40 mila lavoratori non servono più

da La Tecnica della Scuola

Di Alessandro Giuliani

Fino all’ultimo i sindacati, buona parte della politica e soprattutto i diretti interessati ci hanno sperato: sono gli oltre 40 mila docenti e Ata cosiddetti Covid, che hanno chiesto a gran voce la riconferma dopo avere svolto, molti per due anni, una supplenza su posto aggiuntivo, creato per mettere nelle condizioni le scuole di avere maggiore “forza” organizzativa di fronte alla pandemia.

Due governi, stesso risultato

Invece, il Governo Draghi ha deciso che dal 1° settembre 2022 assieme al ritorno per tutti in presenza si sarebbero potuti ristabilire gli organici pre-Covid.

Nelle scuole, però, i casi di contagi hanno continuato ad esserci. Ed anche copiosi. Inoltre, nel frattempo sono subentrate e subentreranno non poche incombenze per la gestione dei progetti legati al Pnrr.

Così, in tanti sono tornati alla carica con l’Esecutivo guidato da Giorgia Meloni.

I sindacati: organico aggiuntivo necessario

Ad iniziare dai sindacati, che fino all’ultimo hanno sperato in un inserimento nella Legge di Bilancio di un finanziamento, pari a qualche centinai di migliaia di euro, per confermare l’organico aggiuntivo attraverso una supplenza fino al 30 giugno 2023.

L’Anief ha cavalcato la richiesta sia nella Legge di Bilancio, sia nel decreto Aiuti Quater. Secondo il suo presidente servono “provvedimenti più diffusi per fronteggiare le emergenze a partire dalla riattivazione dell’organico aggiuntivo: l’ex organico Covid è oramai necessario per garantire il corretto funzionamento delle scuole al tempo del Pnrr in tema di progettazione, organizzazione ed esecuzione. Le scuole hanno bisogno di liberare risorse umane”, ha detto il sindacalista.

Anche Fratelli d’Italia: professionalità preziose da confermare

La richiesta è arrivata anche dalla maggioranza. Marco Intravaia, deputato di FdI all’Assemblea regionale siciliana, ha detto che “i lavoratori precari reclutati contro l’emergenza pandemica sono preziosi tutti, anche il personale Ata chiamato ad affiancare gli organici nelle scuole in un periodo molto difficile quale quello del Covid. Queste professionalità, che hanno affrontato una sfida inedita, sono anche oggi molto preziose all’interno delle scuole, dove sappiamo esserci molte, annose carenze e dove i casi Covid, con l’attivazione dei protocolli previsti, continuano a essere numerosi”.

“Per questi lavoratori, che hanno rischiato sul campo, la proroga dei contratti in scadenza è un dovere da parte delle istituzioni. Mi appello, dunque, al Parlamento nazionale affinché riesca a recepire le risorse finanziarie necessarie alla proroga”. Per Intravaia sarebbe “un atto di riconoscenza nei loro confronti, ma anche una necessità che continuano a vivere le scuole”.

Gli emendamenti, a quanto risulta dal testo definitivo della Manovra, non sono stati approvati. Salvo improbabili colpi di scena finali, nel 2023 le scuole non potranno contare su un organico aggiuntivo.

Nota 27 dicembre 2022, AOODGSIP 4407

Ministero dell’istruzione e del merito
Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione
Direzione Generale per lo studente, l’inclusione e l’orientamento scolastico
Ufficio terzo

Agli Uffici Scolastici Regionali LORO SEDI
Al Sovrintendente Scolastico per la Provincia di Bolzano Bolzano
Al Sovrintendente Scolastico per la Provincia di Trento Trento
All’Intendente Scolastico per la Scuola in lingua tedesca Bolzano
All’Intendente Scolastico per la Scuola località Ladine Bolzano
Al Sovrintendente degli Studi per la Regione Valle D’Aosta Aosta
E p.c. Al Ministero degli Affari Esteri DGSP – Uff. V – Sez. I Ordinamenti e politiche scolastiche dgsp5@esteri.it
Alla Banca d’Italia Servizio Banconote premioperlascuola@bancaditalia.it
Alla Banca d’Italia Servizio Tutela dei Clienti e Antiriciclaggio Divisione Educazione Finanziaria educazione.finanziaria@bancaditalia.it

Oggetto: Premio “Inventiamo una banconota” per le scuole primarie e gli istituti di istruzione secondaria di primo e di secondo grado – decima edizione, a.s. 2022/2023

Problematiche connesse all’uso degli smartphone

Problematiche connesse all’uso dei dispositivi elettronici smartphonedurante le attività didattiche e conseguenti responsabilità Dirigenziali. Stato dell’Arte e ricognizione normativa

di Carmelo Salvatore BENFANTE PICOGNA, Dario Angelo TUMMINELLI, Zaira MATERA

Con la recentissima nota ministeriale diramata dal Ministero dell’Istruzione e del Merito (MIM) prot. n. 0107190 del 19 dicembre 2022, avente per oggetto “Indicazioni sull’utilizzo dei telefoni cellulari e analoghi dispositivi elettronici in classe”, in considerazione dell’attuale fenomeno della sempre maggiore diffusione dei dispositivi cellulari (smartphone) e di un loro crescente incontrollabile utilizzo nelle classi delle scuole, il Ministro è intervenuto per fornire attraverso una nota ufficiale, indicazioni utili volte a contrastarne utilizzi impropri o comunque non consentiti. La nota può essere letta e scaricata dal link: Nota 19 dicembre 2022, AOOGABMI 107190

Una circolare che ha fatto certamente molto discutere in questi ultimi giorni non foss’altro perché impatta notevolmente sull’abitudine, ormai consolidata, ma non per questo necessariamente accettabile né tollerabile, di utilizzare il cellulare dappertutto e in ogni momento. Tale disposizione normativa trova ampia giustificazione, oltre che sulla base di ovvi e palesi principi di buon andamento della pubblica amministrazione, buona e sana educazione, anche nel fatto che l’uso incontrollato del dispositivo cellulare può essere causa di distrazione per sé e per gli altri, oltre a costituire “una mancanza di rispetto verso la figura del docente, a cui è prioritario restituire autorevolezza” come da dichiarazione del Ministro.

Prima di addentrarci nelle problematiche connesse con i possibili rischi per la salute nell’uomo causati dall’uso degli smartphone o analoghi dispositivi elettronici mobili (device), è opportuno ricostruire i passaggi storico-normativi che, dal 2007 ad oggi, hanno caratterizzato gli interventi del Ministero volti a regolamentare l’uso dei cellulari a scuola, in particolare durante le ore di lezione.

La stessa sopracitata nota richiama, a sua volta, la Circolare Ministeriale 15 marzo 2007, n. 30, con la quale sono state emanate dal Ministero (allora, della Pubblica Istruzione) le “Linee di indirizzo ed indicazioni in materia di utilizzo di telefoni cellulari e di altri dispositivi elettronici durante l’attività didattica, irrogazione di sanzioni disciplinari, dovere di vigilanza e di corresponsabilità dei genitori e dei docenti” come viene riportato nell’oggetto.

La circolare in parola precisava che: «Il divieto di utilizzo del cellulare durante le ore di lezione risponda ad una generale norma di correttezza che, peraltro, trova una sua codificazione formale nei doveri indicati nello Statuto delle studentesse e degli studenti, di cui al D.P.R. 24 giugno 1998, n. 249”; “l’uso del cellulare e di altri dispositivi elettronici rappresenta un elemento di distrazione sia per chi lo usa che per i compagni, oltre che una grave mancanza di rispetto per il docente configurando, pertanto, un’infrazione disciplinare sanzionabile attraverso provvedimenti orientati non solo a prevenire e scoraggiare tali comportamenti ma anche, secondo una logica educativa propria dell’istituzione scolastica, a stimolare nello studente la consapevolezza del disvalore dei medesimi».

Approfondimento Ad onor del vero, il divieto dell’uso del dispositivo mobile in classe o durante le attività didattiche a scuola vigeva già con la cosiddetta “Direttiva Fioroni” n. 104 del 30 novembre 2007, recante “linee di indirizzo e chiarimenti interpretativi ed applicativi in ordine alla normativa vigente posta a tutela della privacy con particolare riferimento all’utilizzo di telefoni cellulari o di altri dispositivi elettronici nelle comunità scolastiche allo scopo di acquisire e/o divulgare immagini, filmati o registrazioni vocali”. Una Direttiva diramata dal Ministero ed inviata a tutte le istituzioni scolastiche, con il parere favorevole del Garante della privacy. La direttiva in parola prevedeva esplicite sanzioni, con multe da 3.000 a 18.000 mila Euro, 18.000 da 5.000 a 30.00 mila Euro nei casi più gravi che possono essere irrogate direttamente dall’Autorità preposta. Maggiori informazioni possono essere reperite al link:  https://archivio.pubblica.istruzione.it/ministro/comunicati/2007/scheda_direttiva_videofonini.shtml

Tale circolare è tuttora vigente e, in via generale, impone un divieto assoluto e cogente, di utilizzo in classe di telefoni cellulari. L’infrazione è sanzionabile attraverso provvedimenti a carattere disciplinare orientati a prevenirne e scoraggiarne l’uso.

Tale interdizione all’uso è derogata solo qualora l’impiego del cellulare o analoghi dispositivi elettronici (vedi tablet, IPad etc.) sia indispensabile e necessario, equiparato a strumento compensativo compatibile con la norma, in conformità al Regolamento d’Istituto e, ovviamente, con l’esplicito consenso e autorizzazione del docente, esclusivamente per finalità educative, didattiche, formative e inclusive.

Alla circolare è annessa la relazione finale dell’indagine conoscitiva della VII Commissione Permanente (Istruzione pubblica, beni culturali) del Senato della Repubblica “sull’impatto del digitale sugli studenti, con particolare riferimento ai processi di apprendimento” (All.1), della XVIII Legislatura, consultabile al link: Indagine conoscitiva (7a Commissione Senato, 9 giugno 2021)

I risultati di detta indagine sono davvero molto interessanti e se ne consiglia pertanto la lettura integrale. Tale rapporto approvato nella seduta del 9 giugno 2021, (frutto del lavoro svolto dalla VII commissione durante ben undici sedute intercorse nel periodo compreso tra il 9 maggio 2019 e il 9 giugno 2021, con il confronto di neuropsichiatri e pedagogisti), evidenzia gli effetti negativi e dannosi derivanti dall’uso prolungato di telefoni cellulari, tra cui vengono elencati: perdita o diminuzione di capacità di concentrazione, di memoria, di spirito critico, di adattabilità, di capacità dialettica, delle facoltà mentali essenziali, che per millenni hanno rappresentato quella che sommariamente chiamiamo oggi “intelligenza” come riporta l’indagine. Oltre a questi, si affiancano i danni fisici: miopia, obesità, ipertensione, disturbi muscolo-scheletrici, diabete e quelli psicologici quali: dipendenza, alienazione, depressione, irascibilità, aggressività, insonnia, insoddisfazione, diminuzione dell’empatia.

La finalità inibitiva della recente nota ministeriale MIM non è certo quella repressiva e punitiva (non sono, infatti, previste nuove o specifiche sanzioni per i trasgressori) ma proattiva, propositiva e protettiva, assicurando così le migliori condizioni, la qualità e la salubrità degli ambienti scolastici dove si svolgono le attività didattiche e, con questa, il sano utilizzo con l’effettiva garanzia del diritto allo studio, in un contesto sicuro, protetto e sereno, nell’ottica del consolidamento di una sempre più sinergica alleanza educativa tra scuola, famiglie, studentesse e studenti.

Sebbene la perdita o la diminuzione di capacità di concentrazione, memoria, spirito critico, adattabilità, dialettica, come sopra citati, siano certamente da monitorare, ben più temute sono le onde a radiofrequenza che, nonostante non siano in grado di indurre direttamente mutazioni, possono provocare il riscaldamento dei tessuti (molli) a diretto contatto con le apparecchiature che le emettono. 

Dai più recenti studi non emerge ancora un quadro chiaro e definito e il mondo scientifico è nettamente diviso. Sebbene le prove attualmente disponibili non siano bastevoli per poter affermare che vi sia un nesso logico-causale diretto, non si può neanche totalmente escludere che l’inquinamento prodotto da onde elettromagnetiche non produca alcun effetto dannoso per la salute nell’uomo, a maggior ragione in ambienti confinati e piccoli come similmente le aule scolastiche, dove possono concentrarsi in 30 metri quadri anche 20/30 smartphone. Altri ricercatori ed esperti, tuttavia, sostengono che nell’aria sono presenti così tante radiazioni che quelle dei cellulari non sarebbero significative riguardo all’insorgenza di tumori. Per maggiori approfondimenti si invita a consultare il link https://www.airc.it/cancro/informazioni-tumori/corretta-informazione/luso-dei-cellulari-puo-causare-un-tumore-al-cervello

Approfondimento  «Già nel 2011 l’IARC – Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro dell’OMS, ha inserito le radiofrequenze – RF nella categoria di «possibili cancerogeni per l’uomo», sulla base delle prove ancora seppur limitate, degli studi epidemiologici condotti dal prof. Lennart Hardell, che hanno dimostrato un maggior rischio di tumori cerebrali negli utilizzatori di telefono cellulare. Secondo lo studio il rischio arriva ad essere a quattro volte superiore se si considera la lateralità dell’uso.» Fonte orizzonte scuola https://www.orizzontescuola.it/smartphone-classe-quali-rischi-la-salute/

Come riporta il dossier del Ministero della Salute “le evidenze scientifiche attualmente disponibili tendono, nel loro complesso, a deporre contro l’ipotesi che l’uso dei telefoni cellulari comporti un incremento del rischio di tumori intracranici. Non sono ancora disponibili, o sono molto limitate, osservazioni a distanza superiore a 15 anni dall’inizio dell’uso e per esposizioni iniziate durate l’infanzia e l’adolescenza. Pertanto, in linea con quanto raccomandato dall’OMS, è opportuno proseguire la sorveglianza epidemiologica dell’andamento dei tumori cerebrali nel tempo e gli studi di coorte prospettici attualmente in corso. Il Ministero della Salute segue con attenzione l’evoluzione delle conoscenze scientifiche, e con questo dossier intende fornire le conoscenze scientifiche più aggiornate sugli eventuali effetti sanitari, dando risposte alle tematiche più frequenti sul rapporto tra telefoni cellulari e salute” Per maggiori approfondimenti si inviata a consultare il link: https://www.salute.gov.it/portale/news/p3_2_3_1_1.jsp?menu=dossier&p=dadossier&id=7

Lo stesso Ministero della Salute allo scopo ha implementato un’apposita piattaforma web sull’uso corretto dei cellulari, raggiungibile al link

https://www.salute.gov.it/portale/cellulari/homeCellulari.jsp  dove è possibile reperire informazioni utili, risorse e materiali aggiuntivi, link di approfondimento, ricerche e documenti scientifici nonché consultare la normativa specifica di settore.

Il Dirigente scolastico, nella sua funzione di “datore di lavoro” (come discende dal D. lgs. 81/2008) è certamente il responsabile della salute e della sicurezza di tutto il personale scolastico a lui sottoposto (educativo, docente, amministrativo, tecnico e ausiliario), studentesse e studenti compresi ed è dunque tenuto a valutarne tutti i rischi nelle strutture che gestisce.

Per questo il suo ruolo sarà indispensabile e decisivo nella gestione corretta dell’istituzione scolastica favorendo l’osservanza di quanto prescritto nella circolare citata (non solo nelle aule scolastiche ma anche nelle sue pertinenze, frequentate dalle alunne e alunni quali: atri, corridoi, palestre, laboratori, mense ecc.) promuovendo, ove occorra, le necessarie integrazioni e modifiche nel Regolamento di Istituto e nei Patti di corresponsabilità.

Il ruolo del Dirigente sarà dunque fondamentale nello stringere e riallacciare con le famiglie nuove forme di alleanza educativa, invitandole ad adoperarsi nel modo che riterranno più adeguato e opportuno, a sensibilizzare le/i proprie/i figlie/i ad un uso corretto e idoneo del dispositivo cellulare, contribuendo in tal modo a ricreare quell’alleanza educativa (a volte persa) in grado di trasmettere sani valori (educativi, etico – sociali) e obiettivi comuni per costruire insieme identità, appartenenza e senso di responsabilità.

Il Dirigente scolastico, dovrà coinvolgere e sensibilizzare il personale docente sulla problematica connessa, garantendo in tal modo il rispetto e il rigore delle norme in vigore, prevenendo un uso distorto anche attraverso la frequenza di incontri informativi e formativi con esperti del settore.

Egli, ad esempio, dovrà diramare un’apposita circolare invitando i docenti a darne attenta lettura, alle studentesse e agli studenti, ragionando con loro sui rischi potenziali connessi alla salute nonché sulle responsabilità civili e penali derivanti dell’uso improprio del dispositivo cellulare (es. registrazione audio, video e foto), secondo una logica educativa per comprenderne il disvalore delle azioni.

Nella circolare non mancherà certamente un esplicito rifermento all’aspetto organizzativo (ricordiamo la responsabilità in organizzando del Dirigente scolastico), invitando tutto il personale docente ed educativo a far rispettare l’anzidetto divieto durante tutto il tempo di permanenza nell’edificio scolastico delle studentesse e degli studenti, suggerendo ai fruitori del servizio scolastico di spegnere preventivamente i dispositivi elettronici personali, una volta varcato l’ingresso, o ancora organizzare sistemi di raccolta dei cellulari (o parti di essi, es. solo la batteria qualora fosse possibile se non del tutto integrato nel dispositivo stesso, per non ledere nessun diritto) in una apposita cassettina predisposta al di fuori dalla classe, come dichiarato dallo stesso Ministro Giuseppe Valditara nel corso di un’intervista andata in onda su Sky nei giorni scorsi: “Abbiamo responsabilizzato le scuole sull’uso del cellulare, sarà alla loro autonomia organizzare sistemi per raccogliere i cellulari in una cassettina fuori dalla classe o suggerire ai ragazzi di spegnerli”.

Come ordinariamente avviene durante lo svolgimento degli Esami di Stato o per l’abilitazione all’esercizio della professione o per l’espletamento delle prove nei Pubblici Concorsi, o ancora durante le verifiche e le prove nazionali Invalsi, tutto il personale docente avrà dunque cura di far depositare in classe, sulla cattedra, precauzionalmente, i dispositivi cellulari personali delle studentesse e degli studenti, sia durante le attività didattiche che laboratoriali.

Bibliografia

  • CIRCOLARE MINISTERIALE del 15 marzo 2007, prot. n. 30/dip./segr “linee di indirizzo ed indicazioni in materia di utilizzo di telefoni cellulari e di altri dispositivi elettronici durante l’attività didattica, irrogazione di sanzioni disciplinari, dovere di vigilanza e di corresponsabilità dei genitori e dei docenti”;
  • DIRETTIVA MPI n. 104 del 30 novembre 2007 recante “linee di indirizzo e chiarimenti interpretativi ed applicativi in ordine alla normativa vigente posta a tutela della privacy con particolare riferimento all’utilizzo di telefoni cellulari o di altri dispositivi elettronici nelle comunità scolastiche allo scopo di acquisire e/o divulgare immagini, filmati o registrazioni vocali”;
  • NOTA MINISTERIALE MIM prot. n. 0107190 del 19 dicembre 2022 “indicazioni sull’utilizzo dei telefoni cellulari e analoghi dispositivi elettronici in classe”;
  • 7ª COMMISSIONE PERMANENTE del Senato della Repubblica “sull’impatto del digitale sugli studenti, con particolare riferimento ai processi di apprendimento” (All.1), XVIII Legislatura;

Sitografia