ABILITATI IN ROMANIA: TAR LAZIO ACCOGLIE RICORSO

ABILITATI IN ROMANIA IL TAR LAZIO ANNULLA IL DECRETO DI ESCLUSIONE DAL CONCORSO RISERVATO DELLA USR SICILIA  E ACCOGLIE IL RICORSO

Di particolare importanza la sentenza del TAR Lazio Roma sez.III bis  n.4646 del 28 aprile 2020 di accoglimento pubblicata oggi, in merito al ricorso patrocinato dall’Avv. Maurizio Danza del Foro di Roma, a favore degli abilitati in Romania.

In particolare il ricorso era stato presentato per l’annullamento previa sospensione dell’efficacia, in tutto o in parte ai sensi dell’art.34 co.1 lett.a del c.p.a.,

1) del decreto collettivo n.26731 del 7 ottobre 2019 dell’Ufficio Scolastico Regionale per la Sicilia ( all.1) di esclusione dei ricorrenti dalle graduatorie per le classi di concorso rispettivamente suindicate, formulate a seguito della partecipazione alle procedure concorsuali riservate di cui al bando di concorso riservato per il personale docente indetto con D.D.G. n. 85 del 01/02/2018, per presunta mancanza del titolo di accesso ;

2) della nota di rigetto del MIUR prot. n. 5636 del 02/04/2019 ( all.2), atto presupposto, espressamente richiamato nel decreto di esclusione collettivo n.26731 del 7 ottobre 2019 della USR Sicilia, nella parte in cui illegittimamente dispone che i titoli denominati secondo cui i titoli denominati “Programului de studi psihopedagogice, Nivel I e Nivel II”, conseguiti dai cittadini italiani in Romania, secondo cui, non soddisfano i requisiti giuridici per il riconoscimento della qualifica professionale di docente ai sensi della Direttiva 2005/36/CE e successive modifiche; ,e pertanto le istanze di riconoscimento presentate sulla base dei titoli sono da considerarsi rigettate” ( all.2 ), in violazione di principi comunitari e giurisprudenziali espressi dalla Corte di Giustizia Europea ;

3) di ogni altro atto presupposto, connesso, e consequenziale al decreto collettivo di esclusione ,

L’Avv. Maurizio Danza aveva infatti chiesto al Collegio il diritto al reinserimento dei ricorrenti nelle rispettive graduatorie regionali di merito di cui all’art.11 del D.D.G. n.85/2018 ( all.3) , per le classi di concorso indicate nel decreto di esclusione della USR Sicilia n.26731 del 7 ottobre 2019 previo annullamento dello stesso ;

Il difensore aveva richiesto altresì la ammissione sui posti del percorso annuale c.d. FIT, dell’Ambito Regionale di cui agli artt. 11 co. 3 e 12 del D.D.G. n.85/2018, anche previo accertamento in via incidentale del diritto alla abilitazione all’insegnamento conseguita in Romania ai sensi del D.Lgs.n.206/2007 attuativo delle Direttive Europee n.36/2005 e n.55/2013,

Il Collegio della terza bis ha motivato così accogliendo il ricorso e  annullando gli atti impugnati  :

Con il ricorso in oggetto parte ricorrente chiedeva l’annullamento degli atti con cui i ricorrenti venivano esclusi dal concorso indetto don d.d.g. n. 85 del 2018 e i provvedimenti collettivi e individuali di diniego del riconoscimento del titolo conseguito in Romania.

Il Consiglio di Stato con varie sentenze ha ritenuto di riconoscere come meritevole di tutela la posizione del ricorrente (si veda tra le altre sentenza n. 2495 del 2020), con argomentazioni che il collegio ritiene di condividere.

Considerato in particolare che, non appare contestato che la parte sia in possesso, per un verso, del titolo di studio della laurea conseguito in Italia e, per un altro verso, dell’abilitazione all’insegnamento conseguita in Romania;

“- il richiesto riconoscimento dell’operatività di quest’ultimo in Italia viene negato dal Ministero sulla scorta della valutazione delle autorità rumene, le quali escludono il riconoscimento delle qualifiche professionali per coloro che non hanno conseguito il titolo di studio in Romania;

– la Sezione si è già espressa sulle medesime questioni in senso favorevole a parte appellante (cfr. Cons. St., Sez. VI, n. 1198/2020) e non sussistono ragioni per discostarsi da tale precedente di cui di seguito si riportano i passaggi motivazionali essenziali;

– invero, l’argomento posto a base del contestato diniego si pone in contrasto con i principi e le norme di origine sovranazionale, i quali impongono di riconoscere in modo automatico i titoli di formazione rilasciati in un altro Stato membro al termine di formazioni in parte concomitanti, a condizione che “la durata complessiva, il livello e la qualità delle formazioni a tempo parziale non siano inferiori a quelli delle formazioni continue a tempo pieno” (cfr. ad es. Cge n. 675 del 2018); pertanto, una volta acquisita la documentazione che attesta il possesso del certificato conseguito in Romania, non può negarsi il riconoscimento dell’operatività in Italia, altro paese Ue, per il mancato riconoscimento del titolo di studio – laurea – conseguito in Italia;

– l’eventuale errore delle autorità rumene sul punto non può costituire ragione e vincolo per la decisione amministrativa italiana; ciò, in particolare, nel caso di specie, laddove il titolo di studio reputato insufficiente dalle Autorità di altro Stato membro è la laurea conseguita presso una università italiana. Piuttosto, le Autorità nazionali sono chiamate a valutare la congruità delle formazioni conseguite all’estero, nei termini chiariti dalla giurisprudenza europea e sopra richiamati.

– in tale ottica, le norme della direttiva 2005/36/CE , relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, devono essere interpretate nel senso che impongono ad uno Stato membro di riconoscere in modo automatico i titoli di formazione previsti da tale direttiva e rilasciati in un altro Stato membro al termine di formazioni in parte concomitanti, a condizione che “la durata complessiva, il livello e la qualità delle formazioni a tempo parziale non siano inferiori a quelli delle formazioni continue a tempo pieno” (cfr. più di recente Corte giustizia UE , sez. III , 06/12/2018 , n. 675);

– per ciò che rileva nel caso di specie, va altresì richiamato l’art. 13 della direttiva 2013/55/Ue, che ha modificato la predetta direttiva 2005/36, rubricato condizioni di riconoscimento: “1. Se, in uno Stato membro ospitante, l’accesso a una professione regolamentata o il suo esercizio sono subordinati al possesso di determinate qualifiche professionali, l’autorità competente di tale Stato membro permette l’accesso alla professione e ne consente l’esercizio, alle stesse condizioni previste per i suoi cittadini, ai richiedenti in possesso dell’attestato di competenza o del titolo di formazione di cui all’articolo 11, prescritto da un altro Stato membro per accedere alla stessa professione ed esercitarla sul suo territorio. Gli attestati di competenza o i titoli di formazione sono rilasciati da un’autorità competente di uno Stato membro, designata nel rispetto delle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative di detto Stato membro”. A propria volta il successivo comma 3 statuisce: “3. Lo Stato membro ospitante accetta il livello attestato ai sensi dell’articolo 11 dallo Stato membro di origine nonché il certificato mediante il quale lo Stato membro di origine attesta che la formazione e l’istruzione regolamentata o la formazione professionale con una struttura particolare di cui all’articolo 11, lettera c), punto ii), è di livello equivalente a quello previsto all’articolo 11, lettera c), punto i).” Pertanto, a fronte della sussistenza in capo a parte appellante sia del titolo di studio richiesto, la laurea conseguita in Italia (ex sé rilevante, senza necessità di mutuo riconoscimento reciproco), sia della qualificazione abilitante all’insegnamento, conseguita presso un paese europeo, non sussistono i presupposti per il contestato diniego. A quest’ultimo proposito, lungi dal poter valorizzare l’erronea interpretazione delle autorità rumene, il Ministero è chiamato unicamente alla valutazione indicata dalla giurisprudenza appena richiamata, cioè alla verifica che, per il rilascio del titolo di formazione ottenuto in un altro Stato membro al termine di formazioni in parte concomitanti, la durata complessiva, il livello e la qualità delle formazioni a tempo parziale non siano inferiori a quelli delle formazioni continue a tempo pieno”.

A ben vedere il Collegio ha accolto le richieste dell’Avv. Maurizio Danza annullando il decreto della USR Sicilia n 26731/2019 ed emanando una sentenza in forma semplificata, previa rinuncia alla cautelare da parte della difesa, attesi i numerosi precedenti del Consiglio di Stato.

Piano Scuola del Comitato nazionale per la Banda Ultralarga

Oltre 400 milioni di euro per potenziare la connettività delle scuole portando negli istituti la banda ultralarga.

Li prevede il Piano Scuola approvato nella riunione odierna del Comitato nazionale per la Banda Ultralarga che si è svolta alla presenza anche della Ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina. L’obiettivo del Piano è garantire rapidamente una connessione veloce (velocità a 1 Gbit con 100 Mbits di banda garantita) all’81,4% dei plessi scolastici, quelli del primo e secondo ciclo, per un totale di 32.213 edifici. Previsti anche voucher per le famiglie: fino a 500 euro, in base all’Isee, per connessioni veloci, pc e tablet.
​​​​​​​”L’approvazione del Piano rappresenta un’importante accelerazione – sottolinea la Ministra Azzolina -.
Abbiamo aumentato gli investimenti previsti portandoli dagli iniziali 200 milioni a oltre 400. Li abbiamo raddoppiati. Con i fondi aggiuntivi delle Regioni e altre economie di spesa puntiamo a raggiungere progressivamente il 100% degli edifici scolastici. Ringrazio il Ministro dello Sviluppo Economico, Stefano Patuanelli, la Sottosegretaria al Mise, Mirella Liuzzi, e la Ministra per l’Innovazione tecnologica e la digitalizzazione, Paola Pisano, per la collaborazione e per aver messo la scuola al centro delle attività del Comitato, recuperando velocemente ritardi che si sono accumulati nel corso degli anni. Ringrazio poi le Regioni che gestiranno queste risorse e lavoreranno con noi per attuare il Piano. Vogliamo digitalizzare la scuola e farlo in fretta”.

I 400.430.897 milioni del Piano Scuola serviranno per coprire i costi strutturali per portare la banda ultralarga nelle istituzioni scolastiche e per coprire i costi di connettività per 5 anni. I voucher per le famiglie saranno, invece, di due tipologie: un contributo massimo da 200 euro per connessioni veloci e un contributo massimo da 500 euro (per Isee, Indicatori della situazione economica equivalente sotto i 20mila euro) per connessioni veloci e per l’acquisto di tablet e pc.

Tavolo permanente di lavoro con Regioni ed Enti Locali

La Ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina e la Vice Ministra Anna Ascani hanno riunito oggi, a distanza, il tavolo permanente di lavoro con le Regioni e gli Enti locali che, spiegano, “nasce dalla volontà e dalla necessità di agire insieme e di farlo rapidamente in vista della ripresa di settembre, ma anche del Piano a cui si sta lavorando per offrire servizi, già nelle prossime settimane, ai bambini e alle loro famiglie. Serve, in questa fase, la massima collaborazione”.

Fra le priorità individuate, la necessità di accelerare ancora la spesa per l’edilizia scolastica, alleggerendo ulteriormente il carico burocratico, in modo da poter subito effettuare i lavori. Il Ministero ha già cominciato a sbloccare fondi e i primi 2.000 cantieri stanno partendo proprio in questi giorni. Al centro dell’incontro anche la richiesta, da parte di Regioni ed Enti Locali, di un Protocollo sanitario comune, che possa consentire di offrire e progettare il più rapidamente possibile servizi e attività per i bambini a supporto delle famiglie e dei genitori che devono riprendere a lavorare. Fra i temi affrontati, le risorse per il sistema paritario, che potrebbero essere inserite nel decreto del governo in preparazione per maggio, quelle per gli Istituti Tecnici Superiori, sbloccate ieri con la firma di un apposito decreto di riparto, la necessità di trovare spazi per garantire, alla ripresa delle lezioni, il giusto distanziamento nelle aule a tutela della salute degli studenti e del personale.

“Il lavoro di questo tavolo – chiudono Azzolina e Ascani – si affiancherà a quello del Comitato di esperti insediato al Ministero che sta ragionando su settembre. Ci riuniremo periodicamente per dare risposte concrete e rapide alle famiglie e al mondo della scuola”.

Convertito in legge il decreto “cura Italia”

Convertito in legge il decreto “cura Italia”: le principali novità per le scuole

Il 30 aprile è entrata in vigore la legge 27/2020 che ha convertito in legge, con modificazioni, il decreto-legge 18/2020. I punti di maggior interesse per la scuola riguardano gli organi collegiali, il lavoro a distanza, i viaggi d’istruzione e la valutazione degli alunni.

Vediamo in sintesi le maggiori novità.

All’articolo 73 del decreto-legge 18 è stato aggiunto, anche su richiesta dell’ANP, il comma 2-bis che estende agli organi collegiali della scuola quanto già previsto per gli Enti Locali: “le sedute degli organi collegiali delle istituzioni scolastiche ed educative di ogni ordine e grado possono svolgersi in videoconferenza”, anche se tale modalità non sia stata prevista in un regolamento.

Il comma 1 dell’articolo 87 conferma che, fino alla cessazione dello stato di emergenza (attualmente fissata al 31 luglio), il lavoro agile è la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa nelle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2 del d.lgs. 165/2001 tra cui sono comprese, come è ben noto, anche le istituzioni scolastiche ed educative. La DAD è una forma di lavoro agile, stante l’impossibilità di svolgere il servizio in presenza. Nello stesso articolo si precisa anche che il periodo trascorso in malattia, quarantena o permanenza domiciliare fiduciaria dovuta al COVID-19 è equiparato al ricovero ospedaliero.

All’articolo 87, è stato aggiunto il comma 3-ter che conferisce validità e capacità di produrre effetti alla valutazione degli apprendimenti, periodica e finale, oggetto dell’attività di didattica a distanza a seguito dell’emergenza epidemiologica. Sul punto si attende l’emanazione delle ordinanze ministeriali previste dall’articolo 1 del decreto-legge 22/2020.

È stato, inoltre, aggiunto un intero articolo, l’88-bis, che disciplina i rimborsi di titoli di viaggio, di soggiorno e di pacchetti turistici. Per i viaggi e le iniziative di  istruzione è stabilito che, se la scuola ha corrisposto un acconto al fornitore del servizio prima dell’esercizio del diritto di recesso, il fornitore stesso è tenuto al rimborso della somma versata (senza voucher) “quando il viaggio o l’iniziativa di istruzione riguarda la scuola dell’infanzia o le classi terminali della scuola primaria e della scuola secondaria di primo e secondo grado” non oltre i sessanta giorni dalla data di effettuazione del viaggio stesso. Per le classi intermedie, entro lo stesso termine, il fornitore può optare per l’emissione di voucher a favore della scuola, di pari importo rispetto all’acconto, da utilizzare entro un anno dall’emissione. A tal fine “sono fatti salvi, con effetto per l’anno scolastico 2020/2021, i rapporti instaurati alla data del 24 febbraio 2020 dagli istituti scolastici committenti con gli organizzatori aggiudicatari” (comma 8), ma la scuola può modificare modalità, classi, alunni, periodi, date, destinazioni. Il comma 12 stabilisce che l’emissione dei voucher “assolve i correlativi obblighi di rimborso e non richiede alcuna forma di accettazione da parte del destinatario”. Su questo specifico aspetto pubblicheremo presto delle FAQ.

Ricordiamo, infine, che la FAQ n. F000218, consultabile nell’Help Desk Amministrativo Contabile del Ministero, ha fornito chiarimenti circa la contabilizzazione dei voucher.

Sospensione dei viaggi d’istruzione: quando le agenzie devono rimborsare le somme

da Il Sole 24 Ore

di Laura Virli

I vari Dpcm, a partire dal 4 marzo 2020, hanno previsto la sospensione dei viaggi di istruzione, e delle iniziative di scambio o gemellaggio, come misure di contenimento dell’emergenza epidemiologica da Covid 19. Il Dl 22 del 8 aprile 2020 ha sospeso i viaggi fino al termine dell’anno scolastico, dunque, fino al 31 agosto 2020 (articolo 2, comma 6).
Ma è probabile che il divieto continuerà ad oltranza, almeno fino a quando non ci saranno per le scolaresche le condizioni per spostarsi, fuori dai confini delle regioni e dell’Italia, senza rischi di contagio.
Ma nel caso in cui le scuole abbiano già versato acconti alle agenzie di viaggi, cosa sta accadendo? Molti dirigenti scolastici hanno rescisso contratti e chiesto il rimborso delle somme versate per i viaggi di istruzione programmati in Italia e all’estero, di fatto, non più attivati in seguito all’emergenza sanitaria da Covid-19 e ormai cancellati.

Voucher al posto delle somme versate
Molte agenzie stanno rispondendo che restituiranno i soldi delle quote anticipate dalle scuole sotto forma di voucher da utilizzare entro un anno dalla sua emissione, di importo pari al rimborso spettante.
L’emissione di voucher discende dall’applicazione dell’arti 28 del Dl 9 del 2 marzo 2020: in caso di recesso, l’agenzia di viaggi può offrire al viaggiatore un pacchetto sostitutivo di qualità equivalente o superiore, può procedere al rimborso, oppure può emettere un voucher, da utilizzare entro un anno dalla sua emissione, di importo pari al rimborso spettante.

Come risolvere tale problematica che espone l’amministrazione scolastica a contenziosi onerosi con i genitori degli alunni per la restituzione delle somme anticipate? Molte famiglie, in un periodo di incertezza economica e lavorativa come questo, non accettano voucher e pretendono le somme versate indietro. L’obbligo di rimborso alle famiglie graverebbe, quindi, sugli istituti, i quali potranno rivalersi sui tour operator con il meccanismo del solve et repete.

La nota Usr Campania 8773 del 22 aprile, anche alla luce dei pareri resi dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Napoli, fornisce alcune indicazioni di procedura ai numerosi presidi che hanno ricevuto risposte di diniego da parte delle agenzie di viaggi riguardo alla restituzione.

No voucher per le classi dell’infanzia, della primaria e per le classi terminali
Il problema più grande riguarda i viaggi delle classi che, in questo anno scolastico, terminano il corso di studi, ossia le terze classi delle scuole secondarie di primo grado o le quinte classi delle scuole secondarie di secondo grado. Queste famiglie, i cui figli il prossimo anno sono iscritti in altro ordine di studi o usciranno dal ciclo secondario di studi, non potranno essere rimborsati attraverso voucher.

La parola “fine” a tale problematica l’ha messa il Dl 18, approvato in Senato il 9 aprile 2020 e, nello specifico, l’articolo 88bis, commi 8, 9, 10,12.
Il decreto prevede che è sempre corrisposto il rimborso con restituzione della somma versata, senza emissione di voucher, quando il viaggio o l’iniziativa di istruzione riguarda la scuola dell’infanzia o le classi terminali della scuola primaria e della scuola secondaria di primo e secondo grado. Questo significa che le agenzie, nel caso delle classi terminali, hanno l’obbligo di provvedere a rimborsare le scuole restituendo le somme versate, e le scuole potranno così finalmente restituire, senza avviare contenziosi, le quote corrisposte alle famiglie.

Nel decreto legge viene anche disposto che sono fatti salvi, con effetto per l’anno scolastico 2020-2021, i rapporti instaurati alla data del 24 febbraio 2020 dagli istituti scolastici committenti con gli organizzatori aggiudicatari. Questo si traduce nel fatto che il prossimo anno l’agenzia di viaggi che era già stata individuata per un determinato “pacchetto” sarà, di nuovo, scelta dalla scuola senza necessità di procedere a nuova gara, anche modificando le classi di studenti, i periodi, le date e le destinazioni.

I sindacati alzano il tiro: servono 12 miliardi e un commissario

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

Per far ripartire in sicurezza il mondo della scuola a settembre servirebbero 12 miliardi. La cifra arriva dai maggiori sindacati Cgil, Cisl, Uil, Snals-Confsal e Gilda che oggi hanno sfoderato le cifre e chiesto un commissario che sul modello “ponte di Genova” guidi il settore in questa difficile fase: servirebbero infatti oltre 3 miliardi e mezzo per sdoppiare le classi dell’infanzia (assumendo 40mila docenti in più) e della primaria (71 mila maestri in più) che al momento contano 21 alunni in media nella prima e 19 nella seconda; due miliardi e mezzo servirebbero invece per lo sdoppiamento delle scuole di secondo grado, ovvero le medie e le superiori. Il tutto per arrivare a classi formate da 10-13 alunni al massimo. Poi bisognerebbe mettere mano alla ristrutturazione delle scuole con una spesa che si aggira intorno ai 6 miliardi. A queste somme vanno poi aggiunte quelle riguardanti le mascherine e tutto il necessario per tornare nelle classi in sicurezza: gel per le mani, disinfettanti, pulizie straordinarie per un totale di oltre 5 milioni al giorno.

L’affondo dei sindacati
I numeri sono scritti nero su bianco in un dossier messo a punto dalla Cisl Scuola, «Ri cominciare». «Nessuno si illuda che si possa far ripartire la scuola mettendo al centro la didattica in presenza senza un investimento straordinario», scandisce Francesco Sinopoli della Flc Cgil, il quale annuncia, a nome di tutti i sindacati, per il 13 maggio, una giornata di assemblee in tutta Italia. «Il ministro Azzolina non ha ancora un piano, non c’è visione», accusa Pino Turi della Uil Scuola. Mentre per Maddalena Gissi (Cisl Scuola), è necessario un commissario che con un patto sindacale forte e azioni supportate economicamente, si occupi di tutto questo piano, disponendo di poteri e risorse.

A settembre record di supplenti
L’incontro con la ministra dell’Istruzione sul tema è fissato per giovedì. «Al contrario delle aziende in questo periodo nella scuola non abbiamo fatto nessun passo per prepararci non dico alla ripresa a settembre ma neppure per la maturità», lamenta Rino Di Meglio che guida la Gilda. E per Elvira Serafini dello Snals-Confsal «a settembre avremo una scuola in tilt, non ci saranno i docenti in cattedra». L’altro grande motivo di rimostranza dei sindacati è infatti il concorso straordinario: avrebbero voluto un concorso per titoli, riservato a chi insegna da almeno tre anni, ma la titolare del ministero di viale Trastevere ha pubblicato il bando e conta di poter svolgere le prove durante l’estate. «Avremo la cifra record di 200 mila precari a settembre», dicono i sindacalisti.

Privacy, Faq del Garante per la scuola ai tempi del Covid-19

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

1) Le scuole sono tenute ad acquisire il consenso di alunni, genitori e insegnanti per attivare la didattica a distanza?
No. Gli istituti scolastici possono trattare i dati, anche relativi a categorie particolari(1) di insegnanti, alunni (anche minorenni), e genitori nell’ambito delle proprie finalità istituzionali e non devono chiedere agli interessati di prestare il consenso al trattamento dei propri dati, neanche in relazione alla didattica a distanza, attivata a seguito della sospensione delle attività formative delle scuole di ogni ordine e grado. Peraltro, il consenso di regola non costituisce una base giuridica idonea per il trattamento dei dati in ambito pubblico e nel contesto del rapporto di lavoro.

2) Gli Istituti scolastici devono informare gli interessati in merito ai trattamenti dei dati personali effettuati nelle attività di didattica a distanza?
Sì. Gli istituti scolastici sono tenuti ad assicurare la trasparenza del trattamento informando, con un linguaggio facilmente comprensibile anche dai minori, gli interessati (alunni, studenti, genitori e docenti) in merito, in particolare, ai tipi di dati e alle modalità di trattamento degli stessi, ai tempi di conservazione e alle altre operazioni di trattamento, specificando che le finalità perseguite sono limitate esclusivamente all’erogazione della didattica a distanza, sulla base dei medesimi presupposti e con garanzie analoghe a quelli della didattica tradizionale.

3) La scuola può comunicare alle famiglie degli alunni l’identità dei parenti di studenti risultati positivi al Covid-19?
Spetta alle autorità sanitarie competenti informare i contatti stretti del contagiato, al fine di attivare le previste misure di profilassi. L’istituto scolastico è tenuto a fornire alle istituzioni competenti, le informazioni necessarie, affinché le stesse possano ricostruire la filiera dei contatti del contagiato, nonché, sotto altro profilo, ad attivare le misure di sanificazione recentemente disposte.

4) Le scuole possono svolgere riunioni dei docenti in video conferenza?
Per effetto della sospensione dell’attività didattica e delle riunioni degli organi collegiali in presenza, sono state attivate modalità di didattica a distanza e il ricorso al lavoro agile con riguardo ai servizi amministrativi. Per le medesime ragioni legate all’emergenza, anche alla luce delle indicazioni del Ministro per la pubblica amministrazione e del Ministero dell’Istruzione, ogni forma di riunione nell’ambito delle attività indifferibili deve essere svolta con modalità telematiche.

Il Garante, inoltre, ha già fornito alcune indicazioni alle scuole per orientare scelte consapevoli riguardo alle piattaforme da impiegare, sulla base delle garanzie offerte dai fornitori, in considerazione degli specifici rischi anche per i dati personali dei docenti.

Maturità, per il 60% degli studenti la didattica a distanza peggiora l’apprendimento

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

I maturandi sembrano essere la fascia di studenti più preoccupati per la situazione attuale e per il loro futuro. Quasi il 60%, infatti, pensa che la didattica a distanza abbia peggiorato la qualità dell’apprendimento, mentre il 75% dichiara di ricevere una mole di lavoro individuale maggiore ed è convinto che il programma non verrà completato. Inoltre, 1 maturando su 2 è preoccupato del fatto che tutto questo possa notevolmente influenzare il risultato finale dell’esame. E’ quanto emerge da un sondaggio Terre des Hommes e ScuolaZoo.

Inoltre, sebbene il 97,8% degli studenti abbia seguito le lezioni online, solo il 10% crede che questo abbia migliorato la qualità dell’apprendimento mentre per il 42,4% è peggiorata. È l’altro dato che emerge dalla fotografia scattata attraverso i risultati dell’indagine online “La
scuola digitale per la Generazione Z”, a cui hanno partecipato e risposto 5.000 studenti delle scuole secondarie italiane per raccontare l’impatto che l’emergenza Covid-19 sta avendo sugli studenti e quali scenari futuri si aspettano i ragazzi.

«Il benessere dei bambini e dei ragazzi è la ragione d’essere di Terre des Hommes e in un momento così difficile siamo più che mai interessati a conoscere la loro opinione. Per questo motivo abbiamo deciso di unire le forze con ScuolaZoo e ascoltare dalla voce dei ragazzi come stanno vivendo questo periodo e come si aspettano il futuro – dice Federica Giannotta, responsabile Advocacy e Progetti Italia di Terre des Hommes – Tramite l’Osservatorio e il nostro progetto Network Indifesa vogliamo portare la loro voce direttamente presso le istituzioni che si debbono occupare del loro benessere. Preoccupa infatti il loro stato d’animo a due mesi di lockdown, ma soprattutto l’insoddisfazione generale per la didattica a distanza, e la preoccupazione per il rendimento scolastico futuro. Sicuramente sono aree su cui le istituzioni dovranno lavorare nei prossimi mesi, se non vogliamo abbassare ulteriormente le performance degli studenti italiani e il numero di ragazzi che completano il
ciclo superiore di studi».

ATA 24 mesi, domande su Istanze on line dalle 8 di oggi 5 maggio. Come si accede, requisiti necessari

da Orizzontescuola

di redazione

ATA 24 mesi: dopo la pubblicazione dei bandi, si apre oggi la finestra temporale per la presentazione delle domande su Istanze online.

Come si accede

Le domande di ammissione potranno essere presentate unicamente, a pena di esclusione, in modalità telematica attraverso il servizio “Istanze on Line (POLIS)”.

Istanze online si trova sull’home page del sito internet del Ministero (www.miur.gov.it), sezione “Servizi” o, in alternativa, tramite il seguente percorso “Argomenti e Servizi > Servizi online > lettera I > Istanze on line”

Scadenza 3 giugno

Le domande potranno essere presentate dalle ore 8,00 del giorno 5 maggio 2020 fino alle ore 23,59 del giorno 3 giugno 2020.

Si accede con username e password o SPID

I candidati, per poter accedere al servizio “Istanze on line (POLIS)”, devono essere in possesso di un’utenza valida per l’accesso ai servizi presenti nell’area riservata del Ministero dell’istruzione con l’abilitazione specifica al servizio “Istanze on Line (POLIS)”, o, in alternativa, delle credenziali SPID.

I bandi

Requisiti di accesso alla graduatoria 24 mesi ATA

Per essere ammessi alle suddette graduatorie permanenti, i candidati devono essere in possesso dei seguenti requisiti:
a) essere in servizio in qualità di personale ATA a tempo determinato nella scuola statale nella medesima provincia e nel medesimo profilo professionale, cui si concorre;
b) il personale che, eventualmente, non sia in servizio all’atto della domanda nella medesima provincia e nel medesimo profilo professionale, cui concorre, non perde la qualifica di “personale ATA a tempo determinato della scuola statale”, come sopra precisato, se inserito nella graduatoria provinciale ad esaurimento della medesima provincia e del medesimo profilo (per il profilo di CS) e negli elenchi provinciali per le supplenze (per i profili di AA – AT – CR – CO – GA – IF);

c) il personale che non si trovi nelle condizioni di cui alla precedente lettera a) né nelle condizioni di cui alla precedente lettera b) conserva, ai fini del presente bando, la qualifica di “personale ATA a tempo determinato della scuola statale” se inserito nella terza fascia delle graduatorie di circolo o di istituto per il conferimento delle supplenze temporanee della medesima provincia e del medesimo profilo cui si concorre (AA – AT – CR – CO – GA – IF – CS);

Naturalmente requisito fondamentale per l’inclusione nelle graduatorie permanenti del personale ATA è un’anzianità di servizio di almeno due anni. Ovvero 23 mesi e 16 giorni, anche non continuativi (le frazioni di mese vengono tutte sommate e si computano in ragione di un mese ogni trenta giorni e l’eventuale residua frazione superiore a 15 giorni si considera come mese intero) Prestato in posti corrispondenti al profilo professionale cui si richiede l’accesso  e/o in posti corrispondenti a profili professionali dell’area del personale ATA statale della scuola immediatamente superiore a quella del profilo cui si concorre.

Cosa s’intende per “profili dell’area immediatamente superiore”?

Significa che: un Assistente Amministrativo o Assistente Tecnico o Cuoco o Infermiere o Guardarobiere, oltre a includersi al profilo professionale cui concorre, può inserirsi anche come Addetto alle Aziende Agrarie o Collaboratore Scolastico, perché profili immediatamente inferiori.

Maturità 2020, per il V anno 22 o 23 crediti sui 60 a disposizione. Ordinanza attesa questa settimana

da Orizzontescuola

di redazione

E mentre continua a far discutere la paventata scelta di far svolgere l’esame in presenza,  con Dirigenti Scolasticisindacatidocenti e genitori preoccupati, si lavora alle questioni tecniche.

Il Ministro ha già anticipato durante una conversazione su Skuola.net che il colloquio varrà 40 punti, contro i 60 dei crediti attribuili al percorso scolastico. Si invertono i punteggi rispetto alla normativa dello scorso anno.

Riconversione crediti

Di conseguenza, i crediti già attribuiti per III e IV anno andranno riconvertiti.

Il peso maggiore naturalmente sarà dato dal V anno, per il quale – secondo l’anticipazione che riesce a darne il Corriere – potrebbe valere 22 o 23 punti.

Le due ipotesi sarebbero

  • 18 – 19 – 23
  • 18 – 20 – 22

Inutile dire che questa modifica, decisa a posteriori, potrebbe incidere sul voto finale.

Infanzia e primaria, De Cristofaro: non possono proseguire a distanza, soluzioni per rientro a scuola a settembre

da Orizzontescuola

di redazione

Dibattuto il rientro a scuola degli alunni più piccoli dopo l’emergenza sanitaria Covid 19: al centro il problema del distanziamento sociale. Sul tema interviene anche il sottosegretario all’istruzione Peppe De Cristofaro.

Questa mattina ho ribadito l’assoluto impegno mio e di tutto il Ministero per la riapertura delle scuole a settembre in classe soprattutto a partire dalle fasce dei più piccoli. Scuola dell’infanzia e primaria non possono più proseguire a distanza. Non sottovaluto l’estrema complessità del problema della riapertura in sicurezza. Però bisogna trovare le soluzioni, perché il rischio che l’abbandono, la dispersione e la povertà educativa aumentino esponenzialmente è dietro l’angolo. Ma riaprire le scuole non basta“, scrive su Facebook De Cristofaro.

Secondo il sottosegretario è necessario “fare un vero e proprio salto di qualità e quantità: più investimenti, più risorse, più scuole e aule attrezzate, più docenti, più personale. Un solo meno… meno studenti per classe“. Sull’aumento del personale e la riduzione delle classi si è espresso questa mattina, in una nostra intervista, il presidente nazionale Anief, Marcello Pacifico: “Il governo ha 4 mesi di tempo per ridefinire gli organici in base ai metri quadri di ampiezza delle aule, garantendo il metro di distanziamento e portando le classi a 12-15 alunni. Bisognerà rivedere il rapporto alunni-docenti e alunni-ATA, con un piano straordinario di 200mila nuove assunzioni“.

La viceministra Anna Ascani, per il rientro in sicurezza degli studenti più piccoli guarda alla Montessori con piccoli gruppi di alunni e superando il “programma”.

La Ministra Azzolina, nel corso di una diretta televisiva, ha rassicurato che a settembre torneranno a scuola anche gli alunni delle elementari: “Per quanto riguarda i bambini delle elementari, devono tornare a scuola a settembre. Se con le mascherine o meno non so dare una risposta. Dobbiamo capire quali distanze dovranno mantenere“.

Tutti gli alunni in classe a settembre? I costi sarebbero proibitivi: ecco perché Azzolina parla di didattica “mista”

da La Tecnica della Scuola

Scuola dell’infanzia e primaria non possono più proseguire a distanza”: a settembre, a differenza della scuola secondaria, che potrebbe riprendere con la modalità didattica “mista”, tornare tutti in classe per partecipare alle tradizionali lezioni in presenza. A dichiarare l’impegno del Governo è stato il sottosegretario all’istruzione Peppe De Cristofaro parlando il 4 maggio ad Agorà.

Una decina di alunni a classe da sistemare altrove

Ma cosa comporta l’impegno che si è imposto l’esecutivo M5S-Pd-LeU? Un obiettivo davvero esoso, che prevede il finanziamento di diversi miliardi.

Perché c’è da “sistemare”, con una didattica in presenza parallela, il sovrappiù di alunni in ogni classe per via del rispetto dei limiti minimi di prevenzione del contagio da Coronavirus non compatibile con lo spazio limitato delle aule: in media, si tratta di una decina di allievi che andrebbero a determinare un nuovo gruppo-classe.

Il problema è capire prima di tutto dove verrebbero collocati. Quasi sempre, infatti, le scuole non hanno a disposizione locali aggiuntivi. E spesso le istituzioni locali (municipi, assessorati, case comunali, ecc.) non possono mettere a disposizione i propri.

Quanti alunni e classi coinvolte

Inoltre, c’è un’altra necessità inderogabile su cui ragionare da subito: lo sdoppiamento inevitabile delle classi necessiterà di un incremento sensibile dell’organico dei docenti. Il problema è stato sollevato anche dai sindacati, che per il primo ciclo hanno quantificato la spesa per l’incremento dei maestri pari a non meno 3 miliardi e mezzo.

Parliamo di circa 170 mila attuali classi: 128 mila della primaria e 42 mila della scuola dell’infanzia. Classi frequentate da 900 mila alunni nella scuola dell’infanzia e di ben 2 milioni e 400 mila alla primaria.

Considerando le scuole paritarie e comunali – collocati in quasi 9 mila istituti della scuola dell’infanzia e circa 1.300 della primaria – si arriva quasi a 4 milioni di alunni.

I costi dell’impresa

Sono numeri importanti, che in caso di sdoppiamento rischiano quasi di raddoppiare. Ma quanto costerebbe questa operazione? Tantissimo.

Ammettendo che si sdoppino “solo” 100 mila classi su 170 mila, l’incremento scolastico sarebbe di almeno 5 miliardi: una cifra che si raggiungerebbe partendo da una stima che una classe costa non meno di 50 mila euro l’anno, anche di più si considerano le spese di gestione e per gli Ata.

Se poi si dovessero modificare le strutture scolastiche (oppure se ne dovessero riadattare altri), la spesa diventerebbe molto più alta. I sindacati, in conferenza stampa, hanno messo in conto una spesa ulteriore di 6 miliardi.

Servirebbe mezza Legge di Stabilità

Tenendoci stretti, dunque servirebbero almeno una decina di miliardi. Solo per mantenere in presenza tutte le scuole dell’infanzia e primaria.

Praticamente mezza Legge di Stabilità, con cui si prendono i provvedimenti che compongono la manovra di fine anno: una cifra quasi pari ai soldi che ogni anno si spendono per tenere in piedi reddito di cittadinanza e Quota 100.

Ma dove si trovano i soldi?

Ora, il Governo ha intenzione veramente di impegnarsi a questo livello per garantire ai nostri alunni più piccoli di andare a scuola e non attuare la didattica “mista” scuola-casa?

Forse, facendo queste considerazioni le parole della ministra dell’istruzione Lucia Azzolina di sabato scorso – sulla necessità di ritornare a settembre con metà delle classi in presenza, mentre gli altri alunni starebbero a casa a svolgere didattica a distanza, con scambio di “sede” nei tre giorni successivi – verrebbero lette diversamente.

ITS, Azzolina firma il decreto: assegnate risorse per oltre 33 milioni di euro

da La Tecnica della Scuola

La Ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina ha firmato il decreto che assegna le risorse del Fondo per l’Istruzione Tecnica Superiore: vengono stanziati oltre 33 milioni di euro per gli ITS (Istituti Tecnici Superiori), un modello formativo che continua a convincere gli studenti e a offrire risultati molto incoraggianti in termini occupazionali.

Secondo il monitoraggio nazionale 2020, realizzato su incarico del Ministero dell’Istruzione dall’Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa (INDIRE), l’83% dei diplomati ITS trova lavoro a un anno dal diploma e il 92,4% di questi riesce a impiegarsi in un’area coerente con il proprio percorso di studi. Il 79,3% si ritiene soddisfatto della propria scelta e il 93,5% ha apprezzato i propri docenti.

I finanziamenti previsti dal decreto firmato oggi dalla Ministra ammontano a 33.355.436 euro che saranno erogati alle Regioni attraverso le quali verranno distribuiti agli Istituti Tecnici Superiori per l’organizzazione della loro offerta formativa. Ai 33 milioni andrà ad aggiungersi, poi, la quota di co-finanziamento a carico delle Regioni, pari almeno al 30% delle risorse nazionali. Il decreto indica, oltre ai fondi, anche gli indirizzi di programmazione nazionale cui faranno riferimento gli ITS per l’adozione dei propri piani territoriali dell’offerta formativa.

Creare profili tecnici altamente specializzati e spendibili nel mondo del lavoro, supportare i percorsi legati ai processi di innovazione tecnologica, potenziare le iniziative di orientamento, garantire standard di formazione di livello internazionale sempre più alti: sono alcuni degli obiettivi individuati.

Il monitoraggio ITS 2020

Secondo la rilevazione INDIRE gli ITS, a dieci anni dalla loro istituzione, si confermano una scelta formativa in grado di far fronte alla domanda di nuove professionalità e competenze che proviene dal mondo del lavoro e capace di operare in sinergia con i sistemi produttivi territoriali. Il tasso di occupati a 12 mesi dal diploma (83% dei diplomati 2018) registra la percentuale più alta dal 2015 a oggi.

Per quanto riguarda le aree tecnologiche, il miglior esito occupazionale è dato dalle Tecnologie innovative per i beni e le attività culturali – Turismo (86,4%). Ottimi risultati anche per le aree Mobilità sostenibile (83,6%) e Nuove tecnologie per il Made in Italy (83,4%). Tra gli ambiti del Made in Italy, la maggiore efficacia in termini di inserimento lavorativo va riconosciuta al Sistema meccanica (92,1%).

Tipologie di contratto

Il 40,8% degli occupati lavora con un contratto a tempo determinato o lavoro autonomo in regime agevolato, il 31,7% è stato assunto con contratto a tempo indeterminato o lavoro autonomo in regime ordinario e il 27,5% degli occupati con contratto di apprendistato.

Gli iscritti

Il 44,3% degli iscritti ha un’età compresa tra i 20 e 24 anni, il 36,1% ha 18-19 anni. Prevale la presenza maschile (72,1%). Il 62,3% possiede un diploma di istruzione secondaria di secondo grado a indirizzo tecnico. Dai Licei proviene il 20,7% degli studenti. Tra le studentesse, la percentuale più elevata è in possesso di un diploma liceale (28,0%) e della laurea (11,4%).

Gli ITS e le imprese

Il 43,1% dei partner soci delle 84 Fondazioni ITS con percorsi monitorati è costituito da imprese e associazioni di imprese. Le imprese coinvolte nelle attività di stage sono state il 90,6% su un totale di 3.672 sedi di stage.

La campagna informativa

Il Ministero intende informare sempre di più sulle opportunità offerte dagli ITS. Per questo è stata lanciata una campagna nazionale con una fitta programmazione televisiva e radiofonica. La campagna proseguirà anche sui social e si svilupperà fino alla fine di giugno. Prevista una playlist, guidata da un esperto youtuber, per consentire ai ragazzi interessati l’esplorazione delle diverse aree tecnologiche.

È stato poi messo a punto il sito https://sistemaits.it/, progettato per far conoscere tutto il potenziale degli ITS, per raccontare come funzionano questi Istituti, i casi di successo e le buone pratiche. Chi esce dagli ITS acquisisce un’alta specializzazione tecnologica che consente di inserirsi nei settori strategici del sistema economico-produttivo del Paese e di dare un contributo all’innovazione e al trasferimento tecnologico alle imprese, specie quelle di piccole e medie dimensioni. Tutto questo si ottiene grazie a una didattica flessibile basata sull’esperienza diretta in azienda, dove l’apprendimento prepara alla realtà lavorativa di tutti i giorni.

Il sito https://sistemaits.it/ racconta il mondo degli Istituti Tecnici Superiori  attraverso sei temi, seguendo le sei aree tecnologiche dei corsi: IT’S GREEN per l’Efficienza energetica, IT’S MOTION per la Mobilità sostenibile, IT’S TECH per le Nuove tecnologie per la vita, IT’S ITALY per le Nuove tecnologie del Made in Italy (Sistemi agroalimentare, casa, servizi alle imprese, meccanica, moda), IT’S CULTURE per le Tecnologie innovative per i beni e le attività culturali-Turismo e IT’S IT per le Tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Sul sito sono disponibili materiali informativi per studentesse e studenti, per le scuole e per le aziende, giochi interattivi per scoprire il mondo ITS e le richieste del mondo del lavoro.

Privacy a scuola, le FAQ del Garante sul trattamento dei dati in periodo di emergenza

da La Tecnica della Scuola

Il trattamento dei dati da parte dei datori di lavoro e delle scuole è da sempre un ambito di non facile gestione e in un momento complesso come quello che stiamo vivendo lo è ancora di più.

Per questa ragione, il Garante per la protezione dei dati personali è intervenuto con apposite FAQ, per rispondere ad alcuni dubbi frequenti.

1) Le scuole sono tenute ad acquisire il consenso di alunni, genitori e insegnanti per attivare la didattica a distanza?

No. Gli istituti scolastici possono trattare i dati, anche relativi a categorie particolari di insegnanti, alunni (anche minorenni), e genitori nell’ambito delle proprie finalità istituzionali e non devono chiedere agli interessati di prestare il consenso al trattamento dei propri dati, neanche in relazione alla didattica a distanza, attivata a seguito della sospensione delle attività formative delle scuole di ogni ordine e grado. Peraltro, il consenso di regola non costituisce una base giuridica idonea per il trattamento dei dati in ambito pubblico e nel contesto del rapporto di lavoro.

N.B. per categorie particolari si intendono i dati che rivelino l’origine razziale o etnica, le opinioni politiche, le convinzioni religiose o filosofiche, l’appartenenza sindacale, nonché dati genetici, biometrici, relativi alla salute o alla vita sessuale o all’orientamento sessuale.

2) Gli Istituti scolastici devono informare gli interessati in merito ai trattamenti dei dati personali effettuati nelle attività di didattica a distanza?

Sì. Gli istituti scolastici sono tenuti ad assicurare la trasparenza del trattamento informando, con un linguaggio facilmente comprensibile anche dai minori, gli interessati (alunni, studenti, genitori e docenti) in merito, in particolare, ai tipi di dati e alle modalità di trattamento degli stessi, ai tempi di conservazione e alle altre operazioni di trattamento, specificando che le finalità perseguite sono limitate esclusivamente all’erogazione della didattica a distanza, sulla base dei medesimi presupposti e con garanzie analoghe a quelli della didattica tradizionale.

3) La scuola può comunicare alle famiglie degli alunni l’identità dei parenti di studenti risultati positivi al COVID 19?

Spetta alle autorità sanitarie competenti informare i contatti stretti del contagiato, al fine di attivare le previste misure di profilassi. L’istituto scolastico è tenuto a fornire alle istituzioni competenti, le informazioni necessarie, affinché le stesse possano ricostruire la filiera dei contatti del contagiato, nonché, sotto altro profilo, ad attivare le misure di sanificazione recentemente disposte.

4) Le scuole possono svolgere riunioni dei docenti in video conferenza?

Per effetto della sospensione dell’attività didattica e delle riunioni degli organi collegiali in presenza, sono state attivate modalità di didattica a distanza e il ricorso al lavoro agile con riguardo ai servizi amministrativi. Per le medesime ragioni legate all’emergenza, anche alla luce delle indicazioni del Ministro per la pubblica amministrazione e del Ministero dell’Istruzione, ogni forma di riunione nell’ambito delle attività indifferibili deve essere svolta con modalità telematiche.

Il Garante ha già fornito in proposito alcune indicazioni alle scuole per orientare scelte consapevoli riguardo alle piattaforme da impiegare, sulla base delle garanzie offerte dai fornitori, in considerazione degli specifici rischi anche per i dati personali dei docenti.

Trattamento dei dati nel contesto lavorativo

Oltre che sull’ambito scolastico, il Garante si è espresso anche in merito al trattamento dei dati in contesto lavorativo, publico e privato.

Segnaliamo in particolare le seguenti FAQ:

1) Il datore di lavoro può rilevare la temperatura corporea del personale dipendente o di utenti, fornitori, visitatori e clienti all’ingresso della propria sede?

Nell’attuale situazione legata all’emergenza epidemiologica, si sono susseguiti, in tempi assai ravvicinati, in ragione dell’aggravarsi dello scenario nel contesto nazionale, numerosi interventi normativi e  conseguenti atti di indirizzo emanati dalle istituzioni competenti che, al fine di individuare misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica, hanno stabilito che, i datori di lavoro, le cui attività non sono sospese, sono tenuti a osservare le misure per il contenimento e la gestione dell’emergenza epidemiologica contenute nel Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro tra Governo e parti sociali del 14 marzo 2020.

In particolare, il citato Protocollo prevede la rilevazione della temperatura corporea del personale dipendente per l’accesso ai locali e alle sedi aziendali, tra le misure per il contrasto alla diffusione del virus che trovano applicazione anche nei confronti di utenti, visitatori e clienti nonché dei fornitori, ove per questi ultimi non sia stata predisposta una modalità di accesso separata (cfr. Protocollo par. 2 e 3 e nota n. 1).

Analoghi protocolli di sicurezza, con riguardo alle attività pubbliche non differibili o ai servizi pubblici essenziali, sono stati stipulati dal Ministro per la pubblica amministrazione con le sigle sindacali maggiormente rappresentative nella pubblica amministrazione (come il Protocollo di accordo per la prevenzione e la sicurezza dei dipendenti pubblici in ordine all’emergenza sanitaria da “Covid-19” del 3 e 8 aprile 2020) in quanto le misure per la sicurezza del settore privato sono state ritenute coerenti con le indicazioni già fornite dallo stesso Ministro con la direttiva n. 2/2020 e con la Circolare n. 2/2020.

In ragione del fatto che la rilevazione in tempo reale della temperatura corporea, quando è associata all’identità dell’interessato, costituisce un trattamento di dati personali (art. 4, par. 1, 2) del Regolamento (UE) 2016/679), non è ammessa la registrazione del dato relativo alla temperatura corporea rilevata, bensì, nel rispetto del principio di “minimizzazione” (art. 5, par.1, lett. c) del Regolamento cit.), è consentita la registrazione della sola circostanza del superamento della soglia stabilita dalla legge e comunque quando sia necessario documentare le ragioni che hanno impedito l’accesso al luogo di lavoro.

Diversamente nel caso in cui la temperatura corporea venga rilevata a clienti (ad esempio, nell’ambito della grande distribuzione) o visitatori occasionali anche qualora la temperatura risulti superiore alla soglia indicata nelle disposizioni emergenziali non è, di regola, necessario registrare il dato relativo al motivo del diniego di accesso.

2) L’amministrazione o l’impresa possono richiedere ai propri dipendenti di rendere informazioni, anche mediante un’autodichiarazione, in merito all’eventuale esposizione al contagio da COVID 19 quale condizione per l’accesso alla sede di lavoro?

In base alla disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro il dipendente ha uno specifico obbligo di segnalare al datore di lavoro qualsiasi situazione di pericolo per la salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro (art. 20 del d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81). Al riguardo la direttiva n.1/2020 del Ministro per la pubblica amministrazione ha specificato che in base a tale obbligo il dipendente pubblico e chi opera a vario titolo presso la P.A. deve segnalare all’amministrazione di provenire (o aver avuto contatti con chi proviene) da un’area a rischio. In tale quadro il datore di lavoro può invitare i propri dipendenti a fare, ove necessario, tali comunicazioni anche mediante canali dedicati.

Tra le misure di prevenzione e contenimento del contagio che i datori di lavoro devono adottare in base al quadro normativo vigente, vi è la preclusione dell’accesso alla sede di lavoro a chi, negli ultimi 14 giorni, abbia avuto contatti con soggetti risultati positivi al COVID-19 o provenga da zone a rischio secondo le indicazioni dell’OMS. A tal fine, anche alla luce delle successive disposizioni emanate nell’ambito del contenimento del contagio (v. Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro sottoscritto il 14 marzo 2020 fra il Governo e le parti sociali), è possibile richiedere una dichiarazione che attesti tali circostanze anche a terzi (es. visitatori e utenti).

In ogni caso dovranno essere raccolti solo i dati necessari, adeguati e pertinenti rispetto alla prevenzione del contagio da Covid-19, e astenersi dal richiedere informazioni aggiuntive in merito alla persona risultata positiva, alle specifiche località visitate o altri dettagli relativi alla sfera privata.

3) È possibile pubblicare sul sito istituzionale i contatti dei funzionari competenti per consentire al pubblico di prenotare servizi, prestazioni o appuntamenti presso le amministrazioni nella attuale emergenza epidemiologica?

Le disposizioni normative per il contenimento e la gestione dell’emergenza epidemiologica e le indicazioni operative fornite dalle istituzioni competenti impongono di limitare la presenza del personale negli uffici mediante, prevalentemente, il ricorso al lavoro agile. Con riguardo ai compiti che richiedono la necessaria presenza sul luogo di lavoro, è previsto che le amministrazioni svolgano le attività strettamente funzionali alla gestione dell’emergenza e quelle “indifferibili”, anche con riguardo “all’utenza esterna”. Pertanto, le attività di ricevimento o di erogazione diretta dei servizi al pubblico devono essere garantite con modalità telematica o comunque con modalità tali da escludere o limitare la presenza fisica negli uffici (ad es. appuntamento telefonico o assistenza virtuale), ovvero, predisponendo accessi scaglionati, anche mediante prenotazioni di appuntamenti.

Nel rispetto dei principi di protezione dei dati (art. 5 Regolamento UE 2016/679) la finalità di fornire agli utenti recapiti utili a cui rivolgersi per assistenza o per essere ricevuti presso gli uffici, può essere utilmente perseguita pubblicando i soli recapiti delle unità organizzative competenti (numero di telefono e indirizzo PEC) e non quelli dei singoli funzionari preposti agli uffici. Ciò, anche in conformità agli obblighi di pubblicazione concernenti l’organizzazione delle pubbliche amministrazioni.

4) Quali trattamenti di dati personali sul luogo di lavoro coinvolgono il medico competente?

In capo al medico competente permane, anche nell’emergenza, il divieto di informare il datore di lavoro circa le specifiche patologie occorse ai lavoratori.

Nel contesto dell’emergenza gli adempimenti connessi alla sorveglianza sanitaria sui lavoratori da parte del medico competente, tra cui rientra anche la possibilità di sottoporre i lavoratori a visite straordinarie, tenuto conto della maggiore esposizione al rischio di contagio degli stessi, si configurano come vera e propria misura di prevenzione di carattere generale, e devono essere effettuati nel rispetto dei principi di protezione dei dati personali e rispettando le misure igieniche contenute nelle indicazioni del Ministero della Salute (cfr. anche Protocollo condiviso del 14 marzo 2020).

Nell’ambito dell’emergenza, il medico competente collabora con il datore di lavoro e le RLS/RLST al fine di proporre tutte le misure di regolamentazione legate al Covid-19 e, nello svolgimento dei propri compiti di sorveglianza sanitaria, segnala al datore di lavoro “situazioni di particolare fragilità e patologie attuali o pregresse dei dipendenti” (cfr. paragrafo 12 del predetto Protocollo).

Ciò significa che, nel rispetto di quanto previsto dalle disposizioni di settore in materia di sorveglianza sanitaria e da quelle di protezione dei dati personali, il medico competente provvede a segnalare al datore di lavoro quei casi specifici in cui reputi che la particolare condizione di fragilità connessa anche allo stato di salute del dipendente ne suggerisca l’impiego in ambiti meno esposti al rischio di infezione. A tal fine, non è invece necessario comunicare al datore di lavoro la specifica patologia eventualmente sofferta dal lavoratore.

In tale quadro il datore di lavoro può trattare, nel rispetto dei principi di protezione dei dati (v. art. 5 Regolamento UE 2016/679), i dati personali dei dipendenti solo se sia normativamente previsto o disposto dagli organi competenti ovvero su specifica segnalazione del medico competente, nello svolgimento dei propri compiti di sorveglianza sanitaria.

5) Il datore di lavoro può comunicare al Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza l’identità dei dipendenti contagiati?

I datori di lavoro, nell’ambito dell’adozione delle misure di protezione e dei propri doveri in materia di sicurezza dei luoghi di lavoro, non possono comunicare il nome del dipendente o dei dipendenti che hanno contratto il virus a meno che il diritto nazionale lo consenta.

In base al quadro normativo nazionale il datore di lavoro deve comunicare i nominativi del personale contagiato alle autorità sanitarie competenti e collaborare con esse per l’individuazione dei “contatti stretti” al fine di consentire la tempestiva attivazione delle misure di profilassi.

Tale obbligo di comunicazione non è, invece, previsto in favore del Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, né i compiti sopra descritti rientrano, in base alle norme di settore, tra le specifiche attribuzioni di quest’ultimo.

Il Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza,  proprio nella fase dell’attuale emergenza epidemiologica, dovrà continuare a svolgere i propri compiti consultivi, di verifica e di coordinamento, offrendo la propria collaborazione al medico competente e al datore di lavoro (ad esempio, promuovendo l’individuazione delle misure di prevenzione più idonee a tutelare la salute dei lavoratori nello specifico contesto lavorativo; aggiornando il documento di valutazione dei rischi; verificando l’osservanza dei protocolli interni).

Il Rappresentate dei lavoratori per la sicurezza quando nell’esercizio delle proprie funzioni venga a conoscenza di informazioni- che di regola tratta in forma aggregata ad es. quelle riportate nel documento di valutazione dei rischi- rispetta le disposizioni in materia di protezione dei dati nei casi in cui sia possibile, anche indirettamente, l’identificazione di taluni interessati.

6) Può essere resa nota l’identità del dipendente affetto da Covid-19 agli altri lavoratori da parte del datore di lavoro?

No. In relazione al fine di tutelare la salute degli altri lavoratori, in base a quanto stabilito dalle misure emergenziali, spetta alle autorità sanitarie competenti informare i “contatti stretti” del contagiato, al fine di attivare le previste misure di profilassi.

Il datore di lavoro è, invece, tenuto a fornire alle istituzioni competenti e alle autorità sanitarie le informazioni necessarie, affinché le stesse possano assolvere ai compiti e alle funzioni previste anche dalla normativa d’urgenza adottata in relazione alla predetta situazione emergenziale (cfr. paragrafo 12 del predetto Protocollo).

La comunicazione di informazioni relative alla salute, sia all’esterno che all’interno della struttura organizzativa di appartenenza del dipendente o collaboratore, può avvenire esclusivamente qualora ciò sia previsto da disposizioni normative o disposto dalle autorità competenti in base a poteri normativamente attribuiti (es. esclusivamente per finalità di prevenzione dal contagio da Covid-19 e in caso di richiesta da parte dell’Autorità sanitaria per la ricostruzione della filiera degli eventuali “contatti stretti di un lavoratore risultato positivo).

Restano ferme le misure che il datore di lavoro deve adottare in caso di presenza di persona affetta da Covid-19, all’interno dei locali dell’azienda o dell’amministrazione, relative alla pulizia e alla sanificazione dei locali stessi, da effettuarsi secondo le indicazioni impartite dal Ministero della salute (v. punto 4 del Protocollo condiviso).

Didattica a distanza, per quasi la metà degli studenti l’insegnamento è peggiorato

da La Tecnica della Scuola

Sebbene il 97,8% degli studenti abbia seguito le lezioni online, solo il 10% crede che questo abbia migliorato la qualità dell’apprendimento mentre per il 42,4% è peggiorata.

Sette ragazzi su 10 ritengono di ricevere un carico maggiore di compiti e il 60% teme che gli insegnanti non riusciranno a concludere il programma entro la fine dell’anno scolastico.

È questa la fotografia scattata da Terre des Hommes e ScuolaZoo attraverso i risultati dell’indagine online “La scuola digitale per la Generazione Z”, a cui hanno partecipato e risposto 5.000 studenti delle scuole secondarie italiane per raccontare l’impatto che l’emergenza Covid-19 sta avendo sugli studenti e quali scenari futuri si aspettano i ragazzi.