Mobilità dei DS

Seduta di confronto con il Ministero dell’istruzione sulla mobilità dei DS

In data odierna l’ANP ha partecipato in videoconferenza alla prevista seduta di confronto con il Ministero dell’istruzione, rappresentato dal Capo Dipartimento Dott. Marco Bruschi.

Il confronto ha preso avvio dall’incontro del 22 maggio 2020 durante il quale è stata resa alla parte sindacale la dovuta informazione preventiva in materia di attribuzione degli incarichi dirigenziali.

La delegazione ANP ha aperto la seduta di confronto – ex art. 5, c. 3, lett. g) del CCNL dell’area istruzione e ricerca 2016-2018 – sulla specifica materia delle “operazioni di attribuzione degli incarichi dirigenziali: conferme, mutamenti, mobilità interregionale con decorrenza 01/09/2020” ricordando, preliminarmente, che la relazione sindacale del confronto consiste (ex art. 5, c. 1 del CCNL) in “un dialogo approfondito sulle materie rimesse a tale livello di relazione, al fine di consentire ai soggetti sindacali di cui all’art. 6, comma 2, di esprimere valutazioni esaustive e di partecipare costruttivamente alla definizione delle misure che l’amministrazione intende adottare”.

Abbiamo quindi espresso la seguente posizione in riferimento ai “criteri generali per il conferimento degli incarichi dirigenziali”.

In primo luogo, riteniamo che la nota sul conferimento degli incarichi dirigenziali (conferme, mutamenti, mobilità interregionale con decorrenza 01/08/2020), oggetto di informazione nella seduta del 22 maggio 2020, debba coniugare efficacemente l’esigenza di stabilità nella conduzione delle istituzioni scolastiche con il benessere lavorativo dei singoli dirigenti scolastici.

Abbiamo pertanto chiesto:

  • che la nota preveda, dopo la fase dell’interregionalità alla scadenza dell’incarico prevista dalla lettera f) della bozza, una fase specifica di mobilità interregionale, non vincolata alla scadenza di incarico, a cui far partecipare i dirigenti scolastici immessi in ruolo dal 1° settembre 2019;
  • che il Ministero dell’istruzione solleciti gli Uffici scolastici regionali, competenti a individuare il numero di posti da mettere a disposizione per la mobilità interregionale, ad assicurare almeno il 30% dei posti vacanti (e cioè il valore massimo previsto);
  • che gli Uffici scolastici regionali includano nell’elenco dei posti disponibili, tutte le sedi nominali.

Tali misure sono finalizzate ad evitare che tanti colleghi richiedano la restituzione al ruolo di provenienza, così disperdendo preziose risorse professionali – sviluppate nel corso di questi anni e valorizzate dal superamento del concorso – e aggiungendo ulteriori fattori di instabilità alla gestione complessiva delle istituzioni scolastiche.

Informeremo tempestivamente i colleghi degli ulteriori sviluppi della questione mobilità.

Si tratta di comprendere…

Non si tratta di ridere o di piangere, si tratta di comprendere…

di Maria Grazia Carnazzola

1. Per iniziare

Ho preso a prestito, per il titolo, una frase dell’Etica di Spinoza; mi pare serva, a mo’ di fil rouge, per provare a capire quello che sta succedendo nel nostro Paese e nella Scuola in particolare.

Pochi giorni fa mi è capitato di leggere, a proposito delle vicende degli ultimi mesi- chiusura delle scuole, scrutini e valutazioni, esami finali del primo e del secondo ciclo di istruzione…. “È impossibile valutare se tale misura abbia o no salvato vite umane. Di sicuro ha accoppato la credibilità del sistema scolastico italiano e lascia presagire un anno scolastico 2020-2021 all’insegna del caos”. Mi auguro che l’autore, al quale chiedo venia per non aver annotato il nome, si sbagli perché perdere la scuola significa perdere il futuro del Paese. Ma qualche dubbio lo nutro anch’io. Le vicende legate alla pandemia Covid-19 hanno contribuito a portare in evidenza i limiti e i problemi del Paese e delle istituzioni, Scuola compresa. L’assoluta mancanza di un Progetto che preveda azioni coerenti e finalizzate con gli scenari che andrebbero disegnati per uno dei pilastri della formazione dei giovani e del futuro del Paese, la Scuola, è sotto gli occhi di tutti. Questa che stiamo vivendo non è una crisi personale, esistenziale, è la crisi di un mondo, di un’epoca e tocca a ciascuno di noi prendere coscienza della situazione e decidere senza differimenti, anche senza aspettare i rimpalli da un DPCM all’altro. Servono coscienze critiche e solo la scuola può andare volutamente, istituzionalmente in questa direzione.

2. L’esame di realtà… e la scuola

Freud riteneva che l’esame di realtà fosse una “tra le grandi funzioni dell’io” che consente di distinguere tra gli stimoli provenienti dal mondo esterno e quelli provenienti dal mondo interno, evitando la confusione tra percezione di eventi ed oggetti esterni e la loro rappresentazione, su cui possono incidere maggiormente credenze o desideri; se i due livelli si sovrappongono abbiamo il fallimento dell’esame di realtà e, nelle situazioni personali, si verificano allucinazioni o deliri. Per la Scuola, in questo momento “esame di realtà” significa avere il coraggio di guardare le cose per come sono, di fare i conti con i fatti.

Sembra che i vari provvedimenti legislativi, le informazioni che arrivano da fonti ufficiali e non, manchino di un preliminare esame di realtà, perciò vi troviamo le affermazioni più disparate e il loro contrario. Si naviga a vista e, forse, sarebbe più utile un portulano. La percezione della realtà: le scuole- docenti, alunni, famiglie, dirigenti- paiono scomparire nella rappresentazione che qualcuno se ne fa nei vari documenti o nell’annuncio dei documenti, ma chi a scuola ci lavora, lo fa sui fatti concreti, sull’essere qui ed ora, non sul “potrebbe essere”.

C’è bisogno che chi è al governo parli chiaro e per tempo; ogni decisione, qualunque essa sia, ricade sui cittadini che non sono sudditi e neppure regnicoli e men che meno automi con una chiavetta sulla schiena.

I cittadini hanno bisogno di sapere per tempo come si svolgeranno le cose, perché su questa ipotesi organizzano il lavoro, la famiglia, pianificano la propria vita. Sembra si sia dimenticato che in ogni evento della realtà, dove la quotidianità fa incontrare il reale con l’ideale avrebbe detto Peirce, c’è un prima e c’è un dopo, c’è un fondamentale e un accessorio. Paradossalmente sappiamo dove potremo andare in vacanza, ma non sappiamo ancora, con assoluta certezza, come si chiuderà questo anno scolastico tormentato e come aprirà il prossimo.

E in tutto questo l’apprendimento sembra scomparso, annullato da innovative “didattiche a distanza”, da tecnologie che sembrano di per sé motivanti, da verifiche che rilevano conoscenze dichiarative quando va bene; e se anche tutto questo si potesse configurare come insegnamento- dove la relazione si riduce agli aspetti tecnico-strumentali- il problema rimane, perchè sappiamo tutti che l’apprendimento non è simmetrico all’insegnamento: risponde ad altre logiche, utilizza strategie che solo in parte possono essere insegnate, non può essere considerato solo un comportamento guidato da regole insegnate, ha bisogno di discussione, di rielaborazione e di riflessione. L’insegnamento a distanza “innovativo”, se l’innovazione diventa sinonimo di tecnologia, che effetti “diversi” produce? Lo verificheremo in sede di scrutinio e di esame, dove gli allievi saranno valutati con gli stessi criteri che si erano costruiti per l’azione di insegnamento/apprendimento in presenza. Non so se questo è scuola, neanche noi adulti reggiamo la formazione a distanza, lo vedo ora nei percorsi con i docenti nell’anno di prova.

E ancora, un’alleanza pedagogico-politica per la costruzione di un patto sociale che realizzi il progetto per il futuro delle giovani generazioni è possibile? Se la priorità della politica è la tenuta del Governo, le vicende del Consiglio dei Ministri ultime ma non solo, la dicono lunga sulla considerazione di cui gode la scuola. Del resto non è una cosa nuova. Terenzio Mamiani, nel discorso al Senato del 9 giugno 1873, ebbe a dire “Mi ricordo che il conte di Cavour compiacevasi di dirmi che, quando vedeva la corrente politica un poco veemente, metteva sempre su qualcuno per proporre una legge sulla P.I. Allora i partiti si scindevano e battagliavano per molti giorni e la politica riposava”. Tutto bene, dunque.

Si potrebbe obiettare che siamo in un contesto di “urgenza”, ma anche in contesti di urgenza bisognerebbe mantenere la lucidità per chiedersi qual è l’oggetto della norma, delle azioni di governo: se è il contenuto delle disposizioni o è l’allievo. Altrimenti non si capisce dove stia l’aspetto di “cura” dell’insegnamento, su cui si pongono cospicui investimenti. Se le due sfere si dissociano, non sappiamo quale sarà il prezzo da pagare.

I quattro pilastri dell’apprendimento, ricorda Dehaene sono l’attenzione, l’impegno attivo, il segnale di errore e di sorpresa, il consolidamento. Come questi aspetti possono essere accolti e gestiti nell’istruzione a distanza o con modalità mista, per i piccoli e per i grandi, bisognerà prefigurarlo. Questo è uno dei passaggi che andrà affrontato. Per tempo e con coerente chiarezza.

3. Gli esami e lo specifico della Scuola

Confesso la mia difficoltà a pensare un mondo senza scuola, dove la scuola non è più motivo di interesse o di preoccupazione. Ma anche a pensare a una scuola senza standard di organizzazione, di gestione, di promozione umana. Una scuola finzione frutto di una politica finzione e di una scienza finzione che ha di fatto escluso dalle attività gli allievi delle fasce di utenza più fragili per motivi sociali, economici, personali. La vita dei milioni di bambini e di ragazzi non sarà una finzione. C’è una comunicazione, o meglio un’informazione, che non fa bene a nessuno: quella che mischia dichiarazioni di intenzioni con brogliacci e bozze di atti ed esternazioni varie. Prendiamo ad esempio l’esame di Stato a conclusione della scuola superiore. Abbiamo ascoltato discorsi che hanno fatto un pasticcio tra intenzioni, pratiche consolidate, innovazioni che non innovano e aspetti di prevenzione e di sicurezza: di fatto, se leggiamo l’OM.n.16/16.5.2020 e la confrontiamo con l’OM. n. 205/2019 vediamo che in gran parte si sovrappongono per come disciplinano la conduzione del colloquio e la sua strutturazione, come testimonia anche la griglia di valutazione della prova orale, all.B al documento del 16 maggio u.s.

Se un esame non è qualcosa di astratto di cui si racconterà, ma è un passaggio importante nella vita di tutti, come anche il Ministro ha sostenuto, dovrebbe essere ricordato anche per la serietà e la fondatezza dello svolgersi, delle regole da rispettare in relazione alle finalità e non solo ai mezzi e agli strumenti utilizzati. Saranno probabilmente proprio i ragazzi che sosterranno l’esame con questa modalità a non andarne particolarmente fieri. Lo scenario disegnato per l’esame di Stato deve essere conosciuto e compreso per potersi posizionare dentro il quadro/contesto/ modalità dello svolgimento.

4. Per concludere
Penso che la cultura, che è cosa diversa dalla mezza cultura veicolata dai media, passi in modo sistematico solo attraverso la scuola e le discipline di insegnamento che dovrebbero condurre a ragionare in modo rigoroso, “scientifico”, perchè non si confondano le conseguenze con lo scopo. La crisi, ad esempio, non è il Covid-19, ma sono le risposte che abbiamo dato, non è la malattia ma sono le decisioni che sono state prese per fronteggiarla.

È evidente che l’urgenza delle decisioni può portare a scelte che, quando si può riflettere con calma, appaiono illogiche e controproducenti. Una riflessione sulla differenza tra panico e paura dovremmo farla tutti. Ecco allora la necessità di investire su un progetto che permetta di capitalizzare questa esperienza. La scuola in questo momento è fragilissima, ma può contribuire a sostenere la Comunità promuovendo competenze di cittadinanza che si fondano sulla condivisione: questa è resilienza. La distanza fisica in questo momento è necessaria, ma non necessariamente deve diventare distanziamento sociale. Le consuetudini sociali invecchiano, i processi formativi invecchiano e vanno rivivificati con rispetto per la libertà, l’intelligenza e la democrazia che, prima di essere un sistema di governo è la possibilità di affidarsi a persone che godono di credibilità e di reputazione. La scuola, dicevo, in questo momento è fragile, sono riemersi tutti insieme i tanti problemi non risolti: il precariato, i concorsi, la meritocrazia, l’autonomia…

Per affrontarli e “mettere ordine”, servono persone che, al di là dei pregi personali, abbiano i requisiti, gli strumenti, lo spessore e- anche qui- la reputazione necessari.

UN CONCORSO CHE DI STRAORDINARIO NON HA PIÚ NULLA

PRECARI, GILDA: UN CONCORSO CHE DI STRAORDINARIO NON HA PIÚ NULLA

“Il risultato dell’estenuante lavoro parlamentare svolto in Commissione Istruzione al Senato è che nessun precario verrà stabilizzato a settembre, disattendendo così totalmente agli accordi assunti dal governo con i sindacati oltre un anno fa, firmati dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e dai ministri Bussetti e Fioramonti. Con l’approvazione dell’emendamento di maggioranza, lo scenario che si profila per i precari con 3 anni di servizio non è più quello di un concorso straordinario con procedura semplificata, ma appare molto più simile a un concorso ordinario i cui tempi di svolgimento sono imprevedibili. Tra precariato dilagante e coronavirus, definire ‘difficile’ l’avvio del prossimo anno scolastico è un eufemismo”. A dichiararlo è Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti.

Irresponsabile rinviare le assunzioni al prossimo anno

Scuola: irresponsabile rinviare le assunzioni al prossimo anno, siamo pronti allo sciopero e a tutte le forme di conflitto utili a richiamare l’attenzione sulle necessità della scuola

Roma, 27 maggio 2020 – Con oltre 200 mila cattedre vacanti e l’esigenza di attivare ulteriori supplenze per garantire il distanziamento degli alunni nelle classi, la maggioranza pensa di rinviare le assunzioni al prossimo anno. Ci troviamo davanti ad una situazione surreale per cui un confronto con le parti sociali partito dall’esigenza di semplificare il concorso straordinario per assumere i docenti entro settembre, approda invece ad un accordo che rinvia tutto e complica ulteriormente le procedure selettive.

Il governo sta gravemente mettendo a rischio il prossimo anno scolastico: con migliaia di cattedre scoperte e di posti vacanti di direttori dei servizi amministrativi, le scuole non possono ripartire.

Ci domandiamo perché per la sanità e altri settori della pubblica amministrazione la maggioranza inserisce nel Decreto Rilancio procedure per assumere per titoli e prove orali mentre nella scuola ci si muove in direzione opposta, rinviando, allungando e complicando inutilmente le procedure che avrebbero dovuto stabilizzare i precari storici.

Stessa situazione sugli assistenti amministrativi facenti funzioni di Direttori dei servizi, chiamati ancora a coprire i posti vacanti senza prospettive di assunzione sul profilo di DSGA.

Dopo un anno e mezzo di trattative e intese ritorniamo al punto di partenza con una procedura che di straordinario ha ormai solo la demagogia di chi la sostiene contro l’interesse della scuola, dei lavoratori e degli alunni.

Risorse insufficienti e provvedimenti inadeguati non permettono alla scuola di assolvere al suo mandato costituzionale e, soprattutto, non permetteranno di recuperare oltre 4 mesi di didattica in presenza, tempo scuola, apprendimenti e socialità.

Ricordando don Milani

Ricordando don Milani

di Peppe Sini *

Ricorre il 27 maggio l’anniversario della nascita di Lorenzo Milani, il priore di Barbiana, che nacque a Firenze il 27 maggio 1923 e a Firenze mori’ il 26 giugno 1967.

E’ difficile rendere un’idea di quanto decisivo sia stato per la mia generazione leggere la Lettera a una professoressa, L’obbedienza non e’ piu’ una virtu’, Esperienze pastorali.

Sono stati non solo genericamente “testi di formazione” e “livres de chevet”, ma hanno costituito strumenti sia di interpretazione del mondo che di lavoro nell’impegno sociale e civile – e quindi politico, nel senso forte del termine – per cercar di contrastare le piu’ flagranti ingiustizie e oppressioni, per cercar di contribuire alla lotta delle oppresse e degli oppressi per la liberazione dell’umanita’ da ogni violenza ed iniquita’.

Sono libri che insieme ad Erasmo e Voltaire, a Primo Levi e Victor Serge, al Manifesto marx-engelsiano, all’Istituzione negata goriziana, alle Tre ghinee di Virginia Woolf, agli scritti di Rosa Luxemburg e di Carla Lonzi, di Fromm e di Marcuse, di Russell e di Gandhi, di Danilo Dolci e di Aldo Capitini, di sartre e Camus, di Giulio Alfredo Maccacaro e di Ivan Illich, di Agnes Heller e di Laura Conti, di Alex Langer e Giorgio Nebbia, di Simone Weil e di Hannah Arendt, hanno persuaso all’impegno morale e intellettuale, alla solidarieta’ con tutte le oppresse e gli oppressi, all’azione nonviolenta concreta e coerente, innumerevoli giovani che sovente a quell’impegno sono restate e restati fedeli per il resto della loro vita.

Nella testimonianza milaniana e della scuola di Barbiana la denuncia dell’oppressione di classe, della guerra, di un’organizzazione della societa’ e delle sue strutture fondamentali intesa a sfruttare e rapinare senza freni e senza limiti, a escludere e opprimere giungendo fino all’orrore dei lager e dell’atomica, e’ cosi’ nitida ed intransigente, ed esposta con tale chiarezza di dettato, precisione di argomenti e sincerita’ di sdegno, che ancor oggi se una giovane amica o un giovane amico mi chiede da dove iniziare le sue letture adulte, rispondo di solito da don Milani, e per anni io stesso ho letto, riletto, commentato e ragionato quei libri con loro negli incontri di accostamento alla nonviolenza che insieme abbiamo fatto: nelle scuole, nei centri sociali, con le volontarie e i volontari in servizio civile, nei gruppi di militanti politici di base.

E non solo la denuncia della violenza e dell’ingiustizia, ma anche la concreta costruzione di un’alternativa nonviolenta in primo luogo attraverso l’educazione come prassi di liberazione (e’ la formula di Paulo Freire) ha caratterizzato la testimonianza milaniana e della scuola di Barbiana: la nonviolenza personalmente vissuta, meditata, praticata, con la fatica e con la verita’ che le sono inerenti, contro ogni alienante menzogna e consumistica mercificazione, contro ogni rassegnazione e contro ogni subalternita’ all’ideologia e ai poteri dominanti.

Gli anniversari possono dar luogo a due contrapposte modalita’ di memoria e di relazione: una che per cosi’ mummifica le figure, raggela gli eventi, ipostatizza e quindi distanzia e neutralizza le esperienze e le riflessioni, e cosi’ tradisce il senso di quel che si ricorda; e l’altra che invece si pone all’ascolto e alla sequela delle testimonianze di cui si fa memoria, e si ripromette di prolungarne ed inverarne ancora qui e adesso il valore, l’insegnamento, la verita’, l’appello alla lotta per il bene comune dell’umanita’: e questo vuole essere il nostro commemorare.

Ricordare don Milani significa allora proseguire qui e adesso la lotta contro la guerra e tutte le uccisioni, contro il razzismo e tutte le persecuzioni, contro il maschilismo e tutte le oppressioni.
Ricordare don Milani significa allora proseguire qui e adesso la lotta in difesa della vita, della dignita’ e dei diritti di tutti gli esseri umani contro poteri dominanti schiavisti e rapinatori, insensatamente onnidistruggitori ed effettualmente necrofili.

Ricordare don Milani significa allora proseguire qui e adesso la lotta in difesa di quest’unico mondo vivente casa comune dell’umanita’ che i poteri dominanti stanno avvelenando, devastando, desertificando.

E quindi ricordare don Milani significa oggi in Italia opporsi al regime di apartheid, alla schiavitu’ e all’omissione di soccorso, alle abominevoli violazioni dei diritti umani che non solo i poteri mafiosi, ma anche imprenditori vampiri, forze politiche esplicitamente razziste e finanche governanti passati e presenti hanno commesso e continuano a commettere in flagrante violazione della Costituzione italiana, della legalita’ che salva le vite, del diritto internazionale, del senso stesso di umanita’.

E pertanto lottare per l’abolizione immediata di tutte le antileggi hitleriane imposte dal precedente governo con i due scellerati, perversi ed infami “decreti sicurezza della razza”.
E pertanto lottare per il rispetto del dovere di soccorrere e accogliere i naufraghi in pericolo di morte.
E pertanto lottare per il rispetto del diritto d’asilo che la Costituzione della Repubblica italiana riconosce ad ogni essere umano che nel suo paese d’origine non vede rispettati i diritti che l’ordinamento giuridico italiano riconosce ad ogni essere umano.
E pertanto lottare per riconoscere finalmente tutti i diritti sociali, civili e politici, tutti i diritti umani, a tutte le persone che vivono in Italia.

Lottare affinche’ l’Italia torni ad essere quella descritta nella Costituzione della Repubblica: un paese civile, una comunita’ di persone libere e solidali, eguali in diritti, che condividono il bene ed i beni, che non permettono che nessuna persona sia uccisa, violata, umiliata: perche’ ogni volta che un essere umano subisce violenza tutte e tutti quella violenza subiamo.

E ugualmente significa opporsi alla produzione e al commercio delle armi italiane che acquistate da regimi criminali menano strage nel sud del mondo. Le armi sono sempre nemiche dell’umanita’, poiche’ la loro funzione e’ uccidere gli esseri umani. Senza disarmo l’umanita’ non si salvera’ dalla catastrofe.

E significa opporsi altresi’ allo sperpero mostruoso di ingentissime risorse pubbliche per le armi e le organizzazioni istituzionalmente preposte all’uccidere; investendo invece quelle risorse in difesa della vita, della salute, dell’ambiente; investendole in solidarieta’, accoglienza, assistenza; investendole in promozione della democrazia, della legalita’ che salva le vite, della sicurezza comune che solo scaturisce dall’eguaglianza di diritti e dalla civile convivenza.

E in questa tragica esperienza dell’epidemia di coronavirus ricordare don Milani significa anche impegnarsi affinche’ finalmente siano soccorse tutte le persone che hanno bisogno di aiuto, tutte senza eccezioni, perche’ ogni vita umana e’ un valore infinito.

Ricordare don Milani, opporsi ad ogni violenza, recare aiuto ad ogni persona che di aiuto ha bisogno: sono una sola, una stessa cosa; sono l’antifascismo vivente, sono la nonviolenza in cammino.
Salvare le vite e’ il primo dovere.
Sii tu l’umanita’ come dovrebbe essere.


* Peppe Sini, responsabile del “Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera” di Viterbo. Il “Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera” di Viterbo e’ una struttura nonviolenta attiva dagli anni ’70 del secolo scorso che ha sostenuto, promosso e coordinato varie campagne per il bene comune, locali, nazionali ed internazionali. E’ la struttura nonviolenta che oltre trent’anni fa ha coordinato per l’Italia la piu’ ampia campagna di solidarieta’ con Nelson Mandela, allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Nel 1987 ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a Primo Levi. Dal 2000 pubblica il notiziario telematico quotidiano “La nonviolenza e’ in cammino” che e’ possibile ricevere gratuitamente abbonandosi attraverso il sito www.peacelink.it


Una minima notizia su don Lorenzo Milani

Lorenzo Milani nacque a Firenze nel 1923, proveniente da una famiglia della borghesia intellettuale, ordinato prete nel 1947. Opera dapprima a S. Donato a Calenzano, ove realizza una scuola serale aperta a tutti i giovani di estrazione popolare e proletaria, senza discriminazioni politiche. Viene poi trasferito punitivamente a Barbiana nel 1954. Qui realizza l’esperienza della sua scuola. Nel 1958 pubblica Esperienze pastorali, di cui la gerarchia ecclesiastica ordinera’ il ritiro dal commercio. Nel 1965 scrive la lettera ai cappellani militari da cui derivera’ il processo i cui atti sono pubblicati ne L’obbedienza non e’ piu’ una virtu’. Muore dopo una lunga malattia nel 1967; era appena uscita la Lettera a una professoressa della scuola di Barbiana. L’educazione come pratica di liberazione, la scelta di classe dalla parte degli oppressi, l’opposizione alla guerra, la denuncia della scuola classista che discrimina i poveri: sono alcuni dei temi su cui la lezione di don Milani resta di grande valore.
Tra le opere di Lorenzo Milani e della scuola di Barbiana: don Lorenzo MIlani, Tutte le opere, Mondadori, Milano 2017 (finalmente disponibile, e’ l’accurata e integrale edizione di riferimento lungamente attesa). Edizioni delle opere singole: Esperienze pastorali, L’obbedienza non e’ piu’ una virtu’, Lettera a una professoressa, pubblicate tutte presso la Libreria Editrice Fiorentina (Lef). Postume sono state pubblicate le raccolte di Lettere di don Lorenzo Milani priore di Barbiana, Mondadori; le Lettere alla mamma, Mondadori; e sempre delle lettere alla madre l’edizione critica, integrale e annotata, Alla mamma. Lettere 1943-1967, Marietti. Altri testi sono apparsi sparsamente in volumi di diversi autori. La casa editrice Stampa Alternativa ha meritoriamente effettuato la ripubblicazione di vari testi milaniani in edizioni ultraeconomiche e criticamente curate. La Emi ha recentemente pubblicato, a cura di Giorgio Pecorini, lettere, appunti e carte varie inedite di don Lorenzo Milani nel volume I care ancora. Altri testi e documenti ha pubblicato ancora la Lef (Il catechismo di don Lorenzo; Una lezione alla scuola di Barbiana; La parola fa eguali).
Tra le opere su Lorenzo Milani: sono assai numerose, fondamentali sono: Neera Fallaci, Vita del prete Lorenzo Milani. Dalla parte dell’ultimo, Rizzoli, Milano 1993; Giorgio Pecorini, Don Milani! Chi era costui?, Baldini & Castoldi, Milano 1996; Mario Lancisi (a cura di), Don Lorenzo Milani: dibattito aperto, Borla, Roma 1979; Ernesto Balducci, L’insegnamento di don Lorenzo Milani, Laterza, Roma-Bari 1995; Gianfranco Riccioni, La stampa e don Milani, Lef, Firenze 1974; Antonio Schina (a cura di), Don Milani, Centro di documentazione di Pistoia, 1993. Segnaliamo anche l’interessante fascicolo monografico di “Azione nonviolenta” del giugno 1997. Segnaliamo anche il fascicolo Don Lorenzo Milani, maestro di liberta’, supplemento a “Conquiste del lavoro”, n. 50 del 1987. E ancora: Gerlando Lentini, Don Lorenzo Milani servo di Dio e di nessun altro, Gribaudi, Torino 1973; Giampiero Bruni, Lorenzo Milani profeta cristiano, Lef, Firenze 1974; Renato Francesconi, L’esperienza didattica e socio-culturale di don Lorenzo Milani, Cpe, Modena 1976; Piero Lazzarin, Don Milani, Edizioni Messaggero Padova, Padova 1984; Francesco Milanese, Don Milani. Quel priore seppellito a Barbiana, Lef, Firenze 1987; Giuseppe Guzzo, Don Lorenzo Milani. Un itinerario pedagogico, Rubbettino, Soveria Mannelli 1988; Giovanni Catti (a cura di), Don Milani e la pace, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1988, 1990; Francuccio Gesualdi, Jose’ Luis Corzo Toral, Don Milani nella scrittura collettiva, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1992.Tra i testi apparsi di recente: Domenico Simeone, Verso la scuola di Barbiana, Il segno dei Gabrielli, Negarine 1996; Michele Ranchetti, Gli ultimi preti, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1997; David Maria Turoldo, Il mio amico don Milani, Servitium, Sotto il Monte (Bg) 1997; Liana Fiorani, Don Milani tra storia e attualita’, Lef, Firenze 1997, poi Centro don Milani, Firenze 1999; AA. VV., Rileggiamo don Lorenzo Milani a trenta anni dalla sua morte, Comune di Rubano 1998; Centro documentazione don Lorenzo Milani e scuola di Barbiana, Progetto Lorenzo Milani: il maestro, Firenze 1998; Liana Fiorani, Dediche a don Milani, Qualevita, Torre dei Nolfi (Aq) 2001; Edoardo Martinelli, Pedagogia dell’aderenza, Polaris, Vicchio di Mugello (Fi) 2002; Marco Moraccini (a cura di), Scritti su Lorenzo Milani. Una antologia critica, Il Grandevetro – Jaca Book, Santa Croce sull’Arno (Pi) – Milano 2002; Mario Lancisi, Alex Zanotelli, Fa’ strada ai poveri senza farti strada, Emi, Bologna 2003; Mario Lancisi, No alla guerra!, Piemme, Casale Monferrato 2005; Sergio Tanzarella, Gli anni difficili, Il pozzo di Giacobbe, Trapani 2007, 2008; Jose’ Luis Corzo Toral, Lorenzo Milani. Analisi spirituale e interpretazione pedagogica, Servitium, Sotto il Monte (Bergamo) 2008; Frediano Sessi, Il segreto di Barbiana, Marsilio, Venezia 2008; Sandra Gesualdi e Pamela Giorgi (a cura di), Barbiana e la sua scuola. Immagini dall’archivio della Fondazione Don Lorenzo Milani, Inprogress-Aska – Fondazione Don Lorenzo Milani, Firenze 2014

Festa per l’ultimo giorno di scuola: il Cts dice no. Per Ascani si può fare all’aperto

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

C’era chi sognava di riabbracciare il compagno di banco, sentito spesso al telefono ma non rivisto da mesi, chi voleva assolutamente salutare l’adorata maestra o il prof autorevole ma sempre pronto ad ascoltare, chi semplicemente sperava in una giornata di baldoria, chi non vedeva l’ora di rivedere finalmente riuniti, tutti insieme, “i fantastici della IV B”: in molti hanno sperato che la proposta avanzata per prima dalla viceministra Anna Ascani di “salvare l’ultimo giorno di scuola”, sposata da sindaci, genitori, associazioni, opinionisti, uomini di cultura e presidenti di Provincia, fosse realizzabile.

Ma il Comitato tecnico scientifico ha deliberato negativamente. Nessun ritorno in classe nemmeno per i saluti, anche se la politica potrà poi fare scelte diverse – ha chiarito il coordinatore Agostino Miozzo, nel corso di un incontro avvenuto oggi con i sindacati e il ministero dell’Istruzione – e soprattutto potrebbero essere scelti altri posti certo non le scuole per festeggiare la fine dell’anno scolastico.

Ascani quindi ha rilanciato: «Se il Comitato tecnico scientifico non ritiene sia abbastanza sicuro fare incontrare gli studenti delle classi terminali in piccoli gruppi nelle scuole, lavoreremo con gli enti locali e i territori per consentire di farlo all’aperto o in altri luoghi che possano essere adatti».

«La mia proposta di prevedere l’ultimo giorno di scuola per gli studenti delle classi conclusive della primaria, della secondaria di primo e di secondo grado resta – ha chiarito Ascani -. In un primo momento il Cts aveva negato anche la possibilità dei centri estivi e poi ha giustamente cambiato idea».

«Noi stiamo proponendo di fare l’ultimo giorno di scuola all’aperto, nei parchi, nelle piazze, in sicurezza. Sarebbe un errore negare questa bella opportunità a bambini e ragazzi, soprattutto delle classi di fine ciclo», si è associato Marco Di Maio, deputato di Italia Viva. Pronto ad aderire all’iniziativa anche il sindaco di Firenze, Dario Nardella.

A settembre invece le scuole dovrebbero riaprire per tutte seppur con diverse modalità. A confermarlo anche il ministro Roberto Speranza: «A settembre senz’altro le scuole riapriranno sicuramente per tutti. In queste ore c’è un lavoro intenso del ministero dell’Istruzione e del Comitato tecnico scientifico perchè questa riapertura avvenga nella massima sicurezza».

Intanto dalla conferenza dei capigruppo di Palazzo Madama emerge che l’Aula del Senato ultimerà l’esame delDl Scuola entro giovedì. Sul testo è prevedibile che verrà posta la fiducia.

Ma i sindacati della scuola sono sul piede di guerra e già hanno annunciato nuove mobilitazioni. Flc Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola Rua, Snals Confsal e Gilda Unams), si dicono «del tutto insoddisfatti» delle mediazioni politiche raggiunte fra i gruppi di maggioranza sul concorso per i precari ed hanno inviato in queste ore ai ministeri competenti una richiesta di svolgimento del tentativo di conciliazione, sancendo formalmente lo stato di agitazione della categoria. «Il Governo apra subito un confronto serio con i sindacati della scuola per concordare i criteri e le garanzie di sicurezza per la riapertura delle scuole», chiede anche la segretaria generale della Cisl, Annamaria Furlan.

Scuola, i sindacati bocciano l’intesa “A settembre 200mila precari”

da la Repubblica

Corrado Zunino

L’accordo della notte piace a pochi nella scuola, e a nessun sindacato. Mette in chiaro un dubbio che fin qui era corso di istituto in istituto: a metà settembre si aprirà l’anno scolastico 2020-2021 con un quarto dei docenti precari. Duecentomila, almeno. Sarebbe un primato. L’accordo ne aggiunge alla quota attuale altri 32 mila.

Dice Francesco Sinopoli, segretario della Flc Cgil: «Ci troveremo di fronte a una nuova stagione con oltre duecentomila cattedre scoperte, l’avvicendamento di supplenti, nuove difficoltà per famiglie e alunni. L’accordo raggiunto non snellisce la procedura perché sostituisce il quiz a crocette all’ingresso con una prova scritta all’uscita a cui poi seguiranno formazione e prova orale selettiva. Il risultato è che i tempi del concorso si allungheranno quando il Paese ha bisogno di un sistema che sia davvero in grado di recuperare il debito maturato nei confronti degli studenti. Senza tutti i docenti in cattedra a settembre, l’avvio scolastico sarà in salita».

Cinquemila precari resteranno tali, però in cattedra, in Lombardia. Tremila in Friuli. Sono i primi calcoli del sindacato. I trentaduemila in tutta Italia, per questo primo concorso straordinario, saranno a disposizione dal primo settembre, direttamente prelevati dalle Graduatorie di istituto. Resteranno, tuttavia, ancora supplenti e dovranno, quando la situazione clinica lo renderà possibile, affrontare una selezione in uscita con un testo scritto, quindi iniziare l’anno di formazione e concludere tutto la prossima estate con una prova orale (colloquio che, comunque, in passato ha promosso il 99,81 per cento dei candidati).

Non ci sono ancora le carte su questo percorso, bisogna fidarsi della versione narrata in videoconferenza dal premier Conte domenica sera alle 23. «Potranno essere assunti con retrodatazione», dice ora la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina, che ha visto il presidente del Consiglio cambiare posizione nell’arco di tre giorni portandola a cedere sul “concorso in estate e a crocette”. Ora Matteo Orfini, deputato del Pd, le ricorda che il compromesso notturno non è ancora legge: «Alla ministra suggerirei di passare al Senato, il presunto accordo è lontano dall’essere raggiunto. Ma proprio molto lontanto ». Gli stessi firmatari dell’emendamento- tagliola di Pd e Leu chiedono certezze sui tempi e la difficoltà della prova scritta. Servono 24 ore per togliere questa mina dai rapporti di maggioranza e l’intero Decreto scuola andrà approvato entro il 7 giugno.

Dicevamo i sindacati. «Ancora una volta la politica sta decidendo senza valutare la fattibilità», dice Maddalena Gissi, segretaria della Cisl scuola: «Oggi è più che mai evidente che la scuola è parte di una scacchiera politica e degli equilibri di partito, non certo il centro delle scelte per il futuro di questo Paese». Più esplicito Pino Turi, Uil: «È stata la notte dei lunghi coltelli, siamo pronti a scioperare. Così stiamo alimentando il precariato. Il prossimo anno ci saranno trentamila pensionamenti e le trentaduemila assunzioni sono spalmate, ricordo, su tre stagioni».

I social portano vento a queste critiche. Sotto i profili della ministra — sottoposta, tra l’altro, ad attacchi sessisti da parte di docenti — e del capogruppo al Senato del Pd, Andrea Marcucci, i precari commentano delusi: «Una soluzione democristiana… Senza un canale abilitante in uscita che conduca al ruolo le cose peggioreranno…».

Il comitato di esperti per la ripartenza a settembre, in queste ore, sta rifinendo il lavoro da consegnare alla ministra dell’Istruzione. Prevede la possibilità dell’ora di lezione trasformata in 45 minuti. La task force indica la necessità di insegnamenti in classe dall’infanzia alla terza media. Per le superiori si ripartirà con classi divise in gruppi che alterneranno didattica a distanza a quella in presenza. Ancora, lezioni nei parchi e nei giardini, oratori messi in sicurezza. «Molto sarà nelle mani dei dirigenti scolastici sui territori», dice Amanda Ferrario, componente della task force e preside a Busto Arsizio: «Serviranno accordi con le società di trasporto pubblico, gli enti locali e il Terzo settore».

Precari, il lodo Conte è servito

da ItaliaOggi

Alessandra Ricciardi e Marco Nobilio

Si era a un passo dalla crisi, con la minaccia della ministra Azzolina di dimettersi. Il premier Conte, dopo un vertice di maggioranza, ha trovato l’accordo sull’affaire concorso straordinario, che si tramuterà in un emendamento oggi al senato al dl scuola. E che sancisce la tregua tra M5s, che aveva tenuto il punto sul fatto che la selezione ad hoc per i precari della scuola avesse almeno una prova scritta, con quiz a risposta chiusa, e Pd-Leu, che con l’emendamento a prima firma Verducci puntavano invece a una stabilizzazione dei supplenti facendo forza sui soli titoli e con una prova orale in coda all’anno di prova. Una soluzione, questa, appoggiata anche dai sindacati, oltre che dalla Lega, perché avrebbe consentito di avere docenti stabili sin da settembre evitando i rischi di contagio da Covid-19 che si sarebbero avuti invece con uno scritto ipotizzato per l’estate.

Il lodo Conte invece cancella gli invisi 80 quesiti a risposta multipla: la prova scritta sarà sempre computer basic, ma sarà basata su 7 quesiti a risposta aperta. I test a risposta chiusa rimarranno per l’accertamento della preparazione nella lingua straniera e consisteranno in un quesito articolato in 5 domande. Le prove si terranno durante il prossimo anno scolastico. Dunque, non prima di settembre. Per i sindacati un accordo peggiorativo della proposta iniziale: nessun docente sarà stabilizzato per settembre quando oltre alla gestione di una nuova didattica anticontagio, ancora tutta da definire, le scuole dovranno fronteggiare anche la carenza di docenti. I posti messi a concorso sono stati incrementati di 8mila unità per effetto di una previsione contenuta nell’articolo 230 del decreto-legge 34/2020. Pertanto passano da 24 mila a 32 mila cattedre.

Con la proposta emendativa di maggioranza, il concorso straordinario conserverà la prova scritta selettiva, che non verterà più sugli 80 quesiti a risposta chiusa previsti dal decreto-legge 126/2019, ai quali ha dato attuazione il decreto dipartimentale 510/2020. La prova scritta verterà su sette quesiti a risposta aperta e su un quesito articolato in 5 domande a risposta chiusa, volto a verificare la comprensione di un testo in inglese, almeno al livello B2 del quadro comune europeo di riferimento per le lingue. I candidati supereranno la prova scritta se otterranno una valutazione non inferiore a 7/10. La procedura sarà computer basic e sarà distinta per classe di concorso e tipologia di posto. I quesiti per i posti comuni verteranno all’accertamento delle conoscenze e competenze disciplinari e didattico-metodologiche. Mentre, per i posti di sostegno, saranno incentrati sulle metodologie didattiche da applicarsi alle diverse tipologie di disabilità e serviranno anche a valutare le conoscenze dei contenuti e delle procedure volte all’inclusione scolastica degli alunni con disabilità. La prova scritta per le classi di concorso di lingua inglese si svolgerà interamente in Inglese e sarà composta da otto quesiti a risposta aperta rivolti all’accertamento delle relative conoscenze e competenze disciplinari e didattico-metodologiche. I quesiti delle classi di concorso relative alle restanti lingue straniere si svolgeranno nelle rispettive lingue. Il decreto dipartimentale n. 510 del 23 aprile 2020, decreto con il quale è stato bandito il concorso straordinario, manterrà i propri effetti, ma sarà integrato e adeguato, entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge 22/2020, per dare attuazione alle nuove disposizioni sulla prova scritta.

Il decreto dovrà regolare anche l’ipotesi in cui, se le condizioni generali epidemiologiche lo consentiranno, lo svolgimento della prova scritta potrà avvenire in una regione diversa rispetto a quella corrispondente al posto per il quale il candidato avrà presentato la domanda. Restano ferme, dunque, tutte le altre previsioni contenute nel bando di concorso. Alle selezioni, dunque, potranno partecipare i candidati che saranno in grado di vantare almeno 3 anni di servizio prestato nel periodo che va dall’anno scolastico 2008/2009 al 2019/2020. Almeno uno di questi tre anni, però, dovrà essere stato prestato nella classe di concorso a cui si riferisce la selezione alla quale si partecipa. Per essere considerato valido, l’anno di servizio dovrà essere stato prestato, anche frazionatamente, per almeno 180 giorni o, in mancanza, dovrà essere stato prestato ininterrottamente dal 1° febbraio fino agli scrutini finali. Fermo restando il previo possesso dei titoli di studio di accesso alle classi di concorso e anche del diploma di specializzazione per il sostegno, i vincitori del concorso, se non in possesso dei 24 Cfu, durante l’anno di prova frequenteranno appositi corsi per conseguirli a spese dell’amministrazione.

La domanda di partecipazione potrà essere presentata in una sola regione. E ogni docente, se in possesso dei requisiti, potrà chiedere di partecipare, con un’unica domanda, alle selezioni per una sola classe di concorso e, contemporaneamente, per i posti di sostegno della scuola secondaria sia del I che del II grado. Le domande dovranno essere inoltrate, esclusivamente via web, dalle ore 9.00 del 28 maggio alle ore 23.59 del 3 luglio prossimo. Le istanze dovranno essere compilate e inoltrate sull’apposita Piattaforma concorsi e procedure selettive, previo versamento di un contributo di 40 euro.

Immissioni in altre regioni, al via le graduatorie in coda

da ItaliaOggi

Marco Nobilio

Al via gli elenchi aggiuntivi in coda alle graduatorie di merito dei concorsi. Il ministero dell’istruzione ha predisposto il decreto che darà attuazione alle disposizioni contenute nell’articolo 1, comma 17-bis, del decreto-legge 126/2019. Il dispositivo prevede che gli aspiranti docenti inseriti nelle graduatorie utili per l’immissione nei ruoli del personale docente o educativo possano presentare istanza anche per essere immessi in ruolo in territori diversi da quelli di pertinenza delle medesime graduatorie.

La ratio di questa facoltà è quella di consentire ai docenti che superano il concorso in una provincia con poche probabilità di assunzione di chiedere di essere immessi in ruolo in un’altra regione dove vi siano più disponibilità. Normalmente al Nord. L’effetto della presentazione delle domande sarà quello di costituire graduatorie di coda, che l’amministrazione utilizzerà solo una volta esaurite le graduatorie di merito dei concorsi della provincia e della regione di riferimento. La legge prevede che gli interessati potranno presentare la domanda per i posti di una o più province di una medesima regione, per ciascuna graduatoria di provenienza. E l’istanza dovrà essere presentata esclusivamente mediante il sistema informativo del ministero dell’istruzione. Le disposizioni di dettaglio sono state predisposte dall’amministrazione centrale ed individuano i destinatari e le procedure. In particolare, avranno titolo a presentare la domanda i soggetti inseriti nelle graduatorie utili per l’immissione in ruolo del personale docente ed educativo ai fini dell’assunzione a tempo indeterminato, in un’altra regione rispetto a quella di pertinenza della medesima graduatoria.

Questa facoltà vale anche per i soggetti inseriti nelle graduatorie a esaurimento. Che potranno presentare la domanda per altra regione oppure, in alternativa, per i posti disponibili in altre province della stessa regione rispetto alla provincia dove risultano collocati. I soggetti inseriti nella I fascia delle Gae, inseriti in due province dovranno optare per una sola regione. In ogni caso la domanda potrà essere presentata per ciascuna graduatoria di provenienza per i posti di una o più province di una sola regione, al fine dell’assunzione a tempo indeterminato in territori diversi da quelli di pertinenza delle graduatorie di riferimento.

Saranno esclusi dalla procedura i soggetti già destinatari di proposte di assunzione a tempo indeterminato in ciascun anno scolastico di riferimento. Per presentare le domande gli interessati avranno 5 giorni a partire da una data che sarà resa nota dal ministero.

Supplenze, presidi estromessi Nascono le graduatorie provinciali

da ItaliaOggi

Carlo Forte

I dirigenti scolastici non assegneranno più le supplenze fino al 31 agosto e quelle fino al 30 giugno ma solo quelle brevi e saltuarie. Le supplenze annuali e quelle fino al termine delle attività didattiche saranno assegnate dagli uffici scolastici nella fase provinciale delle assunzioni. Lo prevede un emendamento presentato dalla relatrice di maggioranza, Luisa Angrisani (M5S) in commissione istruzione al senato (2.200). La proposta di modifica è stata presentata in sede di esame del disegno di legge di conversione S 1774 e se sarà approvata, le nuove graduatorie andranno in vigore già da quest’anno.

L’emendamento prevede l’istituzione di graduatorie provinciali suddivise in due elenchi. Nel primo dovrebbero essere inseriti gli aspiranti abilitati e nel secondo in non abilitati che risulteranno in possesso dei titoli di studio di accesso al concorso ordinario nella tipologia di posto o cattedra a cui si riferisce la graduatoria. Gli elenchi provinciali saranno utilizzati esclusivamente dagli uffici scolastici per conferire supplenze annuali (fino al 31 agosto) e supplenze fino al termine delle attività didattiche (fino al 30 giugno).

L’utilizzo dei nuovi elenchi avverrà in coda alle graduatorie a esaurimento. Agli aspiranti docenti che presenteranno domanda per essere inclusi nei nuovi elenchi sarà data la possibilità di presentare un’ulteriore domanda per chiedere di essere inclusi nelle graduatorie di istituto di 20 scuole. E da questi ultimi elenchi i dirigenti scolastici avranno titolo ad individuare solo i destinatari delle supplenze brevi e saltuarie.

Tanto si evince dalle modifiche alla legge 124/99 che sarebbero adottate se l’emendamento venisse approvato nell’attuale stesura. Le nuove regole verrebbero emanate con un’ordinanza del ministro dell’istruzione, sentito il parere del Cspi, che dovrebbe essere emesso entro 7 giorni. E la Corte dei conti avrebbe solo 5 giorni per effettuare i controlli in luogo dei 30 giorni attuali.

Esami di stato, sos presidenti

da ItaliaOggi

Marco Nobilio

Mancano i presidenti di commissione per gli esami di maturità e gli uffici riaprono i termini delle domande oppure fanno ricerche a sistema per individuare i docenti che potrebbero svolgere tale incarico. E prende forma lo spettro della precettazione. La decisione anticipata dalla ministra dell’istruzione, Lucia Azzolina, di disporre gli esami in presenza e la stipula del protocollo di garanzia con i sindacati Cgil, Cisl, Uil, Snals, Anief, Anp e Dirigentiscuola (la Gilda non lo ha firmato), sta scatenando il panico tra i diretti interessati. Ciò ha comportato una forte riduzione del numero delle domande volontarie degli aspiranti presidenti. E anche forti preoccupazioni per le eventuali defezioni dei dirigenti scolastici obbligati a svolgere tale ruolo. Tra i quali, peraltro, vi sono anche molti ultra60enni.

Per tentare di tamponare la falla, l’ufficio scolastico regionale per la Basilicata ha riaperto i termini delle domande (si veda la nota 2424/2020) e l’ufficio scolastico regionale per il Lazio, dove manca un presidente ogni 3 commissioni, ha disposto una ricognizione d’ufficio dei docenti aventi titolo (si veda la nota 12437/2020).

Allarme anche a Bergamo, provincia particolarmente colpita dal Covid-19, dove mancherebbe un presidente ogni due commissioni. L’ufficio scolastico per la Lombardia tace. Ma a dare l’allarme è stata la Cisl Scuola di Bergamo tramite il segretario provinciale, Salvo Inglima, secondo il quale vi sarebbe il rischio che le defezioni si traducano in «un intoppo gigantesco» che potrebbe mettere «a rischio lo svolgimento degli esami di maturità».

Allo stato attuale, peraltro, l’obbligo di svolgere l’incarico di presidente delle commissioni degli esami di stato vale solo per i dirigenti scolastici in servizio preposti a istituzioni scolastiche che comprendano scuole secondarie di II grado. Ma siccome già nell’ordinaria amministrazione si verificano defezioni per legittimo impedimento da parte dei dirigenti obbligati, la normativa prevede che possano presentare la domanda di partecipazione alle commissioni per gli esami di stato come presidenti anche i dirigenti scolastici preposti a scuole del I ciclo di istruzione e anche i docenti in possesso di determinati requisiti (si veda l’articolo 7 dell’ordinanza ministeriale 197/2020). Quest’anno il problema della scarsità dei presidenti si è ulteriormente aggravato.

Prima di tutto perchè un numero cospicuo di dirigenti scolastici, secondo quanto risulta a Italia Oggi, pur essendo obbligato a presentare la domanda, non lo avrebbe fatto. E poi anche e soprattutto per il fatto che le domande degli aventi titolo non obbligati scarseggiano a causa dei rischi connessi all’esame di stato in presenza e alle responsabilità che ricadono in primo luogo in capo ai presidenti.

Nel caso l’amministrazione non dovesse riuscire a coprire tutte le poltrone di presidente di commissione, una soluzione potrebbe essere quella della precettazione degli aventi titolo che non hanno presentato la domanda. Ma per fare questo sarebbe necessaria la previa emanazione di un provvedimento legislativo ad hoc. Provvedimento necessario anche per recepire il protocollo anti-Covid-19 sottoscritto il 19 maggio. Che peraltro contiene norme generali che andrebbero declinate con un’accurata disciplina di dettaglio anche a livello decentrato-territoriale.

Il protocollo, peraltro, fa riferimento a un non meglio specificato: «Documento tecnico sulla rimodulazione delle misure contenitive nel settore scolastico per lo svolgimento dell’esame di stato nella scuola secondaria di secondo grado», che prevede alcune misure che necessiterebbero, a loro volta, di essere recepite in un provvedimento legislativo. Per esempio, il «documento» prevede che all’atto della presentazione a scuola il candidato e l’eventuale accompagnatore dovranno produrre un’autodichiarazione redatta utilizzando un modulo allegato.

Con tale autodichiarazione bisognerà affermare l’assenza di sintomatologia respiratoria o di febbre superiore a 37.5°C nel giorno di espletamento dell’esame e nei tre giorni precedenti; di non essere stati in quarantena o isolamento domiciliare negli ultimi 14 giorni; di non essere stati a contatto con persone positive, per quanto di loro conoscenza, negli ultimi 14 giorni.

Il «documento» prevede inoltre che, nel caso in cui per il candidato sussista una delle condizioni indicate nel modulo, lo stesso non dovrà presentarsi per l’effettuazione dell’esame, producendo tempestivamente «la relativa certificazione medica al fine di consentire alla commissione la programmazione di una sessione di recupero nelle forme previste dall’ordinanza ministeriale ovvero dalle norme generali vigenti». In buona sostanza, dunque, i soggetti interessati dovranno autocertificare il proprio stato di salute. E ciò sembrerebbe in contrasto con le disposizioni contenute nell’articolo 46 del decreto del presidente della repubblica 445/2000.

Recuperi apprendimenti dal 1 settembre: cosa fa il collegio, chi organizza orario docenti, ruolo contrattazione

da Orizzontescuola

di Katjuscia Pitino

Con l’O.M. n.11 del 2020 che regolamenta la valutazione finale degli alunni sono venuti alla luce due nuovi dispositivi: il PAI e il PIA (l’uno Piano di apprendimento individualizzato, l’altro Piano di integrazione degli apprendimenti) che saranno redatti dal consiglio di classe, in caso di alunni che conseguiranno una valutazione inferiore a sei decimi (PAI) o nel caso in cui l’organo collegiale individui attività didattiche eventualmente non svolte rispetto alle progettazioni di inizio anno. A prescindere dalle finalità che l’ordinanza ministeriale ha inteso dare a questi due nuovi strumenti, ai fini di una loro attuazione, sarà necessaria la delibera del Collegio dei docenti nonché la definizione dei tempi e delle modalità di svolgimento. PAI e PIA avranno infatti una ricaduta non indifferente sull’orario di lavoro dei docenti.

Attività del PAI e del PIA richiedono delibera del Collegio dei docenti

Secondo l’articolo 6 dell’O.M. n.11 del 2020 le attività relative al piano di integrazione degli apprendimenti, nonché al piano di apprendimento individualizzato, a cura dei Consigli di classe, costituiscono attività didattica ordinaria e hanno inizio a decorrere dal 1° settembre 2020. In modo siffatto, le attività inserite in detti dispositivi, essendo di carattere didattico e organizzativo, richiedono però una formale delibera da parte del Collegio dei docenti. Ora, poiché l’Ordinanza ministeriale fissa un tempo di inizio (1 settembre 2020) per la realizzazione di tali attività, con possibilità che esse integrino, ove necessario, il primo periodo didattico, (trimestre o quadrimestre) proseguendo, laddove fosse necessario, per l’intero anno scolastico, diventa obbligatorio da parte dell’organo collegiale succitato, stabilire modalità e tempi di attuazione dei piani che eventualmente verranno adottati.

Ciò significa che le attività previste per il dispiegamento dei piani dovrebbero essere inserite nel Piano annuale delle attività ex art.28 del CCNL 29/11/2007. E’ risaputo che ai sensi dell’articolo 28, il piano, comprensivo degli impegni di lavoro, è deliberato dal collegio dei docenti nel quadro della programmazione dell’azione didattico-educativa; in tal caso trattasi di attività di carattere didattico che rientrano a pieno titolo nella progettazione di inizio anno e di competenza dell’organo collegiale.

Realizzazione e orario dei docenti

L’O.M. sopra citata esplicita che le attività didattiche del PAI e del PIA sono realizzate attraverso l’organico dell’autonomia (ex Legge n.107 del 2015), adottando ogni forma di flessibilità didattica e organizzativa e facendo convergere sul prioritario sostegno agli apprendimenti le iniziative progettuali.

Circa la quantificazione dell’orario di lavoro dei docenti resta un dubbio: chi dovrà decidere gli impegni quantitativi di recupero, consolidamento o integrazione degli apprendimenti, considerando che a partire da settembre, i docenti sono già impegnati nelle attività funzionali all’insegnamento ex art.29 del CCNL citato (in specie attività di programmazione e verifica di inizio anno)? Come ribadito dall’O.M., le attività dei piani rappresentano attività didattica ordinaria, ma dovrà pur esserci una regolamentazione a livello ministeriale e contrattuale, altrimenti già ad inizio anno scolastico, i docenti impegnati nell’attuazione dei PAI e dei PIA rischieranno veramente un surplus lavorativo, tra attività funzionali e quelle di vero e proprio insegnamento.

Confronto contrattuale

Oltretutto non bisogna dimenticare che, secondo l’art.22 del CCNL 2016/2018 (Istruzione e Ricerca), nella contrattazione integrativa l’articolazione dell’orario di lavoro del personale docente, educativo e ATA è oggetto di confronto, a livello di istituzione scolastica. Da ciò si ricava che, affinché tutto sia fatto secondo le regole dettate a livello ministeriale e nel rispetto delle disposizioni contrattuali, già a partire dal mese di agosto dovranno attivarsi i primi confronti a livello di istituzione scolastica. Va da sé che in questa stessa occasione i dirigenti scolastici, se non si tornerà in classe a pieno ritmo, dovranno altresì riformulare categoricamente e non solo relativamente al PAI e al PIA i criteri generali per l’utilizzo di strumentazioni tecnologiche di lavoro in orario diverso da quello di servizio, al fine di una maggiore conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare (diritto alla disconnessione, sempre ex art.22).

Primaria: piano di Integrazione degli apprendimenti e del Piano di Apprendimento individualizzato, modelli da scaricare

da Orizzontescuola

di Antonio Fundaro

L’evoluzione normativa di questi ultimi mesi, come già accennato, ha introdotto alcune novità che qui si sintetizzano e che rappresentano, senza ombra di dubbio, la premessa per PIA e PAI di cui si dirà e dei quali si fisseranno modalità di stesura:

1) l’art. 2 comma 3 del D.L. 8 aprile 2020 n. 22, stabilisce che il personale docente deve assicurare le prestazioni didattiche nella modalità a distanza (DaD) in corrispondenza della sospensione delle attività didattiche in presenza a seguito dell’emergenza epidemiologica in atto;

2) l’art. 87 comma 1 della L. 27/2020, assicura la Didattica a distanza quale forma di lavoro agile, stante l’impossibilità di svolgere il servizio di insegnamento in presenza;

3) l’art. 87 comma 3ter della Legge n. 27 del 24 aprile 2020, che ha convertito in Legge del D.L. n.18 del 17 marzo 2020 ha equiparato l’attività didattica a distanza a quella in presenza anche e soprattutto ai fini della valutazione nella parte dove recita che “la valutazione degli apprendimenti, periodica e finale, oggetto dell’attività didattica svolta in presenza o svolta a distanza a seguito dell’emergenza da COVID – 19 e fino alla data di cessazione dello stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei Ministri il 31 gennaio 2020, e comunque per l’anno scolastico 2019/2020, produce gli stessi effetti delle attività previste per le istituzioni scolastiche del primo ciclo dal decreto legislativo 13 aprile 2017, n° 62”.

4) la nota dipartimentale 17 marzo 2020, n. 388, recante “Emergenza sanitaria da nuovo Coronavirus. Prime Indicazioni operative per le attività didattiche a distanza” continua a ribadire la necessità di ristabilire modalità operative connesse alla DaD;

5) il Decreto Legislativo 13 aprile 2017 n. 62, art. 1, comma 5 circa le modalità di comunicazione efficaci e trasparenti in merito alla valutazione del percorso scolastico delle alunne e degli alunni, delle studentesse e degli studenti adottate dalle istituzioni scolastiche;

6) l’art. 3 e l’art. 6 dell’Ordinanza Ministeriale prot. n 11 del 16/05/2020, concernente la “Valutazione finale degli alunni per l’anno scolastico 2019/2020 e prime disposizioni per il recupero degli apprendimenti” introduce di fatto una serie di adempimenti e di nuovi documenti che hanno necessità di trovare immediata disciplina all’interno di ciascuna istituzione scolastica, dalla Primaria alla Secondaria di Secondo grado.

Le linee di indirizzo relative al PIA e del PAI: cosa premettere

Per adempiere, dunque, alle mutate esigenze normative sarebbe utile che ciascun istituto disponesse le “Linee di Indirizzo per la redazione del PIA e del PAI”, ovvero di quel Piano di Integrazione degli Apprendimenti e del Piano di Apprendimento Individualizzato, introdotti, a livello normativo, ai sensi degli gli artt. 3 e 6 dell’O.M. prot.11 del 16/05/2020.

Alla base della redazione dei due documenti sta il riesame della progettazione didattica con la conseguente riformulazione degli obiettivi formativi e delle unità di apprendimento in riferimento alla DaD, effettuati a cura dei Coordinatori di Programmazione (quando ci sono nelle istituzioni scolastiche), sentiti i Presidenti di Interclasse e i Team docenti della scuola Primaria o dai Dipartimenti della scuola Secondaria di I e II grado.

Chi deve fare cosa?

I Coordinatori di Programmazione della scuola primaria e i Coordinatori di Dipartimento della scuola secondaria di primo e di secondo grado, sentiti i colleghi docenti, devono provvedere, entro comunque lo scrutinio finale, a stilare il Piano di Integrazione degli Apprendimenti con le attività didattiche nell’ipotesi in cui non siano state svolte rispetto alle progettazioni di inizio anno e i collegati obiettivi di apprendimento, in relazione all’emergenza Covid-19 e all’avvio della Didattica a distanza. Per gli alunni ammessi alla classe successiva nel caso in cui i voti valutativi siano inferiori a sei decimi o, in ogni modo, di livelli di apprendimento non adeguatamente consolidati, gli insegnanti contitolari della classe e il consiglio di classe organizzano il Piano di apprendimento individualizzato (di cui all’articolo 6 dell’Ordinanza Ministeriale prot. n 11 del 16/05/2020), in cui saranno fissati, per ciascuna delle discipline o delle educazioni, gli obiettivi di apprendimento da conseguire o da consolidare nonché le distinte strategie per il raggiungimento dei relativi livelli di apprendimento. Le attività relative al Piano di integrazione degli apprendimenti, nonché al Piano di apprendimento individualizzato, rappresentano attività didattica regolare e decorreranno a partire dal 1° settembre 2020. Tali attività completano, ove necessario, il primo periodo didattico (trimestre o quadrimestre) e sicuramente proseguono, se indispensabili, per l’intera durata dell’anno scolastico 2020/2021.

Attività didattiche e organico dell’Autonomia

Le attività didattiche saranno realizzate utilizzando l’organico dell’autonomia, scegliendo ogni forma di flessibilità didattica e organizzativa e facendo confluire sul primario sostegno agli apprendimenti ogni eventuale iniziativa progettuale che il collegio dei docenti dovesse stabilire e inserire nel Piano Triennale dell’Offerta Formativa. Nel caso che gli alunni si dovessero trasferire da un’istituzione all’altra (in ingresso o in uscita, dunque), il Piano di integrazione degli apprendimenti viene contestualmente trasmesso all’istituzione scolastica di iscrizione, ciò permettendo che l’alunno non rimanga provato delle misure predisposte nell’anno scolastico precedente.

Cosa prevedere nel PIA e nel PAI

Per facilitare l’operato dei Coordinatori di programmazione e dipartimentali e dei loro referenti, alcuni dirigenti scolastici, tra questi la DS professoressa Giovanna Montagna Istituto Comprensivo Statale di viale Libertà a Vigevano (PV), hanno fornito delle ben articolate indicazioni e specificazioni. La dirigente scolastico Giovanna Montagna, ad esempio, nella circolare 241 del 20 maggio (davvero un bel ricamo giuridico) ha fatto presente che:

– “Il Piano di Integrazione degli Apprendimenti è il documento in cui sono individuate e progettate le attività didattiche eventualmente non svolte rispetto alle progettazioni di inizio anno ed i correlati obiettivi di apprendimento (ex art. 6 comma 2 dell’O.M. prot. 11 del 16/05/2020);

– Il Piano di Apprendimento Individualizzato è predisposto dai docenti contitolari della classe o dal consiglio di classe per gli alunni ammessi alla classe successiva, (tranne che nel passaggio alla prima classe della scuola secondaria di primo grado ovvero alla prima classe della scuola secondaria di secondo grado), in presenza di valutazioni inferiori a sei decimi. Nel piano sono indicati, per ciascuna disciplina, gli obiettivi di apprendimento da conseguire, ai fini della proficua prosecuzione del processo di apprendimento nella classe successiva, nonché specifiche strategie per il miglioramento dei livelli di apprendimento. Il piano di apprendimento individualizzato andrà allegato al documento di valutazione finale, (ex art. 6 comma 1 dell’O.M. prot. n.11 del 16/05/2020);

– le attività relative sia al Piano di Integrazione degli apprendimenti sia al Piano di Apprendimento Individualizzato integrano ove necessario, il primo periodo didattico (trimestre o quadrimestre) e comunque proseguono, se necessarie, per l’intera durata dell’anno scolastico 2020/2021 (ex art. 6 comma 3 dell’O.M. prot. n.11 del 16/05/2020) e costituiscono attività ordinaria a decorrere dal 1° settembre 2020 ai sensi dell’articolo 1, comma 2 del Decreto-legge 8 aprile 2020, n. 22; 2. Per quanto riguarda le caratteristiche dei Modelli del Piano di Integrazione degli apprendimenti si forniscono i seguenti indirizzi: – al fine di intervenire nel corso dell’A. S. 2020/2021, durante il primo periodo didattico e se occorre per l’intero anno scolastico, con una integrazione delle attività e dei contenuti disciplinari che, a causa della situazione emergenziale COVID-19 e della sospensione in presenza delle attività didattiche, non si è riusciti a svolgere in pieno o in parte, si prediliga una riprogrammazione per Competenze, Abilità, Conoscenze da consolidare/sviluppare, indicando i Contenuti delle singole discipline da integrare, gli strumenti e le strategie specifiche;

– per quanto riguarda la Metodologia da adottare si indirizzano i Coordinatori di Programmazione della scuola primaria e i Coordinatori di Dipartimento della scuola secondaria di primo grado a prevedere strategie di project work e di didattica laboratoriale e per competenze, al fine di rendere gli alunni protagonisti dell’apprendimento nell’ottica del learning by doing e della flipped classroom, utilizzando in tal senso l’esperienza positiva di didattica a distanza che si è registrata”.

Le caratteristiche del PAI

Per quanto riguarda le caratteristiche del Modello del Piano di Apprendimento Individualizzato, la DS Montagna fornisce alcuni validi indirizzi che qui si riprendono:

– per ciascuna disciplina in cui si è in presenza di una valutazione inferiore a sei decimi, occorre prevedere gli obiettivi di apprendimento da conseguire per l’alunno/a, le strategie per il raggiungimento degli obiettivi, i contenuti disciplinari da sviluppare, gli strumenti da utilizzare nonché specifiche strategie per il miglioramento dei livelli di apprendimento ai fini della proficua prosecuzione del processo di apprendimento nella classe successiva;

– per quanto riguarda la Metodologia da adottare si suggerisce una didattica autentica e per competenze al fine di rendere gli alunni protagonisti attivi dell’apprendimento;

– per quanto riguarda la Valutazione del percorso di apprendimento individualizzato si indica una valutazione di tipo formativo che tenga conto del percorso e del processo di crescita dell’alunno/a e dei risultati raggiunti in termini di autonomia, responsabilità e partecipazione.

E in caso di alunni con PEI o PDP?

Per gli alunni con Bisogni educativi speciali è assolutamente necessario integrare integrare il PEI (in presenza di alunni con disabilità) o il PdP (in presenza di alunni con DSA o con BES, prioritariamente se certificati) con il Piano di apprendimento individualizzato, ove fosse necessario, ai sensi dell’articolo 5 dell’O.M. prot. 11 del 16/05/2020). Al fine di facilitare ulteriormente l’operato dei Coordinatori di Programmazione della scuola primaria e i Coordinatori di Dipartimento della scuola secondaria di primo e di secondo grado, sarebbe utile predisporre e fornire ai docenti i Modelli Scuola Primaria e Secondaria di I e di II grado per la compilazione, in maniera unitaria, almeno di istituto, del Piano di Integrazione degli Apprendimenti e del Piano di Apprendimento Individualizzato.

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“a settembre scuole riapriranno per tutti”. Si lavora al protocollo sicurezza, sindacati: no a classi troppo numerose

da Orizzontescuola

di redazione

Il ministro della Salute, Roberto Speranza ha affermato che le scuole a settembre riapriranno e lo faranno con la massima sicurezza.

Il Comitato tecnico scientifico intanto non è d’accordo a far incontrare in presenza i bambini l’ultimo giorno di scuola ed ha incontrato l’Amministrazione ed i sindacati, che hanno espresso le loro perplessità sul rientro di settembre.

In particolare hanno denunciato che, in base agli organici in loro possesso, si dovranno formare classi troppe numerose, anche con 29/32 studenti; inoltre hanno chiesto che la responsabilità della sicurezza non sia imputata tutta ai dirigenti scolastici, auspicano che il protocollo, che non è stato ancora approntato, sia accurato e non organizzato celermente come è avvenuto per l’Esame di Stato del II ciclo.

Appena pronto il protocollo, sarà inviato al ministro Azzolina.

I sindacati spingono perché la didattica sia solo in presenza, per garantire a tutti gli studenti il diritto allo studio e alla scuola; chiedono che il personale sia formato sul’infezione da Covid e che ogni istituto abbia un medico competente, che ci sia più personale ATA e docente.

Il coordinatore del Cts Agostino Miozzo ha anche dichiarato che è possibile un nuovo picco del virus ad ottobre.

Sindacati: sui precari accordo inadeguato. Proclamato stato di agitazione

da Orizzontescuola

di redazione

Comunicato unitario FLC CGIL, CISL SCUOLA, UIL SCUOLA RUA, SNALS CONFSAL E GILDA UNAMS – Mentre è in corso in Senato l’esame del Decreto scuola che, tra i suoi obiettivi, ha l’immissione in ruolo di 24.000 docenti precari con almeno 36 mesi di servizio, i cinque maggiori sindacati del settore (FLC CGIL, CISL SCUOLA, UIL SCUOLA RUA, SNALS CONFSAL E GILDA UNAMS), del tutto insoddisfatti delle mediazioni politiche raggiunte fra i gruppi di maggioranza, hanno inviato ai ministeri competenti una richiesta di svolgimento del tentativo di conciliazione, sancendo formalmente lo stato di agitazione della categoria.

Gli esiti dell’incontro notturno di maggioranza hanno definito un quadro che ora deve passare il vaglio parlamentare, ma dai sindacati arriva un giudizio di totale insoddisfazione.

Le organizzazioni sindacali hanno sottoscritto accordi, con due governi e tre ministri, proprio su questa materia e responsabilmente hanno condiviso le linee guida su cui aprire un dibattito serio e costruttivo per riaprire le scuole a settembre. Un impegno volto ad individuare soluzioni praticabili, come nell’accordo sottoscritto qualche giorno fa per lo svolgimento degli esami di Stato.

Stiamo parlando di docenti e personale ATA che saranno pochi rispetto all’organico necessario per affrontare la riapertura, che impone fra l’altro l’adozione di misure organizzative di cui ogni giorno emergono anticipazioni più o meno fondate.

L’unica certezza, al momento, è che Il prossimo anno scolastico si presenta con un numero di precari mai visto prima, oltre 200 mila.

In questo contesto, che impone di guardare con estrema attenzione alla chiusura di questo anno scolastico e alla ripresa del prossimo, l’intesa di maggioranza decide di chiudere gli occhi di fronte alla realtà e rinviare le azioni nel tempo; con un accordo tutto teso a salvaguardare ruoli e rapporti politici nella maggioranza, si stravolge l’intero percorso fin qui compiuto con un lavoro durato oltre un anno.

L’esigenza, da tutti avvertita e fortemente rivendicata dai sindacati, di mettere in ruolo al primo settembre almeno una parte dei precari, che hanno permesso per anni e anni di fare funzionare la scuola, è stata alla base del confronto, volto a costruire anche attraverso il superamento della precarietà troppo diffusa un progetto di sviluppo del sistema scolastico che oggi deve in più affrontare i temi collegati all’uscita da un’emergenza senza precedenti.

Servono risorse, serve confronto sindacale, serve rispetto per gli accordi.

Si procede, invece, con atteggiamenti predeterminati e di contrasto. Non è questo il modo migliore per favorire una ripartenza del sistema scolastico sorretta da forti elementi di condivisione e collaborazione.

La richiesta di conciliazione che oggi abbiamo inviato al ministero vuole essere un richiamo alla realtà per una politica governativa che ne appare spesso disancorata, affidata a narrazioni improntate a un forzato ottimismo.

I problemi della scuola erano tanti e urgenti già prima che irrompesse l’emergenza della pandemia: progettare un ritorno alla didattica in presenza, di cui tutti avvertiamo impellente bisogno, significa oggi mettere in campo uno sforzo straordinario, fatto di investimenti, ma anche di rispetto e valorizzazione delle energie professionali di cui la scuola dispone attenzione, mettendo le scuole in condizione di esprimersi e di operare al meglio.