TASK FORCE

SCUOLA, CASA (M5S): COLLABORAZIONE CON TERRITORIO PER RICERCARE NUOVI SPAZI IDONEI AD ATTIVITA’ DIDATTICA

Roma, 4 mag – “Questa mattina insieme ai colleghi del Movimento 5 Stelle della Commissione Cultura ho incontrato in videoconferenza il Professor Patrizio Bianchi, Presidente della Task Force per gestire la fase del rientro a scuola e la ripresa dell’attività didattica. Una riunione molto interessante per conoscere lo stato dell’arte del lavoro portato avanti e confrontare i diversi punti di vista.

La ripartenza della scuola richiede un’azione comune e la condivisione di una visione d’insieme. A cominciare da un più profondo patto tra istituzioni scolastiche e territorio. La necessità di ricercare spazi idonei alla attività didattica pone numerose sfide che possono essere affrontate soltanto con una stretta collaborazione tra tutti gli attori del territorio in un rapporto integrato tra educazione formale e non formale. Aprire la città alla scuola e la scuola alla città riuscirebbe a garantire le condizioni per la costruzione di una vera comunità educante. Scuola e città devono divenire parte di un unico sistema, in grado di completarsi a vicenda. In questo modo palestre, teatri, biblioteche e musei possono estendere la loro funzione anche a specifiche attività didattiche e diventare luoghi di apprendimento situato”. Lo scrive, sulla sua pagina Facebook, la deputata del MoVimento 5 Stelle in commissione Cultura, Vittoria Casa.

“Altro punto fondamentale è la riduzione del numero di alunni per classe. Come sottolineato dal Professor Bianchi, questo processo sarebbe già dovuto partire da tempo. Creare classi con un numero minore di alunni sarebbe una piccola rivoluzione copernicana per la didattica. Oltre a garantire migliori condizioni ambientali permetterebbe di progettare interventi flessibili e personalizzati con un’ottima ricaduta sui processi di inclusione. Per attuarla occorre investire nell’ampliamento delle risorse economiche e umane, in edilizia scolastica e nella formazione di tutto il personale.

L’emergenza ci ha mostrato che i tagli a settori come la sanità o la scuola si siano rivelate scelte miopi. Ma se sul passato non possiamo purtroppo intervenire, per il futuro dobbiamo fare tesoro degli errori per costruire una scuola che metta veramente al centro gli studenti e le studentesse”, conclude Casa.


SCUOLA, VACCA (M5S): LEZIONI NEI LUOGHI DELLA CULTURA E NUOVO PERSONALE DI SUPPORTO. LE PROPOSTE ALLA TASK FORCE

Roma, 4 maggio – “Oggi con il prof Bianchi, presidente della Task force del ministero dell’Istruzione, è stato un incontro proficuo nel quale abbiamo illustrato il nostro piano per la riapertura delle scuole evidenziando come la necessità di non avere più classi pollaio sia un’opportunità per stimolare nuove metodologie e pratiche didattiche: scuola all’aperto, apertura al territorio, coinvolgimento enti e istituzioni culturali. La didattica a distanza resterà un tassello importante e sarà fondamentale implementare la formazione del personale docente. Inoltre, ci siamo confrontati con il prof Bianchi sulla fattibilità di sperimentare già da ora, magari solo in alcuni territori dove rischio ripresa covid più basso, il rientro a scuola per quegli studenti – il 6% in base al monitoraggio del Miur – esclusi finora dal percorso della didattica a distanza”. Lo dichiara in una nota Gianluca Vacca, deputato del MoVimento 5 Stelle e capogruppo in commissione Cultura, a margine dell’incontro tenuto con il prof Patrizio Bianchi.

“Per il rientro a scuola, e per tutto il prossimo anno scolastico, servirà anche personale scolastico aggiuntivo: siamo consapevoli che nuove assunzioni portano ulteriori costi per le casse dello Stato e per questo si potrebbero utilizzare i fondi europei. Oltretutto sarebbero risorse legate all’emergenza e a un incremento per il prossimo anno scolastico, quindi 2020 e 2021. Come MoVimento 5 Stelle chiediamo al MEF di valutare l’ipotesi altrimenti sarà dura riaprire le scuole in sicurezza garantendo un servizio idoneo per la comunità educante”, conclude la nota.

GOVERNO STA LAVORANDO ALACREMENTE PER SICUREZZA

SCUOLA, IORI (PD): GOVERNO STA LAVORANDO ALACREMENTE PER SICUREZZA 

“Nei prossimi giorni apriranno 2000 cantieri per la messa in sicurezza delle scuole. Il governo sta lavorando alacremente per garantire che il prossimo anno scolastico parta all’insegna della sicurezza. Dobbiamo fare il possibile per migliorare la qualità degli edifici e degli ambienti di apprendimento che devono essere sicuri e accoglienti. Si tratta di opere piccole e grandi già finanziate a cui andranno aggiunti ulteriori 855 milioni di euro stanziati con l’ultima legge di bilancio che potranno essere utilizzati per la manutenzione straordinaria e l’efficentamento energetico e quelli previsti dalla Programmazione Unica nazionale 2018-2020. In tal senso, sono stati messi a disposizione 320 milioni di euro che consentiranno alle Regioni di effettuare interventi nei loro territori. Risorse che si aggiungono ai 510 milioni erogati agli enti locali e per cui sono già in corso le procedure di affidamento dei lavori.
Sono interventi fondamentali perché, da una parte, si sostiene l’economia, dando lavoro e, dall’altra, si investe suoi luoghi del sapere”. Lo dichiara la senatrice del Pd Vanna Iori, capogruppo in Commissione Istruzione a Palazzo Madama. 

NO alla “didattica mista, in classe e online”

Comitato #lascuolaascuola:
NO alla “didattica mista, in classe e online”
NO alla scuola Cenerentola dello Stato

Bologna, 4 Maggio 2020 – Il Comitato “La Scuola a Scuola” esprime la propria contrarietà all’ipotesi di “didattica mista, in classe e online”, con turnazione di metà settimana, proposta dalla Ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina per l’anno scolastico 2020/21.

Le misure annunciate dalla Ministra Azzolina nel corso de “L’Intervista” di Maria Latella su Sky Tg24 di sabato 2 maggio, non garantiscono il diritto all’educazione e all’istruzione di milioni di bambini e ragazzi. L’alternanza tra “ragazzi in classe e ragazzi collegati a distanza con turnazione a metà settimana, proposta dalla Ministra, è fortemente peggiorativa della qualità della didattica e dell’educazione offerta dal sistema scolastico, e inattuabile per gli alunni minori di 14 anni senza l’aiuto di un adulto. Il Comitato esprime il proprio sconcerto di fronte al fatto che le istituzioni non prevedano ancora alcun piano di messa in sicurezza del sistema scolastico, aumentando i timori di docenti, personale educativo e tecnico-amministrativo.

Nelle scorse settimane il Comitato “La Scuola a Scuola”, sorto per iniziativa di medici, psicologi, docenti e genitori, ha elaborato numerose proposte per la riapertura delle scuole in sicurezza, trovando interlocutori attenti e un dialogo fattivo nelle istituzioni e ai tavoli politici e tecnici locali, regionali e nazionali. Nessuna di queste proposte e riflessioni è rintracciabile nelle dichiarazioni della Ministra Azzolina, fatta eccezione per la parziale apertura a progetti di centri estivi, con l’aver “messo a disposizione, come ministero dell’Istruzione, scuole, palestre e cortili”. Il Comitato “La Scuola a Scuola” contesta questo approccio, che  mortifica non solo il valore del ragionamento politico, ma anche la valenza funzionale dei tavoli tecnico-specialistici convocati e di tutte le proposte che ivi giungono da chi ha le competenze per formularne.

L’inconsistenza e la gravità delle dichiarazioni della Ministra sono apparse evidenti anche dalla sua replica alle critiche trasversali giunte dopo la messa in onda dell’intervista. Azzolina ha infatti parzialmente rettificato, definendo quanto affermato come “alcune sue proposte per la riapertura”, che non sono decisioni già prese o imposte. Ciò rivela come, all’avvio della Fase 2, le linee guida per la progettazione del prossimo anno scolastico non siano affatto chiare neppure nella mente della titolare dell’organo di governo competente in materia di istruzione.

La didattica a distanza, che, secondo la proposta di Azzolina, diventerebbe parte integrante della didattica ordinaria e non più solo risposta emergenziale alla chiusura delle scuole predisposta dal governo nella Fase 1 della lotta a Covid-19, esclude intere fasce d’età (in particolare dagli 0 agli 11 anni), non risponde ai bisogni educativi delle decine di migliaia di studenti con disabilità fisiche o intellettive o con disturbi specifici dell’apprendimento, aumentandone l’isolamento. È una forma didattica non inclusiva, che non solo accresce le disuguaglianze sociali tra studenti, ma peggiora anche le disuguaglianze di genere nelle ricadute che comporta nelle scelte lavorative di milioni di famiglie. A tal proposito vale la pena ricordare quanto già tali disuguaglianze (“più uomini che lavorano che donne”) siano parte di “una situazione su cui dovremmo impegnarci, un punto di debolezza”, come giustamente ha sottolineato il Ministro della Salute, Roberto Speranza, alla vigilia del riavvio del motore industriale del Paese per la Fase 2.

Nel quadro dell’attuale pandemia, la scuola non può essere la “Cenerentola” delle istituzioni e dei servizi pubblici, ma, al contrario, deve ricevere la massima attenzione e le risorse necessarie per essere il motore della costruzione di nuove modalità di convivenza. La scuolaservizio essenziale, può e deve diventare anche un punto avanzato di sanità pubblica: trattando il personale scolastico come il personale sanitario, avremo la possibilità di individuare molto precocemente eventuali catene di contagio e di intervenire rapidamente. Se i bambini e i ragazzi non saranno a scuola, perderemo un tassello fondamentale nello studio del funzionamento di Covid-19.

DIFFICOLTA’ SOCIALI E CULTURALI SE LE SCUOLE NON RIAPRIRANNO COME IN ALTRI PAESI

SCUOLA: AIDDA, DIFFICOLTA’ SOCIALI E CULTURALI SE NON RIAPRIRANNO COME IN ALTRI PAESI. TORLASCO, ANCORA UNA VOLTA DONNE RISCHIANO DI ESSERE SVANTAGGIATE

ROMA, 4 MAG – “Insistere sulla prosecuzione della chiusura delle scuole sta comportando una serie di gravi difficoltà sul piano sociale e culturale, che riusciremo a valutare solo nel prossimo futuro, pagandone le pesanti conseguenze anche sul piano socioeconomico”. Lo dichiara Maria Claudia Torlasco, presidente nazionale dell’Associazione Imprenditrici Donne Dirigenti di Azienda che ricorda ed evidenzia con forza i problemi che sta procurando la chiusura delle scuole, e questo proprio mentre molti altri paesi europei stanno procedendo alla riapertura..

“Si consideri, infatti – prosegue la Torlasco – la lesione dei diritti dei bambini che dovrebbero vedere rispettati i loro bisogni ed i loro tempi di apprendimento scolastico; si pensi alle inevitabili disuguaglianze che comporta la didattica a distanza fra giovani appartenenti a famiglie che si possono permettere di supportarla e giovani appartenenti a famiglie che questa possibilità invece non hanno; si consideri, infine, un elemento di non secondaria importanza, vale a dire la questione del maggiore svantaggio per il mondo femminile che, ancora una volta, vede caricato sulle sue spalle il maggior onere di ‘cura’ che questa situazione comporta, con anche una significativa discriminazione nelle rispettive sedi di lavoro”.

La DaD nella Scuola Primaria al tempo del COVID-19

La Didattica a Distanza nella Scuola Primaria al tempo del COVID-19: punti di forza e aree di criticità

di Valerio Ferro Allodola *

Introduzione

La rapida diffusione della pandemia da COVID-19 in tutto il mondo, ha provocato il distanziamento sociale, la chiusura di scuole e università, la cancellazione di tutti gli eventi culturali in presenza, al fine di evitare gli assembramenti e il conseguente potenziale espandersi del virus.

L’articolo presenta i punti di forza e le aree di criticità della Didattica a Distanza (DaD) nella Scuola Primaria. In riferimento all’accessibilità e all’usabilità della DaD da parte dei bambini, dei bambini certificati con Legge 104/1996 e/o con certificazione DSA, sono stati delineati i seguenti elementi di analisi: a) continuità didattica; b) capacità di costruire, mantenere e corroborare relazioni nell’organizzazione scolastica; c) tempi d) inclusione; e) carico cognitivo; f) organizzazione; g) personalizzazione; h) valutazione.

Continuità didattica

Di fronte ad una situazione inedita, che ha cambiato  le vite di tutti con l’isolamento sociale, la scuola si è ritrovata a dover necessariamente riconfigurare le proprie pratiche didattiche on-line.

Non tutte le istituzioni scolastiche hanno risposto allo stesso modo e con la stessa tempestività: molto è dipeso sia da una mancanza di linee guida nazionali, sia dai singoli Dirigenti Scolastici. Quello che possiamo affermare, è che sicuramente tutte le scuole hanno fatto il possibile per avviare la Didattica a Distanza (d’ora in poi DaD), in modo da assicurare la continuità didattica, anche se necessariamente virtuale.

Le scuole dotate del registro elettronico hanno potuto usufruire degli strumenti disponibili all’interno dello stesso, attivando anche aule virtuali. In contemporanea, sono state attivare altre piattaforme (es. G Suite for Education e i canali su youtube) per caricare e condividere materiali didattici (documenti, video, ecc).

I docenti e il team digitale (nelle scuole dove presente), hanno lavorato su un duplice fronte: la cooperazione tra colleghi (specialmente quelli con poche competenze informatiche) e con i genitori dei bambini (a partire dal ritiro dei libri di testo, lasciati a scuola in seguito all’improvvisa chiusura delle scuole). Naturalmente, qui si è venuta a creare la prima “differenza” tra studenti: quelli con i genitori tecnologici e quelli con genitori meno tecnologici. Le famiglie con più figli, inoltre, hanno avuto il problema della non sufficiente quantità di dispositivi informatici in loro possesso.

È stato importante, in una prima fase, un lavoro di ricognizione delle risorse e dei materiali disponibili da parte della scuola, che si è attivata in tempi relativamente brevi, grazie al fondo governativo per l’acquisto di tablet e pc per gli studenti più svantaggiati su questo fronte.

La DaD è partita, dunque, abbastanza celermente e in forme diverse – nonostante la grave situazione emergenziale – rispettando la libertà di insegnamento di ciascun docente, ma non dimenticando sicuramente non solo l’assegnazione di compiti e lezioni, ma la restituzione sotto forma di correzione scritta e/o orale (feedback) con i mezzi virtuali a propria disposizione.

Capacità di costruire, mantenere e rafforzare relazioni nell’organizzazione scolastica

L’esperienza che stiamo vivendo, in particolare come docenti, ha incentivato la riflessione su una serie di questioni che riguardano la capacità di costruire, mantenere e rafforzare relazioni nell’organizzazione scolastica, configurandola come “comunità di pratica” (Alessandrini, 2007; Fabbri, 2007; Gherardi, 1998, 2000; Wenger, 2003; Wenger e McDermott, R., Snyder, 2007). Questo è sicuramente un tema delicato – affrontato frequentemente in letteratura prima del virus – che, mai come adesso, richiede un approfondimento concreto.

La distanza imposta dall’isolamento sociale, ha portato i docenti a riconfigurare le proprie pratiche lavorative, oltre che didattiche. Tutto è cambiato nel giro di pochi giorni: le aule sono diventate virtuali, le lezioni, le voci dei bambini, i libri e i compiti pure. Uno stravolgimento completo, che ha trasformato la realtà in realtà virtuale e aumentata.

Gli insegnanti, quindi, hanno cercato di sopperire a queste gravi mancanze utilizzando la tecnologia attualmente disponibile, frequentando corsi di formazione attivati dalle scuole e non, al fine di implementare le proprie conoscenze e competenze di progettazione della DaD.

Le classiche riunioni di fascia si sono tenute on-line, al fine di organizzare il lavoro didattico del secondo quadrimestre. Insomma, come sempre, la scuola italiana ha cercato di “reggere” il carico anche emotivo di tutti coloro che compongono la scuola: dirigenti, insegnanti, genitori, personale ATA, collaboratori scolastici, ecc.

Questo, forse, deve farci riflettere sulle reali capacità di cooperazione che la scuola pubblica reca in sé, nonostante il disinvestimento economico e socio-culturale del nostro Paese che l’ha riguardata negli ultimi decenni.

Tre elementi emergono, a mio avviso, da considerarsi come prioritari:

  • la necessità di corroborare fortemente la formazione alle competenze digitali e al lavoro cooperativo per gli insegnanti, in modo tale che tutti siano preparati ad eventi simili e a condizioni più o meno “estreme”;
  • l’urgenza di incentivare risorse economiche per la scuola e tutto il personale scolastico;
  • il bisogno di lavorare – a tutti i livelli – per la costruzione di una “cultura della scuola” come bene primario e fondante del nostro Paese.

Tempo

È scientificamente dimostrato che l’apprendimento ha bisogno di “sedimentare” per diventare “significativo” (Ausubel, 1978) e che l'(auto)riflessione richiede del tempo per attivarsi (Schön, Jung). C’è bisogno di una “slow pedagogy” (Payne & Wattchow, 2008) in cui il tempo deve essere necessario, giusto, rallentato (Rivoltella, 2012).

Un apprendimento significativo si realizza solo se l’allievo riesce a mettere in relazione le nuove conoscenze con i sistemi di pre-conoscenze già possedute.

È necessario, cioè, che le nuove informazioni in arrivo si intreccino con una preesistente impalcatura conoscitivo/cognitiva interna. Quando si presentano nuove conoscenze, se non si aiuta consapevolmente l’allievo” a “fare i conti” (stabilire consapevoli relazioni e nessi) con ciò che già si possiede, le nuove conoscenze non troveranno i punti di appoggio e dunque non diventeranno conoscenze interiorizzate e significative. Ausubel afferma (Ibidem): “Se dovessimo condensare in un unico principio la psicologia dell’educazione direi che il singolo fattore più importante che influenza l’apprendimento sono le conoscenze che lo studente già possiede. Accertatele e comportatevi in conformità nel vostro insegnamento”.

Assegnare i compiti agli studenti con una scadenza di consegna permette una maggiore capacità di riflessione sul lavoro, avendo a disposizione un’enorme quantità di tempo e diminuendo l’eventuale ansia da prestazione sull’apprendimento (Sullivan, 1953). Inoltre, quando possibile, essendo seguiti da genitori e/o altri parenti, tutti hanno la possibilità di trascorrere più tempo insieme e questo può essere importante anche per rafforzare i legami intra-familiari.

Una criticità rispetto all’elemento del tempo concerne si può avere quando il ritmo delle lezioni online determina le medesime difficoltà legate ai tempi serrati in classe, ma con l’aggravante che lo studente fatica ad interagire con il docente. La disponibilità del docente a registrare la lezione, che poi può essere allegata al registro o a Google Classroom o inviata per mail, è quindi importante per permettere ai bambini di riascoltarla e organizzarla. Inoltre, i bambini potrebbero entrare in ansia quando vengono proposti quiz di verifica senza tenere conto del fattore tempo e senza aver avuto modo di programmare queste attività rielaborando il materiale di studio.

Inclusione

Nell’ambito del Design for All nelle Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione (ICT), l’Unione Europea fa riferimento a questo con i termini Inclusione e Accessibilità.

Il Design for All è un approccio basato su 7 principi universali di utilizzo per la progettazione secondo il Centro ricerche della University of North Carolina (USA):

• Principio 1: Uso equo.

• Principio 2: Uso flessibile.

• Principio 3: Uso semplice ed intuitivo.

• Principio 4: Percettibilità delle informazioni.

• Principio 5: Tolleranza all’errore.

• Principio 6: Contenimento dello sforzo fisico.

• Principio 7: Misure e spazi per l’avvicinamento e l’uso.

L’accessibilità favorisce l’usabilità: rendere un’interfaccia compatibile con utenti disabili la rende più facile da usare da parte di tutti gli utenti.

L’accessibilità richiede l’usabilità: solamente i siti facilmente usabili possono realmente essere resi accessibili, altrimenti si avrà un’interfaccia accessibile ad un sito impossibile da navigare.

L’Universal Design for Learning (“Progettazione Universale per l’Apprendimento”) è un modello educativo che si propone di orientare l’allestimento di ambienti flessibili che possano soddisfare le differenze individuali e andare incontro ad ogni tipologia di bisogno. L’UDL sostiene che la progettazione debba essere multimodale (Rose & Meyer, 2002) e si propone di fornire a tutti le medesime opportunità di apprendimento, alternative di approccio, percezione, comprensione, elaborazione ed espressione della conoscenza. Le parole chiave che la caratterizzano sono: accessibilità, personalizzazione, rispetto della diversità e progettazione curricolare universale.

In termini di “inclusione come ricerca dell’eguaglianza formativa” (Capperucci, Franceschini, 2020), la ricerca didattica continua a produrre contributi importanti, anche in termini di descrizione critica di alcuni strumenti operativi necessari a praticarla. Molto interessante, a riguardo, è la ricerca di Fabbro, Agosti e Correa (2017),  che fa emergere la caratterizzazione “inclusiva” nel processo d’apprendimento delle pratiche digitali a scuola, ma talvolta anche un’occasione di “fuga” momentanea dall’uso didattico-strumentale  della  tecnologia.  Gli Autori rilevano quanto “l’orientamento verso la funzione inclusiva della tecnologia sia trasversale a tutte le classi, mentre l’orientamento alla funzione di evasione sia più presente tra  coloro  che  per  diverse  ragioni  sono  meno  integrati  nel  sistema  scolastico,  ovvero  i bambini della classe prima, per i quali la scuola primaria rappresentava un ambiente nuovo e alcuni soggetti per le classi quinte, in cui erano presenti diversi bambini già a rischio di esclusione educativa e sociale” (Ibidem, p. 79).

Carico cognitivo

Se la DaD è interpretata da alcuni docenti come mera assegnazione di pagine da studiare, con l’invito a eseguire i relativi compiti, gli studenti con DSA faticano a gestire in autonomia argomenti nuovi, senza la relativa spiegazione. Eseguire i compiti senza agganci cognitivi chiari, si delinea come difficoltà superabile solo grazie a genitori costretti a improvvisarsi insegnanti sul “campo”. È quindi fondamentale che i docenti concordino con cura i compiti assegnati e le attività didattiche, poiché il carico cognitivo, specialmente per i bambini con DSA può diventare insostenibile.

In particolare, bisogna tener conto delle molteplici sfaccettature connesse alla gravità del disturbo e all’accettazione degli strumenti compensativi come strumento di lavoro; il docente, conoscendo bene il proprio alunno, può valutare il supporto corretto per accedere alle lezioni (in modo sincrono) ed utilizzare il PC.

La Teoria del Carico cognitivo (Cognitive Load Theory, CLT) fa riferimento alla quantità di impegno di elaborazione che si produce nella memoria di lavoro: estraneo, intrinseco e pertinente (Sweller, 1988, 2010, 2011).

Estraneo (extraneous): riguarda tutte le forme di attività cognitiva che distraggono da ciò che è significativo per realizzare l’apprendimento desiderato. Esso va eliminato o ridotto in ogni caso. Intrinseco (intrinsic): è il carico di lavoro cognitivo imposto di per sé da un determinato compito, dovuto alla sua naturale complessità. Quando è troppo alto,va ridotto.

Pertinente (germane): si riferisce all’impegno cognitivo utile. Va tenuto alto.

Organizzazione

È fondamentale che ogni team docente e ogni istituto elaborino una ricognizione sulle tipologie e sulla quantità di piattaforme di cui dispongono, sugli strumenti di video-lezione, gli spazi di archiviazione, i registri da coinvolgere nella comunicazione e nella gestione delle attività. In questi mesi di sperimentazione delle scuole sulla DaD, è ovviamente necessaria la guida del Dirigente Scolastico. Quest’ultimo, assieme al team digitale (previsto e istituito dal Piano Nazionale Scuola Digitale – PNSD, Legge 107/2015 “La Buona Scuola”), deve concentrare il proprio compito nel dare unitarietà alle proposte, scegliendo accuratamente alcuni canali per le lezioni in sincrono, le videoregistrazioni e gli spazi in cui gli studenti possono trovare i materiali di studio, con particolare attenzione agli alunni certificati con Legge 104/1992 e/o con certificazione DSA.

Personalizzazione

L’elemento della personalizzazione, ovvero “i traguardi relativi alle potenzialità personali nel processo di insegnamento-apprendimento” (Baldacci, 2006), può esplicarsi nella DaD attraverso la capacità del team di prevedere materiali semplificati: offrire a tutta la classe, ad esempio, la mappa della video-lezione svolta, creare piccoli gruppi di studio live in cui usare un lessico più semplice e tempi più distesi per la spiegazione o la correzione del compito.

Valutazione

La mission dell’istituzione scolastica di oggi è la promozione dell’autonomia intellettuale, che coinvolge anche la capacità di autoregolare il proprio apprendimento (Ferro Allodola, 2020); il feedback è riconosciuto, infatti, come il modo più potente per migliorare l’apprendimento (Parkin, Hepplestone, Holden, Irwin, & Thorpe, 2012).

Possiamo definire il feedback come un’informazione che l’ambiente fornisce al soggetto in apprendimento e che lo aiuta a proseguire verso il traguardo. Le caratteristiche di un buon feedback riguardano: a) far capire il punto in cui ci si trova; b) ricordare il traguardo da raggiungere; c) suggerire la strategia giusta.

L’aspetto della valutazione è forse il tema più dibattuto nei Collegi docenti virtuali e nelle riunioni on-line dei docenti. La Nota 279/2020 ha già descritto il rapporto tra attività didattica a distanza e valutazione.

“Se è vero che deve realizzarsi attività didattica a distanza, perché diversamente verrebbe meno la ragione sociale della scuola stessa, come costituzionalmente prevista, è altrettanto necessario che si proceda ad attività di valutazione costanti, secondo i principi di tempestività e trasparenza che, ai sensi della normativa vigente, ma più ancora del buon senso didattico, debbono informare qualsiasi attività di valutazione […] Se l’alunno non è subito informato che ha sbagliato, cosa ha sbagliato e perché ha sbagliato, la valutazione si trasforma in un rito sanzionatorio, che nulla ha a che fare con la didattica, qualsiasi sia la forma nella quale è esercitata. Ma la valutazione ha sempre anche un ruolo di valorizzazione, di indicazione di procedere con approfondimenti, con recuperi, consolidamenti, ricerche, in un’ottica di personalizzazione che responsabilizza gli allievi, a maggior ragione in una situazione come questa” (Nota 388/17 marzo 2020: Indicazioni operative per la didattica a distanza).

La lezione in sincrono, in cui l’interazione è ordinata e controllata il più possibile, consente al docente di avere a disposizione un importante strumento di valutazione e cioè la partecipazione attiva dei ragazzi e la loro disposizione ad apprendere mediante interventi e atteggiamenti pro-attivi durante la video-lezione.

Affinché avvenga un apprendimento significativo (come prima ricordato), lo studente deve sapere se sta avanzando e come fare per incrementare gli apprendimenti e la capacitò di apprendere ad apprendere (Capperucci, 2020). La Nota sopra citata aggiunge: “Si tratta di affermare il dovere alla valutazione da parte del docente, come competenza propria del profilo professionale, e il diritto alla valutazione dello studente, come elemento indispensabile di verifica dell’attività svolta, di restituzione, di chiarimento, di individuazione delle eventuali lacune, all’interno dei criteri stabiliti da ogni autonomia scolastica, ma assicurando la necessaria flessibilità.” La valutazione nella DaD, dunque, continua a mantenere la sua funzione di “valorizzazione” in itinere dei successi dell’alunno.

In particolare, per i bambini con DSA, può essere utile costruire e somministrare brevi test di autovalutazione per poi discutere i risultati con rapide sessioni on-line. Il giudizio finale sul percorso del bambino con difficoltà di apprendimento – nel rispetto del PDP (Piano Didattico Personalizzato) –  sarà poi il risultato del confronto del Team e del Consiglio di Classe, in cui la valutazione ritrova la sua valenza collegiale.

Conclusione

In questo difficile periodo, gli insegnanti hanno il compito di rivedere e semplificare la progettazione, scegliendo con attenzione gli obiettivi da raggiungere e le competenze da implementare, sulla base del nuovo “ambiente di apprendimento”.

Un approccio multimodale e digitale necessita sempre di un’attenta e graduale progettazione in un’ottica di reale inclusione di tutti e di ciascuno. Oggi più che mai serve un grande di lavoro di cooperazione intra ed extrascolastico, per evitare il potenziale acuirsi delle differenze sociali dovute alle implicazioni socio-economiche, antropologiche e politiche del COVID-19.

Piste di ricerca futura dovrebbero riguardare, ad esempio, lo studio del rapporto tra DaD e differenze socio-economiche nella popolazione scolastica nella scuola Primaria e lo “stato dell’arte” in Italia sulle competenze digitali degli insegnanti di scuola Primaria sulla DaD.

Nota dell’autore

Dedico questo lavoro al Dott. Valerio Pensabene, PhD in “Qualità della Formazione” presso l’Università degli Studi di Firenze ed esperto in Educazione degli Adulti, scomparso nel 2018. Un grande professionista che ho avuto la fortuna di incontrare durante gli anni del mio dottorato fiorentino e col quale mi sono spesso confrontato.


* Ateneo telematico “eCampus”


Bibliografia

Alessandrini, G. (a cura di) (2007). Comunità di pratica e società della conoscenza. Roma: Carocci.

Baldacci, M. (2006). Personalizzazione o individualizzazione?, Trento: Erickson.

Capperucci, D. (2020). Strumenti per valutare l’apprendere ad apprendere: un percorso di ricerca-formazione realizzato con gli insegnanti del primo ciclo. Ricerche Pedagogiche, vol. 214: pp. 121-144.

Capperucci, D, Franceschini, G. (a cura di) (2020). Introduzione alla pedagogia e alla didattica dell’inclusione scolastica. Riferimenti culturali, normativi, metodologici. Milano: Guerini e Associati.

Fabbri, L. (2007). Comunità di pratiche e apprendimento riflessivo. Carocci: Roma.

Fabbro, F., Agosti, A., & Correa, E. (2017). Digital practices in primary school: is the pupil protagonist? Form@re – Open Journal Per La Formazione in Rete, 17(1), pp. 68-81.

Ferro Allodola, V. (2020)., Apprendimento, feedback del docente e revisione tra pari: limiti e potenzialità. Form@re – Open Journal Per La Formazione in Rete, 20(1), pp.

Gherardi, S. (1998). Apprendimento come partecipazione ad una comunità di pratiche, Scuola democratica, v. 1, 2, pp. 247-264.

Gherardi, S. (2000). La conoscenza, il sapere e l’apprendimento nelle comunità nelle comunità di pratica, Studi Organizzativi, 1, pp. 5-9. Baldacci M. (2005).Personalizzazione o individualizzazione?, Trento: Erickson.

Rivoltella, C. (2012). Neurodidattica. Insegnare al cervello che apprende. Milano: Raffaello Cortina.

Parkin, H. J., Hepplestone, S., Holden, G., Irwin, B., & Thorpe, L. (2012). A role for technology in enhancing students’ engagement with feedback. Assessment & Evaluation in Higher Education. 37(8), 963973.

Payne, P. & Wattchow, B. (2008). Slow pedagogy and placing education in post-traditional outdoor education. Journal of Outdoor and Environmental Education. 12, pp. 25-38.

Rose, D., & Meyer, A. (2002). Teaching every student in the digital age: Universal design for learning. http://www.cast.org/teachingeverystudent/ideas/tes/

Sweller, J. (1988). Cognitive load during problem solving: Effects on learning. Cognitive Science, 12(2), pp. 257–285.

Sweller, J (2010). Cognitive load theory: recent theoretical advances. In J.L. Plass, R. Moreno & R. Brunken (eds.), Cognitive load theory (pp. 29-47). New York, NY: Cambridge University Press.

Sweller, J., Ayres, P., & Kalyuga, S. (2011). Cognitive load theory. New York, NY: Springer.

Wenger, E., McDermott, R., Snyder, W.M. (2007). Coltivare comunità di pratica. Prospettive ed esperienze di gestione della conoscenza. Trad. it., Milano: Guerini e Associati.
Wenger, E. (2006). Comunità di pratica. Apprendimento, significato e identità. Trad. it., Milano: Raffaello Cortina.

A settembre classe divisa ma unita

A settembre classe divisa ma unita
Proposta di didattica intensiva e modulare

di Giuseppe Adernò

            “Scrivere dritto su righe storte” non è solo uno slogan, né una formula  magica, ma è una regola dettata dal bisogno del docente educatore, il quale intende ricercare il miglior bene per i suoi studenti, impegnandosi ad accompagnarli nel processo di crescita e di formazione.

             In vista dell’avvio dell’anno scolastico, dopo la chiusura per il Covid-19, la Ministra Azzolina rispondendo ad un’intervista ha avanzato la proposta di dividere la classe in due gruppi e alternare didattica frontale e a distanza, per garantire il distanziamento fisico e prevenire occasioni di contagio.

             Era questa una delle indicazioni formulate e pubblicate alcuni giorni fa in questo sito nell’articolo: “Sognando una scuola secondaria rinnovata Proposta di didattica flessibile, modulare e intensiva (almeno) per le prime classi”.

            Nell’articolo si propone la turnazione del gruppo classe, che alterna giorni di didattica in presenza a scuola e giornate a casa con l’impegno di seguire al computer o nei programmi di Rai scuola approfondimenti didattici.

             La DaD (didattica a distanza) nuova sigla introdotta nel lessico scolastico, non si fa utilizzando il modello d’insegnamento in presenza: appello, interrogazioni, compiti e ore di video lezioni, ma dovrebbe incontrare il vissuto degli studenti e aiutarli a sviluppare pensieri e idee, e non solo recuperare e continuare il programma interrotto per la chiusura forzata della scuola. 

         Ipotizzando la divisione della classe in due in funzione del distanziamento fisico, il primo gruppo svolge attività in presenza il lunedì e il mercoledì e il secondo gruppo il martedì e il giovedì.

I contenuti delle lezioni in presenza  del lunedì saranno approfonditi mediante attività di ricerca on line il martedì a casa, con eventuali interventi a distanza del docente di altre discipline e le tematiche saranno riprese e approfondite il mercoledì a scuola, con l’intervento diretto del docente e una verifica degli apprendimenti.

Il secondo gruppoavrà come giorni con didattica a distanza il lunedì, e il mercoledì, mentre il martedì e il giovedì si andrà a scuola, fruendo della didattica in presenza.

Il gruppo classe potrà avere una particolare funzionalità e socialità il venerdì, quando invece di restare come gruppo singolo, si formano gruppi misti di studenti organizzati in moduli di potenziamento o di eventuale recupero e approfondimento, secondo le indicazioni del Consiglio di classe.

Nell’applicazione concreta l’ipotesi presentata potrà trovare delle difficoltà oggettive di spazi e di organico di docenti. A tale scopo si suggerisce di cogliere l’occasione del Coronavirus per apportare all’organizzazione scolastica una formula innovativa, attraverso la didattica intensiva e modulare.

L’anno scolastico potrà essere strutturato in tre bimestri curriculari: ottobre-novembre; dicembre-gennaio; febbraio-marzo; ed il percorso conclusivo di sintesi e verifica dei risultati nel quarto bimestre aprile-maggio.

            L’ultimo bimestre, infatti, sarà organizzato come rinforzo e consolidamento dei contenuti e delle competenze acquisite, funzionali al proseguimento del percorso formativo.

            Tutti gli studenti nell’arco del bimestre affronteranno lo studio ben strutturato non di tutte le materie per l’intero anno, bensì di specifiche discipline in maniera intensiva nell’articolazione bimestrale e al termine di ogni percorso si effettueranno delle prove di verifica con relativa certificazione.

            Alcune materie ad esempio italiano, matematica, inglese, saranno presenti in tutti e tre bimestri, mentre altre discipline potranno essere compattate e intensive nell’arco di uno o due bimestri.

            Ciò comporterà la necessità di rivedere non solo i contenuti disciplinari, favorendo l’essenziale che sarà ampliato anche mediante interventi con didattica a distanza, ma anche le metodologie da adottare per una didattica efficace nell’ottica dello sviluppo delle competenze.

            L’adozione di una didattica compatta, capace di un esercizio di “distillazione “ della disciplina, scegliendo l’essenziale, il basilare, l’indispensabile e il necessario, trova applicazione nella pratica detta: Chunking, “esperienza formativa che consta nello smontare notizie articolate in modo da conseguire unità elementari più facili da memorizzare (ma non solamente, naturalmente) e da gestire”.

            Il verbo “to chunk” indica, infatti, il “fare a pezzi”, e il nome “Chunk” indica il pezzo o il blocco, quindi il Chunking è l’azione di “spezzettare”. “ridurre in blocchi” i contenuti disciplinari e pianificare i diversi moduli didattici.

            “La cultura è, infatti, un boccone troppo grande per essere masticato tutto intero”, occorre strutturare percorsi di senso e di significato e metterli in correlazione. Ecco il contributo dell’interdisciplinarità che consente di fare scelte e connessioni utili sollecitando la cooperazione del Consiglio di classe, inteso, appunto come “ équipe pedagogica: “gruppo di lavoro che ha comuni obiettivi e ricerca strategie convergenti”.

            Tale metodologia potrà meglio guidare l’apprendimento degli studenti non seguendo i capitoli del libro di testo, bensì attraverso un approccio per problemi: Problem-based learning, indicato con l’abbreviazione PBL, che mette al centro lo studente, attore nella ricerca e nell’acquisizione di nuove conoscenze, che contribuiscono a modificare “il modo di pensare, di sentire e di agire”, segno di apprendimento acquisito. 

            La tecnica del brainstorming e la metodologia del “cooperative learning” risultano certamente efficaci per guidare e accompagnare non lo svolgimento del programma, bensì lo sviluppo delle competenze.

            Appare, quindi, necessario curvare l’azione didattica e sviluppare metodologie d’insegnamento in grado di valorizzare gli stili e i ritmi di apprendimento degli studenti.

            Progettare per competenze, implica la necessità di operare delle scelte nel vasto panorama dei contenuti disciplinari e strutturare dei moduli didattici funzionali ed efficaci, alla luce delle Indicazioni nazionali ed alleggerendo la vastità dei programmi, che ancora vengono chiamati “ministeriali”.

            Il docente viene ancora una volta sollecitato a svolgere il ruolo di “regista” dei processi di apprendimento di ogni singolo studente, che passa da fruitore di contenuti a protagonista nello sviluppo di soft skills, indispensabili anche per il successivo percorso universitario.

            Anche la valutazione va riletta in chiave formativa, privilegiando non tanto il prodotto, quanto il processo: quel che conta è la valorizzazione dei progressi dell’alunno e lo stimolo a far sempre meglio, senza dimenticare l’accessibilità e l’inclusione attraverso la tecnologia.

            Una simile organizzazione non dovrebbe prevedere improduttive interruzioni per scioperi o altro. Il lavoro didattico viene concentrato in un cammino formativo intensivo con l’intento di essere efficace e produttivo.

            Comprendendo la difficoltà di attuazione per l’intera comunità scolastica si potrebbe prendere in esame la proposta innovativa per le prime classi, con i ragazzi che intraprendono un nuovo cammino formativo nella scuola secondaria di primo e secondo grado e a tale scopo è necessario; organizzare le aule come “laboratori disciplinari”, attrezzate con i sussidi adeguati per disciplina e quindi: aule di materie letterarie, di matematica, di storia, di geografia, di lingue comunitarie, etc., laboratorio di musica, di tecnologia, di scienze e la palestra per l’educazione motoria.

            L’articolo pubblicato concludeva con queste espressioni:

            Come ha scritto Loenzao Bordonaro nel volume: “Giù le cattedre. Guida alla sopravvivenza nella scuola di oggi e di domani” (Gaeditori-2019), è necessario dare concretezza alla “scuola sognata” che risponde ai bisogni “di tutti e di ciascuno”, che impegna il docente a “saper guardare tutti ed osservare ciascuno”.

            In prospettiva  questa potrà essere un’occasione per migliorare il percorso formativo dando risposta alla voglia e al bisogno di cambiamento e di rinascita che l’emergenza ha generato.

            Non è il caso di ascoltare il consiglio che si dava a quanti avevano la voglia di lavorare: “Siediti, aspetta che ti passa!” . “Il treno sta passando, cogli l’attimo!”

Tanto e molto si può fare, basta volerlo! “Qui si parrà la tua nobilitate”.

Maturità, l’ultimo anno avrà più peso

da Il Sole 24 Ore

di Eugenio Bruno e Claudio Tucci

Il puzzle della maturità 2020 è quasi completo. Ai tasselli rivelati nei giorni scorsi dalla ministra Lucia Azzolina – e che delineano un’unica prova orale, da svolgere in classe a gruppi di 5 e capace di attribuire 40 punti sui 100 totali – altri se ne aggiungeranno nelle prossime 48 ore. Quando sono attese le ordinanze ministeriali su esami di Stato e valutazione in cui verrà ribadito il ruolo centrale del «documento del 15 maggio», che sarà redatto dal consiglio di classe (in via straordinaria quest’anno entro il 31) e che fisserà i confini del programma scolastico entro cui potrà svolgersi il colloquio a cui saranno sottoposti i 463mila maturandi italiani a partire dal 17 giugno. Fermo restando il ruolo centrale dell’italiano e della materia di indirizzo (greco/latino al Liceo classico o matematica/fisica allo scientifico) che dovevano essere oggetto delle due prove scritte saltate a causa del coronavirus.

I punti fermi

La prima certezza riguarda la data. La maturità comincerà martedì 17 giugno quando si sarebbe dovuto tenere il compito d’italiano. I ragazzi saranno interrogati a gruppi di massimo 5 al giorno. Nell’aula al momento della discussione potrà esserci al massimo una decina di persone tra i sei commissari interni, il presidente esterno, il candidato e un paio di testimoni. Anche se i dettagli su distanziamento e dispositivi di protezione saranno oggetto di un apposito protocollo ancora da scrivere è presumibile che tutti dovranno indossare la mascherina e rispettare la distanza di un metro. Durante il colloquio – che durerà circa un’ora – il ragazzo potrà abbassarla. A confermarlo è stata la stessa Azzolina parlando di «modello Camera» per l’esame.

Un altro punto fermo riguarda il punteggio. L’orale da solo varrà 40 punti e il curriculum scolastico 60. In proporzioni inverse rispetto al 60 (spalmati su due scritti e orale)/40 previsti prima della pandemia. Non ci saranno buste da sorteggiare né tesine. Si partirà da una domanda sulla materia di indirizzo concordata con i prof e poi si spazierà sul resto del programma svolto quest’anno – in classe fino al 4 marzo e poi da casa grazie alla didattica a distanza – nei confini fissati dal documento del 15 maggio (quest’anno del 31). A cominciare dall’italiano. Si spiega così la previsione, nell’ordinanza sulle commissioni, che tra i 6 membri ci siano i prof di italiano e della materia (o delle materie) di indirizzo. Confermati inoltre i passaggi su alternanza scuola-lavoro, finché è stata possibile svolgerla, e su Cittadinanza e Costituzione, inclusa l’esperienza di convivenza con l Covid-19.

I rebus da sciogliere

Fin qui le certezze. Ma la prossima maturità ha ancora aspetti da chiarire. Il primo riguarda come si declineranno i 60 punti del curriculum degli ultimi tre anni (quando i punti erano 40 erano divisi così: 12 il terzo anno, 13 il quarto, 15 il quinto). Ora che si sale a 60, mantenendo più o meno la stessa proporzione, i punti potrebbero dunque essere 18 il terzo anno, 19 il quarto e 23 quinto; oppure 18-20-22. Quindi su 60 punti l’ultimo anno peserebbe per 22-23.

Un altro riguarda le commissioni d’esame. Già in diverse scuole i docenti, soprattutto over 55enni, sono sul piede di guerra per via dei rischi sanitari a cui andrebbero incontro con l’orale in presenza. In caso di defezioni di massa, si potrebbe prima attingere ai prof della stessa scuola e poi eventualmente chiamare in corsa i supplenti. Anche la stessa scelta dei docenti delle commissioni, che andava fatta dal consiglio di classe entro il 30 aprile, rischia di riservare qualche sorpresa. Di norma, si scoraggiano insegnanti in più commissioni; tuttavia, essendo alcune materie da esterne diventate interne, in qualche scuola potrà accadere che i docenti individuati appartengano a più commissioni e che si creino sovrapposizioni, tali da richiedere sostituzioni. Cosa significa? Che gli studenti potrebbero trovarsi a effettuare il colloquio su materie diverse da quelle previste a gennaio.

Scuole riaperte solo per lavori: da oggi via libera a 2mila cantieri

da Il Sole 24 Ore

di Eu.B.

Da oggi anche le scuole entrano nella fase 2. Limitatamente però ai cantieri per la messa in sicurezza delle aule, che possono ripartire dopo lo stop per l’emergenza coronavirus. Stiamo parlando di oltre 2mila lavori di edilizia scolastica, secondo una ricognizione della viceministra dell’Istruzione, Anna Ascani. Opere piccole e grandi che rientrano in tre diversi filoni di finanziamento e che saranno affiancate dalle misure straordinarie anti-contagio in vista della riapertura generale di settembre, a cui stanno lavorando il ministero e il comitato di 18 esperti insediatosi nei giorni scorsi.

I cantieri che riaprono

La fotografia dei nostri edifici scolastici la conosciamo. E resta in bianco e nero e, nonostante i 10 miliardi stanziati dal 2015 a oggi. Come testimoniano i numeri dell’Unione delle province sulle scuole superiori di loro proprietà: 7.455 edifici, che accolgono 2,6 milioni di alunni suddivisi in 121.171 aule; di questi, il 51% è stato costruito prima del 1976 e solo il 10% dopo il 1998, con un 45% di stabili ubicato in zone ad alto rischio sismico. È in questo contesto vanno calati i lavori che ripartono da oggi. Nel censimento di viale Trastevere, circa 700 cantieri si riferiscono ai mutui Bei per la messa in sicurezza e l’adeguamento alle norme antisismiche (370 milioni autorizzati). A questi se ne aggiungono altri 1.079 (per 800 milioni autorizzati), sempre per adeguamento sismico, che fanno capo però al comma 140 della legge di bilancio 2019. Più altri 480 interventi antincendio (da 57 milioni) che portano il totale delle opere in corso a 2.259 e il loro valore a gli 1,1 miliardi.

Gli altri fondi in arrivo

Al Sole 24Ore del Lunedì la viceministra Ascani assicura che non finisce qui. Al netto delle eventuali nuove risorse che potrebbero arrivare dal decreto di maggio, in arrivo ci sono gli 855 milioni (in 5 anni) della legge di bilancio 2020 che possono essere utilizzati per la manutenzione straordinaria e l’efficientamento energetico delle scuole superiori che il ministero dell’Istruzione ripartirà nelle prossime settimane tra Province e Città metropolitane. Ma anche le risorse del Piano 2019 – spiega la viceministra – che «abbiamo stanziato in erogazione diretta: per quanto riguarda la prima tranche di 510 milioni sono in corso le procedure di affidamento dei lavori, mentre nelle prossime settimane autorizzeremo gli interventi per i 320 milioni della seconda tranche. Sappiamo – aggiunge – che non c’è un minuto da perdere e stiamo lavorando in collaborazione con tutti i soggetti coinvolti per far sì che ogni misura per l’edilizia scolastica vada a segno rapidamente».

Il fattore tempo

La rapidità (o meno) con cui i fondi partono dal centro e arrivano in periferia resta cruciale, come conferma il presidente dell’Upi, Michele De Pascale: «A oggi, se non troviamo soluzioni e non introduciamo drastiche misure di semplificazione, rischiamo di veder passare minimo un anno tra lo stanziamento delle risorse e l’apertura dei cantieri. È una priorità che condividiamo con la viceministra e su cui stiamo cercando soluzioni». Un aiuto in tal senso, secondo Ascani, potrebbe arrivare dalla scelta di «mantenere sempre aperti gli applicativi informativi per la rendicontazione e i pagamenti degli interventi di edilizia scolastica» mentre finora gli enti locali avevano a disposizione tre finestre temporali all’anno.

L’esponente dem è consapevole che bisogna «approfittare di questo periodo di sospensione delle attività per andare avanti speditamente» e garantire la riapertura per tutti gli studenti di settembre. «In queste ore stanno riaprendo i cantieri e si sta intervenendo strutturalmente per garantire a ogni studente il diritto allo studio e a una formazione di qualità, che passano anche da ambienti sicuri, sostenibili e decorosi. Io stessa oggi – conclude Ascani – sarò a Scanzorosciate, in provincia di Bergamo, a visitare un cantiere. Stiamo dando un segnale importante alle comunità scolastiche, ma anche al mondo produttivo fortemente colpito da questa emergenza».

Classi dimezzate, didattica mista, mascherina dalle elementari in su: ecco come riaprire le scuole

da Il Sole 24 Ore

di Eugenio Bruno

Dopo aver dato il suo contributo alla ripartenza delle imprese il Politecnico ci prova anche con la riapertura delle scuole. Con un documento di 62 pagine che parte dal ruolo cruciale dell’istruzione nell’organizzazione dei tempi di vita e lavoro e arriva a suggerire classi dimezzate per assicurare il distanziamento degli alunni, pasti da consumare al banco anziché a mensa e didattica mista in presenza/a distanza anche a settembre. Ma tra le ricette del rapporto “Scuola aperta, società aperta” spiccano anche l’uso delle mascherine solo dalle elementari in su e l’avvio, già nella fase 2, di comunità familiari che possano gestire (all’aperto) mini-gruppi di bambini. Magari con l’aiuto di operatori del terzo settore.

La dimensione del problema

Per riassumere la centralità del problema “scuola” nel momento in cui si prova a far ripartire il paese dopo il lockdown, il Politecnico parte dai numeri. A cominciare dagli 8 milioni di studenti e 1,2 milioni di operatori che ogni giorno frequentano gli istituti scolastici statali a cui vanno aggiunti i 950mila alunni dei paritari (più i 200mila docenti) e i 140mila dei centri di formazione professionale (più i 20mila formatori). Senza contare i nidi e le scuole dell’infanzia.
Trovare una soluzione per la riapertura di 40mila edifici scolastici significa – spiega l’ateneo torinese – per forza di cose dover pensare anche alle implicazioni per i trasporti, la viabilità, il lavoro. Da qui la necessità sottolineata nelle prime pagine del documento di un Protocollo nazionale anche per l’istruzione come avvenuto per le attività imprenditoriali.

Meno alunni per classe per riaprire a settembre

Gran parte dello studio si concentra sulle misure per poter riaprire in sicurezza. Centrale è il distanziamento tra gli alunni e dunque tra i banchi. Che andrebbero posizionati “a scacchiera”, alternando posti pieni e posti vuoti. E dimezzando se possibile i presenti in ogni aula. A questo proposito il Politecnico suggerisce di non superare i 10 alunni nella scuola dell’infanzia e i 15 alle elementari, alle medie e alle superiori dove spesso si sfiorano i 30 ragazzi per classe.
Il suggerimento per le aree comuni invece è quello di separare i flussi di ingresso e di uscita e di inserire dei divisori di plexiglass nelle aree di ricevimento del pubblico o nelle mese. Fermo restando che per i pasti si potrebbe pensare anche di farli consumare tra i banchi erogando il servizio di refezione con i lunchbox.

Didattica mista anche a settembre
Dovendo dimezzare le presenze nelle classi gira e rigira le soluzioni somigliano a quelle che stanno emergendo anche al tavolo del comitato di 18 esperti presieduto dall’ex assessore all’Istruzione dell’Emilia-Romagna, Patrizio Bianchi. Vale a dire doppi turni oppure giorni alterni (o settimane alterne) per lezioni in presenza e a distanza.Ciò significherebbe proseguire con l’e-learning anche a settembre. E qui il suggerimento è di aumentare gli sforzi per superare il digital divide in cui versano alcune famiglie e di semplificare l’assistenza tecnologica aggiungendo delle videochiamate pratiche ai webinar e ai tutorial che per alcuni non sono così immediati.

Mascherine dalle elementari in su
Un altro tema cruciale è quello dell’uso dei dispositivi di protezione. Immaginando la difficoltà a fare indossare la mascherina ai bambini più piccoli il rapporto suggerisce di introdurle dalla primaria in su. Non agli insegnanti però; per loro meglio delle maschere trasparenti sull’intera faccia che lasciano così trapelare il volto. Fermo restando l’uso di dispenser con igienizzanti in tutte le classi e la continua sanificazione dei locali.

Le esigenze dei più piccoli
Nella consapevolezza che settembre è lontano e che l’assistenza dei minori è fondamentale per consentire ai genitori di tornare al lavoro già nella Fase che scatterà il 4 maggio il Politecnico di Torino suggerisce la formazione tra le famiglie di «microcomunità spontanee». O usando l’articolo 48 del “Cura Italia” che già prevede la presenza a domicilio di operatori pubblici o di terzo settore e società civile, sia per i bambini e ragazzi disabili, sia per i bambini e ragazzi in condizione di disagio. o consentendo alle famiglie la organizzazione di gruppi di 2-5 bambini di micro-comunità spontanee, sotto la guida della scuola, o del nido di riferimento. Un’attività quest’ultima da svolgere con l’assistenza della scuola nella pianificazione della turnazione: ciascuna famiglia
ospita l’intero gruppo a turno: ad esempio, per 5 bambini ciascuna famiglia ne ospita 4 per un giorno a settimana ed invia il proprio bambino al domicilio di altri per i restanti 4 giorni.

Il nodo delle risorse
Per realizzare questo piano anche il Politecnico è consapevole che serviranno risorse aggiuntive. Che non vengono quantificate. Ma se si tratta di avere locali sicuri, insegnanti raddoppiati per coprire i doppi turni e personale rafforzato per assicurare la sicurezza degli spazi educativi è chiaro che stiamo parlando di qualche miliardo di euro e non di pochi milioni.

Torino, simulazione in cinque scuole per la riapertura a settembre: classi con non più di 15 studenti

da la Repubblica

Diego Longhin

Una simulazione in cinque scuole di Torino, dall’asilo nido alla media, per verificare, numeri alla mano, tra insegnanti, studenti, personale amministrativo, addetti a mensa e servizi vari, come poter riorganizzare l’attività per garantire, almeno da settembre, l’apertura delle strutture. Studio realizzato dal Politecnico in collaborazione con il Comune di Torino: strutture torinesi in cui sarà avviata la sperimentazione e l’analisi di tutte le procedure organizzative, relative ai turni, all’uso degli spazi, ai flussi in entrata e in uscita, per rideterminarle in rapporto alla tutela della salute, oltre che ai bisogni dei piccoli utenti e delle loro famiglie. Si tratta di “beta test” per pensare ad una riapertura insieme al Covid-19. “Il nostro contributo al lavoro svolto dal Politecnico – spiega l’assessora all’Istruzione, Antonietta Di Martino – si è concentrato sulla fascia 0-6. Più i bambini sono piccoli più occorre fare valutazioni specifiche nelle singole strutture, tenendo conto che le necessità di accudimento richiedono un rapporto personale diretto e risulta quindi impossibile attuare misure di distanziamento interpersonale”.

L’assessora sottolinea che “tra le soluzioni per la fase di transizione e per la riapertura sono state proposte la facilitazione della formazione tra le famiglie di micro-comunità spontanee per accogliere piccoli gruppi di bambine e bambini sotto la guida del nido di riferimento, l’organizzazione di un ventaglio di possibilità per i mesi estivi, anche utilizzando forme “a bassa soglia” cioè con orario limitato come ludoteche, attività di gioco, attivando tutte le collaborazioni pubbliche e private già presenti nel sistema educativo”. Di Martino sottolinea che i servizi potrebbero partire definendo un protocollo nazionale sulle procedure di sicurezza per le riaperture e considerando le necessità di stanziamenti per affrontare i maggiori costi materiali e organizzativi.

Le misure? La rarefazione delle presenze con la formazione di piccoli gruppi stabili, il distanziamento, attraverso l’uso opportuno di tutti gli spazi disponibili, dentro e fuori delle strutture scolastiche, l’uso di dispositivi, la sanificazione di arredi, materiali didattici e ambienti, la promozione di comportamenti responsabili tramite, l’informazione e formazione di tutti. Le cinque strutture cittadine dove saranno realizzati i “beta test” sono quelle comunali del Nido d’infanzia Bianca & Bernie di Via Ventimiglia, 112 e della Scuola dell’infanzia G. Fanciulli di Via Mercadante 129, le strutture private  Asilo Nido Birimbao di Corso Moncalieri, 203 e  Scuola paritaria convenzionata con il Comune di Torino (con sezione primavera aggregata)  S.Bonacossa di Via Nizza 22/F, e il complesso di via Bardonecchia, 34 che comprende nido, scuola dell’infanzia, scuola secondaria di primo grado, servizi del centro civico.

Nel rapporto ‘Scuole aperte, Società protetta’ del politecnico di Torino per la ripresa dell’attività scolastica si parla della definizione di un protocollo nazionale, “analogo a quelli redatti per la ripartenza delle attivita’ produttive”. Il Politecnico  in circa 60 pagine, definisce le possibili modalita’ per una ripresa della scuola in sicurezza. Partendo dal presupposto che “la scuola ed i servizi educativi per la prima infanzia sono altrettanto cruciali delle attivita’ produttive per la ripresa del Paese”, si evidenzia come “il sistema educativo risponde a problemi di conciliazione famiglia-lavoro per i genitori, ma soprattutto ai diritti costituzionali dei bambini e dei ragazzi a ricevere un’istruzione e ad avere accesso alle risorse per il pieno sviluppo delle proprie capacita’. Esigenze e diritti – si sottolinea – che sono stati, forse inevitabilmente, compressi in queste settimane con conseguenze negative che hanno allargato le disuguaglianze sociali tra bambini”. Si ipotizza, per la sicurezza, classi con non più di 15 studenti.

A settembre gli alunni metà in classe e metà a casa, Azzolina frena: “Solo una proposta, forse per i più grandi”

da la Repubblica

La “didattica mista”, con metà alunni a scuola e metà collegati da casa, e con una alternanza nella settimana dei ragazzi sui banchi di scuola, è solo “una proposta, non sono decisioni già prese o imposte, sono elementi di dibattito”. Dopo le critiche alla modalità di avvio dell’anno scolastico che aveva illustrato, arriva la precisazione della ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina che spiega come “la didattica mista potrebbe essere adottata, almeno all’inizio dell’anno scolastico, per gli studenti più grandi e non nelle prime classi dove la soluzione potrebbe essere quella di uso anche di spazi all’aperto con lo sport, e dell’aumento di attività, come la musica o l’arte che possono essere fatte garantendo il distanziamento”.

Un primo stop allo scenario “classe-web” era arrivato già da Patrizio Bianchi, presidente della task force del ministero dell’Istruzione, ma nel dibattito interviene anche il ministro dell’Università e della Ricerca Gaetano Manfredi: “La ministra Azzolina non ha bisogno dei miei consigli e sta affrontando un problema estremamente difficile perché per me è più facile avere da fare con degli studenti che sono più grandi, che sono anche più attrezzati. Credo ci dovremo abituare per la ripresa a settembre a una certa rotazione dei ragazzi. Ci vuole un po’ di sacrificio da parte di tutti e credo che – ha sottolineato – vanno privilegiati soprattutto i più piccoli, quelli che hanno più bisogno di avere un contatto diretto con la scuola, con un insegnante, e cercare di alleggerire la pressioni con quelli più adulti maggiormente in grado di potersi di potersi gestire a distanza”.

“Per tornare a scuola a settembre in piena sicurezza stiamo immaginando soluzioni flessibili che si dovranno necessariamente adattare alle varie fasce d’età degli studenti, alle strutture scolastiche e anche alla specificità delle diverse realtà territoriali”, spiega la ministra. Ma nell’immediato c’è il tema dell’esame di maturità che si dovrebbe fare in presenza. A scendere in campo sono stati oggi i presidi, chiedendo “specifici protocolli di sicurezza inerenti gli strumenti, le procedure e le connesse responsabilità”.

Dopo le polemiche sollevate dalla proposta, Azzolina commenta su Facebook: “Ci sarebbe piaciuto poter riaprire tutto e farlo subito. Il presidente del Consiglio Conte, io stessa, gli altri ministri avremmo potuto inseguire un facile consenso, cavalcando il malcontento di una popolazione comprensibilmente esausta. Ma abbiamo giurato sulla Costituzione di fare l’interesse del Paese, non di curare il tornaconto personale. La salute dei cittadini viene prima di ogni cosa”.

Coronavirus, ministra Azzolina: “A settembre lezioni metà a scuola e metà a casa”

“La divisione delle classi, metà in aula e metà online – aveva precisato Bianchi – è quello che noi chiamiamo lo scenario zero, lo scenario di partenza, sul quale stiamo lavorando. Con varianti che vanno soppesate, perché ci sono sia i bambini di prima elementare che i maturandi. La cosa importante è che ognuno, ma neanche uno di meno, possa usufruire al meglio delle condizioni che possiamo offrire”.

L’emergenza Covid “ha evidenziato tutta una serie di problemi che nella scuola italiana c’erano già da anni”. “Sono dieci anni Bianchi – aveva detto – che diciamo che la dimensione ideale di una classe è di 10-12 bambini, per superare quelle che, con un’espressione che io odio, vengono chiamate le ‘classi pollaio’. Questa può essere un’occasione, ci sono tante sperimentazioni, anche per provare ad andare oltre le classi. C’è poi il problema dell’edilizia scolastica, che andrà affrontato con uno sguardo pluriennale, ma che ci portiamo dietro da tantissimo tempo”.

Scuola, il capo della task force: “La divisione delle classi è lo scenario di partenza”

da la Repubblica

Arrivano le prime precisazioni sui progetti per la ripresa dell’anno scolastico. Il primo punto fermo lo mette Patrizio Bianchi, presidente della task force del ministero dell’Istruzione.

La divisione delle classi, metà in aula e metà online, della quale ha parlato la ministra dell’Istruzione Azzolina “è quello che – precisa Bianchi – noi chiamiamo lo scenario zero, lo scenario di partenza, sul quale stiamo lavorando. Con varianti che vanno soppesate, perché ci sono sia i bambini di prima elementare che i maturandi. La cosa importante è che ognuno, ma neanche uno di meno, possa usufruire al meglio delle condizioni che possiamo offrire”.

L’emergenza Covid “ha evidenziato tutta una serie di problemi che nella scuola italiana c’erano già da anni”. “Sono dieci anni Bianchi – ha detto – che diciamo che la dimensione ideale di una classe è di 10-12 bambini, per superare quelle che, con un’espressione che io odio, vengono chiamate le ‘classi pollaio’. Questa può essere un’occasione, ci sono tante sperimentazioni, anche per provare ad andare oltre le classi. C’è poi il problema dell’edilizia scolastica, che andrà affrontato con uno sguardo pluriennale, ma che ci portiamo dietro da tantissimo tempo”.

In vista della riapertura delle scuole, “dobbiamo sforzarci di fare dei patti territoriali per utilizzare gli spazi che esistono”. “Per fare un esempio – ha proseguito – c’è un liceo di Palermo, a Ballarò, che ha un corso musicale. Già prima di questa emergenza aveva difficoltà di spazi, stiamo facendo un ragionamento con il Teatro Massimo per provare ad ipotizzare delle soluzioni”.

“Abbiamo chiesto che il Ministero metta a disposizione un’unità speciale per aiutare i singoli presidi a organizzarsi al meglio. C’è un problema di formazione, per aiutare i nostri studenti a uscire da questo trauma”.”Nella fase della ripartenza – ha sottolineato – sarà centrale il tema dell’autonomia scolastica. Noi siamo un comitato di esperti che è in scadenza al 31 luglio, vogliamo fornire al ministero, auspicabilmente prima di quella data, una road map per mettere le scuole nelle condizioni di funzionare, garantendo a tutti gli studenti di poter usufruire al meglio delle condizioni che possiamo offrire”.

Rientro a scuola, Task force: ideali classi da 10-12 bimbi. Ecco il piano

da Orizzontescuola

di redazione

Patrizio Bianchi, presidente della Task force del ministero dell’istruzione al lavoro per definire il piano per la riapertura delle scuole a settembre, spiega all’Ansa il piano.

Sono dieci anni – ha detto – che diciamo che la dimensione ideale di una classe è di 10-12 bambini, per superare quelle che, con un’espressione che io odio, vengono chiamate le ‘classi pollaio’. Questa può essere un’occasione, ci sono tante sperimentazioni, anche per provare ad andare oltre le classi. C’è poi il problema dell’edilizia scolastica, che andrà affrontato con uno sguardo pluriennale, ma che ci portiamo dietro da tantissimo tempo“.

Bianchi pensa poi ai patti territoriali per trovare nuovi spazi: “Dobbiamo sforzarci di fare dei patti territoriali per utilizzare gli spazi che esistono“.

Per fare un esempio: c’è un liceo di Palermo, a Ballarò, che ha un corso musicale. Già prima di questa emergenza aveva difficoltà di spazi, stiamo facendo un ragionamento con il Teatro Massimo per provare ad ipotizzare delle soluzioni“.

Il presidente della Task force ritiene che nella fase di ripartenza debba essere al centro il tema dell’autonomia scolastica: “Abbiamo chiesto che il ministero metta a disposizione un’unità speciale per aiutare i singoli presidi a organizzarsi al meglio. C’è un problema di formazione, per aiutare i nostri studenti a uscire da questo trauma“.

Nella fase della ripartenza – ha sottolineato – sarà centrale il tema dell’autonomia scolastica. Noi siamo un comitato di esperti che è in scadenza al 31 luglio, vogliamo fornire al ministero, auspicabilmente prima di quella data, una road map per mettere le scuole nelle condizioni di funzionare, garantendo a tutti gli studenti di poter usufruire al meglio delle condizioni che possiamo offrire“.

Quanto alla divisione delle classi, metà in aula e metà online, della quale ha parlato ieri la ministra dell’Istruzione Azzolina, Bianchi ha spiegato: “è quello che noi chiamiamo lo scenario zero, lo scenario di partenza, sul quale stiamo lavorando. Con varianti che vanno soppesate, perché ci sono sia i bambini di prima elementare che i maturandi. La cosa importante è che ognuno, ma neanche uno di meno, possa usufruire al meglio delle condizioni che possiamo offrire”.

Dirigenti ANP preoccupati per maturità in presenza

da Orizzontescuola

di redazione

I Presidi manifestano “notevoli perplessità” sulla scelta degli esami di maturità in presenza, annunciata dalla ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina. Chiedono di “definire specifici protocolli di sicurezza inerenti gli strumenti, le procedure e le connesse responsabilità”.

“Non possiamo lasciare sole le scuole, e i dirigenti che ne gestiscono l’attività, nel decidere come organizzarsi. Non possiamo accettare un aggravio di responsabilità ulteriore e, soprattutto, evitabile”, sottolinea l’Anp per la quale “servono regole chiare e servono subito”

“Come organizzazione maggiormente rappresentativa della dirigenza delle scuole – sottolinea l’Associazione Nazionale Dirigenti Pubblici e Alte Professionalità della Scuola – sentiamo il dovere di manifestare le notevoli perplessità che questa scelta sta sollevando tra tutti gli operatori coinvolti: dirigenti, docenti, personale Ata. Il 7 maggio avremo modo di incontrare il Ministero in videoconferenza ed espliciteremo le nostre riflessioni. Possiamo però fin da ora affermare che, pur nella piena consapevolezza del valore simbolico dell’esame, devono essere soppesate con estrema attenzione – sottolineano i Presidi – tutte le circostanze in cui esso dovrebbe svolgersi. Il mondo della scuola ha ampiamente dimostrato serietà e senso dello Stato: chi prospetta un diffuso assenteismo, sostenuto da certificazioni mediche compiacenti, sottovaluta e offende la professionalità del personale. Ciò non toglie che debba essere affrontato e risolto al più presto il vero problema: definire specifici protocolli di sicurezza inerenti gli strumenti, le procedure e le connesse responsabilità”.

Scuola: indicazioni del Ministero per l’avvio della Fase 2

Scuola: indicazioni del Ministero per l’avvio della Fase 2

La nota 622 del 1° maggio 2020 del Ministero dell’Istruzione ribadisce che l’avvio della Fase 2 previsto dal DPCM 26 aprile 2020 non prevede alcuna modifica delle disposizioni previste dall’articolo 87 della legge 24/20 di conversione del DL 18/20 e conferma l’adozione del lavoro agile quale modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa nelle pubbliche amministrazioni, ivi comprese le istituzioni scolastiche. 

Pertanto dal 4 maggio e fino al 17 maggio, salvo nuove disposizioni, continua la collocazione in modalità lavoro agile del personale amministrativo e tecnico mentre il lavoro in presenza sarà assicurato solo per le prestazioni indifferibili. Dunque, a scuola fino a nuove disposizioni, il personale ATA sarà presente nelle sedi, come è avvenuto finora, esclusivamente per motivi indifferibili.

Una nota utile e tempestiva emanata su nostra sollecitazione al fine di mettere in chiaro gli esatti termini della questione nei confronti di quelle scuole che avevano programmato da lunedì 4 maggio il rientro di tutte le unità di personale ATA. 

Risolto questo problema contingente, rimane l’urgenza di redigere un protocollo specifico sulla sicurezza nelle scuole. Il Ministero dell’Istruzione dopo le sollecitazioni del sindacato ha convocato un tavolo di confronto per mercoledì 7 maggio, nel corso del quale si discuterà in particolare della gestione degli esami di Stato.