Nota sul PIA e sul PAI

Roma, 24 agosto 2020
Prot. N.225/2020

Alla ca Dr Luigi Fiorentino Capo di Gabinetto Ministero dell’Istruzione

Dr Max Bruschi Capo Dipartimento Istruzione

Dr.ssa Giovanna Boda Capo Dipartimento Programmazione e Risorse

Dr Filippo Serra Direttore generale per il personale scolastico

Oggetto: Nota sul Piano di Integrazione degli Apprendimenti (PIA) e sul Piano di Apprendimento Individualizzato (PAI).

Con riferimento alla comunicazione pervenuta per e-mail dalla Dott.ssa Alonzo nella giornata di ieri, domenica 23/08/2020 alle ore 18.34, relativa alla bozza delle indicazioni tecnico operative relative al Piano di Integrazione degli Apprendimenti (PIA) e sul Piano di Apprendimento Individualizzato (PAI) le scriventi Organizzazioni Sindacali fanno presente quanto segue.

Innanzitutto, ancora una volta, sono costrette a sollevare, in premessa, una questione di metodo sulla nota inviata appunto soltanto nel tardo pomeriggio di ieri e contenente indicazioni tecnico operative su PIA e PAI, peraltro senza l’indicazione del funzionario che la firmerebbe. Sta purtroppo acquisendo la forma di prassi ordinaria da parte del Ministero inviare alle Organizzazioni Sindacali bozze e documentazioni senza concedere il tempo materiale per l’esame delle stesse. Non è questo certo il modo migliore per chiedere alle OO.SS. la collaborazione con l’Amministrazione per conseguire il fine condiviso del BUON funzionamento della scuola; al contrario servirebbe l’adozione di un metodo che garantisca tempi e spazio adeguati per il confronto.

Nel merito:

  • –  Il D.L.22/2020 convertito nella L.41/2020 individua quali “attività ordinarie” quelle inerenti il recupero e l’integrazione degli apprendimenti relativi all’anno scolastico 2019/20. Tutto ciò, pare evidente che non possa influenzare, in alcun modo, la sfera contrattuale del rapporto di lavoro, che resta disciplinato dal CCNL di comparto;
  • –  a tale conclusione si giunge, anche, considerando le disposizioni del mai citato (nella bozza predisposta dall’Amministrazione) comma 9 dell’art.1 del D.L. 22/2020 che, testualmente prevede “I provvedimenti di cui al presente articolo devono garantire l’assenza di nuovi o maggiori oneri per il primo ciclo di istruzione e, per il secondo ciclo, il rispetto del limite di spesa di cui all’articolo 3, comma 2, della legge 11 gennaio 2007, n. 1, come integrato dall’articolo 1, comma 3, del decreto-legge 7 settembre 2007, n. 147, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 ottobre 2007, n. 176, e ridotto dall’articolo 18, comma 2, del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2013, n. 128. Con decreto del Ministro dell’istruzione, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, al termine degli esami di Stato, è riscontrata l’entità dei risparmi realizzati a valere sul predetto limite di spesa. I predetti risparmi sono versati all’entrata del bilancio dello Stato per essere successivamente riassegnati per la metà al Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche di cui all’articolo 1, comma 601, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e per la restante metà al recupero degli apprendimenti relativi all’anno scolastico 2019/2020 nel corso dell’anno scolastico 2020/2021 presso le istituzioni scolastiche, nel rispetto del saldo dell’indebitamento netto. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.”
  • –  tale ultima considerazione discende anche dal fatto che dal 1° settembre i docenti sono già impegnati nelle attività funzionali all’insegnamento (quali ad esempio la programmazione e la verifica di inizio anno). Tali attività, come previsto dal CCNL di comparto, assommano a 40 ore nel corso dell’anno scolastico e sono puntualmente indicate dal “piano delle attività” deliberato dal Collegio dei Docenti;
  • –  il termine, peraltro generico, di attività ordinaria è riferito in particolare agli studenti che non possono esimersi dal frequentare i recuperi deliberati dagli Organi Collegiali;
  • –  agli organi collegiali rimane il fondamentale compito di stabilire “Le strategie e le modalità di attuazione” e i tempi di questi piani; si tratta, infatti, di un compito che spetta per legge al Collegio dei Docenti in quanto costituisce attività di carattere didattico che rientra a pieno titolo nella progettazione di inizio anno;
  • –  non può, parimenti, essere considerata accoglibile la distinzione tra attività di recupero e di integrazione effettuate nel periodo 1 – 12 settembre e quelle eventualmente programmate, o, comunque, necessarie, nel periodo successivo;
  • –  come già più sopra detto, il D.L.22/2020 prevede che “le strategie e le modalità di attuazione delle predette attività sono definite, programmate e organizzate dagli organi collegiali delle istituzioni scolastiche”. Di conseguenza appare assolutamente fuori luogo il richiamo al potere organizzativo dei Dirigenti Scolastici per le competenze riconosciute in materia di offerta formativa: tali competenze, come già detto, possono esplicitarsi, esclusivamente, secondo le determinazioni dei collegi dei docenti; ai Dirigenti scolastici il compito di attuare le delibere del Collegio;
  • –  si ricorda, altresì, che in ogni caso l’ultimo CCNL prevede che l’articolazione dell’orario di lavoro del personale docente, educativo e ATA, deve essere oggetto di confronto a livello di istituzione scolastica (art.22, comma 8, lettera b – b1 del CCNL 2016/2018);
  • – non risulta che il Ministero possa interpretare unilateralmente articoli del CCNL né che possa fornire un’interpretazione autentica ai Dirigenti scolastici di istituti contrattuali (D.Lgs. 165/2001 e successive modifiche). Al Ministero tocca applicare le disposizioni del CCNL.

Le scriventi Organizzazioni Sindacali, ai sensi di quanto previsto dal comma 9 dell’art.1 del D.L.22/2020 convertito, con modificazioni ed integrazioni nella Legge 41/2020, chiedono che venga loro fornita precisa informativa sui risparmi derivanti dagli esami di Stato 2019/2020 e sullo stato del Decreto del Ministro con il quale tali economie sono state determinate. Le scriventi Organizzazioni Sindacali ritengono, quindi, prioritario il ripristino delle corrette relazioni sindacali finalizzate ad una immediata apertura del tavolo per la contrattazione del FMOF integrato da quanto previsto dal D.L.104/2020 e dalle economie derivanti dall’applicazione dell’art.1 comma 9 del D.L.22/2020.

FLC CGIL CISL FSUR UIL Scuola RUA SNALS Confsal GILDA Unams

Il progetto che porta la scuola in ospedale

Istruzione, un diritto di tutti. Il progetto che porta la scuola in ospedale

Startup Italia del 24/08/2020

Un ricco portale dedicato ai bambini ricoverati in ospedale o che sono costretti ad assentarsi da scuola per molti giorni. Novità anche per gli studenti con disabilità.

L’istruzione è un diritto di tutti, anche per gli studenti che per motivi di salute sono ricoverati in ospedale o devono restare a casa, assenti da scuola. È in questa ottica che è nato il Portale nazionale per la Scuola in ospedale e l’istruzione domiciliare, dedicato alle famiglie degli alunni ricoverati a casa o in ospedale. L’obiettivo è di potenziare le strategie inclusive applicate dai docenti, creando un collegamento efficace tra scuole e alunni in difficoltà e permettendo alle famiglie di avere tutte le informazioni utili sul servizio scolastico.

Un portale al servizio di studenti e famiglie
Il portale è già attivo ed è ricco di informazioni. Da un lato, permette allo stesso MIUR un monitoraggio costante grazie ai dati e alle risorse presenti; dall’altro fa sì che famiglie, docenti, operatori di scuole e ospedali possano avere informazioni puntuali e dettagli sui progetti più significativi, sviluppati dalle Scuole Polo, dal MIUR, dagli Uffici Scolastici Regionali e anche dal personale sanitario.
Ci sono spazi dedicati ai servizi regionali, alla normativa, ai progetti in atto e alla formazione. C’è però uno spazio, in particolare, che arriva dritto al cuore. Un’area dedicata alle storie; vicende reali che fanno riflettere su quanto sia importante il servizio di attività scolastica domiciliare. Storie come quella di Marisa (nome di fantasia), a firma della giornalista Natalia Poggi. Una ragazza divenuta anoressica e che grazie alla scuola a domicilio può continuare i suoi studi e riprendersi pian piano in mano la propria vita; o quella di uno studente di ingegneria informatica con una patologia genetica che attraverso la ‘scuola in ospedale’ e utilizzando il Pc come supporto nell’apprendimento ha incontrato la sua passione: l’informatica. Leggere le storie dei ragazzi emoziona e permette di riflettere.

Dal prossimo anno scolastico, al via il registro elettronico unico
Il portale si doterà per il prossimo anno scolastico di un registro elettronico unico per la scuola in ospedale e l’istruzione domiciliare, per lo scambio di informazioni fra gli insegnanti della scuola ospedaliera e della scuola di appartenenza, fra i genitori e il personale ospedaliero: il sistema terrà traccia di tutti i periodi di frequenza e fornirà prospetti riassuntivi; il registro ‘seguirà’ lo studente durante l’intero periodo di ospedalizzazione o di ricovero domiciliare.

La Scuola in Ospedale, i dati
La Scuola in Ospedale è una possibilità importante per garantire il diritto allo studio e all’istruzione in ospedale o a domicilio. Sul territorio nazionale sono presenti 18 scuole polo e oltre 200 sezioni ospedaliere che coinvolgono circa 740 docenti. L’alunno viene preso in carico in modo totale, coinvolgendolo non solo dal punto di vista didattico ma in quello emotivo e relazionale. L’alunno al centro, insomma, per garantirgli diritti e futuro. Nell’anno scolastico 2017/2018 sono stati ben 68.900 studenti a usufruire della scuola in ospedale, prevalentemente dalla scuola primaria (40,1%) e dalla scuola dell’infanzia (32,1%); ma anche studenti della scuola secondaria di primo grado (19%) e di quella di secondo grado (8,9%). Le regioni maggiormente coinvolte sono la Campania, Lazio, Liguria, Lombardia e Sicilia.

Istruzione domiciliare in campo
Il servizio di istruzione domiciliare è l’altro grande ramo fondamentale per permettere agli studenti di ogni ordine e grado sottoposti a terapie domiciliari che impediscono la frequenza di scuola per un periodo non inferiore a 30 giorni (anche non continuativi) di continuare il loro percorso di studi. Il servizio è attivabile su iniziativa del consiglio di classe, che elabora un progetto formativo con l’indicazione delle discipline alle quali dare priorità, le ore di lezione previste e il numero di insegnanti coinvolti. Il progetto dovrà poi essere approvato dal collegio dei docenti e dal consiglio d’Istituto e inserito nel Piano triennale dell’offerta formativa. In linea di massima, il monte ore delle lezioni equivale a circa 4 o 5 ore settimanali per la scuola primaria, 6/7 ore settimanali per la secondaria di primo grado e secondo grado, sebbene sia comunque modulato in base ai bisogni di ogni studente ammalato. Nell’anno scolastico 2017/2018 sono state elargite ben 64.715 ore di istruzione domiciliare, soprattutto in Lombardia e nelle Marche.

In campo nuove norme per gli alunni con disabilità
Intanto, grandi passi avanti si stanno facendo anche per gli alunni con disabilità. Il Consiglio dei Ministri ha infatti recentemente approvato, in via preliminare, un provvedimento che modifica le nuove norme in materia, che dovrebbero entrare in vigore dal prossimo settembre. Intanto, viene rivista la composizione delle commissioni mediche per l’accertamento della condizione di disabilità, che includerà anche un medico specializzato nella patologia dell’alunno. Inoltre, saranno coinvolti i genitori dell’alunno e, se maggiorenni, gli stessi alunni con disabilità nel processo di assegnazione delle misure di sostegno, che quindi non saranno erogate in via meccanica solo sulla base della certificazione.

Al via i Gruppi per l’Inclusione Territoriale
Nascono poi i Gruppi per l’Inclusione Territoriale (GIT), formati su base provinciale. Si tratta di nuclei di docenti esperti che supporteranno le scuole nella redazione del Piano Educativo Individualizzato (PEI) e nell’uso dei sostegni previsti nel Piano per l’Inclusione. I GIT avranno anche il compito di verificare la congruità della richiesta complessiva dei posti di sostegno che il dirigente scolastico invierà all’Ufficio Scolastico Regionale.

Parte nelle scuole il Gruppo di lavoro operativo per l’inclusione
A livello scolastico opererà, invece, il Gruppo di lavoro operativo per l’inclusione, composto dal team dei docenti contitolari o dal consiglio di classe e che prevede la partecipazione dei genitori dell’alunno con disabilità, delle figure professionali specifiche, interne ed esterne all’istituzione scolastica che interagiscono con l’alunno; ci sarà anche il supporto dell’unità di valutazione multidisciplinare e un rappresentante designato dall’Ente Locale. Il Gruppo di lavoro operativo per l’inclusione avrà il compito di redigere il Piano Educativo Individualizzato, compresa la proposta di quantificazione di ore di sostegno e delle altre misure di sostegno, tenuto conto del profilo di funzionamento dell’alunno.

Una strada verso l’inclusione
Insomma, metodologie e strumenti saranno decisi con un Piano didattico più incentrato sulle caratteristiche del singolo studente. Un passo avanti notevole, se si pensa alla tradizione italiana che interpreta la disabilità sulla base del modello medico individuale. Recentemente una parte di studi scientifici sta proponendo un modello alternativo per interpretare la disabilità. Secondo questo nuovo modello sociale, la disabilità si riferisce a tutte quelle barriere culturali, sociali e politiche che mettono la persona con disabilità in situazioni di difficoltà e che permettono così forme di macro e micro esclusione. Invece, sono le stesse persone con disabilità che dovrebbero avere un ruolo attivo nelle scelte che li riguardano. Dopo il superamento delle scuole speciali e una tendenza spostata sempre più verso l’inclusione, sembra ora che queste nuove norme procedano nella definizione di una strada che porti il contesto in cui l’alunno con disabilità vive ad avvicinarsi all’alunno stesso, abbattendo le barriere.

di Sara Riboldi

Scuolabus, contagi e distanziamento: vademecum per il rientro in classe

da Il Sole 24 Ore

di Claudio Tucci

Quesiti. Misurazione della febbre a casa, quando scatta l’obbligo di mascherine, pulizia giornaliera
e igienizzazione periodica degli ambienti. Domande e risposte per spiegare le regole di Cts e ministero dell’Istruzione.

Dalla misurazione della febbre a come cambieranno i trasporti e il servizio mensa. Fino ad arrivare ai nuovi banchi e alle prime indicazioni per la scuola dell’infanzia. Il Cts si riaggiornerà a fine agosto (forse il 29); qui di seguito, con lo strumento delle domande e risposte, proviamo a mettere in fila – a oggi – un po di punti fermi per studenti e insegnanti, rielaborando documenti del ministero dell’Istruzione del Cts.

Quando si torna a scuola?

Le lezioni riprenderanno per tutti gli studenti il 14 settembre, come previsto dall’ordinanza firmata dalla ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina lo scorso 24 luglio. Un numero ristretto di Regioni ha deciso di discostarsi da questa data. Dal 1° settembre partono, invece, le attività di integrazione e recupero degli apprendimenti per tutti gli studenti che non hanno raggiunto la sufficienza e per coloro che i docenti riterranno proficuo coinvolgere, anche in attività di consolidamento o potenziamento degli apprendimenti.

Sarà ancora prevista la didattica a distanza?

Saranno i singoli presidi a decidere l’articolazione delle lezioni. Ad esempio spalmandole su 6 giorni o riducendo i moduli orari rispetto ai 60 minuti tradizionali. Almeno come situazione di partenza la didattica a distanza potrà essere usata (in via complementare) solo alle superiori. Alle primarie e alle medie invece non sarà consentita. A meno che non scatti un nuovo lockdown (totale o parziale). In quel caso andranno garantite 10 ore di lezione via web in prima elementare, 15 alle medie e 20 alle superiori.

Le lezioni si svolgeranno con la mascherina?

Per accedere a scuola, dai 6 anni in su, bisogna indossare la mascherina. L’obbligo, ribadito ieri dal Cts, vale per i docenti, i presidi, i bidelli e gli studenti. Questi ultimi però, una volta entrati in classe, possono abbassarla in tutte le situazioni in cui viene rispettato il metro di distanza. Avendo l’accortezza però di rimetterla se si spostano dal proprio banco. Nella fase di inizio anno scolastico la mascherina va tenuta anche al banco se non è ancora possibile rispettare il metro di distanza. Come ribadito nelle Linee guida per il settore 0-6, per i bambini sotto i sei anni non è previsto l’uso delle mascherine. Per gli alunni con disabilità ci si comporterà così: se la disabilità non è compatibile con l’uso continuativo della mascherina non si dovrà indossare.

Cosa si intende per distanziamento di un metro?

In tutti i locali scolastici la distanza minima da tenere sarà di un metro. In classe andrà calcolato in maniera statica – cioè da centro del banco a centro del banco – partendo dalle ormai celebri «rime buccali» degli alunni: è questo il parametro che i dirigenti scolastici stanno utilizzando nella riorganizzazione delle classi e degli spazi dedicati alla didattica. La distanza di un metro andrà tenuta anche in sala professori, nelle mense e davanti ai distributori automatici di snack. In palestra i metri diventano 2.

Come cambia la mensa?

Il servizio di refezione scolastica va organizzato a turni. Qualora i locali fossero stati riconvertiti in spazi didattici si può utilizzare il lunchbox. Garantendo l’opportuna aerazione e pulizia degli ambienti e degli arredi utilizzati prima e dopo il consumo del pasto. Indipendentemente da dove avvenga, la somministrazione del pasto deve prevedere la distribuzione in mono-porzioni, in vaschette separate unitariamente a posate, bicchiere e tovagliolo monouso e possibilmente compostabile.

Sarà garantito il servizio di pre o post scuola, ove esistenti?

Sì, questi servizi resteranno, rispettando le indicazioni organizzative generali, come ad esempio la necessità di avere attività strutturate per gruppi/sezioni stabili, con i medesimi adulti di riferimento e nel rispetto delle regole previste per la riduzione del contagio.

Cosa cambia per gli scuolabus?

Per accedere allo scuolabus serve la mascherina. Non solo in salita e in discesa ma anche per tutto il viaggio. All’interno del mezzo bisogna rispettare il metro di distanza e dunque i posti vanno riempiti seguendo l’allineamento verticale dei sedili. Solo i fratelli o i bambini che vivono sotto lo stesso tetto potranno sedersi accanto. Unica deroga al distanziamento è ammesso per i percorsi inferiori ai 15 minuti. Ciò significa che solo al di sotto di tale soglia i mezzi possono viaggiare a pieno carico. Regioni ed enti locali hanno fatto presente che così facendo rischia di mancare all’appello il 50% dei mezzi e che per reperirli (ad esempio usando i bus turistici) servono più risorse.

Quando arriveranno i nuovi banchi?

Partirà l’8 settembre la distribuzione dei primi banchi monoposto agli istituti che ne hanno fatto richiesta nelle varie regioni, per esigenze di spazi, in vista dell’inizio dell’anno scolastico. La distribuzione dei nuovi banchi, prodotti dalle imprese che hanno vinto il bando indetto dal Commissario per l’Emergenza, è prevista fino a tutto il mese di ottobre.

Come saranno organizzati i gruppi dell’infanzia?

Ci saranno gruppi/sezioni stabili con l’individuazione per ciascun gruppo del personale educatore, docente e collaboratore, al fine di semplificare l’adozione delle misure di contenimento conseguenti a eventuali casi di contagio e limitarne l’impatto sull’intera comunità scolastica. Informazione per i più piccoli: non si potranno portare giocattoli propri. Inoltre, il materiale ludico sarà assegnato in maniera esclusiva a specifici gruppi/sezioni.

La febbre va misurata a casa?

Sì. All’ingresso degli istituti scolastici non ci saranno i termoscanner. La temperatura andrà presa a casa dai genitori e se supererà i 37,5 i ragazzi non potranno andare a scuola. È questa, infatti, una delle pre-condizioni stabilite dal ministero, su suggerimento del Comitato tecnico-scientifico del ministero della Salute, per poter entrare in classe. Oltre a non avere sintomatologie respiratoria e, nei 14 giorni precedenti, non essere stato in quarantena o in contatto con un soggetto positivo al Covid-19.

In ogni scuola ci dovrà essere un presidio sanitario?

Sì. Ogni scuola deve avere un medico competente per la sorveglianza sanitaria che deve collaborare con il preside e con il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza nell’integrare e proporre tutte le misure anti Covid-19. Tra i suoi compiti c’è anche la tutela dei lavoratori fragili a meno che questo incarico non sia assegnato a un altro medico di medicina generale, magari in consorzio con altri istituti, oppure a un medico del lavoro dell’Inail. Rafforzati anche gli sportelli di supporto psicologico per alunni e lavoratori.

Chi sono i lavoratori fragili?

I lavoratori maggiormente esposti a rischio di contagio, in ragione dell’età o della condizione di rischio derivante da immunodepressione, anche da patologia Covid-19, o da esiti di patologie oncologiche o dallo svolgimento di terapie salvavita o comunque da comorbilità che possono caratterizzare una maggiore rischiosità. L’individuazione del lavoratore fragile è effettuata dal medico competente su richiesta dello stesso lavoratore.

Cosa succede in caso di contagio?

Il coordinatore del Cts, Agostino Miozzo, ha ribadito che in caso di contagi si esaminerà il contesto di volta in volta e, se necessario, si metterà in quarantena una classe o l’intera scuola. Saranno coinvolti i pediatri e i medici di medicina generale che saranno chiamati assieme ai dipartimenti di Prevenzione delle Asl a garantire supporto alle scuole e gestione, secondo le normative vigenti, dei soggetti infettati da SARS-CoV-2 e dei loro contatti.

Ci saranno più docenti?

Sì. Nel decreto Rilancio sono stati destinati 977 milioni di euro che consentiranno, secondo il ministero, di avere in più 50mila tra docenti e personale Ata temporaneo. Con il decreto agosto si stanziano altri 920 milioni: serviranno per assumere oltre 25mila supplenti (da utilizzare anche per altre attività). Dal governo poi sono state autorizzate 97.223 assunzioni
(di queste 84.808 sono docenti, e 11.323 personale Ata).

Come verranno pulite le classi?

Le scuole avranno a disposizione prodotti igienizzanti, saponi e quanto necessario per assicurare la tutela della salute. Il protocollo di sicurezza prevede la pulizia giornaliera e l’igienizzazione periodica di tutti gli ambienti, attraverso un cronoprogramma ben definito e un registro regolarmente aggiornato di tutti gli spazi, gli arredi e gli oggetti. In presenza di un caso di positività, i luoghi e le aree potenzialmente contaminati devono essere sanificati. Importante anche l’aerazione dei locali: nei bagni le finestre vanno tenute se possibile sempre aperte.

Il personale scolastico verrà sottoposto a test sierologico?

Il personale docente e non docente potrà sottoporsi, su base volontaria e gratuitamente, a uno screening preventivo.


«Uscire dall’emergenza Sulla education servono visione e investimenti»

da Il Sole 24 Ore

di Claudio Tucci

L’intervista. Gianni Brugnoli, vice presidente di Confindustria al Capitale umano: «Usare le risorse per formare i docenti».

«Siamo a meno di un mese dal ritorno in classe di quasi 8milioni di studenti, a un paio di settimane dalla riapertura degli istituti per chi è rimasto più indietro, e il dibattito sulla scuola è tutto incentrato su banchi, gel, mascherine, distanziamento. Di Istruzione, con la I maiuscola, di aspetti educativi, di competenze mai un cenno. Eppure, il danno che i giovani e il Paese rischiano di pagare è elevatissimo – lancia l’allarme, Gianni Brugnoli, vice presidente di Confindustria con delega al Capitale umano -. Se la scuola non torna a fare, e bene, la scuola, temo, nell’immediato, un aumento della dispersione scolastica e una crescente perdita di capitale umano specie in alcune aree del Paese; e nel giro dei prossimi 3-5 anni, un mismatch dilagante. Già oggi un’azienda su tre fa fatica a trovare i collaboratori di cui ha bisogno. O perché ce ne sono pochi, è il caso dei tecnici, periti e Its, e dei laureati Stem (Science, Technology, Engineering and Mathematics, ndr); o perché i candidati, spesso, hanno profili non in linea con le richieste di un mondo del lavoro che sta cambiando, spinto dai mercati e dal 4.0».

Vice presidente, anche Mario Draghi lunedì ha chiesto più attenzione per i giovani…

Sono parole che condivido. L’investimento in formazione, se vogliamo ripetere l’espressione dell’ex presidente della Bce, è certamente “debito buono”, che guarda al futuro. Le parlo da imprenditore: se non abbiamo ragazzi preparati e motivati da inserire nelle aziende avremmo tutti un danno incalcolabile, perderemo competitività e spinta all’innovazione e diventeremo un Paese in mano ai predatori.

La ministra Azzolina rivendica un forte investimento sulla scuola, 2,9 miliardi di euro complessivi…

Sì, ma non vedo un progetto per il futuro. La gran parte di queste risorse servirà ad assumere nuovi docenti, in una mera logica emergenziale. Piuttosto sono anni che assistiamo a una drammatica riduzione della popolazione scolastica. A luglio, e questa volta le parlo come cittadino, sono rabbrividito leggendo i numeri diffusi dall’Istat sul minimo storico delle nascite nel nostro Paese. Se continua così, e la politica non interviene, l’Italia rischia di non avere prospettive.

Tra assunzioni a tempo e stabilizzazioni si muovono 200mila posti…

Vede, parliamo prevalentemente di professori che dovranno formare e prendersi cura dei nostri figli. Mi chiedo: ma qualcuno li valuterà o saliranno in cattedra senza selezione? Ad esempio, ci siamo se chiesti questi insegnanti sono in possesso di digital skills adeguate al periodo? Perché se si torna alla smart school non possiamo non permetterci docenti specializzati, in grado di affrontare lezioni in classe e da remoto. Ecco, suggerirei questo all’esecutivo: una fetta delle risorse aggiuntive sulla scuola impegnamole subito per la formazione dei professori, in primis quella digitale.

Il 14 settembre la scuola riapre?

Non possiamo dirlo con certezza. Penso, purtroppo, che gli effetti dell’emergenza sanitaria non si esauriranno tanto a breve. Una certezza però l’abbiamo: serve un progetto per la ripresa. Occorrono investimenti e non soltanto sussidi o misure spot che colmano falle del sistema che prima o poi si riapriranno. Per questo sostengo che sull’education occorre una visione, che oggi non c’è. Lancio una provocazione: nei mesi scorsi è stata nominata una commissione di esperti, presieduta da Patrizio Bianchi, che ha messo a punto un documento di oltre 150 pagine su come migliorare, strutturalmente, da qui ai prossimi anni, la nostra scuola. Io l’ho letto, e vi ho trovato proposte e idee interessanti e innovative, dall’autonomia scolastica, alla didattica laboratoriale, specie per le Stem, al link con imprese e territori. Mi chiedo: il governo che ne pensa? Ministri e premier lo hanno letto?

I presidi sì. Infatti protestano…

Lo dico con chiarezza. Il presidente dell’Anp, Antonello Giannelli, ha ragione: la norma sulla responsabilità penale in caso di contagio a scuola va rivista. Intendiamoci: la sicurezza, come lo è per tutte le nostre fabbriche, deve rappresentare una priorità, il primo obiettivo. Ma detto questo, se si rispettano le regole e i protocolli sanitari, deve scattare l’esonero, la malleva, come per l’imprenditore. Proprio per questo è necessaria un’accurata pianificazione delle procedure da seguire. In assenza di protocolli, non mi stupirei se il 13 settembre molti dirigenti scolastici non aprissero gli istituti. Personalmente sono favorevole anche ai termoscanner a scuola, come ci sono nelle imprese. Perché scaricare sui genitori questa responsabilità?

L’assenza di decisioni pesa?

Mi creda, molto. Al momento regna tanta confusione. Ma alla fine, su qualcuno questi costi dovranno ricadere. Pensi ai genitori, se un figlio di 7/8 anni ha la febbre, magari per un mal di gola, e nel dubbio evitano i nonni, per non rischiare, cosa pensa che faranno? Chiameranno in azienda e si assenteranno dal lavoro. Lo capisco. Ma mi chiedo: qualcuno ci sta pensando? Non vorrei che in assenza di protocolli tutto finisca per scaricarsi su famiglie e indirettamente sulla ripresa economica.

Online il nuovo bando di concorso per i programmi di Intercultura: partenza nel 2021. Iscrizioni dal 1° settembre

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

E’ possibile consultare sul sito di Intercultura www.intercultura.it il nuovo bando di concorso per gli studenti delle scuole superiori interessati a trascorrere un periodo di studio all’estero nell’anno scolastico 2021-22.

I programmi dell’associazione senza fini di lucro che dal 1955 opera in Italia e in tutto il mondo attraverso la rete Afs Intercultural programs sono rivolti prioritariamente a studenti nati tra il 1° luglio 2003 e il 31 agosto 2006 e consentono di frequentare una scuola locale e di vivere insieme a una famiglia selezionata.

Tra le novità si segnala l’apertura dei programmi in Grecia (anno scolastico) e l’attivazione dell’anno scolastico e del trimestre nel Regno Unito.

Anche per quest’anno il bando di concorso prevede che gli studenti che necessitano di un sostegno economico possano usufruire di una delle centinaia di borse di studio totali o parziali messe a disposizione da Intercultura attraverso il proprio fondo dedicato a questo scopo. In aggiunta, da settembre, saranno disponibili altre centinaia di borse di studio grazie alle donazioni di numerosi enti, aziende e fondazioni.

Le iscrizioni al concorso potranno essere effettuate online dal sito di Intercultura, a partire dal 1° di settembre fino al 10 novembre 2020.

Intanto, l’Associazione sta lavorando per riprogrammare le partenze degli studenti vincitori del concorso per i programmi dell’anno scolastico 2020-21. Un auspicio per la ripresa del nuovo anno scolastico e un messaggio di speranza per migliaia di studenti che non vogliono rinunciare a vivere un’esperienza così importante nel loro percorso di formazione.

«Una grande maggioranza della popolazione mondiale sta vivendo lo spaesamento e le difficoltà di un evento inaspettato, per il quale non eravamo preparati. – spiega Andrea Franzoi, segretario generale di Intercultura – Nonostante i grandi limiti a cui siamo tutti sottoposti, molti giovani non rinunciano, ora più che mai, alla prospettiva di aprirsi al mondo e Intercultura intende sostenere gli studenti, le famiglie, le scuole che vogliono impegnarsi per costruire una società sempre più aperta e attenta a formare cittadini responsabili e attivi. In tale contesto l’educazione interculturale e l’apertura al mondo diventano quindi delle vere e proprie priorità».

Un modello ibrido per restituire la scuola ai ragazzi

da la Repubblica

Maurizio Molinari

La pandemia di Covid 19 ha tenuto lontano dalla scuola dell’obbligo circa 1,5 miliardi di alunni in tutto il Pianeta, da giugno oltre 20 Paesi hanno iniziato a riaprire le classi e restano molti disaccordi su quali siano le modalità più efficaci per farlo. Ma per l’Italia che si accinge ad affrontare la stessa prova può essere interessante tenere conto che due metodi sembrano imporsi su tutti in più nazioni: suddividere gli studenti in ristretti gruppi di studio e obbligare l’uso della mascherina.

A causa della pandemia, tranne Taiwan, Nicaragua e Svezia, tutti i Paesi hanno sospeso le lezioni — con durate e modalità differenti — e il dato dell’Unesco su 1,5 miliardi di alunni lontani dalle classi descrive l’entità di un fenomeno che rischia di avere impatti globali negativi nel medio termine. Da qui l’urgenza di riaprire asili, elementari, medie e licei perché, come afferma un documento del Royal College britannico per la Pediatria, “stiamo mettendo in pericolo le possibilità di crescita e vita di una generazione di giovani”. C’è la necessità di riaprire, affrontando una sfida difficile perché non esistono precedenti a cui richiamarsi nè dati a sufficienza su cui basarsi.

Come l’attacco della pandemia di Covid 19 è stata un evento a sorpresa che ha obbligato i governi a ripensare difese e strutture sanitarie così la riapertura delle scuole in assenza di un vaccino espone il sistema dell’istruzione ad affrontare uno scenario inimmaginabile fino a sei mesi fa. Non a caso l’Organizzazione mondiale della sanità suggerisce agli Stati africani — con le strutture sanitarie più deboli del Pianeta — di “ponderare bene l’equilibrio fra sicurezza ed istruzione prima di decidere la riapertura delle classi”. È una prudenza che nasce da un dato di fatto. “Non esiste un’opzione sicura per riaprire le scuole” taglia corto Danielle Dooley, portavoce dell’Associazione americana dei pediatri. Basti pensare che la Vanderbilt University School of Medicine, che assiste la città di Nashville in Tennessee per un totale di 86 mila alunni, ha ammesso di aver cercato senza esito, impiegando una task force per 30 ore consecutive, “dati certi” sulla trasmissibilità del virus fra i più giovani.

Questo spiega l’importanza dei test in corso da parte dei Paesi che hanno riaperto le classi, a cominciare da Danimarca, Finlandia, Israele, Francia e Germania, per comprendere quali lezioni è possibile trarre. “I focolai di virus nelle scuole sono inevitabili — osserva Otto Helve, specialista dell’Istituto della Sanità di Helsinki — ma la buona notizia è che con alcune modifiche alla routine scolastica i benefici superano i rischi”. Per capire di cosa si tratta bisogna guardare alla Danimarca, il primo Paese europeo a riaprire, dove le scuole hanno diviso ogni singola classe in piccoli gruppi che possono riunirsi altrove in caso di emergenza. Ciò garantisce mobilità di spostamento, coesione fra gli alunni e agilità di gestione da parte degli insegnanti oltre alla possibilità di continuare comunque le lezioni. Altre modifiche possibili sono far riunire le classi il più possibile all’aperto (Danimarca), nei luoghi di preghiera (Belgio) oppure tenerle fisicamente ben separate dentro le singole scuole, senza più ricreazioni, ginnastica o momenti collettivi (Finlandia).

In Estremo Oriente invece sono le mascherine obbligatorie per gli alunni ad aver accompagnato la ripresa degli studi in Cina, Sud Corea, Giappone e Vietnam mentre in Germania ed Austria vengono imposte — per ora — solo nei corridoi e durante le ricreazioni. Ma ciò non è bastato a Berlino a scongiurare focolai di contagi in 41 scuole su 825 dentro la cinta urbana. In Francia il “modello asiatico” viene seguito con attenzione e dunque l’obbligo della mascherina scatterà alla ripresa per tutti gli alunni con più di 11 anni: anche dentro le classi. Ad avvalorare tale scelta di Parigi è anche l’esame dell’errore commesso in maggio da Israele nella riapertura delle scuole perché, non prevedendo le mascherine, ha innescato una seconda ondata di focolai nelle famiglie che ha portato il governo ad adottare nuove restrizioni a livello nazionale. “Abbiamo sbagliato a riaprire senza prevedere l’obbligo delle mascherine e senza organizzare bene la suddivisione degli alunni in piccoli gruppi” ammette Rebecca Nussbaum, insegnante di liceo a Gerusalemme, ora impegnata ad organizzare in settembre la nuova apertura.

Tali e tanti precedenti spiegano perché più nazioni impegnate a pianificare la ripresa in autunno — dagli Stati Uniti al Messico all’Afghanistan alla Gran Bretagna — prevedono l’applicazione di “modelli ibridi” di insegnamento che alternano classi con un numero di alunni molto limitato, fino a definirle “bolle”, lezioni a distanza alternate e obbligo delle mascherine. Lo Stato di New York, ad esempio, ha annunciato con il governatore Andrew Cuomo che il proprio “modello ibrido” prevederà per 1,1 milioni di alunni in circa 1800 scuole di svolgere lezioni in classe solo per tre giorni a settimana con il resto del tempo destinato ad “insegnamento a distanza” o in altri luoghi.

È una strada che diversi Stati Usa si accingono a seguire, adoperando il termine “pods” per indicare gruppi ristrettì di alunni appartenenti ad un’unica classe ma gestiti praticamente come monadi. Anche in Gran Bretagna l’intenzione è di minimizzare al massimo il contatto fra classi durante l’intero anno, separando gli alunni in “bolle protettive” che vengono considerate assai più efficaci rispetto all’obbligo di distanza sociale fra tutti gli alunni: ovvero si studierà in piccoli gruppi, suddividendo le classi più numerose.

Al termine di un dettagliato esame di quanto sta avvenendo in dozzine di Paesi in più Continenti il “Council on Foreign Relations” di New York ha pubblicato nei giorni scorsi un rapporto che elenca le misure di prevenzione applicate più frequentemente, anche se con modalità diverse: obbligo delle mascherine, controllo della temperatura, riduzione delle classi, distanza sociale fra piccoli gruppi o fra singoli, lezioni all’aperto, priorità per gli alunni disabili o disagiati.

È una fotografia imperfetta di quanto sta avvenendo attorno all’Italia sul fronte della scuola ma ci suggerisce come Paesi distanti, di culture diverse, si muovono in realtà all’interno di una cornice composta di tasselli convergenti: affidandosi ad un modello di insegnamento ibrido accomunato dalla necessità di dividere gli alunni in piccoli gruppi capaci di continuare ad operare anche in situazioni di difficoltà, senza togliersi la mascherina.

Un solo medico ogni 23 istituti: prevenzione a rischio

da la Repubblica

Michele Bocci

Ogni medico dei dipartimenti di prevenzione delle Asl sarà il referente di ben 23 sedi scolastiche. Per far funzionare le linee guida sulla gestione di casi sospetti e focolai nelle scuole dei ministeri alla Salute e all’Istruzione, dell’Inail e dell’Istituto superiore di sanità c’è bisogno di rinforzare il sistema. Ora i camici bianchi sono troppo pochi. Lo dice la logica e lo dice la Società italiana di igiene, medicina preventiva e sanità pubblica (Siti).

Il documento dove si è disposto che ogni scuola abbia un referente nel dipartimento di prevenzione introduce una novità importante, riportando quasi in vita il medico scolastico. Quasi, appunto, perché gli organici sono molto ridotti. In Italia infatti in quelle strutture delle Asl lavorano 1.700 professionisti mentre le sedi scolastiche sono 40mila, raggruppate in 8.290 istituti comprensivi. Anche se i dottori contano sulla collaborazione di tecnici della prevenzione e infermieri, sono troppo pochi per potersi occupare approfonditamente delle singole scuole. Basta pensare che questi professionisti già lavorano all’organizzazione dei tamponi e al contact tracing e a breve potrebbero trovarsi con focolai in tre, quattro o anche più scuole tra quelle delle quali sono referenti. «Ci vorrebbero almeno altri mille medici al lavoro nei dipartimenti di prevenzione», dice Italo Angelillo, presidente della Siti. «Il governo ha stanziato già mesi fa le risorse per assumere un gran numero di camici bianchi, a tempo determina e indeterminato. Fino a 30mila. «Ma ogni regione investe nei settori che crede — spiega Angelillo. Fino ad ora si sono potenziati tanto gli ospedali e poco il territorio. Eppure la prevenzione è un settore centrale. Che soffre, visto che spesso ci si lamenta che le inchieste epidemiologiche e i tamponi non vengono fatti in tempo».

In base al documento con le linee guida, all’interno delle scuole comunque avranno un nuovo ruolo anche i medici di famiglia e i pediatri. Si occuperanno di disporre i tamponi quando ci sono casi sospetti, segnalati dal referente interno alla scuola. Quando arriverà il freddo e con questo le malattie respiratorie stagionali ci sarà il rischio di confondere altre patologie con il Covid, quindi la scelta se fare il test diventerà molto delicata. «È vero che i colleghi entreranno nella partita — dice sempre Angelillo — Ma una volta che arriva la diagnosi di nuovo caso spetterà a noi coordinare l’indagine epidemiologica per ricostruire i contatti dell’alunno e decidere di chiudere la classe e mettere tutti in quarantena ». Se c’è una circolazione del virus ampia nella zona dove si trova la scuola potrebbero essere prese decisioni più drastiche, che possono riguardare un maggior numero di studenti e operatori. «Quello è il nostro lavoro. Abbiamo bisogno di essere più numerosi per svolgerlo al meglio nelle scuole».

ATA: 4.700 collaboratori scolastici passeranno al full time a inizio anno scolastico

da OrizzonteScuola

Di redazione

“4700 contratti full time, personale aggiuntivo per un miliardo, centinaia di milioni in edilizia scolastica e affitti per nuovi spazi, 300 milioni di nuovi banchi, pronte 11 milioni di mascherine se necessario in caso di emergenze, test sieriologici a tutto il personale, 50mila litri di igienizzante al giorno. Agli altri le chiacchiere e le offese, a noi i fatti”

Lo scrive su Facebook il deputato M5S, Luigi Gallo

Siamo in pieno agosto, ma questo non ci ferma nel continuare il nostro lavoro per riportare gli studenti tra i banchi di scuola il 14 settembre mentre altri chiacchierano dalla spiaggia.

Uno di questi tasselli, a cui ho lavorato nel Decreto Rilancio, è rappresentato dai contratti aggiuntivi per il personale ATA per circa 4700 addetti, che da part time passeranno a full time.

L’integrazione contrattuale  – spiega Gallo – sarà attivata dalle scuole all’inizio dell’anno scolastico con l’attivazione sul SIDI delle modifiche informatiche a cui il Ministro e tutto il suo staff sta lavorando in questi giorni per predisporre anche questo tassello del puzzle dell’inizio dell’anno scolastico al posto giusto, per iniziare settembre nel migliore dei modi.

A queste forze aggiuntive per l’inizio dell’anno nel Decreto Agosto stanziamo 977 milioni per le 50 mila assunzioni di personale aggiuntivo, a tempo determinato, in tutti gli ambiti che riguardano la scuola: ripartiti tra docenti, personale amministrativo ed ATA, che si sommano alle assunzioni a tempo indeterminato, annunciate pochi giorni fa, di 85 mila docenti precari e 11.323 ATA.

80 milioni sono per gli enti locali, dedicati all’affitto di strutture e nuovi spazi per le lezioni e per sostenere i patti di comunità, che si aggiungono ai 330 milioni distribuiti per interventi di edilizia leggera per recuperare spazi per l’inizio dell’anno scolastico.

I sindaci hanno la responsabilità di far partire i progetti e comunicare alla cittadinanza tutti gli interventi in corso. Io, come rappresentante del popolo, pretendo di sapere come sono spessi i 330 milioni dai nostri sindaci fino all’ultimo centesimo“, conclude.

Si tratta  dei contratti degli ex LSU pulizie e sicurezza che dopo l’internazionalizzazione si erano ritrovati con l’orario ridotto (da 36 a 18 ore) e un conseguente abbassamento dello stipendio.

Ritorno in classe, regole e adempimenti per emergenza Covid: dai test sierologici ai regolamenti d’istituto

da OrizzonteScuola

La scuola si prepara al ritorno con la didattica in presenza previsto per settembre. Ecco tutto quello che sappiamo finora su linee guida nazionali, piani scuola delle singole regioni, distanziamento e banchi.

Recupero apprendimenti dal 1° settembre, inizio lezioni il 14

Il Ministero ha pubblicato l’ordinanza con la quale indica la data del 14 settembre per l’inizio delle lezioni dell’anno scolastico 2020/21. Le regioni hanno però deliberato in maniera autonoma, nel rispetto della previsione dei 200 giorni di lezione.

L’ordinanza del Ministero  –

Il calendario delle regioni con data di inizio e termine lezioni, sospensione lezioni per Natale, Pasqua, Carnevale e ponti vari

Negli ultimi giorni l’aumento dei casi di contagio da COVID ha messo in discussione l’avvio delle attività didattiche. Il Ministero, ad oggi, conferma le date già preventivate. Il comunicato del Ministero

Orario di lezione ridotto: sarà obbligatorio recuperare i minuti di lezione persi?

La cerimonia di avvio dell’anno scolastico si svolgerà,alla presenza del Presidente Mattarella, il 14 settembre a Vo’ Euganeo

Lo svolgimento dei corsi di recupero

Riteniamo che le attività finalizzate all’attivazione dei corsi PIA e PAI vadano retribuite e che i docenti, nell’approvazione del Piano delle attività devono assolutamente prevedere che i corsi siano da intendersi a pagamento e a prestazione volontaria.

Corsi di recupero PIA e PAI. Retribuzione, modello circolare e modulo per disponibilità docenti

il 1° settembre mancheranno ancora docenti di ruolo e supplenti

Modello circolare su organizzazione personale e attività didattiche emergenza COVID

Utilizzo della mascherina

Resta confermato, ad oggi,  l’utilizzo della mascherina anche quando si è seduti al banco dove non è possibile il distanziamento di un metro. Il CTS si esprimerà nuovamente a fine agosto. In ogni caso la deroga sarà comunque consentita per un periodo limitato di tempo e nel frattempo dovranno essere adottate il prima possibile soluzioni per garantire il distanziamento prescritto.

Per chi ha meno di 6 anni è già previsto che non si debba utilizzarla. Indicazioni per gli alunni con disabilità e
Le indicazioni ufficiali dal verbale del CTS

Misurazione temperatura corporea

Il Comitato Tecnico Scientifico  non ha reputato opportuna la rilevazione della temperatura corporea all’ingresso né per gli alunni, né per il personale, ma non potrà accedere alla scuola chi manifesta sintomatologia respiratoria o temperatura corporea oltre i 37,5°C.  FAQ

Dal 24 agosto help desk per le scuole

Parte un help desk dedicato interamente alla ripresa a cui le scuole potranno rivolgersi in caso di dubbi e quesiti attivo dal lunedì al sabato, dalle 9 alle 13 e dalle 14 alle 18.

Test sierologici personale scolastico

La somministrazione è già stata avviata.  Sottoporsi al test è facoltativo. Tutte le modalità e le info per regione

La lettera del Commissario Arcuri al personale scolastico

L’assenza del personale scuola in caso di test sierologico positivo sarà assimilata alla quarantena, con le tutele del caso. Ordinanza

Documento per la gestione dei casi e focolai di Covid – 19 nelle scuole

Documento dell’Istituto superiore di sanità, realizzato grazie a una larga collaborazione istituzionale che ha visto coinvolto anche il Ministero dell’Istruzione, con le regole per la gestione di casi e focolai di Covid-19 nelle scuole. Scarica testo in PDF

Se uno studente presenta sintomi COVIDle istruzioni operative in 15 punti

Cosa succede se a presentare i sintomi è un insegnante Leggi tutto

Non basta un singolo caso per chiudere scuola.  LAsl “valuterà di  prescrivere la quarantena a tutti gli studenti della stessa classe e agli eventuali operatori scolastici esposti che si configurino come contatti stretti (le ultime 48 ore).
Indicazioni ISS

Studente che si ammala di COVID a scuola è come vittima di infortunio, ecco perché i Dirigenti protestano

Nota di precisazioni del Ministero su responsabilità Dirigenti Scolastici

Il referente Covid-19

Ad ogni scuola verrà chiesto di nominare un referente Covid-19, che farà da anello di congiunzione con le Asl e verrà formato sulle procedure da seguire. Al referente saranno segnalati i casi di alunni sintomatici. Inoltre, il suo compito sarà quello di controllare eventuali “assenze elevate” (sopra al 40%) di studenti in una singola classe.

Lavoratori fragili

Il concetto di fragilità va individuato – afferma il documento per la gestione dei casi e focolai di Covid – 19 nelle scuole – nelle condizioni dello stato di salute del lavoratore rispetto alle patologie preesistenti (due o più patologie) che potrebbero determinare, in caso di infezione, un esito più grave o infausto, anche rispetto al rischio di esposizione a contagio. Come intervenire

Docenti e ATA in più

E’ prevista una dotazione organica aggiuntiva, fino a 50mila docenti e ATA per gestire l’emergenza. Si tratta di un organico che la Ministra ha definito “il personale Covid”

Ordinanza del Ministero dell’istruzione che disciplina le assunzioni di personale docente e ATA aggiuntivo esclusivamente per l’anno scolastico 2020/21.Viene data priorità sia per il personale docente che ATA alla scuola dell’infanzia e del primo ciclo, con particolare riferimento alla scuola primaria. I posti hanno decorrenza giuridica ed economica dalla data di inizio delle lezioni o dalla effettiva presa di servizio e fino al termine delle lezioni. In caso di sospensione delle attività didattiche in presenza, i contratti di lavoro attivati si intendono risolti per giusta causa, senza diritto ad alcun indennizzoLeggi l’ordinanza

Docenti e ATA sostituiti dal primo giorno di assenza

I nuovi banchi

I banchi nuovi verranno forniti da 11 aziende, 7 italiane e 4 straniere, provenienti dall’Ue. A settembre arriveranno i primi, poi inizio ottobre ne arriveranno altri, infine entro fine ottobre arriveranno tutti quelli richiesti. I criteri di distribuzione

Bozza protocollo sicurezza

Il Ministero dell’Istruzione e i sindacati (tranne Gilda) hanno sottoscritto un protocollo di sicurezza per garantire l’avvio dell’anno scolastico. Testo definitivo

Ecco cosa prevede per la pulizia delle aule –

Linee Guida

Presentate dal Ministero dell’istruzione il 26 giugno scorso, rappresentano la base di partenza per l’organizzazione scolastica dell’anno 2020/21.

Linee guida NAZIONALI

Linee guida 0-6 anni Il documento

Linee guida regionali

Linee guida EMILIA ROMAGNA

Linee guida LAZIO

Linee guida SICILIA

Linee guida VENETO

Linee guida trasporto scolastico

Scarica il testo

La didattica

Bonus 500 euro, prorogata fino al 31 agosto possibilità di acquistare dispositivi per la didattica a distanza

Didattica a distanza, le scuole realizzeranno piano per la didattica digitale integrata. Indicazioni MI

Linee guida per la didattica digitale integrata

Scarica il documento

La didattica digitale potrà essere utilizzata in modo complementare e integrato solo nella scuola secondaria di secondo grado. Solo in caso di una nuova sospensione delle attività in presenza, dovuta a motivi emergenziali, si renderà necessario il ricorso alla Didattica digitale integrata per tutti gli altri gradi di scuola.

Il ruolo del Collegio dei docenti

Le scuole si doteranno di un Regolamento per la didattica digitale integrata Modelli per scuola secondaria di II grado e istituto comprensivo

Cosa accade con l’orario dei docenti. Tutte le info

Firma registro elettronico: sì o no?

Libri gratis e dispositivi digitali  saranno forniti direttamente dalle scuole, a settembre. La regione con il più alto numero di studenti che avranno la fornitura gratis è la Campania con 74.434, seguita dalla Sicilia con 61.184, dalla Lombardia con 51.076, dalla Puglia con  45.920 e dalla Regione Lazio con 28.906 studenti. Tutti i dati per regione

Da settembre 2020 la nuova Educazione Civica

Decreto e Linee Guida Ministero

Aggiornamento PTOF, chi fa cosa, formazione, valutazione. Le nostre FaQ

Patto educativo corresponsabilità con le famiglie Scarica modello

Come insegnarla: tutte le aree di formazione

Rientriamo a scuola

Pagina del Ministero con tutte le info utili. Vai alla pagina

Covid-19, il 40% del personale scolastico potrebbe rientrare fra “i lavoratori fragili”

da OrizzonteScuola

Di redazione

Nelle scuole italiane lavora il personale con una media di età superiore a quella che si registra in altri paesi dell’area Ocse. Il dato statistico porta con sé un’informazione indiretta: si tratta dei soggetti che proprio per la loro età sono stati considerati finora a maggior rischio di infezione da Covid-19.

A fare questa associazione è stato il Fatto Quotidiano che ha dedicato un articolo ai dipendenti scolastici considerati come lavoratori fragili, condizione data dall’età anagrafica o dalla presenza di patologie particolari.

Dati alla mano, ha calcolato che circa il 40% del personale fra Ata e docenti è quello indicato a rischio contagio e che al Ministero già paventano una valanga di assenze a cui dovranno far fronte con le supplenze i provveditorati e i dirigenti scolastici. Si tratta di poco meno della metà sia nel caso dei docenti, sia nel caso del personale Ata.

Nel documento allegato diramato dall’Inail alle strutture territoriali viene paventata l’ipotesi di valutare la condizione di “inidoneità temporanea o limitazioni dell’idoneità”. Dato lo stato di emergenza prorogato al 15 ottobre, c’è la possibilità che molti lavoratori che si trovano in situazioni critiche, quelle considerate di “fragilità”, presentino un certificato medico di esonero dalla presenza sul posto di lavoro considerato a rischio.

Per gli alunni perdere la scuola fa più danni del Covid: in Inghilterra contagiato in classe solo lo 0,1%

da La Tecnica della Scuola

“E’ più facile che i bambini si prendano il virus a casa che a scuola”: è quanto emerge da uno studio dell’agenzia governativa britannica Public Health England (Phe), dal quale si evince che in Inghilterra i contagi nelle scuole elementari sono stati rarissimi, e dalla riapertura delle aule in giugno ci sono stati solo 70 bimbi e 128 fra insegnanti e personale scolastico, pari allo 0,01% del totale.

Il bassissimo rischio di contagio, almeno nel primo ciclo scolastico, ha portato a dire ai governanti britannici che perdere la scuola per i bambini e i ragazzi fa più danni del coronavirus: una posizione di questo tenore è stata presa dal premier Boris Johnson.

Sicuro il “danno” formativo e di crescita

Ed ora anche dal capo consigliere in materia sanitaria del governo, Chris Whitty, secondo il quale le possibilità che i bambini muoiano di Covid-19 sono “estremamente basse” a fronte del “danno” formativo e di crescita arrecato al bambino dalla prolungata assenza dalle lezioni.

La filosofia pro-riapertura sembra sposata però non solo in Gran Bretagna. In Germania, ad esempio, le scuole hanno riaperto già da due settimane, anche senza imporre la distanza minima in classe e tornando subito a tempo pieno. E il Governo tedesco non è sembrato troppo scosso dopo la chiusura di decine di istituti, per via dei contagi che ne sono derivati.

In Francia alti contagi ma scuole al via

Anche in Francia le cose non stanno andando nel migliore dei modi. L’impennata di contagi da Covid – ben 4.897 domenica 23 agosto rispetto al giorno prima – non risparmia le scuole.

Tanto che, ricorda l’Ansa, la scorsa settimana lo Snuipp, il principale sindacato degli insegnanti elementari, ha chiesto il rinvio dell’inizio dell’anno per consentire agli insegnanti di prepararsi, ma il ministro dell’Educazione Jean-Michel Blanquer ha escluso nei giorni scorsi questa ipotesi. L’inizio dell’anno scolastico avverrà “per tutti il primo settembre”, ha ribadito il ministro.

Errori di sistema

Errori di sistema

di Maria Grazia Carnazzola

  1. Introduzione.

Rientro sì, rientro no, rientro forse. E poi rientro come e perché, questo è l’interrogativo vero. Situazione complessa, complicata, confusa.  Sono tante le domande ma, forse, non così tante sono le risposte possibili, per molti motivi. Alcuni riconducibili al ruolo e alla funzione che la scuola ha nell’educazione dei giovani, quindi al suo specifico che viene inteso come insegnamento/apprendimento di conoscenze e del loro utilizzo, di modi di pensare, di sentire e di socialità perché ciascuno possa diventare quello che ancora non è. Altri chiamano in causa la funzione che il sistema scuola svolge all’interno di un contesto più ampio, in termini di educazione formale, per rispondere alle richieste che arrivano dal mondo politico e sociale, dal mondo della produzione e del lavoro. La scuola è chiamata a rispondere a entrambe le istanze, avendo cura preliminarmente di verificare che le richieste esterne siano motivate da esigenze di sviluppo e di crescita dei giovani, per una piena cittadinanza attiva e un personale progetto di vita, con traguardi e obiettivi costruiti da loro e non per loro, pur all’interno del sistema di vincoli esistente. Quale filosofia, quindi, dietro i percorsi di formazione/istruzione? Intendendo per filosofia quello che Dewey intendeva: l’insieme delle idee articolate in modo coerente. Perché per promuovere un pensiero critico, come tutti i documenti programmatici delle scuole di ordine e grado dichiarano, bisogna che chi nella scuola opera possegga una coscienza critica, una consapevolezza del proprio sapere disciplinare, psico-pedagogico e didattico, nonché del proprio ruolo e della propria funzione dentro l’organizzazione del sistema. E sottolineo: del proprio ruolo e della propria funzione, sia per le modifiche di superficie immediatamente attuabili sia per i cambiamenti strutturali che si rendono necessari nella contingenza.

2. Sbagliare è umano e… inevitabile.

Non è infrequente, quando si parla di scuola, così come quando si parla di medicina- i due settori di cura per eccellenza- che la frustrazione derivante da un qualsiasi disservizio si riversi nel rissoso e incontrollabile mondo dei social e che le mancanze, anche quelle riconducibili alla imprevedibilità del caso e della situazione- e quindi non imputabili a negligenza- diventino una gogna per il singolo docente, per il dirigente, per la scuola tutta che viene messa alla berlina. C’è bisogno di un colpevole; se le cose fatte bene sono merito di tutti, per l’errore ci vuole un responsabile. E se anche il colpevole non lo si trova non ci si scompone: l’importante è che si sappia tutto dell’errore, attraverso narrazioni, che sono cosa diversa dalle spiegazioni. La narrazione è una forma di affabulazione che gioca non tanto sulla realtà quanto sulla similitudine e sulla metafora, modalità che permettono di parlare di qualcosa parlando d’altro. Motivo per il quale, probabilmente, sui temi scottanti che riguardano ad esempio la scuola, la medicina, l’economia, la politica, si sentono più gli opinionisti che gli esperti, quelli che con molta probabilità saprebbero spiegare, e non solo narrare, anche gli errori.

E saprebbero spiegare che nelle organizzazioni complesse, come la scuola e la sanità, l’errore è un fattore intrinseco di sistema che deve essere visto come una eventualità ineliminabile e quindi, in quanto ammissibile, non necessariamente riconducibile a imperizia o peggio a colpevoli mancanze. Gli errori “di sistema”, quindi, sono ineliminabili e aumentano nelle situazioni di emergenza in cui la complessità si intreccia con l’urgenza e lo stress. Per esempio, in sala operatoria, nei casi di protesi al ginocchio, le infezioni periprotesiche si attestano intorno a una soglia del 5% sotto la quale a tutt’oggi non si riesce ad andare. 

3. L’errore va riconosciuto.

L’errore va sempre riconosciuto e utilizzato come elemento di miglioramento e di progresso in tutti i settori dell’esperienza, a livello pratico e a livello teoretico. Ma i fattori di rischio possono spiegare l’errore, non giustificarlo o negarlo. Si può sempre parlare di errore di sistema allora? Certamente non quando c’è intenzionalità di nuocere o negligenza perché anche se le azioni non sfociano necessariamente in un danno, viene ostacolato/ritardato un esito positivo, il “meglio possibile” per la comunità e qui è necessario il rimando all’etica e alla deontologia. Vi è, invece, errore quando sono presenti una scelta e la responsabilità relativa a quella scelta. Se guardiamo al mondo della scuola, di scelte ne sono state fatte e se ne stanno facendo molte, magari non tutte nel verso giusto, e la confusione è grande. Si sono scelti l’organizzazione del rientro, il modo di suddividere gli alunni, l’orario delle lezioni, le procedure di sanificazione, il tipo di banco… pur lasciando sullo sfondo il problema, fondamentale, dei trasporti scolastici, delle assunzioni di nuovo personale, dei nuovi concorsi, della formazione dei docenti.  Non si è scelto, ad esempio, di promuovere una urgente e approfondita riflessione sui cambi di paradigma che l’uso delle tecniche e degli strumenti del digitale producono sui processi di insegnamento/apprendimento e sulla loro valutazione. Anche non scegliere è una scelta. Se la scuola non è semplicemente un posto dove si va, ma anche qualcosa che si fa, che cosa vanno a fare i ragazzi a scuola? Per sanificare le mani, tenere le distanze, stare seduti…; anche, ma potrebbero farlo ovunque. Ci vanno per acquisire conoscenze relative alle discipline, a sé stessi, alla realtà che attraversano ed imparare ad orientarsi e ad agire consapevolmente. Ma se i vecchi paradigmi interpretativi e le regole per connotare i fatti della vita non funzionano più, come pare in questo particolare momento, bisogna che la scuola proponga un pensiero forte e critico per un impegno civile e politico. Non può, come direbbe Watzlawick, “fare ancora di più la stessa cosa”. Poniamo lo scontro in atto nel mondo della scienza tra chi sostiene che il virus Corona non c’è più e chi, basandosi sulle evidenze dei dati, sostiene che è più virulento di prima. A chi credere? Di quali “esperti” ci si può fidare? Sappiamo che la disinformazione viaggia nella rete veicolando notizie fasulle e pseudoscientifiche, propagandate da sedicenti esperti magari in malafede. Se dietro all’informazione non c’è un solido pensiero scientifico fondato su valori etici e di democrazia, se dietro ci sono interessi di parte   i valori diventano slogan. Vale la pena di ricordare che, in origine, slogan stava a significare “grido di guerra di un clan”.  La disinformazione non rientra tra gli errori di sistema. Questo la scuola lo deve insegnare.

4. Conclusioni.

Personalmente fatico ad accettare che, anche da parte di chi è in questo momento al governo, è difficile riscontrare quei comportamenti che rimandano alle categorie ideologico-filosofiche su cui dovrebbe fondarsi la gestione politico-amministrativa, mentre si individuano comportamenti che richiamano, piuttosto, quella che oggi viene definita identità emotiva: sono scomparsi i discorsi politici che riguardano la scuola e le sue finalità, la figura dell’insegnante e la sua formazione. Ma è difficile anche trovare il programma politico di governo che indichi con chiarezza la rotta generale, pur curvata sugli ambiti- sanità, industria, giustizia, scuola…- a cui ricondurre, per una giusta comprensione, le eventuali necessarie variazioni in relazione alle contingenze, riconoscendo sempre la linea generale o i discostamenti.  Si è al governo, e si è pagati, è per fare gli interessi della Nazione, non i propri. La mancanza di una visione generale diventa oggi crisi della politica che non riesce più a convincere né a giustificare né tanto meno a governare con coerenza. Questa idea che chiunque possa governare, scegliere e decidere per gli altri senza competenze specifiche, veicola la convinzione che la formazione non serva. E se la formazione non serve ai politici, perché mai dovrebbe servire ai docenti o ai ragazzi? Messe così le cose, hanno senso gli esami di maturità come sono stati fatti. E ha senso anche che la politica non pensi per la scuola un chiaro progetto teoretico, per esempio indicando piste di lavoro che declinino i goals dell’Agenda 2030 correlandoli alle competenze trasversali e disciplinari, con finalità esplicitate e obiettivi chiari e verificabili concretamente. E trovano un significato anche gli insulti tra i politici per i copiosi rispettivi strafalcioni e ignoranze: il bue continua a dare del cornuto all’asino.  Come si fa a spiegare ai ragazzi che comprendere il pensiero degli altri e far comprendere il proprio è fondamentale per una comunità; che la competenza lessicale non è un vezzo, perché dietro le parole ci sono i concetti che rappresentano culturalmente la realtà e che l’incongruenza tra i fatti e la loro rappresentazione può essere fonte di errore; che parlare e scrivere male vuol dire pensare male. Ci sono errori, dicevo, che non dipendono dalle scelte, errori che non possono essere evitati e che sarebbe ingiusto e ingeneroso imputare alle persone. Ma che vanno riconosciuti e considerati perché sarebbe debolezza di pensiero e mancanza di onore negarli. Ce ne sono altri, invece, frutto di scelte sbagliate e incompetenti per i quali bisognerebbe chiedere che si risponda e si paghi, almeno in termini di credibilità e di reputazione, perché quando la scelta sbagliata danneggia la comunità intera nel presente e nel futuro, non basta riavviare il sistema. Come si farebbe con il computer.

BIBLIOGRAFIA

G. Antonelli, Volgare eloquenza, Laterza e figli SPA, Bari 2017;

J. Dewey, Esperienza e educazione, La Nuova Italia, Firenze 1955;

M. Dorato, Disinformazione scientifica e democrazia, Cortina Editore, Milano 2019;

G. Giorello – P. Donghi, Errore, Il Mulino, Bologna 2019;

C. Sini, Lo spazio del segno, Jaca Book, Milano 2017;

P. Watzlawick, Guardarsi dentro rende ciechi, Salani Editore, Milano 2018.

Rientro a scuola, docenti e Ata over 55 ora non sono più “fragili”: si teme un boom di assenze

da La Tecnica della Scuola

È di questi giorni la notizia della negazione dello smart  working ai lavoratori fragili della scuola: abbiamo già spiegato che “mentre fino al 31 luglio 2020 era possibile svolgere lavoro agile e per gli esami di Stato 2019/2020 il docente riconosciuto fragile poteva interagire a distanza, per la ripresa dell’anno scolastico questa tipologia di servizio è stata mandata in pensione dal Dl agosto”. Ma non è finita qui, perchè con le “Indicazioni operative per la gestione di casi e focolai di SARS-CoV-2 nelle scuole e nei servizi educativi dell’infanzia”, abbiamo scoperto che è anche cambiato il concetto di lavoratore fragile.

L’età avanzata non basta

Nel senso che per essere considerato tale non c’è più alcun riferimento all’età – sopra i 55 anni –, ma è necessaria la“presenza di alcune tipologie di malattie cronico degenerative (ad es. patologie cardiovascolari, respiratorie e dismetaboliche) o in presenza di patologie a carico del sistema immunitario o quelle oncologiche (indipendentemente dall’età) che, in caso di comorbilità con l’infezione da SARS-CoV-2, possono influenzare negativamente la severità e l’esito della patologia”.

Per essere annoverato come dipendente “fragile”, quindi ad alto rischio per la propria salute qualora si infettasse di Covid-19, il lavoratore della scuola – docente, Ata o preside – dovrebbe essere affetto da patologie di un certo rilievo: solo in questo caso, infatti, dicono ancora dall’Iss, vi sarebbero i presupposti per far partire la “sorveglianza sanitaria eccezionale”, assicurata dal datore di lavoro,  e quindi la verifica dello stato di maggiore vulnerabilità.

L’iter per essere considerati “fragili”

Il datore di lavoro, che nella scuola è rappresentato dal capo d’istituto, una volta accertata la presenze di determinati requisiti (a prescindere dall’età) dovrebbe quindi far scattare “la sorveglianza sanitaria eccezionale, a richiesta del lavoratore interessato: a. attraverso il medico competente se già nominato per la sorveglianza sanitaria ex art. 41 del D.Lgs 81/08: b. attraverso un medico competente ad hoc nominato, per il periodo emergenziale, anche, ad esempio, prevedendo di consorziare più istituti scolastici; c. attraverso la richiesta ai servizi territoriali dell’Inail che vi provvedono con propri medici del lavoro”.

Solo dopo avere espletato tale procedura, che corrisponde alla verifica della severità delle malattie e del quadro patologico del lavoratore, avviata da una richiesta da parte dello stesso attraverso un certificato prodotto da un medico pubblico che attesta una o più patologie, potrebbe venirsi a determinare la collocazione tra i lavoratori “fragili”. Con tutti i benefeci, seppure ridotti, che comporta.

Coinvolti 400 mila docenti e Ata

La notizia della “stretta” voluta dal Governo non piacerà a tantissimi docenti: secondo le ultime stile Ocse, in Italia sarebbe circa il 40% del personale tra ATA e docenti ad avere superato i 55 anni. Quindi, circa 400 mila lavoratori della scuola, i quali anche alle soglie della pensione saranno a breve chiamati a rientrare in classe. E che, come paventato dal Fatto Quotidiano, potrebbero i alto numero ricorrere allo stato di malattia, soprattutto se in presenza di condizioni di salute in qualche modo precarie (ma non tali di produrre domanda di esonero dal ritorno sul posto di lavoro).

Secondo l’Anief è grave che l’Istituto superiore di sanità abbia “dimenticato” di inserire tra i lavoratori fragili “chi ha oltre 55 anni, a prescindere dalla presenza o meno di patologie o stati di malattia”.

L’Inal li aveva collocati tra gli “inidonei”

“Eppure l’Inail – proprio in vista della Fase 2 – lo scorso mese di aprile aveva redatto un documento sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, nel quale – ricorda il sindacato – si consigliava una “sorveglianza sanitaria eccezionale per i lavoratori con età superiore ai 55 anni” spiegando anche che “in assenza di copertura immunitaria adeguata (in sostanza, test sierologici) si dovrà valutare la possibilità di un giudizio di «inidoneità temporanea» al lavoro da rivalutare a scadenze fissate”.

L’inidoneità al lavoro, evidentemente, era legata all’alto tasso di contagi da Coronavirus present nella scorsa primavera.

Crollando i numeri di contagiati sono venuti meno, evidentemente, i rischi per gli over 55. Ma se continueranno a salire, come è accaduto negli ultimi giorni, allora un quadro potrebbe cambiare ancora?

Riaprire le scuole in modo ragionevole, senza dover produrre troppe scartoffie

da La Tecnica della Scuola

Lo sappiamo, la prima vera preoccupazione di una amministrazione è l’auto-tutela.Cioè prevenire ricorsi.
In poche parole, la finalità non è il migliore servizio possibile, ma prevenire contenziosi.Tutto perché si pretende di disciplinare tutto, non gestire in modo flessibile il rischio, i rischi.
Allora, si troverà sempre qualcuno che dirà: se non vi è la certezza al 100% meglio non riaprire le scuole.
E non viceversa, si riaprono individuando ed imparando a gestire le situazioni di rischio.
Del resto, come ci comporta negli ospedali, nei luoghi di lavoro od in famiglia?
La chiusura è e deve restare una misura estrema.
Perché una vita senza rischi è impossibile, come è impossibile immaginare di poter prevedere e prevenire ogni rischio.
Ma si deve invece dimostrare di fare tutto il possibile, stante la situazione.
Del resto, è quello che prevede anche l’ultima versione del sistema ISO 9001:2015.
Rischi, si dice qui, che possono diventare delle opportunità.
Quali opportunità?Di condivisione delle responsabilità, senza affidare ai protocolli, cioè ad algoritmi formalizzati, la nostra vita.
Preparando, così, le scuole i documenti da far approvare agli organi collegiali interni, la speranza è che non riproducano la stessa impostazione “in-negativo”, ma puntino, invece, in positivo alla corresponsabilità, come fondamentale prerequisito.