Tartarino sulle Alpi ovvero il rientro a Scuola

Tartarino sulle Alpi
ovvero il rientro a scuola

di Maria Grazia Carnazzola

Leggendo i vari documenti ministeriali che si sono susseguiti dall’inizio della pandemia, ma soprattutto quelli degli ultimi due mesi, ho cercato di raffigurarmi come potrà essere il rientro a scuola il prossimo settembre, con tutte le misure di prevenzione per evitare/contenere il contagio e preservare la salute di bambini e ragazzi e, ovviamente, del personale. Salute fisica beninteso.

 Il rimando a Tartarino di Tarascona, e alle sue avventure così sapientemente raccontate da A. Daudet in Tartarino sulle Alpi, è stato immediato. Tartarino: il velleitario provinciale che con incosciente coraggio trae forza dai propri difetti per dare un’aurea di grandezza alle mancanze e per continuare a credersi all’altezza delle proprie aspirazioni. Ingigantendo e mistificando i fatti, perché è un imbroglione, non si accorge dei raggiri di cui è vittima. Così crede davvero che la Svizzera, di cui si appresta a scalare le più alte vette, sia davvero una grande azienda turistica che tutela gli scalatori dalle insidie della montagna rendendole innocue: in fondo ai crepacci ci sono materassi e i visitatori sono vigilati passo passo da una schiera di invisibili impiegati che risolvono ogni problema. Non bisogna preoccuparsi, tutto è stato previsto. Chissà se alla fine anche a scuola, dopo rilevazione di temperatura, mascherina, sanificazione, distanziamento, sedie rotanti, banchi innovativi…ci sarà un Bompard che spiega che tutta questa efficienza può lasciare il tempo che trova se non viene inserita in un percorso di insegnamento/apprendimento che riconsegni alla scuola il suo specifico compito formativo di istruzione, per dare significato a tutta l’operazione e conferirle la necessaria efficacia. 

1. Andare a scuola: un posto dove si va o un lavoro che si fa?

Ho timore che si stia andando verso due disastri, uno sanitario e l’altro culturale. Per evitare il primo riconosco che molti sforzi si stanno facendo, anche da parte del Ministero dell’istruzione; per evitare il secondo si fa poco o niente: nessun progetto teoretico da affidare alle scuole per la trasposizione organizzativa e tecnico-operativa, pensando al futuro dei giovani. Ho già avuto modo di scrivere che, nel corso di tutta questa lunga e complessa operazione di marketing comunicazionale, si è dimenticato proprio l’aspetto centrale della scuola: un progetto culturale serio che indichi il patrimonio conoscitivo e tecnico complessivo di cui la società dispone attualmente e sul quale occorre riflettere per individuare, in termini probabilistici, ciò che dovrà permanere e ciò che dovrà cambiare per il futuro prossimo e meno prossimo. Sappiamo, ce lo dicono scienziati di settori diversi, che le cose sono cambiate e che difficilmente torneranno nel modo che conoscevamo, questo la scuola lo deve dire con chiarezza ai giovani. Il “come è stato” appartiene alla nostra memoria, il “come sarà” appartiene alla speranza; memoria e speranza sono le due dimensioni che la ragione da sola non può collegare senza il sentimento. “Sono io il mio tempo?” si chiedeva Heidegger. Tocca a ciascuno di noi recuperare il senso delle cose fatte e non fatte; tocca a ciascuno di noi comprendere perché alcune non sono state fatte; tocca a ciascuno di noi riconoscere i successi e gli errori commessi: solo così si può imparare, perché l’apprendimento è una dimensione personale e nessuno può farlo per noi.   Una scuola che meriti questo nome si occupa fisiologicamente del cosa insegnare e del come insegnarlo, monitorando e valutando gli esiti del proprio operare sul piano degli apprendimenti e delle prassi di insegnamento, per la necessaria retroazione. La consapevolezza che una generazione non può esistere solo nel presente e solo per se stessa, porta in evidenza il danno arrecato dalla anticipazione dei benefici per il benessere attuale, a fronte dei costi- posticipati- che saranno pagati dalle generazioni future. Quali i diritti per le generazioni future? Il diritto soggettivo diventa non esigibile ogni volta che si rompe l’unità di tempo: le generazioni future non avranno diritti da far valere giuridicamente nei confronti di quelle precedenti, ma queste hanno senza dubbio dei doveri nei loro confronti. L’educazione e l’istruzione fanno parte di questi doveri. Possiamo insegnare quello che sappiamo- il passato-, a osservare il presente, ma il futuro- il non ancora- non possiamo insegnarlo. Possiamo però insegnare a chiedersi come potrebbe essere, immaginando configurazioni del possibile e facendo i conti con l’imponderabile. Questa è la complessità, di cui tanto si parla, che richiede una diversa impostazione ermeneutica, un nuovo modo di confrontarsi con gli accadimenti del presente- che è spazio temporale aperto al divenire, al personale divenire nel tempo- e a confrontarsi con le narrazioni del presente per elaborare un progetto personale e collettivo di cui non si indica la via, ma si insegna a vedere le vie possibili. Anche da quello che insegniamo, e da come lo insegniamo, dipenderanno le vicende collettive e individuali e non saranno tanto i nuovi linguaggi a fare la differenza, ma le nuove visioni.

Edgar Morin sostiene che la cultura mantiene l’identità umana nei suoi tratti specifici e che le culture mantengono le identità sociali nelle loro specificità. Dovremmo ricordarcelo, noi persone di scuola, quando entriamo e quando usciamo da un’aula o progettiamo un percorso curricolare.

2. L’errore non è la punizione.

Tocca a ciascuno di noi riconoscere gli errori commessi, ho detto più sopra. Stanislas Dehaene ritiene che “il ritorno sull’errore, che confronta le nostre predizioni con la realtà e corregge i nostri modelli del mondo” sia uno dei quattro pilastri dell’apprendimento, uno dei parametri educativi più influenti: la qualità, la precisione e la tempestività del feedback determina la velocità con cui impariamo. Ma ritiene anche che l’errore non vada confuso con la colpa. Sbagliare è un evento “normale” in tutte le attività umane, permette di confrontare l’esito dell’azione con l’ipotesi formulata sulla base degli stimoli ricevuti. Succede nella vita di tutti i giorni, nella ricerca scientifica, a scuola, all’università… Quando un insegnante aiuta a riscontrare un errore e indica esattamente come si sarebbe dovuto procedere per non sbagliarsi, arricchisce e facilita l’accesso all’informazione e alla conoscenza. Non è evitando che si commettano errori, quindi addomesticando le richieste, che si aiutano i ragazzi a crescere e a diventare consapevoli del proprio sapere e del proprio non sapere. Così Gaston Bachelard “Sono stato spesso colpito dal fatto che i professori di scienze, più degli altri se possibile, non capiscano che non si capisca. Poco numerosi sono quelli che hanno indagato la psicologia dell’errore, dell’ignoranza e della mancanza di riflessione”. Su questo, e su quello che è successo quest’anno, bisognerebbe riflettere per comprendere quante opportunità di capire, di correggersi e di crearsi un catalogo di errori possibili sono state negate ai ragazzi, a scuola e all’università.   Ma non bisogna confondere gli errori con le sanzioni.  Segnalare un errore non è giudicare: è dire la verità e insegnare che riconoscere l’errore significa aiutare a capire che solo chi non fa non sbaglia: non bisogna temere di mettersi alla prova. 

3. Conclusioni.

Zygmunt Bauman ci ha insegnato molto sull’incertezza del futuro, ma forse l’incertezza che fa più male è, come stiamo sperimentando, l’incertezza del presente; è questa, penso, che si deve imparare e insegnare a governare per prima, perché l’idea del futuro giustifica e motiva il pensiero e l’azione nel tempo che si vive.  Siamo insidiati e assediati dall’incertezza. Possiamo rassegnarci a subirla, limitandoci a pensare agli strumenti per contenerne i danni, o rompere l’assedio pensando un progetto di formazione che rifondi le vecchie idee e crei nuove certezze, puntando sulla flessibilità per governare l’instabilità e le turbolenze, imparando e insegnando a riprogettare e a intraprendere con prudenza strade nuove. Questo la scuola oggi dovrebbe fare, senza pretese di certezze assolute da affidare agli algoritmi e ai sistemi computazionali, confidando in se stessa, negli altri e un po’ nella buona sorte.

BIBLIOGRAFIA

G. Bachelard, La formazione dello spirito scientifico, Raffaello Cortina Editore, Milano 1995;

Z. Bauman, La società dell’incertezza, Il Mulino, Bologna 1999;

S. Dehaene, Imparare, Raffaello Cortina Editore, Milano 2019;

M. Heidegger, Il concetto di tempo, Adelphi, Milano 1998; E. Morin, La via per l’avvenire dell’umanità, Cortina, Milano 2012;

G. Zagrebelsky, Senza adulti, Einaudi, Torino 2016.

La Protezione civile in Italia

PROTEZIONE CIVILE: ONLINE IL TESTO DI RIFERIMENTO PER I DOCENTI

“La Protezione civile in Italia” disponibile sui siti web di Dipartimento e Ministero dell’Istruzione

È online sui siti istituzionali del Dipartimento della Protezione civile e del Ministero dell’Istruzione (MI) il volume “La Protezione civile in Italia”. Il volume, predisposto dal Dipartimento in accordo con il MI, nasce a seguito dell’approvazione della legge 92 del 2019 che, a partire dal prossimo anno scolastico, introduce tra le discipline di insegnamento l’Educazione civica, nell’ambito della quale si parlerà anche di protezione civile.

Il testo rappresenta un sussidio per la programmazione delle attività didattiche, è aperto dalle prefazioni del Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, della Ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, e dall’introduzione del Capo Dipartimento della Protezione Civile, Angelo Borrelli e affronta un ampio ventaglio di tematiche, da quelle storiche a quelle scientifiche, da quelle sociali a quelle normative. I docenti anche attraverso immagini, foto, tabelle, link e riferimenti bibliografici scolastici avranno la possibilità di arricchire l’offerta formativa e potranno approfondire i diversi ambiti di attenzione del Servizio Nazionale della Protezione Civile. Il testo sarà progressivamente integrato – sempre on line – con appositi dossier, in cui verranno presentate le novità in materia di previsione e prevenzione dei rischi e le lezioni apprese dalle nuove esperienze emergenziali, come la più recente dovuta all’epidemia da Covid-19.

“La Protezione civile in Italia” è suddiviso in nove capitoli. Dopo una panoramica sulle competenze e sulle attività del servizio della Protezione civile, si passa a una rappresentazione della fragilità del territorio italiano rispetto ai diversi rischi. Segue un racconto dell’evoluzione normativa attraverso gli eventi calamitosi che hanno interessato l’Italia, fino ad arrivare alla legislazione attualmente in vigore. Si entra poi nel merito dell’organizzazione del sistema di protezione civile, della descrizione dei rischi che interessano il nostro territorio e delle attività del ciclo di gestione di questi rischi. Il testo approfondisce poi il rapporto con gli organismi internazionali di protezione civile e illustra alcuni interventi effettuati dal sistema di protezione civile in Italia e all’estero. L’ultima parte è invece dedicata al fondamentale ruolo dei cittadini, sia come singoli individui sia organizzati nelle associazioni di volontariato di protezione civile. A chiusura del volume un glossario, una sitografia di riferimento e un quadro dei principali riferimenti normativi.

“Con il nuovo anno scolastico, da settembre, entrerà in vigore in tutte le scuole l’insegnamento obbligatorio dell’educazione civica. Sarà una disciplina trasversale a tutte le altre e che permetterà alle alunne e agli alunni di ogni età di poter conoscere ed approfondire anche i rischi che incombono sul nostro Paese ed il grande lavoro di prevenzione e di contenimento affidato al Servizio nazionale della Protezione civile – sottolinea la Ministra Azzolina -. Questo testo offre dunque un sussidio importante, autorevole, per i docenti delle scuole di ogni ordine e grado che devono progettare i nuovi percorsi didattici di educazione civica. Vuole dare un aiutonella programmazione, ma anche offrire spunti di approfondimento e contenuti a cui attingere per arricchire l’offerta formativa. Ai nostri ragazzi dobbiamo dare gli strumenti per diventare cittadini attivi e responsabili”.

“Questo volume è un fondamentale tassello per il rafforzamento della cultura di protezione civile nel nostro Paese – sono le parole del Capo Dipartimento Borrelli – e grazie alla proficua collaborazione con il Ministero dell’Istruzione, i nostri docenti hanno ora a disposizione un prezioso strumento di diffusione della conoscenza. È grazie a cittadini consapevoli dei rischi che possiamo affrontare le sfide di protezione civile che abbiamo davanti, ed è fondamentale che anche in questo ambito siano le scuole il fulcro della loro formazione”.

Il volume “La Protezione civile in Italia” è disponibile sul sito web del Dipartimento all’indirizzo:

http://www.protezionecivile.gov.it/media-comunicazione/pubblicazioni/-/content-view/view/1310672

Rientro a scuola a settembre: Forse che sì, forse che no!

Rientro a scuola a settembre: Forse che sì, forse che no!

Sono mesi che la ministra e il suo staff al ministero dell’Istruzione rassicurano l’opinione pubblica sul rientro in presenza e in sicurezza di tutti a settembre.

Hanno invaso i media e tutti i social con la promessa che sarebbe stato garantito il distanziamento di almeno un metro dalle “rime buccali” e di due dalla cattedra che, come indicato dal Comitato Tecnico Scientifico (CTS), è l’unica misura di prevenzione davvero efficace.

Di fronte alle legittimità perplessità sollevate ad ogni incontro dai nostri rappresentanti sull’avanzamento dei lavori – dichiara Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti – i quali stando a scuola tutti i giorni avevano la consapevolezza delle difficoltà nel reperire spazi e personale per ridurre il numero degli alunni per classe, la risposta della ministra è sempre stata: “tutto bene, saremo pronti”.

Per questo – continua Di Meglio – è stato grande lo stupore delle donne e degli uomini della scuola quando improvvisamente, a meno di 20 giorni dalla ripresa dell’anno scolastico, la ministra ha chiesto al CTS di precisare se “nelle situazioni in cui non sia possibile garantire il distanziamento prescritto, l’utilizzo della mascherina possa ritenersi soluzione idonea allo svolgimento dell’attività scolastica”.

Va detto che la risposta del CTS insiste sulla necessità del distanziamento fisico di minimo un metro. Qualora però non fosse possibile garantire il distanziamento consente, rigorosamente per un tempo limitato e in situazioni eccezionali, la presenza a scuola con l’obbligo dell’uso della mascherina chirurgica.

Sarebbe interessante sapere – chiede il coordinatore della Gilda – se al ministero resisi conto dell’enorme ritardo e delle difficoltà nell’approntare le misure per garantire il distanziamento intendano, seppur con le mascherine chirurgiche, continuare a ammassare in una aula scolastica un numero di alunni maggiore di quello che il “metro dalle rime buccali” consentirebbe, distanziamento che, ricordiamolo, è già inferiore rispetto a quello previsto in molti paesi.

Sempre utile sarebbe pure sapere se le mascherine per il personale della scuola e per gli studenti, circa 10 milioni ogni giorno, saranno fornite dall’Amministrazione o se dovranno essere procurate da casa, come per la misurazione della temperatura.

Andando oltre la propaganda, spesso basata su proposte tanto fantasiose quanto inapplicabili, , come la Gilda degli Insegnanti ha più volte denunciato, fino a giungere alla decisione di interrompere le relazioni sindacali con il ministero, – conclude Rino Di Meglio – il rischio concreto è che la ripresa delle scuole a settembre trovi l’Amministrazione del tutto impreparata e che gli studenti e gli insegnanti, loro malgrado, debbano riprendere quella non-scuola che è la didattica dell’emergenza in numerose scuole.

Se l’aumento dei contagi non si arresta la riapertura delle scuole è compromessa

da OrizzonteScuola

Di Andrea Carlino

C’è preoccupazione all’interno del governo e del Comitato Tecnico Scientifico per l’aumento dei contagi da Covid-19. Il rischio è che se non si arresterà l’ascesa la riapertura delle scuole italiane a settembre potrebbe essere compromessa.

Il 19 agosto la riunione del Cts si occuperà proprio della riapertura delle scuole. Il Comitato Tecnico Scientifico, secondo quanto già trapelato, ribadirà che non si deroga all’obbligo del distanziamento fisico di un metro tra gli alunni in classe. Nel caso fosse impossibile garantire il metro di distanza gli studenti dovranno indossare la mascherina chirurgica e ci dovrà essere un’adeguata areazione.

La deroga sarà comunque consentita per un periodo limitato di tempo – continuano a ribadire i consulenti del governo- e nel frattempo dovranno essere adottate il prima possibile soluzioni per garantire il distanziamento prescritto.

“I numeri del contagio in Italia, anche se tra i più bassi in Europa, sono in crescita. Non possiamo vanificare i sacrifici fatti nei mesi passati. La nostra  priorità deve essere riaprire le scuole a settembre in piena sicurezza”, ha detto il ministro della Salute, Roberto Speranza.

Ritorno in classe, Speranza: “Stiamo lavorando senza sosta. Non possiamo lasciare soli i presidi”

da OrizzonteScuola

Di Andrea Carlino

“Stiamo lavorando incessantemente, la  riapertura delle scuole, a metà settembre, in presenza e in tutta  sicurezza, è una priorità per il governo“. Lo dice al Tg1 il ministro della Salute, Roberto Speranza che poi annuncia di studiare un “nuovo  rapporto organico strutturato, costante tra sanità e scuola: non  possiamo lasciare i nostri presidi da soli a gestire questa vicenda“, sottolinea.

E poi: “I dati di questi ultimi giorni non possono non preoccupare”, anche se sono inferiori a quelli riscontrati in altri paesi europei. Bisogna “rialzare il livello di attenzione,  non possiamo assolutamente vanificare i sacrifici fatti dai cittadini”.

Sui giovani: “Capisco che c’è volontà di uscire, di vivere dopo i mesi di lockdown – sottolinea il ministro della Salute – ma se contagiano genitori o  nonni rischiano i produrre un danno reale. Al momento abbiamo lasciato tre regole fondamentali, che valgono per i giovani ma valgono per  tutti: indossare la mascherina, obbligatoria al chiuso ma va indossata anche all’aperto se c’è il rischio di incrociare altre persone; il  distanziamento di un metro; lavarsi le mani”.

Rientro a scuola: sicurezza sui mezzi di trasporto e tante altre incertezze anche per i docenti

da La Tecnica della Scuola

In questo articolo ci occupiamo principalmente del problema della gestione e della sicurezza dei mezzi di trasporto in previsione del loro massiccio utilizzo a settembre, quando è previsto il rientro a scuola e riprenderanno le attività didattiche, sia da parte degli studenti che da parte del personale scolastico (perché sono tantissimi anche gli insegnanti che si recano a scuola con mezzi pubblici), ma daremo conto anche del “sentimento di solitudine” dei docenti, come hanno fatto notare anche alcuni lettori.

Sicurezza trasporti: evitare di giungere all’ultimo momento anche in questo caso senza essere pronti

Per i trasporti si sta davvero pensando quanto tali spostamenti siano rischiosi e cosa si sta preparando per evitare rischi maggiori e non giungere all’ultimo momento anche in questo caso senza essere pronti?

In una pagina web del quotidiano “la Repubblica” del 10 agosto si legge che l’ipotesi (un documento condiviso da sottoporre al Comitato tecnico scientifico) emersa sul tavolo dell’incontro tra le regioni, altri enti locali e il governo, rappresentato dai ministri dei Trasporti, della Salute e degli Affari regionali, prende in considerazione anche “parafiati laterali tra le sedute sui treni regionali e sui bus per permettere a una deroga, laddove è possibile installarli, ai limiti di carico di passeggeri sui mezzi del trasporto pubblico locale”. Leggiamo tra l’altro che “la proposta è in attesa del parere dell’Inail, per gli aspetti riguardanti la sicurezza dei passeggeri a bordo”.

 

Sicurezza: basta la mascherina? Per rispettare il distanziamento servirebbero più mezzi pubblici

Bastano i parafiati laterali? Direi di no. Per garantire l’accesso al trasposto pubblico locale, in particolare degli studenti delle scuole superiori, servirebbero più mezzi (e quindi più personale), al fine di rispettare le regole di distanziamento (e quindi di capienza) previsti dall’emergenza (anche se poi va rilevato che in diversi contesti territoriali vi sono state ordinanze che hanno consentito l’utilizzo “a pieno regime” dei mezzi pubblici: e con i contagi che aumentano sono decisioni che vanno ripensate se non garantiscono il distanziamento stabilito).

Gli scuolabus e la permanenza a bordo non superiore ai 15 minuti

Se poi ci si riferisce, in modo specifico, agli scuolabus, l’allegato n. 16 del Dpcm del 7 agosto scorso definisce le linee guida: potranno viaggiare con la capienza massima consentita nel caso in cui “la permanenza degli alunni nel mezzo” non sia “superiore ai 15 minuti“. In vista dell’inizio dell’anno scolastico il Governo ha previsto una serie di misure anti-covid specifiche per il trasporto scolastico. Tutti, ad eccezione di quelli di età inferiore ai sei anni e a coloro che hanno delle disabilità, dovranno indossare obbligatoriamente la mascherina “al momento della salita sul mezzo”.

In realtà è previsto il rispetto della distanza di un metro, ma vi sono alcune deroghe: la prima riguarda appunto la durata del tragitto, la seconda è invece consentita “nel caso in cui sia possibile l’allineamento verticale degli alunni su posti singoli e sia escluso il posizionamento cosiddetto faccia a faccia“.

A noi non è chiarissimo perché eventualmente il virus resterebbe inefficace per i primi 15 minuti. Una questione di “rispetto” verso i giovani viaggiatori (anche se quelli accanto tossiscono o starnutiscono in continuazione?)  o c’è una spiegazione scientifica attendibile?

Ma sul problemi degli spostamenti degli alunni sono davvero tanti i dubbi, espressi efficacemente in una lettera pervenuta da un lettore, che si chiede anche: “nei dettagli in quale maniera centinaia di studenti ammassati sui marciapiedi e sui pullman, soprattutto a fine lezioni, potranno stare a distanza di un metro l’uno dall’altro, come soldatini, e potranno salire e scendere uno alla volta, dopo che i precedenti si saranno seduti o avranno lasciato il mezzo? E soprattutto chi dovrà regolare tali movimenti? Gli studenti stessi? Gli autisti? Nessuno? Chi è che dovrà evitareavere cura e far seguire le procedure?”.

Anche tantissimi insegnanti utilizzano i mezzi pubblici per recarsi al lavoro

Va poi rilevato che non soltanto gli studenti usano i mezzi pubblici per recarsi a scuola ma anche moltissimi insegnanti. Per consentire agli alunni di potere accedere in caso di assembramenti e limitazioni al numero di posti sui mezzi pubblici, si era parlato anche di un “pass di precedenza”: se ciò verrà contemplato fra le misure adottabili, allora bisognerà che ne vengano provvisti anche i docenti (e il resto del personale scolastico) che utilizzano autobus, metro, treni per andare a lavorare a scuola, onde evitare anche loro di rimanere “appiedati” e dover aspettare corse successive magari ugualmente affollate (o si pretenderebbe che i docenti prendano la prima corsa dell’aurora per essere sicuri di arrivare prima delle ore 8 a scuola?!)

Non pensare anche a loro per i probabili disagi nei trasporti, e soprattutto per i rischi connessi, è soltanto uno dei motivi che a molti docenti ha fatto pensare di essere quasi “dimenticati”, come se dovessero essere solo esecutori passivi di “ordini” calati dall’alto.

Per esempio, secondo l’interpretazione di alcuni, in aula l’obbligo della mascherina rimarrebbe per i docenti anche se la distanza tra la cattedra e i primi banchi (monoposto o no che siano) è fissata a due metri e non a uno (un metro di distanza che però permetterebbe agli studenti probabilmente di essere esentati dal portare la mascherina quando sono seduti al banco, anche se poi è lecito dubitare che prontamente la rimettano al momento che si spostano, magari per via di una postura differente assunta persino inavvertitamente). Perché? Tanto non è pensabile che i docenti girino tra i banchi (quindi manterranno i due metri di distanziamento), dato che in questo caso sarebbero a breve distanza dai ragazzi e se la loro mascherina garantisce gli alunni, la mancanza di mascherina da parte dell’intera scolaresca non garantirebbe gli insegnanti‼

E poi vi immaginate docenti che devono parlare (magari spiegare) talvolta per 4 o 5 ore a fila con la mascherina (che in quel caso andrebbe peraltro sostituita)?!

Chi pensa anche alla sicurezza dei docenti?

Insomma, insegnanti che spesso si sentono quindi abbandonati a se stessi (quasi fossero diventati quasi i “pària” del sistema scolastico): tutti pensano giustamente alla sicurezza degli alunni, alle preoccupazioni dei genitori, alle responsabilità dei presidi lasciati con il “cerino in mano” dal M.I., ma cosa si fa effettivamente per la salute degli stessi docenti, chi si domanda quali conseguenze possa avere la “stanchezza”, che a volte sfocia persino in depressione, in “burnout”?

E che dire dei lavoratori “fragili”, si sta pensando con estrema attenzione ad essi? Perché secondo quanto scritto da un esponente della Cub Scuola il rispetto dei loro diritti è talvolta venuto a mancare durante l’effettuazione dei recenti esami di Stato.

I “lavoratori fragili” e il consiglio dell’Inail di una sorveglianza sanitaria per chi ha un’età superiore ai 55 anni

Ma poi va considerato (anche in relazione ai rischi legati al contagio Covid-19) che in realtà l’’Inail già ad aprile consigliava “una sorveglianza sanitaria eccezionale per i lavoratori con un’età superiore a 55 anni”, a prescindere dalla successiva interpretazione di lavoratori “fragili”.

Stando ai dati dell’Ocse, l’Italia è il Paese con gli insegnanti più anziani d’Europa (sarebbe auspicabile quindi un adeguato “turn over” legato anche ovviamente ad una età pensionabile in linea con la media europea, e/o “agevolata” su base volontaria, in età antecedente di qualche anno rispetto a quella media, con lievi penalizzazioni), quasi la metà ha un’età superiore ai 50 anni, con il 33% di over 55 e anche tanti ultrasessantenni.

Test sierologici: potrebbe essere utile effettuarli anche nei confronti degli alunni

E sugli auspicati test sierologici si è pensato alle problematiche di tipo operativo/organizzativo? Perché gli indirizzi operativi sono arrivati dal Ministero della Salute, il quale demanda al medico di famiglia l’effettuazione del test (che in assenza di tampone secondo noi andrebbe ripetuto periodicamente, perché con i test sierologici si va alla ricerca delle immunoglobuline, ma in caso di infezione per essere prodotti tali anticorpi passa circa una settimana – per le IgM – e quindi il soggetto potrebbe essere “positivo” da pochi giorni e non si saprebbe), con richiesta di appuntamento da parte del docente. Ma se il medico ha l’agenda degli appuntamenti già piena potrebbe verificarsi il caso che l’assistito debba rivolgersi al Dipartimento di prevenzione dell’Azienda sanitaria locale del proprio domicilio, previa dichiarazione sostitutiva di atto notorio attestante lo status lavorativo. E magari sentirsi rispondere che la disponibilità ad effettuare il test sierologico è fissata un mese dopo.

Ma non si poteva delegare un medico dell’Inps o comunque dell’Asl a recarsi a scuola ed effettuare in una sola mattinata i prelievi necessari? Anche se poi occorre aggiungere che i monitoraggi con test sierologici dovrebbero essere svolti pure per gli alunni, proprio per la sicurezza di questi ultimi e dell’intero personale scolastico.

Nei casi in cui fosse necessario è previsto un supporto psicologico, ma ci sarà davvero?

Infine vorrei ricordare (tenendo a precisare, per prevenire accuse di “corporativismo” dopo quanto scritto in questo articolo, che non sono un docente) che nel Protocollo d’intesa per garantire l’avvio dell’anno scolastico nel rispetto delle regole di sicurezza, del 6 agosto scorso, si pone attenzione anche al supporto psicologico per il personale scolastico (e per gli studenti) come misura di prevenzione precauzionale indispensabile per una corretta gestione dell’anno scolastico: sulla base di una convenzione tra il Ministero dell’Istruzione e il Consiglio nazionale ordine degli psicologi “si promuove un sostegno psicologico per fronteggiare situazioni di insicurezza, stress, ansia dovuta ad eccessiva responsabilità, timore di contagio, rientro al lavoro in ‘presenza’, difficoltà di concentrazione, situazione di isolamento vissuta”. Si sta pensando realisticamente ad attuare ciò?

Il ministro Speranza chiude le discoteche: la priorità è aprire le scuole. In terapia intensiva bimba di 5 anni

da La Tecnica della Scuola

L’innalzamento dei contagi da Coronavirus non lascia indifferente il Governo: nella serata del 16 agosto, il ministro della Salute, Roberto Speranza, annuncia la chiusura delle discoteche e l’obbligo di indossare la mascherina anche all’aperto nei luoghi della movida. A breve, lo stesso titolare del dicastero della Saluta firmerà un’ordinanza.

“Non possiamo vanificare i sacrifici fatti”

“Non possiamo vanificare i sacrifici fatti nei mesi passati. La nostra priorità deve essere riaprire le scuole a settembre in piena sicurezza”, ha detto Speranza al termine della riunione con i presidenti di Regione.

L’ordinanza di sospensione riguarderà tutte le attività “che abbiano luogo in sale da ballo, discoteche e locali assimilati, all’aperto o al chiuso”. Inoltre, “non sono ammesse deroghe con ordinanze regionali”.

C’è pure l’obbligo della mascherina dalle 18 alle 6

Il provvedimento introdurrà inoltre l’obbligo, dalle 18 alle 6 di mascherina anche all’aperto, negli spazi di pertinenza dei locali e dei luoghi aperti al pubblico e negli spazi pubblici (vie, piazze, ecc.) che per caratteristiche favoriscono gli assembramenti.

Secondo l’agenzia Ansa, già il Dpcm dello scorso 7 agosto “non lasciava spazi a riaperture. Diversi governatori, però, avevano firmato ordinanze per consentire l’attività dei locali che in estate movimentano un notevole flusso finanziario”.

“Il ministro degli Affari regionali, Francesco Boccia, ha quindi convocato con urgenza i presidenti di Regioni”, proprio “per definire e condividere provvedimenti restrittivi”.

Sono principalmente “due i fattori che hanno portato alla decisione: l’aumento continuo dei nuovi positivi (3.351 nell’ultima settimana, con picchi quotidiani che non si registravano da maggio) e la situazione negli altri Paesi europei, alle prese con numeri ancora più alti di contagiati”.

Preoccupa la riduzione dell’età dei contagiati

“Altro elemento di preoccupazione è infine l‘abbassamento dell’età dei contagiati” di Covid-19. “A Padova, tra i pazienti ricoverati in terapia intensiva, c’è anche una bimba di 5 anni”.

Boccia ha premesso – si apprende – che “restiamo uno dei paesi più sicuri al mondo per la sicurezza sanitaria; ma questa condizione – ha sottolineato – non è casuale ma figlia dei sacrifici che abbiamo fatto e che vanno difesi. Ora è il momento di andare avanti ma limitando al massimo le attività che presuppongono contatti fisici e assembramenti incontrollabili”.

Le proteste degli operatori dei locali da ballo

Gli operatori dei locali da ballo si fanno subito sentire: lamentano una perdita di 4 miliardi di euro per il settore.

Contestazioni immediate sono giunte, in particolare, da Silb Fipe-Associazione Italiana Imprese di Intrattenimento da ballo e di spettacolo: “la discoteca – ha detto il presidente Maurizio Pasca – è un grandioso capro espiatorio. Noi non ci sentiamo responsabili’. Osserveremo nei prossimi mesi se a discoteche chiuse il ‘contagio’ si fermerà! Lo osserveremo attentamente. E agiremo di conseguenza”. Non si esclude un ricorso al Tar.

Nel Decreto Agosto – è la promessa del ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, anche lui presente alla riunione con i governatori – saranno comunque appostate risorse specifiche per ripianare il danno.

“Il danno atteso dalla chiusura delle discoteche – ha spiegato il ministro – è grosso ma non vedo alternative, serve maggiore attenzione per evitare di tornare ai dati di marzo”.

I dubbi dei governatori

All’ordinanza proposta da Speranza hanno sollevato obiezioni alcuni governatori. Massimiliano Fedriga (Friuli Venezia Giulia) ha avanzato una proposta di mediazione: discoteche aperte, ma con obbligo di mascherina in pista. Non è passata e Fedriga ha criticato “le contraddizioni di un’ordinanza di difficile applicazione”.

Anche perché nella scuola, invece, “in casi di emergenza” secondo  il Comitato Tecnico Scientifico il distanziamento fisico di un metro tra gli alunni che a settembre sarà sopperito proprio dalla mascherina.

Ora, è assodato che il diritto allo studio precede di certo quello ludico, ma è anche vero che la salute dovrebbe essere la priorità assoluta. E la mascherina non basta come unico fattore preventivo, quindi nemmeno nelle mura scolastiche.

Lo strano e difficile rapporto Azzolina-Bruschi al MI

da La Tecnica della Scuola

Incuriosisce e non poco il commento del giornalista Corrado Zunino de la Repubblica fatto sotto un post Facebook pubblicato da Amanda Ferrario consulente della Ministra dell’Istruzione. Zunino spiega la situazione interna al Ministero e il complicato binomio costituito dal capo dipartimento Bruschi e la Ministra Lucia Azzolina.

Ministra senza visione tratta i sindacati in modo thatcheriano

Il post Facebook della Dirigente scolastica Amanda Ferrario difendeva l’operato de Capo dipartimento Marco Bruschi e attaccava il Presidente di ANP Antonello Giannelli. Il giornalista Zunino, esperto di questioni scolastiche, commenta il post della Preside Ferrario scrivendo: ” Il dottor Marco Max Bruschi, tutor dell’aspirante preside Lucia Azzolina, è il primo che non fa il suo dovere, lo piega, come già con Gelmini, a una logica reazionaria “tu sì tu no” che non è nello spirito né nella storia della scuola italiana. L’uomo in sei mesi ha inalato una carica conflittuale e malevola nella pancia del ministero che il percolato inquinerà il palazzo per mesi ancora, ha istigato una ministra senza una visione a trattare i sindacati ‘in modo thatcheriano’ (parole sue), ‘tu sei troppo morbida’ “.

Ministra inadeguata e la cultura del sospetto

Zunino rincara la dose continando a scrivere sul rapporto tra Bruschi e Azzolina: “Ha scritto, e quindi riscritto, quasi tutte le ordinanze importanti, ché non stavano in piedi. Ha fatto crescere in una ministra tragicamente inadeguata la cultura del sospetto verso tutti quelli che – interni ed esterni – non abbracciavano un’amministrazione ispirata al suo punto di vista (un punto di vista che, nei fatti, si è dimostrato in continuo ritardo, impreparato). L’ultima nota, dai toni risorgimentali, non è né utile né di buonsenso. Esalta la centralità del dirigente scolastico dimenticando il ruolo (e le giustificate paure) di 800.000 protagonisti della scuola del Paese. In una nota pubblica scritta in un momento drammatico per tutti è riuscito a buttare veleno su chi fa informazione con le fonti e la schiena dritta. Non si era mai visto un abuso così scalcinato e prepotente. Anche il Cts, che si è mosso in buona fede, si è accorto che il verbale “meno di un metro” è sfuggito di mano, è un atto pericoloso per la scuola e la salute e, nato per aiutare le politiche fallimentari del duo improbabile, Azz-Bru, ha finito per essere l’ultimo elemento destabilizzante di questi sei mesi disastrosi.

L’importanza dell’assumersi la responsabilità

Il giornalista de La Repubblica chiude il suo intervento scrivendo: “E no, gentile preside Ferrario, i richiami all’unità che la ministra fa a ogni trasmissione senza contraddittorio – si premura ogni volta di gestire le presenze – sono un vuoto appello per allontanare da sé e da Richelieu ogni responsabilità (prendersi le responsabilità è il cuore della politica e della buona amministrazione). La scuola ce la farà, lo credo. Riuscirà anche a recuperare, nel tempo, con fatica, gli strappi, i ritardi, le vere e proprie scemenze imposte dall’alto. Lo farà grazie a quegli ottocentomila, a dirigenti come lei e come Giannelli, a un corpo sano di studenti e famiglie consapevoli. Le ferite resteranno, i ritardi avranno prodotto guasti e la scuola – impegnata ma non sempre coraggiosa – uscita dalla bufera dovrà chiedere conto di tanta incapacità, tanta arroganza, tanta avventatezza”.

Rientro a scuola: con il nuovo decreto si potranno nominare i supplenti dal primo giorno

da La Tecnica della Scuola

E’ entrato in vigore nella giornata del 15 agosto il decreto legge  denominato “Misure urgenti per il sostegno e il rilancio dell’economia” che contiene anche norme specifiche per la ripresa dell’attività scolastica.
Si tratta del decreto 104 pubblicato nella G.U del 14 agosto.

Le norme sulla scuola sono contenute tutte nell’articolo 32 e riguardano in particolare i seguenti aspetti.

Il primo comma prevede un incremento dei fondi già stanziati con il “Decreto Rilancio” del maggio scorso nella misura di 400 milioni per il 2020 e 600 milioni per il 2021.
Di questa somma 70 milioni (32 per il 2020 e 48 per il 2021) sono destinati ai Comuni e alla Città metropolitane per l’adeguamento degli spazi scolastici anche mediante contratti di affitto; una parte dei 70 milioni sarà assegnata agli uffici scolastici regionali per il sostegno finanziario ai patti di comunità, come espressamente previsto dal comma 2 dell’articolo 32.
La restante quota (368 milioni nel 2020 e 552 nel 2021) è finalizzata al potenziamento delle iniziative già previste dal Decreto Rilancio (assunzione di docenti e personale Ata a tempo determinato) con la precisazione che – in deroga alle disposizioni di legge in materia – sarà possibile stipulare contratti a t.d. fin dal primo giorno di assenza del personale titolare.

Lo stanziamento potrà essere utilizzato anche per incrementare il fondo per il miglioramento dell’offerta formativa delle scuole per remunerare lo svolgimento di prestazioni aggiuntive rese dal personale delle istituzioni scolastiche nei mesi di agosto e settembre 2020.

Alla ripresa dei lavori parlamentari il decreto sarà inviato alle Camere per la conversione in legge che dovrà avvenire entro la metà di ottobre.
Vedremo se, nel passaggio in Parlamento, verranno adottate modifiche più o meno significative.

DECRETO LEGGE 104 DEL 15 AGOSTO 2020 – ARTICOLO 32

Rientro a scuola in sicurezza, la mascherina non basta

da La Tecnica della Scuola

Il distanziamento fisico tra alunni di almeno un metro è una delle tre condizioni essenziali per tornare a scuola in sicurezza a settembre ed evitare di esporre alunni e personale al contagio del Covid-19. Le altre due condizioni imprescindibili sono l’utilizzo delle mascherine e la riduzione del numero di alunni per classe. A sostenerlo è uno studio empirico, di comparazione internazionale, pubblicato sulla rivista ‘Science’.

Dallo studio, ripreso dal Corriere della Sera, risulta che per evitare brutte sorprese risulta fondamentale combinare «distanziamento, riduzione del numero di alunni, e mascherine».

Lo studio è interessante, perché si pone come strumento utile per capire che a settembre in Italia sarà bene tenere alta la guardia. Ad iniziare da quel Comitato Tecnico Scientifico che sembrerebbe avere allentato le misure di sicurezza a scuola, facendo cadere il distanziamento fisico di un metro tra gli alunni che a settembre indosseranno la mascherina, seppure nelle ultime ore specificando che si tratterebbe di “situazioni temporanee in cui dovesse risultare impossibile garantire il distanziamento fisico”.

Science scrive che «la ricerca sul tema ha poche certezze», ma comparando alcuni Paesi sono emerse delle indicazioni davvero utili.

La Svezia

Ad iniziare dalla Svezia, dove “le scuole fino alle superiori sono rimaste aperte e l’obbligo scolastico — pena l’intervento dei servizi sociali — sempre in vigore”. Ora, se “non ci sono focolai scolastici registrati”, è anche vero che la cronaca riporta la morte in Svezia “di un professore e il contagio di 18 adulti in una scuola di Skellefteå; e in una di Uppsala, dove un preside non ha comunicato a nessuno che un professore era positivo, sono morti due dipendenti. Un sondaggio sierologico su 1.100 svedesi suggerisce che il 4,7% degli studenti si sia contagiato”.

La Danimarca e i Paesi Bassi

La Danimarca, prima in Europa a riaprire le scuole il 15 aprile, ha visto calare i casi nazionali anche dopo.

La strategia: dividere le classi in gruppi e fare, dove possibile, lezione all’aperto. Paesi Bassi: scuole riaperte dall’11 maggio, classi dimezzate per distanziare gli alunni, contagi generali rimasti stabili e poi calati.

In Israele

In Israele, continua il Corriere della Sera,le scuole sono riaperte dai primi di maggio: classi da 30-40 studenti. A differenza di altri Paesi, non si è riusciti a dividerli né a distanziarli. «Abbiamo puntato sulle mascherine, obbligatorie dai 7 anni in su», racconta a Science Efrat Aflalo, una portavoce del ministero della Salute.

Sembrava funzionare. Poi, a fine maggio, un’ondata di caldo: medie di 40°. Le autorità sollevano i ragazzi dall’obbligo. Due settimane dopo — proprio il tempo di incubazione del virus — i primi focolai nelle scuole. Il più famoso al ginnasio Rehavia di Gerusalemme: 130 contagi. A metà giugno 355 scuole avevano richiuso.

In Germania

Poi, c’è il caso della Germania, dove l’anno scolastico è ripreso lunedì 10 agosto, ma la scelta di non imporre la distanza minima in classe e di tornare a tempo pieno ha prodotto in pochi giorni diversi casi di contagio.

Nel Nordreno-Vestfalia, in meno di una settimana, ben 12 istituti scolastici sono risultati colpiti dall’epidemia: due hanno già dovuto richiudere i battenti, mentre nelle altre dieci scuole sono state previste chiusure parziali, con gruppi e classi in quarantena.

Anche a Berlino, dove il Senato locale ha imposto l’obbligo di portare la mascherina solo fuori dalle aule, si sono registrati casi di contagi a scuola: l’istituto Berliner Zeitung, uno dei tabloid della capitale, è stato addirittura chiuso in tempo record.

Rientro a scuola: nuova riunione del CTS il 19 agosto; DPI solo per brevi periodi, non sono la soluzione

da La Tecnica della Scuola

Dopo le polemiche delle ultime ore provocate dalla diffusione del verbale in cui si dice che in mancanza di distanziamento e di classi numericamente ridotte, si dovranno intensificare misure diverse come l’uso delle mascherine e un frequente lavaggio delle mani anche con apposito gel, il CTS fa sapere che nella prossima seduta, già programmata per il 19 agosto, si parlerà nuovamente di scuola.
“Il Comitato tecnico – si legge in una notizia diffusa dall’Ansa – ribadirà che non si deroga all’obbligo del distanziamento fisico di un metro tra gli alunni in classe”.
“Nel caso fosse impossibile garantire il metro di distanza – 
aggiunge ancora l’Ansa – gli studenti dovranno indossare la mascherina chirurgica e ci dovrà essere un’adeguata areazione”.
La deroga, però, sarà consentita solo per un periodo limitato di
tempo e nel frattempo dovranno essere adottate il prima possibile
soluzioni per garantire il distanziamento prescritto.

Il problema sta tutto nella valutazione di cosa si debba intendere “periodo limitato di tempo”: cosa succederà, per esempio, se a metà ottobre non saranno ancora arrivati i nuovi arredi che dovrebbero facilitare il distanziamento?
Vedremo se nella riunione del 19 agosto il CTS riuscirà a fornire indicazioni precise, ma la sensazione è che la situazione si stia complicando sempre di più anche perché ci sono anche altri segnali per nulla rassicuranti

.Ranieri Guerra, direttore aggiunto dell’Oms distaccato a Roma per seguire da vicino i fatti italiani e tecnico dello stesso Cts, in un’intervista sul Corriere della sera dichiara: “Siamo in una fase di lenta crescita dei casi. La curva sale, lentamente ma in modo costante. E può bastare poco per ripiombare nell’emergenza”.

E aggiunge che il rischio è “arrivare a ridosso della riapertura delle scuole con un numero di casi che la renderebbero pericolosissima. Perché è matematico che la curva col ritorno in aula salirebbe ancora”.

Cruscotto e riapertura delle scuole: il contatore dei giorni a confronto

da Tuttoscuola

Durante il confronto con le Regioni per definire il Piano Scuola 2020-2021 la ministra Azzolina aveva parlato del cruscotto informativo che veniva ufficializzato alcuni giorni dopo con la pubblicazione delle Linee Guida il 26 giugno. Questo il passaggio nel testo: “Sulla base dei dati trasmessi dalle regioni è stato costruito un cruscotto informativo, che sarà reso disponibile alla consultazione, che restituisce, a livello di regioni, provincia, comune e singola scuola, dati di dettaglio che consentiranno, nei vari livelli istituzionali coinvolti, di operare proiezioni da parte dei soggetti chiamati poi ad assumere decisioni, ossia da parte degli enti locali proprietari degli edifici ma anche degli stessi dirigenti scolastici, nonché a vantaggio dei direttori degli uffici scolastici regionali.  Il cruscotto consentirà, ad esempio, attraverso un cursore, di poter definire il distanziamento e di rendere evidente, segnalandoli “in rosso”, i casi in cui gli spazi delle aule didattiche espresse in metri quadrati non siano sufficienti ad accogliere tutti gli studenti iscritti.  Questo dato viene restituito sia in modo aggregato per regione, provincia e comune sia, in modo disaggregato per singola istituzione scolastica e addirittura per singolo edificio scolastico di cui si compone la scuola”. Era il 26 giugno 2020 e mancavano allora 67 giorni al 1° settembre, inizio della ripresa delle attività didattiche in presenza.

Evidentemente vi sono ostacoli tecnici da mettere a punto per avviarne l’utilizzo, ma nel frattempo 8.094 istituzioni scolastiche sono già alle prese per determinare la capienza di tutte le aule e hanno urgente necessità di conoscere se e quante di quelle aule non possiedono i requisiti per ospitare interamente la classe.

Accertata l’eventuale non capienza, potranno procedere alla riorganizzazione del servizio con possibile richiesta di organico aggiuntivo o di riduzione/flessibilità dell’orario delle lezioni.

Mascherina ‘fissa’, ecco i retroscena di una scelta rischiosa. Cosa ci vorrebbe per evitare il caos

da Tuttoscuola

Il distanziamento… rimandato a ottobre, e via alla “lezione in maschera”, da tenere su anche per otto ore di fila, a partire dai bambini di sei anni. Una scelta improvvisa nata dallo slittamento dei tempi di consegna dei nuovi banchi, che spiazza le scuole. Ma per tappare un buco se ne potrebbe creare uno ancora più grosso. Come uscirne? Alle scuole servirebbe subito un’informazione…

Se e fino a quando non ci saranno le condizioni per il distanziamento in classe, gli studenti dovranno indossare la mascherina per tutto il tempo. E’ quanto emerge dall’ultimo parere reso dal Comitato Tecnico Scientifico (verbale n. 100 del 10 agosto 2020). A partire dagli alunni di sei anni della primaria, che nel caso del tempo pieno – per le scuole che riusciranno a garantirlo – dovranno tenerla per 8 ore al giorno (escluso il momento del pasto, ovviamente).

La giornata del 13 agosto è stata ricca di sorprese, con la diffusione del citato parere, accompagnato da una nota del Capo dipartimento del Ministero dell’istruzione Max Bruschi e dalla richiesta alle scuole di rispondere a un ulteriore questionario entro il 17 agosto (comunicazione a firma del direttore generale Jacopo Greco).

C’è qualcosa di non detto dietro questa accelerazione? Dalle dichiarazioni ufficiali non è del tutto chiaro, si può allora tentare di ricostruire i fatti e avanzare ipotesi. Cerchiamo di mettere in fila i diversi passaggi.

C’era grande attesa da giorni riguardo al termine per la sottoscrizione dei contratti fissato dal bando sui nuovi banchi per il 12 agosto. E la sera di mercoledì 12 agosto un lancio dell’Ansa riportava le dichiarazioni dello staff del Commissario straordinario per la gestione dell’emergenza Arcuri sugli esiti del bando per l’acquisto di 2,5 milioni di banchi: la consegna da parte degli 11 produttori vincitori non verrà completata entro il 31 agosto – come previsto dal bando – e neanche l’8 settembre, “termine per l’avvio delle consegne dei banchi prolungabile al massimo fino al 12 settembre”, come aveva dichiarato lo stesso Arcuri nell’audizione in Commissione cultura alla Camera (29 luglio scorso): “i nuovi banchi saranno consegnati a partire dai primi giorni di settembre e fino al mese di ottobre (…) secondo una programmazione nazionale e una tempistica che terrà conto delle effettive priorità scolastiche e sanitarie dei vari territori”. Una previsione, e un impegno, non solo diversi da quanto dichiarato, ma anche molto generici. Troppo. Senza considerare il rischio quasi certo di ricorsi da parte dei produttori che hanno deciso di non partecipare al bando tenendo a riferimento l’iniziale termine del 31 agosto, che potrebbero causare ulteriori ritardi. E senza soffermarsi per il momento sui criteri con i quali i banchi progressivamente disponibili saranno distribuiti alle scuole: come si sceglieranno infatti le regioni con maggiori necessità tenuto conto che la situazione epidemiologica è in continua evoluzione?

La novità è esplosiva: un cambiamento che spiazza le numerose scuole (circa un terzo, in base al numero di nuove postazioni richieste) che hanno puntato sui nuovi banchi monoposto per garantire il distanziamento. Salvo poche eccezioni dovranno iniziare le lezioni trovando soluzioni alternative. Per la prima volta da quando è partita l’organizzazione del rientro a scuola, si ha la certezza che un elemento essenziale per il distanziamento non sarà disponibile entro l’avvio delle lezioni (per l’organico a tempo determinato, aggiuntivo e non, finora il ministro Azzolina ha sempre assicurato che sarà disponibile dalla ripresa delle lezioni, anche se non mancano i dubbi in proposito). Ci si sarebbe aspettati una chiara presa di responsabilità da parte del commissario, con l’indicazione precisa di quando e dove saranno disponibili i banchi, affinché le scuole ci possano far conto, e non una comunicazione di poche righe affidata alle agenzie di stampa. In questo momento le scuole (e forse anche il Ministero dell’istruzione) sono lasciate nell’incertezza. Non sembra un caso che nella nota di Bruschi si precisi che “le consegne dei nuovi arredi, come dichiarato dal Commissario Arcuri, si svolgeranno da prima dell’inizio delle lezioni fino alla fine di ottobre”, quasi per lasciare qualcosa di scritto in un documento ufficiale circa il generico impegno del commissario. E in ogni caso in assenza della presa di responsabilità da parte di Arcuri, l’alto dirigente del Ministero è costretto a scrivere ai presidi, virtualmente asserragliati in trincea per approntare il servizio in poche settimane e in attesa dal centro di comando di scorte, munizioni e istruzioni precise, che la fornitura dei banchi/sedute monoposto “sarà effettuata, sempre a cura della struttura commissariale, nei tempi indicati da successive comunicazioni”. E le scuole come possono pianificare le operazioni sulla base di queste indicazioni?

Poche ore dopo la scarna comunicazione filtrata dalla struttura commissariale, e siamo a giovedì 13 agosto, ecco infatti la lunga nota firmata in questa occasione dal capo Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e di formazione, seguita dalla ennesima richiesta di informazioni alle scuole, da fornire praticamente a Ferragosto (entro lunedì 17 ore 12).

A parte i richiami all’impegno “al servizio esclusivo della Nazione” (citazione dell’art. 98 della Costituzione), l’invito a “isolare il rumore di fondo, costituito da un circuito di ‘non notizie’” e i ringraziamenti alle scuole, il passaggio chiave della nota indirizzata a dirigenti scolastici è questo: “in tutte le eventuali situazioni temporanee in cui dovesse risultare impossibile garantire il distanziamento fisico, lo strumento di prevenzione cardine da adottare rimane l’utilizzo della mascherina, preferibilmente di tipo chirurgico, unitamente alla igienizzazione approfondita dei locali e una loro costante e adeguata areazione, ferma restando la necessità che i Dirigenti scolastici, tramite il supporto tecnico degli Enti locali competenti, ripristinino quanto prima la garanzia del distanziamento sopra richiamata, superando le criticità emerse anche attraverso il ricorso a soluzioni strutturali provvisorie già utilizzate in altri contesti emergenziali”.

E’ il “libera tutti”: se non è possibile il distanziamento di un metro da bocca a bocca, si può imporre l’uso continuato della mascherina a tutti gli alunni per l’intera giornata scolastica. Una soluzione non ottimale dal punto di vista della sicurezza (quanti bambini affiancati potrebbero sfilarsi, inavvertitamente o meno, la mascherina prima che il docente possa intervenire?) e penalizzante per gli studenti, indicata apparentemente con poca convinzione e di malavoglia dagli esperti: non a caso il CTS sottolinea che è indicata “al solo scopo di garantire l’avvio dell’anno scolastico” e che è da correggere “il prima possibile”. Una indicazione “estensiva” espressa proprio nei giorni in cui con la crescita dei contagi si intensificano le raccomandazioni da parte degli esperti, inclusi alcuni componenti del CTS, alla prudenza e al rispetto delle misure di protezione. Gli alunni, soprattutto i bambini della primaria, riusciranno a tenere su la mascherina per tante ore consecutivamente in classe? Il problema dovrà essere gestito dai loro insegnanti.

Fin qui i fatti. Passiamo a una possibile lettura degli stessi, dopo aver fatto alcune verifiche e cercato riscontri.

Come mai è stato richiesto in tutta fretta al CTS di esprimere il parere sull’utilizzo in classe delle mascherine, quando solo 4 giorni prima nel protocollo sicurezza firmato con i sindacati il 6 agosto (un importante tassello nella strategia per la riapertura, al quale hanno partecipato anche ministero della salute e CTS) era stato previsto che “il CTS si esprimerà nell’ultima settimana di agosto in ordine all’obbligo di utilizzo di mascherina da parte degli studenti”? D’altronde già nel verbale n. 82 del CTS di fine maggio si specificava che “rimane la possibilità da parte del CTS di valutare a ridosso della ripresa scolastica la necessità dell’obbligo di mascherina per gli studenti (soprattutto della scuola primaria), per tutta la durata della permanenza a scuola”; e nelle risposte ai quesiti del Ministero dell’istruzione fornite il 7 luglio il CTS ribadisce che “la eventuale rivalutazione (…) potrà essere valutata soltanto all’esito dell’analisi degli indici epidemiologici relativi alla diffusione del virus SARS-CoV-2 osservati nell’ultima settimana del mese di agosto”. E invece improvvisamente il 10 agosto il CTS, in risposta a un nuovo quesito urgente del Ministero dell’istruzione anticipa il parere, che viene deliberato e protocollato proprio il 12 agosto (il giorno dei risultati del bando sui banchi).

Viene da pensare che nel momento in cui si è appreso dal commissario Arcuri (che dal 5 agosto aveva in mano le offerte presentate dai produttori) che non c’erano i tempi per garantire la consegna dei nuovi banchi prima dell’avvio delle lezioni – nonostante le sue rassicurazioni in Parlamento solo due settimane prima – sia scattato un frettoloso piano di copertura, con intervista della ministra Azzolina al Corriere della sera lo stesso 13 agosto, nella quale ha affermato che “il CTS mi ha appena dato conferma che va indossata nelle situazioni di movimento. Ma se nelle aule si riesce a mantenere un metro di distanza, una volta seduto al banco lo studente può abbassare la mascherina”. Se invece non ci si riesce…

E subito dopo è partita dal palazzo della Minerva la nuova richiesta alle scuole di fornire informazioni, molte delle quali sarebbero dovute essere nel cruscotto informativo previsto dal Piano scuola 2020-2021 del 26 giugno scorso, che finora nessuno ha mai visto. Tra cui la domanda: “per quanti alunni si prevede, ad oggi, di NON riuscire COMUNQUE a garantire la frequenza in presenza dal 14 settembre 2020?”.

Questa ricostruzione si basa sull’analisi dei fatti e dei documenti e in parte su deduzioni e ipotesi, ma si sa che a pensar male spesso ci si azzecca…

La preoccupazione che sorge è che per tappare in tutta fretta un buco se ne possa creare uno ancora più grosso. L’indicazione di fare didattica in presenza anche in caso di mancato distanziamento, imponendo l’uso della mascherina anche durante la lezione rischia di essere un messaggio devastante: per le scuole, che gli sforzi finora prodotti per garantire il distanziamento siano stati pressoché inutili e che soprattutto non valga la pena farne altri da qui all’arrivo – purtroppo imprecisato – dei banchi, totalmente in mano a un commissario che non fornisce un piano di consegne dettagliato e sul quale poter far conto; per le famiglie, che mentre si stringono le maglie per discoteche e movida, a scuola si allentino le misure di protezione e quindi di sicurezza.

Ne valeva la pena? Difficile dirlo con certezza, la situazione è oggettivamente complicata e probabilmente la sfera decisionale non si ferma a viale Trastevere, data la delicatezza della questione che potrebbe travolgere tutto il Governo.

Ci sono altre soluzioni? Innanzitutto un contributo decisivo deve venire dagli enti locali, proprietari degli edifici scolastici, che hanno ricevuto cospicui fondi e poteri commissariali per questo. Stretti tra le esortazioni del MI e le risposte spesso evasive degli enti locali, i presidi sono vittime della caotica ripartizione di competenze dell’ordinamento e hanno in molti casi le mani legate, anche se poi la responsabilità ricade su di loro.

E poi siamo dell’idea che in realtà alle scuole prioritariamente servirebbe conoscere subito con certezza se avranno l’organico aggiuntivo richiesto. E’ su questo che il Ministero potrebbe produrre il massimo sforzo nel minor tempo possibile. Abbiamo la sensazione che ai dirigenti scolastici occorra più questa informazione che tanti richiami, appelli, apprezzamenti e ringraziamenti. E prima ancora – lo sottolineiamo – della disponibilità dei nuovi banchi (ma perché “impiccarsi” alla questione banchi, viene da chiedersi). E poi sarebbe fondamentale, oltre che giusto, prevedere uno scudo penale a loro favore, in tutti i casi in cui non ci siano state omissioni o colpe. Questi i prerequisiti per un rush finale che consenta di riaprire le scuole in sicurezza evitando il caos, in attesa di affrontare la vera sfida, quella dei primi contagi a scuole aperte.

Altrimenti le scuole che non riusciranno a garantire il distanziamento a partire dal 14 settembre saranno costrette a scegliere tra la mascherina forzata, il ricorso alla didattica a distanza o, peggio, a ridurre pesantemente il tempo scuola. Ci rimetterebbero gli studenti e le famiglie.

Nota 17 agosto 2020, AOODGPER 24841

Ministero dell’Istruzione
Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione Direzione generale per il Personale scolastico
Ufficio II -Dirigenti scolastici

Ai Direttori Generali e ai Dirigenti titolari
degli Uffici Scolastici Regionali
Ai Dirigenti Scolastici per tramite degli UU.SS.RR.
LORO SEDI
p.c. Al Capo Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione
SEDE

Oggetto: Dirigenti scolastici – Proroga ferie.

In relazione all’oggetto si segnala che pervengono richieste di chiarimento sulla possibilità di procedere ad una proroga del termine per la fruizione delle ferie da parte dei dirigenti scolastici impegnati nell’organizzazione e nello svolgimento delle attività propedeutiche all’avvio dell’anno scolastico.

Al riguardo si rappresenta che i numerosi e gravosi adempimenti che i dirigenti scolastici stanno gestendo in questi mesi, con profondo senso di responsabilità della propria funzione, non possano tradursi nella perdita dei giorni di ferie maturati.

Questa Direzione ritiene pertanto che la necessità di garantire il regolare funzionamento del sistema di istruzione, in coerenza con i parametri di sicurezza previsti per contenere l’emergenza epidemiologica da COVID 19, integri quelle esigenze di servizio “ ……. che non abbiano reso possibile il godimento delle ferie nel corso dell’anno, le ferie dovranno essere fruite entro il primo semestre dell’anno successivo. In caso di esigenze di servizio assolutamente indifferibili, tale termine può essere prorogato fino alla fine dell’anno successivo“, di cui all’art. 13, comma 12, del CCNL dell’8/07/2019.

Si ringrazia e si chiede cortesemente di comunicare la presente nota ai dirigenti scolastici dell’Ufficio scolastico regionale di competenza.

IL DIRETTORE GENERALE
Filippo Serra