RiGenerazione scuola

La Nota 5 aprile 2022, AOODGSIP 934, Comunicazione alle istituzioni scolastiche – Piano “RiGenerazione Scuola”, segnala che i progetti proposti dai componenti della “Green Community”, la rete nazionale composta da 254 enti, sono resi disponibili alle istituzioni scolastiche e visionabili per area geografica, per tipologia di scuola e per “rigeneratore” al seguente indirizzo web https://www.istruzione.it/ri-generazione-scuola/home.html.

Nella sezione “materiale didattico” (https://www.istruzione.it/ri-generazione-scuola/materialeDidattico.html) è possibile visionare dispense, bibliografie, filmati e applicazioni prodotti dai componenti della “Green Community” e che possono essere utilizzati dai docenti o presi come spunto per la propria attività didattica.
I materiali sono suddivisi per tematiche (acqua; agenda 2030; alimentazione e benessere; aria; biodiversità; cambiamenti climatici; consumi sostenibili; economia circolare/rifiuti; energia sostenibile; mobilità sostenibile; radiazioni – inquinamento elettromagnetico; suolo e geologia) e consultabili per grado scolastico e tipologia di risorsa.


Visto l’interesse suscitato dal Piano “RiGenerazione Scuola”, dal 6 al 22 dicembre 2021 riapre la consultazione per aderire alla Green Community (Avviso di avvio di consultazione pubblica n. 2828 del 2 dicembre 2021).

Amministrazioni pubbliche, istituzioni culturali, scientifiche, di ricerca, organizzazioni no profit e profit – anche di rilievo internazionale – possono entrare a far parte della rete nazionale che lavora per sostenere l’Amministrazione e le scuole nella realizzazione di iniziative nei seguenti ambiti: transizione ecologica, educazione civica, ambientale, alimentare, sviluppo sostenibile, salute e corretti stili di vita, anche collegate ai diversi contesti ambientali delle istituzioni scolastiche.

Partecipa alla green community

Autismo, ecco i libri-finestre

Autismo, ecco i libri-finestre per abbracciare la neurodiversità con empatia

Il Sole 24 Ore del 04/04/2021

Il colore della Giornata dedicata alla consapevolezza dell’autismo è il blu. Blu per infondere sicurezza, serenità e per stimolare la conoscenza. E c’è bisogno di tutte queste cose per dare maggiore aiuto e sostegno alle famiglie delle ragazze e dei ragazzi con autismo, e soprattutto c’è bisogno di slancio alla ricerca, specie in un momento difficile e incerto come questo che stiamo affrontando. Anche la lettura di libri può essere utile ad aprire una finestra su questa realtà che fatica a ottenere attenzione: ci affidiamo alle storie raccontate perché è difficile – a volte – scegliere le parole giuste, affrontare questo tema con la giusta attenzione ed empatia. A chi sono rivolti? A tutti. Conoscere è, come sempre, il primo passo per una società inclusiva.

Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte” (Einaudi) è un bestseller del 2003 di grande successo, vincitore di numerosi premi, diventato anche uno spettacolo teatrale. Il protagonista è Christopher, un quindicenne con una sindrome autistica ad alto funzionamento, nota anche come Asperger. Christopher vive le sue giornate, fatte di straordinaria attitudine alla matematica e di una mente non avvezza ai rapporti umani.
L’autore Mark Haddon (con la traduzione italiana di Paola Novarese) conduce il lettore nel mondo dell’adolescente e nella sua mente, con le sue stereotipie (odia il giallo, il marrone, così come detesta essere sfiorato, ma ama gli schemi, gli elenchi e la deduzione logica) e le ansie e le paure tipiche dell’adolescenza. Ma se Christopher vive la sua realtà quotidiana, tutto intorno a lui continua ad andare avanti regolarmente, ignorando la sua “peculiarità”.

Basta immaginare un’azione apparentemente banale come leggere un cartello stradale, ad esempio: per una persona come Christopher risulta un compito non affatto facile perché la mole di scritte gli provoca stordimento. Ad un certo punto, accade l’inaspettato: scopre il cane della vicina trafitto da un forcone e capisce di trovarsi di fronte a uno di quei misteri che il suo eroe, Sherlock Holmes, avrebbe sicuramente saputo risolvere. Inizia così a indagare, sebbene suo padre, con cui vive da solo e con cui non ha un rapporto facile, sia assolutamente contrario. Christopher continuerà imperterrito nelle sue indagini e scoprirà molte cose, anche su di sé e sulla sua famiglia.
Il rapporto col padre e con la famiglia viene fuori con tutta la sua forza e la sua fragilità anche nel nuovo libro di Andrea Antonello “La Valigia Aran” (Marcos Y Marcos). Andrea ha 27 anni ed è autistico. Qualcuno forse lo ricorderà come protagonista insieme al padre Franco del romanzo “Se ti abbraccio non aver paura” di Fulvio Ervas (che ha curato anche questo volume), in cui si racconta del viaggio compiuto da padre e figlio in moto negli Stati Uniti, per (ri)conoscersi e (ri)trovarsi.
In questo libro mette a nudo i suoi pensieri e i suoi sentimenti, composto di brevi frasi scritte al computer in un dialogo con la psicologa o con i suoi genitori. Comunicare con lui è spesso difficile, a volte genera un nulla di fatto, ma svela il suo mondo, ci accompagna con dolcezza dicendoci in sostanza: “Questo sono io”. Ma attraverso lo strumento della comunicazione facilitata, grazie a un’intuizione della psicologa quando Andrea aveva 8 anni, il giovane esprime la consapevolezza delle sue difficoltà, la voglia di amare e di essere riamato, capito, accettato, la paura di non farcela e la gioia per i risultati. “Mi sento adulto senza scarpe”, “Non tenetemi fuori dal mondo”, “Gioia mi dà che tu credi in me”. È un libro delicato e profondo, un diario in cui sfogliare le pagine degli anni, in cui gioire per i progressi e scoraggiarsi per le cadute, ma soprattutto in cui imparare a fare il tifo per Andrea e per il coraggio incredibile. «Resistiamo se esistiamo. Parlate di noi, grazie».

Mia sorella mi rompe le balle. Una storia di autismo normale” (Mondadori) di Damiano e Margherita Tercon è un libro scritto a quattro mani da due fratelli che sono diventati inseparabili. Damiano ha una grande passione per la musica, vorrebbe fare il cantante lirico. Non ha molti amici, è un ragazzone con alcune passioni che gli altri coetanei difficilmente potrebbero comprendere, come fissare il turbinio vorticoso della lavatrice o giocare per ore con i coperchi delle pentole di sua nonna.
Damiano è autistico, la diagnosi specifica che si tratta della sindrome di Asperger per la precisione. D’altro canto anche sua sorella minore Margherita non riesce a entrare in sintonia con i suoi coetanei: è timida, alcuni la considerano “strana” o “troppo matura per la sua età”, a volte “troppo triste”, persino “troppo in carne”. Sono questi i passaggi dell’infanzia che Margherita ci racconta, mettendo in luce quanto in effetti l’opinione altrui possa anche condizionare la percezione che abbiamo di noi stessi. Poi Margherita cresce, cerca la sua vita lontano da Rimini, studia, lavora in giro per l’Europa. A un certo punto le arriva un’email: «Ciao Margherita, mi aiuterai indipendentemente da tutti quelli che mi dicono che per me le possibilità sono limitate? Adesso devo andare a mangiare, poi ti spiego». Da quell’email di Damiano le cose cambiano e inizia un percorso di conoscenza nel mondo di suo fratello, fatto di domeniche in cui si festeggiano compleanni di ventilatori, ad esempio, o di imitazione di suoni delle luci a incandescenza. Margherita ritorna in Italia e decide di stare accanto a suo fratello per diventarne l’agente e aiutarlo nella sua carriera di cantante lirico. Qui è possibile vederli in una bellissima esibizione. Conoscere il mondo e comprendere le dinamiche di chi ci sta accanto può migliorare la qualità delle nostre vite, può aiutarci ad attingere a anche risorse insospettabili. Damiano vuole andare avanti nonostante quello che “gli altri”, “il resto del mondo” forse non capisce e respinge. Magari alcune possibilità sono limitate, ma altre potenzialità inesplorate potrebbero essere la chiave di volta per una qualità della vita migliore. E Damiano lo ha dimostrato con un’ironia spiazzante e straordinaria.

E infine “Una specie di scintilla”, edito in Italia da Uovonero, è un delizioso volume per ragazzi e ragazze dagli 8 anni in su (ma interessante anche per una lettura adulta) scritto da un’autrice esordiente autistica, la cui prima tiratura è andata esaurita il primo giorno in Inghilterra. Il libro della scrittrice scozzese neuro-divergente Elle McNicol (con la traduzione italiana di Sante Bandirali), è stato nominato per la Carnegie Medal 2021, per la Branford Boase Award long list 2021 e ha ottenuto numerosi altri riconoscimenti.
È una storia piena di coraggio, che parte dalla consapevolezza di sé, unico strumento per poter condurre anche agli altri – con una grande dose di empatia – verso la conoscenza e la verità. Ma è una storia che fa i conti con i temi della disuguaglianza e della diversità visti come stigma da allontanare.
McNicoll, dopo aver completato la sua tesi sulla scarsa rappresentazione dei bambini neuro-divergenti, si era stancata di questa mancanza di inclusione e ha deciso di scrivere un libro. «Sono una scrittrice. Sono un’autrice neuro-divergente – racconta McNicoll – scrivo di tutto e di più, ma scrivo sempre di neuro-diversità. Perché tutta la mia infanzia è stata un grande catalogo infinito di libri neuro-tipici. Libri brillanti. Libri eccitanti. Ma libri in cui i bambini come me venivano nascosti. Nelle occasioni incredibilmente rare in cui un bambino neuro-divergente faceva la sua comparsa, di solito era un peso o qualcosa da temere. E mai l’eroe. Ogni bambino merita di vedersi riflesso positivamente nelle storie».
La protagonista di questo romanzo è Addie, una ragazza autistica di 11 anni, che ha deciso di convincere i suoi concittadini a costruire un memoriale per le streghe condannate ingiustamente nel suo paesino nella Scozia settentrionale, dove in passato si tennero numerosi processi per stregoneria. Perché quando la storia viene dimenticata potrebbe anche ripetersi. Il pensiero di quelle condanne ingiuste, infatti, la tormenta: quelle donne, in fondo, erano accusate di essere “diverse”, un po’ come lei e con loro sente quasi una sorta di affinità. Addie vive una quotidianità non facile a scuola, fatta di rimproveri della maestra Miss Murphy che continuamente le dice di non essere attenta, precisa. Addie soffre per questo. L’unica persona che riesce veramente a capirla è sua sorella Keedie. Anche lei è autistica, ma appare più sicura di sé e sa come aiutarla a sentirsi meglio. Ci vuole una grande dose di coraggio per affrontare le difficoltà e Addie dimostra di averlo. Il libro è disponibile anche in versione audiolibro (fableraudio.it) dal 2 aprile.

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Titolo: “Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte”
Autore: Mark Haddon (trad. Paola Novaresi)
Traduttrice: Paola Novarese
Editore: Einaudi
Prezzo: €12,00

Titolo: “La Valigia Aran”
Autore: Andrea Antonello (a cura di Fulvio Ervas)
Editore: Marcos Y Marcos
Prezzo: €16,00

Titolo: “Mia sorella mi rompe le balle. Una storia di autismo normale”
Autori: Damiano e Margherita Tercon
Editore: Mondadori
Prezzo: €17,00

Titolo: “Una specie di scintilla”
Autrice: Elle McNicol
Traduttore: Sante Bandirali
Editore: Uovonero
Prezzo: €15,00

scritto da Enza Moscaritolo

Ipotesi Atto d’indirizzo rinnovo CCNL 2019-2021

Prime considerazioni sull’ipotesi di Atto d’indirizzo per il rinnovo del CCNL 2019-2021, con particolare riferimento alla dirigenza scolastica

Francesco G. Nuzzaci

1. A quanto al momento è dato di conoscere da indiscrezioni della stampa, la bozza dell’Atto d’indirizzo predisposta dal Ministro per la Funzione pubblica Brunetta riprende i contenuti delle Linee programmatiche presentate in Parlamento il 9 marzo u. s.; replicati nel Patto per l’innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale sottoscritto il giorno successivo, unitamente alla firma del presidente del Consiglio Mario Draghi, con CGIL, CISL, UIL in quanto confederazioni sindacali maggiormente rappresentative, così qualificate dalla dottrina perché aventi la capacità di influenzare l’assetto economico e sociale del Paese, ponendosi come stabili interlocutrici dei poteri pubblici. Che, dunque, astrattamente condividono che nel nuovo CCNL, sia di comparto che di area, dovranno figurare:

  1. a regime, per ogni pubblico dipendente, un aumento medio mensile di 107,00 euro al lordo degli oneri riflessi o lordo Stato; da cui sottrarre l’elemento perequativo per i redditi più bassi del personale non dirigenziale e l’indennità di vacanza contrattuale siccome anticipata e quindi riassorbibile nel nuovo contratto: alla fine sono circa 90 euro, che al netto in busta paga sono più o meno 50 euro (a occhio e croce 70-80 per i dirigenti scolastici);
  2. la valorizzazione “professionale” del lavoro pubblico, con un più celere sistema di reclutamento e improntato ad una maggiore razionalità, cui segue un aggiornamento continuo delle competenze, assurto a rango di diritto soggettivo, considerato “investimento organizzativo” e ad ogni effetto attività lavorativa;
  3. un ulteriore investimento con le necessarie risorse aggiuntive nella prossima legge di bilancio per il 2022, che tenga conto della revisione in atto – alla luce dei lavori delle commissioni paritetiche – dei profili professionali necessari ad accompagnare la transizione verso l’innovazione e la sostenibilità di tutte le attività delle pubbliche amministrazioni (istituzioni scolastiche incluse, ex art. 1, comma 2 del D. Lgs. 165/2001).
    E, quale corollario della rivisitazione dell’ordinamento professionale, vi è “anche la necessità della valorizzazione di specifiche professionalità non dirigenziali dotate di competenze e conoscenze specialistiche, nonché in grado di assumere responsabilità organizzative e professionali”; con la conseguente costituzione – non è chiarito se all’interno del comparto oppure della dirigenza – di un’area delle “alte professionalità” in cui collocare il personale apicale incaricato dell’esercizio di funzioni organizzative e gestionali, in possesso del titolo di studio universitario, di elevate capacità professionali, tecniche e organizzative, acquisite anche attraverso idonei percorsi formativi o appartenente ad albi. Dopodiché,rispetto a tale personale “il contratto potrà prevedere una struttura retributiva coerente con le funzioni e le responsabilità affidate”;
  4. la valorizzazione della produttività e una sua “valutazione oggettiva”, che però sia correlata alla specificità dei contesti e alle eterogeneità delle diverse pubbliche amministrazioni.
    Di conseguenza il trattamento economico accessorio sarà collegato alla “performance, sia essa organizzativa che individuale”, secondo criteri preordinati a garantire un’effettiva differenziazione dei giudizi valutativi individuali, con corrispondente diversificazione dei compensi, e puntualizzandosi che “la contrattazione integrativa è limitata alla definizione dei criteri di erogazione del trattamento economico”.
    Non verranno così corrisposti compensi accessori se non previa valutazione, “nell’ambito del sistema di valutazione definito dall’amministrazione”;
  5. la regolamentazione contrattuale flessibile del lavoro agile ed oltre la gestione dell’emergenza, che assicuri condizioni di lavoro trasparenti onde favorire “la produttività e l’orientamento ai risultati”, conciliando le esigenze dei lavoratori con le esigenze organizzative della PA. Andranno pertanto ridefiniti la tutela dei diritti sindacali, le relazioni sindacali e l’intero rapporto di lavoro (diritto alla disconnessione, fasce di contattabilità, formazione specifica, diritto alla protezione dei dati personali, permessi, assenze e ogni altro istituto del rapporto di lavoro).
    Ma si precisa che il lavoro agile è “una delle possibili modalità…in alternanza con il lavoro in presenza e in mansioni e processi di lavoro previamente individuati dalle amministrazioni, ove sussistano i necessari requisiti organizzativi e tecnologici per operare con tale modalità”.
    Non è dunque un diritto soggettivo e la sua “progressiva introduzione” deve accompagnarsi alle necessarie misure di carattere organizzativo e di completamento della transizione digitale, con specifica attenzione alle azioni formative che dovranno affiancare il processo di cambiamento.;
  6. l’introduzione del welfare contrattuale, nelle forme di sostegno alla genitorialità, della previdenza complementare, in uno con la previsione di sistemi di premialità diretti al miglioramento dei servizi;
  7. e, a un tempo sua premessa e conseguenza, la rivisitazione delle relazioni sindacali, con riferimento all’Accordo europeo con le parti sociali del 21 dicembre 2015, “favorendo processi di dialogo costante” con l’introduzione di “strumenti innovativi di partecipazione organizzativa”.

2.  Affinché questi non restino uno sterile manifesto, al ministro Brunetta vanno significati alcuni ineludibili impegni, che in larga parte dovrà condividere con il ministro della Pubblica istruzione Patrizio Bianchi.

2.1. Deve preliminarmente integrare l’Atto d’indirizzo imponendo la stesura di una sorta di testo unico contrattuale, nel segno della sua chiarezza ed essenzialità, depurato da ridondanze e superfetazioni spesso del tutto improprie (uno degli esempi è quello della comunità educante), cassando la sbrigativa tecnica del faticoso –e foriero di conflitti interpretativi – richiamo a pregressi, anche risalenti, contratti e/o addirittura a circoscritte sessioni negoziali.

2.2. Deve poi, il ministro Brunetta, tener duro nella difesa delle innovazioni sulle quali le parti hanno pure formalmente convenuto, contrastando la tendenza delle sigle sindacali generaliste a tracimare dall’alveo perimetrato per invadere ambiti non di propria competenza,  riprovando ad annacquare i poteri della dirigenza, controparte datoriale, sull’organizzazione e sulla gestione del personale, approfittando della nuova versione ecumenica del non più arcigno ministro tornato dodici anni dopo alla titolarità della Pubblica Amministrazione.

In particolare, un suo impegno specifico attiene alla “valutazione oggettiva” della performance, sia organizzativa (riferita ai contributi recati a un più efficiente-efficace funzionamento della struttura) che individuale (che importa l’erogazione di compensi accessori e l’apertura a prospettive di carriera): decisamente indigeribile per coloro che, volendo dar mostra di contrastare una – presunta – filosofia tecnocratica e aziendalista della pubblica amministrazione, reitereranno la loro radicale cultura impiegatizia e massiva.

E un impegno ancora più pesante da onorare riguarda l’istituzionalizzazione delle alte professionalità o quadri intermedi o middle management. Ma in ordine al quale si parte con le mani legate dietro la schiena.

Perché si ha un bel dire che “la contrattazione integrativa è limitata alla definizione dei criteri di erogazione del trattamento economico”, quando poi si scrive che, a monte, il CCNL potrà provvedere una struttura retributiva coerente con le funzioni e le responsabilità affidate”.

Tradotto: se i sindacati non sono – e non lo saranno – d’accordo nel voler provvedere, non se ne farà nulla!

È pertanto necessario che nella versione finale dell’Atto d’indirizzo sia già presente un canovaccio sulle nuove figure professionali e ne preveda l’inserimento in una sezione del comparto. E poi si scriva che la loro retribuzione dovrà essere quantificata complessivamente in una misura non inferiore alla metà del differenziale retributivo tra i dirigenti e i dipendenti che ricoprano le posizioni funzionali più elevate nell’ambito dei corrispondenti uffici (arg. ex art. 17, comma 1-bis del D. Lgs. 165/2001): per la scuola, tra il dirigente e i docenti.

2.3. Sempre nell’Atto d’indirizzo, qui completato dalle indicazioni del Ministero dell’istruzione, dovrà essere rivisto l’esorbitante apparato disciplinare che incide tutti i dirigenti pubblici: un’autentica ragnatela che s’interseca, sovrapponendovisi, alle disposizioni pubblicistiche a scatole cinesi e in cui è facile restare impigliati, laddove in particolare pare di capire che una recidiva generica può esporre al licenziamento il dirigente che sia incorso nel biennio in un’infrazione anche lieve.

È ben vero che vale per tutti i dirigenti, ma va considerato che l’infausta ricorrenza è di gran lunga più frequente per i dirigenti scolastici preposti in posizione apicale alla guida di pubbliche amministrazioni assai complesse, direttamente responsabili dei più eterogenei adempimenti sulle medesime gravanti e socialmente sovraesposti in un rapporto front-line con una pletora di soggetti, istituzionali e non, potenzialmente illimitati.

Dal lato attivo – qui vale per i dirigenti delle istituzioni scolastiche ed educative, i soli interessati al regime derogatorio del D. Lgs. 75/2017 – occorre prendere atto di una serie di ordinanze (nn. 20845/2019, 28111/2019, 3226/2019) nelle quali la Corte di cassazione ha richiamato il principio di diritto fissato dalla propria giurisprudenza in materia di sanzioni disciplinari irrogabili dal dirigente scolastico: fino alla sospensione dal servizio e dallo stipendio per non più di dieci giorni al personale ATA, siccome previste dal CCNL, ma non oltre la censura al personale docente – dovendo quindi nel caso rimettere gli atti all’Ufficio per i procedimenti disciplinari – fino a quando non venga introdotta, dalla legge o dal CCNL, la fattispecie tipica della sospensione dal servizio e dallo stipendio per non più di dieci giorni, atteso che a tutt’oggi continuano ad applicarsi le norme contenute nel D. Lgs. 297/1994, c.d. testo unico della scuola, che contemplano – dopo l’avvertimento scritto e la censura – la sospensione dall’insegnamento “fino a un mese”, che non è ex litteris nella disponibilità del dirigente scolastico.

Al riguardo l’articolo 29 del nuovo CCNL del comparto Istruzione e Ricerca ha rinviato a una specifica sessione negoziale a livello nazionale la definizione della tipologia delle infrazioni disciplinari e delle relative sanzioni per il personale docente ed educativo, ma come sempre a futura memoria. Difatti, si sarebbe dovuta concludere entro il mese di luglio 2018. E invece, come del resto nel precedente CCNL, è anch’essa abortita, essendosi arrestata al primo e unico incontro del 18 dello stesso mese all’ARAN, al termine del quale le sigle sindacali di comparto firmatarie del CCNL licenziarono un comunicato per ribadire in via pregiudiziale “la totale indisponibilità a definire la materia qualora dovesse permanere il vincolo della legge Madia (id est: art. 55-bis, comma 9-quater del D. Lgs. 165/2001, come novellato dal D. Lgs. 75/2017), previsto peraltro solo nel comparto scuola, che assegna al dirigente scolastico la competenza ad irrogare la sanzione disciplinare fino a 10 giorni di sospensione, mentre in tutti gli altri comparti pubblici l’irrogazione di tale sanzione è affidata a un apposito ufficio per i procedimenti disciplinari”.

Dunque una conclamata situazione di stallo, essendosi loro consegnato un paralizzante potere di veto su una materia che pure è riservata alla legge.

Quindi dovrà esserci nella proposta contrattuale, così come formulata dall’ARAN, una sanzione autonoma o tipica della sospensione dall’insegnamento per non più di dieci giorni anche per i docenti, magari ritagliata dall’art. 494 del citato D. Lgs. 297/1994 (Sospensione dall’insegnamento o dall’ufficio fino a un mese). Oppure dovrà compiutamente provvedersi per legge, magari con il primo percorso normativo utile.

3. La bozza di Atto d’indirizzo disegna la “cornice negoziale generale” relativa ai rinnovi contrattuali del triennio 2019-2021, riguardante sia i comparti che le aree dirigenziali. I comitati di settore, compreso quello per Istruzione e Ricerca, la integreranno poi con i rispettivi indirizzi, “al fine di assicurare la salvaguardia delle specificità delle diverse amministrazioni e delle categorie di personale ivi comprese” (art. 41, comma 3 del D. Lgs. 165/2001).

Pertanto, oltre alle sanzioni disciplinari di cui poc’anzi si è discorso, il ministro Bianchi – che ha in mente una “scuola affettuosa”, capace di ricostruire la dimensione relazionale e cooperativa e la socialità, dopo anni d’individualismo spinto –  dovrà per intanto occuparsi di questioni più prosaiche.

3.1. La prima, senza girarci attorno, è la rivendicazione delle occorrenti risorse aggiuntive perché, dopo vent’anni, la dirigenza scolastica realizzi l’allineamento alla dirigenza amministrativa e tecnica di pari seconda fascia, con la completa perequazione della parte retributiva variabile e di risultato, atteso che con le generali risorse finanziarie disponibili, pari all’incremento omogeneo delle retribuzioni del 4,07%, in luogo di accorciarsi la forbice si allarga.

Servono, all’ingrosso, 200 milioni di euro annui lordo Stato a decorrere dal 2021, che aggiungano un netto mensile in busta paga di mille euro medi per ciascuno degli ottomila dirigenti scolastici.

3.2. Stanziate queste specifiche risorse, sarà possibile una seria – non simbolica – retribuzione di risultato, susseguente alla valutazione dirigenziale imposta dalla legge per tutti i dirigenti pubblici e tuttora disattesa per i figli di un dio minore, così come per tutti i soggetti che compongono la fantasiosa comunità educante: che si autodefinisce, e si pretende, autoconsistente e autoreferenziale, adusa a celebrare i riti di una democrazia scolastica quale fine in sé, ovvero libera di scegliersi i fini, sciolta da qualsivoglia vincolo che non sia quello che sovranamente si determini di autoimporsi; mentre essa è, giuridicamente, una pubblica amministrazione, deputata allo svolgimento di un pubblico servizio presidiato da solidi vincoli istituzionali e comprendenti l’esplicito obbligo di adottare, sottoponendovisi, “procedure e strumenti di verifica e valutazione della produttività scolastica e del raggiungimento degli obiettivi”, cui è preordinata – e in ciò garantita – la stessa “libertà d’insegnamento” (art. 21, comma 9, legge 59/1997): ben prima che si affacciassero sulla scena la performance del poi ibernato D. Lgs. 150/2009 e la non meno aborrita legge 107/2015, smontata pezzo dopo pezzo in abusivi tavoli negoziali.

Obbligo di valutazione, dunque. E non solo – quando lo sarà – per il dirigente scolastico.

Essendo ora una dichiarata voce d’investimento e non voce di costo, nessun ostacolo dovrebbe porsi per la valutazione del personale ATA, che può agevolmente essere condotta assumendo a canovaccio il – rivisitato – mansionario contrattuale.

Invece per i docenti occorre riprendere e portare a compimento la primigenia previsione del menzionato D. Lgs. 150/2009 sulla valutazione della performance, sia individuale che della struttura organizzativa, e sull’attribuzione di meriti e premi, dando seguito al decreto della Presidenza del Consiglio, di concerto con i ministri dell’Istruzione e delle Finanze, che detti i limiti e le modalità di applicazione dell’apposito dispositivo rispetto alla disciplina generare (art. 74, comma 4, decr. cit.): presumibilmente con riferimento implicito all’articolo 7, comma 2 del D. Lgs. 165/2001, c.d. testo unico del pubblico impiego, a tenore del quale “Le amministrazioni pubbliche garantiscono la libertà di insegnamento e l’autonomia professionale nello svolgimento dell’attività didattica, scientifica e di ricerca”.

Ma il coriaceo mantra della libertà d’insegnamento non può significare la sottrazione delle prestazioni professionali dei docenti a ogni forma di apprezzamento, in positivo o in negativo. Anche, e soprattutto, perché essa non si configura affatto come diritto soggettivo assoluto (ius excludendi alios), essendo all’opposto, per legge, qualificata in termini di funzione (art. 395, D. Lgs. 297/1994) e tale figurando nello stesso contratto collettivo nazionale di lavoro (art. 27 CCNL per il triennio 2016-2018), vale a dire come complesso di facoltà, che includono diritti e doveri, obbligatoriamente – e correttamente –  esercitabili per la realizzazione di un diritto altrui.

Per contro, non esiste – né la prevedeva il D. Lgs. 150/2009 – una norma speciale per la valutazione della dirigenza scolastica, non essendo in questione nessuna garanzia per la libertà d’insegnamento e di salvaguardia della “autonomia professionale nello svolgimento dell’attività didattica, scientifica e di ricerca”.

Necessita dunque, per l’unica dirigenza pubblica a non essere tuttora valutata, superare tutti i sofismi fin qui generosamente partoriti per eludere le stringenti prescrizioni di legge.

Lo impone l’articolo 25, comma 1 del D. Lgs. 165/2001, rubricato Dirigenti delle istituzioni scolastiche, statuendo che questi “rispondono, agli effetti dell’articolo 21, in ordine ai risultati”: quindi come tutti i dirigenti pubblici. E che la “specificità delle funzioni” di cui si deve tener conto, non vale certo a spostare la valutazione su versanti che non siano quelli tipici di tutte le dirigenze pubbliche, ovvero organizzativi e gestionali. Sicché – nel successivo comma 2 dell’articolo 25, citato – essa concerne la gestione unitaria dell’istituzione scolastica e della quale si ha la legale rappresentanza, con responsabilità della gestione delle risorse finanziarie e strumentali e dei risultati del servizio. In concreto, spettano ai dirigenti scolastici autonomi poteri di direzione, di coordinamento e di valorizzazione delle risorse umane, nel rispetto delle competenze degli organi collegiali scolastici, dovendo “in particolare … organizzare l’attività scolastica (con responsabilità esclusiva, giuridicamente esigibile) secondo criteri di efficienza e di efficacia formativa”: ciò è a dire che le prestazioni professionali-gestionali vanno correlate, anche per i dirigenti scolastici, alla performance dell’intera struttura organizzativa (D.Lgs. 150/2009, cit.).

Sicché, e a ben vedere, la specificità siccome riferita alla figura del dirigente scolastico è un pleonasmo, significando, alla fin fine, che la sua azione incrocia la presenza di soggetti che agiscono con larga discrezionalità tecnico-professionale – il che caratterizza non soltanto la scuola, ma anche altre amministrazioni pubbliche che erogano servizi alla persona – e l’esistenza di organi collegiali non meramente consultivi, bensì deliberanti, peraltro governati dal dirigente in posizione di primazia quale presidente, ovvero – nel Consiglio d’istituto – intestatario del potere di proposta; rispetto ai quali organi è doverosamente chiamato a realizzare un efficace raccordo perché possano al meglio esercitare le rispettive competenze.

Ha per converso, la specificità, una ragione giustificativa se riferita alle peculiarità dell’istituzione scolastica, una pubblica amministrazione molto particolare, non assimilabile a un ufficio amministrativo strutturalmente contrassegnato da procedure in prevalenza standardizzate, quanto piuttosto da quelli che sono stati definiti legami deboli o allentati, in cui l’interpretazione prevale sull’esecuzione. Per cui, nella valutazione del dirigente che la presiede, le priorità dovrebbero essere invertite, con il peso predominante che non può essere quello dei risultati, attingibili con strumenti eminentemente quantitativi (valutazione di prodotto), bensì dei comportamenti organizzativi, rilevabili con un sistema di indicatori e descrittori – formalizzati in anticipo – e la cui frequenza e intensità siano convenzionalmente stimate significative, in termini di causalità adeguata, salvo verifica e loro conseguenziale rimessa a punto (valutazione di processo).

Come che sia, non può oltremodo sopportarsi, perché lesiva della dignità professionale, l’umiliazione nel fungere da cavia a cervellotici iperconcettuosi caravanserragli escogitati dal Ministero, eternamente sperimentali e scientemente costruiti per farli fallire, perché aventi il duplice fine di legittimare a tempo indeterminato esperti o presunti tali – anche ex colleghi annidatisi nelle comode stanze di viale Trastevere, comprensibilmente  restii al rientro nell’anonimato della ben più faticosa e meno remunerata trincea – e nel contempo di suggellare con l’indelebile marchio di una dirigenza minor quella che, ipocritamente, si ammanta  di una sublime, ma inesistente, specificità.

E in proposito occorrerà ricordare al ministro Bianchi l’esistenza di quell’altro cimitero degli elefanti – sempre le sequenze contrattuali a futura memoria – che nel caso di specie è costituito dagli articoli 5, 7 e Dichiarazione congiunta n. 5 del CCNL di area; secondo cui, invadendosi la riserva di legge, la valutazione della dirigenza scolastica “sarà oggetto di uno specifico approfondimento” con i sindacati che la rappresentano. Sarà, perché l’approfondimento non è mai avvenuto: né durante i sei mesi precedenti la dichiarazione dell’emergenza sanitaria, né a tutt’oggi e avvalendosi delle strumentazioni telematiche con incontri in remoto.

È perciòpienamente legittimo, e indilazionabile, pretendere che i dirigenti scolastici siano valutati in base alle generali coordinate prescritte dalla normativa primaria esistente, con gli aggiustamenti di stretta indispensabilità, appena sintetizzati: che dovranno integrare l’Atto d’indirizzo poi trasmesso all’ARAN dal ministro per la Pubblica Amministrazione.

3.3. Sempre al ministro Bianchi va chiesto l’inserimento specifico di una revisione della mobilità territoriale perché la sua attuale disciplina, pensata per le procedure di reclutamento regionale, non è più coerente con l’ultima procedura concorsuale, invece a carattere nazionale, che finora ha immesso in ruolo oltre 2.500 dirigenti scolastici e altri 1000 ne immetterà, la maggior parte dei quali fuori dalla propria regione. Il che ha scatenato una lotta fratricida all’interno della categoria e un alluvionale contenzioso che ha quasi sempre registrato la soccombenza dell’Amministrazione in giudizio.

Ma l’integrazione dell’Atto d’indirizzo dovrà prevedere anche la mobilità professionale, sia all’interno dell’articolata area dirigenziale Istruzione e Ricerca che verso le altre pubbliche amministrazioni statali, essendo questa un connotato costitutivo di ogni dirigenza statale (e la dirigenza scolastica è una dirigenza statale pleno iure: Corte dei conti, sezioni riunite, 02.04.2006 e 14.07.2010, in occasione delle certificazioni dei relativi contratti dell’ex area V; Consiglio di Stato, sez. II, parere 1021/2000 e Adunanza generale 09/1999 e 529/2003).  

Ciò vale tranne che non ostino disposizioni di legge che impongano una particolare qualifica di provenienza o il possesso di specifici titoli di studio e/o l’iscrizione ad albi professionali: come nel caso della dirigenza medica, l’unica che tecnicamente può dirsi specifica o professionale, poiché permane il compimento dell’atto medico, anche per i preposti alla guida di strutture dipartimentali complesse.

Non è però il caso della dirigenza scolastica, tipicamente generalista; che, combinandole in modo ottimale, “garantisce un’efficace ed efficiente gestione delle risorse umane (con i poteri del privato datore di lavoro), finanziarie, tecnologiche e materiali … svolgendo … compiti di direzione, gestione, organizzazione e coordinamento ed è responsabile della gestione delle risorse finanziarie e strumentali e dei risultati del servizio” (art. 1, comma 78 della legge 107/2015, che riprende alla lettera l’art. 25 del D. Lgs. 165/2001).

Per conseguenza, le competenze richieste e accertate sono primariamente quelle in senso lato giuridiche e manageriali-organizzative, che s’innestano sulle competenze psico-pedagogiche e disciplinari della qualifica di provenienza: che di certo non valgono a sostenere che la funzione dirigenziale nelle istituzioni scolastiche sia una forma differenziata dell’unicità della funzione docente, secondo una stravagante teorizzazione risalente a mezzo secolo fa e che nella sostanza riemerge a cadenze periodiche.

Banalmente, il dirigente scolastico non insegna né svolge attività funzionali all’insegnamento, per contro intestate ad altri soggetti (vedasi art. 395 del D. Lgs. 297/1994, rubricato Funzione docente, seguito dall’art. 396 della distinta Funzione direttiva, ora funzione dirigenziale ex artt.5, 17, 21, 25 del D. Lgs. 165/2001).

Tal che non s’intravvedono le ragioni – s’intende, ragioni aventi un fondamento giuridico – per precludere ai dirigenti delle istituzioni scolastiche la possibilità, rispondendo ai vari interpelli, di chiedere un incarico nel MEF possedendo una laurea in materie economiche; o nel Ministero dei beni culturali essendo addottorati in discipline artistiche o letterarie o filosofiche; nel Ministero degli esteri o nel Ministero degli interni per chi voglia far valere la sua formazione giuridica; oppure, per chi abbia una formazione socio-psico-pedagogica, nel Ministero della salute o del lavoro e politiche sociali e/o in generale nelle strutture pubbliche dei servizi alla persona.

Potrebbe obiettarsi che difetta la reciprocità, nel senso che la dirigenza scolastica è impermeabile dall’esterno. Ma è un’obiezione priva di pregio per le ragioni appena esposte: sia sul piano logico che squisitamente giuridico, non sussistendo espressi divieti di legge a fungere da eccezione rispetto al principio della libera, strutturale, mobilità.

Analogico e digitale

Analogico e digitale

di Maurizio Tiriticco

Leggo fugacemente sul web e non intendo approfondire, almeno per ora, che “nella Finlandia e negli Stati Uniti hanno detto addio alla scrittura incorsivo nella scuola primaria. E tutti in Italia – almeno,penso, le persone di scuola – ci chiediamo: ma possiamo fare davvero a meno dell’insegnamento di questa tipologia di scrittura? Leggo che “sembra che sia una scelta assolutamente pragmatica: perché nella scuola primaria lo stampatello è più veloce e più facile rispetto al corsivo. Ma sono fortissimi i dubbi” Ed il dubbio, ma molto forte, è anche mio!

Un po’ di storia. Ricordo che nella mia prima classe elementare – a. s. 1934-35 – la maestra mi insegnò a compilare pagine di a, e, i, o, u, e poi di consonanti, b, c ecc. Ed in seguito mi insegnò a comporle insieme: ape; eco; oca; uva; eco; inno. Quest’ultima non era una parola “difficile”, perché di inni fascisti era già piena la nostra testa. E, giorno dopo giorno, dalle parole più famigliari, semplici e brevi, si passava a parole più “difficili” e lunghe. Si tratta di un metodo che si basa sull’insegnamento delle singole lettere, vocali e consonanti, che vengono dapprima acquisite e memorizzate; e solo in seguito, pian piano, vengonounite per formare le sillabe. Poi ancora, sempre procedendo per gradi, si formano le parole e, per finire, frasi di senso compiuto.

In seguito, molti anni dopo, nella nostra scuola venne adottato il cosiddetto metodo globale ideato da Ovide Decroly, psicologo e pedagogista belga (1871-1932). Questo metodo prevede che l’insegnamento della lettura e della scrittura avvenga partendo da frasi compiute e non da singole lettere. Al bambino, quindi vengono proposte frasi intere, che solo successivamente vengono sezionate per estrapolarne le sillabe ed infine le singole lettere. E’ il metodo cosiddetto globale: il bambino memorizza una frase compiuta, ne comprende il significato, poi la scompone in sillabe, ed infine le suddivide in lettere. Si parte da un concetto complesso per giungere a concetti più semplici attraverso l’intuito. Concludendo, possiamo definire il primo metodo analitico, il secondo sintetico. Nel primo caso, si passa dal semplice al complesso, nel secondo dal complesso al semplice.

Tornando all’oggi: che differenza corre tra lo stampatello e il corsivo? Con il primo ogni lettera alfabetica “sta a sé”. In effetti io sto scrivendo digitando sulla mia tastiera – e potrei farlo anche con un solo dito – una lettera dopo l’altra, per comporre parole, proposizioni e periodi, intercalati dai segni della punteggiatura. Io non so quanto sia veloce nella mia scrittura né so quanto lo sarei se scrivessi con la penna, ovviamente biro o stilografica. Al proposito, mi piace ricordare che le prime penne che adoperai nella scuola erano quelle dotate di pennino, da intingere in un calamaio, incorporato sul banco. Calamaio che, a date scadenze, il bidello riempiva di inchiostro. Poi,dopo la composizione scritta, il tutto si asciugava con la carta assorbente! E solo gli alunni più bravi riuscivano a scrivere senza sporcarsi né mani négrembiule. Mi viene anche in mente il lavoro delle dattilografe di un tempo: il capo dettava, anche velocemente, e la dattilografa, altrettanto velocemente, scriveva con l’apposita macchina. La dattilografa poteva anche non comprendere il contenuto di ciò che scriveva! Di fatto era anche lei una “macchina”.

Le due pratiche rinviano a due concetti. Lo scrivere lettera dopo lettera, spaziando – come sto facendo ora, e lo spazio mi viene indicato da un puntino tra parola e parola – rinvia al DIGITALE. Se, invece,scrivessi con la penna, oggi una biro, una lettera sarebbe legata ad un’altra al fine di comporre una data singola parola, che – com’è noto – potrebbeessere: un nome, un articolo, un aggettivo, un pronome, un verbo, un avverbio, una preposizione, una congiunzione, una interiezione: la grammatica ci insegna che sono le cosiddette “parti del discorso”: le prime cinque variabili; le altre quattro invariabili. In questo caso, ogni parola significativa è scritta in continuum e rinvia all’ANALOGICO. Voglio essere più chiaro. Se scrivo “Antonio ama Maria”, la sequenza delle parole dà luogo ad un significato. Se, invece, scrivo “Antonio mangiare treno Maria tavolino marmellata”, la sequenza non dà luogo ad alcun significato. Il DIGITALE c’è, ma l’ANALOGICO no. Esiste, però, anche il linguaggio non verbale: una data espressione del volto può significare amore, oppure odio, od ancora, rabbia o stupore. Per non dire, poi, che noi umani siamo bravissimi nella simulazione. Il maschietto potrebbe esprimere non verbalmente un dolcissimo “ti amo” solo per raggiungere un dato risultato. Insomma ogni negoziante indora la merce da vendere.

Chi ora mi legge, può guardare l’orologio che ha al polso. Potrebbe essere ANALOGICO: ma le lancette che si muovono costantemente, anche se molto lentamente, non “diranno” mai l’ora precisa! Se, invece, è DIGITALE, quel minuto scritto è preciso! E dopo solo sessanta secondi appare il minuto successivo. Pertanto, è bene che gli insegnanti della scuola primaria dedichino molta attenzione a come gli alunni apprendono a scrivere, a come prendono la matita o la penna. Che va presa con un dato criterio, con l’incrocio delle prime tre dita, pollice, indice e medio. E devono assolutamente insistere che scrivano in corsivo e non in stampatello. Constato anche – e mi si smentisca se sbaglio – che a scuola le femmine tendono a scrivere con calligrafie tondeggianti; mentre i maschietti sembrano insofferenti alla scrittura manuale e tendono all’uso dello stampatello.

Qualcuno, o meglio il Prof. Gustavo Charmet,psichiatra e psicoanalista dell’infanzia e dell’adolescenza, ha detto che la scrittura è lo specchio dell’anima! Perché “mette in relazione la parte più profonda di noi con il segno che appare sulla pagina. Quante cose si capiscono dalla scrittura di un bambino. Il computer non esclude la penna o viceversa; i linguaggi convivono, non si annullano. E i bambini sono felici di imparare a scrivere, adorano matite, penne, colori, vedere i fogli che si riempiono di segni che corrispondono al loro pensiero. La scrittura ha qualcosa di sacro e di istintivo, sviluppa la manualità sottile, bella o brutta che sia, ed è assurdo pensare di non insegnarla più. I ragazzi alla scrittura ci tengono, eccome: basta ricordare quanto gli adolescenti si esercitano sulla loro firma. E vorrei fare un appello al Ministro della Pubblica Istruzione: far tornare a scuola le penne stilografiche. La stilo è un oggetto del desiderio. Anche per i bambini di oggi”.

Concludendo, è bene che il maestro di una prima classe primaria insista perché il bambino impari in primo luogo a prendere correttamente lo strumento per scrivere, matita e/o penna. Come un insegnante di violino insegna in primo luogo come si prendono lo strumento e l’archetto. Perché il violino? Perché è uno degli strumenti più difficili da imparare a suonare: la correttezza del DIGITALE come condizione della bellezza dell’ANALOGICO.

Nota 2 aprile 2021, AOODGCASIS 1095

Ministero dell’istruzione
Dipartimento per le risorse umane, finanziarie e strumentali Direzione Generale per i sistemi informativi e la statistica

Alle Istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado 
e p.c. Agli Uffici Scolastici Regionali

Avviso 16 aprile 2021

Oggetto: Federazione Rinascimento Italia “richiesta di informazioni e diffida per l’ utilizzo di strumentazione distanza fuori legge nella didattica

Si segnala all’attenzione di codesti Uffici che la presunta Associazione, denominata “Federazione Rinascimento Italia”, nell’asserire di tutelare i diritti civici e civili dei cittadini, sta facendo pervenire presso le Istituzioni scolastiche del paese la “richiesta – diffida” a margine segnata. 
In particolare, con la predetta richiesta l’Associazione, asserendo di aver ricevuto numerose segnalazioni circa i pericoli in tema di privacy conseguenti all’uso della D.A.D., chiede agli Istituti di fornire una serie di informazioni circa le piattaforme utilizzate e le relative misure adottate per il trattamento dei dati personali di alunni e docenti.
Il Ministero, avendo accertato che presso l’Autorità preposta (Garante per la protezione dei dati personali) non risulta alcuna segnalazione in tal senso, con nota prot. 1095 del 2.04.2021, qui allegata, ha invitato e diffidato la suddetta Associazione ad astenersi dal chiedere alle Istituzioni scolastiche dette informazioni, nonché dall’intraprendere qualsiasi ulteriori iniziative sul punto, avvertendo che, in caso contrario, l’Amministrazione avrebbe ricorso alla tutela delle competenti Autorità. 
Sicché, con la presente invitiamo le Istituzioni scolastiche a non tener conto delle già menzionate richieste di detta presunta Associazione. 

Il Direttore per i sistemi informativi e la statistica
Gianna Barbieri 


Ministero dell’istruzione
Dipartimento per le risorse umane, finanziarie e strumentali Direzione Generale per i sistemi informativi e la statistica

Alla Federazione Rinascimento Italia Corso Barolo, 47 12051 Alba CN rinascimentoitalia@pec.it info@rinascimentoitalia.it
e pc. Al Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione
dpit@postacert.istruzione.it
Al responsabile per la protezione dei dati del Ministero dell’Istruzione c/o l’Ufficio di Gabinetto uffgabinetto@postacert.istruzione.it

Oggetto: Riscontro “richiesta di informazioni e diffida per l’utilizzo di strumentazione fuori legge nella didattica a distanza”

Nota 2 aprile 2021, AOODGOSV 7116

Ministero dell’Istruzione
Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e di formazione
Direzione generale per gli ordinamenti scolastici, la valutazione e l’internazionalizzazione del sistema nazionale di istruzione
Ufficio 9° – Valutazione del sistema nazionale di istruzione e formazione

Ai Direttori generali e ai Dirigenti titolari degli Uffici Scolastici Regionali
Ai Dirigenti scolastici/Coordinatori didattici delle Istituzioni scolastiche statali e paritarie del secondo ciclo di istruzione
Agli studenti frequentanti l’ultimo anno delle istituzioni scolastiche statali e paritarie del secondo ciclo di istruzione LORO SEDI
e p.c. Al Capo di Gabinetto
Al Capo Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione
Al Capo Dipartimento per le risorse umane, finanziarie e strumentali
Al Direttore generale per i servizi informativi e la statistica
Al Capo Ufficio stampa
Al Sovrintendente agli Studi della Valle d’Aosta
Al Sovrintendente Scolastico della Provincia di Bolzano
Al Dirigente del Dipartimento Istruzione per la Provincia Autonoma di Trento LORO SEDI

Oggetto: Esame di Stato a conclusione del secondo ciclo di istruzione – indicazioni operative per il rilascio del Curriculum dello studente

Giornata autismo

Oggi è la Giornata mondiale della consapevolezza sull’autismo.

Il blu è il colore simbolo per manifestare e promuovere azioni di solidarietà ed inclusione. L’emergenza sanitaria ha mostrato l’importanza di vivere in una società che sia veramente inclusiva.

Intervenire sulle situazioni di fragilità e difficoltà, assicurare condizioni di benessere è fondamentale sia per i singoli che per la collettività.

Il nostro sistema di Istruzione può vantare una legislazione tra le più avanzate al mondo in materia di inclusione scolastica. È necessario continuare a promuovere una sempre maggiore consapevolezza per migliorare le opportunità di formazione e di crescita di studentesse e studenti con disabilità e di tutta la comunità scolastica.


Anffas: “La persona non è la sua malattia”

Il presidente Speziale: “Purtroppo ogni anno ci ritroviamo a dover ribadire la necessità di rispettare diritti che dovrebbero essere invece scontati e la necessità di creare le condizioni adatte per avere una società di pari diritti ed opportunità”

BRESCIA. “Anffas approfitta di questa giornata per portare ancora una volta all’attenzione di tutta l’opinione pubblica il concetto che la persona non è la sua malattia”. Sono le parole di Roberto Speziale, presidente nazionale Anffas, per la Giornata Mondiale della Consapevolezza sull’Autismo che si celebra il 2 aprile e che vuole richiamare l’attenzione ed accrescere la consapevolezza di tutti sui disturbi dello spettro autistico anche al fine di tutelare i diritti delle persone con disturbi dello spettro autistico e delle loro famiglie. “Diritti per i quali – continua il presidente – è fondamentale anche il potenziamento di servizi e di sostegni di qualità per arrivare ad una piena e concreta inclusione e alla migliore Qualità di Vita possibile, in tutte le fasi della vita a partire dalla primissima infanzia”.

“In questa occasione – prosegue il presidente – Anffas ha contribuito a divulgare il libro ‘Il filo srotolato – Autismo tra fotografia e poesia’, un volume promosso da Fondazione Fo.b.a.p. di Brescia a marchio Anffas che racconta l’autismo e i suoi protagonisti in maniera nuova, attraverso le poesie di Franca Grisoni e le fotografie delle persone del Centro ‘Francesco Faroni’ scattate dalla mano esperta di Adriano Treccani, e che con parole ed immagini pone la persona con autismo al centro di tutto e con loro le persone che accompagnano la loro vita, come genitori e operatori: un esempio di quanto dovrebbe essere fatto anche nella nostra società, dove è la persona che va messa al centro, con i suoi desideri, le sue aspettative e le sue necessità, con l’obiettivo di accompagnarla nei percorsi di apprendimento di abilità e competenze, di empowerment, di indipendenza e autonomia”.

“Purtroppo, questo ancora non accade. Purtroppo ogni anno ci ritroviamo a dover ribadire la necessità di rispettare diritti che dovrebbero essere invece scontati e la necessità di creare le condizioni adatte per avere una società di pari diritti ed opportunità. Non riteniamo utili allo scopo slogan, proclami o colorare monumenti di blu, ma sarebbe invece quanto mai urgente e necessario agire concretamente per la tutela dei diritti e per colmare divari che ancora adesso mettono le persone con disturbi dello spettro autistico in secondo piano, soprattutto in considerazione dell’emergenza sanitaria che ancora stiamo vivendo e che ha particolarmente colpito le persone con autismo e le loro famiglie”.

“Anche per questa Giornata quindi – prosegue il presidente – non chiediamo di tornare alla normalità pre-pandemia ma di creare invece una nuova normalità, fatta di pari diritti e pari opportunità e di inclusione in tutti i contesti della nostra società: scuola, lavoro, sanità, ecc. Non è più accettabile e tollerabile vivere in un mondo che senza lascia indietro e nell’indifferenza più totale persone che sono cittadini al pari degli altri e la cui vita dovrebbe avere a lo stesso valore di quella degli altri. “La disabilità – conclude il presidente riprendendo la postfazione al libro di cui sopra a cura di Giorgio Grazioli, presidente di Anffas Brescia Onlus – viene prima e dopo ma non toglie la persona”.

Via alle norme in vigore dal 7 al 30 aprile: a scuola in presenza fino alla prima media, anche in zona rossa

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

Nessuna zona gialla per un mese. Questo è il primo paletto fissato dal decreto approvato nella serata di ieri dal Consiglio dei ministri. Si tratta di norme che entreranno in vigore il 7 aprile e resteranno valide fino al 30 aprile. Le scuole torneranno in presenza fino alla prima media, anche in zona rossa: questa la decisione che riguarda specificamente l’istruzione. Nelle zone arancioni saranno in classe gli alunni fino alla terza media e quelli delle superiori, almeno al 50%. «L’obiettivo è quello di garantire gradualmente il rientro a scuola in presenza di tutti gli studenti», hanno spiegato da Palazzo Chigi.

I presidenti di Regione, a differenza di quanto è stato fino a ieri, non potranno emanare ordinanze più restrittive per chiudere le scuole. La misura decisa, è scritto nel testo, «non può essere derogata da provvedimenti dei presidenti di Regione o delle Province autonome».

Decreto sostegni, le risorse per l’emergenza già a disposizione delle scuole. Distribuiti i primi 150 milioni

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

Le risorse stanziate dal decreto Sostegni per la gestione dell’emergenza sanitaria sono già a disposizione delle scuole. Lo fa sapere il ministero dell’Istruzione, che ieri ha inviato alle istituzioni scolastiche la nota operativa per il loro utilizzo. Si tratta dei primi 150 milioni stanziati dal decreto. Gli altri 150, quelli che riguardano l’ampliamento dell’offerta formativa, saranno distribuiti successivamente, dopo il necessario decreto di riparto, e saranno oggetto di una nota operativa.

Con la comunicazione inviata alle scuole, il ministero ricorda che le risorse potranno essere utilizzate per «tutte le misure di intervento necessarie a garantire la sicurezza negli ambienti scolastici, tramite la dotazione di materiale e strumenti di sicurezza, il potenziamento delle attività di inclusione degli alunni con disabilità, disturbi specifici di apprendimento ed altri bisogni educativi speciali».

I fondi potranno essere impiegati anche «per la prosecuzione del servizio di assistenza psicologica e/o pedagogica rivolto a studenti e personale scolastico» per il trattamento dei disagi e delle conseguenze derivanti dall’emergenza epidemiologica, nonché per servizi medico-sanitari volti a supportare le Istituzioni scolastiche nella gestione dell’emergenza stessa.

Con le risorse ricevute le scuole potranno acquistare: dispositivi di protezione e materiali per l’igiene individuale e degli ambienti, nonché ogni altro materiale, anche di consumo, il cui impiego sia riconducibile all’emergenza epidemiologica da Covid-19 sulla base delle effettive necessità della singola istituzione scolastica (ad esempio: dispositivi di areazione e ventilazione, prodotti di igiene degli ambienti, termoscanner e altro); specifici servizi professionali per il supporto e l’assistenza psicologica e/o pedagogica, da rivolgere in particolar modo a studentesse e studenti, oltre che al personale scolastico; servizi medico-sanitari (compreso il servizio di sorveglianza sanitaria) volti a supportare le Istituzioni scolastiche nella gestione dell’emergenza epidemiologica, nelle attività inerenti alla somministrazione facoltativa di test diagnostici alla popolazione scolastica di riferimento e all’espletamento delle attività di tracciamento dei contatti nell’ambito della indagine epidemiologica, anche allo scopo di svolgere una funzione efficace e tempestiva di collaborazione e raccordo con i competenti Dipartimenti di prevenzione delle Aziende sanitarie locali; dispositivi e materiali destinati al potenziamento delle attività di inclusione degli studenti con disabilità, disturbi specifici di apprendimento ed altri bisogni educativi speciali.

Bocciature, il 56% degli studenti contro il «tutti ammessi»: per loro chi si impegna lo fa anche in Dad

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

È quasi sicuro che, alla fine di quest’anno scolastico, torneranno le bocciature. Dopo il «tutti ammessi» del 2020, dovuto al lungo lockdown di primavera e al traumatico passaggio alla didattica a distanza, il destino degli studenti torna nelle mani dei consigli di classe.

Ma i ragazzi, a differenza degli adulti, non sembrano farne un dramma. Anzi, la maggior parte di loro si mostra favorevole al ripristino di una qualche forma di selezione. A segnalarlo un sondaggio effettuato dal portale Skuola.net su 2.500 alunni di scuole medie e superiori.

In realtà, quella che emerge, è una spaccatura pressoché netta. È come se, all’interno degli istituti, si fronteggiassero due partiti. In vantaggio, come detto, ci sono quelli che seguono la linea sinora adottata dal ministero dell’Istruzione: il 56% (ma alle scuole medie si sale ulteriormente) è d’accordo sul ritorno delle bocciature. A fronteggiarli, a poca distanza (44%), quelli che si oppongono a tale scenario.

Resta il fatto, però, che l’ostruzionismo alla decisione del MI non è così compatto come ci si sarebbe potuto attendere seguendo il dibattito di questi giorni. Tutt’altro.

È soprattutto la valorizzazione dell’impegno l’aspetto che spinge così tanti ragazzi a schierarsi a favore di veri scrutini di fine anno. Per oltre due terzi di loro (68%), infatti, chi aveva voglia di studiare ha continuato a farlo anche durante la difficile convivenza con la Dad e, quindi, non sarebbe giusto se venisse riservato lo stesso trattamento indistintamente a tutti gli studenti. Ancora più duro il 16%, secondo cui «fermare» gli alunni più in difficoltà potrebbe essere quasi un bene, per aiutarli a recuperare le lacune accumulate nell’ultimo anno. Mentre per circa 1 su 10 sarebbe un errore promuovere tutti perché la Dad, quest’anno, non ha inciso così profondamente sul rendimento rispetto a dodici mesi fa.

Così Daniele Grassucci, direttore di Skuola.net: «La Dad, con tutte le sue limitazioni, ha portato avanti il lavoro di studenti e professori da almeno un anno. Comprensibile che chi ha dato il massimo voglia vederlo riconosciuto. Sappiamo, però, che non tutti hanno avuto le medesime possibilità in questi mesi difficili: problemi di connessione, scarsa disponibilità di spazi o di device, problemi familiari o legati all’emergenza sanitaria non possono non essere considerati. Sarebbe giusto, quindi, dare alle scuole e ai docenti la possibilità di decidere autonomamente sugli esiti di fine anno, non precludendo la via di eventuali deroghe sui requisiti di ammissione all’anno successivo quali quelle che sono già previste, ad esempio, per l’esame di maturità».

Le tesi portate avanti dai “nemici” delle bocciature, invece, ruotano in particolar modo attorno ai risvolti psicologici legati alla chiusura a singhiozzo delle scuole e, in generale, al momento che stiamo vivendo: per il 48%, nell’ultimo anno, ci sono state troppe difficoltà dal punto di vista emotivo e mentale per portare a un giudizio obiettivo da parte dei professori.

Per il 30%, invece, la colpa è proprio della didattica a distanza, che ha impedito di rendere come sarebbe avvenuto in classe. Il 18%, però, allarga il discorso e chiama in causa chi ha gestito l’emergenza cosicché, ora, non vuole rischiare di pagare per responsabilità estranee alla sua volontà.Voci, queste ultime, che potrebbero ancora essere ascoltate. In teoria il Ministero farebbe in tempo a emanare un’ordinanza che riproponga la promozione collettiva. Una notizia che, a quel punto, verrebbe accolta con gioia anche da molti studenti “pro-bocciature”: è il 55% a sperare che andrà a finire così (pur essendo scettico che possa accadere), un altro 10% è addirittura sicuro che ci sarà un ripensamento. Solo 1 su 3 continuerebbe a sostenere fermamente che le bocciature siano necessarie.

Commissione «Zerosei»: portare la «prescolarizzazione» al 40 per cento

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

Portare il dato sulla prescolarizzazione, quella che riguarda i bambini dagli 0 ai 6 anni, al 40 per cento, addirittura sopra la media europea. E’ l’obiettivo “ambizioso” di cui ha parlato ieri il presidente della Commissione “Zerosei”, Giancarlo Cerini, intervenendo al lancio della campagna nazionale di diffusione e consultazione pubblica, promossa dal ministero dell’Istruzione, estesa a tutti i protagonisti del mondo dei servizi educativi e delle scuole dell’infanzia, per assicurare la massima condivisione del documento di base sulle Linee pedagogiche elaborate dalla Commissione nazionale per il Sistema integrato 0-6 anni, prima della definitiva adozione, dopo la consultazione.

«Siamo ambiziosi – ha spiegato Cerini – vogliamo arrivare al 40%, ancora più degli europei e abbiamo bisogno di creare e rafforzare strutture che siano belle, luminose e accoglienti, dei veri e propri campus, sarebbero degli spazi bellissimi per bambini e genitori: così faremo crescere anche la domanda dei genitori per i servizi, che non è scontata, e sarebbe un’ottima risposta ai diritti dei bambini».

Le Linee pedagogiche rappresentano un quadro di riferimento per l’intero Sistema integrato, in cui i vari documenti relativi ai servizi educativi e alla scuola dell’infanzia si collocano e trovano un significato unitario. Un documento che si raccorda con le Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia, e che rappresenta un ponte verso gli Orientamenti per il segmento 0-3 sui quali la Commissione sta lavorando al momento.

«Il percorso con cui siamo arrivati alla stesura della bozza delle Linee – ha spiegato da parte sua il direttore generale per gli Ordinamenti scolastici e la valutazione del sistema nazionale di istruzione, Maria Assunta Palermo – è stato molto sofferto nel senso che è stato elaborato nel periodo del lockdown e della pandemia. La commissione ha potuto così cogliere tutti gli aspetti di sofferenza che il Paese stava vivendo e in particolare quelli del segmento 0-6. La Commissione si è avvalsa anche dell’apporto di esperti, è stato un lavoro in progress, non si è voluto pensare a un documento calato dall’alto ma a uno costruito assieme agli operatori del settore. Questa bozza la commissione intende proporla al ministro solo dopo la consultazione a carattere nazionale e territoriale cui, con il seminario di oggi, diamo il via».

Bocciature con la Dad: quando è possibile, le deroghe e il rischio dei ricorsi

da Corriere della sera

Gianna Fregonara

Il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi conferma che quest’anno sarà possibile rimandare e bocciare gli studenti che non raggiungono il livello di preparazione per passare alla classe successiva. Tornano in vigore le norme pre-Covid. Niente 6 politico, niente promozione automatica: «Non sono previste ulteriori ordinanze sulla valutazione degli studenti», fanno sapere dal ministero.

Bocciature in Dad, ecco perché è possibile

E’ questa la risposta ai dubbi degli insegnanti e dei presidi su come si farà – soprattutto alle superiori – a valutare gli studenti alla fine di un anno così complicato come questo: in alcune regioni a scuola in presenza gli studenti sono stati per una manciata di settimane. Ma secondo Bianchi quest’anno non si può paragonare allo scorso quando è stata decisa la promozione per tutti: la Dad dall’autunno è stata regolata addirittura nell’integrazione del contratto degli insegnanti. Sono stati distribuiti pc e tablet, attribuiti alle scuole fondi per interne

Le deroghe alla bocciatura in Dad

Dunque la questione di cosa fare con gli studenti che hanno delle insufficienze passa nelle mani dei consigli di classe: sarà ogni scuola a stabilire quanta flessibilità usare negli scrutini di fine anno. L’unica deroga potrà essere quella riguardante il numero di giorni di frequenza, come già previsto per l’ammissione alla maturità. Chi non sia riuscito a seguire le lezioni via dad per difficoltà di connessione o comunque per problemi legati al Covid potrà comunque passare all’anno successivo se ha tutte la sufficienza in tutte le materie.

Il rischio di ricorsi al Tar per le bocciature in Dad

I dubbi e i timori restano: il Codacons ha già annunciato che sono possibili ricorsi al Tar per le bocciature in Dad. Ma i presidi temono che, nonostante gli annunci di questi giorni, nei prossimi due mesi non si riesca a rimanere a scuola in presenza, ma si debba continuare con la Dad perché i contagi non scendono e le regioni non riescono a passare in zona arancione o gialla, compromettendo la fine dell’anno scolastico. Riaprire, nonostante la decisione del premier Mario Draghi di riportare in classe gli studenti dopo Pasqua è più facile a dirsi che a farsi. Nel Lazio, dove oggi riprendono per due giorni le scuole dall’asilo alle medie, i sindaci di una decina di comuni tra cui Rieti, Frosinone e Ladispoli non riaprono: contagi ancora troppo alti, rischi di saturazione degli ospedali. In Abruzzo e Basilicata, regioni in arancione, la riapertura è già stata rinviata a dopo Pasqua.

Il piano per i nuovi insegnanti a settembre

Al ministero però in questi giorni si sta lavorando ad altro: servono almeno 50 mila nuovi insegnanti da mettere in cattedra a settembre e non c’è tempo per un concorso. Ieri il ministro ha firmato l’ordinanza per la mobilità dei prof: le domande si possono presentare entro il 15 aprile e l’11 giugno dovrà essere pubblicata la lista dei movimenti. Per l’abolizione del vincolo quinquennale dei nuovi assunti invece sarà necessaria una norma di legge

Il ministro Bianchi sui docenti: si meritano 600 euro d’aumento, per 30 anni li abbiamo bistrattati

da La Tecnica della Scuola

Sarà la primavera? Sta di fatto che le dichiarazioni di stamane del ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi segnano una svolta nella politica scolastica italiana.

«Dobbiamo ammettere che per 30 anni sulla Scuola si è sbagliato tutto», ha dichiarato ai microfoni di Rai Radio1 durante la seguitissima trasmissione “Radio anch’io” – «e non solo per l’emergenza pandemica. Non si può continuare a risparmiare laddove bisogna investire. Il Governo è con me in questo. Il Presidente Draghi mantiene le promesse. Costi quel che costi, dobbiamo investire per riaprire per sempre le scuole. Basta DaD: è didatticamente fallimentare e controproducente sul piano psicologico, sociale, cognitivo. Urge distogliere i giovanissimi dall’eccessivo uso delle tecnologie e spingerli a riappropriarsi delle proprie facoltà logiche, dialettiche, analitiche e critiche, ora delegate (e alienate) alle macchine».

Meno alunni per classe, aerazione artificiale, più trasporti

«Per ottener questo» – ha proseguito Bianchi – «la Scuola deve tornare interamente in presenza. Dal 1° settembre 2021, e per sempretutte le prime classi di ogni ciclo saranno al massimo di 20 alunni (15 in presenza di diversabili). Così entro cinque anni tutta la Scuola italiana sarà formata da classi non numerose. Ciò permetterà di mantenere davvero le distanze di sicurezza tra gli allievi e di migliorare la didattica, individualizzandola e personalizzandola secondo le necessità del singolo allievo. Contemporaneamente, ogni aula scolastica avrà il suo impianto per il ricircolo dell’aria (come in Germania): in tal modo impediremo il ristagno nelle aule di aria umida e satura di agenti patogeni, con effetti positivi non solo sulla lotta al CoViD, ma anche sulla salute generale di alunni e docenti. E non dobbiamo dimenticare i trasporti: verrà finanziato il raddoppio dei mezzi pubblici, per impedire che autobus e metropolitane continuino ad essere l’insano carnaio che da sempre sono. Ove ciò non sia possibile in tempi rapidi per motivi logistici, useremo i pullman delle forze armate, ora fermi in depositi e caserme».

Meno spese militari, ripristinare il medico scolastico in ogni plesso

All’ottimo giornalista Giorgio Zanchini, che gli chiedeva con quali risorse si sarebbe fatto fronte alle ingenti spese necessarie per attuare un programma così ambizioso, Bianchi ha risposto che «Questo Governo si distingue dai precedenti perché sa imparare dagli errori del passato. In passato si è spesa una quantità enorme di miliardi in armamenti. Noi non vogliamo più che si dica all’estero quanto emerso dalla trasmissione “Presa Diretta” del 22 marzo scorso. Vogliamo che l’Italia sia un Paese di pace che mira alla pace mediante opere di pace, in linea con l’articolo 11 della Costituzione. Ricordiamoci che, tra il 1945 e il ’75, Italia, Giappone e Germania erano entrati nel gruppo ristretto degli Stati più ricchi del mondo, perché la sconfitta dell’ultima guerra mondiale li aveva obbligati a spendere in opere di pace. Vogliamo tornare a far questo, ed impiegare le risorse per Scuola, Sanità, mezzi pubblici, benessere, ambiente. Per il futuro, insomma. A tal fine abbiamo predisposto anche l’assunzione di un medico per ogni plesso scolastico: misura che rimarrà anche dopo la pandemia, come era un tempo e come è degno di un Paese civile come l’Italia, culla della civiltà antica, medievale e moderna».

Nessun prolungamento all’estate

A questo punto il conduttore della trasmissione ha chiesto al Ministro se si darà seguito al proposito di far continuare l’anno scolastico anche d’estate. La risposta del Ministro Bianchi: «Piuttosto chiediamo scusa ai docenti italiani per come sono stati trattati per 30 anni: pagati meno di tutti i docenti del mondo occidentale, meno di tutti i laureati d’Italia; calunniati per l’orario di lavoro, che di fatto è uguale a quello dei colleghi europei (se non maggiore)sovraccarichi di funzioni burocratiche che i Governi precedenti hanno accollato loro dopo aver tagliato gli organici amministrativi cui quelle funzioni competono. No, nessun prolungamento all’estate: sarebbe ingiustamente punitivo, per loro e per i discenti».

600 euro di aumento mensile in busta paga subito

Secondo il Ministro «Insegnare (e studiare) sono impegni gravosi: per praticarli occorre qualità, non quantità: due cose i cui risultati sono inversamente proporzionali nell’istruzione. Costringere docenti e ragazzi a scuola nei mesi torridi, col surriscaldamento globale, sarebbe puro e semplice sadismo anche se intendessimo dotare ogni aula di aria condizionata e ogni scuola di piscina come nei College americani. Piuttosto dimostreremo ai docenti italiani la riconoscenza del Governo per il loro lavoro, essenziale per la vita di ogni democrazia, come diceva Piero Calamandrei, la cui memoria noi non abbiamo rinnegato. Ai docenti (e a tutti i lavoratori della Scuola, essenziali alla Scuola stessa) riconosceremo un aumento di stipendio di almeno 600 euro mensili netti. Ben al di sotto, lo so, di quei 1.200 che separano i docenti italiani dalla media dei colleghi europei. Ma è solo l’inizio».

Il plauso dei sindacati maggiori

Le reazioni dei maggiori sindacati sono state unanimemente concordi nel prendere ognuno per sé il merito del cambio di rotta del Governo. «Sono le nostre richieste da sempre. Abbiamo sempre lottato per ottenere questo»: è la sostanza delle dichiarazioni degli esponenti dei Sindacati firmatari dei contratti dal 1995.

Da oggi l’Italia guarda avanti. Anche perché è meglio guardare avanti che guardare il calendario. Altrimenti si capirebbe che giorno è oggi: 1° aprile 2021.