Scatti di anzianità: incontro al MIUR

Scatti di anzianità: incontro al MIUR

L’applicazione dell’accordo porta un taglio del 36,64% su funzioni strumentali, incarichi specifici e ore eccedenti. Si conferma la pesante riduzione dei fondi contrattuali denunciata dalla FLC CGIL.

Il 17 gennaio 2013 si è svolto al MIUR l’incontro con le Organizzazioni Sindacali convocato dalla Direzione per la politica finanziaria e per il bilancio sulla applicazione dell’Ipotesi di accordo del 12 dicembre 2012 che, per ripristinare il diritto agli scatti di anzianità maturati nel 2012 del personale della scuola, ha ridotto le risorse contrattuali da distribuire alle scuole.

L’Amministrazione ha illustrato una ipotesi di assegnazione delle risorse per le funzioni strumentali, gli incarichi aggiuntivi e le ore eccedenti (per la pratica sportiva e la sostituzione dei colleghi assenti) per l’anno scolastico 2012/13. Per il fondo di istituto non è stato ancora effettuato alcun calcolo ma è stato confermato che si utilizzeranno i parametri definiti dall’accordo.
In base a questa ipotesi, il taglio da operare su tutte le voci per l’anno scolastico 2012/2013 è del 36,64%.
Le somme disponibili sono ovviamente quelle rimaste per il 2012 e per il 2013 dopo i tagli operati in base all’ipotesi di accordo che, è bene ricordarlo, la FLC CGIL non ha sottoscritto.

Gli altri sindacati (CISL Scuola, UIL Scuola, SNALS Confsal e GILDA Unams) hanno avanzato la proposta di spalmare in prima battuta il pesante taglio (36,64%) del fondi contrattuali su due anni scolastici. E cioè sull’anno scolastico 2012/2013 e sul 2013/2014.
Il MIUR ha ritenuto impraticabile tale soluzione perché cosi facendo si alterano i saldi di cassa.
Tuttavia la Direzione del Bilancio si è riservata di inviare un quesito al MEF per chiedere la praticabilità di questa soluzione.

La nostra posizione

La FLC CGIL ha richiamato la propria contrarietà all’accordo del 12 dicembre 2012 per il modo ingiusto e poco trasparente con cui sono state reperite le risorse per pagare gli scatti di anzianità maturati nel 2011. A questo proposito la nostra posizione è nota: gli scatti sono un diritto e vanno ripristinati senza tagliare il salario accessorio, ma rivendicando l’esatta certificazione delle economie realizzate dal MEF per effetto degli tagli agli organici. Inoltre, abbiamo espresso forti perplessità sulla proposta formulata dalle altre organizzazioni sindacali, evidenziando come essa sia di dubbia praticabilità in riferimento al testo dell’accordo. Così si rischia di produrre un ulteriore allungamento dei tempi di assegnazione dei fondi per la contrattazione integrativa, non si tiene conto dei processi di dimensionamento delle scuole, attuati e ulteriormente in corso, si produce instabilità nei fondi ed incertezza nel futuro. In pratica il tutto si tradurrebbe in un ulteriore pasticcio che non sarebbe d’aiuto alle scuole e alle RSU.

Le scuole hanno già fin troppo patito per le scelte del Governo e meritano rispetto.
Esse hanno bisogno di certezze e non di veder passare inutilmente altro tempo prima di sapere su quante risorse possono disporre per programmare le attività e retribuire i lavoratori.

Nuove classi di concorso solo per i nuovi insegnanti

Nuove classi di concorso solo per i nuovi insegnanti

Incontro Miur – Sindacati

TFA Riservati: parere favorevole del Consiglio di Stato.Il decreto alle Commissioni parlamentari

La UIL Scuola, come già  in passato, ha di nuovo posto la questione della ricaduta sul personale della riorganizzazione delle classi di concorso, sia sul personale di ruolo che sul personale a tempo determinato.
Due, in particolare, sono gli aspetti evidenziati:la gradualità del passaggio dall’ordinemento vigente al nuovo e la necessità di non alimentare la formazione di nuovo precariato.
Il  Miur, accogliendo le proposte dei sindacati, ha prospettato la possibilità che la nuova impostazione delle classi di concorso abbia effetti ai soli fini del reclutamento legato ai futuri concorsi ordinari, lasciando inalterato il reclutamento legato alle graduatorie ad esaurimento.
In prospettiva, inoltre, la riorganizzazione avrà effetti anche sul personale attualmente non inserito nelle graduatorie ad esaurimento ma i cui titoli mantengono validità ai fini della partecipazione alle procedure abilitanti.
Sulla materia il Miur si è impegnato a predisporre una bozza di decreto che sottoporrà alle organizzazioni sindacali in un prossimo incontro già fissato per il 28 gennaio .
Per questi motivi si è concordato, in questa fase, di non entrare nel merito delle  questioni relative alle diverse aree.
Hanno partecipato Ranieri e Proietti.

TFA riservato
Nel corso dell’incontro il Capo Dipartimento ha informato i sindacati che, dopo il parere favorevole del Consiglio di Stato, trasmesso il 16.01.2013, domani il testo del decreto sarà inviato alle commissioni parlamentari di Camera e Senato per il parere di competenza.
Ad avviso del Capo Dipartimento i corsi potrebbero partire già dalla prossima primavera.

TFA ordinario
Nel corso dell’incontro, il Miur ha comunicato che, a livello organizzativo, saranno date disposizioni affinché i titolari di contratto a tempo determinato impegnati nei TFA ordinari possano conciliare la frequenza degli stessi con l’insegnamento.

A Strasburgo per difendere il diritto alla stabilità del lavoro

Precari scuola: la FLC CGIL a Strasburgo per difendere il diritto alla stabilità del lavoro

Comunicato stampa di Domenico Pantaleo, Segretario generale della Federazione Lavoratori della Conoscenza CGIL.

La FLC CGIL sarà a Strasburgo per difendere le ragioni dei precari con oltre 36 mesi di servizio rivendicando per loro la stabilizzazione.

È questo un fatto eclatante e senza precedenti che dimostra quanto la FLC CGIL insieme alla CGIL – si sia battuta contro l’abuso dei contratti a termine fatto dalla pubblica amministrazione nella scuola nonostante ci siano i posti liberi.

Il Tribunale di Napoli ha riconosciuto alla nostra organizzazione il diritto di costituirsi in giudizio alla Corte di Giustizia Europea in quanto rappresentativa degli interessi di questi lavoratori.

Il Tribunale di Napoli ha messo in dubbio se la legislazione italiana, che non consente nella scuola statale la conversione dei rapporti di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato dopo 36 mesi di servizio, sia in contrasto con la normativa europea.

Questa decisione rende ancora più forte l’impegno della nostra organizzazione a favore di una battaglia di civiltà per dare sicurezza e futuro alle persone e alla scuola che così può contare su personale qualificato e stabile.

Si tratta di una tappa importante che è il frutto di una lunga e diffusa campagna politica e vertenziale promossa dalla FLC CGIL a partire dal 2010 contro il Collegato Lavoro voluto dall’allora Ministro Sacconi.

Chiederemo al prossimo Governo prioritariamente un credibile piano pluriennale di stabilizzazione dei precari.

17/01/2013 – Asse II – Azione H.2 “Percorsi di formazione sulle procedure di acquisto della PA”

Oggetto: PON FSE “Competenze per lo sviluppo” – Asse II – Azione H.2 “Percorsi di formazione sulle procedure di acquisto della PA”
ERRATA CORRIGE – Circ.prot.123 del 7 gennaio 2013. Modifica date di svolgimento della terza e quarta edizione nella provincia di Catanzaro.

Circ. 773 del 17 gennaio 2013 e Allegato

Incontro al MIUR per l’esame dell’intesa per il F.I.S dell’a.s. 2012/13

Incontro al MIUR per l’esame dell’intesa per il F.I.S dell’a.s. 2012/13

Nella mattinata del 17/1/13 si è tenuto al Miur il previsto incontro per discutere una ipotesi di intesa per il FIS relativo all’a.s. 2012/2013.

L’Amministrazione era rappresentata dal Direttore Generale delle Politiche economiche e finanziarie del Miur, dott. Filisetti, e dalla dott.ssa Davoli; per le OO.SS. erano presenti i rappresentanti di SNALS-CONFSAL, FLC-CGIL, CISL-Scuola, UIL-Scuola e GILDA-Unams.

Il Direttore Filisetti ha preliminarmente chiarito che la sottoscrizione della eventuale intesa raggiunta per il riparto delle risorse di cui agli artt. 33, 62 e 87 del CCNL 29/11/2007 relative all’a.s. 2012/2013 e quella relativa alla determinazione del FIS, non potrà essere firmata prima della registrazione, da parte della Corte dei Conti, dell’ipotesi di CCNL sottoscritto 12/12/2012 presso l’Aran, relativo al recupero dell’anno 2011 ai fini della progressione di carriera.

Successivamente ha illustrato una proposta, elaborata dall’Amministrazione, avente per oggetto: “ripartizione risorse di cui agli artt. 33, 62 e 87 del CCNL 2006/2009 per l’a.s. 2012/2013”.

Tale proposta è stata determinata secondo una interpretazione strettamente letterale del CCNL 12/12/2012, relativo al reperimento delle risorse da destinare per le finalità previste dall’art. 8, c. 14, del D.L. n. 78/2010 e dell’art. 4, c. 83, della legge 183/2011.

Pertanto, la determinazione delle risorse, da parte dell’Amministrazione, è stata effettuata sottraendo dalle risorse riferite a ciascun istituto contrattuale, sia tutta la riduzione prevista per il 2012 sia gli 8/12 di quella prevista per l’anno successivo. Ha ricordato che, in base al contratto Aran, le riduzioni per il 2013 ammontano, rispettivamente, a:

€   31,22 milioni del fondo per le funzioni strumentali

€   13,75 milioni del fondo per incarichi specifici

€   15,50 milioni del fondo per ore eccedenti

€  275,41 milioni del fondo FIS

€   13,48 milioni del fondo aree a rischio

€     0,64 milioni del fondo personale comandato

Lo SNALS-CONFSAL e le altre OO.SS. presenti, con esclusione della FLC-CGIL, relativamente alle riduzioni dell’anno 2013, hanno proposto, al fine di consentire una migliore programmazione delle attività da parte delle scuole ed in osservanza dell’art. 2, c. 3, del succitato contratto, di operare tali riduzioni ripartendole tra l’a.s. 2012/2013 e il 2013/2014, in modo da realizzare, per ciascun istituto contrattuale sopra citato, un riparto delle risorse contrattuali di pari importo, sia per l’a.s. 2012/2013 che per l’a.s. 2013/2014.

L’Amministrazione si è riservata una verifica sulla percorribilità di tale operato, previa consultazione dell’Ufficio Centrale Bilancio; conseguentemente la riunione è stata aggiornata a giovedì 24/1 p.v..

Prima della chiusura della seduta la nostra delegazione ha sollecitato:

–         di conoscere al più presto l’elenco delle istituzioni scolastiche in “sofferenza contabile” e l’importo erogato alle stesse;

–         una riunione finalizzata all’emanazione di una nota condivisa circa il pagamento delle ferie al personale scolastico precario.

 

CLASSI DI CONCORSO: NO ALLO SVILIMENTO DELLA PROFESSIONE DOCENTE

CLASSI DI CONCORSO, GILDA: NO ALLO SVILIMENTO DELLA PROFESSIONE DOCENTE

La Gilda degli Insegnanti dice no allo svilimento della professionalità dei docenti che si profila con il decreto sulle classi di concorso e chiede con forza di rinviare il provvedimento per consentire uno studio più approfondito su questo delicato argomento. La presa di posizione del sindacato guidato da Rino Di Meglio arriva dopo l’incontro avvenuto oggi a viale Trastevere.

«Il 28 gennaio ritorneremo al ministero dell’istruzione per discutere ancora della questione – spiega Di Meglio – ma noi continuiamo a essere critici sulla fretta con cui si vuole approvare un decreto così importante con un ministro senza governo e al termine del suo mandato. Il nostro timore – afferma il coordinatore nazionale della Gilda – è che questo provvedimento abbassi la qualità della scuola italiana e i requisiti professionali richiesti agli insegnanti».

«Un esempio: oggi chi è abilitato per insegnare lettere alle scuole medie – spiega Di Meglio – con il decreto sulle classi di concorso potrebbe partecipare ai concorsi a cattedra per greco e latino al liceo. Una revisione che contestiamo fortemente, perché aver sostenuto un solo esame universitario di una determinata materia non assicura la preparazione necessaria per poterla insegnare agli studenti. In questa operazione – conclude Di Meglio – intravediamo un passo verso l’abbassamento del valore legale del titolo di studio e la Gilda, che è prima di tutto un’associazione professionale degli insegnanti, non può accettarlo».

Interessante proposta sulla scuola

L’interessante proposta del PD sulla scuola: promessa costosa

di Stefano Stefanel

 

E’ uscita da pochi giorni una interessante e organica proposta del Partito Democratico sulla scuola dal titolo L’Italia giusta si prepara a scuola, stilata dalla candidata al Parlamento Francesca Puglisi. Certamente molti contenuti della proposta riguardano l’opinione della Puglisi, anche se sarebbe interessante comprendere in che modo il Partito Democratico si posiziona in riferimento ad alcuni punti cruciali del documento. Proprio perché la proposta è interessante e il PD pare avviato a governare l’Italia può essere utile analizzare tecnicamente alcuni passaggi controversi, che rischiano – se non approfonditi o confermati – di minare tutto il progetto. L’impressione è che la proposta tocchi alcuni punti nevralgici del sistema, ma si presenti come talmente onerosa e composita da essere impraticabile. La analizzerò in alcuni punti critici, dando per acquisita una positiva visione d’insieme.

 

Fase costituente.Promuoveremo una fase costituente con una grande consultazione nazionale e riporteremo gradualmente linvestimento almeno al livello medio dei Paesi OCSE (6% del PIL), tagliando altrove la spesa statale.” La proposta non dice qual è l’altrove. Il problema che si pone in questo passaggio del testo è collegare la fase costituente al graduale (anche qui non viene però detta la gradualità) aumento dell’investimento sulla scuola. Il rischio è di ricevere solo proposte che espandano la spesa.

 

Tempo pieno e modulo a 30 ore con le compresenze” alla scuola primaria. Questa è certo una scelta legittima e che la scuola gradisce. Garantire tempo pieno e compresenze dappertutto significa comunque lievitare i costi per il personale in modo sensibile, rispetto a quanto avvenuto finora.

 

Allungamento del tempo scuola nelle scuole secondarie di primo grado. Per la scuola media, punto critico per l’abbandono scolastico, dobbiamo reclutare una leva di insegnanti specializzati per preadolescenza e adolescenza, e allungare il tempo scuola (scuole aperte anche al pomeriggio con sport, tecnologia, studio in gruppo, laboratori, classe aperteecc).”. Qui si aprono due fronti piuttosto critici. L’allungamento del tempo scuola nelle scuole secondarie di primo grado oltre ad essere un elemento da valutare perché ha delle ricadute diverse da regione a regione. In molte parti d’Italia il pomeriggio dei ragazzi è già molto pieno e quindi una generalizzazione delle aperture potrebbe risultare costosa e poco proficua. Complesso è invece il passaggio relativo all’assunzione di docenti specializzati. L’idea in sé è interessante ma si scontra contro il precariato, cui viene promessa l’assunzione in massa. Promettere, come fa il documento, di assumere 200.000 precari e poi contemporaneamente creare una nuova figura di professore senza aver ancora niente di attivo, mi pare un modo per confondere più che per chiarire. Mettiamo anche che questi corsi di laurea o di specializzazione per insegnare alle medie partano oggi: prima di cinque anni niente va a regime. Però l’emergenza è oggi e oggi gli studenti possono avere solo precari  “storici” che attendono il loro turno in graduatoria.

 

Biennio unitario.Per il ciclo superiore, il Pd propone  un primo biennio unitario, così che la scelta a quale scuola iscriversi non sia fatta in 3° media, troppo presto, ma maturi dopo i primi due anni della secondaria.” Il documento sostiene in alcuni punti che non ci saranno nuove riforme nella prossima legislatura. Questa però è una riforma non da poco, anche perché il biennio liceale e quello degli istituti professionali non sono la stessa cosa. Credo che il pericolo più grande sia quello di trasformare la scuola “media” in una scuola quinquennale. Ed è una scelta strana, perché tutti unanimemente riconoscono che quello è il segmento più critico del sistema. Tenere quindicenni e sedicenni insieme dopo la media in assenza di scelte significa creare un grande caos e stabilire mescolanze inutili alla fine della scelta triennale. Il grosso rischio è di diminuire le potenzialità dei Licei, che sono l’unico segmento delle scuole secondarie non in crisi. Mi pare un’idea piuttosto contestabile.

 

Reclutamento. La proposta del PD non chiarisce se qualcuno ha fatto i conti per la Puglisi o i conti se li è fatti da sola. Mettiamo insieme i tre canali della proposta:

a)     “nuovo piano pluriennale di esaurimento delle graduatorie per stabilizzare i precari”; “metter mano a graduatorie dove ci sono 200 mila persone non è semplice, ma lo faremo e certamente non sarà attraverso leggi finanziarie con tagli e smantellamenti”;

b)    “la nostra proposta prevede la selezione attraverso concorso dei migliori laureati per laccesso alla formazione iniziale per ottenere l’abilitazione, un anno di prova attraverso tirocinio e supplenze brevi e firma del contratto a tempo indeterminato”;

c)     “sarebbe invece preferibile assumere, tramite un apposito concorso, una leva di insegnanti specializzati nella didattica per quella specifica classe di età (preadolescenza e adolescenza).”

In questo passaggio la proposta della Puglisi non tiene conto degli attuali ordinamenti in materia di reclutamento, non si occupa dei costi nel momento in cui una simile proposta diventa una promessa, non indica in quanti anni si assorbono i 200.000 precari, mentre si assumono i migliori laureati con i concorsi e mentre si specializzano e si assumono gli insegnanti per le scuole medie. Dico da osservatore tecnico: impossibile sostenere questo tipo di costi.

 

Edilizia scolastica. La proposta propone di agire attraverso due strumenti:

a)    allentamento del patto di stabilità per l’edilizia scolastica;

b)    8 per 1000 all’edilizia scolastica.

Il problema sorge se si allenta il patto di stabilità per l’edilizia scolastica e non per le infrastrutture o gli ospedali. In realtà si demanda a enti locali e privati l’azione sulle scuole.

 

Da 0 a 6 anni. Il documento propone cose utili e condivisibili, con costi esorbitanti e investimenti statali tutti e solo per la scuola, che dovrebbe non solo assumere personale, ma anche costruire o comprare nuovi edifici.

 

Scuole aperte.Vogliamo scuole aperte tutto il giorno, tutto lanno e per tutta la vita.” Al di là degli slogan tutto questo impone progetti, soldi, personale. “Immaginiamo la scuola come luogo fondante di comunità, dove oltre ai necessari insegnamenti curricolari ci si può fermare il pomeriggio per studiare, da soli o in compagnia, trovando libri e computer che a volte gli studenti non hanno a casa, dove si può fare sport, suonare, recitare, imparare le lingue”. La Puglisi sottovaluta il problema della sorveglianza dei minori a scuola, che non esiste nei sistemi nordici o anglosassoni, dove anche bambini e ragazzi possono stare da soli senza essere sorvegliati con rapporti numerici precisi nelle scuole. Le procedure richieste per mettere a regime quanto proposto non aprirebbero solo questioni contrattuali ed economiche, ma anche questioni penali (sorveglianza) e organizzativa (i ragazzini non si autogestiscono in forma semplice e automatica se non nelle scuole secondarie di secondo grado).

 

Organico funzionale. L’idea è corretta e interessante, ma anche in questo caso espansiva. Non è chiaro se nella proposta del PD l’organico è funzionale in riferimento al curricolo scolastico o a questa apertura tutto il giorno, tutto l’anno, tutta la vita. Questa incertezza va a toccare il punto sull’orario degli insegnanti, che viene disegnato in maniera molto confusa dalla proposta: “Con il prossimo contratto nazionale di lavoro, vorremmo consentire agli insegnanti di scegliere fra due opzioni: la prima è quella attuale di 18 ore settimanali di lezione; la seconda è un orario per cui le attività svolte oggi a casa, come la correzione dei compiti, la ricerca didattica, ecc. vengono svolte direttamente a scuola nel pomeriggio. Ovviamente chi sceglie la seconda opzione dovrà essere retribuito maggiormente, avvicinandosi ai migliori livelli europei, e dovrà avere accesso esclusivo agli sviluppi di carriera (come le funzioni obiettivo o la posizione di dirigente scolastico).” Mi pare che così la questione dicenti ancora più confusa. Se ci sono insegnanti a 18 ore e insegnanti a (poniamo) 40 ore dove va a finire la collegialità? E come si integrano le ore? Inoltre nella proposta della Puglisi c’è una evidente progressione di carriera dei docenti, che dovrebbe essere esplicitata in forma un po’ più organica e omogenea e non in forma così implicita.

 

Decentramento. La proposta qui è forse volutamente abbozzata. Si conoscono i problemi del PD col DDL 953 (Aprea) sulla riforma degli organi collegiali e dunque la scorciatoia è probabilmente d’obbligo. Ci sono però un paio di passaggi che vanno comunque evidenziati: “Una strada possibile è quella di svuotare il Miur e decentrare verso le Regioni: il rischio di aumentare ulteriormente i già enormi divari territoriali è però molto elevato.”. La posizione è legittima, ma anti costituzionale, in quanto il Titolo V riformato della Costituzione dice di fare proprio quello che il PD non vuole fare. “La soluzione preferibile, è quella di realizzare pienamente l’autonomia delle singole scuole in campo didattico, finanziario, amministrativo e gestionale, rafforzando al contempo la verifica dei risultati dal parte del centro. Il centro rinuncia quindi ai compiti di autorizzazione amministrativa a priori, ma mantiene il ruolo di valutatore a posteriori, oltre a fissare le indicazioni nazionali (i programmi) e le competenze richieste al termine di ogni ciclo scolastico. E’ chiaro che gli organi interni alle 8127 istituzioni scolastiche (di cui 1.500 ancora prive di dirigente scolastico) dovrebbero essere adattati alla maggiore autonomia decisionale delle scuole: il dirigente scolastico non può rimanere senza un controllo efficace da parte del consiglio di istituto, in modo da garantire una verifica di qualità.” La Puglisi nel testo fa confusione palesemente in due punti:

a)    o sono “Indicazioni” o sono “Programmi”: tertium non datur;

b)    il dirigente scolastico deve essere valutato per legge (d.lgs 165/2001, d.lgs 150/2009) e pertanto il “controllo efficace” del Consiglio d’istituto si dovrebbe applicare su un soggetto già controllato dallo stato, che gli fornisce gli obiettivi contrattuali da raggiungere: come fa un dirigente ad avere due controllori non necessariamente in armonia tra loro?

 

Catastrofe scuole medie. E’ interessante leggere il passaggio del documento in cui si dipinge la catastrofe che incombe sulle scuole medie:

a)     “il problema è che il passaggio da un modello di scuola accogliente come quello della scuola primaria a uno strutturato rigidamente come quello della secondaria di primo grado”,

b)    “l’eccessiva frammentazione delle materie (11-12)”,

c)     “le tecniche didattiche obsolete”,

d)    “l’età avanzata dei docenti si scontrano con un’età pre-adolescenziale (11-14 anni), che richiederebbe un’attenzione esclusiva e una didattica specializzata.”

Davanti a questa totale catastrofe con docenti vecchi e che utilizzano tecniche obsolete non credo la soluzione migliore sia immettere in quel segmento di scuola nuovo precariato. Se poi le materie sono troppe vanno tagliate. Ma questa è una nuova e pesante riforma, non un semplice passaggio programmatico.

 

Valutazione.Solo un ente terzo può indicare punti di forza e di debolezza della singola scuola in modo oggettivo”. “Un serio meccanismo di valutazione delle scuole è quindi un elemento necessario per migliorare la qualità e l’equità della scuola”. “La valutazione deve servire a far raggiungere a ciascuna scuola, il massimo del proprio potenziale, accompagnandola verso il miglioramento con listituzione di un unico Istituto Nazionale per la Valutazione e la Ricerca Educativa”. Non è chiaro se questo ente è un nuovo ente o è l’Invalsi trasformato. Anche perché nella proposta della Puglisi l’Invalsi non viene citato mai. La valutazione è fondamentale, ma tutti i tentativi di imporne una esterna alle scuole con una valenza di qualche genere incontra ostacoli insormontabili.

 

8 milioni di tablet. Anche nella proposta della Puglisi si dà per scontato che la tecnologia collegata alla didattica debba passare da una spesa statale. Non si prende cioè in  considerazione l’utilizzo di tecnologie di proprietà per svolgere attività didattica. “Dotare insegnanti (adeguatamente formati) e alunni di materiale tecnologico anche in comodato gratuito”. “La dotazione per insegnanti e alunni del materiale tecnologico anche in comodato gratuito per le attività di didattica in piccoli gruppi.” Stiamo allora parlando di circa 8 milioni di tablet che lo stato dovrebbe comprare e dare in comodato. Così studenti e docenti avrebbero due strumentazioni: una privata (che ormai hanno tutti) e una di proprietà della scuola.

Riorientare le emozioni

Riorientare le emozioni

 di Adriana Rumbolo

 

La rabbia contro il maleducato che ci ruba il posto al  parcheggio

L’irritazione verso il partner che scorda la luce accesa

L’invidia per il collega che ha avuto una promozione

Quante sono , ogni giorno, le  emozioni  negative , grandi e piccole , che evitiamo di esprimere, preferendo “mandar giù”?

Tenere a freno i sentimenti ci fa più male o più bene?

A  queste domande, che affascinano da tempo psicologi e psicoanalisti. ora tentano di rispondere anche i  neuroscienziati  che andando a caccia delle radici  biologiche delle emozioni hanno finito per interessarsi anche di come le controlliamo

Se  ne è occupato, ad esempio, Iris  Mauss, il cui campo di ricerca sono i meccanismi di controllo della rabbia

Dominare le emozioni è una capacità umana e si è evoluta perché  nel corso dei millenni abbiamo imparato che le reazioni incontrollate possono essere molto pericolose per noi stessi e per la società

Secondo vari studiosi però , mantenersi lucidi ha un costo

Per elencare solo alcuni dei risultati più recenti, , è stato rilevato che chi reprime i propri impulsi emotivi  sembra legato a maggior pessimismo e tendenza alla depressione e a una minore capacità di stringere amicizie

Ci sono poi effetti di tipo fisiologico

Esperimenti della Stanford  University  hanno dimostrato che di fronte alla visione di immagini repellenti, nei soggetti a cui è stato chiesto di mantenere il volto impassibile si era scatenata una violenta reazione di stress.

E un altro studio,  indagando su persone colpite da infarto, avrebbe individuato un rischio di morte cinque volte più alto nei soggetti con una propensione alle emozioni negative e alla  loro repressione.

Meglio allora farsi travolgere?

Non è detto.

Il rapporto  causa-effetto tra salute e controllo emotivo è  tutt’altro che pacifico.

La differenza è nel modo in cui avviene il controllo

L’emozione non va  repressa, ma “riorientata”, sviluppando l’arte del distacco, la capacità di concentrarsi sugli aspetti positivi delle situazioni e di immedesimarsi nei panni altrui, scambiando mentalmente ruolo con chi ha scatenato in noi la rabbia

Utilissima la meditazione: l’elettroencefalogramma di monaci  tibetani  ha rivelato una forte attività delle onde cerebrali gamma nelle aree del cervello coinvolte nel controllo emotivo

Sarà ancora meglio  poi, essere cresciuti in una cultura anche scolastica che insegna, fin da piccoli, per  essere padroni delle nostre  emozioni   ad interporre una tappa valutativa, non automatica fra oggetti causativi e risposte emozionali.

 

Piemonte, la giunta regionale vuole imporre ai lavoratori delle scuola controlli anti alcol

Piemonte, la giunta regionale vuole imporre ai lavoratori delle scuola controlli anti alcol.
CUB Scuola sospetta che in giunta regionale abbiano bevuto qualche bicchiere di troppo.

La Delibera della Regione Piemonte 21- 4814 se non fosse gravissima potrebbe indurre ad un sorriso.

Per un verso si equiparano i lavoratori della scuola agli artificieri ed alle guardie giurate e si pretende di sottoporli in massa ad un controllo inaccettabile ed indecoroso, per l’altro si pone a carico delle scuole già in gravissime difficoltà economiche una spesa rilevantissima che comporterebbe un ulteriore taglio delle risorse necessarie a garantire almeno un minimo diritto allo studio.

Ogni anno, visto che il controllo a tappeto dovrebbe svolgersi in tre anni, gli istituti scolastici dovrebbero esborsare diverse migliaia di euro per pagare i controlli e, ciliegina sulla torta, un lavoratore che volesse contestare il verdetto del medico competente dovrebbe farlo a spese proprie.

Fra l’altro si tratta di una misura tanto invasiva quanto sostanzialmente inutile visto che già ora, ovviamente, un lavoratore che manifesta sintomi di alcolismo viene sottoposto a visita di controllo.

Questo mentre non si investono risorse per contrastare malattie effettivamente esistenti, per mettere in sicurezza le scuole, per le mense e per la qualità della vita scolastica.

Vi è del metodo in questa follia? A nostro avviso si. Ancora una volta si cerca di umiliare i lavoratori della scuola, di gettare il discredito sulla categoria, di presentarsi come fautori della legge e dell’ordine.

Contro questa ennesimo attacco alla libertà dei lavoratori e dei cittadini ed alla scuola pubblica la CUB Scuola Università Ricerca agirà sia attraverso la mobilitazione diretta delle colleghe e dei colleghi che nelle sedi legali.

Per la CUB Scuola Università e Ricerca

Cosimo Scarinzi

PRECARI: IN GIUDIZIO ALLA CORTE EUROPEA IN DIFESA DEI DOCENTI

PRECARI, FGU IN GIUDIZIO ALLA CORTE EUROPEA IN DIFESA DEI DOCENTI

Importante risultato della Federazione Gilda Unams sul fronte della stabilizzazione dei precari. Esaminando il caso di una docente in merito alla violazione della normativa europea sull’abuso dei contratti a tempo determinato, il giudice del Lavoro di Napoli ha sospeso il giudizio, rinviando la questione alla Corte di Giustizia Europea e ponendo la prima questione di pregiudizialità comunitaria riguardante i docenti della scuola pubblica italiana. Inoltre la Fgu, che ha già vinto numerose cause di risarcimento riguardanti la stabilizzazione dei precari con oltre tre anni di servizio, è stata legittimata a stare in giudizio davanti alla Corte di Strasburgo a difesa degli insegnanti precari.

“Con questa importante ordinanza – commenta il coordinatore nazionale della Fgu, Rino Di Meglio – il giudice ha posto il problema delle continue contraddizioni in cui sono cadute finora le decisioni assunte dalla Corte di Cassazione in questo ambito, sottolineando anche la questione della retroattività dei provvedimenti adottati dal Parlamento italiano e l’incoerenza con quanto previsto dalla normativa europea”.

Eurispes, solo il 10% dei ragazzi usa Internet in classe

da lastampa.it

Eurispes, solo il 10% dei ragazzi usa Internet in classe

Nonostate la ormai diffusissima presenza di laboratori informatici negli istituti
roma

Quasi la metà degli adolescenti tra i 12 e i 18 anni non ha mai utilizzato nell’ultimo mese internet con gli insegnanti (46,2%), mentre solo il 10% l’ha usato quasi ogni giorno. È quanto emerge dall’Indagine conoscitiva sulla condizione dell’Infanzia e dell’Adolescenza in Italia 2012, presentata oggi a Roma da Telefono Azzurro ed Eurispes.

Percentuali simili si registrano per l’utilizzo delle Lavagne Interattive Multimediali (Lim): il 46%, si legge nello studio, non le ha mai usate nell’ultimo mese, il 17,6% dichiara di averle usate quasi ogni giorno. Il 72% del campione riferisce che i propri insegnanti non hanno mai parlato in classe, nell’ultimo mese, di temi riguardanti la sicurezza in Internet; uno su 4 (25,7%) lo ha fatto solo qualche volta.

Ancora: il 92,3% dei ragazzi afferma di non essersi mai applicato con i propri insegnanti al lavoro di preparazione di materiali da mettere sui blog/forum. Altrettanto raro risulta essere il lavoro di elaborazione di testi per un e-book: ben il 93,1% non lo ha mai svolto in classe nell’ultimo mese, il 4,5% solo qualche volta.

Nelle scuole degli adolescenti intervistati, tuttavia, vi è una diffusissima presenza di laboratori informatici (94,6%) e di un sito internet dell’istituto (94,3%). Risultano molto diffuse anche le Lim, presenti nell’81,2% dei casi e nel 79,8% delle scuole tutti i computer sono connessi alla rete.

Sono stati rilevati però aspetti meno incoraggianti: meno di un terzo dei ragazzi (30,6%) riferisce che nella sua scuola si organizzano corsi per utilizzare internet in modo consapevole. Nel 29,8% dei casi la scuola possiede un blog, nel 28,6% un giornalino scolastico, nel 21,4% un forum; la presenza dei tablet è ancora irrisoria (3,3%).

Più bravi ma con voti più bassi Il rebus degli studenti lombardi

da Corriere della sera

Più bravi ma con voti più bassi
Il rebus degli studenti lombardi

Penalizzati da insegnanti severi, tirati nei voti. Gli studenti lombardi portano a casa pagelle meno brillanti, escono dalla maturità con punteggi più bassi e devono fare salti mortali per conquistare la lode. Anche se risultano più preparati. C’è uno spread della valutazione che poi pesa quando presentano il curriculum, quando vanno ai concorsi, quando cercano lavoro, il teorema non è nuovo, la novità sono i dati. I ragazzi di Milano e dintorni brillano ai test Invalsi e nelle rilevazioni Ocse Pisa, prove standard, uguali per tutti, ma quando le valutazioni sono soggettive, scrutini ed esami di maturità, la partita la stravincono i colleghi del Sud a partire dai calabresi, che però restano indietro nei test nazionali.
Il dibattito sulla valutazione è ripartito ieri da Milano, alla presentazione del «Rapporto sulla qualità della scuola in Lombardia» confezionato da Tuttoscuola, con il direttore dell’Ufficio scolastico regionale che si è impegnato a intervenire. «Non posso chiedere agli insegnanti di essere meno severi, sono giustamente seri. Ma i nostri ragazzi risultano penalizzati. Il problema della valutazione c’è — ha detto il provveditore Francesco De Sanctis —. Anche le università non si fidano dei voti degli altri e utilizzano i loro test». Uno dei dati che scalda gli animi: i cento e lode alla maturità, traguardo raggiunto dallo 0,45% dei lombardi, e dall’1,4 dei calabresi.
Reazioni. «I conti non tornano. Invalsi alla maturità subito», ha rilanciato secca l’assessore regionale Valentina Aprea. «La Lombardia avrebbe tutto da guadagnare con la trasformazione della terza prova in prova nazionale, la valutazione sarebbe più omogenea», ha sostenuto anche Giovanni Vinciguerra, direttore di Tuttoscuola. «Poi nei concorsi per titoli lo svantaggio si paga. Qualcuno può far più fatica di altri a trovare lavoro».
Lo storico mensile del settore, che ha già consegnato due rapporti nazionali — 2007 e 2011 — in questa indagine sulla Lombardia per la prima volta ha valutato le scuole comune per comune (per le paritarie non tutti i dati erano disponibili). Le migliori? Sono a Cassano Magnago, città natale del leghista Umberto Bossi, provincia di Varese. Le peggiori a Como. Che cosa è stato pesato? Molto. Per esempio: patrimonio delle scuole, spese per l’istruzione degli enti locali, dotazione di pc e laboratori, tempo pieno, numero di alunni per classe, servizi mensa e trasporto, numero dei precari, profilo degli insegnanti, dispersione scolastica, livelli di apprendimento e risultati di scrutini e diplomi.
Un centinaio gli indicatori, 35 mila i dati incrociati, pescati negli archivi di Miur, Istat, Ragioneria dello Stato. Per arrivare a una valutazione su: strutture e risorse, organizzazione e servizi, personale, risultati. E per concludere: la Lombardia è sempre sopra la media nazionale, era al secondo e terzo posto e resta ancora in alto.
L’indagine è stata pensata per rispondere alla domanda «dove la scuola funziona meglio». Adesso la mappa c’è. E ci sono spunti da salvare. In ordine sparso: gli istituti migliori sono nei comuni più piccoli; le scuole più ricche sono i tecnici e i professionali; gli insegnanti sono più giovani che altrove ma si considera «moderatamente giovane» chi è sotto i 45 anni (!) e in cattedra ci sono meno uomini; diminuiscono i trasferimenti, aumenta l’assenteismo. Poi le «classi pollaio», dolente nota. «Alle superiori anche in 33, troppi. Ma c’è stato un problema di distribuzione delle risorse, Milano è stata penalizzata», ha detto ieri De Sanctis, in carica da due mesi. E poi c’è il tema della valutazione. «Sacrosanta la serietà nei giudizi. Ma agli studenti lombardi si chiede di più».
Federica Cavadini

In Italia l’istruzione conta al 2% e alla politica non interessa

da Tecnica della Scuola

In Italia l’istruzione conta al 2% e alla politica non interessa
di Pasquale Almirante
Nel corso di una ricerca è stato chiesto ai cittadini europei quali fossero i due problemi più importanti per la loro Nazione; in Italia si scopre che solo il 2%, all’ultimo posto per importanza, ritiene che l’istruzione sia un problema prioritario, mentre in Germania è sentito dal 21% della popolazione: al secondo posto per importanza
Per il prof Antonio Cocozza, dell’università Roma Tre, i “risultati del ‘Rapporto sulla sicurezza in Italia e in Europa’ diffusi alla stampa in questi giorni, mettono in evidenza un fenomeno molto preoccupante per le politiche educative e per il ruolo dell’istruzione nel nostro Paese.”
La ricerca è stata diretta da Ilvo Diamanti, sulla base di una serie di domande poste ai cittadini europei tendenti ad individuare i due problemi più importanti che il loro Paese deve affrontare. L’obiettivo è anche quello di elaborare una possibile “Agenda dei cittadini in Italia e in Europa”, anche in funzione della campagna elettorale in corso nel nostro Paese, all’interno della quale però, come è facile individuare nei lunghi e tortuosi dibattiti televisivi, le questioni legati all’istruzione e alla scuola sono assolutamente marginali o addirittura ignorati.
In questa Agenda politica ideale, dice il prof Cocozza, “in generale, l’economia si conferma in testa alla lista delle emergenze indicate dalla maggioranza dei cittadini italiani ed europei. Il dato che più colpisce riguarda il fatto che in Italia i primi tre posti sono occupati da fenomeni di carattere economico: la disoccupazione (49%), la situazione economica generale (42%) e la crescita dell’inflazione (28%).”
Se però “confrontiamo questi dati con quelli della Germania, si scopre che la preoccupazione per la disoccupazione (17%) si colloca solo al terzo posto, mentre al primo posto (30%) troviamo l’attenzione per la crescita dell’inflazione e al secondo posto (21%) l’adeguamento dell’istruzione.”
“Dal punto di vista strutturale la differenza con i dati della situazione italiana è notevole, ma quello che più inquieta è che la distanza culturale è abissale, poiché solo il 2% dei cittadini italiani (ultima priorità indicata, insieme al pericolo del terrorismo, tra quelle previste) ritiene che l’istruzione sia un problema importante da affrontare.”
In altre parole, dall’esame di questi dati, risulta una differenza abissale fra le emergenze individuate dai tedeschi per migliorare la loro nazione e quelle messe al primo punto dagli italiani per i quali l’istruzione sarebbe assolutamente marginale, all’ultimo posto, per consentire al paese di migliorarsi e crescere, ma che per i tedeschi sale addirittura in posizione centrale, al secondo posto fra le priorità.
E Cocozza aggiunge: “Per superare definitivamente la crisi, i cittadini tedeschi ritengono che sia necessario ripensare al peso e al ruolo dell’istruzione.”
Assolutamente condivisibile dunque la sua considerazione: “Un dato negativamente significativo che dovrebbe far riflettere i partiti e le forze politiche che sono impegnati nella campagna elettorale e spingerli ad assumere impegni tesi a mettere davvero al centro delle politiche per lo sviluppo sociale, economico e civile del Paese il rilancio del ruolo della scuola autonoma, responsabile e aperta al dialogo, dell’università e della ricerca, attraverso lo stanziamento di adeguate risorse e cospicui investimenti per migliorare i risultati complessivi.”
“Si tratta di una ricetta finalizzata ad uscire positivamente dalla difficile crisi globale non solo con politiche di austerity e di rigore monetario, ma attraverso investimenti volti a migliorare e a rilanciare la propria capacità competitiva, l’adeguamento della qualità delle competenze, il potenziamento della ricerca e una maggiore diffusione dell’innovazione produttiva, tecnologica ed organizzativa.”
Ora al di là del fatto che una competizione politica è anche incentrata su due differenti, ma anche di più, visioni del mondo, per cui potrebbe essere anche vero che “con la cultura non si mangia”, appare credibile suggerire a chi pensa che la cultura possa dare invece crescita e benessere, sfamando anche chi di cultura non vive, di spostare il focus dei dibattiti e gli interventi degli interlocutori politici, sempre all’inseguimento di propagandistiche Imu e tasse, anche, e forse soprattutto, sui versanti dell’istruzione e della cultura, dell’università e della scuola.
E il prof Cocozza conclude: “È necessario, dunque, che i partiti e le forze politiche italiane prestino maggiore attenzione al ruolo strutturale che svolgono la cultura e l’innovazione a favore della crescita e dello sviluppo, poiché i dati che arrivano dalla Germania dimostrano che: “non è vero che con la cultura non si mangia”.

Bisogna rompere il vincolo che lega la sorte degli inidonei alle immissioni in ruolo degli Ata

da Tecnica della Scuola

Bisogna rompere il vincolo che lega la sorte degli inidonei alle immissioni in ruolo degli Ata
di Lucio Ficara
Il Miur ha legato indissolubilmente, con una catena invisibile ma molto stringente, le sorti dei docenti inidonei all’insegnamento, per gravi patologie, alla partita delle immissioni in ruolo del personale ata
Bisogna ricordare che le cinquemila assunzioni a tempo indeterminato del personale ata, per l’anno scolastico 2012/2013, sono ancora bloccate, in vista delle decisioni applicative da prendere per il personale docente inidoneo all’insegnamento, ma idoneo a svolgere altre mansioni di carattere didattico. È opportuno ricordare che il congelamento delle immissioni in ruolo è avvenuto in ragione dell’art. 14 comma 13 della spending review, che prevede il passaggio, obtorto collo, dei docenti inidonei all’insegnamento, a ruoli di assistenti amministrativi, assistenti tecnici o ausiliari.
Quindi circa 3.500 docenti inidonei, che rappresentano il 2% di tutti i docenti italiani, dovrebbero andare ad occupare, senza averne alcuna competenza, i posti vacanti del personale ata. Nell’incontro avvenuto il 14 gennaio 2013 tra sindacati e i tecnici del Miur, è stato chiesto di rompere quel vincolo che lega la sorte dei docenti inidonei all’insegnamento, per gravi patologie, alle immissioni in ruolo del personale ata, per l’anno scolastico in corso. In sostanza si chiede al Miur di sbloccare le immissione in ruolo del personale Ata, anche per soddisfar le legittime aspettative contrattuali delle lavoratrici e lavoratori della scuola, ma soprattutto per garantire la qualità del servizio, affidando i ruoli a personale specifico, con anni di anzianità alle spalle.

Concorso a cattedra: le prove di laboratorio

da Tecnica della Scuola

Concorso a cattedra: le prove di laboratorio
di Aldo Domenico Ficara
Negli ultimi concorsi a cattedra, la prova di laboratorio veniva programmata in un giorno distinto da quello riservato alla prova scritta; in questo concorso invece ciò non è specificato
L’avviso del Ministero del Ministero del 10 gennaio fa preciso riferimento alla prova di Laboratorio, che sarà successiva a quella scritta, per le classi di concorso A020, A033, A034, A038, A049, A059, A060 e C430, ma non specifica se si svolgerà nella stessa giornata o in data diversa (non presente nel calendario).
Nell’avviso del Miur si dice testualmente che la prova scritta relativa all’insegnamento di discipline scientifiche e tecnico-pratiche (A020, A033, A034, A038, A049, A059, A060 e C430), che prevede anche l’espletamento di una ulteriore prova successiva di laboratorio, nonché le prove scritte relative all’insegnamento di discipline artistiche (ambito 01: classi A025/A028), che prevede anche l’espletamento di una ulteriore prova pratica successiva, avranno la durata di 2 ore e si articoleranno in tre quesiti a risposta aperta.
Si ricorda che negli ultimi concorsi a cattedra, quelli svolti negli anni novanta, la prova di laboratorio veniva programmata in un giorno distinto da quello riservato alla prova scritta.
Infatti, la prova di laboratorio nelle materie tecnico scientifiche ha un valore selettivo pari se non superiore a quello della prova scritta, e pertanto sarebbe auspicabile, per motivi strettamente valutativi, non proporre le due prove nello stesso giorno