Scuola, iscrizioni al via da domani Da quest’anno saranno solo online

da lastampa.it

Scuola, iscrizioni al via da domani
Da quest’anno saranno solo online

È obbligatorio fare la domanda su Internet. Si temono disagi.
La scadenza è il 28 febbraio
roma

Al via da domani le iscrizioni per il prossimo anno scolastico. Ma da quest’anno c’è una novità: dovranno essere effettuate esclusivamente on line per tutte le classi iniziali dei corsi di studio (a eccezione della scuola per l’infanzia). Una modalità già prevista, ma in forma facoltativa, già dallo scorso anno quando la domanda andava in ogni caso perfezionata direttamente nella segreteria dell’istituto prescelto. Da quest’anno, invece, diventata obbligatoria per le scuole statali (per le private l’obbligo non c’è) con il decreto legge per la razionalizzazione della spesa pubblica (spending review). Ecco qui come fare.

Il ministero, per andare incontro alle famiglie, ha previsto che le scuole, sia quelle destinatarie delle domande sia quelle di provenienza, offrano un servizio di assistenza a coloro che non possiedono, a casa propria, un collegamento internet o che hanno poca dimestichezza con la tecnologia. Un aiuto anche da spot Rai e dalla sezione ad hoc sul portale del ministero. Il termine di scadenza per le iscrizioni è stato fissato al 28 febbraio. Resta confermato che può essere presentata una sola domanda. In previsione di richieste di iscrizione in eccedenza, la scuola procede preliminarmente alla definizione dei criteri di precedenza nella ammissione con una delibera del Consiglio di istituto. A questo proposito viale Trastevere sottolinea che l’eventuale adozione del criterio dell’estrazione a sorte rappresenta, ovviamente, l’estrema «ratio». Nulla è mutato per quanto riguarda la scelta dell’insegnamento della religione cattolica e delle attività alternative.

I singoli istituti curano la redazione del proprio modulo di iscrizione che è strutturato in una parte generale, uguale per tutte le scuole, contenente i dati anagrafici degli alunni e del relativo nucleo familiare, e in una parte che le scuole possono personalizzare con la richiesta di informazioni specifiche, attinte da un ampio elenco di voci predefinite o aggiunte dalla scuola. Dopo averlo predisposto, il modello della domanda sarà reso disponibile alle famiglie attraverso l’applicazione internet «Iscrizioni on line» a cui si può accedere dal sito web del ministero. Le famiglie per poter effettuare l’iscrizione on line devono individuare la scuola che interessa, compilare la domanda in tutte le sue parti, registrarla e inviarla alla scuola di destinazione attraverso il sistema «Iscrizioni on line», raggiungibile dal sito del ministero o, preferibilmente, dall’indirizzo web www.iscrizioni.istruzione.it in modo diretto. Il sistema «Iscrizioni on line» si farà carico di avvisare le famiglie, via posta elettronica, in tempo reale dell’avvenuta registrazione o delle variazioni di stato della domanda. La famiglia, inoltre, attraverso una funzione web potrà in ogni momento seguire l’iter della domanda inoltrata. In caso di genitori separati o divorziati, se l’affidamento non è congiunto, la domanda d’iscrizione presentata on line deve essere perfezionata presso la scuola entro l’avvio del nuovo anno scolastico.

Programma per la XVII legislatura

Confedir presenta il suo programma per la XVII legislatura a partiti e movimenti politici.

Roma, 28 gennaio 2013, Camera dei Deupatati, Palazzo Marini, Sala delle Colonne, Via Poli 19, ore 9.30. Visti i pochi posti a disposizione, i soci Anief possono chiedere di partecipare inviando una mail a segreteria@anief.net indicando cognome, nome, estremi del documento d’identità entro martedì 22 gennaio, ore 18.30, indicando nell’oggetto Richiesta partecipazione Manifestazione Confedir.

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Dematerializzati

Dematerializzati

 di Claudia Fanti

“Dematerializzazione” altra parola “nuova” da aggiungere al nostro straripante dizionario di amenità pseudo moderne: ciò non porta niente di buono alla scuola che vorremmo. No no! Mi sono pure stancata di dire che le tecnologie non hanno colpa, ma gli esseri umani adulti le sfruttano eccome … sì, eccome! Tecnologie e mode  sfruttate alla stregua delle immagini dei nudi femminili o alla stregua di quei gadget che vengono distribuiti nelle fiere, e che piacciono tanto agli adulti giocherelloni che poi ne fanno collezione…

Dematerializzazione, nativi digitali, education 2.0, smart school, smart city, twittare, digital divide, eBook, iPod, tablet, Lim, cliccare, googlare, taggare…Smile!

Io ormai sorrido soltanto ai bambini e alle bambine o ai poveri idioti come me, i quali continuano a chiedersi:

“E adesso?”

Allora, vediamo cosa abbiamo di concreto e materiale:

-iscrizioni on line per famiglie preoccupate di commettere errori e di non venire considerate nelle loro diverse e molteplici differenze di situazioni lavorative e anche affettive. Ho visto uno per uno gli sguardi di un centinaio di genitori dinanzi all’annuncio di tale novità. Ebbene, alcuni erano proprio disarmati e disarmanti: occhi attenti, seri, preoccupati; ho sentito le parole di persone che si vergognano di non avere il pc  e internet per iscrivere i figli e ci hanno chiesto con un sussurro come fare a non disturbare la segreteria…come si fa a chiedere ai cittadini di avere ciò che non hanno? Non mi si dica che le segreterie sono a disposizione, perché ciò è una ovvietà. Non è ovvio per nulla invece che le persone debbano sentirsi in imbarazzo per un diritto negato alla privacy delle proprie condizioni!

Ma continuiamo col pedante elenco. Pedante, tuttavia, quanto le pretese continue e  senza scrupolo di chi ci amministra:

-precariato storico

-insegnanti che diventeranno sempre più anziani (grazie alla recente riforma sulle pensioni)

-sostegno insufficiente

-aumento di alunni per classe

-anticipatari

-compresenze quasi inesistenti

-orari compressi

-edifici simili a vecchi ospedali o ospizi

-refettori insufficienti male insonorizzati o totalmente privi di insonorizzazione

-pasti esigui (grazie alla crisi economica)

-tovagliolini, posate, bicchieri portati da casa

-aule contenitore con alunni stipati con meno di un metro quadro a testa

-tempo cosiddetto normale (maestro unico o quasi unico, con insegnanti in organico tappa buchi per soddisfare le esigenze di tempi oltre le 22 ore del maestro unico)

-voti (con descrittori a lato affinchè le famiglie possano capire qualcosina del livello di apprendimento dei figli)

-prove Invalsi

-Indicazioni con traguardi prescrittivi

-riunioni per definire i curricoli verticali per tutta la scuola a cui si appartiene (quindi addio all’esigenza di programmi nazionali) in previsione della razionalizzazione

-comprensivi via via in estensione sul territorio nazionale con centinaia di insegnanti dei diversi ordini di scuola (infanzia, primaria e secondaria di primo grado) con a capo

– un unico dirigente e una segreteria “tagliata”

-computer obsoleti (quando presenti)

-collegamenti internet, quando esistenti, inefficienti

-corsi d’inglese a tappeto per formare insegnanti che mai hanno studiato tale lingua e mai hanno frequentato la facoltà di lingue straniere

-insegnanti specializzati in lingua straniera ognuno operante su una decina di classi con ore di 50 minuti

Ecco, sicuramente ho dimenticato qualche meraviglia della scuola primaria italiana, la quale, diretta da politiche divertenti, moderniste, ridanciane, ludiche, clownesche…si sta ripiegando totalmente su se stessa, vivacchia e sopravvive perché deve…quella che dovrebbe essere una comunità educante si arrangia, si arrampica sugli specchi, nauseata da ciò che la circonda e da ciò che non riesce più a partorire.

Siamo a tal punto da credere ancor più fermamente che in passato che l’unica strada possibile per educare e istruire sia quella di difendere l’infanzia per mezzo di solide relazioni dentro la classe tra compagni, e tra maestre e classe, in un continuo dialogo, racconto, scambio di opinioni e di visioni, potenziando ogni spunto che possa dare agli alunni e alle alunne strumenti per diventare cittadini e cittadine capaci di esprimersi e di sostenere le proprie posizioni. Più volte ho scritto che la narrazione nostra e quella dei bambini li proteggerà, è il “la” da cui partire per ascoltarsi reciprocamente, curarsi le ferite e condividere le gioie.

Più che mai in questo momento sono da potenziare la lingua orale e la lettura, più che mai occorre condurre i bambini a un uso consapevole della lingua affinché riescano a uscire da se stessi e dalle loro gabbie emozionali. Più che mai ogni disciplina di studio deve essere affrontata con una precisa attenzione alla lingua e alla sua specificità, materia per materia, e per far questo, più che mai dobbiamo sfruttare la potenza delle parole, dei nessi, dei connettivi, della sintassi. Oggi più di prima, corpo, movimento, pensiero, gioco, musica, disegno, pittura, scienze, matematica, storia…devono richiamarci all’uso della parola che dà voce, all’uso del libro, della filosofia, della fiaba, del racconto, delle illustrazioni, della rappresentazione simbolica, della poesia…E più di prima, proprio mentre vorrebbero che ritornassimo uniche, dovremmo fare in modo che le discipline interagiscano come dovremmo farlo noi, ognuna con il proprio bagaglio di esperienze culturali. E quando qualcuno ci fornirà concreti mezzi e risorse tecnologiche dovrà fidarsi di noi che studieremo ogni strategia per far sì che  i piccoli se ne impadroniscano con distacco e consapevolezza senza diventare schiavi degli schermi e delle luminescenze-suggestioni di essi.

La dematerializzazione pretesa dalle ultime trovate per risparmiare denaro, rischia di dematerializzarci tutti, di annullare quelle pratiche, faticose ma utilissime, di scambio interpersonale fra le segreterie, la dirigenza e le famiglie.

Tutto è ormai virtuale, dalla politica nazionale a quella locale. Gli annunci di risoluzioni epocali, la politica delle belle parole sull’utilità della buona formazione, il long lifelearning, la lotta che si dovrebbe fare agli abbandoni e alla dispersione sono appunto annunci e belle parole.  La politica  vorrebbe forse dematerializzare per non doversi più occupare di quisquilie come i bambini, le maestre, le loro scuole sgarrupate? La scuola sempre più femminilizzata è forse vittima pure essa del femminicidio?

 

Concorso a cattedra, verifica di inglese alla primaria: sarà di carattere pratico

da Tecnica della Scuola

Concorso a cattedra, verifica di inglese alla primaria: sarà di carattere pratico
di A.G.
La traccia che verrà proposta il prossimo 12 febbraio dovrebbe contenere una situazione o un’azione in inglese. E chiederà di rispondere, argomentare, commentare nella stessa lingua. Non è sicuro però che l’inglese sia presente in uno solo uno dei quattro quesiti. Di certo, lo spazio massimo concesso sarà sempre di una pagina. E non si farà riferimento a letteratura e civiltà linguistica.
Altri consigli utili sulle prove scritte del concorso a cattedra, per tutte le classi di concorso, sono consultabili all’interno del numero 10 de La Tecnica della Scuola, acquistabile on line a partire da lunedì 21 gennaio. La rivista contiene anche importanti novità sulle nuove classi di concorso (la loro approvazione è questione di giorni, ma per alcuni anni varranno solo per Tfa e concorsi) e sui tirocini abilitanti riservati (per accedervi serviranno tre supplenze da almeno 180 giorni l’anno). E tanto altro ancora…
La verifica scritta per i docenti della primaria sulla conoscenza della lingua inglese in cosa consiste? E’ quello che si chiedono tantissimi candidati del concorso a cattedra, soprattutto da quando sono state rese pubbliche l’esito delle prove preselettive e le indicazioni per lo svolgimento delle prove scritte. Secondo quanto recepito da La Tecnica della Scuola sull’argomento, trattandosi di un concorso pubblico, non è possibile inquadrare il tipo di quesito che verrà posto il prossimo 12 febbraio ai candidati all’insegnamento nell’ex scuola elementare italiana.
Però si possono fornire delle indicazioni sicuramente utili. La prima è che non esiste un programma di studio, nemmeno di massima o di riferimento, su cui prepararsi o esercitarsi. Tuttavia, avendo il ministero dell’Istruzione indicato la verifica della conoscenza del “livello B2 del Quadro comune europeo di riferimento per le lingue straniere”, ai candidati verrà chiesto di dimostrare di conoscere e interpretare la lingua inglese attraverso una modalità di carattere pratico: riguarderà, infatti, argomenti ben definiti, di tipo semi-strutturato.
Potrebbe, ad esempio, essere descritta una situazione o un’azione in inglese. E chiesto al candidato di rispondere, argomentare, commentare sempre in inglese. Il contenuto del quesito potrebbe riguardare situazioni comuni. Ma non sono da escludre gli ambiti più vicini alle conoscenze dei docenti della scuola primaria.
Le domande poste, quindi, non avranno nulla a che vedere con la letteratura e la civiltà linguistica.
Per quanto riguarda il numero di quesiti dedicati alla lingua inglese, è fortemente probabile che riguardi solo uno dei quattro quesiti. Ma il Comitato tecnico scientifico che si sta occupando di definire le domande potrebbe anche decidere di inserire la presenza dell’inglese in più di un quesito.
Di sicuro, invece, anche la risposta sul quesito che riguarda la lingua dovrà essere contenuta in una pagina.
Tutti i consigli utili sulle prove scritte del concorso a cattedra, non solo riguardanti la primaria, sono consultabili all’interno del numero 10 de La Tecnica della Scuola, acquistabile anche on line a partire da lunedì 21 gennaio. Il numero 10 contiene anche importanti novità e interviste sull’iter di approvazione dei Tfa speciali (per accedervi serviranno tre supplenze da almeno 180 giorni l’anno) e delle nuove classi di concorso (la loro approvazione è questione di giorni, ma per alcuni anni varranno solo per Tfa e concorsi). E tante altre notizie utili a tutti coloro che operano nella scuola italiana o che vogliono conoscerla più da vicino.

N. Berberova, Roquenval

La Russia per amore

di Antonio Stanca

berberovaLa prima edizione in lingua russa risale al 1936, la prima in lingua italiana al 1992 e tempo fa è stata ristampata per la serie settimanale “I Libri della Domenica” promossa da “Il Sole 24 ORE”. Era il racconto Roquenval della scrittrice Nina Berberova nata a Pietroburgo nel 1901 e morta a Filadelfia, in Pennsylvania, nel 1993 a causa delle complicazioni seguite ad una caduta.

La Berberova iniziò a scrivere poesie quando aveva sedici anni, una volta matura sarà autrice di romanzi, racconti, saggi e libri di memorie. Fino a ventunanni vivrà tra Pietroburgo e Mosca, compirà gli studi superiori nella città natale e per un certo periodo frequenterà la Facoltà di Lettere nell’Università della capitale. Intanto si farà notare negli ambienti culturali del momento e qui conoscerà il poeta Chodasevič che poi sposerà. Nel 1922, dopo vari spostamenti, i due lasceranno la Russia per Berlino, saranno in seguito a Praga, Venezia, Roma, Parigi ed infine a Sorrento dove rimarranno fino al 1925. Qui avverrà la fase più importante della formazione della Berberova poiché starà a contatto con Maksim Gor’kij e con gli intellettuali russi che frequentavano la sua villa. Sarà soprattutto Gor’kij ad influenzarla, sarà lo spirito sempre creativo del noto autore russo a suscitare nella giovane Berberova l’interesse, la passione per la produzione letteraria. Questa si manifesterà in lei e continuerà con una frequenza sempre crescente quando marito e moglie si trasferiranno a Parigi e vi rimarranno dal 1925 al 1938. Qui la Berberova continuerà la sua collaborazione, già iniziata in altri posti, con riviste dell’emigrazione russa. Su queste oltre ai saggi compariranno i primi racconti. Produrrà pure i primi romanzi ma minore è il successo di questi rispetto ai racconti.

Nel 1938 la scrittrice, che ha lasciato Chodasevič nel 1933, trasloca col secondo marito nella periferia di Parigi e qui continua a scrivere aggiungendo ai generi di prima anche quello memorialistico. Nel 1950 la Berberova, che nel 1947 si è separata di nuovo, si reca negli Stati Uniti e dopo un certo periodo di disagio ottiene d’insegnare nell’Università di Yale e poi in quella di Princeton. Scrive altri romanzi tra i quali il più noto, Il corsivo è mio, del 1969.

Dovrà, tuttavia, giungere il 1985 perché abbia pieno successo, diventi famosa. Sarà l’editore francese Hubert Nyssen della casa editrice Actes Sud a promuovere, far conoscere le sue opere. E non solo in francese saranno tradotte da quel momento ma anche in molte altre lingue. Quando, nel 1993, la Berberova morirà a Filadelfia  si dirà di lei come di una scrittrice tra le più importanti della letteratura sovietica anche perchè, nonostante fosse vissuta lontano dalla Russia, gli ambienti, i personaggi di tante narrazioni erano sempre risultati collegati col suo paese d’origine, le vicende da esse contenute avevano sempre richiamato altre successe in Russia.

L’attrazione, la nostalgia, l’amore per la sua terra non finiranno mai nella Berberova e pure nel racconto Roquenval si ha l’impressione di riscoprire parte della sua vita. In esso il ragazzo Boris e la sua famiglia, i genitori ed una sorella, dopo quattro anni di peregrinazioni in Russia e due in Europa, nel 1926 si stabiliscono in Francia. Lui ha quattordici anni, il padre muore, la sorella si sposa e Boris rimane solo con la madre. Compie gli studi superiori e tra i compagni si lega a Jean-Paul, giovane rampollo di un’antica, aristocratica famiglia francese.

Dopo la maturità Jean-Paul invita Boris a trascorrere insieme le vacanze nel castello della nonna contessa a Roquenval. Boris sogna di diventare uno scrittore e sogna pure di rivedere quella Russia che ha lasciato da bambino e della quale gli sono rimaste nella memoria solo vaghe immagini, alcune legate ai libri di scrittori russi letti durante l’infanzia. Una volta giunto al castello crederà che quelle immagini prendano corpo nella maestosa architettura dell’edificio, nelle immense sale che lo costituiscono, nei viali d’alberi, nei boschi, nei ruscelli che lo circondano, crederà di vivere i tempi, i luoghi della patria vista o letta prima di abbandonarla e nella quale sa di non poter più tornare. L’incanto che vive aumenta quando viene a contatto con persone quali la nonna di Jean-Paul, la contessa, che è russa e che con Boris si ferma a parlare. Sta vivendo ora quanto non gli sarebbe stato mai possibile. Ma presto dovrà pure sapere che quello era un mondo in difficoltà, che la crisi incombeva su quelle persone e sulle loro cose poiché cambiati, finiti erano i tempi della ricca aristocrazia terriera. Questa, in Francia e ovunque, non aveva più i mezzi per sostenersi, era destinata a scomparire, a lasciare il posto all’emergente borghesia. Anche nella famiglia di Jean-Paul si avvertivano i segni di tale declino, anche in essa c’erano casi difficili, un fratello del padre, una figlia della  zia erano da tempo fuggiti da casa per cercare fortuna. Ma pure chi era rimasto, specie i più giovani come Jean-Paul, era preoccupato della situazione e del proprio futuro. Dall’ambiente, dagli incontri, dagli scambi che avvengono nel castello ci si accorge che sta per finire l’altezza di quel mondo, delle sue regole, dei suoi principi, che un altro sta succedendo e tale momento di passaggio coglie la Berberova tramite il suo Boris. Tramite il ragazzo esprime, la scrittrice, l’affetto, l’amore per quel che rimane e che la riporta alla sua vecchia Russia ma anche il rammarico, il dolore per quanto scompare. Due sono  i motivi che percorrono la narrazione, la scoperta e la perdita, e se il primo avvicina il racconto a tante altre opere della scrittrice il secondo lo distingue da esse e lo rende unico nella sua vasta produzione.