Osservatorio per l’edilizia scolastica

Si è riunito, nella mattina del 24 marzo, in videoconferenza, l’Osservatorio per l’edilizia scolastica, aperto dall’intervento del Ministro dell’Istruzione, Professor Patrizio Bianchi.

“Il tema della sicurezza nelle scuole è fondamentale, è la misura della nostra civiltà. Parlare di edilizia scolastica significa parlare di benessere del personale, delle studentesse e degli studenti, ma anche di luoghi dell’apprendimento, che dobbiamo ripensare”, ha sottolineato il Ministro, ricordando che, dall’insediamento del governo, sono stati già messi a disposizione 1 miliardo e 125 milioni per la messa in sicurezza delle scuole di secondo grado. “Insieme al Ministero della Famiglia e al Ministero dell’Interno abbiamo stanziato, poi, la prima tranche di 700 milioni di euro da assegnare ai Comuni per la ristrutturazione, la riqualificazione, la riconversione e la costruzione di edifici per asili nido e scuole dell’infanzia. È proprio da qui che dobbiamo ricominciare: dobbiamo costruire spazi adeguati, la scuola aperta, inclusiva e affettuosa per la quale stiamo lavorando. La messa in sicurezza del sistema scolastico è il nostro primo mandato. I nostri bambini, i nostri ragazzi devono essere sicuri a scuola, devono trovare ambienti non solo ospitali, ma dove costruire i loro affetti e il rapporto con il territorio”.

La riunione dell’Osservatorio di oggi è stata anche l’occasione per presentare lo stato di attuazione delle diverse linee di finanziamento e le novità relative all’Anagrafe nazionale dell’edilizia scolastica. È stato infatti completato lo sviluppo di applicazioni web che consentono al Ministero dell’Istruzione di acquisire i dati degli edifici scolastici in tempo reale e di avere informazioni più attendibili e qualitativamente migliori, non solo a fini conoscitivi del patrimonio edilizio scolastico, ma anche per una buona programmazione degli interventi. L’implementazione della nuova Anagrafe sarà accompagnata anche da webinar formativi.

All’incontro di oggi hanno partecipato: il Ministero dell’Economia e delle finanze, il Ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili, il Ministero della cultura, la Protezione civile, l’Inail, la struttura del Commissario per la ricostruzione del sisma 2016, le Regioni, Anci, Upi e le associazioni di categoria: Cittadinanzattiva, Legambiente, Fondazione Vito Scafidi, Comitato Vittime San Giuliano di Puglia, Save the Children e Anmil.

Il ritorno del termine “ritardato”

Il ritorno del termine “ritardato”: l’editoriale di Travaglio “può fare danni irreparabili”

Redattore Sociale del 24/03/2021

“Conclusioni che trarrebbe pure un bambino ritardato”: così il giornalista si riferisce alle analisi del collega Sallusti. Speziale (Anffas): “Travaglio fatica a comprendere il peso che l’uso improprio di tali frasi ha sulle vite delle persone con disabilità. Lo invito ufficialmente all’Anffas Day”. Nicoletti: “Idea del disagio mentale come condizione umana abietta è sintomo di inciviltà Pernoiautistici.

di Chiara Ludovisi 

ROMA. “Tragga dalla tardiva ma lucida analisi le conclusioni che ne trarrebbe pure un bambino ritardato”: l’esortazione, rivolta ad Alessandro Sallusti, è firmata da Marco Travaglio, nel suo editoriale di ieri sul Fatto. Nella rivendicazione di un “primato” giornalistico riguardo l’analisi della situazione lombarda, Travaglio commette un peccato linguistico che non sfugge a chi sul tema è particolarmente sensibile: “ritardato” non si dice, tanto meno si scrive, men che mai si utilizza per offendere. E non è la prima volta che Travaglio cade in un simile errore: come ricorda Anffas, l’associazione nazionale delle famiglie di persone con disabilità intellettiva o relazionale, nel settembre 2017, nel corso della trasmissione Otto e Mezzo de La7, aveva detto: “Andate pure avanti a trattarli come mongoloidi”. E le critiche non si erano fatte attendere. 
Se errare umano, perseverare lo è molto meno. Così, com’era prevedibile, puntuali arrivano le prese di posizione. “Eravamo e restiamo convinti che Travaglio non ha pregiudizi sulle persone con disabilità e che le sue modalità comunicative sono frutto di un modo diffuso di utilizzare la disabilità in termini dispregiativi – afferma Roberto Speziale, presidente nazionale Anffas – ma appare di tutta evidenza che Marco Travaglio fa fatica a comprendere il peso che l’uso improprio di tali frasi ha sulle vite delle persone con disabilità. Decisamente non si rende conto che si rischia di vanificare con una sola frase gli sforzi che da decenni tutto il movimento delle persone con disabilità, in particolare intellettive e con disturbi del neuro-sviluppo, stanno facendo per contrastare pregiudizi, cliché e stereotipi che continuano purtroppo a circondare le persone con disabilità intellettive. Pregiudizi, cliché e stereotipi che sono ancora purtroppo estremamente radicati nella nostra società, anche se non sempre vengono alla luce in modo esplicito. Ma quando, come in questo caso, questi ‘pensieri’ vengono esternati tramite parole offensive e termini dispregiativi, il danno che ne deriva rischia di essere irreparabile – continua Speziale – Noi persone con disabilità, genitori e familiari siamo sinceramente stanchi di continuare ad assistere a tanta superficialità, soprattutto quando questa proviene dal mondo dell’informazione e da suoi autorevoli esponenti e non siamo più disposti ad assistere, in silenzio, a frasi terribili che hanno accompagnato e continuano, purtroppo, ad accompagnare la vita dei cittadini con disabilità. Stereotipi che, invece, andrebbero banditi dal nostro linguaggio e sostituiti da messaggi positivi ed inclusivi”.
Questo accade, peraltro, appena pochi giorno dopo la Giornata mondiale sulla sindrome di Down del 21 marzo ed in prossimità dell’Anffas Day e della Giornata Nazionale delle Disabilità Intellettive e Disturbi del Neurosviluppo, rispettivamente il 27 e 28 marzo, e della Giornata sulla consapevolezza sull’autismo, il 2 aprile. “Giornate che ribadiscono i diritti delle persone con disabilità intellettive e disturbi del neuro-sviluppo, l’importanza di garantire pari opportunità e diritti e che celebrano il fatto che le diversità costituiscono un valore aggiunto alla nostra società, non un problema – osserva Speziale – Quindi a prescindere da questo ennesimo spiacevole episodio e nella speranza che Marco Travaglio vorrà porre immediato riparo alla sua ‘infelice’ frase gli chiediamo di darci, invece, una mano, a contrastare ogni forma di rappresentazione, in negativo, della condizione di disabilità, assumendo consapevolezza dell’importanza che ciò riveste soprattutto da parte di chi con le parole ci lavora e le cui frasi arrivano a milioni di persone. L’auspicio è di riscontrare un sincero ripensamento ma che questo sia definito, vero e sincero. È con questo auspicio che Anffas invita ufficialmente Marco Travaglio a partecipare all’evento associativo del 27 marzo – conclude Speziale – in modo che, oltre a chiarire la portata delle sue frasi, potrà rendersi conto di quello che è la realtà della disabilità e di quanto sia importante conoscere il nostro mondo e di quanta strada ci sia ancora da fare per garantire alle persone con disabilità, dignità, vita autonoma ed indipendente ed una vita di qualità in una società accogliente e pienamente inclusiva”.
Durissimo il commento di Gianluca Nicoletti, giornalista e papà di un ragazzo con autismo, che su Pernoiautistici scrive: “Che nessun limite sia posto all’invettiva, figuriamoci…Però perché ancora una volta tira in ballo la disabilità come repertorio da cui attingere quando vuole sbeffeggiare un suo avversario? Non è un lapsus, non è un termine che gli è sfuggito. Travaglio dimostra di avere un’idea ben precisa e radicata del disagio mentale come condizione umana abietta. Questo è un sintomo atavico di inciviltà su cui dovrebbe riflettere”. 

QR-Code Inps

È attivo da fine gennaio il QR-Code Inps, il servizio per le persone con disabilità

SuperAbile INAIL del 24/03/2021

Il QR-Code dell’invalidità civile è il servizio dell’Inps, attivo da due mesi, che permette di attestare lo status di invalidità direttamente dallo smartphone o dal tablet, senza bisogno del verbale sanitario. Grazie a questo strumento innovativo, le persone con disabilità possono accedere alle agevolazioni e ai benefici in modo più semplice e veloce.

ROMA. Il QR-Code è un particolare codice a matrice in grado di memorizzare informazioni leggibili e interpretabili da dispositivi mobili. Garantisce informazioni sempre attendibili in quanto è associato all’interessato, e non a uno specifico verbale, ed è sempre aggiornato a seguito di verbali definitivi di prima istanza, aggravamento, revisione, verifica straordinaria e autotutela. Per ottenere il codice basta collegarsi al servizio online “Generazione QR-Code invalidi civili per attestazione status”, sul portale dell’Istituto, accedendo con le proprie credenziali.

Il servizio genera automaticamente e in tempo reale il QR-Code, direttamente in formato pdf. Il codice può essere stampato, inviato, salvato sul computer o dispositivo mobile ed esibito quando è necessario per accedere alle agevolazioni.
I gestori dei servizi, per controllare lo stato di invalidità civile, cecità civile, sordità, disabilità o handicap, possono leggere il codice tramite un qualsiasi lettore di QR-Code. Per la concessione di alcune particolari agevolazioni, che richiedano il giudizio sanitario e il grado di invalidità civile con l’eventuale percentuale, è possibile ottenere anche un esito più approfondito. In questo caso i gestori devono inquadrare il QR-Code, autenticarsi con le proprie credenziali e inserire il codice OTP, che il sistema in automatico genererà e invierà sul numero di cellulare dell’interessato. Qui il video relativo.

Teachers in Europe

Gli insegnanti svolgono un ruolo essenziale nel processo di apprendimento di ogni studente e il loro contributo è ancor più evidente in seguito alla pandemia da Covid-19. Milioni di docenti europei si sono adattati alle chiusure delle scuole e sono in prima linea per garantire che l’apprendimento degli studenti in lockdown continui, anche se a distanza. Tuttavia, la professione docente attraversa da alcuni anni una crisi professionale, con sistemi scolastici sempre più in difficoltà nel reclutare insegnanti motivati e competenti. In tale scenario, quali sono le soluzioni sviluppate dai decisori politici nazionali ed europei per superare queste sfide? Il rapporto della rete Eurydice che esce oggi, Teachers in Europe: Careers, Development and Well-being hacome focus gli insegnanti della scuola secondaria inferiore e si inserisce in questo dibattito.

Lo studio offre evidenze per comprendere l’impatto delle politiche nazionali sui comportamenti degli insegnanti, fornendo una base di dati per l’implementazione di future riforme. Il rapporto copre i 27 gli Stati membri dell’UE, oltre a Regno Unito, Albania, Bosnia ed Erzegovina, Svizzera, Islanda, Liechtenstein, Montenegro, Macedonia del Nord, Norvegia, Serbia e Turchia.Le aree chiave dallo studio comprendono la crisi vocazionale e le politiche legate all’attrattività della professione, la formazione iniziale, lo sviluppo professionale continuo, le condizioni di servizio, le prospettive di carriera e il benessere degli insegnanti.

Attrattività della professione docente

La carenza di insegnanti è peggiorata negli ultimi anni e riguarda 35 sistemi educativi in Europa (otto di questi, tra cui anche l’Italia, soffrono sia di carenze che di eccesso di offerta). Le carenze sono più acute in materie come le STEM (scienze, tecnologia, ingegneria e matematica) e le lingue straniere.L’invecchiamento degli insegnanti interessa più della metà dei sistemi educativi. Alla luce della pandemia da Covid-19, l’età avanzata degli insegnanti aggiunge un ulteriore elemento di vulnerabilità ai sistemi educativi nel loro insieme, sia per la maggiore fragilità degli stessi, sia per la diffusa difficoltà tra gli insegnanti più anziani di gestire la didattica a distanza attraverso le nuove tecnologie. Inoltre, in alcuni paesi, tra cui l’Italia, più della metà dei docenti andrà in pensione nei prossimi 15 anni e solo il 6,4% di insegnanti ha meno di 35 anni; solola Grecia eil Portogallo fanno peggio con il 4,6% e 3,4% rispettivamente.

Condizioni di lavoro

In Europa, un insegnante su cinque lavora con contratti temporanei. Tra gli insegnanti con meno di 35 anni, più di un terzo lavora con contratti a tempo determinato, e in Italia (78%), come in Spagna, Austria e Portogallo, sono addirittura più di due terzi, con contratti brevi e spesso non superiori a un anno (quest’ultimo è il caso dell’Italia). In alcuni paesi rimane alta anche la percentuale di insegnanti nella fascia di età 35-49 che lavora con un contratto a tempo determinato (in Portogallo il 41%, in Spagna il 39% e in Italia il 32%). In Italia le discontinuità nel processo di reclutamento di docenti a tempo indeterminato, anche in seguito alle limitazioni della spesa pubblica degli anni passati, hanno spinto le scuole ad assumere insegnanti con contratti a tempo determinato (al massimo di un anno).

Sugli stipendi si registra una generale insoddisfazione tra gli insegnanti europei. Solo in Belgio, Danimarca, Paesi Bassi, Austria, Finlandia e Inghilterra, la percentuale di insegnanti soddisfatti, o molto soddisfatti, del loro stipendio è superiore al valore medio UE del 38%. In Francia, Italia, Portogallo, Romania e Slovenia, pochi insegnanti sono soddisfatti. In Italia gli insegnanti devono lavorare 35 anni prima di raggiungere lo stipendio massimo, che è circa il 50% in più dello stipendio iniziale. In Francia, Italia, Portogallo e Slovenia, inoltre, negli ultimi dieci anni gli stipendi degli insegnanti hanno avuto aumenti molto limitati.

Carriera

La carriera dei docenti in Europa è organizzata per step formali con specifici ruoli, responsabilità e relativi aumenti di stipendio, oppure concepita solo in termini di aumenti salariali, come nel caso dell’Italia.

Formazione iniziale e fase di avvio alla professione

La maggioranza dei sistemi educativi europei, compreso il sistema italiano, richiede una qualifica minima equivalente alla laurea magistrale per l’accesso alla professione, una formazione professionale e, spesso, anche un periodo di pratica in classe. La percentuale di formazione professionale, tuttavia, varia da un 50% della durata totale della formazione iniziale nel Belgio francese, Irlanda e Malta a un 8% in Italia e Montenegro. In base ai risultati dell’indagine internazionale TALIS 2018, in Europa, quasi il 70% di tutti gli insegnanti riferisce di essere stato formato in tutti e tre i principali aspetti della formazione (contenuti disciplinari, pedagogia generale e relativa alla specifica disciplina e pratica in classe). La percentuale scende sotto il 60% in Spagna, Francia e Italia. Per quanto riguarda la fase di avvio alla professione per i nuovi insegnanti (per noi anno di prova), in media, in Europa, meno del 50% degli insegnanti ha preso parte a una qualche forma di programma di sostegno all’inizio della carriera. In Italia l’anno di prova è obbligatorio per la conferma in ruolo dei docenti, ma è rivolto solo agli insegnanti assunti a tempo indeterminato.

Valutazione

Nella maggioranza dei paesi europei, la valutazione dei docenti è centralizzata mentre in una minoranza di sistemi le scuole o le autorità locali hanno autonomia in materia (per esempio in Danimarca, Paesi Bassi, Finlandia, ecc..). La valutazione degli insegnanti viene effettuata più spesso nei tre paesi baltici, in diversi paesi dell’Europa dell’Est, in Inghilterra e in Svezia.  Al contrario, in diversi paesi dell’Europa del Sud e dell’Ovest, così come in Finlandia, gli insegnanti vengono valutati con minor frequenza (Belgio fiammingo, Italia, Spagna, Francia, Cipro, Austria, Paesi Bassi, Portogallo). In Italia, la valutazione degli insegnanti ha iniziato ad essere regolamentata pochi anni prima dell’ultima indagine TALIS. Infatti, nel 2015, con la Legge di riforma dell’istruzione (107/2015), è stato introdotto, per tutti gli insegnanti a tempo indeterminato, un bonus premiale basato sulla valutazione. L’attuazione di questa politica ha avuto un riflesso nella diminuzione (-33,7 punti percentuali) tra il TALIS 2013 e il TALIS 2018 della percentuale di insegnanti che lavorano in scuole dove non sono mai stati valutati. Il motivo più comune in Europa per la valutazione è quello di offrire un feedback sul loro lavoro agli insegnanti, allo scopo di migliorarsi. Fatta eccezione per l’Italia, tutti i paesi che hanno un sistema di valutazione lo prevedono come uno dei principali obiettivi del processo di valutazione.

Mobilità

Solo una minoranza di insegnanti in Europa è stato all’estero per motivi professionali. Nel 2018, solo il 40,9% degli insegnanti europei è stato “mobile” almeno una volta come studente, insegnante o entrambi. I programmi UE sono i principali finanziamenti della mobilità transnazionale dei docenti.  Solo in una minoranza di paesi, esistono programmi nazionali che finanziano la mobilità degli insegnanti all’estero per motivi di sviluppo professionale.  La mobilità transnazionale degli insegnanti in servizio è inferiore alla media europea in Belgio, Bulgaria, Croazia, Italia, Malta, Slovacchia, Inghilterra e Turchia.

Il rapporto completo è disponibile a questa pagina: https://eurydice.indire.it/pubblicazioni/teachers-in-europe-careers-development-and-well-being/

AA.VV., Racconti di Pasqua

La Pasqua degli scrittori

di Antonio Stanca

Come a Natale anche a Pasqua il quotidiano “il Giornale” ha anticipato le festività con un supplemento dal titolo Racconti di Pasqua. Tra ultimo Ottocento e primo Novecento sono compresi gli autori dei racconti, alcuni sono noti altri di meno ma tutti obbediscono ad una scelta attenta, sapiente, che permette di cogliere non solo la situazione della lingua italiana in diverse parti dell’Italia di allora ma anche il loro livello culturale, artistico. Un’opera scritta segnala un tipo di linguaggio ed una condizione umana, morale, civile, sociale. E la raccolta presentata da “il Giornale” offre la possibilità di prendere atto di tutto questo, di sapere come si scriveva, cosa si pensava, cosa si credeva nell’Italia di poco più di un secolo fa.

La raccolta inizia con alcuni racconti di Grazia Deledda e prosegue con altri di Giovanni Verga, Federico De Roberto, Gabriele D’Annunzio, Matilde Serao, Ada Negri, Giovanni Pascoli, Giosuè Carducci, Renato Fucini, Fausto Maria Martini, Guido Gozzano, Angiolo Silvio Novaro e di altri autori ancora fino a concludersi con una serie di quelle leggende che ad ogni grande ricorrenza religiosa sono generalmente associate, insieme ad essa a volte sono sorte. Sia i racconti sia le leggende si muovono intorno ai grandi eventi della morte e della resurrezione del Cristo, della Pasqua come loro ricorrenza, e di un tempo, di una stagione, la primavera, che pure è momento, è simbolo di risveglio, di rinascita e che con la Pasqua coincide. Al fenomeno religioso e a quello naturale, a Cristo che risuscita e alla natura che si libera dell’inverno, si riveste dei colori più diversi, più accesi, si riferiscono in genere i racconti, alla Pasqua come festa di entrambi.

E’ questo l’effetto che risalta dalla loro lettura, un effetto di colore, di luce, di vita, di vittoria. Un effetto che prende evidenza perché segue a situazioni drammatiche, tragiche quali la condanna, la pena, la morte di Cristo. La luce che viene dopo il buio, la vita dopo la morte è il tema che ha richiamato l’attenzione degli autori dei racconti. Si sono soffermati a cogliere un rapporto, uno scambio che è diventato eterno: come Cristo anche la natura risorgerà sempre a Pasqua, le loro storie rimarranno per sempre unite, costituiranno un unico evento e la Pasqua lo celebrerà.

Suggestiva, affascinante è l’atmosfera che si è creata intorno a questo collegamento e la letteratura non poteva rimanere lontana, ovunque ne ha scritto qualunque fosse la sua voce, il suo luogo.

Covid, tra le ipotesi del Governo mini-proroga fino all’11 aprile, allentamento su scuole infanzia e primarie

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

A quanto apprende l’Adnkronos, una delle ipotesi a cui lavora il governo – alle prese, tra le altre cose, con le misure anti-Covid che scadranno il prossimo 6 aprile – è quella di una ‘mini-proroga’ della stretta anti contagio in atto di una sola settimana, ovvero dal 6 all’11 aprile.

Parallelamente, si spingerà sull’acceleratore del piano vaccinale, per avanzare con la copertura il più possibile. Una possibile eccezione, spiegano fonti di governo all’Adnkronos, la riaperture della scuola dell’infanzia e delle primarie nelle zone rosse. Proprio ieri sul tema c’è stata una riunione a Palazzo Chigi tra il premier Mario Draghi, il ministro della Salute Roberto Speranza e i vertici del Cts.

Comunque, tra palazzo Chigi e i ministeri competenti – in primis, quello dell’Istruzione retto da Patrizio Bianchi e quello della Famiglia di Elena Bonetti – si lavora su come riprendere le lezioni in presenza fino alla quinta elementare o alla prima media. «Lavoriamo giorno e notte per poter riaprire», ha assicurato Bianchi in una videoconferenza con Anci e Upi.

I due ministri lo hanno ripetuto più volte anche al premier Mario Draghi e ai colleghi di governo, l’ultima volta nel Consiglio dei ministri di venerdì: le scuole devono essere le prime a riaprire, al più presto, in condizioni di sicurezza, «a partire dai più piccoli che devono essere i primi a poter tornare».

«L’idea che abbiamo anche con il ministro Bianchi – ha ribadito ieri Bonetti intervenendo a un convegno – è che le decisioni sulle scuole vadano commisurate allo stato reale e scientificamente provato del virus. Alla luce dei nuovi dati, si sta valutando se permettere la riapertura in zona rossa per i primissimi anni di scuola».

Questo perché con il sistema dei colori e lo scattare della zona rossa appena superata la soglia critica di 250 casi ogni 100mila abitanti – che dovrebbe rimanere anche oltre la scadenza dell’attuale decreto fissato al 6 aprile – si perderebbero ancora giorni di lezioni dal vivo, con ripercussioni su tutta la famiglia – in particolare sulle donne – nel conciliare la cura dei figli con il proprio lavoro.

L’obiettivo dunque è permettere anche in zona rossa il ritorno in classe di nidi, scuole dell’infanzia, elementari e prima media, mentre in zona arancione dovrebbero tornare nelle classi, con percentuali dal 50% al 75%, anche seconda e terza media e superiori: un’eventualità quest’ultima che potrebbe riguardare alcuni territori dove gli indici sono in miglioramento già la prossima settimana.

Questo sempre al netto della possibilità per le singole Regioni di adottare misure più restrittive, come fatto per esempio dalla Campania.

Nel frattempo, l’Associazione nazionale presidi lancia un altro allarme: «In alcuni territori non sono ancora iniziate neppure le vaccinazioni per le persone over 16 con fragilità e disabilità in situazione di gravità».

Covid, Cdc: per scuole distanza di un metro e sempre mascherina

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

Distanza di un metro e mascherina sempre indosso per i bambini delle scuole elementari. Vale anche per gli studenti di medie e superiori se la mascherina viene fatta indossare sempre e comunque nelle aule. E’ questa una delle indicazioni che arriva dai Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) americani sulle scuole, che devono «essere le ultime a chiudere e le prime a riaprire».

Nell’aggiornamento delle loro linee guida sul settore scolastico, i Cdc raccomandano una distanza di almeno 1,8 metri per gli studenti di scuole medie e superiori che vivono in aree dove il tasso di contagio è alto e non è possibile garantire il raggruppamento per coorti di classi e professori durante la giornata scolastica.

«Ciò perchè la trasmissione del virus SarsCov2 – spiegano i Cdc – ha dinamiche diverse tra gli studenti più grandi, più a rischio di esposizione e diffusione del virus, rispetto ai bambini più piccoli”. Nella strategia operativa sulle scuole, pubblicata dai Cdc per la prima volta il 12 febbraio e poi sempre aggiornata, si parla anche di tre studi pubblicati sul Morbidity and mortality weekly report (Mmwr), da cui emerge che una distanza di almeno 1 metro tra gli studenti può essere adottata con sicurezze nelle classi, laddove la mascherina sia universale e siano impiegate altre misure di prevenzione.

«Queste raccomandazioni offrono una roadmap, basata sui dati, per aiutare le scuole a riaprire in sicurezza, e rimanere aperte, garantendo lezioni in presenza», commenta Rochelle P. Walensky, direttrice dei Cdc.

E’ raccomandata la distanza di almeno 1,8 metri invece tra gli adulti e adulti e studenti nell’edificio scolastico, nelle aree comuni, come atrio e auditorium, e quelli esterni alle aule, oltre che quando non si possono indossare le mascherine, come in mensa, o durante le attività in cui aumenta l’espirazione, come canto o educazione motoria, e che dovrebbero essere comunque svolte all’aperto, o in spazi grandi e ben ventilati, quando possibile.

Garante Infanzia del Lazio: «Tamponi per tutti per rientro in classe dopo Pasqua»

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

«Le regioni, a partire dal Lazio, non devono rimanere inermi ad aspettare cambi di colore ma è necessario che individuino celermente percorsi per riportare i ragazzi sui banchi in modalità tradizionale o alternativa alla scuola classica. Si prevedano tamponi obbligatori per tutti, se approvati anche salivari, per il rientro dopo Pasqua, con screening continuo a campione da proseguire ogni settimana in tutte le scuole. Igienizzazione di tutti gli istituti prima della riapertura e durante il percorso scolastico, nonché miglioramento del trasporto pubblico», lo dice all’Adnkronos il Garante dell’Infanzia e dell’adolescenza, Jacopo Marzetti, che aggiunge: «Se tale sistema non fosse reputato sufficiente a garantire il diritto alla salute dei minori, allora in alternativa è necessario prevedere la possibilità che le scuole prospettino dei protocolli d’intesa con spazi comunali, circoli sportivi, parrocchie, laboratori in accordo con i rappresentanti dei genitori».

«Accordi che devono essere autorizzati dalla regione e dai comuni sotto il vaglio anche dell’autorità di Garanzia – precisa il Garante – Da preventivare anche copertura assicurativa statale e l’uso di personale scolastico aggiuntivo per la sicurezza dei minori, previsto anche dalle ultime disposizioni normative. Obiettivo è dare uno sfogo esterno ai ragazzi, uno ‘spazio temporale’ in cui socializzare svolgendo attività didattiche e sportive off line, senza nulla togliere ai momenti curriculari che potranno svolgersi comunque in dad».

«Ad oggi, a pochi giorni dalla auspicata riapertura dopo Pasqua – conclude Marzetti – non vedo ancora azioni e organizzazioni concrete volte a non lasciare i ragazzi soli davanti a un computer. Ciò a garanzia del loro benessere psico-fisico e di quello delle loro famiglie».

Consiglio Stato, governo mostri atti su mascherine a scuola

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

Il Consiglio di Stato conferma l’obbligo della mascherina in classe per i minori – previsto per tutti tranne che per i bambini di età inferiore ai sei anni – ma al contempo sollecita il governo a mostrare la documentazione scientifica a sostegno di tale disposizione, come già richiesto dal Tar del Lazio.

La decisione
La terza sezione ha respinto l’istanza cautelare presentata da un gruppo di genitori contro la presidenza del consiglio e il ministero della Salute: non si tratta, è spiegato nella pronuncia, «del caso – affrontato e risolto con la sospensione cautelare – di singoli scolari per i quali era stata fornita prova di affaticamento respiratorio per l’uso prolungato della mascherina», ma della «più generale questione della coerenza scientifica, ragionevolezza e proporzionalità dell’obbligo imposto senza esclusioni a partire dall’età di 6 anni».

Il Tar del Lazio aveva già ordinato l’acquisizione dei documenti a supporto della motivazione scientifica dell’obbligo. I giudici di palazzo Spada, ora sottolineano che tra i documenti «non dovrà mancare documentazione scientifica concernente l’impatto psico-fisico sugli studenti delle varie classi di età, giacché, ad esempio, la stessa Oms raccomanda trattamenti e cautele specifiche per la fascia 6-12 anni e diversi principi per gli studenti meno giovani». E «solo all’esito della valutazione di ragionevolezza, coerenza e proporzionalità, tenuto conto dei dati scientifici, sarà possibile una decisione in sede giurisdizionale».

Edilizia scolastica, 700 milioni agli enti locali per asili nido e materne

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

Sbloccati 700 milioni di euro da assegnare ai Comuni per la messa in sicurezza, la ristrutturazione, la riqualificazione, la riconversione o la costruzione di edifici per asili nido, scuole dell’infanzia e centri polifunzionali per i servizi alla famiglia. Le prevede l’avviso pubblico che è stato emanato congiuntamente oggi dal ministero dell’Istruzione e dal ministero dell’Interno, in collaborazione con il ministero dell’Economia e delle Finanze e con il dipartimento per le politiche della Famiglia, ed è destinato agli enti locali.

I finanziamenti
L’avviso consentirà di distribuire le risorse stanziate nel 2019, con la Legge di bilancio per il 2020, disponibili a decorrere dal 2021. Priorità sarà data ai progetti che riguarderanno aree svantaggiate e periferie urbane, prevedendo interventi in territori dove oggi ci sono minori opportunità per le bambine e i bambini e per le loro famiglie.

La ripartizione
I 700 milioni sono così ripartiti: 280 milioni riguarderanno gli asili nido; 175 le scuole dell’infanzia; 105 i centri polifunzionali per servizi alla famiglia, 140 milioni la riconversione di spazi delle scuole dell’infanzia attualmente inutilizzati. Il 60% delle risorse di ciascuno di questi capitoli sarà destinato alle aree periferiche e svantaggiate, per recuperare i divari esistenti.
Le candidature potranno essere presentate esclusivamente online, entro il 21 maggio 2021, sul sito del ministero dell’Istruzione, nella pagina dedicata all’edilizia scolastica.

Gli obiettivi
«Con questo provvedimento si liberano risorse per iniziare a colmare una delle carenze strutturali più significative del nostro Paese – afferma il Ministro dell’Istruzione, Professor Patrizio Bianchi -. Potenziare asili nido e servizi per l’infanzia significa non solo dare più opportunità educative alle bambine e ai bambini, riducendo le disuguaglianze sociali e territoriali, ma anche favorire concretamente l’occupazione femminile. È un investimento strategico che costituisce una componente rilevante anche nel nostro Recovery Plan», conclude.

Piano estate con il terzo settore

da ItaliaOggi

Emanuela Micucci e Marco Nobilio

Scuole aperte d’estate come ponte verso il prossimo anno scolastico grazie ai Patti di comunità. A finanziarle 150 milioni di euro per il 2021 che il decreto legge Sostegni, approvato venerdì dal Consiglio dei ministri e ieri controfirmato dal capo dello stato, aggiunge al Fondo per l’arricchimento dell’offerta formativa, facendoli operare in sinergia con le risorse europee del Pon Per La Scuola che andranno alle scuole delle aree svantaggiate (si veda ItaliaOggi di sabato scorso). Il tutto in 15 giorni. Con la possibilità per le istituzioni scolastiche di realizzare o affidare gli interventi entro la fine del 2021: in media 40 mila euro a istituzione. Prende forma nel dl Sostegni il piano estate del ministro dell’istruzione Patrizio Bianchi. «Ci sono risorse», spiega, «per accompagnare la chiusura dell’anno scolastico e la costruzione di un ponte verso il prossimo, per il recupero di competenze e socialità». Previsti dal decreto Sostegni come incremento del fondo ex lege 440/1997, i 150 milioni di euro serviranno «a supportare», si legge nel provvedimento, «le istituzioni scolastiche nella gestione della situazione emergenziale e nello sviluppo di attività volte a potenziare l’offerta formativa extracurricolare, il recupero delle competenze di base, il consolidamento delle discipline, la promozione di attività per il recupero della socialità, della proattività, della vita di gruppo» degli studenti «anche nel periodo che intercorre tra la fine delle lezioni dell’anno scolastico 2020/2021 e l’inizio di quelle dell’anno scolastico 2021/2022».

Le risorse saranno assegnate e utilizzate sulla base di criteri stabiliti in un decreto del ministro dell’istruzione, di concerto con il Mef, da adottare entro 15 giorni dall’entrata in vigore del decreto Sostegni. Le scuole dovranno candidarsi presentando un progetto. La misura opererà in sinergia con le risorse del Programma operativo nazionale «Per la Scuola» 2014-2020, quei fondi europei a cui già negli ultimi anni il ministero ha attinto per progetti simili di scuole aperte d’estate. Risorse, aggiunge Bianchi, «per permettere a giugno di organizzare l’orientamento e il recupero degli alunni. Lo faremo con i comuni, con le province, nell’ambito di quel patto di comunità, che abbiamo già predisposto l’anno scorso».

I patti di comunità, del resto, sono già molto diffusi. Al 30 giugno 2019, ad esempio, erano circa 1.000 e le regioni maggiormente interessate erano l’Emilia Romagna, seguita da Lombardia e Toscana. Mentre due regioni, il Lazio e l’Emilia Romagna, sono intervenute legiferando in materia. Anche grazie ai 150 milioni di euro aggiuntivi che arriveranno dal dl Sostegni, quindi, le scuole potranno agevolare la stipula dei patti di comunità per arricchire l’offerta formativa o per la cooperazione su specifici aspetti organizzativi.

Il dl stanzia altri 150 milioni di euro per garantire l’attività didattica in sicurezza. Saranno destinati a incrementare il fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche previsto dall’articolo 1, comma 601, della legge 296/2006. E saranno assegnati alle scuole per provvedere all’acquisto di dispositivi di protezione, materiali per l’igiene individuale, degli ambienti e di ogni altro materiale di consumo il cui impiego sia riconducibile all’emergenza epidemiologica da Covid- 19. Le risorse potranno anche essere utilizzate per l’acquisto di specifici servizi professionali per il supporto e l’assistenza psicologica e pedagogica, da rivolgere in particolare modo a studentesse studenti, oltre che al personale scolastico.

Priorità alla prevenzione e al trattamento dei disagi e delle conseguenze derivanti dall’emergenza epidemiologica da Coronavirus. Le istituzioni scolastiche potranno anche finanziare l’acquisto di servizi medico-sanitari volti a supportare le scuole nella gestione dell’emergenza sanitaria. Compresi i servizi riguardanti attività inerenti alla somministrazione facoltativa di test diagnostici alla popolazione scolastica di riferimento e all’espletamento delle attività di tracciamento dei contatti. Anche allo scopo di svolgere una funzione efficace e tempestiva di raccordo con i dipartimenti di prevenzione delle aziende sanitarie locali. Infine, le scuole potranno anche impegnare le risorse economiche aggiuntive per acquistare dispositivi e materiali destinati al potenziamento delle attività di inclusione degli studenti con disabilità, disturbi specifici di apprendimento ed altri bisogni educativi speciali. Le risorse saranno distribuite alle scuole in riferimento a quattro cluster. Nel primo cluster saranno collocate le scuole con elevati livelli di fabbisogno. Questo primo cluster fa riferimento a scuole secondarie di secondo grado con laboratori. Il numero stimato e di 424 istituzioni scolastiche pari al 5% del numero complessivo di scuole del nostro paese. La somma che sarà assegnata a queste scuole è stata stimata intorno agli 80.000 euro. Il secondo cluster è stato individuato in istituzioni scolastiche con livelli medio-alti di fabbisogno, circa il 31% del numero complessivo delle scuole. Il range delle risorse assegnate va da 40.000 euro a 80.000 euro. Il terzo cluster comprende 4815 scuole con livelli medi di fabbisogno, pari al 57% delle scuole del paese. Il range di riferimento va da 20.000 a 40.000 euro. Infine, il quarto cluster fa riferimento a 538 istituzioni scolastiche, pari al 7% del numero delle scuole del paese. Si tratterebbe in prevalenza di scuole del primo ciclo. La somma da assegnare risulterebbe fissata intorno ai 20.000 euro.

Gavosto: un anno perso per tutti Ora recuperare non sarà facile

da ItaliaOggi

Alessandra Ricciardi

Un anno perso per tutti, anche per i ragazzi più bravi. È la peggiore emergenza educativa di sempre». Così Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli, che dal 2008 ha concentrato il proprio impegno su educazione, valutazione e integrazione. «Recuperare non è facile», dice Gavosto. Se non si vuole ripetere un anno, «bisogna comunque aumentare il tempo scuola».

Domanda. Siamo al secondo anno scolastico di Dad per tutti o quasi. Che bilancio si può fare in termini di apprendimento?

Risposta. In realtà non si può fare un bilancio preciso, è dallo scoppio dell’epidemia che non facciamo più le prove Invalsi, lo strumento di valutazione dell’andamento degli apprendimenti.

D. E negli altri paesi?

R. Gli altri non hanno interrotto le verifiche. Faccio l’esempio dell’Olanda che ha testato 360 mila studenti prima e dopo il lockdown.

D. Risultato?

R. I ragazzi hanno perso un 20% in termini di apprendimento, il che equivale a un anno di scuola secondo gli indicatori Ocse. Negli Usa, con un po’ di variabilità a seconda dei gradi di scuola, la perdita va dal 35% nella lingua madre al 50% in matematica.

D. E da noi che si aspetta?

R. Non c’è ragione per ritenere che da noi sia andata meglio, possiamo facilmente presumere che in quest’anno tormentato la perdita riguarderà tutti i ragazzi, non solo i più deboli. Siamo davanti a un’emergenza educativa che il mondo non aveva mai conosciuto, neppure durante la seconda guerra mondiale.

D. Dire che molti ragazzi hanno perso un anno non è dunque un eccesso?

D. Temo di no, anche se non sappiamo l’entità della perdita. È merito che va riconosciuto al ministro Patrizio Bianchi aver reintrodotto i test, che si faranno a maggio. Del resto una politica di recupero non si può fare se mancano i dati sulla realtà. Tra qualche mese sapremo gli effetti del Covid sui nostri ragazzi.

D. I test Invalsi non sono mai stati ben visti a scuola. E c’è chi, come i 5stelle, li avrebbe voluti abrogare.

R. Purtroppo ci sono insegnanti che, sbagliando, vivono i test come una valutazione del loro operato, e non dei punti di forza e debolezza della scuola. Ma senza quei dati è come muoversi al buio.

D. Il premier Draghi aveva lasciato intendere che ci sarebbe stato un prolungamento della durata delle lezioni in estate. Il ministro Bianchi ha rinunciato, aprendo ad attività di supporto anche della socializzazione che sarà cura delle scuole organizzare, fino a dicembre prossimo.

R. Probabilmente pensare di recuperare un intero anno con alcune settimane in estate non sarebbe bastato, ma sarebbe stato un inizio. Ora è necessario vedere come saranno organizzati i corsi. Importante è che non siano i soliti corsi di recupero, dovranno riguardare tutti gli studenti, perchè hanno perso qualcosa tutti, anche quelli solitamente bravi, che non hanno problemi.

D. Bastano 40 mila euro a istituzione, quelli stimati dal dl Sostegni?

R. Dipende da cosa si vuole fare. Sulla carta, per tutti gli studenti sono pochi.

D. Sarà coinvolto anche il terzo settore.

R. Va bene, importante è che ci sia un coinvolgimento diretto della scuola. Altrimenti si rischia di portare avanti interventi che non tengono conto del percorso e delle esigenze dei ragazzi. Lo abbiamo visto con la nostra esperienza di Arcipelago educativo: se i corsi non sono ben indirizzati – in raccordo con la scuola e la famiglia – non funzionano.

D. Insomma i docenti devono esserci?

R. Eh sì, altrimenti si rischia di lavorare su piani sconnessi, la scuola di mattina va connessa con quella di pomeriggio.

D. Ma se in ballo c’è un anno perso non era più onesto ammettere di dover ripetere l’anno?

R. Lo hanno fatto in Germania, dove la ripetizione è consentita e non implica nessun handicap neppure sociale perché si ammette che il ritardo è dovuto a cause esterne. Ma questo comporta una riorganizzazione di tutti i corsi che non è cosa semplice.

D. Un’alternativa?

R. Aumentare il tempo scuola, prolungare gli orari, per gruppi e lezioni individuali. Recuperare non è facile, il tempo perso richiede altro tempo. Forse non tutti hanno la consapevolezza che è la peggior emergenza educativa di sempre e che serve una risposta della stessa lunghezza d’onda.

Vaccino, assenza giustificata

da ItaliaOggi

Carlo Forte

L’assenza dal lavoro del personale docente, educativo, amministrativo, tecnico e ausiliario delle istituzioni scolastiche per la somministrazione del vaccino contro il Covid-19 è giustificata. E non determina alcuna decurtazione del trattamento economico, né fondamentale né accessorio. Lo prevede il comma 5, dell’articolo 31, del decreto legge Sostegni. La norma era attesa da tempo dal personale scolastico. Perché per questo genere di profilassi il contratto non prevede alcuna tipologia di permesso specifico. E quindi, per sottoporsi alla vaccinazione, che non è una necessità di tipo privato, ma una situazione direttamente collegata all’interesse pubblico, i docenti e i non docenti dovevano utilizzare un giorno di permesso per motivi personali oppure un giorno di malattia. L’utilizzo di quest’ultima forma di assenza, peraltro, comporta l’applicazione della trattenuta Brunetta. L’introduzione di un’assenza ad hoc, prevista direttamente dalla legge anche per i supplenti, ha sanato definitivamente la questione.

Quando la scuola impara

Quando la scuola impara

di Maurizio Tiriticco

Il titolo di questo pezzo rinvia all’omonimo titolo di un bel libro che io ed Anna Armone scrivemmo nel lontano 1998 per i tipi della Tecnodid di Napoli. Eravamo piccoli, come si suol dire. Oggi la dott.ssa Armone, esperta di problemi educativi e scolastici, dirige la rivista trimestrale “Scienza dell’Amministrazione Scolastica”. Sono pubblicati quattro numeri all’anno, sia in cartaceo che in versione on line. La rivista è rivolta ai dirigenti scolastici e ai docenti di staff o meno delle scuole di ogni ordine e grado, e si propone come uno strumento di analisi delle politiche scolastiche. E, a mio giudizio, è molto prezioso. La rivista viene quindi da lontano e anch’io vengo da lontano! Sono un ultranovantenne, dirigente tecnico che dovrebbe essere in quiescenza! Ma è un’espressione che non mi piace affatto!Per cui, cerco di… non quiescere… troppo!

In quarta di copertina del volume citato si legge: “Il cambiamento organizzativo delle istituzioni scolastiche, indotto dalle recenti norme sull’autonomia, richiede che i dirigenti e gli operatori scolastici, ad ogni livello di responsabilità individuale e collegiale, mettano in atto nuove strategie di autoapprendimento che vadano oltre il tradizionale aggiornamento e concorrano a costruire una vera competenza collettiva progettuale nella scuola. Il testo ricostruisce il fenomeno dell’apprendimento adulto nelle organizzazioni, contestualizzandolo nel sistema scuola e analizza le possibilità offerte dai nuovi strumenti di progettazione e programmazione, dalla Carta dei Servizi Scolastici e dal Progetto di Istituto alla elaborazione di modelli formativi”.

In quegli anni nessuno avrebbe potuto prevedere che nel 2021, in forza della pandemia di questo maledetto covid-19, la nostra scuola avrebbe dovuto imparare molto e molto di più rispetto a quanto io ed Anna predicavamo in quel volume. Ma il fatto importante e innovativo è che “le organizzazioni che apprendono sono quelle nelle quali le persone incrementano le loro capacità di raggiungere i veri risultati cui mirano; nelle quali si stimolano nuovi modi di pensare orientati alla crescita; nelle quali si lascia libero sfogo alle aspirazioni collettive, e nelle quali, infine, le persone continuano ad imparare come si apprende insieme”. Così scrive Peter Senge in “The Fith Discipline, the art & practice of the learning organization”, Random House, London, 1990, pag. 3. E Senge è uno dei uno dei massimi esperti in materia.

In ordine a quanto ricordato e scritto, la Didattica ADistanza non è una deminutio, per dirla alla latina, bensì un valore altro, se non addirittura un valore aggiunto per quanto concerne l’apprendimento, purché ovviamente la si sappia gestire! Ed in primo luogo non venga avvertita come una didattica impoverita! Perché, in effetti, è una didattica “altra”. E non sto qui a ricordare – perché penso di averlo già scritto – che la DAD ha ascendenti illustri. Venna largamente adottata nell’Unione Sovietica, dopo la Rivoluzione d’Ottobre, quando occorreva trasformare un Paese di tradizione agricola in un Paese industriale! Come raggiungere migliaia di “nuovi” operai in un territorio così vasto? Con l’istruzione a distanza! Iniziative analoghe si sono avute, sempre agli inizi del Novecento in altri Paesi, sempre di massima espansione, quali il Canada e l’Australia. Ed il tutto era supportato con l’invio di materiali di studio e di verifica dell’apprendimento; e con il sostegno di opportuni mediatori culturali. Non mancano esperienze italiane: ad esempio, la “Scuola RadioElettra di Torino”, attiva fin dal 1951. Ed ancora il Baicr, Cultura della Relazione, di Roma, per cui: ho curato corsi di pedagogia e di lingua e letteratura latina.

Ho scritto tutto questo per convincere i nostri insegnanti – ma molti penso che ne siano già convinti – che l’apprendimento a distanza, una learning organization, non costituisce un limite rispetto a quello in presenza, ma un apprendimento “altro”, che, se è ben gestito e finalizzato, nulla ha da invidiare all’apprendimento in presenza. Peròoccorrerebbe un sostegno, da parte dell’Amministrazione, a scuole, insegnanti e dirigenti circa la gestione di una DAD efficace. Il mio pensiero, ovviamente, non va all’INVALSI, che – come ho scritto più volte – si limita ad “inva.., dere” le scuole imponendo ai nostri studenti prove oggettive: prove che, in genere, non appartengono alla tradizionale didattica dei nostri insegnanti. Ma i compiti dell’INVALSI sono dettati dalla legge: art. 3 della legge 53/2003, meglio nota come “legge Moratti”: e sono quelli che sono.

Ma esiste anche l’INDIRE, acronimo di Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa. Che, come copio dal web, “è da oltre 90 anni il punto di riferimento per la ricerca educativa in Italia; accompagna l’evoluzione del sistema scolastico italiano investendo in formazione e innovazione e sostenendo i processi di miglioramento della scuola… Sviluppa nuovi modelli didattici, sperimenta l’utilizzo delle nuove tecnologie nei percorsi formativi, promuove la ridefinizione del rapporto fra spazi e tempi dell’apprendimento e dell’insegnamento.L’Istituto vanta una consolidata esperienza nella formazione in servizio del personale docente, amministrativo, tecnico e ausiliario e dei dirigenti scolastici ed è stato protagonista di alcune delle più importanti esperienze di e-learning a livello europeo”. Però, penso che si contino sulle punte delle dita i concreti interventi di aiuto per gli insegnanti.

E allora? Per concludere! Penso che la nostra scuola sia abbastanza sola di fronte a compiti di innovazione importanti e significativi! Che possono anche incrementare la didattica di sempre, quella del vis à vis insegnante/alunno. Un vis a vis che, comunque, oggi non è più in presenza, ma mediato da migliaia di schermi. E’ vero! La scuola sta cambiando! Ma il mondo intero che cambia! E sempre più velocemente! Ed essere al passo, spesso è difficile! Soprattutto per un vegliardo come me!

Personale posto in quarantena o dichiarato lavoratore fragile. Scheda UIL riepilogo

da OrizzonteScuola

Di redazione

La scheda, aggiornata alle ultime novità introdotte dal decreto-legge Sostegni, che riepiloga le disposizioni vigenti per il personale docente e ATA posto in quarantena o dichiarato fragile.

Il periodo trascorso in malattia o in quarantena con sorveglianza attiva, o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva, dai dipendenti delle amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ivi compresa la Scuola, dovuta al COVID-19, è equiparato al periodo di ricovero ospedaliero ed escluso dal periodo di comporto.

Pertanto, tutto il periodo di assenza è interamente garantito in quanto non è conteggiato nei periodi di malattia: tutto il periodo trascorso in malattia o in quarantena con sorveglianza attiva, o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva è interamente retribuito e non si applica la trattenuta per i primi 10 giorni (ciò vale per tutto il personale, compresi i supplenti brevi e i c.d. supplenti “COVID”).

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