Sciopero 7 dicembre 2023

SCIOPERO della SCUOLA Nazionale

giovedì 7 dicembre 2023 Manifestazione Natzionale a CAGLIARI via Roma – Consiglio Regionale ore 10:00

Lo SCIOPERO della SCUOLA è convocato per i seguenti obiettivi:

CONTRO il DIMENSIONAMENTO Scolastico e la norma sull’aumento del numero minimo di alunne/i (media da 900 a 1.000), per mantenere l’autonomia degli Istituti Scolastici e il continuo smantellamento degli stessi Istituti, con un futuro distruttivo dimensionamento scolastico che non tiene in alcun conto le specificità dei territori, prevede la creazione di Istituti “monstre” ingestibili e la perdita di migliaia di posti di lavoro;

CONTRO il disegno di legge di bilancio del Governo che peggiorerebbe le attuali e future pensioni intaccando anche diritti acquisiti e PER la modifica della Legge Fornero e della Legge Dini che allungano a dismisura la vita lavorativa e prevedono pensioni miserabili per le prossime generazioni;

CONTRO l’Autonomia Differenziata, la scuola della delirante didattica delle competenze addestrative e della digitalizzazione selvaggia, con lo sperpero dei denari del PNRR, e PER l’abolizione dell’INVALSI.

CONTRO l’ultimo CCNL Scuola che prevede aumenti ridicoli rispetto all’inflazione ed alla perdita del potere d’acquisto degli ultimi anni e PER l’immissione in ruolo di tutte/i le/i precari/e che hanno 3 anni di servizio, con la modifica delle norme sul reclutamento;

CONTRO tutte le GUERRE, le servitù militari e le spese militari in continuo aumento e PER la riconversione delle fabbriche di armi e la fine del loro commercio con investimenti di tali risorse nelle urgenti necessità sociali.

______________________________________________________I COBAS SCUOLA SARDEGNA sono un’organizzazione sindacale indipendente che opera prevalentemente in Sardegna ma abbiamo deciso di indire lo SCIOPERO Nazionale, in particolare per lottare contro il devastante DIMENSIONAMENTO SCOLASTICO, e mettere a disposizione tale giornata
per tutti i territori dello Stato italiano. Invitiamo i vari comitati ed i rappresentanti degli Enti Locali, studenti/esse, genitori e cittadini/e, a partecipare alla manifestazione di Cagliari e organizzare altre iniziative nelle diverse località.

COBAS SCUOLA SARDEGNA

Violenza, il 17% degli episodi avvenuto tra i banchi di scuola. Circa 9 alunni su 10 raccontano di non sentirsi sicuri in classe

da Tuttoscuola

“Sono stata palpata alle medie in mezzo alle gambe e il preside a mia mamma ha detto: com’era vestita sua figlia?”
“15 anni, il mio fidanzato mi costringe a fare sesso orale a un suo amico, altrimenti mi avrebbe lasciata”.
“Il prof mi dà una caramella e mi dice, questa è da succhiare, come piace a te”.
Queste sono solo alcune delle 13500 testimonianze a cui abbiamo dato voce attraverso il sondaggio condotto da MySecretCase per raccontare le esperienze degli studenti di ieri e di oggi e riflettere su ciò che è percepito come violenza, sulla sua diffusione e sull’importanza di un’educazione all’affettività in ogni scuola di ordine e grado.

I dati parlano chiaro: oltre il 65% delle persone dichiara di aver vissuto in prima persona episodi di violenza, di questi più del 17% avviene in ambito scolastico, secondo solo alle relazioni sentimentali (19,4%) e seguito dai rapporti di amicizia (14.7%) e dal contesto lavorativo (12.7%).

Tra le tipologie più diffuse di aggressione troviamo le molestie verbali (27.8%), gli abusi sessuali (23.2%), la violenza psicologica (22.1%), atti persecutori (7.2%) e le molestie online – diffamazione online, ingiurie, revenge porn, ecc. – (6.8%).

I tempi, le modalità e i contesti in cui avvengono questi episodi cambiano, ma rimangono immutati, negli anni, gli stessi meccanismi di pensiero e di comportamento che mettono in luce un vuoto educativo e culturale.

É importante che le esperienze di violenza siano una traccia per creare un programma di educazione reale rispetto a un vuoto che deve essere colmato al più presto. I fatti di cronaca e le esperienze di persone a noi care, ci hanno portato a voler parlare di questo argomento, c’è troppa confusione su ciò che è o non è violenza, c’è un profondo senso di vergogna – e anche di colpa – da parte delle vittime, una tendenza – non così rara – a sminuire la gravità di tali episodi da parte delle famiglie e, a volte, una scarsa fiducia verso le forze dell’ordine” dichiara Norma Rossetti, CEO di MySecretCase. 

Più del 90% delle persone intervistate ha dichiarato, infatti, di non aver presentato denuncia formalmente per un senso di vergogna (23.4%), un’assenza di fiducia nelle autorità (17.8%), una scarsa conoscenza sui servizi disponibili a supporto delle vittime (13.2%) e una paura di ritorsioni da parte dell’aggressore (11.3%). Più dell’80% decide però di confidarsi con persone di fiducia, e lo fa principalmente con amici (45%), genitori (20%), insegnanti (12%) e in sportelli d’ascolto (6,4%).

Tra i principali fattori indicati come cause della violenza troviamo la disuguaglianza di genere (16.5%), gli stereotipi di genere (19.4%) e al primo posto un’educazione insufficiente (31.9%), indicata anche come principale responsabile della violenza in ambito scolastico (33.1%).

Non solo, più del 90% degli studenti ritiene che la propria scuola non faccia – o non abbia fatto – abbastanza per promuovere un ambiente sicuro. A tal proposito, oltre il 40% ritiene che un percorso scolastico sull’educazione sessuale, sul rispetto dei confini fisici e sulla gestione delle emozioni, debba essere il primo – ma non l’unico –  strumento di prevenzione e contrasto della violenza. Questo deve essere, infatti, seguito da programmi di supporto psicologico per gli studenti (11,6%),  un rafforzamento delle leggi contro questi fenomeni (10,7%), incontri di sensibilizzazione per i genitori da parte della scuola (9%), un sostegno alle vittime attraverso servizi sociali e legali (8.6%) e una maggiore supervisione da parte del personale scolastico (4.3%).

“Vogliamo un mondo in cui l’educazione alla sessualità e al consenso siano parte integrante dei programmi scolastici, perché crediamo sia il primo strumento di prevenzione alla violenza. I Programmi per ora, risultano assenti o inefficaci in gran parte d’Italia: quasi nel 70% dei casi non includono lezioni ad hoc sul tema, e le poche  pianificate, vengono reputate inutili o poco efficaci dal 90% delle persone” continua Norma Rossetti.

In questo sondaggio abbiamo raccolto oltre 13500 testimonianze e i risultati confermano una situazione allarmante e un vuoto educativo, su cui le istituzioni non riescono ancora a intervenire in modo efficace. Ancora una volta in MySecretCase stiamo cercando di fare la nostra parte: a fine 2022 abbiamo lanciato MySecretCase Education, una piattaforma di educazione sessuale accessibile a tutt*, per formare nuove generazioni sessualmente libere e consapevoli, grazie a una piattaforma online di professionist* che completa il lavoro che ogni giorno il team porta avanti sui social. Affinché avvenga un vero cambio di rotta, però, è necessario un impegno congiunto tra istituzioni, aziende e associazioni ” conclude Norma Rossetti.

E ancora una volta i dati lo confermano: più del 98% delle persone intervistate ritiene che sia necessario introdurre piani di educazione alla sessualità nei programmi scolastici, il 40,7% li introdurrebbe a partire dalla scuola primaria, il 32.5% dalla scuola secondaria di primo grado e il 24.1% dalla scuola dell’infanzia.

Oltre agli episodi di molestie e violenza sopra citati, vengono classificati come tali: minacce, insulti, umiliazioni, isolamento sociale, controllo e manipolazione emotiva (23.7%), gli atti che offendono e mortificano la dignità dell’individuo, molestie verbali (21.7%), ogni forma di controllo sull’autonomia economica, ad esempio, sottrarre o impedire l’accesso al denaro per sabotare l’indipendenza della persona (17.5%), gli episodi di bullismo (18.1%) e gli atti contro le persone facenti parte della comunità LGBT+ (17.3%).


Diplomi facili, mentre le stelle stanno a guardare

da Tuttoscuola

Mentre il piano ministeriale di contrasto ai diplomifici – annunciato circa quattro mesi fa e non si sa se davvero già definito – resta chiuso inspiegabilmente nei cassetti, non restano certamente ad aspettare gli eventi i soliti istituti paritari che anche la recente trasmissione “Mi manda Rai Tre”, sulla base dei dossier di Tuttoscuola, ha cercato di smascherare.

In attesa di conoscere ancora una volta – sempre grazie ai nostri approfondimenti esclusivi – i dati oggettivi degli studenti e delle classi collaterali che li stanno ospitando in questo anno scolastico, uno sguardo attento all’anagrafe degli istituti paritari della secondaria di II grado consente di rilevare, soprattutto in Campania, regione prolifica di istituti “opachi”, un incremento sospetto di strutture.

Ci riferiamo, in particolare agli indirizzi di studio presenti, in quantità variabile, in tutti gli istituti.

Esempi di indirizzi di studio: tecnico economico, tecnico tecnologico, liceo scienze umane, meccanica meccatronica, linguistico, ecc.

Attualmente è previsto da un decreto ministeriale, ma non dalla legge, che per ogni indirizzo di studio è consentita una sola classe collaterale in più, rispetto a quelle terminali dell’ultimo anno.

Ovviamente, maggiore è il numero degli indirizzi di studio e più ampia è l’offerta per nuovi studenti, grazie ad un maggior numero di classi collaterali che li può accogliere, senza considerare che diversi istituti “disinvolti” vanno ben oltre il limite di una classe collaterale in più, anche con eccedenze di sei-sette classi (inutilmente non autorizzate dall’USR e salvate poi da sentenze del TAR).

Mentre complessivamente in Italia negli ultimi anni il numero degli indirizzi di studio negli istituti paritari tende a diminuire, in Campania invece tende ad aumentare.

Negli ultimi tre anni in Italia il loro numero è sceso da 1.678 del 2021-22 a 1.639 del 2023-24, mentre in Campania è salito da 348 a 405, con un incremento che non ha uguali.

In particolare, nella provincia di Napoli gli indirizzi di studio sono passati dai 183 nel 21-22 (72 istituti), a 199 nel 22-23 (75 istituti) e 206 in questo 23-24 (86 istituti): l’incremento è stato, dunque di 23 indirizzi di studio e 14 nuovi istituti.

Un andamento simile è stato registrato per la provincia di Salerno: 94 nel 21-22 (33 istituti), a 105 nel 22-23 (35 istituti) e 113 in questo 23-24 (43 istituti); l’incremento è stato, dunque, di 19 indirizzi di studio e di 10 nuovi istituti.

Come si vede, la prospettiva di business facile alimenta nuovi investimenti nel settore, mentre… “le stelle stanno a guardare”.


Piattaforma Unica

Le registrazioni dei due webinar dedicati a Unica sono state pubblicate sul canale YouTube del Ministero dell’Istruzione e del Merito, all’interno della playlist “Webinar – Chiarimenti e indicazioni in merito alla nomina, all’abilitazione dei tutor e funzionalità della piattaforma Unica”.

Di seguito i link per poterli visualizzare:

Stati generali sulle disabilità intellettive

ANFFAS lancia gli Stati generali su disabilità intellettive
Redattore Sociale del 28/11/2023

PALERMO. Si svolgeranno venerdì 1° dicembre a Palermo, a Palazzo dei Normanni, (Sala “Piersanti Mattarella”, piazza del Parlamento 1) gli “Stati generali sulle disabilità intellettive e disturbi del neurosviluppo in Sicilia”, su iniziativa di ANFFAS Nazionale, in collaborazione con ANFFAS Sicilia, con l’obiettivo di fare il punto sulle tematiche e le politiche concernenti, appunto, le disabilità intellettive e i disturbi del neurosviluppo.

L’evento, come consuetudine di ANFFAS, sarà volto anche alla celebrazione concreta della Giornata internazionale delle persone con disabilità che ricade ogni anno il 3 dicembre e il cui tema quest’anno è “Uniti nell’azione per tutelare e raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile per, con e da parte delle persone con disabilità”.

Tra gli interventi istituzionali ci sarà anche quello del ministro per le Disabilità, Alessandra Locatelli, e prenderà altresì parte ai lavori il presidente nazionale della Fish – Federazione italiana superamento handicap, avvocato Vincenzo Falabella.

Si affronteranno, in particolare, le specificità del territorio, attraverso un dialogo e un confronto con le istituzioni, le amministrazioni, le rappresentanze sindacali e soprattutto, con le famiglie e le persone con disabilità, allo scopo di focalizzare i punti di forza e i punti deboli della realtà siciliana. L’iniziativa è tesa a sottolineare il nuovo ruolo e protagonismo che assume il Terzo Settore nelle relazioni con le istituzioni e sarà anche l’occasione per ribadire quali sono i diritti delle persone con disabilità intellettive e del neurosviluppo e il loro livello di esigibilità in Sicilia, dando voce, oltre che agli esperti, anche alle altre associazioni di settore con cui ANFFAS si relaziona.

Nello specifico la prima parte della giornata vedrà illustrato il documento “I diritti delle persone con disabilità intellettive e disturbi del neurosviluppo e dei loro familiari in Sicilia. Quadro Generale”, realizzato dall’avvocato Alessia Maria Gatto e dall’avvocato Mariapaola Giardina, componenti del Centro Studi Giuridici e Sociali di ANFFAS Nazionale. Si tratta di un lavoro importante che consentirà di rendere chiara la situazione dei cittadini con disabilità intellettive e disturbi del neurosviluppo in Sicilia dal punto di vista dei diritti, andando così ad esplicitare un contesto ancora purtroppo non semplice.

Seguirà, dopo i saluti degli autorappresentanti di ANFFAS Sicilia e delle Istituzioni, il confronto focalizzato su “La rete integrata dei servizi in Sicilia per le persone con disabilità intellettive e disturbi del neurosviluppo. I punti di forza e di criticità”: moderato da Antonio Costanza, presidente di ANFFAS Palermo, questo momento dell’incontro permetterà, attraverso le voci dei rappresentanti delle organizzazioni locali che vi parteciperanno, di analizzare questioni delicate per il territorio anche attraverso il collegato successivo dibattito a cui seguirà, nel primo pomeriggio, la tavola rotonda dal titolo “La Legge Delega sulla disabilità e i suoi decreti attuativi”, moderata da Carlo Alberto Tregua, Direttore del Quotidiano di Sicilia: un momento di approfondimento volto a comprendere e sviscerare nel dettaglio la recente Legge Delega con il coinvolgimento dei rappresentanti istituzionali del territorio. L’evento si chiuderà con l’intervento e le conclusioni di Roberto Speziale, presidente nazionale ANFFAS

La Giornata in programma a Palermo è tappa di un percorso virtuoso che vedrà progressivamente coinvolte tutte le regioni d’Italia, per culminare all’organizzazione degli Stati generali sulle disabilità intellettive e disturbi del neurosviluppo a livello nazionale nel 2025, nonché supportare analoga iniziativa di Fish Nazionale che a sua volta andrà a celebrare gli Stati generali di tutte le disabilità.

Progetto individuale di vita, autodeterminazione, Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, integrazione socio-sanitaria, modello di disabilità fondato sul rispetto dei diritti umani e sulla qualità della vita, sono alcuni tra i temi di questi Stati generali, che perseguono, quindi, l’obiettivo di contribuire a costruire un percorso, grazie al quale affermare ed esigere i diritti in Sicilia con minore fatica rispetto a quanto avvenuto fino ad ora.

“Gli Stati Generali del 1° dicembre- sottolinea Giuseppe Giardina, presidente di ANFFAS Sicilia- saranno un appuntamento fondamentale per il movimento delle persone con disabilità intellettive e disturbi del neurosviluppo, perché se da un lato sarà l’occasione per fornire una panoramica d’insieme sulla situazione attuale nella Regione Siciliana, dall’altro è un passo importante per rendere realmente concrete le previsioni sancite dalla Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità. Il movimento delle persone con disabilità auspica, quindi, che l’Intero mondo politico-istituzionale voglia e sappia cogliere l’opportunità di questo importante momento di confronto e partecipazione”.

“Questo appuntamento segna il continuum con gli Stati generali disabilità e salute del giugno scorso organizzati da ANFFAS Campania, in collaborazione con Fish Campania, e indica la chiara e decisa volontà di ANFFAS tutta nel proseguire questo importantissimo percorso volto a fare il punto su tutto il contesto italiano per ciò che concerne la condizione delle persone con disabilità intellettive e disturbi del neurosviluppo e dei loro familiari in tutti gli ambiti che le riguardano, con l’obiettivo di vedere applicata realmente la Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità su tutto il territorio italiano”: così dichiara Roberto Speziale, presidente nazionale ANFFAS.

Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito www.anffas.net

L’indagine sulla sclerosi multipla

L’indagine sulla sclerosi multipla. Telemedicina, non c’è più tempo
Vita del 28/11/2023

Si tratta di una rivoluzione di cui si discute da tempo. Se ne parla nell’indagine promossa dai neurologi italiani, da AISM e da Biogen, su alcuni centri che gestiscono la metà delle persone con sclerosi multipla in Italia

La telemedicina come strumento potente di gestione del paziente è un tema certamente molto attuale per alcuni benefici che consentirebbe di ottenere soprattutto nella cronicità. La sua realizzazione nei percorsi di cura è tuttavia ancora ben lontana dall’essere realizzata; è giunto il momento di regolamentarla e di dare un taglio all’improvvisazione del sistema, perché non si può più affidarsi alla volontarietà dei professionisti.

Se ne è tornati a parlare in occasione della presentazione dei risultati dell’indagine “Stato dell’arte e prospettive per la telemedicina nella gestione dei pazienti con sclerosi multipla” promossa dalla Società italiana di neurologia Sin, dall’Associazione italiana sclerosi multipla AISM e dall’azienda biotecnologica Biogen, in collaborazione con il Centro studi avanzato in Innovazione, leadership and Health Management dell’Università di Catania e con il contributo di Valeria Tozzi del Cergas di Sda Bocconi.

L’indagine, realizzata nell’ambito del più ampio progetto EcoSM (che sta per Ecosistema digitale di assistenza e monitoraggio del paziente con Sclerosi Multipla) su un campione di centri che complessivamente gestiscono la metà delle persone con sclerosi multipla in Italia, voleva fotografare la situazione attuale relativamente all’utilizzo e all’impatto della televisita, che rappresenta oggi l’esperienza più concreta di telemedicina sperimentata in neurologia. Sono stati coinvolti clinici e pazienti che, a partire dall’emergenza pandemica, hanno continuato a usare questi strumenti e che oggi possono quindi condividere indicazioni e buone pratiche.

I dati raccolti evidenziano che oggi il processo di innovazione è ben avviato, con il 45% degli intervistati che sta già utilizzando strumenti di tele-visita con un buon livello di soddisfazione da parte dei pazienti (67%). «La fotografia scattata dall’indagine ci indica chiaramente che ci troviamo in un momento cruciale in cui dobbiamo agire. I dati raccolti mostrano che la televisita ha raggiunto oggi un buon livello di utilizzo nei percorsi di assistenza e monitoraggio delle persone con sclerosi multipla, ma permangono delle barriere strutturali che ostacolano la sua diffusione uniforme e consolidata» ha affermato Claudio Gasperini, Coordinatore del gruppo di studio Sm della Società italiana di neurologia, affermando però che mancano e andrebbero presto «realizzate le condizioni per una piena integrazione strutturale della telemedicina nei percorsi di gestione della sclerosi multipla».

La telemedicina e la teleassistenza, se implementate a tempo debito, avrebbero messo tutti nelle condizioni di affrontare meglio la pandemia. Il Covid ha impresso un’accelerazione all’utilizzo dei dispositivi digitali in medicina, che però non è stato ancora istituzionalizzato e rimane così uno strumento nelle mani del clinico che vi ricorre a sua discrezione. Con le attrezzature magari obsolete e senza il riconoscimento del tempo medico e chiare indicazioni su cosa è trasferibile da remoto o online e cosa no.

L’indagine non fa che confermarlo: la quasi totalità (87%) dei centri coinvolti nell’indagine che ha dichiarato di non utilizzare la telemedicina indica come barriera all’utilizzo l’assenza di adeguate condizioni operative. La maggioranza dei rispondenti ritiene che la mancanza di una forma di finanziamento specifica per la tele-visita (40%), la mancanza di un’adeguata dotazione tecnologica o della connettività necessaria (60%) siano barriere importanti all’utilizzo di questa tecnologia.

Un’urgenza condivisa anche da Mario Alberto Battaglia, direttore generale di AISM e presidente Fism che auspica, per «migliorare la presa in carico e la qualità di vita dei pazienti e delle loro famiglie», che vengano presto avviati «gli interventi organizzativi e gestionali necessari a superare le barriere infrastrutturali e di regolamentazione che ostacolano un uso della telemedicina consolidato, sistematico e uniforme sull’intero territorio nazionale. In particolare, auspichiamo interventi nella codificazione e tariffazione delle tele-visite nelle Regioni; nell’elaborazione di protocolli comuni da integrare nel Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale, oltre che un piano di formazione per operatori, persone con SM e caregiver».di Nicla Panciera

Erasmus+: istruzione, formazione, gioventù e sport in Europa

Erasmus+ 2024: 4,3 miliardi di € per sostenere la mobilità e la cooperazione nei settori dell’istruzione, della formazione, della gioventù e dello sport

La Commissione ha pubblicato oggi l’invito a presentare proposte del 2024 nell’ambito di Erasmus+, il programma dell’UE per l’istruzione, la formazione, la gioventù e lo sport in Europa. Con un bilancio di 4,3 miliardi di € per il prossimo anno, Erasmus+ continuerà a sostenere le esperienze transnazionali di alunni e studenti dell’istruzione superiore e dell’istruzione e formazione professionale. Il programma offre inoltre opportunità ai discenti adulti, agli educatori e al personale, nonché ai giovani nell’ambito di programmi di apprendimento informale.

Per attenuare gli effetti dell’inflazione sui partecipanti che studiano all’estero e consentire un’ampia partecipazione, il programma aumenterà gli importi delle borse di mobilità. Seguendo lo stesso approccio adottato per l’invito del 2023, gli importi delle borse individuali per gli studenti all’estero saranno adeguati del 5,9% per la maggior parte delle azioni di mobilità dell’invito del 2024. Tale aumento si aggiunge a un primo adeguamento del 12,27% nel 2023. Nel 2024 il programma offrirà maggiori incentivi a favore dei viaggi sostenibili. Per la prima volta saranno offerte sovvenzioni di viaggio anche per la mobilità all’interno dell’UE nell’ambito dell’istruzione superiore.

Erasmus+ continuerà a sostenere l’Ucrainamediante numerosi progetti, come la promozione dell’integrazione dei rifugiati in un nuovo sistema di istruzione. Ulteriori informazioni sono disponibili nel comunicato stampa.

Educazione alle relazioni, percorsi progettuali per le scuole

Educazione alle relazioni, percorsi progettuali per le scuole. Stato dell’arte.

Dario Angelo TUMMINELLI, Carmelo Salvatore BENFANTE PICOGNA, Zaira MATERA

Educare alle relazioni è un progetto sperimentale ed innovativo introdotto dal Ministero dell’Istruzione e del Merito che mira a promuovere la formazione affettiva e relazionale delle nuove generazioni attraverso una formazione specifica rivolta agli studenti delle scuole secondarie di secondo grado, al fine di contrastare la violenza di genere e favorire il rispetto dell’altro.

Con la Direttiva 24 novembre 2023, AOODPPR 83 “Educazione alle relazioni” – Percorsi progetuali per le scuole, il dicastero dell’istruzione rafforza, dunque, il suo impegno verso un’azione educativa mirata alla cultura del rispetto, all’educazione alle relazioni e al contrasto della violenza di genere.

Approfondimento Il tema del femmicidio è attualmente oggetto di ampio dibattito pubblico, sociale e politico ed è sotto l’attenzione dell’attuale governo. Non da ultimo la recente emanazione della Legge del 24 novembre 2023, n. 168 pubblicata in Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 275 del 24 novembre 2023 intitolata “Disposizioni per il contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica” che entrerà in vigore il prossimo 09 dicembre.

La direttiva in parola, in corso di registrazione alla Corte dei Conti, è stata fortemente voluta dall’attuale Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara a seguito dei recenti fatti di cronaca di violenza fisica e sessuale che hanno interessato e coinvolto minori (studenti) a Caivano e a Palermo e anche dopo una attenta valutazione dei dati ufficiali registrati e comunicati dal Ministero dell’Interno, nei quali si evidenzia la preoccupante tendenza all’aumento negli ultimi anni (trend sempre più in crescita) del fenomeno noto come “femminicidio”.

La violenza contro le donne è una delle violazioni dei diritti umani più diffuse e devastanti, una negazione quotidiana della dignità della persona, che è il valore cardine della nostra società” è quanto dichiarato dal Ministro nel videomessaggio pubblicato sul sito e sui canali social del Ministero, in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, celebrata ogni 25 novembre consultabile dal link: https://www.miur.gov.it/web/guest/-/25-novembre-il-videomessaggio-del-ministro-valditara-la-violenza-contro-le-donne-e-negazione-dei-diritti-umani-la-scuola-costituzionale-in-prima-linea

In questa iniziativa progettuale rientrano in sinergia e in un più ampio contesto di sensibilizzazione al tema, i Ministeri per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità e il Ministero della Cultura, attraverso la condivisione di un protocollo d’intensa siglato con il Ministero dell’Istruzione sulla “Prevenzione e contrasto della violenza maschile nei confronti delle donne e della violenza domestica – iniziative rivolte al mondo della scuola”.

Il protocollo ha una durata biennale, a decorrere dalla data della sottoscrizione, e potrà essere rinnovato e prorogato, previo accordo fra i dicasteri interessati e dalla sua attuazione non potranno comunque derivare nuovi o maggiori oneri a carico delle istituzioni scolastiche aderenti.

L’intento del Ministero, con l’emanazione della direttiva e la firma del protocollo, è di porre rimedio a questo triste fenomeno, con la prioritaria necessità di promuovere, attraverso percorsi mirati, progettati autonomamente dalle Istituzioni scolastiche, l’educazione alle relazioni.

Invero, il progetto ricalca il solco tracciato da precedenti interventi normativi riprendendo gli orientamenti e le Linee guida del 27 ottobre 2017 intitolate “Educare al rispetto: per la parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le forme di discriminazione”, predisposte dallo stesso ministero in attuazione dell’articolo 1 comma 16 della Legge 13 luglio 2015, n. 107 “Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti” e della nota MIUR prot. n. AOODGSIP.5515 del 27 ottobre 2017 “Piano nazionale MIUR di educazione al rispetto”, derivante dalla sopra citata legge.

Come previsto dall’art. 1 della citata direttiva, i percorsi educativi saranno iniziative progettuali “extra-curriculari”, con attività pluridisciplinari e metodologie laboratoriali e con un impegno annuo di 30 ore.

I progetti sono destinati, in particolare, agli studenti frequentanti le istituzioni scolastiche secondarie di II grado del sistema nazionale di istruzione.

I discenti saranno coinvolti attivamente nei progetti attraverso gruppi di discussione e autoconsapevolezza, preferibilmente composti da 6 a 12 studenti di età omogenea, che si incontreranno una volta ogni due settimane per un’ora o due, coordinati dai docenti referenti, per realizzare un processo di continua maturazione cognitiva, educativa e culturale, diffondere i valori del rispetto reciproco e della parità di genere, ridurre atteggiamenti discriminatori e violenti e far acquisire e cogliere gli strumenti necessari per riconoscere, anche precocemente, i primi segnali di discriminazione e di violenza contro le donne.

Le attività didattiche e laboratoriali, basate sul metodo “Balint” (lavoro di gruppo),saranno espletate nelle ore pomeridiane per non sovrapporsi (ma integrarsi) con le ore di Educazione civica, disciplina trasversale introdotta recentemente (settembre 2020). Il focus centrale dei temi sarà una base comune tra costruzione di relazioni affettive, la percezione di genere, gli stereotipi e il rispetto dell’altro.

Nell’art. 2 sono previste le modalità attuative dei progetti che dovranno seguire un percorso prestabilito approvato dagli organi collegiali (collegio dei docenti e consiglio di istituto) cosi come articolato:

  1. indicazione di un docente referente per ogni istituzione scolastica coinvolta;
  2. costituzione di gruppi di discussione – focus group – aventi come unità funzionale di riferimento la classe.
  3. individuazione, per ogni gruppo-classe, di un docente che possa fungere da animatore-moderatore;
  4. svolgimento di un’adeguata formazione di ciascun docente-moderatore, secondo un programma che il Ministero dell’istruzione e del merito predispone anche con il supporto di organismi scientifici e professionali.

Un aspetto molto qualificante dell’iniziativa è rappresentato dal coinvolgimento delle associazioni delle famiglie – FONAGS (Forum nazionale delle associazioni dei genitori della scuola) incardinato presso la Direzione generale per lo studente, l’inclusione e l’orientamento scolastico, per l’attuazione dei progetti. Le linee guida del progetto saranno dunque condivise con il FONAGS che potrà formulare eventuali osservazioni e suggerimenti.

L’articolo 3 della direttiva prevede il finanziamento delle attività e il reperimento delle risorse necessarie per la realizzazione delle iniziative progettuali coerenti. Sono stati stanziati 15 milioni di Euro, somme a valere sui fondi europei PON (Programma Operativo Nazionale) “Per la Scuola – competenze e ambienti per l’apprendimento” e del PN “Scuole e competenze” 2021-2027.

Le istituzioni scolastiche secondarie di secondo grado del sistema nazionale di istruzione potranno liberamente aderire o meno, nell’ambito delle risorse disponibili, attraverso la propria candidatura mediante un apposito avviso pubblico che sarà successivamente emanato e pubblicato. La partecipazione delle istituzioni scolastiche sarà dunque facoltativa così come è facoltativa l’adesione degli studenti previo il consenso da parte dei genitori o gli esercenti la responsabilità genitoriale.

L’art. 4 della direttiva prevede le azioni di accompagnamento e di formazione del corpo docente coinvolto nelle iniziative e nelle attività progettuali. Il MIM, avvalendosi dell’INDIRE (Istituto nazionale di documentazione innovazione e ricerca educativa), garantirà l’erogazione di specifici percorsi di formazione a favore degli insegnanti coinvolti e l’accompagnamento puntuale delle istituzioni scolastiche con un attivo supporto nella realizzazione delle attività progettuali previste anche mediante la collaborazione dell’Ordine degli psicologi e/o di altri organismi scientifici e professionali qualificati (a titolo di esempio la consulenza di giuristi e pedagogisti ed esperti del settore).

Le figure coinvolte nei progetti, sia interni (docenti) che esterni (esperti), saranno opportunamente incentivate tramite compensi extra per le ore aggiuntive espletate, rispettando i termini dei contratti collettivi nazionali.

In conclusione il progetto “Educare alle relazioni” ha suscitato diverse reazioni e accesi dibattiti, sia favorevoli che contrarie, da parte di politici, esperti del mondo della scuola, tra i media e l’opinione pubblica. A parere di chi scrive si ritiene apprezzabile l’iniziativa sperimentale, utile e necessaria oggi più che mai, per prevenire e contrastare la violenza di genere e per educare le giovani generazioni ad una cultura del rispetto e della responsabilità.

Bibliografia

  • COSTITUZIONE ITALIANA, artt. 2, 3 e 13
  • CARTA dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea (2000/C 364/01), art. 21
  • CONVENZIONE Europea dei Diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali Roma, 4 novembre 1950
  • DICHIARAZIONE sull’eliminazione della violenza contro le donne approvata dall’ONU nel 1993
  • RISOLUZIONE n. 54/134 del 17 dicembre 1999 “Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne e il femminicidio
  • LEGGE 27 giugno 2013, n. 77 “Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica
  • LEGGE 13 luglio 2015, n. 107 “Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti” art. 1 comma 16
  • LEGGE 24 novembre 2023, n. 168 “Disposizioni per il contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica
  • LINEE Guida Nazionali del 27 ottobre 2017 “Educare al rispetto: per la parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le forme di discriminazione
  • NOTA MIUR prot. n. AOODGSIP.5515 del 27 ottobre 2017 “Piano nazionale per l’educazione al rispetto, Linee Guida Nazionali (art. 1 comma 16 L. 107/2015) e Linee di orientamento per la prevenzione e il contrasto del cyberbullismo nelle scuole (art. 4 L. 71/2017)
  • DECRETO 12 aprile 2022 “Costituzione dell’Osservatorio sul fenomeno della violenza nei confronti delle donne e sulla violenza domestica
  • DIRETTIVA prot. n. 83 del 24 novembre 2023 percorsi progettuali per le scuole in tema di “Educazione alle relazioni
  • PROTOCOLLO DI INTENSA “Prevenzione e contrasto della violenza maschile nei confronti delle donne e della violenza domestica – iniziative rivolte al mondo della scuola

Sitografia

  • MINISTERO DELL’ISTRUZIONE

https://www.miur.gov.it/web/guest/-/direttiva-n-83-del-24-novembre-2023

  • MINISTERO DELL’ISTRUZIONE

https://www.miur.gov.it/web/guest/-/25-novembre-il-videomessaggio-del-ministro-valditara-la-violenza-contro-le-donne-e-negazione-dei-diritti-umani-la-scuola-costituzionale-in-prima-linea

L’incontro con Luigi Berlinguer

L’incontro con Luigi Berlinguer

Franco Buccino

Ricordo quella mattina del 1998 alla Pascoli 2 di Secondigliano.

Arrivavano giornalisti, docenti, presidi, sindacalisti, autorità, e poi lui, il ministro Luigi Berlinguer: accigliato e veloce.

Era stato aggredito, qualche giorno prima, un docente di educazione tecnica da un paio di malviventi, mandati dal padre camorrista di un alunno rimproverato!

Nella confusione che regnava ebbi la fortuna di avere un colloquio col Ministro, in due tempi. Più per il ruolo di segretario della Cgil scuola di Napoli che per quello di preside.

Nella prima parte del colloquio, a me che sottolineavo la gravità e la frequenza di quegli episodi, la delusione perché anziché portare noi legalità nel quartiere, portavano loro camorra nella scuola, il Ministro, ritornato stranamente calmo e sereno, rispose più o meno così: “Sarebbe di certo più grave di questi episodi un clima nella scuola analogo a quello che si vive così spesso all’esterno: favorito, più o meno involontariamente, da insegnanti, da bidelli, da presidi. Un clima nel quale gli alunni non facessero esperienza concreta di legalità, di serietà dell’attività scolastica. E i genitori non facessero esperienza di partecipazione insieme con i docenti e magari anche con quelle autorità, qui così abbondantemente presenti per l’occasione, ma poi così assenti”.

Ho ripensato spesso queste parole, in particolare in tutta l’esperienza delle “scuole collocate in aree a rischio” fino ai recenti “patti educativi territoriali”.

In un successivo breve confronto parlammo del personale, dei docenti e dell’organizzazione della scuola. Con grande determinazione diceva le cose tante volte ripetute. La scuola conta e incide se è di qualità. Vale sempre e per tutti, al centro e in periferia. Senza enfasi: la scuola è la scuola. E poi lo strumento che, secondo lui, avrebbe risolto un bel po’ di problemi: l’autonomia delle singole scuole. Uno strumento che pretende consensi diffusi, coraggio ed entusiasmo. Una volta avviato, avrebbe giustificato e riabilitato cose al momento rifiutate e combattute.

Questo mi disse Berlinguer, prima di essere definitivamente prelevato e distratto dai suoi accompagnatori. E pensava, ne sono sicuro, a concorsone e merito, al riordino dei cicli, oltre all’autonomia.

Una giornata per me indimenticabile, che mi permise di prendere definitivamente le distanze da chi, senza dirlo, pensava che in scuole di periferia bisognasse rassegnarsi a realtà di serie B e scappar via alla prima occasione. Da chi si giustificava, fin quasi a vantarsi, di dirigere una scuola a doppio o, addirittura, a triplo turno. Da chi, sia che promuovesse, sia che bocciasse, aveva l’intima convinzione che per la maggioranza degli alunni della “platea” non ci fosse già più niente da fare.

E invece mi convinse definitivamente a orientarmi verso una scuola di qualità per tutti e dappertutto! Una scuola che pretende, sempre e ovunque, serietà professionale e impegno, che è pronta e felice di riconoscere il merito tra i suoi operatori.

Luigi Berlinguer è sceso dall’utopia con proposte concrete, che sono ancora attualissime, che sono forse oggi perfino più realizzabili.

A cominciare dal riordino dei cicli, che non era solo la giusta esigenza di portare gli studenti a conseguire la “maturità”, il diploma, a diciott’anni. Berlinguer voleva rompere le gabbie, i compartimenti stagno, in cui si divide il percorso dell’istruzione. E i tempi sono ormai maturi! L’interesse diffuso per la fascia d’età 0-6 anni con asili nido e scuole dell’infanzia. E poi i dodici anni successivi, divisi in due cicli di sei anni o tre di quattro anni. Un obbligo scolastico e formativo per tutti fino a diciott’anni. Altro che semplificazioni e scorciatoie, recentemente proposte.

E, infine, l’autonomia scolastica, che resta lo strumento principe per far funzionare le scuole. Ma che ancora balbetta, sta ancora ai primi passi.

A regime, la immaginiamo, come Berlinguer, con la gestione diretta di tutte le risorse, con la valutazione dei risultati, sia degli alunni e studenti, sia delle scuole. Con la responsabilizzazione delle figure, dal dirigente ai docenti, al personale amministrativo tecnico ausiliario. Con il riconoscimento del merito, della professionalità. Con la costruzione delle reti tra le scuole e con le istituzioni. E con il terzo settore, aggiungo io, a sostenere la scuola nella lotta alla povertà educativa.

Una scuola, tornando alla mattina di venticinque anni fa, che non solo non si lascerà condizionare dal territorio circostante, ma che diventerà capace di cambiarlo!

Il format dello scrutinio finale

Il format dello scrutinio finale

di Francesco Scoppetta

Il Festival di Sanremo ha avuto 73 edizioni e le ultime 3 le ha condotte Amadeus. Ma è evidente che il suo format cambia ogni anno. Il format televisivo è il modello di un programma televisivo, è un apparato di regole che determinano lo svolgersi del programma stesso. Lo stesso format genera innumerevoli varianti per cui è difficile dire che sia sempre lo stesso prodotto. E’ come una casa la cui facciata rimane la stessa ma all’interno viene ristrutturata secondo i desideri di chi la abita. Già a Sanremo se modifichi il peso delle componenti che votano (la bilancia si sposta dagli esperti al pubblico o viceversa) cambia il risultato, come succede con i vari sistemi elettorali della politica, dal proporzionale al maggioritario e tutte le combinazioni intermedie.

Senza inoltrarci nei rituali, laici o religiosi (funerale, messa, memorial) prendiamo il format “intervista televisiva”. E’ chiaro che il format condotto da Vespa è diverso da quello di Biagi, o di Fazio o di Floris o di Minoli o della Fagnani. Potremmo continuare ad esaminare tantissimi format, il “convegno culturale”, la “commemorazione”, “la presentazione di un evento culturale o sportivo”, la “conferenza stampa degli inquirenti dopo gli arresti”, il “messaggio augurale di fine anno” di un’autorità, la riunione di condominio, e arriveremo alla stessa conclusione: il format è quello ma è soggetto a tantissime variazioni che lo rendono speciale. Il contenitore è unico ma cambia il contenuto.

Se ogni format si basa su una formula (idea) o è una organizzazione di dati, soffermiamoci adesso su un altro format, ce ne sono in ogni angolo della vita associata, lo scrutinio finale in una scuola. Nonostante regole ormai codificate (quelle scolastiche risalgono al 1925) non si può certo dire che in tutte le scuole italiane gli scrutini vengano svolti allo stesso modo. O meglio, formalmente è così, ma sono le variazioni pratiche quelle che personalizzano ogni scrutinio all’interno della penisola e anche all’interno di ogni scuola. Fissiamo innanzitutto la norma (ripresa dall’OM 92/2007 e dal Dpr 122/2009).

art. 79 del R.D. 4/5/1925 n. 653

Il voto di profitto nei primi due trimestri si assegna separatamente per ogni prova nelle materie a più prove e per ogni singolo insegnamento nelle materie comprendenti più insegnamenti.
Nello scrutinio dell’ultimo periodo delle lezioni il voto è unico per ciascuna delle materie di cui alla tabella A.

I voti si assegnano, su proposta dei singoli professori, in base ad un giudizio brevemente motivato desunto da un congruo numero di interrogazioni e di esercizi scritti, grafici o pratici fatti in casa o a scuola, corretti e classificati durante il trimestre o durante l’ultimo periodo delle lezioni.

Se non siavi dissenso, i voti in tal modo proposti s’intendono approvati; altrimenti le deliberazioni sono adottate a maggioranza, e, in caso di parità, prevale il voto del presidente.

Le norme giuridiche sono soggette ad interpretazione. Il modo in cui interpretiamo i testi si evolve nel tempo a causa del cambiamento dei costumi sociali e dell’etica. Una semplice interpretazione letterale dell’art. 79 (senza inoltrarci nelle decine di interpretazioni possibili, logica, teleologica, analogica, sistematica…) ci fa scoprire i buchi presenti.

Essi sono: 1) non è esplicitato il numero di insufficienze che giustificano la bocciatura; 2) non è esplicitato se la proposta di voto del docente possa essere modificata. Tali buchi (incertezze) vengono riempiti o dal preside (con una sua interpretazione formalizzata in un regolamento) o dalla prassi dei singoli consigli di classe o della scuola intera. Ma ancora più giù, essendoci la libertà di insegnamento, dal singolo docente che resta quindi la pedina incontrollabile e ingovernabile del meccanismo.

Per farmi capire, vorrei spiegare come in un secolo ogni scrutinio scolastico si sia modificato grazie ad alcune interpretazioni evolutive della scuola militante. Le tre più decisive sono state:

1) posto che nella scala decimale ci sono due cinquine e quella positiva comincia dal 6, l’utilità marginale del voto 5 (cd mediocre) è stata via via considerata più vicina alla sufficienza che all’insufficienza;

2) di conseguenza, per evitare che tutti i 5 diventassero in automatico 6, si è inventata l’attribuzione del cd “voto consiglio” (come se tutti i voti di uno scrutinio non fossero deliberati dal consiglio);

3) infine si è deciso che la bocciatura potesse esserci solo in presenza di più insufficienze e non di una sola.

Grazie a tali invenzioni (e ad altre) è stato reso possibile che ogni consiglio di classe diventasse una monade e si costruisse il suo format preferito. Credete forse che lo scrutinio della classe IA e della classe IB nel liceo di Pincopallo, pur presieduto dallo stesso preside, riproducano lo stesso format? Nella sostanza no. Come i festival di Amadeus, lui ne ha organizzati e presentati tre, ma ha usato 3 format diversi.

“Il collegio dei docenti definisce modalita’ e criteri per assicurare omogeneita’, equita’ e trasparenza della valutazione, nel rispetto del principio della liberta’ di insegnamento” (Dpr n.122/209, art.1 c.5).

Ipotizziamo che in un liceo si sia stabilito che un alunno venga non promosso in presenza di tre insufficienze gravi e che soltanto due mediocrità (5) vengano, con voto consiglio, alzate a 6. Applicando tali regole in tutti i consigli svolti sotto la direzione del preside, credete forse che si sia ottenuta l’uniformità di trattamento degli allievi in tutte le sezioni? Certo che no e lo spiego con l’esempio dell’alunno Mario promosso con due soli debiti formativi (insufficienze da riparare a settembre). Vediamo come Mario sia arrivato alla promozione. Egli, senza che il preside lo sapesse, aveva in realtà il giorno prima dello scrutinio una situazione fallimentare: aveva ben sei 5 e due 4. Cioè ben 8 insufficienze su 11/12 materie. Cominciato lo scrutinio, le mediocrità sono scese a tre perchè autonomamente prima della riunione tre docenti le hanno alzate a 6 (si chiama arrotondamento); ne sono rimaste altre tre. Visti i numeri allora il preside applica i criteri comuni, con voto consiglio due mediocrità le alza a sei e infine promuove Mario con sospensione del giudizio per i debiti formativi nelle materie in cui aveva insufficienza grave (4). L’ultimo cinque rimasto sul tavolo si chiede al docente di alzarlo lui perchè la regola è bocciare con 3 insufficienze gravi e qui ne abbiamo solo due.

Moltiplicate questo caso vero per le migliaia di situazioni che si affrontano negli scrutini finali di tutte le scuole italiane e si può capire che il format “scrutinio finale” è come il festival di Sanremo, è cangiante e quanto di più imprevedibile ci possa essere. Se in pratica si può promuovere con 8 insufficienze, il format “scrutinio” si svolge ormai senza più alcuna certezza giuridica. Sono anche sempre più frequenti gli interventi della magistratura per vizi di forma della valutazione, pur insindacabile nel merito. Vediamo allora brevemente di rammentare cosa dice questa normativa che (formalmente) non è mai stata cambiata in poco

meno di un secolo perchè ritenuta dal Ministero una sorta di stella polare, un faro per condurre in porto senza far naufragio la barca degli scrutini.

Ogni insegnante si presenta allo scrutinio, presieduto dal dirigente scolastico (o, in sua assenza, da un docente della classe da lui designato) con la proposta di voto, già fatta pervenire al dirigente, in modo che egli possa avere il quadro completo della situazione di ciascun alunno. Se la proposta di voto per ogni singolo alunno non viene condivisa da uno o più componenti del consiglio di classe e non si raggiunge un accordo, si ricorre alla votazione, che è obbligatoria e non consente, quindi, astensione da parte di nessun componente. Nel caso di parità di voti prevale la proposta a cui il Presidente ha dato il voto, rimanendo fermo il numero dei voti dato a ogni proposta ( DLgs 297/94, art. 37, comma 3).

Come si vede, la normativa è abbastanza semplice e non parla di insufficienze con relativo numero nè di debiti formativi. Prefigura uno scenario in cui allo scrutinio di una classe il prof Rossi presenta la sua proposta di voto per l’alunno Tizio (per esempio 4) e i suoi colleghi possono approvarla o non approvarla. Se l’approvano tutti, lo scrutinio è finito perchè con un solo 4 Tizio è bocciato. Se non l’approvano, all’unanimità o a maggioranza, si apre una lacuna interpretativa perchè la normativa nulla dice su cosa fare dopo che il voto proposto è stato rigettato.

Col passare degli anni (le interpretazioni evolutive delle norme servono a questo) dell’art. 79 è stato rigettato dai docenti il mondo in bianco e nero che sembra prefigurare, la sua logica binaria, dove non esistono nè i mezzi voti (di cui parleremo tra poco) nè il voto mediocre (il 5 come voto vicino alla sufficienza). Se i colleghi dissentono dal voto 4 dato all’alunno dal prof Rossi, quel voto passa automaticamente a 6? E se i colleghi invece approvano quel voto 4, è possibile poi trovare il modo di non bocciare l’alunno? Su queste domande come dicevo le singole scuole hanno sviluppato le loro prassi a cominciare dal primo strappo alla procedura che hanno voluto operare per ridurre i tempi: non si discute, come la norma interpretata alla lettera vorrebbe che si facesse, ogni singola proposta di voto, ma si opera uno sguardo d’insieme: messe sul tavolo tutte le proposte di voto che concernono l’alunno Tizio, si tenta di fare sintesi o mediazione. Se tutti i voti sono positivi è promosso, se le insufficienze (che sono i voti dal 5 in giù) sono molte è non promosso. Tolte dal tavolo le situazioni di questi studenti con valutazione chiara o scura, si passa infine alla zona grigia con le proposte di voto degli alunni in bilico.

La normativa del 1925 su un punto, qualsiasi sia l’interpretazione a cui la si voglia sottoporre, è chiara: le proposte di voto o si accettano oppure vengono messe ai voti. Ogni proposta è definitiva, e solo il consiglio la può modificare, dunque non sono contemplati ed ammessi tutti quegli scrutini-mercato dove ogni insegnante, fatta una proposta iniziale, può cambiarla a proprio piacimento durante lo svolgimento dello scrutinio. Insomma, la normativa prefigura uno scenario che, come dicevo, è binario, se lo studente Tizio ha 4 insufficienze (voti dal 5 in giù in italiano, storia, matematica e scienze) si discutono le singole insufficienze e se non vengono approvate (non c’è alcun riferimento alle motivazioni: è quella domanda di Eduardo al figlio Nennillo, te piace ‘o presepe?) si deve votare.

Si comincia a discutere il voto in italiano, si decide, all’unanimità oppure a maggioranza di approvarlo, poi via via si passa alle altre tre materie e se una sola insufficienza (compreso il 5) viene confermata (fatta propria) dal consiglio, l’alunno è respinto. Questo è il format previsto dalla normativa per lo “scrutinio finale”.

Ogni docente di ciascuna scuola italiana può capire quanto (poco o molto) sia distante dalle prassi abituali adottate negli anni. Insomma, ogni scuola ha le sue abitudini storiche circa gli scrutini, le replica in automatico e il format viene fatto proprio dai consigli di classe di quella scuola. Questo è lo scenario migliore, perchè quello peggiore è consentire il format inventato da ciascun consiglio di classe (una volta si usava l’espressione “il consiglio di classe è sovrano“) con la conseguenza che in una scuola si riconoscono le sezioni facili e quelle difficili, qualora il dirigente non sia in grado (o non intenda) costruire un format di scuola.

Per concludere, il format “scrutinio finale” è molto semplice se si osserva la normativa vigente. Tutte le varianti che l’ingegno italico ha in quasi cento anni escogitato non hanno senso e ragione di esistere, così come i mezzi voti attribuiti nella pratica quotidiana agli allievi, dal momento che la scala da utilizzare è quella decimale con voti interi. I mezzi voti (il 4,5) sono un espediente per aumentare i voti a disposizione del docente per la misurazione (la valutazione è successiva), con il pretesto di una maggiore precisione, la quale spesso deriva dalla pratica irragionevole di fare la media tra due misurazioni: se in due elaborati l’allievo ha preso 6 e poi 5, la somma 11 fornisce la media 5,5. Un esempio dimostra (a chi vuol intendere) le conseguenze illogiche dell’uso dei mezzi voti. Si pensi a quattro prove nelle quali l’allievo prende prima 4, poi 5, poi 6 e infine 7. Il docente che usa la media lo porta allo scrutinio con 5,5 ( 22:4=5,5). Invece di vedere il trend

positivo di miglioramento dell’allievo, lo si inchioda, con una operazione matematica discutibile, alla insufficienza. Siamo dalle parti dei sofisti con le loro argomentazioni speciose, in apparenza valide ma in realtà ingannevoli. E inoltre così facendo si dimostra di non aver capito affatto la differenza tra misurazione e valutazione.

Quelle che ho chiamato varianti non sono altro che abitudini che ogni comunità (il collegio dei docenti) acquisisce, per cui un prof cambiando scuola deve cambiare abitudini. Capire perchè nella scuola X ci siano certe abitudini e non altre, per es. l’abitudine nello scrutinio finale di arrotondare a 6 tre mediocrità con “voto consiglio”, è difficile, almeno quanto capire perchè nel tennis si è stabilito di usare il punteggio “15” – “30” – “40”. Ad oggi, infatti sembra impossibile appurare la verità ma esistono solamente ricostruzioni, più o meno attendibili. Insomma, le abitudini, buone o cattive, non si sa bene come e quando siano nate ma una cosa resta sul tappeto senza che possa essere smentita:

Se lo scrutinio finale è assimilabile ad un format contenitore, il contenuto di tutte le variabili utilizzate in pratica ha complicato sino a contraddire le regole stabilite dall’art. 79 del R.D. 4/5/1925 n. 653.

Nuova ondata covid, disposizioni novembre 2023, cosa fare a scuola o al lavoro se si è positivi?

da La Tecnica della Scuola

Di Redazione

Ci sono novità sul fronte Covid. Dopo più di tre anni la pandemia non sembra essere uscita definitivamente dalle nostre vite. Secondo un recente rapporto, nell’ultima settimana si è registrato un aumento di ricoveri ospedalieri da pazienti risultati positivi.

Il monitoraggio ha consentito di accertare come solo il 24% dei casi si riferisca a ricoveri Per Covid, ovvero con sindromi respiratorie tipiche del virus, mentre il restante 76% dei ricoveri riguarda pazienti Con Covid ovvero ricoverati per altre patologie e risultati positivi al tampone. Il Covid, dunque, ha aggravato le condizioni di salute di pazienti con altre patologie ma non è stata la causa principale dell’ospedalizzazione.

“I dati sui ricoveri registrati negli ospedali sentinella – precisa Fiaso (Federazione Italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere) – sono in linea con l’incremento dei contagi pari al 30% indicato dal Ministero della Salute: è il segnale che non bisogna abbassare la guardia. L’età media dei pazienti che arrivano in ospedale è di 77 anni e la campagna di somministrazione della dose stagionale di vaccino anti Covid tra gli ultra sessantenni è ferma al 4%. Nelle prossime settimane ci attendiamo una maggiore circolazione dei virus respiratori, occorre ancora una volta rinnovare, soprattutto ad anziani e fragili, l’invito alla vaccinazione con la chiamata attiva da parte dei medici di medicina generale”.

Cosa fare in caso di contagio?

Secondo l’attuale normativa, al momento non ci sono in atto restrizioni o avvertimenti particolari in caso di contagio da covid. Come riporta il sito del Ministero della Salute, nel caso in cui compaiano sintomi è necessario l’utilizzo di mascherine chirurgiche o dispositivi superiori (FFP2/FFP3).

Fino al 31 dicembre 2023 l’obbligo di indossare dispositivi di protezione delle vie respiratorie è limitato ai lavoratori, agli utenti e ai visitatori:

  • delle strutture sanitarie all’interno dei reparti che ospitano pazienti fragili, anziani o immunodepressi, specialmente se ad alta intensità di cura, identificati dalle direzioni sanitarie delle strutture sanitarie stesse.
  • delle strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali, comprese le strutture di ospitalità e lungodegenza, le residenze sanitarie assistenziali, gli hospice, le strutture riabilitative, le strutture residenziali per anziani, anche non autosufficienti, e comunque le strutture residenziali di cui all’art. 44 del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 12 gennaio 2017.

Per quanto riguarda i lavoratori, sia del pubblico che del privato, se positivi con sintomi, devono rivolgersi al proprio medico di base per concordare la malattia.

Per quanto riguarda gli studenti positivi, l’obbligo di isolamento non c’è più e in teoria i positivi possono entrare in classe, ma come per ogni altra malattia infettiva in generale si raccomanda di restare a casa, sempre dietro certificato medico, cosa che avviene normalmente quando lo studente ha la febbre o altri sintomi. Il ministero alla Salute stava per fare una circolare sul punto ma poi si è deciso di non intervenire.

Lavoro e sindrome di Down

Lavoro e sindrome di Down: premiate a Roma 4 buone pratiche da imitare
Redattore Sociale del 27/11/2023

Il Premio “AIPD Roma per il lavoro 2023” è l’occasione per parlare di inclusione lavorativa e di buone prassi. Funari (Politiche sociali): “Lavoratori più fragili fanno migliorare”.

ROMA. Una giornata per tracciare un bilancio del percorso fatto da AIPD – Roma per l’inclusione lavorativa delle persone con sindrome di Down, grazie alla convenzione con il Comune di Roma Dipartimento Politiche Sociali e Salute. Un’occasione, quella di oggi, per dare luce, grazie al premio “AIPD Roma per il lavoro 2023”, a esperienze innovative, sostenibili e replicabili. Lo fa sapere l’AIPD Roma in una nota. “A Roma i lavoratori con sindrome di Down sono sempre più presenti all’interno delle aziende, spesso anche con contratti a tempo indeterminato e in settori lavorativi sempre più diversificati – dichiara Daniele Caldarelli, Presidente di AIPD Roma durante la premiazione –. Le sfide su cui ogni giorno ci confrontiamo con il Servizio di Inserimento Lavorativo ci dicono che molto è stato fatto, ma molto resta ancora da fare per una piena inclusione lavorativa delle persone con sindrome di Down o con una disabilità cognitiva. Un risultato possibile solo grazie alla collaborazione di tutti gli attori coinvolti: lavoratori, istituzioni, aziende, associazioni. Un grazie a quanti ogni giorno sono al nostro fianco con impegno e attenzione”.

L’iniziativa è l’occasione per consegnare il Premio “AIPD Roma per il lavoro 2023” a 4 realtà che hanno mostrato particolare impegno nell’inserimento lavorativo delle persone con sindrome di Down e che rappresentano delle buone pratiche da far conoscere e diffondere:
– Centro per l’impiego Ufficio Sild Roma;
– Mercato Centrale di Roma;
– Nespresso Italia;
– Adidas Italia.
“Avviare nuovi percorsi di autonomia e di inclusione ha un duplice vantaggio: si accolgono le persone più fragili, ma allo stesso tempo si offre alle aziende un’occasione per migliorare la loro efficienza, con reali ripercussioni positive nei processi produttivi”, dichiara Barbara Funari, assessora alle Politiche sociali e alla Salute del Comune di Roma “Una sfida che si può vincere tutti insieme: Istituzioni, terzo settore e aziende.”

I lavoratori con sindrome di Down: quanti e dove

In Italia sono circa 38.000, di cui 23.000 maggiorenni, le persone con sindrome di Down. Nonostante i lavoratori con sindrome di Down siano sempre più presenti all’interno delle aziende, spesso anche con contratti a tempo indeterminato, l’85% delle persone con sindrome di Down non lavora. (Indagine Censis-AIPD, 2022). L’87% delle persone con sindrome di Down occupate è al Centro-Nord. A dicembre 2022, nell’ambito della rete AIPD (dati nazionali), i lavoratori con sindrome di Down risultavano 233, di cui 212 a tempo indeterminato e 142 coinvolti in tirocini a norma di legge. Negli ultimi 10 anni, si è registrata una significativa crescita: nel 2013 erano infatti 86 i lavoratori con sindrome di Down, sempre all’interno della rete AIPD. Per quanto riguarda i contesti lavorativi, più del 70% degli inserimenti è in aziende private o nel pubblico, il resto in cooperative sociali di tipo B. Sempre più diversificati sono oggi gli ambiti lavorativi: uffici, fabbriche, parrucchieri e saloni di bellezza, case di riposo, ospedali, farmacie, bar, pub, ristoranti, fast-food, mense, pizzerie, gelaterie, supermercati, hotel e altre strutture ricettive, negozi, centri commerciali, stazioni, aeroporti, scuole e uffici pubblici ecc.

Le voci dei datori e dei lavoratori

Racconta Lucia Tutone, responsabile delle Risorse umane per il Mercato Centrale Roma: “La nostra esperienza aziendale con i lavoratori con sindrome di Down nasce nel 2018 quando, alla luce della crescita della nostra società la legge ci ‘imponeva’ di assumere un lavoratore con disabilità. Ci siamo messi in contatto con l’AIPD di Roma, scoprendo un mondo di progetti e di opportunità. Da allora insieme a Valerio, Matteo e Eugenio siamo cresciuti tutti: abbiamo imparato a definire meglio i nostri ruoli, a essere più chiari e trasparenti nelle procedure, non ultimo a rallentare e a sincronizzare i nostri tempi dove necessario. Cosa non facile per una realtà grande come il Mercato Centrale che, con la sua posizione all’interno della stazione Termini di Roma, vede passare ogni giorno oltre 10 mila clienti”.

Alice ha 26 anni e mezzo e ha compiuto da poco il suo primo anno di lavoro nello store Adidas nel Centro commerciale di Castel Romano. Qui si occupa della vendita, del riassortimento delle merci in magazzino, della valutazione del gradimento dei clienti all’uscita del negozio. “A volte mi impunto, mi stanco oppure non sono soddisfatta di quello che faccio – racconta – ma grazie all’aiuto dei miei colleghi riesco a superare le difficoltà”. Una “squadra” che sente sempre al suo fianco, a cui chiedere aiuto quando gli scaffali sono troppo alti per lei e quando pensa di non farcela. A cui non si stanca di dire, come un vero coach, “Non mollate mai! Le cose si risolvono insieme!”.Daniela ha 31 anni e da cinque lavora come addetta alle vendite in uno dei punti Nespresso di Roma. Alla domanda “Lavori?”, risponde con sicurezza e soddisfazione: “Lavoro sì!”. Un lavoro che le piace per l’incontro con i clienti e per i rapporti con la “banda” dei suoi colleghi. Dove gli incidenti e le difficoltà incontrati lungo il percorso non sono mai ostacoli, ma disposizione a “riparare gli errori”. Un lavoro che, anche grazie allo stipendio, la fa sentire libera e indipendente.

Patente speciale e codice della strada

Patente speciale e codice della strada. Richieste di modifiche per favorire le persone con disabilità
Disabili.com del 27/11/2023

Come migliorare il Codice della Strada? Le proposte emendative presentate dalla FISH in Commissione Trasporti della Camera

Per le persone con disabilità potersi muovere autonomamente in strada – ovvero spostarsi, viaggiare – è talvolta un percorso ad ostacoli più burocratico che pratico. La tecnologia ha infatti permesso ormai da anni una serie di soluzioni – si pensi agli adattamenti alla guida, ma anche al trasporto in auto – che mettono la persona con disabilità in condizione non solo di conseguire la patente speciale, ma anche di viaggiare in piena autonomia e sicurezza.
Rimangono, tuttavia, alcuni ostacoli che limitano quel diritto alla mobilità, peraltro sancito anche dalla Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, con tempi lunghi di rinnovi, costi economici, difformità nelle valutazioni delle commissioni esaminatrici e per rilascio e rinnovo delle patenti. E se questo riguarda principalmente le persone disabili motorie che guidano la macchina, neppure la mobilità di chi abbia disabilità sensoriali risulta più semplice, con città che spesso mancano di infrastrutture per orientarsi e muoversi in sicurezza anche a piedi
Il tutto in un contesto nel quale il trasporto urbano è ancora gravemente carente in termini di accessibilità dei mezzi, soprattutto del trasporto locale.

AUDIZIONE DELLA FISH PER MODIFICA CODICE DELLA STRADA
E’ stato in sede di audizione alla IX Commissione Trasporti della Camera che la FISH, audita mercoledì sulla riforma del Codice della strada, ha evidenziato tali problematiche, ed ha presentato alcuni emendamenti al Decreto Legislativo 285/92 di cui si discuteva, affinchè siano messe in atto delle modifiche al Codice della Strada che tengano in maggior conto le esigenze delle persone con disabilità.
Nello specifico, gli emendamenti presentati dalla FISH nella sua memoria riguardano le uniche due proposte di legge che fanno riferimento alla condizione delle persone con disabilità: la pdl 1435 e la pdl 195 (che fa riferimento alle sole disabilità visive, ndr).
Nella sua premessa al documento, la FISH ha ricordato alcuni punti deboli dell’attuale sistema che interessa la mobilità delle persone con disabilità, che potremmo sintetizzare così, per punti:

TEMPI RILASCIO E RINNOVO PATENTE SPECIALE
Ricorda la FISH che per l’ottenimento della patente speciale per le persone con disabilità l’attuale Codice della Strada stabilisce che l’accertamento dei requisiti fisici e psichici per le persone con disabilità, debba essere svolto dalle apposite Commissioni Mediche locali.
Il rilascio poi dei titoli di guida e i relativi rinnovi per le persone con disabilità, secondo quando previsto dal Codice della Strada, erano stabiliti, sia per il primo rilascio che per i rinnovi, per un tempo massimo di cinque anni, fermo restando la facoltà discrezionale delle Commissioni Medico locali di stabilire periodi anche inferiori. Con l’entrata in vigore poi della Legge 114 del 2014, art. 25, le condizioni di disabilità stabilizzate, come da classificazione, potevano ottenere il rinnovo del titolo di guida dal medico monocratico con una durata massima di dieci anni.
Ma la piena discrezionalità della validità delle patenti di guida speciale da parte delle Commissioni Mediche locali ha fatto sì che per determinate condizioni di disabilità, conseguenti soprattutto a patologie degenerative, il rilascio e/o il rinnovo del titolo di guida avviene sempre con durata annuale o biennale: questo comporta un notevole aggravio economico per le persone con disabilità che devono sostenere costi e tempi per effettuare la visita medica in Commissione Medico locale e per le relative procedure amministrative per i successivi rinnovi.
Tale situazione aggrava ulteriormente le già precarie situazioni economiche in cui versano le persone con disabilità, costrette peraltro a dover richiedere il titolo abilitativo alla guida come unico strumento di garanzia per un diritto costituzionale quale quello alla mobilità e alla piena cittadinanza non potendo di fatto usufruire di mezzi di trasporto pubblici atteso che l’attuale sistema di mobilità urbana non è accessibile ne fruibile per le persone con disabilità quindi fortemente discriminatorio – evidenzia la FISH.
Le richieste di modifica:
Fatta questa premessa, per la FISH si rende necessario un intervento normativo per rendere gratuite le procedure amministrative volte a garantire la visita medica di rinnovo, presso le Commissioni Medico locale, del titolo abilitativo alla guida (patente speciale) per le persone con disabilità, il cui rilascio o rinnovo sia avvenuto per un periodo inferiore a cinque anni, come previsto dall’attuale Codice della Strada. Commissioni mediche.
La richiesta viene così espressa nell’
Emendamento alla Proposta di Legge 1435 Governo:
Al fine di evitare aggravi economici in capo alle persone con disabilità, qualora alle stesse venga rilasciato, dalla competente Commissione Medica Locale, il titolo abilitativo alla guida e/o eventuali rinnovi per un periodo di validità inferiore o pari ad anni cinque, non in linea con quanto previsto dal Codice della Strada, le stesse persone con disabilità sono esonerate dal pagamento delle somme previste per il conseguimento, il rinnovo, il duplicato e la revisione della patente di guida speciale.

CRITERI DI RILASCIO E RINNOVO
Fish evidenzia poi come le valutazioni delle Commissioni Medico locali siano per lo eseguite con criteri “soggettivi” e non “oggettivi” da parte del medico componente la commissione, spesso poi, gli stessi medici della commissione, non hanno competenze dirette sulla specifica condizione di disabilità della persona valutata, concorrendo a determinare, di fatto, una difformità, nei giudizi di valutazione, nelle scelte e decisioni assunte tra le differenti
Occorre qui evidenziare un ulteriore circostanza che l’attuale panorama di cure, terapie e fattori prognostici positivi, consente, oggi, di valutare in modo sempre più preciso la condizione di disabilità della persona e, con ciò, di sostenere la proposta di cadenze di rinnovo di patenti speciali più lunghe rispetto alle norme in vigore e/o alla discrezionalità in capo alle Commissioni Mediche locali.
Allo scopo, la FISH presenta un altro
Emendamento alla Proposta di Legge 1435 Governo:
Al fine di evitare aggravi economici in capo alle persone con disabilità che hanno proceduto a modificare il proprio veicolo con adattamenti alla guida o al trasporto necessari per le persone con disabilità, così come previsto dall’art. 75 del Codice della Strada, richiamando le previsioni contenute nel Decreto Ministeriale del 8 gennaio 2021, riportato in Gazzetta Ufficiale n. 37 del 13 febbraio 2021, è previsto l’esonero dalla visita e prova per tutti i veicoli modificati con adattamenti alla guida e al trasporto per le persone con disabilità, di cui agli articoli 75 e 78 del Codice della Strada e non solo per quegli adattamenti riportati nel Decreto Ministeriale parte 1 articolo 1 comma 2.

TEMPISTICHE DI RINNOVO
Altro punto debole evidenziato dalla FISH sono i tempi che intercorrono tra la prenotazione della visita e la convocazione da parte della Commissioni Medica locale, oggi notevolmente dilatati e spesso non in linea con le esigenze specifiche, sia oggettive che soggettive, della persona con disabilità.
FISH spiega che Per avviare a tale criticità, molte Commissioni Medico locali per le c.d. “patenti speciali” in passato e nel corso degli anni, si sono avvalse di valutazioni e verifiche delle capacità residue delle persone con disabilità alla guida di automezzi, svolta dai Centri di Mobilità Fiat Auto, che fornivano finanche indicazioni sugli adattamenti alla guida attraverso delle prove effettuate tramite VCR (verificatore delle capacità residue) e sulla base di prove pratiche di guida, garantite però da soggetti privati, i c.d. Centri di Mobilità ieri Fiat Auto oggi Stellantis, nati proprio su spinta e volontà della Federazione Italiana per il Superamento dell’handicap.
Per questo, attraverso tale audizione, la Federazione vuole ribadire la necessità di intervenire normativamente affinché i Centri di Mobilità vengano istituiti, quantomeno, in ogni singola provincia italiana e messi a disposizione di ogni locale Commessione Medica per le patenti, al fine di valutare e verificare le residue capacità di guida, sia per le persone con disabilità, che per le persone anziane e per coloro che si siano resi responsabili di violazione al codice della strada con sanzioni accessorie della sospensione o revoca della patente di guida.
Emendamento alla Proposta di Legge 1435 Governo:
Il Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture di concerto con il Ministero della Salute e nell’ambito di una sempre più maggiore sicurezza stradale, approva e concorre al finanziamento a supporto alle Commissioni Mediche Locali di cui all’art. 119 del Codice della Strada per la realizzazione dei Centri per la Verifica delle Capacità di Guida da realizzarsi uno per ogni Provincia del Paese e cioè 107 più 2 in ogni città ad alta densità di popolazione (Roma e Milano). L’attività verrà finanziata “una tantum” per 1.400.000,00 euro per l’anno 2024 e per i successivi 6 anni a partire dal 2026 euro 1.200.000,00 euro l’anno.

AVVISATORI ACUSTICI E ALTRI INTERVENTI STRADALI PER PERSONE CIECHE
Con riferimento alla proposta di legge 195,
l’emendamento FISH:
Il DPR 503/96 all’art.6 prevede che gli impianti semaforici, di nuova installazione o di sostituzione, debbano essere dotati di avvisatori acustici che segnalino il tempo di via libera anche ai non vedenti e, ove necessario, di comandi manuali accessibili, per consentire tempi sufficienti per l’attraversamento di persone che si muovano lentamente.
A tal fine il bando del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti del 27 luglio del 2021 estende il contributo pubblico ai Comuni al fine  di comprendere le guide tattili necessarie ai non vedenti, volte ad individuare gli attraversamenti pedonali di cui alla norma CEI 214-7.1 (caratteristiche dei segnalatori acustici)

Emendamento alla proposta di Legge 195
Art. 1. “All’articolo 41, comma 5, alinea, del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, il primo periodo è sostituito dal seguente:  Gli attraversamenti pedonali semaforizzati sono dotati di segnalazioni acustiche [o tattili, eventualmente anche abbinate,] [e sono strutturati con un tipo di pavimentazione che agevoli l’individuazione delle segnalazioni medesime,]al fine di agevolare la mobilità delle persone con disabilità visiva”.